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LOGOS - Argomenti => Percorsi ed Esperienze => Discussione aperta da: Sariputra il 26 Luglio 2017, 10:04:20 AM

Titolo: L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 26 Luglio 2017, 10:04:20 AM
Una delle caratteristiche basilari dell'essere umano è la sua continua insoddisfazione. L'uomo non riesce a soddisfarsi. Ci prova continuamente, per tutta la vita ma...non ci riesce proprio! Se sta mangiando, per esempio, a volte è insoddisfatto dalla quantità di cibo, altre dalla qualità, altre ancora, se la quantità e la qualità sono adeguate...dal fatto di aver mangiato troppo e dal sentir la panza spingere sulla cintura delle braghe. Se va con una donna è insoddisfatto del momento, a volte del luogo, più spesso dell'esito. A volte , proprio nel momento dell'estasi amorosa, si ritrova a dover immaginare di essere con un'altra...per riuscire nell'intento! Poi è insoddisfatto del fatto che il partner è rimasto insoddisfatto e ciò lo rende ancor più insoddisfatto. Quando vuol predicare qualcosa agli altri, ai familiari o agli amici, la frustrazione lo assale immediatamente quando realizza che gli altri sono disinteressati o insoddisfatti della predica. Il fatto che il prossimo non lo soddisfi è ancor più pungente; sembra che nessun essere con cui intavoliamo una relazione, alla fine, chi prima chi dopo, ci soddisfi pienamente. Il fatto poi di dover realizzare che noi stessi siamo fonte di insoddisfazione per gli esseri che ci stanno attorno, ci rende malinconicamente...insoddisfatti! Per non parlare dell'insoddisfazione rapida che proviamo verso i beni materiali che ci prodighiamo di acquistare e consumare in gran quantità.  Che profonda insoddisfazione si prova nel constatare che, l'auto nuova appena acquistata, oltre a palesare difetti incompatibili con l'assegno che abbiamo dovuto staccare, è rapidamente sovrastata dal maestoso Suv che nostro cognato , due giorni dopo il nostro acquisto, viene prontamente a farci vedere...Come siamo rapidi nel nascondere il  telefono appena acquistato ( e di cui siamo per un attimo orgogliosi...) mentre il nostro più caro amico tira fuori il suo nuovo Iphone per farci vedere le foto del suo ultimo weekend a Mikonos...
Anche gli esseri che si credono più spirituali degli altri provano continuamente l'insoddisfazione di ritenersi spirituali e di non vedere però alcun aumento di felicità. Alla fine vedi vecchi sacerdoti che discutono aspramente con la perpetua perché sono insoddisfatti della pulizia della chiesa o del pranzo preparato e giovani bonzi buddhisti con la cicca tra le labbra, occhiali da sole e la prima fila del vagoncino del tagadà prenotata ( con tanto di selfie naturalmente...). Ah, l'insoddisfazione!...Alcuni saggi dicono che,  proprio perché è perennemente insoddisfatto,  l'uomo è progredito così tanto nella storia e ha creato così tante civiltà ( di cui però era insoddisfatto...). Ma...qual'è l'esito? L'insoddisfazione! Non si riesce a placarla. Attualmente siamo gli esseri più goduriosi della storia e...siamo sempre insoddisfatti! Anzi...sembra quasi che, più ci diamo da fare per soddisfarla, più l'insoddisfazione con annessa nevrosi ci assale continuamente e , siccome disponiamo di un ammasso di beni e di relazioni ( beh! più o meno naturalmente...) enorme, ecco pure l'enormità della nostra insoddisfazione attuale. Se il contadino della campagna latina di duemila anni fa era principalmente insoddisfatto della moglie e della zappa, ora dobbiamo stilare una lista senza fine di cose che ci rendono insoddisfatti. Progresso?...Mah!  :(
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Angelo Cannata il 26 Luglio 2017, 12:02:18 PM
Si potrebbe osservare che non tutte le insoddisfazioni si lasciano apprezzare dalla nostra umanità allo stesso modo: percepiamo differenza tra l'insoddisfazione per una caramella che non è di nostro gusto e l'insoddisfazione per le ingiustizie del mondo. Da questo punto di vista ci sono insoddisfazioni nobili, che addirittura ci possono risultare meritevoli di essere coltivate. In questo senso la discussione diventa molto simile a quella già in corso sulla noia.
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 26 Luglio 2017, 16:09:07 PM
Per come la vedo io la generale insosddisfazione che si vede nel mondo è dovuta al fatto che si continuano a cercare piaceri "condizionati" (ossia dipendente da certe condizioni) e su di essi si basa la propria "pace interiore". Siccome non vediamo nulla "in questo mondo" di "in-condizionato" continuiamo ad accumulare ricchezze,  fare confronti con gli altri... ossia vogliamo in qualche modo cercare di rendere il "condizionato" "in-condizionato". Tutto questo mette in atto il meccanismo dell'"identificazione-autorità-attaccamento-avversione": cerchiamo di mantenere la nostra "pace interiore" con tutti i nostri sforzi, diventiamo anche violenti per essa. Ma in realtà tutto ciò dipendendente in ultima analisi dal "caso", visto che tutte le cose condizionate sono appunto dipendenti, ossia "inaffidabili". L'umanità dopo la "morte di Dio" ("Dio"="qualsiasi cosa che da significato/valore all'esistenza" o comunque "qualcosa di incondizionato come il Nirvana")  mi sembra che sia affannata a fare due cose: (1) governare il mondo in modo da tenerlo secondo i nostri gusti (2) amplificare le nostre aspirazioni in modo da trovare modi migliori da governare il mondo. Il problema è che da questo punto di vista si maschera una cosa: siamo insoddisfatti "in profundis" quindi dobbiamo sforzarci di "avere autorità" sulle cose. Così mi immagino lo scenario dovuto per esempio all'eruzione di un super-vulcano o una mega-tempesta solare che distrugge la tecnologia: perdiamo tutto, diventiamo disperati e guarda a caso facciamo "risorgere Dio"(e simili). Poi passano gli anni, "Dio muore" e torniamo a voler trattenere tutto.

Quindi oggi non mi sorprende che i religiosi, perfino monaci buddisti, si dedichino ai "piaceri condizionati": d'altronde a chi interessa oggi del Nirvana, di Dio, della Forma del Bene, della Verità ecc quando lo stomaco è sempre pieno, la solitudine la inganniamo con la Rete, la scienza non trova NULLA di sovrannaturale o di particolarmente "eccezionale"...?  D'altronde se ci sono solo "piaceri condizionati" perchè dovrei mettermi a perderli per il NULLA?

Citazione di: Angelo Cannata il 26 Luglio 2017, 12:02:18 PMSi potrebbe osservare che non tutte le insoddisfazioni si lasciano apprezzare dalla nostra umanità allo stesso modo: percepiamo differenza tra l'insoddisfazione per una caramella che non è di nostro gusto e l'insoddisfazione per le ingiustizie del mondo. Da questo punto di vista ci sono insoddisfazioni nobili, che addirittura ci possono risultare meritevoli di essere coltivate. In questo senso la discussione diventa molto simile a quella già in corso sulla noia.
I

In quella discussione sembrava che io fossi contrario alla noia. In verità ritengo che la noia a volte è nobile, però non è da prendersi come un obbiettivo. Idem stavolta, quando vedi i "mali del mondo" ti arriva la "crisi esistenziale" https://www.riflessioni.it/logos/percorsi-ed-esperienze/crisi-esistenziale/ (a distanza di un anno scriverei le stesse cose). Ossia vedi quanto è delirante (e ingiusta) tutta la pretesa di controllare un mondo incontrollabile e quanto questa pretesa è ormai radicata nel nostro profondo. Si diventa religiosi/filosofi/artisti d'altronde solamente DOPO essersi resi conto che il modo normale di vivere è un vicolo cieco. Si cade così nella profonda insoddisfazione, in cui ti senti "sconnesso". L'uomo moderno (ossia da 300 anni...) in crisi esistenziale non crede più a nessun "Dio", ergo la sua vita non supera questa fase. Ti arriva il "samvega" (termine buddista che indica il tremore di quanto ci si rende conto del "delirio" della pretesa della feelicità incondizionata nelle cose condizionate) ma senza "pasada" (confidenza che si può superare questa fase, perchè al Nirvana non ci crede più nessuno). Quindi io spero che questa "crisi esistenziale" (l'insoddisfazione dal capire che non si è mai davvero soddisfatti) abbia "valore". Ma "spero"... non me la sento di dire che è "davvero così".

P.S. (Per il Sari soprattutto ma non solo) Con l'avanzare della tecnologia il mondo umano sta diventando un "reame di devas" (per chi non sa cos'è un deva, è la "divinità impermanente" del buddismo e dell'induismo), ossia un mondo che sprofonda nel samsara anche se sembra che non lo faccia.
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 27 Luglio 2017, 10:52:06 AM
Cit. da Apeiron:
Con l'avanzare della tecnologia il mondo umano sta diventando un "reame di devas" (per chi non sa cos'è un deva, è la "divinità impermanente" del buddismo e dell'induismo), ossia un mondo che sprofonda nel samsara anche se sembra che non lo faccia.

Un regno di devas senza volto a cui è stato appiccicato un numero che non conoscono, mentre il soma scorre a fiumi. Tecnologia per asservire il mondo all'uomo e l'uomo che finisce asservito alla tecnologia stessa...tutto perché...non sappiamo fermarci! L'insoddisfazione ci pungola continuamente, ci risveglia nel cuore della notte, ci riempie d'ansia. Sogniamo una vita diversa, un mondo migliore ma, alla fine, non sappiamo come dovrebbe essere questa vita e questo mondo diversi e allora... ci inebetiamo di oggetti e gadget inutili, tutti disciplinati in lunghe file davanti a porte automatiche di ipermercati. Perché no? Se la vita è tutta qui...tante vale cercare di godercela più che possiamo ma...perché non funziona? Cosa c' è che non va in me? Ci chiediamo...gli altri ci sembrano soddisfatti del loro ultimo gadget, succhiano gelati con volti sorridenti, ci osservano, valutano i nostri vestiti...che siano insoddisfatti dei propri? Non ci sentiamo soddisfatti veramente dei nostri vestiti...Perché diavolo non funziona? E sì che stiamo facendo tutto quello che vediamo fare agli altri per essere felici! Che dubbio atroce...che anche gli altri fingano di essere felici? Stanno recitando come me?  A ben guardare...quei sorrisi...sembrano più dei ghigni...Dio! Son finti anche loro!...Che vuoto spaventoso! Dio , aiutaci...ma non puoi, sei morto!...Ma...questi esseri insoddisfatti come noi...possono aiutarci? E come? E' impossibile...son più scemi di noi!
Dateci ancora del soma, preghiamo, ci aiuta a dimenticare che Dio è morto. Vogliamo inebriarci fino alla morte!...Ma...Dio! Non funziona più nemmeno questo! Com'è possibile?Siamo insoddisfatti pure del soma...sta perdendo sapore...Nooo!!
Fermati! Fermati! Il mondo ci implora, ma noi non vogliamo ascoltarlo. Dove devo andare oggi per essere soddisfatto? Cosa devo fare? Cosa comprare? Non posso fermarmi a pregare, non posso...Dio è morto!...
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: baylham il 27 Luglio 2017, 15:54:50 PM
Siamo in una sezione dedicata alle esperienze personali. Sui sentimenti, sulle emozioni è prevalente l'esperienza individuale, quindi posso fare riferimento alla mia esperienza per contestare le generalizzazioni qui espresse.

L'uomo perennemente insoddisfatto non corrisponde alla mia esperienza. Mi soddisfa l'amore, l'amicizia, la reciprocità, fare bene il mio lavoro e le cose. Sono affezionato alla piccola raccolta di libri e di cd musicali, alla vecchia bicicletta ed autovettura, non faccio resse agli iper-supermercati, nemmeno mi sfiora l'idea di entrarci i giorni festivi per boicottaggio.

Mi soddisfa l'ateismo, che dall'adolescenza ad oggi è diventato sempre più consapevole e maturo, non sento affatto il bisogno di dio, tanto meno della sua morte, del nirvana e  di altre cose impossibili, e per questo non soffro di crisi esistenziale.  Ateismo che affermo perché mi ha aiutato nella liberazione dall'educazione e dalla morale contrarie alla vita e alla libertà delle principali religioni.

