Storia e fede, archeologia di Gesù

Aperto da Luther Blissett, 23 Dicembre 2025, 21:48:31 PM

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Luther Blissett

Riporto la recensione scritta dall'archeologo Andrea Carandini sul più recente dei libri del teologo Vito Mancuso.
Sul Corriene si legge che "l'indagine di Vito Mancuso lambisce i territori del mito e indica una via "neo-cristiana""
Traggo il titolo di questa discussione "Storia e fede, archeologia di Gesù" dal medesimo quotidiano.
Così scrive Andrea Carandini sul Corriere della Sera del 22 dicembre 2025:
<<A forza di destrutturare senza bilanciamento ci stiamo azzerando.  Resta la nostalgia o il vuoto, salvo scienza e tecnica che progrediscono isolate!   Trionfano macchine intelligenti, ma in noi l'umanità è al lumicino: piacerini da soddisfare subito per placare l'insensatezza di un tutto liquefatto senza più nulla che stia, e alla fine siamo infelici!  Tre millenni di civiltà si sono conclusi, e ora?  Eppure nelle pieghe del tessuto sociale sbrindellato operano oscuri costruttori di futuro intercalando agli "uffa" embrioni di solidità e durata. Ne deduco che la realtà non coincide con l'interpretazione che ne diamo, compreso questo sfogo.
Nello studiare la leggenda di Roma per strati (in quattro volumi della Fondazione Valla) siamo risaliti alla versione orale essenziale e condivisa  risalente ai secoli VII e VIII.  In essa la storia tende a scomparire inghiottita dal mito; eppure qualche lacerto di realtà è sopravvissuto... Così Romolo primo re di Roma  ha fondato una città-Stato nell'aggregato di rioni del Septimontium, ma lui aveva un gemello, erano figli di una principessa di Alba Longa, sono stati nutriti dai re divini Pico il picchio e Fauno il lupo/lupa e sono stati salvati dalla Madre dei Lari? Ne dubito: poteva anche essere un figlio di nessuno...
Similmente il Gesù "storico" non coincide  con il Cristo "ideale" delineato da Paolo e dagli apostoli, molto in difficoltà dopo la sua morte: era stato abbandonato dal padre celeste all'infamante croce e aveva annunciato l'avvento del "regno di Dio" entro una generazione, poi mai arrivato.                       Si discute su ciò dal Settecento.    Da ultimo ha tentato di risolvere il problema Papa Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, sostenendo che Gesù è Cristo; ma la questione viene ora riaperta dal teologo Vito Mancuso con "Gesù e Cristo", 776 pagine dedicate a Piero Martinetti (Garzanti): un trattato serio, affascinante, inevitabile.  Il "Perché non possiamo non dirci 'cristiani'" di Benedetto Croce (1942) vale ancora?
Alla coscienza moderna ripugna che tutta l'umanità sia stata macchiata dal "peccato originale" di Adamo – ignoto all'Antico Testamento e concepito da Paolo di Tarso negli anni 50 d.C. – e che per levare questa macchia si sia dovuto sacrificare Cristo a un Dio che l'aveva "prediletto" per riscattare noi incapaci di salvarci seguendo giustizia e amore – come aveva predicato invece Gesù, ignaro di un simile peccato.     L'idea ha tormentato perfino il cardinale Carlo Maria Martini: "Non riuscivo a capire perché Dio ha lasciato soffrire suo figlio sulla Croce... me la prendevo con Dio...".  A tale interrogativo risponde ora Mancuso prima identificando e datando il Cristo di Pietro e Paolo e poi rivelando ciò che con esso contrasta  e cioè quanto del Gesù storico è sopravvissuto nelle prime lettere di Paolo e nei Vangeli.  Le società immerse nel sacro richiedono per essere comprese l'epistemologia di un esperto di "mitistoria".
Nel Vangelo di Marco (70 d.C. circa) Gesù non è figlio di Giuseppe o dello spirito di Dio ma solo "di Maria di Nazareth", contrariamente all'uso del patronimico in Palestina.     Si trattava di una maldicenza che circolava in quel villaggio sulla sua nascita da padre incerto?   Inoltre Gesù chiamava la madre "donna" e aveva scarso riguardo per lei, per i quattro fratelli (che lo credevano un fuori di testa) e per le sorelle, ai quali anteponeva i seguaci.     È piuttosto Cristo – non Gesù – a essere concepito da Giuseppe o dallo spirito di Jahvè in Maria e per di più a Betlemme, culla di Davide e dei messia...
Possiamo immaginare Maria, uscita magari di casa per incontrare amiche, trascinata e violentata... poi Giuseppe, riconosciuta la sua innocenza, l'ha sposata e con lei ha generato figli e figlie.   Eppure, per quanto padre comprensivo, non è riuscito a riparare in Gesù il trauma originario di non essere figlio suo, vissuto come una impurità.     Serviva pertanto un lavacro: quello del Battista nel Giordano.            Così purificato, ha visto aprirsi il cielo e scendere si di lui una colomba: lo spirito di Jahvè che gli ha chiesto di profetare e preparare il regno di Dio.     Così il vuoto della funzione paterna è stato colmato dalla paternità infinita dell'unico Dio che in lui ha suscitato la visione della caduta prossima dei troni del mondo sostituiti dal regno di Jahvè, che ha elevato Gesù spiritualmente sopra l'umanità – pur senza infrangere la sua unicità – in quanto "figlio dell'uomo".
