Vita di Galileo (Bertolt Brecht)

Aperto da Morpheus, 24 Dicembre 2025, 22:34:16 PM

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Morpheus

Avendomela assegnata a scuola, ho letto con gran piacere l'opera teatrale di Bertolt Brecht incentrata sulla vita dello scienziato pisano Galileo Galilei. Quest'opera dà tanti spunti di riflessione ed io, oggi, essendo ad una noiosa cena della vigilia con fastidiosi sconosciuti consanguigni, voglio portarvene uno:

«Che scopo si prefigge il vostro lavoro? Io credo che la scienza possa proporsi altro
scopo che quello di alleviare la fatica dell'esistenza umana. Se gli uomini di scienza
non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere
per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non
sarà fonte che di nuovi triboli per l'uomo»

Ognuno tragga le proprie conclusioni, si avvicini o si distacchi da quel che scrive Brecht.
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Possiamo vedere infiniti motivi nel fatto che il cielo è azzurro, ma alla fine solo una cosa quantomeno ci fa avvicinare alla verità:
La Scienza.

Koba

Forse il brano citato riguarda soprattutto il rapporto tra scienza e tecnica. A mio avviso, però, questo rapporto è stato spesso frainteso, anche a causa dell'influenza esercitata dalla lettura heideggeriana della tecnica.
Io tenderei piuttosto a considerare scienza e tecnica come due aspetti di un unico sapere, strettamente intrecciati e difficilmente separabili.
Il vero nodo, allora, non è tanto la tecnica in sé, né la scienza in sé, ma il modo in cui questo sapere tecnico-scientifico viene inserito dentro l'organizzazione della produzione.
È chiaro che il rapporto dell'uomo con gli strumenti tecnici produce inevitabilmente una trasformazione dell'uomo stesso. Tuttavia, questa trasformazione non deve essere interpretata per forza in modo fatalistico, come se conducesse inevitabilmente a una progressiva "meccanizzazione" dell'essere umano.
Si può invece leggerla come un processo di individuazione, quindi come una possibilità evolutiva positiva: in questo senso i lavori di Gilbert Simondon sono molto illuminanti.
Ciò che è davvero regressivo, e anche concettualmente sbagliato, è quando l'organizzazione del lavoro umano viene modellata direttamente sulla logica delle macchine. È questo che disumanizza, non la tecnica in quanto tale.
Lo vediamo oggi nel capitalismo, ma lo si poteva già vedere ieri nelle varie forme di schiavismo: in entrambi i casi l'uomo viene trattato come una cosa, il cui valore dipende solo dalla difficoltà con cui può essere sostituito.
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