E' vero che la soddisfazione, il benessere, a maggior ragione la felicità e la gioia,  sono normalmente passeggeri, impermanenti, ma questo vale allora anche per i sentimenti contrari.
E' vero che non posso controllare o conoscere il sistema di cui faccio parte, ma posso controllare o conoscere qualcosa. 
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 27 Luglio 2017, 22:07:08 PM
Citazione di: Sariputra il 27 Luglio 2017, 10:52:06 AMCit. da Apeiron: Con l'avanzare della tecnologia il mondo umano sta diventando un "reame di devas" (per chi non sa cos'è un deva, è la "divinità impermanente" del buddismo e dell'induismo), ossia un mondo che sprofonda nel samsara anche se sembra che non lo faccia. Un regno di devas senza volto a cui è stato appiccicato un numero che non conoscono, mentre il soma scorre a fiumi. Tecnologia per asservire il mondo all'uomo e l'uomo che finisce asservito alla tecnologia stessa...tutto perché...non sappiamo fermarci! L'insoddisfazione ci pungola continuamente, ci risveglia nel cuore della notte, ci riempie d'ansia. Sogniamo una vita diversa, un mondo migliore ma, alla fine, non sappiamo come dovrebbe essere questa vita e questo mondo diversi e allora... ci inebetiamo di oggetti e gadget inutili, tutti disciplinati in lunghe file davanti a porte automatiche di ipermercati. Perché no? Se la vita è tutta qui...tante vale cercare di godercela più che possiamo ma...perché non funziona? Cosa c' è che non va in me? Ci chiediamo...gli altri ci sembrano soddisfatti del loro ultimo gadget, succhiano gelati con volti sorridenti, ci osservano, valutano i nostri vestiti...che siano insoddisfatti dei propri? Non ci sentiamo soddisfatti veramente dei nostri vestiti...Perché diavolo non funziona? E sì che stiamo facendo tutto quello che vediamo fare agli altri per essere felici! Che dubbio atroce...che anche gli altri fingano di essere felici? Stanno recitando come me? A ben guardare...quei sorrisi...sembrano più dei ghigni...Dio! Son finti anche loro!...Che vuoto spaventoso! Dio , aiutaci...ma non puoi, sei morto!...Ma...questi esseri insoddisfatti come noi...possono aiutarci? E come? E' impossibile...son più scemi di noi! Dateci ancora del soma, preghiamo, ci aiuta a dimenticare che Dio è morto. Vogliamo inebriarci fino alla morte!...Ma...Dio! Non funziona più nemmeno questo! Com'è possibile?Siamo insoddisfatti pure del soma...sta perdendo sapore...Nooo!! Fermati! Fermati! Il mondo ci implora, ma noi non vogliamo ascoltarlo. Dove devo andare oggi per essere soddisfatto? Cosa devo fare? Cosa comprare? Non posso fermarmi a pregare, non posso...Dio è morto!...

Già... intendevo proprio questo :) in futuro forse la soluzione che si troverà sarà proprio la creazione della coscienza collettiva e quindi l'abbandono della propria individualità https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/coscienza-collettiva-se-si-riuscisse-a-crearla-con-la-tecnologia/  

Citazione di: baylham il 27 Luglio 2017, 15:54:50 PMSiamo in una sezione dedicata alle esperienze personali. Sui sentimenti, sulle emozioni è prevalente l'esperienza individuale, quindi posso fare riferimento alla mia esperienza per contestare le generalizzazioni qui espresse. L'uomo perennemente insoddisfatto non corrisponde alla mia esperienza. Mi soddisfa l'amore, l'amicizia, la reciprocità, fare bene il mio lavoro e le cose. Sono affezionato alla piccola raccolta di libri e di cd musicali, alla vecchia bicicletta ed autovettura, non faccio resse agli iper-supermercati, nemmeno mi sfiora l'idea di entrarci i giorni festivi per boicottaggio. Mi soddisfa l'ateismo, che dall'adolescenza ad oggi è diventato sempre più consapevole e maturo, non sento affatto il bisogno di dio, tanto meno della sua morte, del nirvana e di altre cose impossibili, e per questo non soffro di crisi esistenziale. Ateismo che affermo perché mi ha aiutato nella liberazione dall'educazione e dalla morale contrarie alla vita e alla libertà delle principali religioni. E' vero che la soddisfazione, il benessere, a maggior ragione la felicità e la gioia, sono normalmente passeggeri, impermanenti, ma questo vale allora anche per i sentimenti contrari. E' vero che non posso controllare o conoscere il sistema di cui faccio parte, ma posso controllare o conoscere qualcosa.

"Ateismo" è una parola alquanto ambigua perchè in un certo senso (ossia se si intende la negazione dell'equazione Realtà Suprema= Dio Personale) buddismo, quasi tutto l'induismo, il daoismo, lo shintoismo, la religione azteca, il platonismo (se lo si considera un "misticismo filosofico")... sono tutte "atee". Quindi non rimane che distinguere tra i vari ateismi. Ora quasi tutti i "misticismi" religiosi e/o filosofici propongono l'esistenza dell'Incondizionato, a parte forse certe scuole buddiste che propongono l'equazione "Nirvana=Nulla". Di certo ovviamente ci sono scuole come l'epicureanesimo, l'atomismo di Leucippo-Democrito e il moderno materialismo che negano l'esistenza di qualcosa di Incondizionato. Ma davvero se vogliamo vedere una prospettiva più grande della nostra vita possiamo veramente accontentarci?

Vedi: osserva il mondo, appunto senza nessuna "Realtà Suprema", senza nessun Nirvana (non inteso come Nulla), senza nessun Tao... Leoni che sbranano gazzelle per necessità, cuccioli di gazzella che perdono la loro madre perchè la madre leonessa doveva sfamare i suoi cuccioli. Questo nel regno animale. Nel regno umano: continuiamo a edificare palazzi, città, andiamo avanti con la tecnologia, cerchiamo di controllare il mondo. Continuiamo di generazione in generazione a costruire, scoprire, inventare... Eppure basta uno sbuffo del Sole, un piccolo sasso cosmico che ci colpisce, una malattia nuova formata da esserini che non vediamo neanche, uno sbuffo di un supervulcano per compromettere la nostra sopravvivenza. Ma cosa dico? basta una crisi del nostro sistema finanziario, andiamo in crisi economica, non riusciamo più a sfamare i nostri piccoli e così il ladro diventa il padre (o la madre) di famiglia che è disperato (ammettendo con l'umanità sia abbastanza compassionevole da non suicidarsi in una guerra mondiale). Il materialismo (o meglio "l'ateismo scientifico occidentale") è nichilismo se si trascende lo sguardo dalla prospettiva personale o sociale e ci si apre alla prospettiva cosmica. Non ci vuole molto per vedere quanto la nostra esistenza come umanità, anzi non solo come totalità degli animali e delle persone che popolano questo pianeta, è fragile e destinata un giorno a finire in un modo che si spera essere il meno doloroso possibile. Tutto: scienze, arti, religioni, filosofie, amori, amicizie... ma anche conflitti, guerre, litigi, depressioni, malattie, reati... Tutto svanirà. Tutto un giorno svanirà, tornarà nell'Oblio. Così mi immagino gli ultimi uomini che vedranno la Fine: cosa vedranno? Non penseranno nemmeno che tutto era una sorta di film di una qualche SuperMente, no! Non rimarrà neanche il ricordo. Capiremo che non solo la vita di ogni singolo individuo ma la vita di tutti non era che "Tutto manca di sostanza, e la vita è soltanto una piroetta nel vuoto" (Emil Cioran). Quei poeti giapponesi che hanno scritto "mono no aware" credo che siano tra le persone con cui ho più sintonia: con le cose impermanenti ho un misto di nostalgia, di compassione, di essere incantato da quella bellezza, da quella Vita, da quelle storie. Mono no aware, la comprensione dell'impermanenza e la malinconia per tutto questo continuo scorrere.



https://it.wikipedia.org/wiki/Mono_no_aware


E poi visto che non abbiamo il controllo e visto che la nostra felicità dipende da cose che non possiamo in ultima analisi controllare: cosa diremo alle nostre future generazioni? Guardate: benvenuti su questo mondo privo di sostanzialità, soggetto alla morte e al conflitto, al Conflitto che un filosofo (secondo me delirante) ha definito "padre di tutte le cose" (e quando si studia un po' di Darwinismo non si può che dargli ragione). Ecco, benvenuti in questo campo di battaglia, noi ci proteggiamo così con la nostra tecnologia, con le nostre illusioni, con il tentativo di colmare la nostra insoddisfazione... E poi cosa diranno in futuro? Lo stesso! Ecco il problema dell'ateismo scientifico moderno! L'Uomo ha anche una prospettiva Eterna e con essa si misura ma oggi cerchiamo in tutti i modi di negarlo... Questo secondo me!

Altri che rispetto invece non vedono tutto questo come un problema... C'est la vie

Dimenticavo: "La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti significanti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della commedia. Imperocchè l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene da commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia. (§ 58)" (Schopenhauer) - (credo che anche Sariputra sia d''accordo con questa particolare citazione del controverso filosofo di Danzica)

P.S. Forse baylham volevi dire che il mio post non era una riflessione riguardante un'esperienza strettamente personale (è una supposizione, se non è vero ignora). In un certo senso è corretto, ma personalmente devo dire che anche la visione "filosofica" del mondo è parte molto integrante della mia esperienza personale :)
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Angelo Cannata il 28 Luglio 2017, 09:44:26 AM
Quello di baylham può essere considerato secondo me un avvertimento, più importante di quanto sembri.

L'insoddisfazione, la noia, la sofferenza, possono essere considerate metafisicamente inconfutabili: del bene si può dubitare, ma, se proviamo a dubitare del male, esso non tarderà ad imporre la sua realtà. Possiamo dubitare del male da un punto di vista teorico, astratto, ma esso non tarderà a prendersi una rivincita irresistibile sull'esperienza concreta, riuscendo a mettere in crisi anche il più accanito degli stoici, colpendo la sua carne e la sua mente. Questo mi porta a concludere che il male è la realtà metafisica, il male è l'universalizzazione.

La risposta è quella che trovo contenuta in quello che considero un importante avvertimento di baylham: lasciar perdere gli assolutismi e rivolgere l'attenzione al particolare, alle storicità, che in realtà sono universi per certi versi più infiniti dell'infinito universale a cui siamo soliti pensare. Questa secondo me è la migliore via che abbiamo per trovare risposte che abbiano qualche validità contro gli inconvenienti e i drammi dell'assolutizzare. È quello che ho sostenuto nel mio ultimo video, a cui mi sono già riferito in un altro contesto.
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 28 Luglio 2017, 09:52:47 AM
cit.da Apeiron:
Dimenticavo: "La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti significanti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della commedia. Imperocchè l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene da commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia. (§ 58)" (Schopenhauer) - (credo che anche Sariputra sia d''accordo con questa particolare citazione del controverso filosofo di Danzica)

E' così, Apeiron! Anch'io, se osservo il dolore , le difficoltà, l'impermanenza e la tragicità delle vite umane provo una grande compassione  e quel senso di mono-no-aware delle cose che così bene e poeticamente descrivi. Ma d'altro canto, se osservo le umane vicissitudini con l'occhio distaccato, non posso fare a meno di trovarle ...esilaranti! Labile è il confine tra la tragicità e il grottesco delle nostre esistenze che ci rende proprio dei  "goffi tipi da commedia" ( confesso...ma che resti tra noi s'intende...che provo netta quest'impressione riflettendomi nel grande specchio barocco che riempie una parete di Villa Sariputra...e allora mi esercito in smorfie e boccacce da buffone).
Al soddisfatto Baylham vorrei applicare, se fosse possibile e se esistesse, l'insoddisfanometro per verificare , come con quegli aggeggi che chiamano "macchine della verità", l'autentico grado di soddisfazione raggiunta e...se ha detto la verità  ;D ( scherzo, ovviamente ma...facile a dire o scrivere che siamo soddisfatti della vita...difficile convincere veramente il nostro cuore...tant'è che io, onestamente , devo dire che, in vita mia, non ne ho ancora incontrato nessuno che lo fosse realmente... :( ).
L'equazione fede nel trascendente=soddisfazione opposta ad ateismo=insoddisfazione l'ho già rigettata quando, nell'apertura della discussione, ho parlato di sacerdoti e monaci insoddisfatti. Nello stesso tempo sono da rigettare le equazioni fede nel trascendente=insoddisfazione e ateismo=soddisfazione. L'insoddisfazione, a mio parere, ha radici ben più profonde delle convinzioni che ci costruiamo  ed è legata a quella "sete d'esistere" ( tanha) sotterranea che ci sferza in continuazione e che si manifesta nel desiderare e nell'attaccamento continuo alle persone e alle cose.

P.S. Leggo adesso l'ultimo post di Angelo Cannata e devo dire che non era mia intenzione fare dell'insoddisfazione un assoluto. Nonostante non abbia pregiudizi verso qualcosa di "assoluto" ovviamente...
E' come se , discutendo del comportamento dei cani, riflettessimo sul fatto che tutti scodinzolano e ci domandassimo il perché. Similmente volevo "provocare" una riflessione sul perché gli esseri umani appaiano sempre così "agitati" e insoddisfatti della loro vita... :)
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 28 Luglio 2017, 12:23:03 PM
Accetto i consigli di baylham e Cannata (però secondo me nuovamente il materialismo umanistico-scientifico moderno non vuole aprire gli occhi sulla dimensione "cosmica"... proprio per evitare le crisi esistenziali. Un ateo come Nietzsche metteva in guardia anche di questo...). Però a livello "filosofico" non posso che concordare con quanto dice Sariputra. Tanha d'altronde è proprio molto profonda, spesso non ce ne accorgiamo e diciamo di non esserne presi, ma più indago me stesso più mi accorgo che è pervasiva. D'altronde qua sul forum parliamo di cose che provocano, che possono essere scomode, che possono sconvolgere la vita ecc. Altrimenti diventa anche questo una commediata.