Entro una generazione la storia sarebbe terminata in un incendio e in un giudizio universale, ragione per cui bisognava diventare radicalmente e rapidamente buoni per essere assolti o condannati.
Invece Gesù, ribelle al clero giudaico alleato ai Romani, è stato condannato come "re dei Giudei" ed è morto in croce disperato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".   Inoltre il regno di Dio mai è giunto, mentre sul maggior trono è apparso Nerone!  Per i seguaci di Cristo sono seguiti vent'anni di angoscia a causa della condanna a morte e della profezia mancata; fino a che Paolo, alla metà degli anni 50, ha interpretato la morte di Cristo  come prevista, voluta, redentrice del peccato originale attribuito a tutta l'umanità – irredenta prima di Cristo? – compensando con quel riscatto lo svanito regno di Dio.
Senza questa visione, estranea al Gesù storico – il figlio di Maria sarebbe stato solo un messia sconfitto.
Eppure Gesù idealizzato come Cristo – vincente attraverso i secoli e nel globo grazie a uno strumento di tortura tramutato in simbolo di redenzione – ripugna a una morale estranea a un Dio che grazia tramite un sacrificio umano.
Tornando a Benedetto Croce: oggi non possiamo non essere "gesuani" ed eventualmente "neo-cristiani", ricostruendo filologicamente Gesù e reinterpretandone la figura all'altezza della coscienza sviluppatasi negli ultimi tre secoli.     Il cristianesimo ideato da Paolo ha perso forza propulsiva nella modernità: aveva guadagnato l'impero – estraneo a Gesù, concentrato sulla "eletta" Palestina – prima perdendo Gesù e alla fine anche molti di noi.
Come archeologo sono incline agl'inferi, intesi come stratificazione terrestre e umana da scavare, contrapposta alla spiritualità del cielo – ma, se arrivo a trascenderla, tra Paolo di Tarso e Vito Mancuso di Carate Brianza scelgo il secondo, con una sola diversità.
Per lui l'armonia fa funzionare la vita. Io penso piuttosto  che gli organismi evoluti funzionino grazie a opposti che cooperano confliggendo.   L'armonia  è un temperamento momentaneo degli opposti a cui succede nuovo disordine.    Senza il male saremmo schiavi del bene invece che liberi di sceglierlo.  Il bene stesso muta a seconda delle circostanze: amiamo la pace ma se qualcuno ci invade ci armiamo, e perfino tra beni vi è conflitto, come tra giustizia e libertà.
Così tra desideri ed emozioni inconsci, tra sentimenti e ragione consapevoli, tra morale e trascendenza spirituale noi ci dibattiamo, a volte accarezzati dall'armonia e altre volte colpiti dalla dissonanza.   
Anche Johann Sebastian Bach è dissonanza che si risolve in armonia, e viceversa.      Insomma, nella psiche umana l'inconscio è legato a tal punto al conscio che non possiamo concepire le "confusioni infinite" del primo senza  le "precise distinzioni" del secondo.        Entrambi strutturalmente "stanno" come un tutto da analizzare e come singolarità da comporre: opposti in lotta e abbracciati.>>                 ANDREA CARANDINI
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Luther Blissett

#1
Tirone: chi era costui? Era il colto schiavo greco che aiutava Cicerone a conservare memoria della sua attività nei tribunali.   Per dirla meglio, costui aveva elaborato una protoforma di stenografia (le "note tironiane") che faceva sì che si potesse serbare memoria di tutte le arringhe e requisitorie pronunciate dal suo padrone  Cicerone.  Ebbene, secondo voi, chi è stato più importante per la storia dell'umanità, tra questo Tirone e il Cristo?   La risposta ovviamente è il Cristo. Sarà pure una domanda lievemente provocatoria, ma non banale.
Infatti, proviamo a riformulare la domanda in termini più storicamente precisi, ad esempio così:
chi, tra i due personaggi appresso indicati, Tirone schiavo di Cicerone, e Gesù detto il Cristo, si può dire godere di  uno statuto di  storicità meglio accertata?
Soltanto i credenti più sfegatati e irrazionali potranno insistere a rispondere in automatico che è il Cristo ad essere il personaggio più accertato. 
Nossignori sfegatati, il Cristo è certamente il personaggio più rilevante della storia umana, certo, ma non si può dire che sia storicamente accertato che sia esistito davvero.
Pertanto risuona sconcertante che non solo Cicerone ma perfino il suo oscuro schiavo greco che gli faceva da protostenografo sono da considerarsi storicamente esistiti, mentre altrettanto non si può dire del Cristo.
Ed è drammatico e in fondo anche inquietante che colui che i credenti ritengono la persona più rilevante della storia umana non si possa dire con certezza che sia esistita davvero.
Certo, mi si potrà ripetere il consueto elenco di testimonianze sia interne che esterne alle prime comunità cristiane, come se non lo conoscesse chiunque si sia interessato all'argomento affluendo perciò in questo  sito di discussioni.
Prima di procedere oltre nel focalizzare la questione conviene riallargare per un momento il quadro complessivo.
Vediamo qual è la situazione degli ebrei 2000 anni fa, nel contesto dell'impero romano.
Gli ebrei che vivono dentro all'impero romano sono molto più numerosi di quanto in genere si pensi.
Sono alcuni milioni, ma solo poche centinaia di migliaia di essi vivono in Palestina. La grandissima maggioranza degli ebrei vivono sparpagliati nelle varie province dell'impero.  Già un paio di secoli prima, cioè al tempo delle guerre puniche, anche a Roma si era già formata una comunità di ebrei.   Cartagine, che era città punica, ossia città fenicia, ospitava anch'essa ebrei giunti anche lì dalla loro dispersione verso ogni angolo del Mediterraneo.  L'impero romano era un impero ospitante molti popoli con altrettante lingue, mentre alcune lingue erano divenute dominanti: il latino nella porzione occidentale e il greco nella sua porzione orientale.  Nella sua porzione orientale il latino non riuscì mai a soppiantare il greco come lingua prevalente, e perfino i legionari romani stanziati in Palestina parlavano in genere il greco, e solo gli alti gradi parlavano anche il latino.   Il greco era avvantaggiato dall'essersi radicato  tre secoli prima grazie alle conquiste fatte da Alessandro Magno: grazie a tali conquiste si era formata un'amplissima area dove il greco era divenuto "koiné", lingua comune, quasi un primo equivalente dell'inglese odierno per i popoli di quel tempo, mentre ovviamente resistevano intanto ovunque lingue minori locali. La grande diffusione del greco in quelle aree (dalla Grecia all'Anatolia, odierna Turchia, alla Siria, alla Mesopotamia, alla stessa Persia, all'Egitto, etcetera) favoriva non solo i commerci, ma anche il progredire complessivo di quei popoli, tanto che si può parlare di una civiltà ellenistica che accolse in vari casi non ostilmente l'arrivo dei legionari romani: basti pensare al regno di Pergamo che entrò di sua sponte a far parte dell'impero romano. In effetti i romani si mostrarono meno feroci di tanti invasori precedenti, e capaci di assicurare una pax accettabile per i suoi cittadini, di qualunque etnia o religione fossero.  I romani non erano affatto antisemiti e tendevano a non compiere efferatezze gratuite.
  Gli ebrei che vivevano dappertutto dispersi per tutto l'impero romano non avevano alcun problema col governo di Roma.  L'unico problema con Roma lo avevano soltanto gli ebrei che vivevano in Palestina, poiché una parte di questi non volevano far parte dell'impero romano, e alcuni gruppi di essi svolgevano attività di guerriglia contro i soldati romani.   Per quanto riguarda la lingua parlata 2000 anni fa dagli ebrei va detto sùbito che la lingua ebraica era già divenuta una lingua morta da secoli, ossia dalla diaspora conseguente all'invasione assira e da vari eventi seguenti. Quindi duemila anni fa gli ebrei dell'impero romano non parlavano più ebraico, dovunque essi si trovassero: quelli che vivevano a Roma e nella parte dell'occidente dell'impero romano parlavano proprio latino ed erano cittadini a pari livello di tutti gli altri, mentre gli ebrei che vivevano nella porzione orientale dell'impero, se colti o mercanti parlavano preferibilmente greco, e se erano popolani stanziati non nelle città ma nei villaggi, allora parlavano aramaico, lingua semita differente comunque dall'ebraico anche se scritta con i medesimi caratteri dell'ebraico,  subentrata nell'uso comune tra gli ebrei sia di Palestina che di Siria e Mesopotamia: l'aramaico faceva anch'essa da lingua franca come il greco, ma le persone colte preferivano il greco, e anche per questo perfino la Bibbia si decise di farla tradurre in greco.
Dato che la Bibbia rimaneva comunque scritta nella lingua ebraica, ormai la normale popolazione ebraica non la intendeva più quando la sentiva recitare dai rabbini, praticamente unici nello studiarla ancora.
Gli ebrei che vivevano in Palestina, con la guerriglia permanente di una piccola parte di loro, finirono per infastidire gravemente i romani, che nell'anno 70 d.C. decisero di intervenire con grande violenza su tale regione, sterminando la popolazione gerosolimitana (cioè di Gerusalemme) e disperdendo il resto della popolazione della regione verso altre aree dell'impero.  Ho detto prima che era raro che i romani mostrassero tanta ferocia, ma sia pure raramente anche i romani ricorrevano a tali barbarie. (Per la cronaca si può ricordare che due secoli prima i romani avevano compiuto un altro sterminio, e fu  contro gli Ardiei, un piccolo popolo di pirati stanziato nelle isole della Dalmazia, popolo che viveva di razzie piratesche non solo nel mare Adriatico)  Va notato che i romani non colpirono in alcun modo gli ebrei che vivevano dappertutto fuori dalla Palestina, ma soltanto quelli di tale regione, dove di continuo venivano assassinati dei soldati romani.
Torno ad agganciarmi a quanto detto dall'archeologo Andrea Carandini cui è intestata questa discussione; prendo atto del punto  dove lui fa notare che non era d'uso sostituire il normale patronimico maschile con quello femminile.  Quindi, normalmente si sarebbe dovuto dire Gesù figlio di Giuseppe (Jehoshua ben Joseph) piuttosto che Gesù figlio di Maria (Jehoshua ben Myriam).