In ogni caso in questi giorni sono preso da due tipi di euforia (sì e scrivo di essere "triste"). Una euforia (mi viene per brevissimi momenti - massimo minuti - da un qualche mesi) è se vogliamo filosofica e deriva dalla vacuità: a volte mi sento come se avessi realizzato di non possedere niente, di non avere nulla di "mio". Questo sembra un altro assoluto e in verità da un senso di libertà incredibile: non avendo il controllo su niente sono al settimo cielo perchè non sono schiavo delle cose o degli esseri senzienti e allo stesso tempo capisco che "non avere niente" significa non imporsi su niente e lasciare liberi gli altri (sì un po' di fede dell'Incondizionato ce l'ho: d'altronde se uno non può raggiungerla con i propri sforzi, forse basta domare tanha, la sete, e si "percepisce" l'Incondizionato). L'altra euforia (mi è partita pochi giorni fa) in verità è uno stato quasi d'esaltazione, "ipomaniaco" (curiosamente ciò dovrebbe portarmi all'insonnia ma dormo come un neonato): pensieri a raffica che vanno a mille, auto-esaltazione (che cerco di ignorare e di trattenere con la meditazione), vedo connessioni tra scritti di saggezza (es tra Chaung-Tzu, Buddha, Socrate ecc) che forse non esistono, cammino avanti e indietro per la cosa con gioia, scrivo pagine e pagine di riflessioni personali (riesco a scrivere 3 pagine al PC all'ora a volte) di argomento filosofico, mi sembra di avere "intuizioni" che altri non hanno, mi è tornata la motivazione nello studio, lo stesso mangiare adesso è diventato un piacere che non vedo come "scontato" ma quasi come un "dono" ecc ecc - mi sento a momenti o libero e vuoto come l'aria oppure creativo e "potente". Ma allo stesso tempo ho pensieri intrusivi irrazionali che i "sbattono a terra": penso a cosa potrà succedermi dopo la morte, scrupolosità, mi sento minacciato, ho paura di impazzire ecc. Ovviamente tutto questo è irrazionale (ogni giorno mi auto-analizzo razionalmente per evitare di cadere negli estremi di "depressione" o "mania" o "panico"): la gioia che ho, di entrambi i tipi, è irrazionale perchè non sono un Realizzato, so benissimo che basta che domani mi venga un mal di testa violento e torno nel dolore e nell'avversione. So benissimo che se uno mi offende ci rimango male e resto pervaso dall'odio. Quindi sì la "crisi esistenziale" di cui parlo NON mi rende un depresso cronico (in questi giorni nella maggior parte del tempo sono probabilmente la creatura meno depressa del mondo  ;D ) ma è una diagnosi secondo me razionale di quello che avviene nel mondo, che ci piaccia o no e che secondo me deve essere affrontata nel modo giusto, anche per evitare l'auto-esaltazione di cui parlo. Ma non essendo realizzato in profundis so di essere insoddisfatto perchè queste mie "gioie" ed euforie dipendono da condizioni. Quando queste condizioni cessano, cessa anche la mia gioia. Idem per quella di altre persone... Tutto ciò ha, come giustamente Schoppy afferma, qualcosa di tragico e comico...

Quindi secondo me il buddismo ha ragione. Cercare solo gioie condizionate (ossia avere gioie che dipendono da altro) secondo me è mettere la vita e il nostro benessere alla mercé del Caso. Concordo poi col Sari quando dice che sono errate entrambe le equazioni (e chi può dirlo magari un Realizzato può essere anche un "ateo materialista"  8) , d'altronde la filosofia (o la religione) personale su questo punto di vista a volte dice poco).

P.S. Nemmeno Leopardi (!) era triste sempre: l'Infinito mi sembra una poesia che nasce dall'Estasi e non le era quando era innamorato di Silvia o Fanny. Ma questi momenti di gioia non li hanno impedito di sviluppare una filosofia "pessimista". Idem vale per lo stesso Schopenhauer. Per Angelo: nemmeno Schoppy diceva che "tutto è male". Anche per lui con l'arte, la compassione e con la "noluntas" (che ricorda l'assenza di tanha) si può essere "gioiosi" o addirittura "liberi". Nemmeno io dico che "tutto è male". Anzi ho come l'intuizione che l'Incondizionato ci sia e sia tipo "lo stato naturale" ma non posso provarlo ma posso solo constatare quanto noi siamo lontani da questo "stato".
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 28 Luglio 2017, 15:37:37 PM

cit.da Apeiron:P.S. Nemmeno Leopardi (!) era triste sempre: l'Infinito mi sembra una poesia che nasce dall'Estasi e non le era quando era innamorato di Silvia o Fanny. Ma questi momenti di gioia non li hanno impedito di sviluppare una filosofia "pessimista". Idem vale per lo stesso Schopenhauer. Per Angelo: nemmeno Schoppy diceva che "tutto è male". Anche per lui con l'arte, la compassione e con la "noluntas" (che ricorda l'assenza di tanha) si può essere "gioiosi" o addirittura "liberi". Nemmeno io dico che "tutto è male". Anzi ho come l'intuizione che l'Incondizionato ci sia e sia tipo "lo stato naturale" ma non posso provarlo ma posso solo constatare quanto noi siamo lontani da questo "stato".


L'infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio.

Se non è un'esperienza estatica messa in poesia questa...
Ma la difficoltà  della mente e il suo attaccamento si manifestano quando, mentre siamo presi con tutto noi stessi da questo rapimento, da questa profona riflessione che ci riempie l'animo...ecco! Nostra madre ci ordina di andare a spazzare le foglie secche che il vento ha deposto nel giardino. Ma come!...Sto riflettendo e assaporando l'incondizionato; sento questa profonda intuizione...mi sento così spirituale e...devo andare a spazzare le foglie...Nooo! Ecco la frustrazione e subito l'insoddisfazione! Ma perché devo fare una cosa così banale? Sto scrivendo pagine e pagine di riflessioni...non posso adesso...aaaahh, come mi sento insoddisfatto!...Ecco subito l'avversione. Se coltiviamo la presenza mentale però possiamo imparare da questa insoddisfazione; possiamo vedere come l'istintiva  tendenza della mente ad aggrapparsi a tutto sia all'opera anche mentre stiamo riflettendo sull'attaccamento della mente alle cose, pensando di essercene liberati per qualche momento...così finiamo per aggrapparci e attaccarci pure al "tra questa immensità s'annega il pensier mio".
Riusciamo invece a vedere la profonda bellezza dello "spazzare le foglie secche nel giardino"?  :)
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: baylham il 28 Luglio 2017, 18:04:04 PM
La prospettiva, dimensione cosmica? Esiste qualcuno o qualcosa che sia in grado di cancellare gli eterni momenti di gioia, o di dolore, vissuti?

Non sono né scientista materialista, né nichilista. Sono ateo perché ho compreso che l'assoluto, dio, il nirvana, il nulla, l'essere, la materia, lo spirito, l'uno non esistono. La mia stessa esistenza è la negazione di questi assoluti. Ho capito che sono una parte che mai potrà conoscere o controllare il tutto, che di per sé non esiste. Niente può togliermi la soddisfazione di questo raggiungimento.

Non mi ritrovo nelle filosofie di Schopenhauer, Cioran o Budda. Del buddismo apprezzo proprio l'ìmpermanenza, purché sia coerente sino in fondo, permanente, senza eccezioni per il dolore, il nirvana o il vuoto.

Non c'è bisogno del soddisfattometro per misurare il mio grado di soddisfazione quotidiano: oscilla in modo irregolare (la fortuna, o sfortuna, il caso, è importante), ma è normalmente positivo. Evito di pormi fini impossibili, godo i piaceri della vita e sopporto dignitosamente i dispiaceri che capitano. Non credo che per gli altri uomini sia così tanto diverso, l'infrastruttura, la biologia, è simile.
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Phil il 28 Luglio 2017, 19:04:09 PM
Citazione di: baylham il 28 Luglio 2017, 18:04:04 PMEvito di pormi fini impossibili, godo i piaceri della vita e sopporto dignitosamente i dispiaceri che capitano
Ricetta "eudemonologica" saggia e condivisibile... dentro la domanda "perché non siamo soddisfatti?" c'è la meta-domanda "che cosa dobbiamo/vogliamo soddisfare? Bisogni oppure sogni?", domanda che apre la prospettiva della (auto)responsabilità, individuale e scevra da ogni fatalismo, e che chiama in causa l'(auto)educazione esistenziale: rincorro le ombre, ma sono davvero costretto a farlo? Dare la colpa alla società, ai tempi e agli altri, dipingersi come vittime impotenti, non è forse un modo per assolversi e (re)stare al gioco (masochistico)? Davvero l'assioma "è impossibile essere soddisfatti di ciò che si è/ha, si desidera sempre altro" non concede eccezioni?

Giustamente baylham osserva che ci sono oscillazioni, "giornate nere" e "giornate di grazia", ma ciò non implica che il bilancio (sempre provvisorio) non possa per qualcuno essere positivo (senza che egli sia uno sceicco fortunato sia al gioco che in amore ;D).
Forse più che "allenarsi" a cambiare spesso cellulare/auto/fidanzata/obiettivi/mèta-delle-vacanze/etc. , conviene "insegnarsi" a cambiare punto di vista, per saper intravvedere la soddisfazione che soggiace in molte delle (auto)indotte insoddisfazioni ;)
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 28 Luglio 2017, 20:59:20 PM
Mi sembra che siamo esseri che parlano un linguaggio diverso e, per molti aspetti, incomprensibile uno all'altro ;D . Intanto stiamo parlando dello stato di insoddisfazione che spinge continuamente l'uomo a cercare qualcos'altro che lo soddisfi. Non stiamo certo parlando di  "di cancellare gli eterni momenti di gioia, o di dolore, vissuti".  Quindi la gioia e il dolore sono sempre presenti, sono la nostra condizione esistenziale corrente, ma l'insoddisfazione è qualcos'altro ed ha a che fare con la nostra errata concezione del mondo che ci spinge ad afferrarci alle cose ritenendo che possano darci felicità duratura. Pertanto le "giornate nere" e "quelle di grazia" si rincorrono ma noi ci identifichiamo con lo stato d'animo che vive questi momenti, ossia riteniamo che "siamo noi" che viviamo giornate nere e di grazia, che c'è "qualcuno" che si ritiene soddisfatto o insoddisfatto dalla vita.

Cit.Phil:
Davvero l'assioma "è impossibile essere soddisfatti di ciò che si è/ha, si desidera sempre altro" non concede eccezioni?

Io sono convinto che, sì, l'assioma non conceda eccezioni finchè ci si identifica con gli stati d'animo della soddisfazione e dell'insoddisfazione e sono addirittura convinto che quelli che sostengono di essere soddisfatti dalla vita ( e sono volutamente provocatorio...) mentono a se stessi per paura di confrontarsi con la propria insoddisfazione ( questo mette in discussione molte cose ovviamente...). Anzi, ancor più provocatorio perché fa caldo e quindi...,  ritengo che non sia "normale" sentirsi soddisfatti della propria vita  :) . "Normale" è sentirsi insoddisfatti perchè è la natura stessa dell'esistenza condizionata, a mio parere, é la "fame" stessa di questa natura, che chiede sempre di più.

Cit.Baylham
Del buddismo apprezzo proprio l'ìmpermanenza, purché sia coerente sino in fondo, permanente, senza eccezioni per il dolore, il nirvana o il vuoto. 

Per il buddhismo tutto ciò che ha origine dipendente è impermanente ( quindi anche il dolore). Il Nirvana, essendo uno stato che non ha origine dipendente non può giocoforza essere impermanente. Il vuoto è la natura stessa di tutte le cose che hanno origine dipendente, secondo questa concezione.

Cit.baylham
Evito di pormi fini impossibili

Perché impossibili? E' possibile liberarsi dagli stati di insoddisfazione, non richiede particolare intelligenza, non serve essere filosofi, è alla portata di tutti. Certo bisogna volerlo e aver fede che sia possibile ... :)
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Phil il 28 Luglio 2017, 21:35:16 PM
Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 20:59:20 PM
Cit.Phil:
Davvero l'assioma "è impossibile essere soddisfatti di ciò che si è/ha, si desidera sempre altro" non concede eccezioni?

Io sono convinto che, sì, l'assioma non conceda eccezioni finchè ci si identifica con gli stati d'animo della soddisfazione e dell'insoddisfazione
Eppure, proprio se ci si identifica con lo stato d'animo della soddisfazione si è già nell'eccezione all'insoddisfazione perenne  ;)
Certo, se si è convinti che quell'assioma non abbia casi anomali/anormali, concluderemo che
Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 20:59:20 PM
che quelli che sostengono di essere soddisfatti dalla vita ( e sono volutamente provocatorio...) mentono a se stessi per paura di confrontarsi con la propria insoddisfazione ( questo mette in discussione molte cose ovviamente...).
tuttavia, per smascherarli, basterebbe guardare la vita pratica di questi sedicenti soddisfatti: fanno una fila di ore per acquistare l'ultimo modello di Iphone, pur avendo già in tasca il penultimo modello ancora in garanzia e perfettamente funzionante? Allora forse stanno bluffando... se invece non hanno davvero comportamenti che tradiscono insoddisfazione, allora... vuoi vedere che sono davvero soddisfatti di quello che hanno/sono (pur non avendo rinunciato al concetto di Io o Sé ;) )?

Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 20:59:20 PM
Anzi, ancor più provocatorio perché fa caldo e quindi...,  ritengo che non sia "normale" sentirsi soddisfatti della propria vita  :) . "Normale" è sentirsi insoddisfatti perchè è la natura stessa dell'esistenza condizionata, a mio parere, é la "fame" stessa di questa natura, che chiede sempre di più.
Certo, tale natura è istintiva e ce l'abbiamo "di fabbrica", ma non per questo è immodificabile... parlavo non a caso di (auto)educazione: così come l'istinto ci farebbe saltare addosso ad ogni donzella appetibile, ma invece ci educhiamo ad addomesticare i nostri guizzi ormonali per non assalire ogni gonnella come un leone farebbe con una gazzella nella savana, parimenti l'insoddisfazione capricciosa di fondo può ben essere "riprogrammata" verso un punto di vista meno avido e volubile... che questa "riprogrammazione" ci renda freddi robot? Non sarei così drastico, anche perché non mi risulta sia possibile alienarsi a tal punto dalla propria natura... si corre invece il rischio di ritrovarsi maledettamente soddisfatti della propria vita (e persino soddisfatti di esserlo!)  ;D 

P.s.
L'etimologia di "soddisfazione" è "aver fatto abbastanza": quanto più esuliamo dai bisogni primari, tanto più la quantità che corrisponde a tale "abbastanza" spesso siamo proprio noi a deciderla (più o meno "gregariamente"); purtroppo non ce ne rendiamo sempre conto...
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: doxa il 28 Luglio 2017, 22:28:26 PM
Nel topic riguardante la "noia endogena" ho fra l'altro scritto  che può essere causata anche dall'insoddisfazione. Questo sostantivo allude alle frustrazioni derivanti dai progetti o desideri irrealizzati, dalla spiacevole vita soggettiva, dal non sentirsi amati, dal non sentirsi realizzati professionalmente, ecc..

L'insoddisfazione temporanea colpisce tutti, è "normale". Può motivare alla reazione per tentare di raggiungere la soddisfazione. 

Gli errori commessi servono anche per imparare ad elaborare azioni o scelte più efficaci. Se l'insoddisfazione persiste può indurre la depressione oppure all'abuso di alcol o sostanze stupefacenti. 

Ci sono persone che non riescono ad essere contente, anche se hanno la vita ricca di avvenimenti e risultati. Può dipendere dal contrasto tra l'io ideale e la persona reale, che induce a "non accettarsi" per quel che si è. 

Dietro l'insoddisfazione ci potrebbe essere pure la cosiddetta "ferita dei non amati", che incide durante l'infanzia o l'adolescenza, periodi cruciali dal punto di vista psicologico, perché determinano una parte importante del destino del soggetto. 

A volte per vincere l'insoddisfazione è utile pensare al proprio passato per ricordare la strada percorsa per giungere dove si è nella vita, senza dimenticare le cose realizzate, senza paragonarsi agli altri, senza invidiare chi ha successo, anche se l'invidia, nella giusta misura, spinge all'emulazione, serve per avere ambizione. 
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 28 Luglio 2017, 23:00:59 PM
baylham/Phil (in particolare ma non solo), come ho detto è possibile che tu sia più saggio di me: può darsi che voi abbiate ragione e che la "visione cosmica" (non sapevo che nome darle, è uscita 'sta cosa  ;D ) sia un delirio. Per essere sincero nemmeno io concordo con Schopenhauer, Cioran o Buddha. Semplicemente credo che le loro filosofie siano un ottimo sguardo al mondo che dovrebbe aiutarci a "smuoverci". Per esempio quando vedo la "bhavacakra" (la rappresentazione tipicamente tibetana [in realtà è implicita in ogni tradizione] del samsara) non posso che: (1) genuflettermi, ossia capire quanto i miei "sforzi" siano "piccoli" nella "ruota dell'esistenza" (2) "sentirmi vicino" agli altri esseri, vedendo che siamo "compagni anche nella sofferenza". La "visione cosmica" che ottengo da questa meditazione è che: io, la mia famiglia, chi scrive in questo forum, tutta l'umanità e anche tutti gli animali (no non credo [dovrei dire "non so" ma sono più propenso al non credere] ai devas, asuras, nirayas, preta ecc) siamo per così dire esposti alla sofferenza. Ognuno con le sue azioni può dare un contributo (non a caso preferisco la dottrina del Bodhisattva anche se il buddismo originario probabilmente contemplava più che altro la liberazione individuale) a livello cosmico. Sapere che le mie azioni hanno valenza "mondiale" mi crea certamente un peso ma mi fa stare più attento, mi fa capire per esempio che ad esempio che non tutto quello che sembra buono è buono. La mia filosofia però si ferma qui: vede il mondo con NIENTE di incondizionato, ossia vede la vita come "tragedia" che non è una demonizzazione ma anzi mi rende ancora più "vicino" agli esseri, per quanto uno che è un po' fuori di testa possa esserlo  ;D  Tu dici che la tua attuale visione ti sembra matura ecc.. Niente nessun problema (forse l'ho fatto passare così) :) ci sono un SACCO di persone che la pensano come te e che sono molto più virtuose di me, quindi per quanto mi riguarda puoi anche avere una filosofia in disaccordo con la mia ma non è per me davvero importante.

TUTTAVIA... non posso che tornare a contemplare la Bhavachacra, la ruota dell'essere e dire: c'è qualcosa di vero. E ciò mi rende ancora più consapevole che ogni mia azione può avere conseguenze impreviste e imprevedibili. Questa prospettiva cosmica mi da il senso del "mono no aware", lo "shock estetico". Vedo la vita di ogni uomo come una tragedia (e l'uomo virtuoso è un eroe in tutto ciò, quindi nuovamente mi pare di dare un giudizio non negativo alla vita) e ciò non può che muovermi dall'interno. Vedo ad esempio il tifo violento, il vandalismo, quelli che vanno ai 200 in autostrada per "sentirsi fighi", gente che si mena per prendersi l'ultimo smartphone e da un lato mi viene schifo e dall'altro compassione (NON pietà!). Vorrei mostrar loro la futilità delle loro azioni, sbattergli in faccia anche a loro la realtà dell'impermanenza e creare in loro lo "shock estetico" di modo che certe cose non le facciano più. E invece niente. Anche questo è inutile.

Così vedo il mondo che "manca di sostanza" e mi chiedo: si può trovare qualcosa che dia riposo a tutto questo, qualcosa che dia pace? Budda dice "Nirvana". Ma oggi questi ahrant dove sono? questi uomini dalla "pace incondizionata" dove sono? L'esistenza dell'incondizionato (qualunque cosa sia) ora più che mai sembra un delirio di qualche antico. Forse lo è...

Ma... guardiamo bene. Come già diceva Cannata certe insoddisfazioni invece sono da ricercarsi perchè sembra che puntino ad un "valore" più alto della semplice contentezza. D'altronde è proprio l'aspirazione cha ha portato la scienza, l'arte ecc, gente che in qualche modo ha visto che la "vita ordinaria" non basta. E qui c'è il paradosso: alcuni sorprendentemente facendo così sono finiti per essere asceti o quasi e ciò suggerisce che FORSE qualcosa c'è. Altri sono impazziti. Quindi il fatto che un'analisi "razionale" (o "delirante" ahah) mi suggerisce che la vita è tragedia, ho anche l'impressione che tutto ciò mi suggerisca a qualcosa. Oppure.
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 28 Luglio 2017, 23:09:24 PM
Cit.Phil:
Eppure, proprio se ci si identifica con lo stato d'animo della soddisfazione si è già nell'eccezione all'insoddisfazione perenne  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) 

Io direi piuttosto che si è nell'illusione di essere soddisfatti . Attento che io non parlo di "perenne" ma di uno stato sotterraneo che "spinge" all'azione per cercare soddisfazione e non la trova. Per questo ho usato il termine di "sete". La sete non si prova sempre, ma sempre ritorna e non ci si libera da essa. E' la vita stessa questa "sete inestinguibile" di soddisfazione. Non siamo "noi" che proviamo la "sete" , è la "sete" che ci crea per potersi appagare. "Noi" è una panzana creata dal pensiero che si identifica con questo bisogno di soddisfazione. "Noi" è funzionale al manifestarsi di questa "sete". Pertanto...

Cit.Phil:
 per smascherarli, basterebbe guardare la vita pratica di questi sedicenti soddisfatti: fanno una fila di ore per acquistare l'ultimo modello di Iphone, pur avendo già in tasca il penultimo modello ancora in garanzia e perfettamente funzionante? Allora forse stanno bluffando... se invece non hanno davvero comportamenti che tradiscono insoddisfazione, allora... vuoi vedere che sono davvero soddisfatti di quello che hanno/sono (pur non avendo rinunciato al concetto di Io o Sé (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) )?

Ci sono insoddisfazioni molto più profonde e intime che non quelle che ci spingono a far la fila per l'ultimo gadget. La lista delle insoddisfazioni è talmente enorme che certamente non si può risolvere semplicemente osservando lo "stile" di vita  ( austero o consumistico che sia...) di una persona. Ci sono monaci insoddisfatti della loro ciotola per le elemosine. Ci sono quelli che provano insoddisfazione per il cibo elemosinato. Infinite forme di insoddisfazione, palesi od occulte. Proprio l'uomo che più sembra distaccato dall'andazzo può covare una profonda insoddisfazione, che va e viene, come un prurito che ti tormenta , che sembra sparire, quindi ricomincia...legata a molteplici cause ( come gli esempi che porta Altamarea...). 
Quindi ritengo che non sia possibile essere davvero soddisfatti senza rinunciare all'attaccamento al concetto di Io o Sè. Perché no? Perché l'attaccamento al concetto di Io o Sè è la causa basilare del manifestarsi degli stati insoddisfacenti. :)
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 28 Luglio 2017, 23:15:19 PM
Citazione di: altamarea il 28 Luglio 2017, 22:28:26 PMNel topic riguardante la "noia endogena" ho fra l'altro scritto che può essere causata anche dall'insoddisfazione. Questo sostantivo allude alle frustrazioni derivanti dai progetti o desideri irrealizzati, dalla spiacevole vita soggettiva, dal non sentirsi amati, dal non sentirsi realizzati professionalmente, ecc.. L'insoddisfazione temporanea colpisce tutti, è "normale". Può motivare alla reazione per tentare di raggiungere la soddisfazione. Gli errori commessi servono anche per imparare ad elaborare azioni o scelte più efficaci. Se l'insoddisfazione persiste può indurre la depressione oppure all'abuso di alcol o sostanze stupefacenti. Ci sono persone che non riescono ad essere contente, anche se hanno la vita ricca di avvenimenti e risultati. Può dipendere dal contrasto tra l'io ideale e la persona reale, che induce a "non accettarsi" per quel che si è. Dietro l'insoddisfazione ci potrebbe essere pure la cosiddetta "ferita dei non amati", che incide durante l'infanzia o l'adolescenza, periodi cruciali dal punto di vista psicologico, perché determinano una parte importante del destino del soggetto. A volte per vincere l'insoddisfazione è utile pensare al proprio passato per ricordare la strada percorsa per giungere dove si è nella vita, senza dimenticare le cose realizzate, senza paragonarsi agli altri, senza invidiare chi ha successo, anche se l'invidia, nella giusta misura, spinge all'emulazione, serve per avere ambizione.

Probabilmente concordo con te sul discorso dell'amore. Probabilmente se fossimo veramente in grado di amare l'insoddisfazione non ci sarebbe. Purtroppo non abbiamo questa capacità  ;)

@Sariputra... già il problema è che poi ci si attacca. Così come quando finirò questa mia fase di "euforia" (che in realtà mezza giornata al giorno, poi "torno normale"... se parliamo dell'esperienze "euforiche" del non-possesso, quelle ahimé durano secondi, massimo ma molto raramente minuti) la rimpiangerò e ne vorrò un'altra. Purtroppo lo so sono fatto così. Vedi il problema è che "spazzare le foglie", "lavare i piatti", "stare semplicemente seduti", "mangiare con la famiglia per mangiare con la famiglia" sono davvero attività BELLE. L'incondizionato - se c'è - non lo si trova viaggiandolo. Non è il mio andare in Tibet che me lo fa trovare, non è il mio viaggio nella mia immaginazione. Non è la pratica ascetica e non è nemmeno la saggezza. Niente di tutto ciò. Non serve che mi impegno tanto per raggiungerlo, non è qualcosa che "ottengo" o "merito". Cercarlo è un'attività folle: è peggio di cercare l'aria. Eppure niente medito, studio, scrivo qui proprio perchè non lo "sento". E qui mi viene il dubbio. Forse l'uomo di oggi non può raggiungere l'incondizionato. Non siamo contenti dell'attività di "spazzare le foglie", pur sapendo che la "Natura di Budda" non è da un'altra parte. Quindi sì è proprio smettendo forse quest'attività frenetica che assaporiamo cosa significa davvero "spazzare le foglie". Ma ormai ho miei dubbi... che Budda Amitabha e bodhisattva Avalokiteśvaraci aiutino  ;D

Comunque Sari non sono così certo che sia la concezione dell'Io il vero problema quanto proprio il discorso dell'attaccamento-avversione. Secondo me dire che Nirvana non è "il vero Io" è questione di semantica nel buddismo. D'altronde in fin dei conti anche il "vero io" è una parola. Se chiamo lo stato del Nirvana "il vero io" non mi sembra tanto peggio di dire che "Sariputra è un Arahant" o che "Siddarta Gautama è il Budda". Secondo me tutto questo è il perfetto esempio di quanto l'attaccamento a dottrine ha causato problemi anche nell'illuminata India. Anche per la scuola Theravada d'altronde il Risveglio è prima di tutto un "cambiamento radicale della Mente" (ossia la "vera mente"). Sinceramente certe scuole dell'induismo che mettono al primo posto Atman e scritti come lo Zhuangzi mi paiono molto simili al buddismo, canone Pali o mahayana che sia. Davvero un buddista non può beneficiare dalle teorie indù sull'Atman e un indù non può beneficiare sulla teoria dell'anatta?