Ma ora mi accingo io a qualche osservazione.
Il nome Jehoshua si sarebbe dovuto tradurre Giosuè e non Gesù, che è quasi un unicum che si è voluto far prevalere in uso per rendere speciale tale personaggio.
Il nome Jehoshua, che significa "salvatore", era in Palestina diffusissimo, quasi quanto oggi lo è mohamed nei villaggi arabi: se mi  mettessi a chiamare a gran voce rivolto verso un gruppo di arabi "Mohamed!" vedrei voltarsi verso di me una grossa parte di costoro; similmente possiamo immaginarci che sarebbe avvenuto se si fosse potuto chiamare ad alta voce Jehoshua! verso i conterranei di Gesù...
quindi possiamo dire che la Palestina di quei tempi pullulava di Jehoshua ben Joseph, poiché questi due nomi erano rispettivamente il primo e il secondo in classifica di frequenza d'uso.
La cosa che possiamo ora chiarire, alla luce di quanto detto nel pippone, è che tutte le testimonianze attestanti la storicità del Cristo esterne agli ambienti cristiani, che sono poi quelle più importanti quanto a valore probatorio, possono semmai attestare che sono esistiti vari Jehoshua bin Joseph, anzi che ne sono esistiti a bizzeffe.  Ma a noi del nostro tempo non ci serve sapere che sono esistiti in illo tempore migliaia di Giosuè figlio di Giuseppe, a noi ci serve sapere che allora è esistito un tale che realmente ha compiuto miracoli e ha  resuscitato dei morti.  Non risulta da nessuna parte che vi siano testimonianze storiche di un tale evento, le uniche fonti di tali mirabilia restano confinate ai testi sacri dei cristiani stessi, compilati vari decenni dopo i fatti: le lettere di  san Paolo di Tarso  scritte dopo l'anno 50d.C., e i vangeli canonici scritti tutti dopo il fatidico anno 70 d.C., anno tragico  che fece sparire dal mondo quasi tutti i testimoni degli eventi di cui tuttora stiamo tutti così tanto favoleggiando.
E ci sarebbe da aggiungere molto altro, ma per non eccedere nell'affliggervi mi limito ad un'unica altra osservazione che trovo solo rarissimamente notata:
Date un'occhiata a questo signore qui: Filone di Alessandria - Wikipedia
Parliamo di questo signor Filone Alessandrino, che era il più rilevante filosofo giudeo contemporaneo del presunto Cristo.  Filosofo che era studioso finissimo e curiosissimo: lui stesso ci ha informato nei suoi scritti del fatto che ogni anno se ne tornava a visitare il tempio di Gerusalemme, e quindi chissà quante volte avrà incontrato di persona il Cristo ... eppure non ne fa menzione alcuna, nulla di nulla!  E Gerusalemme non era una metropoli gigantesca, era una cittadina modesta  tutta raccolta attorno al tempio, e di ogni evento di qualche rilevanza "non poteva non arrivare a sapersi " da parte di un ricercatore del livello di Filone.  Reputo la mancata testimonianza di Filone tra le pecche più  gravi riguardo la questione della effettiva storicità non del Gesù figlio di Giuseppe ma del Gesù inteso come Dio incarnato per una missione sulla Terra.  (Mi si dirà che non è possibile che possa nascere una così grande religione da un non evento, ma la storia delle religioni ci propone altri esempi paragonabili a quello del cristianesimo.
Anche per quanto riguarda il buddhismo, si può dire che è accertato che il Buddha sia esistito veramente, mentre tutto ciò che di prodigioso ha riguardato la sua vita rimane leggendario, e leggendari ad esempio rimangono i cosiddetti miracoli di Shravasti. Eppure la religione buddhista ora esiste e ha parecchi milioni di seguaci, anche se effettivamente in diminuzione. Insomma, una religione può nascere anche dal nulla, poiché è troppo grande l'esigenza  dell'uomo di credere a qualcosa di rassicurante riguardo il proprio destino. Le conclusioni banali non sono da meno per il mero fatto che sono così banali)
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PhyroSphera

#2
Citazione di: Luther Blissett il 23 Dicembre 2025, 21:48:31 PMRiporto la recensione scritta dall'archeologo Andrea Carandini sul più recente dei libri del teologo Vito Mancuso.
Sul Corriene si legge che "l'indagine di Vito Mancuso lambisce i territori del mito e indica una via "neo-cristiana""
Traggo il titolo di questa discussione "Storia e fede, archeologia di Gesù" dal medesimo quotidiano.
Così scrive Andrea Carandini sul Corriere della Sera del 22 dicembre 2025:
<<A forza di destrutturare senza bilanciamento ci stiamo azzerando.  Resta la nostalgia o il vuoto, salvo scienza e tecnica che progrediscono isolate!  Trionfano macchine intelligenti, ma in noi l'umanità è al lumicino: piacerini da soddisfare subito per placare l'insensatezza di un tutto liquefatto senza più nulla che stia, e alla fine siamo infelici!  Tre millenni di civiltà si sono conclusi, e ora?  Eppure nelle pieghe del tessuto sociale sbrindellato operano oscuri costruttori di futuro intercalando agli "uffa" embrioni di solidità e durata. Ne deduco che la realtà non coincide con l'interpretazione che ne diamo, compreso questo sfogo.
Nello studiare la leggenda di Roma per strati (in quattro volumi della Fondazione Valla) siamo risaliti alla versione orale essenziale e condivisa  risalente ai secoli VII e VIII.  In essa la storia tende a scomparire inghiottita dal mito; eppure qualche lacerto di realtà è sopravvissuto... Così Romolo primo re di Roma  ha fondato una città-Stato nell'aggregato di rioni del Septimontium, ma lui aveva un gemello, erano figli di una principessa di Alba Longa, sono stati nutriti dai re divini Pico il picchio e Fauno il lupo/lupa e sono stati salvati dalla Madre dei Lari? Ne dubito: poteva anche essere un figlio di nessuno...
Similmente il Gesù "storico" non coincide  con il Cristo "ideale" delineato da Paolo e dagli apostoli, molto in difficoltà dopo la sua morte: era stato abbandonato dal padre celeste all'infamante croce e aveva annunciato l'avvento del "regno di Dio" entro una generazione, poi mai arrivato.                      Si discute su ciò dal Settecento.    Da ultimo ha tentato di risolvere il problema Papa Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, sostenendo che Gesù è Cristo; ma la questione viene ora riaperta dal teologo Vito Mancuso con "Gesù e Cristo", 776 pagine dedicate a Piero Martinetti (Garzanti): un trattato serio, affascinante, inevitabile.  Il "Perché non possiamo non dirci 'cristiani'" di Benedetto Croce (1942) vale ancora?
Alla coscienza moderna ripugna che tutta l'umanità sia stata macchiata dal "peccato originale" di Adamo – ignoto all'Antico Testamento e concepito da Paolo di Tarso negli anni 50 d.C. – e che per levare questa macchia si sia dovuto sacrificare Cristo a un Dio che l'aveva "prediletto" per riscattare noi incapaci di salvarci seguendo giustizia e amore – come aveva predicato invece Gesù, ignaro di un simile peccato.    L'idea ha tormentato perfino il cardinale Carlo Maria Martini: "Non riuscivo a capire perché Dio ha lasciato soffrire suo figlio sulla Croce... me la prendevo con Dio...".  A tale interrogativo risponde ora Mancuso prima identificando e datando il Cristo di Pietro e Paolo e poi rivelando ciò che con esso contrasta  e cioè quanto del Gesù storico è sopravvissuto nelle prime lettere di Paolo e nei Vangeli.  Le società immerse nel sacro richiedono per essere comprese l'epistemologia di un esperto di "mitistoria".
Nel Vangelo di Marco (70 d.C. circa) Gesù non è figlio di Giuseppe o dello spirito di Dio ma solo "di Maria di Nazareth", contrariamente all'uso del patronimico in Palestina.    Si trattava di una maldicenza che circolava in quel villaggio sulla sua nascita da padre incerto?  Inoltre Gesù chiamava la madre "donna" e aveva scarso riguardo per lei, per i quattro fratelli (che lo credevano un fuori di testa) e per le sorelle, ai quali anteponeva i seguaci.    È piuttosto Cristo – non Gesù – a essere concepito da Giuseppe o dallo spirito di Jahvè in Maria e per di più a Betlemme, culla di Davide e dei messia...
Possiamo immaginare Maria, uscita magari di casa per incontrare amiche, trascinata e violentata... poi Giuseppe, riconosciuta la sua innocenza, l'ha sposata e con lei ha generato figli e figlie.  Eppure, per quanto padre comprensivo, non è riuscito a riparare in Gesù il trauma originario di non essere figlio suo, vissuto come una impurità.    Serviva pertanto un lavacro: quello del Battista nel Giordano.            Così purificato, ha visto aprirsi il cielo e scendere si di lui una colomba: lo spirito di Jahvè che gli ha chiesto di profetare e preparare il regno di Dio.    Così il vuoto della funzione paterna è stato colmato dalla paternità infinita dell'unico Dio che in lui ha suscitato la visione della caduta prossima dei troni del mondo sostituiti dal regno di Jahvè, che ha elevato Gesù spiritualmente sopra l'umanità – pur senza infrangere la sua unicità – in quanto "figlio dell'uomo".
Entro una generazione la storia sarebbe terminata in un incendio e in un giudizio universale, ragione per cui bisognava diventare radicalmente e rapidamente buoni per essere assolti o condannati.
Invece Gesù, ribelle al clero giudaico alleato ai Romani, è stato condannato come "re dei Giudei" ed è morto in croce disperato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?".  Inoltre il regno di Dio mai è giunto, mentre sul maggior trono è apparso Nerone!  Per i seguaci di Cristo sono seguiti vent'anni di angoscia a causa della condanna a morte e della profezia mancata; fino a che Paolo, alla metà degli anni 50, ha interpretato la morte di Cristo  come prevista, voluta, redentrice del peccato originale attribuito a tutta l'umanità – irredenta prima di Cristo? – compensando con quel riscatto lo svanito regno di Dio.
Senza questa visione, estranea al Gesù storico – il figlio di Maria sarebbe stato solo un messia sconfitto.