Per esempio il Nirguna Brahman non mi pare diverso dal Nirvana (ma c'è da dire che questa concezione di Brahman forse è stata proprio concepita grazie al buddismo). Idem per l'abbandonarsi alla corrente del Tao.

P.S. Un problema del buddismo potrebbe essere: e se ci fossero delle insoddisfazioni necessarie?
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 28 Luglio 2017, 23:39:05 PM
Apeiron,
Sei entrato nella corrente e ti sembra di affogare! Ciò che si ribella adesso in te , che ti fa saltare da uno stato d'euforia ad uno di dubbio o di sfiducia non è altro che attaccamento a tutte le idee che ti sei fatto di te stesso, del mondo, del Buddha, ecc. che ti danno sicurezza. Vorresti agguantare l'illuminazione come si prende un cane per la coda, ma pensi forse che i condizionamenti e le afflizioni che hai costruito e ti hanno costruito attorno per anni, da quando sei nato, svaniscano per magia? Se fosse così "semplice", pensi che un genio come Siddharta avrebbe avuto bisogno di sette lunghi anni  per realizzare quello stato in cui si può essere pienamente soddisfatti nello spazzare le foglie secche del giardino?
Coraggio! hai scritto delle cose molto belle, sentite , piene di passione e di pathos. Sei un vero pellegrino del Dharma  ;D...L'unico consiglio o "suggerimento", se mi permetti di dartelo, è quello di non perdere mai l'amore per le piccole cose, entrare nel mono-no-aware delle piccole cose ordinarie e lasciare che faccia il lavoro che deve fare. :)
Sono andato OT ma mi sentivo di scriverlo perché raramente si incontra un giovane con una "sete" ( questa volta in senso positivo) di "vero" così intensa e vissuta.

P.S. Ho letto adesso la tua aggiunta. Sì, sono d'accordo con te, il vero problema è l'attaccamento al senso dell'Io-mio. Un "io" che definisco per capirci come "convenzionale" è pur necessario, per la sopravvivenza stessa. E' prenderlo per reale, duraturo e autonomo la fregatura che genera l'attaccamento...
Questa sera qui, a Villa sariputra, c'è una bellissima luna nel cielo, una falce di luna in verità. Pensa che, per effetto dell'operazione alla retina e al cristallino che ho subito...ne vedo due! La seconda sembra addirittura più splendente dell'originale. Anche l'io-mio appare splendente e ci seduce ma...forse abbiamo qualche problema di osservazione! ;D ;D
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Phil il 29 Luglio 2017, 10:42:19 AM
Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 23:09:24 PM
Cit.Phil:
Eppure, proprio se ci si identifica con lo stato d'animo della soddisfazione si è già nell'eccezione all'insoddisfazione perenne  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)

Io direi piuttosto che si è nell'illusione di essere soddisfatti . Attento che io non parlo di "perenne" ma di uno stato sotterraneo che "spinge" all'azione per cercare soddisfazione e non la trova. Per questo ho usato il termine di "sete". La sete non si prova sempre, ma sempre ritorna e non ci si libera da essa.
Questo può essere un buon esempio del cambio di prospettiva a cui alludevo: la vita è sete con intervalli di non-sete, o è non-sete con intervalli di sete?
Sta a noi mettere l'accento su uno dei due aspetti (al netto delle vicissitudini personali, per questo non sono in molti a potersi dire autenticamente soddisfatti...).

Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 23:09:24 PM
E' la vita stessa questa "sete inestinguibile" di soddisfazione. Non siamo "noi" che proviamo la "sete" , è la "sete" che ci crea per potersi appagare. "Noi" è una panzana creata dal pensiero che si identifica con questo bisogno di soddisfazione. "Noi" è funzionale al manifestarsi di questa "sete".
Tale sete credo vada distinta fra autoconservazione e bisogni indotti: la sete che ci anima è quella dei bisogni primari (purtroppo non tutti riescono a soddisfarli, e tale insoddisfazione è mestamente oggettiva), quella degli altri bisogni è invece dove possiamo educarci, anche se l'essere educati non piace al bambino capriccioso che è in noi   ;D 
[Non mi immergo ulteriormente sul tema dell'individualità perchè forse andremmo off topic, ma proprio i bisogni primari, e il loro soddisfacimento, ci dimostrano la sostanzialità dell' Io, e la sua differenza con l'Altro: se l'altro beve appaga la sua "sete", ma se io non appago la mia, muoio... la sua sete non è la mia, quindi non è la sete a crearci ma noi, in quanto creature, ad essere dotati geneticamente di "sete", primaria e non ;) ]

Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 23:09:24 PM
Ci sono insoddisfazioni molto più profonde e intime che non quelle che ci spingono a far la fila per l'ultimo gadget.
Chiaramente l'esempio era banale, ma credo avrai colto a cosa alludevo...

Citazione di: Sariputra il 28 Luglio 2017, 23:09:24 PM
Quindi ritengo che non sia possibile essere davvero soddisfatti senza rinunciare all'attaccamento al concetto di Io o Sè. Perché no? Perché l'attaccamento al concetto di Io o Sè è la causa basilare del manifestarsi degli stati insoddisfacenti. :)
Mi pare sia un circolo vizioso basato sulla fede-ops!-fiducia nell'assioma "l'attaccamento al Sè crea insoddisfazione" (accettazione più che legittima, basta tener presenti le eccezioni e la possibilità logica di altri assiomi). Se tale convinzione-premessa è accettata come il punto di partenza logico, se ci si attacca( ;) ) a tale certezza, essa troverà conferme in ogni innegabile episodio di insoddisfazione.
Tuttavia, come accennavo sopra, possiamo comunque ribaltare la prospettiva: "l'attaccamento al Sè crea soddisfazione", e allora ogni innegabile episodio di soddisfazione confermerà tale assunto (ovviamente escludendo da tale rovesciamento i bisogni primari, ma non credo che il topic si riferisse all'ovvia necessità di nutrirsi, respirare, etc.).
A noi la scelta. :)
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 29 Luglio 2017, 15:59:15 PM
@Sari, credo di essere entrato nella "mia" corrente visto che "dottrinariamente" mi sento lontano da ciascuna dottrina. Percepisco talvolta affinità varie ma non ne ho trovata nessuna nella quale mi riconosco veramente. Di certo apprezzo il genio di Budda e capisco che non è facile essere davvero soddisfatti "a spazzare le foglie", d'altronde quel genio di Siddharta ci ha messo anni (sempre che non sia tutto un mito...). Una delle cose per esempio che non sono d'accordo è che ci sia solo una via per uscire dal "dukkha" (le "sofferenze necessarie" d'altronde non credo si possano dire davvero "dukkha") se è davvero possibile. Leggo opere di saggi di varie tradizioni e nei loro insegnamenti più alti vedo più che altro somiglianze, quasi che raggiungano la stessa cima da parti diverse e quindi la descrizione del processo sia diverso. Ovviamente tutto questo può essere "apofenia" (ossia vedere somiglianze o regolairità dove non esistono) che guarda a caso avvengono specialmente nei momenti di "gioia". Piuttosto concordo con il "Siddhartha" di Hesse, che la saggezza non è totalmente comunicabile. E concordo con i mahayana: ci sono forse diversi veicoli (upaya). Ovviamente se raggiungere quello stato è mai stato possibile coi propri sforzi (è interessante notare che alcune scuole buddiste, seppur minoritarie, sino-giapponesi invitino ad una sorta di "protestantesimo buddista": "salvezza con solo fede".). D'altronde non vediamo nessun Liezi che cavalca il vento, nessun Mogallana che riesce a rendersi invisibile... Forse è tutto un mito? Un mito che ci fa riconoscere la nostra "piccolezza"?

@Phil gli istinti primari devono essere soddisfatti anche nel buddismo, che è d'altronde la "Via di Mezzo". Quello che viene messo in luce è la problematica attaccamento-avversione che è la radice dell'insoddisfazione. Ossia bisogna soddisfare gli istinti ma non esserne attaccati. Nello Chaung-Tzu (taoista, non buddista e molto meno ascetico del buddismo) c'è scritto: "e se il nostro amore per la vita è una follia? e il nostro odio della morte è come lo smarrimento del fanciullo che non sa trovare la via del ritorno casa?" (ossia per come lo interpreto io: vedere la mia vita come "mia" potrebbe essere un eccesso, una visione sbagliata. Idem vedere la morte come una "minaccia" o un "limite" o una "condanna o un'ingiustizia" potrebbe essere un problema.). Il vero problema è come dice il Sari che abbiamo una visione distorta di noi stessi. In ogni caso quando ho parlato di "visione cosmica" e ho sollevato il polverone (che nel messsaggio iniziale del Sari molto probabilmente non c'era nemmeno implicitamente - ma come ho già detto mi è particolarmente difficile "trattenermi" specie in questi giorni) è perchè quando trattiamo di un argomento come questo bisogna affrontarlo a più livelli. Ma ciò che può distinguere un discorso di filosofia da un discorso di psicologia è proprio la presa di posizione sulla "visione cosmica" (cosa che comprende anche la posizione di baylham che questi miei discorsi siano semplici manie, dovute ad un anelito eccessivo :D ).

Potremo chiederci perchè l'uomo arriva ad avere un desiderio senza fine, una brama infinita? Perchè lui un essere finito desidera l'infinito (restando insoddisfatto)?

P.S. Sari il tuo esempio della visione mi ricorda un po' la mia creatività in questi giorni. Una sensazione molto bella ma pericolosa ;) comunque non sono così convinto di non possedere un "io" "reale". Ma anche un "io" reale può riuscire a emanciparsi della sua stessa prigione di attaccamento-avversione, manie di controllo ecc... se dicessi una cosa del genere in un monastero buddista, specie theravada, mi caccerebbero fuori a calci nel sedere con annesse minacce di finire nell'Avici. Motivo per cui vista la mia tendenza a mettere in discussione tutto non posso di certo silenziare questa mia tendenza tanto facilmente, ossia in qualche misura sono "costretto" a stare fuori da ogni cammino "scoperto" nell'antichità (che sia buddista, taoista...)... Ci sono persone che hanno la fissa di "camminare da soli", di scoprire per sé le cose. Questa "mania" di cercare l'originalità li mette nel guaio della nevrosi o anche della psicosi. Chi non rischia non rosica... (ovviamente il rischio di follia rischiando secondo me è bello alto, magari lo sono già ;)...)
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 29 Luglio 2017, 22:19:16 PM
@Apeiron
Temo che sbatterebbero fuori a pedate nel sedere tutti e due, se fossimo in un monastero della foresta theravadin!! Tu per i dubbi sull' irrealtà dell'"io" e il Sari per la sua poca disciplina e in particolare per aver, nella sua vita, rispettato poco i precetti ( in particolare il terzo... :-[ :-[ ). Senza questa debolezza magari adesso sarei un  bel bonzo che si difende dalle zanzare...ma d'altronde forse è preferibile tentare di essere un buon genitore , piuttosto che un pessimo monaco...Un mio caro amico mi confessò di aver seriamente pensato di farsi prete, quando aveva vent'anni,  ma  alla mia domanda sul perché non mise in atto il suo proposito mi rispose:" Perché mi piacevano troppo le ragazze! Sarei stato un prete che lottava sempre con il desiderio!". Adesso ha due figli, uno dei quali disabile, e soffre molto lo stesso per la condizione del suo figliolo... :(
Non è necessario essere inquadrati in una organizzazione religiosa o fare pubblico atto di fede per portare avanti il proprio cammino. A volte aiuta, ma non è sempre adatto a tutti i tipi di temperamento. Buddha non era mica un buddhista!... ;D e dubito che Lao Tze si definisse un daoista...
Sono gli altri che hanno il  bisogno di definirci. Io non sento alcun bisogno di definirmi un buddhista...

Cit.da Apeiron
Potremo chiederci perchè l'uomo arriva ad avere un desiderio senza fine, una brama infinita? Perchè lui un essere finito desidera l'infinito (restando insoddisfatto)?

Assodato che il forum è per lo più frequentato da esseri che ti risponderebbero che non hanno un desiderio d'infinito e che sono perfettamente soddisfatti di essere finiti, personalmente, da "cane sciolto"  che ulula alla Luna (doppia...) ed essendo "politicamente scorretto" oltre che demodè, ti risponderei che è perché il pensiero ha stabilito che siamo finiti, ma il cuore la pensa all'opposto e solo quando realizza quello stato privo di "brama infinita" può trovare riposo.