Eppure Gesù idealizzato come Cristo – vincente attraverso i secoli e nel globo grazie a uno strumento di tortura tramutato in simbolo di redenzione – ripugna a una morale estranea a un Dio che grazia tramite un sacrificio umano.
Tornando a Benedetto Croce: oggi non possiamo non essere "gesuani" ed eventualmente "neo-cristiani", ricostruendo filologicamente Gesù e reinterpretandone la figura all'altezza della coscienza sviluppatasi negli ultimi tre secoli.    Il cristianesimo ideato da Paolo ha perso forza propulsiva nella modernità: aveva guadagnato l'impero – estraneo a Gesù, concentrato sulla "eletta" Palestina – prima perdendo Gesù e alla fine anche molti di noi.
Come archeologo sono incline agl'inferi, intesi come stratificazione terrestre e umana da scavare, contrapposta alla spiritualità del cielo – ma, se arrivo a trascenderla, tra Paolo di Tarso e Vito Mancuso di Carate Brianza scelgo il secondo, con una sola diversità.
Per lui l'armonia fa funzionare la vita. Io penso piuttosto  che gli organismi evoluti funzionino grazie a opposti che cooperano confliggendo.  L'armonia  è un temperamento momentaneo degli opposti a cui succede nuovo disordine.    Senza il male saremmo schiavi del bene invece che liberi di sceglierlo.  Il bene stesso muta a seconda delle circostanze: amiamo la pace ma se qualcuno ci invade ci armiamo, e perfino tra beni vi è conflitto, come tra giustizia e libertà.
Così tra desideri ed emozioni inconsci, tra sentimenti e ragione consapevoli, tra morale e trascendenza spirituale noi ci dibattiamo, a volte accarezzati dall'armonia e altre volte colpiti dalla dissonanza. 
Anche Johann Sebastian Bach è dissonanza che si risolve in armonia, e viceversa.      Insomma, nella psiche umana l'inconscio è legato a tal punto al conscio che non possiamo concepire le "confusioni infinite" del primo senza  le "precise distinzioni" del secondo.        Entrambi strutturalmente "stanno" come un tutto da analizzare e come singolarità da comporre: opposti in lotta e abbracciati.>>                ANDREA CARANDINI
E' sconfortante che si spendino tante parole sul cristianesimo senza provare a studiarlo con serietà o perlomeno a capirlo.

Il Gesù storico è una indicazione di umanità nel tempo ma non può corrispondere ad alcun ritratto di individuo storico. Sebbene (cosa comune in America Latina) sia usato come nome proprio di persona, in realtà indica un tipo. Questo tipo è un'idea dell'umanità inscritta nella mente di Dio, che ci viene elargita per la nostra salvezza. Nella Bibbia non esiste una descrizione della natura umana, ma ci viene data un'idea per continuare umanamente in circostanze altrimenti impossibili.
Se si volesse ridurre questa idea a un individuo storico o a un esempio individuale particolare si incorrerebbe in una imitazione impossibile oltre che degenerata. E' quel che C. G. Jung additò nei suoi studi sulla saggezza orientale: un esercizio di imitazione che fa perdere la via al proprio Sé. Sicuramente Jung non poneva in adeguata luce la distinzione tra ricezioni sbagliate e imitatio Christi intesa teologicamente, eppure i bravi lettori del suo studio possono farlo. Dunque la fede cristiana non è in un uomo vissuto circa duemila anni fa' - sarebbe idolatria - ma in qualcosa da egli rappresentato; e se la stragrande maggioranza dei fedeli ha i pensieri confusi, ciò può accadere perché a volte le credenze si scontrano con la fede, perché i pensieri non seguono sempre la fede se non ce ne si cura opportunamente. Quello religioso non è un vissuto arbitrario o qualunque, ma qualcosa che comincia dal profondo del nostro animo dove abita il numinoso. In tal senso siamo animali religiosi. La religione è d'altronde costruzione umana e in quanto tale può contenere errori, ma questi sono destinati a passare perché le esigenze e i bisogni profondi prevalgono... e il teologo aggiunge: ciò cui essi si riferiscono, Dio ovvero l'Assoluto, non consente di sbagliare più di tanto.
Ad essere state o ad essere sbagliate non sono le Lettere paoline, come comunemente si crede sulla scia del cattivo insegnamento di Nietzsche. Giustamente Paolo fece riferimento principale al Cristo della fede, diversamente il cristianesimo sarebbe ridotto ad umanismo; e giustamente si dà conto della necessità di vivere secondo presenza di Dio. Essendo Dio unito al credente, il credente deve tenerne conto. Nelle lettere paoline carne significa materialità alienata da Dio, non si usa questo termine fisiologicamente. Ugualmente Platone non indicava anima e corpo quali entità, ma in quanto riferimenti per il saggio, che deve basarsi sulla interiorità, ed anche la Bibbia contiene questa saggezza (le verità di questo libro sacro si possono trovare anche fuori di esso). Analogamente al discorso platonico, nell'annuncio cristiano si usano i termini spirito e carne. Dato che questa dicotomia è scambiata per un invito a distrarsi dal corpo anzi a negarne le gioie e dato che si usa tanta retorica per questo (a cominciare da Nietzsche e non solo) le Lettere paoline non godono più di vasto credito, anche perché da parte di molti non si ha la pazienza di capirne i contesti. A parte quello generale, del dono dello Spirito e della necessità di vivere tenendone conto, non ci si accorge di quelli particolari. Perché è detto, in un passo, di donne col velo? Per regola data a chiunque o solo a donne incapaci di non invadere il prossimo col pensiero della propria bellezza? E sposarsi perché non ci si trattiene, è invito per tutti o solo per coloro che non sanno fare a meno di un vincolo sociale forte e che vivono la sessualità travagliosamente? Forse questi travagli, basati su indecisioni, li aveva inventati Paolo? Invitando a sposarsi spingeva alla sessualità, non la criminalizzava. Certo a volte è arduo reperire il senso di queste Lettere ma la Bibbia non deve essere sempre semplice.