@Phil dice:
[Non mi immergo ulteriormente sul tema dell'individualità perchè forse andremmo off topic, ma proprio i bisogni primari, e il loro soddisfacimento, ci dimostrano la sostanzialità dell' Io, e la sua differenza con l'Altro: se l'altro beve appaga la sua "sete", ma se io non appago la mia, muoio... la sua sete non è la mia, quindi non è la sete a crearci ma noi, in quanto creature, ad essere dotati geneticamente di "sete", primaria e non (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) ]

 Più che la sostanzialità dell'io direi che dimostrano la sostanzialità del nostro corpo che ha bisogno istintivo e naturale di soddisfare quei bisogni primari e la separazione del nostro corpo da quello degli altri. L'io diventa la costruzione che la nostra mente attua per trovare il modo migliore per soddisfare i bisogni del corpo. Privo di sostanzialità non significa privo di esistenza ma che la sua esistenza è origine dipendente e pertanto priva di esistenza autonoma ( dalle cause e condizioni che lo tengono in essere). Ma siamo probabilmente OT

 Cit. da Phil:Mi pare sia un circolo vizioso basato sulla fede-ops!-fiducia nell'assioma "l'attaccamento al Sè crea insoddisfazione" (accettazione più che legittima, basta tener presenti le eccezioni e la possibilità logica di altri assiomi). Se tale convinzione-premessa è accettata come il punto di partenza logico, se ci si attacca(https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif) ) a tale certezza, essa troverà conferme in ogni innegabile episodio di insoddisfazione. 
Tuttavia, come accennavo sopra, possiamo comunque ribaltare la prospettiva: "l'attaccamento al Sè crea soddisfazione", e allora ogni innegabile episodio di soddisfazione confermerà tale assunto (ovviamente escludendo da tale rovesciamento i bisogni primari, ma non credo che il topic si riferisse all'ovvia necessità di nutrirsi, respirare, etc.). 


Direi che, più che una "fede" di tipo intellettuale verso l'assioma "l'attaccamento crea insoddisfazione" o viceversa verso l'assioma opposto "l'attaccamento crea soddisfazione"  è un tipo di valutazione che investe l'intera visione personale dell'esistenza, si potrebbe definire come la propria "Weltanschauung" , la propria visione  che forse si potrebbe definire come "intuitivo/emozionale". Non credo proprio che uno si legge un libro del canone pali e per fede accetta il primo assioma. E' semmai perchè "sente" come vero dentro di sé, magari in forma confusa o embrionale, il primo assioma che va in cerca in libreria di un libro del canone pali che magari gli permette di approfondire l'intuizione avuta, confrontandola quindi con quella personale di altri ( è il famoso: apri un libro e senti che è quello giusto per te...).  Comunque l'insoddisfazione, per tornare in tema, è anche una potente forza creativa , nel bene e nel male. Senza l'insoddisfazione per i risultati raggiunti non avremmo un miglioramento della ricerca in campo medico, per es., o non avremmo pregevoli opere d'arte nate dallo sforzo e dall'insoddisfazione continua degli artisti per i risultati raggiunti ( memorabile l'insoddisfazione di Michelangelo Buonarroti davanti alla Cappella Sistina con gli affreschi completati e mirabilmente descritta nel libro "Il tormento e l'estasi"). Purtroppo l'insoddisfazione per la quantita di morte e distruzione provocata da una bomba convenzionale ha anche spinto gli scienziati a creare l'atomica.
Si potrebbe senz'altro dire che, il mondo come lo conosciamo, è l'espressione di questa potentissima forza creatrice che è l'insoddisfazione. Cosa ha permesso il successo e il giogo planetario del capitalismo se non l'insoddisfazione perenne degli uomini ( gli uni a spese degli altri...)?
Comunque si possono mettere alla prova i due assiomi. E verificare personalmente quale dei due aumenta o diminuisce l'insoddisfazione. Provare a vedere se si prova più soddisfazione nell'afferrare o nel lasciar andare. Ovviamente i risultati andranno a definire meglio la propria "Weltanshauung"... ;D
Parlare di insoddisfazione è spesso una sorta di tabù. Raramente le persone, alla domanda:"Sei soddisfatto della tua vita?" ti rispondono di "no" ( a parte i depressi cronici che provano piacere a sbatterlo in faccia a chiunque...). E'addirittua difficile formularla questa domanda. La evitiamo se possibile...spesso non vogliamo scoprire che la nostra soddisfazione è la causa dell'insoddisfazione profonda delle persone che più amiamo...pertanto , spesso...preferiamo dire (e sperare) che, in fondo, le cose vanno abbastanza bene!...
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Phil il 30 Luglio 2017, 00:38:41 AM
Citazione di: Sariputra il 29 Luglio 2017, 22:19:16 PM
Comunque si possono mettere alla prova i due assiomi. E verificare personalmente quale dei due aumenta o diminuisce l'insoddisfazione. Provare a vedere se si prova più soddisfazione nell'afferrare o nel lasciar andare. Ovviamente i risultati andranno a definire meglio la propria "Weltanshauung"... ;D
Oltre all'afferrare e al lasciar andare, aggiungerei una "terza via": l'accarezzare... non trattiene né stringe ciò che tocca, ma nemmeno lo allontana e lo perde... lo incontra con delicata fuggevolezza  :)
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 30 Luglio 2017, 08:16:33 AM
Citazione di: Phil il 30 Luglio 2017, 00:38:41 AM
Citazione di: Sariputra il 29 Luglio 2017, 22:19:16 PMComunque si possono mettere alla prova i due assiomi. E verificare personalmente quale dei due aumenta o diminuisce l'insoddisfazione. Provare a vedere se si prova più soddisfazione nell'afferrare o nel lasciar andare. Ovviamente i risultati andranno a definire meglio la propria "Weltanshauung"... ;D
Oltre all'afferrare e al lasciar andare, aggiungerei una "terza via": l'accarezzare... non trattiene né stringe ciò che tocca, ma nemmeno lo allontana e lo perde... lo incontra con delicata fuggevolezza :)

Perfetto Phil! E' come "accarezzare la tigre"...
Penso che , proprio dalla capacità di "lasciar andare", nasca la possibilità di reincontrare le cose in modo nuovo. Di solito però abbiamo bisogno di afferrare molto prima che  la stanchezza ci faccia "aprire la mano"... :) ( almeno io la penso così partendo ovviamente dalla mia esperienza personale...).
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 30 Luglio 2017, 09:48:14 AM
@ Sari mi sbatterebbero fuori a calci anche a me per la poca disciplina  ;D sono d'accordo che né Buddha né Laozi né Chuang-Tzu si definirebbero "buddisti" o "daoisti" (in particolare il daoismo cominciò a formarsi attorno al 100 a.c. e divenne organizzato attorno al 100-200 d.c., mentre la coppia Tao-Te-Ching e Zhuangzi giravano ormai da un secolo). Perciò sono d'accordo che a volte è meglio camminare da soli, anche perchè come dicevo prima di Arhant non se ne vedono e nemmeno di Laozi che volano a oltre i quattro mari cavalcando un drago (è un po' una battuta delle mie che non fanno ridere  :( ). Anzi troppo spesso l'essere inquadrati porta alla chiusura mentale.


Per Phil: il non attaccamento sembra insensibilità e distacco dalle cose. Sembra sentito così che l'obbiettivo sia fare come fa chi si droga per fare il "trip mentale".  In realtà il non-attaccamento è vedere che tu non hai nessun diritto di possesso sulle cose, che a priori le cose non sono "tue".



Prova a considerare questo esempio. Ti innamori di una ragazza. "Non attaccarsi" significa: avere un rapporto sano con lei, ossia non pretendere che segua le tue pretese e i tuoi desideri, lasciarla libera. In questo modo anche tu sei libero da tutte le sofferenze che comporta la prospettiva egoista mentre lei è ovviamente libera dalle tue pretese. Poi mi pare ovvio che se la ragazza si comporta liberamente in modo favorevole a te siete più felici entrambi.


Quindi: il non-attaccamento significa liberarsi dal gioco attaccamento-avversione e liberare gli altri (cose inaninimate) dalla volontà personale di possesso, di dominio, di controllo. Significa vedere che NIENTE è scontato. In tal modo apprezzi di più le piccole cose perchè d'altronde a questo punto le vedi quasi come un dono.
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Phil il 30 Luglio 2017, 12:46:23 PM
@Sariputra e @Apeiron
L'"accarezzare" lo considero una forma intermedia (compromesso?) fra attaccamento e non-attaccamento: meno deleterio del primo, ma più facilmente praticabile del secondo (bisogna pur essere pragmatici, no? :) ).
Certo, accarezzando ci si può far male, ma il piacere della contemplazione di una fiore è inferiore a quello di contemplarlo accarezzandolo, il che è allo stesso tempo meno doloroso di stringerne in mano anche le spine...

Prendo spunto dall'esempio di Apeiron per chiarirmi:
Citazione di: Apeiron il 30 Luglio 2017, 09:48:14 AM
Ti innamori di una ragazza. "Non attaccarsi" significa: avere un rapporto sano con lei, ossia non pretendere che segua le tue pretese e i tuoi desideri, lasciarla libera. In questo modo anche tu sei libero da tutte le sofferenze che comporta la prospettiva egoista mentre lei è ovviamente libera dalle tue pretese. Poi mi pare ovvio che se la ragazza si comporta liberamente in modo favorevole a te siete più felici entrambi.
Tale relazione libera e incondizionata mi sembra piuttosto ardua da praticare (e non sono sicuro sia raccomandabile per tutti), anche perché, salvo aver estirpato totalmente il desiderio (e non solo il tipo di desiderio a cui state pensando, bricconi! ;D ), è spontaneo, nell'innamoramento, "pensare per due", coinvolgendo l'altro/a nei nostri desideri, nei nostri progetti, etc. ... e a questo punto l'incanto della "relazione senza attaccamento" svanisce inevitabilmente (ammesso e non concesso che tale incanto ci sia stato per più di un paio di giorni  ;) ).

Accarezzare significa invece non reprimere il desiderio che (inevitabile quasi per tutti, direi) sorge e riguarda anche l'altro/a; significa esternarlo, dissiparlo all'esterno, porgerglielo con leggerezza liberandosene: se troviamo un petalo sarà piacevole, se troviamo una spina, resteremo un po' punti... eppure non per questo dovremo smetterere di accarezzare il nostro bel fiore (perché, passino le coppie aperte e la libertà individuale, ma se ci innamoriamo di qualcuno/a, la condivisione "triangolare o più" della nostra amata/o non è di solito esattamente il primo desiderio che ci viene in mente... o sbaglio?  ;) ).

A farla breve (e lasciando la botanica ai fiorai e alle api), "accarezzare" significa, per me, non attaccarsi senza però rinunciare all'esperienza del "contatto condizionato" (i nostri gusti, il nostro carattere, la nostra "Weltanshauung" come dice Sariputra), sia esso gaiamente gradevole o invece lievemente doloroso, ma sempre con delicatezza, senza esagerare con la (ap)prensione.


P.s.
Anche trovare soddisfazione nell'accarezzare, piuttosto che nel possedere, è una forma di (auto)educazione.
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 30 Luglio 2017, 20:06:19 PM
Nella forma completa, Phil, le nostre concezioni non sono compatibili: il non-attaccamento in "toto" è incompatibile con quando affermi tu.

In ogni caso ritengo la tua "alternativa" praticabile e molto interessante. Significa d'altronde essere moderati ed evitare l'eccesso. Esplorerò la tua alternativa. Grazie della discussione  ;D
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 31 Luglio 2017, 00:57:39 AM
"Accarezzare" è un verbo che mi piace molto. Ha molte caratteristiche che appaiono positive: se accarezzo il fiore non lo strappo , non lo recido, non me ne approprio. Posso con delicatezza percepirne la morbidezza, la fragilità. Mi appare già come uno stato di non attaccamento. Apprezzo il fiore ma lo lascio là, al suo posto. Lo lascio al corso della sua esistenza. Se non mi identifico con l'insoddisfazione ma, in un certo qual modo, l'"accarezzo" , ne sono consapevole, ma la lascio al suo posto, l'insoddisfazione fa il suo corso: appare e scompare, per poi riapparire, ma non mi sento più legato al sentirmi soddisfatto o insoddisfatto; li "accarezzo" e poi li lascio andare.
Negli anni quaranta c'era un libro che divenne un best-seller di Norman Peale "The Power of Positive Thinking" che insisteva sul potere del pensiero positivo. Se insisto a concentrarmi sui pensieri positivi...mi sentirò benissimo, insegnava l'autore. Se penso in maniera molto positiva, la mia vita diventa felice e sarò incline ad un maggior ottimismo. Viceversa se penso in maniera negativa vedrò tutto in maniera negativa, insoddisfacente, come  scrive anche Phil.  Pensare sempre positivo mette di buon umore, si arriva persino all'euforia, all'esaltazione. Il problema però è che sei costretto a mantenere costantemente un atteggiamento ottimista per continuare a stare bene, per sostenere l'illusione di soddisfazione e felicità. Devi tenere a bada il dubbio, lo scetticismo e i concetti negativi altrimenti...tutto svanisce! Non appena si prende consapevolezza di quel gesto di positività compulsiva...si smette di prendersi in giro.
Se invece applichiamo lo stesso principio ai pensieri negativi , ecco che tutto diventa insoddisfacente: la vita non ha scopo. E' tutta una farsa. La gente è marcia, non c'è una persona onesta a 'sto mondo. Le religioni sono tutte false. Tutti i politici sono corrotti. Mia madre mi ha messo al mondo per egoismo, per pura libidine. Risultato: mi deprimo. A che serve vivere? E' solo perdita di tempo.
Così la mente finisce per alimentare illusoriamente la propria felicità o la propria infelicità/insoddisfazione.
C'è qualcosa che è consapevole di questo giochetto che ci combina la mente? Qualcosa che non si schiera né con la positività, né con la negatività? Qualcosa che non è toccato dal desiderio del paradiso o dalla paura dell'inferno?
Ciò che è consapevole del positivo e del negativo, ossia la consapevolezza, non si schiera e non giudica. Si limita a notare le cose come sono, quello che accade. La reale natura dell'esperienza che accade nel momento presente. Si comincia a prendere atto che c'è solo questa funzione giudicante del pensiero: soddisfacente, insoddisfacente o neutro. Appare una costruzione, una convenzione. Se le persone che cio stanno intorno non rinforzano la nostra idea di positività...possiamo finire all'inferno, infuriati! Quando le condizioni esterne non si prestano più a rinforzare le opinioni ottimistiche...si crolla!
Se invece coltiviamo, culliamo solo insoddisfazione ( come nella maggior parte delle persone...) ecco che, anche il fiore più bello da "accarezzare, ci appare sbiadito, incolore.
Possiamo liberarci da queste illusioni?
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: baylham il 31 Luglio 2017, 12:00:07 PM

Il senso dei miei interventi era di relativizzare lo stato di in/soddisfazione a ciascun uomo, escludendo uno stato permanente di insoddisfazione o di soddisfazione, entrambi impossibili. Ciascuno avrà un proprio grado normale di in/soddisfazione, che può variare nel corso della vita. Nel mio caso la maturità mi ha portato ad una maggiore accettazione, soddisfazione e consapevolezza della straordinarietà della vita.

Citazione di: Apeiron il 28 Luglio 2017, 23:00:59 PM
La mia filosofia però si ferma qui: vede il mondo con NIENTE di incondizionato, ossia vede la vita come "tragedia" che non è una demonizzazione ma anzi mi rende ancora più "vicino" agli esseri, per quanto uno che è un po' fuori di testa possa esserlo [......]
 
Così vedo il mondo che "manca di sostanza" e mi chiedo: si può trovare qualcosa che dia riposo a tutto questo, qualcosa che dia pace? Budda dice "Nirvana". Ma oggi questi ahrant dove sono? questi uomini dalla "pace incondizionata" dove sono? L'esistenza dell'incondizionato (qualunque cosa sia) ora più che mai sembra un delirio di qualche antico. Forse lo è... 

Per me comprendere che ogni cosa è transitoria, condizionata è un risultato che non mi spinge a considerare la vita una tragedia, ma alla sua realistica accettazione, sapendo che non ho il potere di conoscere e controllare interamente la vita. Porsi il fine della pace eterna, della felicità eterna significa appunto porsi fini impossibili, da cui non si potrà ottenere che  delusione ed insoddisfazione. Ho già scritto della necessità biologica del dolore e del male, per cui non sono attratto da filosofie e religioni che promettono o desiderano la loro abolizione.


Citazione di: Sariputra il 29 Luglio 2017, 22:19:16 PMSi potrebbe senz'altro dire che, il mondo come lo conosciamo, è l'espressione di questa potentissima forza creatrice che è l'insoddisfazione. Cosa ha permesso il successo e il giogo planetario del capitalismo se non l'insoddisfazione perenne degli uomini ( gli uni a spese degli altri...)?

La differenza del mio atteggiamento è proprio su questo punto: non è l'insoddisfazione perenne che alimenta l'azione creativa, ma la soddisfazione dell'agire, del creare. Non credo che Leopardi o Schopenhauer o Cioran fossero insoddisfatti scrivendo le loro opere, forse la riflessione sull'insoddisfazione è stata uno stimolo, ma era la soddisfazione a farli insistere a scrivere, altrimenti avrebbero smesso dopo le prime righe.
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 31 Luglio 2017, 13:07:29 PM
Citazione di: baylham il 31 Luglio 2017, 12:00:07 PMIl senso dei miei interventi era di relativizzare lo stato di in/soddisfazione a ciascun uomo, escludendo uno stato permanente di insoddisfazione o di soddisfazione, entrambi impossibili. Ciascuno avrà un proprio grado normale di in/soddisfazione, che può variare nel corso della vita. Nel mio caso la maturità mi ha portato ad una maggiore accettazione, soddisfazione e consapevolezza della straordinarietà della vita.
Citazione di: Apeiron il 28 Luglio 2017, 23:00:59 PMLa mia filosofia però si ferma qui: vede il mondo con NIENTE di incondizionato, ossia vede la vita come "tragedia" che non è una demonizzazione ma anzi mi rende ancora più "vicino" agli esseri, per quanto uno che è un po' fuori di testa possa esserlo [......] Così vedo il mondo che "manca di sostanza" e mi chiedo: si può trovare qualcosa che dia riposo a tutto questo, qualcosa che dia pace? Budda dice "Nirvana". Ma oggi questi ahrant dove sono? questi uomini dalla "pace incondizionata" dove sono? L'esistenza dell'incondizionato (qualunque cosa sia) ora più che mai sembra un delirio di qualche antico. Forse lo è...
Per me comprendere che ogni cosa è transitoria, condizionata è un risultato che non mi spinge a considerare la vita una tragedia, ma alla sua realistica accettazione, sapendo che non ho il potere di conoscere e controllare interamente la vita. Porsi il fine della pace eterna, della felicità eterna significa appunto porsi fini impossibili, da cui non si potrà ottenere che delusione ed insoddisfazione. Ho già scritto della necessità biologica del dolore e del male, per cui non sono attratto da filosofie e religioni che promettono o desiderano la loro abolizione.
Citazione di: Sariputra il 29 Luglio 2017, 22:19:16 PMSi potrebbe senz'altro dire che, il mondo come lo conosciamo, è l'espressione di questa potentissima forza creatrice che è l'insoddisfazione. Cosa ha permesso il successo e il giogo planetario del capitalismo se non l'insoddisfazione perenne degli uomini ( gli uni a spese degli altri...)?
La differenza del mio atteggiamento è proprio su questo punto: non è l'insoddisfazione perenne che alimenta l'azione creativa, ma la soddisfazione dell'agire, del creare. Non credo che Leopardi o Schopenhauer o Cioran fossero insoddisfatti scrivendo le loro opere, forse la riflessione sull'insoddisfazione è stata uno stimolo, ma era la soddisfazione a farli insistere a scrivere, altrimenti avrebbero smesso dopo le prime righe.

Vedere la vita come tragedia può essere a volte... valorizzarla  ;D  voglio dire guarda Nietzsche con il suo titanismo. Eraclito, era andato oltre, aveva addirittura divinizzato la guerra, aveva divinizzato il conflitto ecc. Ora Eraclito mi è sempre sembrato un genio folle proprio per questo e così come Schopy: se sei arrabbiato con tutto finisci come dice il Sari in un certo senso "all'inferno". In realtà la visione dell'imperfezione della natura e della tragedia dell'esistenza dovrebbe far sorgere in noi da un lato la compassione verso gli esseri viventi (specie chi tra loro è più sensibile alla sofferenza, ossia gli uomini) e al tempo stesso ridurre le nostre ambizioni, perchè d'altronde dovremmo capire che più cerchiamo di afferrare più perdiamo le cose. Il non-attaccamento, vedere la realtà del "dukkha", la rinuncia alle brame per raggiungere il Dao, il Nirvana o quello che è non dovrebbe né farti glorificare il conflitto né farti rimanere incavolato con le cose, col destino, con Dio, con i peccatori ecc. Semplicemente  dovrebbe in realtà dare un senso di pace e farti amare le cose per quello che sono (a questo proposito consiglio il "metta sutta"). Quello che avviene è che curiosamente chi è "preso" dalla "visione cosmica" finisce o per incavolarsi col mondo, o per raggiungere stati di esaltazone o per essere depresso. Perché? semplice... i suoi pensieri non li vuole conoscere più nessuno e finiscono per trovare stimolo proprio nella scrittura. Per esempio un Nietzsche arrivò a scrivere in una lettera a Gast:

Oh amico, talora mi passa per la testa che io vivo una vita pericolosissima, e che appartengo a quella specie di macchine che possono esplodere! L'intensità dei miei sentimenti mi fa rabbrividire e ridere – già un paio di volte non potei lasciare la camera per la ridicola ragione che i miei occhi erano tutti arrossati – e perché? Tutte e due le volte, la vigilia, durante i miei vagabondaggi, avevo troppo pianto, e non già lacrime sentimentali, ma lacrime di giubilo; e piangendo cantavo, dicevo follie, pieno della nuova visione che si è manifestata a me prima che a tutti gli altri mortali  (notare che la data è 14 agosto 1881, ossia  ben sette anni prima di quando a Torino vagava per le strade pensando di aver riscritto la storia. Qui si vede il pericolo dell'essere sia creativi che isolati.)

Perchè succede questo secondo me? semplice: perchè chi ha la "visione cosmica" in mente vede le cose da una prospettiva diversa e molto originale. Ma non doveva dare serenità, compassione, calma e pace? Beh... se d'altronde la gente non si pone più questi problemi e nemmeno li considera importanti beh allora sì che va a finire che uno "si stacca" dalla realtà e fa questi "trip". Ne parla in giro e lo guardano come se fosse o un pazzo o comunque "diverso" (quante volte questa cosa mi ha messo a disagio). Lui è catturato, come chi guarda il cielo stellato di notte e contempla. Poi durante la vita di tutti i giorni ne parli in giro e senti "interessante, interessante...". Pensi di aver catturato l'attenzione di qualcuno, pensi ogni tanto qualcuno creda veramente che sia "interessante, interessante...". e poi vedi tutti immersi nella burocrazia, a parlare del più e del meno, a non saper valorizzare le piccole cose (sì il "mono no aware" valorizza le piccole cose, anche se d'altronde è un attaccamento...), tutti a dare importanza all'ultimo gadget ecc. Ma d'altronde la "visione cosmica" ti fa capire quanto tantissime delle ambizioni in cui gli uomini si immergono siano futili. Perchè dunque la "visione cosmica" o la ricerca dell'incondizionato oggi porta spesso a problemi di varia natura? Semplice a nessuno gli importa più e a chi importa solitamante è un pò disadattato dimodoché oggi con la nostra fissa dell'essere normali (concetto arbitrario che è definito dall'essere "funzionali" nella società) il loro essere disadattato è una conferma del fatto che la "visione cosmica" (qualunque essa sia) è una mera cavolata...

Sinceramente baylham ti invidio per il tuo equilibrio, dovrei imparare. Però sinceramente a me sembra veramente un "peccato" ( ;D ) rinunciare alla "visione cosmica". D'altronde senza la "visione cosmica" oltre a Budda, Schopy, Cioran, Nietzsche non avremo Zhuangzi, Platone, Gesù.... ma anche non avremo Beethoven, Dalì... ossia non avremo nulla che di "interessante, interessante...". A me la "visione cosmica" da soddisfazione. Non mi da soddisfazione vedere che ahimé tra le mie limitazioni (paura, pirgrizia...) e il generale disinteresse (come si fa ad essere più interessati dico io alla partita di calcio rispetto alla contemplazione del cielo? a me sembra che il 90%  della popolazione non sia "normale"...) purtroppo non sono nemmeno in grado di gustarmela. Ma ripeto qualsiasi visione cosmica di per sé NON porta alla frustrazione... è la nostra attitudine rispetto ad essa.

Ovviamente apprezzare il "non-attaccamento" ha senso solo se si crede nell'incondizionato (almeno come possibilità teorica magari irrealizzabile). Altrimenti la discussione può andare avanti all'infinito senza alcun modo per trovare un accordo... perchè è come parlare due lingue diverse. Uno può d'altronde essere "all'interno" "taoista" (ossia credere nell'incondizionato o ritenere che come possibilità o concetto è importante) e  all'esterno "confuciano" (ossia una persona equilibrata e di tutto rispetto ma che non pensa all'incondizionato...anche se Confucio aveva la sua nozione di condizionato, uso questo modo di dire cinese per dire che si può trovare un accordo) - ovviamente uno cheesclude la possibilità del taoismo non può capire queste cose, viceversa un "taoista" che non trova l'equilibrio è un disadattato :D
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Phil il 31 Luglio 2017, 15:59:38 PM
Citazione di: Apeiron il 30 Luglio 2017, 20:06:19 PM
Nella forma completa, Phil, le nostre concezioni non sono compatibili: il non-attaccamento in "toto" è incompatibile con quando affermi tu.

In ogni caso ritengo la tua "alternativa" praticabile e molto interessante. Significa d'altronde essere moderati ed evitare l'eccesso. Esplorerò la tua alternativa. Grazie della discussione  ;D
Grazie a te :)


Citazione di: Sariputra il 31 Luglio 2017, 00:57:39 AM
"Accarezzare" è un verbo che mi piace molto. Ha molte caratteristiche che appaiono positive: se accarezzo il fiore non lo strappo , non lo recido, non me ne approprio. Posso con delicatezza percepirne la morbidezza, la fragilità. Mi appare già come uno stato di non attaccamento. Apprezzo il fiore ma lo lascio là, al suo posto. Lo lascio al corso della sua esistenza.
Sapevo che avresti colto il senso senza raccogliere il fiore  ;)

Citazione di: Sariputra il 31 Luglio 2017, 00:57:39 AM
Negli anni quaranta c'era un libro che divenne un best-seller di Norman Peale "The Power of Positive Thinking" che insisteva sul potere del pensiero positivo. Se insisto a concentrarmi sui pensieri positivi...mi sentirò benissimo, insegnava l'autore. Se penso in maniera molto positiva, la mia vita diventa felice e sarò incline ad un maggior ottimismo.
L'accarezzare si basa sul contatto e il contatto non mente (à la San Tommaso ;D ): se mentre accarezzo incontro una spina che non avevo visto, mi pungo... posso non chiamarla "spina" ma "petalo piuttosto coriaceo", posso non chiamarla "ferita" ma "provvidenziale fessura per far arieggiare la pelle", ma questa verbosa positività forzata non rimuove quel piccolo dolore della puntura.
Il "pensiero positivo" può essere un sollievo per i pessimisti più incalliti (per schiarire un po' le tinte fosche con cui dipingono il mondo), ma se prende il sopravvento diventa parimenti alienante e sconveniente.