Le Scritture cristiane contengono un Messaggio che si riferisce a un Evento, non significano da sole né sono 'in presa diretta' (come invece capita col Corano, che dice di altro). Questo Evento è la discesa di Dio e della sua salvezza nella storia e nei suoi meandri più oscuri, che non vanno confusi col contenuto della fede. Oggetto della fede non è il tempo ma l'eternità.
A negare tutto questo, a pensarla diversamente e per giunta al cospetto del Messaggio, c'è solo un disgraziato intontimento.



MAURO PASTORE
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Luther Blissett

Nel mio post precedente, nel citare la gravità della mancata testimonianza di Filone alessandrino, mi sono dimenticato di far osservare come alcuni apologeti cristiani non si fossero resi conto di rischiare di fare un clamoroso autogol nell'avventato  tentativo di cooptare questo importante filosofo ebreo attribuendogli niente di meno che la paternità di uno dei libri veterotestamentari della Bibbia!
Il libro che ha rischiato di essere attribuito a Filone era questo:  Libro della Sapienza - Wikipedia
Ebbene, questo libro della Sapienza è uno dei testi veterotestamentari più "pericolosi" per il futuro della Chiesa.   Cerco di chiarire in che senso "pericolosi". 
Per i cristiani, molte ed enormi sono le differenze  tra l'Antico e il Nuovo Testamento, ma una di quelle fondamentali sta nel fatto che quello Antico è il testo sacro dell'attesa, è il testo che profetizza il futuro arrivo del Messia, mentre quello Nuovo è il libro kerigmatico, il libro dell'annuncio, della bella notizia che il Messia finalmente è arrivato tra noi umani.
Il motivo per cui la Chiesa cattolica avrebbe dovuto essere assai più prudente nell'accogliere nel suo Canone questo libro della Sapienza è presto detto. (Ho specificato Chiesa cattolica, perché ad esempio i protestanti tale libro lo hanno sapientemente "scaricato"). Gli archeologi e tutti gli altri roditori accademici che continuano  le loro instancabili ricerche stanno progressivamente sempre più spostando verso date  sempre più "pericolosamente " recenti la data di confezione di tale libro.
Al momento attuale, da voci correnti, si è già arrivati ad ammettere che questo libro, che è il più recente di tutti i libri dell' A.T. del canone cattolico romano, potrebbe essere stato scritto perfino dopo il 40 d.C.!
Perché ho messo il punto esclamativo?   È perché i santi cristiani che avrebbero tanto voluto coinvolgere in qualche modo questo strategico Filone nella propria avventura teologica, tentando di attribuirgli quest'ultimo pezzo di Antico Testamento, avrebbero semmai dovuto pretendere che questo Filone avesse piuttosto scritto un suo Vangelo.  Quello che manca è proprio un Vangelo di Filone.  Ecco, in questa storia del tutto ignota alle folle,  ecco qual è la gravità per la Chiesa, mentre la ricerca continua...
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Luther Blissett

Citazione di: PhyroSphera il 27 Dicembre 2025, 11:20:28 AMIl Gesù storico è una indicazione di umanità nel tempo ma non può corrispondere ad alcun ritratto di individuo storico.
Per risponderti, se permetti, mi metto nei panni di mia madre cattolicissima, dato che mi ricordo bene in cosa credeva mia madre, la sua dottrina era semplicissima, ed era riuscita pro tempore a inculcarmela.
Sono sicuro che lei ti avrebbe risposto così:
"Io credo che sia vissuto in Palestina duemila anni fa un uomo che per farsi riconoscere come il Salvatore ha compiuto miracoli, ha resuscitato i morti e ha sofferto per noi, ed è morto noi, e poi è risorto, ed ora è il cielo dove ci ha chiamati tutti a seguirlo.  Non ci ha chiesto altro che di seguire il Vangelo e di credere in lui. Io credo in quest'uomo.                 Non capisco tutte quelle tue parole, scusami".
Ti devo dire che son convinto che lei ti avrebbe risposto così. 
Si sarebbe accorta anche lei di tutti quegli arzigogoli che hai dovuto lambiccarti a scovare, ti dico che  non ne avresti avuto bisogno, se il Cristo fosse nato in un  posto diverso da dove poco tempo dopo furono sterminati tutti i testimoni.  
La tua teologia è perfino più arzigogolata della mia, e in fondo in fondo non mi pare nemmeno così cristiana come credi.