Citazione di: Sariputra il 31 Luglio 2017, 00:57:39 AM
Ciò che è consapevole del positivo e del negativo, ossia la consapevolezza, non si schiera e non giudica. Si limita a notare le cose come sono, quello che accade. La reale natura dell'esperienza che accade nel momento presente. Si comincia a prendere atto che c'è solo questa funzione giudicante del pensiero: soddisfacente, insoddisfacente o neutro. Appare una costruzione, una convenzione.
Pensare e vivere scrollandosi di dosso questa convenzione-convinzione del piacevole e dello spiacevole è, secondo me, ciò che distingue il non-attaccamento dal semplice "accarezzare": l'illusione del bello e del brutto, del positivo e del negativo (con annesse gioia e dolore che ne conseguono), può ancora far parte del delicato gesto che accarezza, pur nel suo adattivo incedere, ma non ha invece senso in una visione più "illuminata" (volta al superamento del suddetto dolore), in cui viene meno il "contatto carezzevole" in favore di una tanto ardua quanto saggia "retta consapevolezza" (samma sati, giusto? ;) ).
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 31 Luglio 2017, 22:30:53 PM
Penso che il mio messaggio precedente è andato toppo off-topic, oltre che rimarcare un po' inutilmente i soliti pensieri di "ribellione". Unica cosa che dico: ho usato solo il "caso Nietzsche" per dare un esempio, ossia per far capire che in una società in cui si è persa la tendenza di pensare a "realtà superiori" oppure "incondizionate" finisce che la gente che è più portata a questo tipo di "voli pindarici" finisca per perdersi ancora di più nel gioco di "attaccamento-avversione"... ossia chi ne parla e mette in luce la problematicità spesso è più "nel fango" di chi non ne parla.

Ripeto tuttavia che se uno non contempla questo tipo di concetti non potrà davvero capire che la visione più negativa delle cose può sfociare nella visione più positiva di esse (un po' come il - falso - detto secondo cui "la notte è più oscura subito prima dell'alba"... diciamo che ciò è vero per gli insonni  ;D  e non a caso è proprio tra gli insonni che questi proliferano).

Per Phil grazie a te invece la tua alternativa è davvero interessante e molto più facilmente praticabile. Diciamo che la tua via di mezzo tra la via di mezzo ("madhyamaka") e l'edonismo può salvare capra - la realtà incondizionata - e cavoli, ossia non passare la vita per trascendere il mondo. Quello che si fa in sostanza è la moderazione, tendendo verso il non-attaccamento (magari preso come ideale irraggiungibile). Ripeto: Chaung-tzu parlava di "uomini perfetti senza io" ma allo stesso tempo lui sembra che avesse avuto una famiglia (un tipo di vita impossibile - o quasi - per chi vuole raggiungere lo stato del non-attaccamento).
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 01 Agosto 2017, 10:25:35 AM
https://en.wikipedia.org/wiki/World_Happiness_Report (parametri: PIL pro-capite, supporto sociale, aspettativa di vita in buona salute, libertà di poter fare le scelte importanti nella vita, generosità, fiducia e altro(?)). In inglese, purtroppo non riesco a trovare una fonte italiana che descriva meglio se non per esempio cose come http://www.felicitapubblica.it/2017/03/21/i-paesi-della-felicita-la-classifica-world-happiness-report-2017/

Secondo il "World Happiness Report" i tre paesi più felici sono Norvegia, Danimarca e Islanda. Noi siamo al quarantottesimo posto. In genere l'Africa è molto "infelice", sorprende invece quanto il Sud-America risulti essere "felice" (Brasile e Argentina hanno un coefficiente migliore di Francia, Italia, Spagna...).

Tuttavia io potrei pensare ad uno studio "invertito" (ovviamente NON è possibile realizzarlo): ossia scambiando i parametri come cambierebbe la classifica? Ad esempio se l'economia italiana all'improvviso crollasse ai livelli dei paesi centraficani riusciremo ad essere "felici"? In sostanza questi studi ci fanno passare l'idea che il felice si trova tra chi ha di più e chi si trova nelle condizioni migliori (ossia questione di "fortuna" o in ultima analisi di "privilegio")... e se invece fosse che chi è felice è colui che sa vivere con meno e sa essere felice nelle condizioni peggiori? Secondo voi come cambierebbe la classifica?

Può la (in)soddisfazione essere misurata?
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: InVerno il 01 Agosto 2017, 10:42:59 AM
Citazione di: Apeiron il 01 Agosto 2017, 10:25:35 AM
https://en.wikipedia.org/wiki/World_Happiness_Report (parametri: PIL pro-capite, supporto sociale, aspettativa di vita in buona salute, libertà di poter fare le scelte importanti nella vita, generosità, fiducia e altro(?)). In inglese, purtroppo non riesco a trovare una fonte italiana che descriva meglio se non per esempio cose come http://www.felicitapubblica.it/2017/03/21/i-paesi-della-felicita-la-classifica-world-happiness-report-2017/

Secondo il "World Happiness Report" i tre paesi più felici sono Norvegia, Danimarca e Islanda. Noi siamo al quarantottesimo posto. In genere l'Africa è molto "infelice", sorprende invece quanto il Sud-America risulti essere "felice" (Brasile e Argentina hanno un coefficiente migliore di Francia, Italia, Spagna...).

Tuttavia io potrei pensare ad uno studio "invertito" (ovviamente NON è possibile realizzarlo): ossia scambiando i parametri come cambierebbe la classifica? Ad esempio se l'economia italiana all'improvviso crollasse ai livelli dei paesi centraficani riusciremo ad essere "felici"? In sostanza questi studi ci fanno passare l'idea che il felice si trova tra chi ha di più e chi si trova nelle condizioni migliori (ossia questione di "fortuna" o in ultima analisi di "privilegio")... e se invece fosse che chi è felice è colui che sa vivere con meno e sa essere felice nelle condizioni peggiori? Secondo voi come cambierebbe la classifica?
Può la (in)soddisfazione essere misurata?
Io non so come vengano fatte queste classifiche, ma l'altro giorno parlavo con dei tedeschi (che a quanto pare svettano in felicità) che mi raccontavano che molti possessori di giardino in Germania cercano di costruire li una "little Italy" (senza bandiere, ma insomma ci siam capiti) per affrancarsi dalle mondane tristezze, per avere una finestra verso una vitalità anche un po irrazionale e disorganizzata, ma pur sempre appagante. Peccato questi giardini non facciano parte del nostro territorio extra-nazionale, altrimenti saliremmo velocemente in classifica!
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Apeiron il 01 Agosto 2017, 14:29:48 PM
Sì in genere mi sembrano abbastanza fatte a caso quelle classifiche. In ogni caso è vero che in genere il ricco sta meglio di chi è in miseria, chi è in pace sta meglio di chi è in guerra, chi è libero di esprimersi sta meglio di chi non lo è, chi non sta male sta meglio di chi è malato ecc. Il vero problema secondo me è proprio che non tengono conto che tutto ciò d'altronde dice poco o niente sulla "soddisfazione". Se un africano che non riesce a mangiare vivesse come sto vivendo ora io sarebbe in estasi per il solo fatto di vivere nell'agio, viceversa per me che ritengo ovvia la mia ricchezza in caso di fallimento o bancarotta sarei disperato. Nel caso della salute fisica idem: se uno per esempio guarisce da una lunga malattia sarà felicissmo, viceversa chi è sempre stato in salute può prendersela con il Fato per essersi beccato un raffreddore. Nella lettertura zen troviamo: "ricevere guai è ricevere buona opposizione; ricevere consenso è ricevere opposizione", parole paradossali che però un senso di verità lo hanno. Nessuno apprezza un po' di riposo dopo anni di fatica, nessuno apprezza la salute dopo anni di malattia, come diceva il mio amico-acerrimo nemico Eraclito:
La malattia rende la salute piacevole e buona, la fame la sazietà, la fatica il riposo. (DK. 111)

Quindi a volte mi chiedo: povertà, fallimenti, "depressioni" sono davvero fonti di infelicità o paradossalmente sono fonti di maggiore felicità rispetto a ricchezza, successo e "euforie"? Chi d'altronde apprezza più camminare di chi si è rialzato? Ma per rialzarsi (ossia essere più gioiosi) di solito non è necessario camminare ma a volte è necessaria la caduta. Quindi mi chiedo io: a cosa serve fare queste classifiche se non ad aumentare la depressione nei paesi che si ritrovano nella fascia alta e ad aumentare le brame un po' a tutti? Ossia stilare classifiche simili non finisce per generare invidia e desideri eccessivi?

Quando tu parli della Little Italy capisco perfettamente: l'essere sempre vissuti nella ricchezza alla fine genera noia, genera ancora più brama e rende tutti più diendenti e più paurosi. Non mi stupirebbe che quando la mia generazione sarà nella cosiddetta "mezza età" l'Italia finità per costruire "little Saharas", ossia parchi a tema dove la gente piuttosto di continuare a vivere la noia della "felicità" cittadina si diverte a correre rischi, sfidare la fame e la sete  ;D più si "progredisce" più si da tutto per scontato, quindi alla fine davvero la "vita" diventa "un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore" (Schopenhauer)

Rispondendo alla mia domanda: ritengo che la felicità non si possa misurare perchè appunto si comporta in modo paradossale.
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: Sariputra il 02 Agosto 2017, 00:51:10 AM
Che caldo! ...Che afa opprimente! ...La Villa è immersa in una cappa di umido bollore,,,come sono insoddisfatto di questo! E' insopportabile!...Non riesco quasi a ragionare...sonnecchio nel torpore...
Devo parlare d'insoddisfazione ma...fa troppo caldo!...Non mi vien niente da scrivere...come mi sento insoddisfatto! Sono nella pentola e mi sto lessando!... A dire il vero, ora che ci penso...son quasi sempre insoddisfatto di quel che scrivo. E' così...Baylham, che scrivi nell'agio dell'impianto d'aria condizionata ( è così, me lo sento...tu hai quel che io non ho: l'aria condizionata...) e per questo ritieni soddisfacente la vita. Ecco Baylham...cosa volevo dire? Ah, sì...non pensi che sia la passione dell'artista che lo fa continuare nel suo lavoro e non la soddisfazione per i risultati ottenuti? Chiedevo infatti al mio vecchio, artista novantenne , se per caso fosse mai stato soddisfatto delle sue opere: "Mai!" è stata la sua risposta. E allora...perché continuare a farne? Ho soggiunto... "Pa pasiòn" è stata la risposta. " Vedito...xe la pasiòn che te fa continuar a sperimentar. Xe il bisogno di tirar fora quelo che xe vivo in ti, i couori che te ghà dentro. Quande te te a vardi finìa, l'opera non a te convinse, non xe mai queo che te voevi. E cosita te ghin cominsi naltra...E gò pasà a me vita cosita, sempre a sercar de dar forma a queo che sentivo, ma non poso dire ghe queo che gò otenuo xe queo che vedevo dentro de mi."
Così, mentre gli facevo aria a mò di ancella egiziana a Cleopatra, gli ho posto un'altra domanda: "Quindi la soddisfazione consiste nell'esercizio della propria passione e non tanto nei risultati ottenuti da quell'esercizio?". "Sacramèn" ha risposto ( tipica moccola nel dialetto della Contea...), "Te gò mandà scoea par imparar a sparar casade? Esercizio della passione? Cristo santo, la pasiòn a xe na soferensa! Svejate! Gheto mai visto nasere  qualcossa de vero sensa soferensa e fadiga? A gero finìo mi, quando ghevo completà el lavoro. Che sodisfasiòn del casso parlito?...Non sarìa ora de magnare desso, invese de ciacolar?".
Titolo: Re:L'insoddisfazione
Inserito da: baylham il 02 Agosto 2017, 10:27:54 AM
MI dispiace deludere la tua capacità di previsione Sariputra ma, sebbene l'impianto di condizionamento nel mio studio ci sia, quest'anno non l'ho utilizzato un solo giorno. A casa, dove vivo, non ho il condizionatore. Abito in Pianura Padana. I motivi sono numerosi, mi limito all'ecologismo. 

Quando rifletto e scrivo i mie commenti non sono insoddisfatto, sono un punto di arrivo e di partenza. Così per le altre attività che faccio. Sul fatto che per ottenere il piacere, la soddisfazione si debba anche lavorare, faticare e a volte soffrire non ho dubbio, ma ne vale la pena. Che poi la soddisfazione, la felicità sia transitoria è altrettanto indubbio, i motivi li spiega benissimo la biologia evoluzionistica di Darwin. Una stabile, permanente soddisfazione o insoddisfazione  è uno stato incompatibile con la biologia e con la vita.

Da giovane ho studiato con entusiasmo Wilhelm Reich. In Analisi del carattere, secondo me giustamente, sosteneva che anche alla base del masochismo c'è la ricerca del piacere, la soddisfazione. L'artista ha mostrato un atteggiamento masochista. Personalmente non sono né masochista né sadico, atteggiamenti che sento distanti dal mio carattere.