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PhyroSphera

Citazione di: Luther Blissett il 27 Dicembre 2025, 18:52:24 PMPer risponderti, se permetti, mi metto nei panni di mia madre cattolicissima, dato che mi ricordo bene in cosa credeva mia madre, la sua dottrina era semplicissima, ed era riuscita pro tempore a inculcarmela.
Sono sicuro che lei ti avrebbe risposto così:
"Io credo che sia vissuto in Palestina duemila anni fa un uomo che per farsi riconoscere come il Salvatore ha compiuto miracoli, ha resuscitato i morti e ha sofferto per noi, ed è morto noi, e poi è risorto, ed ora è il cielo dove ci ha chiamati tutti a seguirlo.  Non ci ha chiesto altro che di seguire il Vangelo e di credere in lui. Io credo in quest'uomo.                Non capisco tutte quelle tue parole, scusami".
Ti devo dire che son convinto che lei ti avrebbe risposto così. 
Si sarebbe accorta anche lei di tutti quegli arzigogoli che hai dovuto lambiccarti a scovare, ti dico che  non ne avresti avuto bisogno, se il Cristo fosse nato in un  posto diverso da dove poco tempo dopo furono sterminati tutti i testimoni. 
La tua teologia è perfino più arzigogolata della mia, e in fondo in fondo non mi pare nemmeno così cristiana come credi.
E' l'ebraismo a credere nel messia umano, ma forse tua nonna intendeva riferirsi al mezzo per la salvezza ultima, questa necessariamente da Dio.
Io non mi sento in competizione con la semplicità anzi dico tante cose nella maniera più semplice possibile, gli arzigogoli non sono i miei. Per starci dietro e smentirli sembra che io ne partecipi ma non è così.

MAURO PASTORE
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PhyroSphera

Citazione di: Luther Blissett il 27 Dicembre 2025, 18:48:05 PMNel mio post precedente, nel citare la gravità della mancata testimonianza di Filone alessandrino, mi sono dimenticato di far osservare come alcuni apologeti cristiani non si fossero resi conto di rischiare di fare un clamoroso autogol nell'avventato  tentativo di cooptare questo importante filosofo ebreo attribuendogli niente di meno che la paternità di uno dei libri veterotestamentari della Bibbia!
Il libro che ha rischiato di essere attribuito a Filone era questo:  Libro della Sapienza - Wikipedia
Ebbene, questo libro della Sapienza è uno dei testi veterotestamentari più "pericolosi" per il futuro della Chiesa.  Cerco di chiarire in che senso "pericolosi". 
Per i cristiani, molte ed enormi sono le differenze  tra l'Antico e il Nuovo Testamento, ma una di quelle fondamentali sta nel fatto che quello Antico è il testo sacro dell'attesa, è il testo che profetizza il futuro arrivo del Messia, mentre quello Nuovo è il libro kerigmatico, il libro dell'annuncio, della bella notizia che il Messia finalmente è arrivato tra noi umani.
Il motivo per cui la Chiesa cattolica avrebbe dovuto essere assai più prudente nell'accogliere nel suo Canone questo libro della Sapienza è presto detto. (Ho specificato Chiesa cattolica, perché ad esempio i protestanti tale libro lo hanno sapientemente "scaricato"). Gli archeologi e tutti gli altri roditori accademici che continuano  le loro instancabili ricerche stanno progressivamente sempre più spostando verso date  sempre più "pericolosamente " recenti la data di confezione di tale libro.
Al momento attuale, da voci correnti, si è già arrivati ad ammettere che questo libro, che è il più recente di tutti i libri dell' A.T. del canone cattolico romano, potrebbe essere stato scritto perfino dopo il 40 d.C.!
Perché ho messo il punto esclamativo?  È perché i santi cristiani che avrebbero tanto voluto coinvolgere in qualche modo questo strategico Filone nella propria avventura teologica, tentando di attribuirgli quest'ultimo pezzo di Antico Testamento, avrebbero semmai dovuto pretendere che questo Filone avesse piuttosto scritto un suo Vangelo.  Quello che manca è proprio un Vangelo di Filone.  Ecco, in questa storia del tutto ignota alle folle,  ecco qual è la gravità per la Chiesa, mentre la ricerca continua...
Che la Sapienza sia stata redatta tardi non ha molta importanza, anche perché è un libro deuterocanonico, cioè spiega meglio cose già dette negli altri libri. I ricercatori scientifici giungono a conclusioni parziali oltretutto. L'attribuzione a Filone non ha nulla di problematico o scandaloso.
A quanto pare tu pensi al Libro della Sapienza come sorta di falso annuncio anzitempo ma appunto è solo un deuterocanonico. Certamente non è nel cànone ebraico ma questo non equivale a dire che non è valido. I protestanti non ne hanno mai escluso del tutto e anzi c'è chi li accoglie ancora. Ritengono i deuterocanonici "apocrifi", non falsi ma esoterici, non per tutti. Effettivamente questi libri biblici non sono fatti per continuare a raccontare Israele antico perché vengono da un mondo ellenista in cui la tradizione assumeva altri significati, eppure questi sono proprio assai adatti a raccordarsi col Nuovo Testamento.
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