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LOGOS - Argomenti => Percorsi ed Esperienze => Discussione aperta da: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PM

Titolo: La tragicità greca
Inserito da: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PM
La tragicità greca

Sileno

Richiesto Sileno
sul meglio perl'uomo
svelò una verità 
amara come veleno:
non esistere, non nascere,essere niente
ma il meglio è morire presto

Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento

Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante.
solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità.
Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta.

Può salvare la filosofia?
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 19 Settembre 2018, 16:07:04 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PMLa tragicità greca Sileno Richiesto Sileno sul meglio perl'uomo svelò una verità amara come veleno: non esistere, non nascere,essere niente ma il meglio è morire presto Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante. solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità. Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta. Può salvare la filosofia?

No, Sileno, non lo può fare...mi dispiace. La filosofia non può salvarti da nascita, vecchiaia, malattia e morte. Può solo cercare di fartele accettare, ma somiglia più alla rassegnazione, a parer mio...Anche l'autorealizzazione nel mondo è un'illusione, che la vita vanifica con la velocità con cui passa la pioggia sulle colline o come passano i giorni che tramontano ad ovest. Nietzsche deve aver vissuto poco...vista l'angoscia che trasmetteva! ;D
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 19 Settembre 2018, 16:54:37 PM
Citazione di: Sariputra il 19 Settembre 2018, 16:07:04 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PMLa tragicità greca Sileno Richiesto Sileno sul meglio perl'uomo svelò una verità amara come veleno: non esistere, non nascere,essere niente ma il meglio è morire presto Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante. solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità. Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta. Può salvare la filosofia?

No, Sileno, non lo può fare...mi dispiace. La filosofia non può salvarti da nascita, vecchiaia, malattia e morte. Può solo cercare di fartele accettare, ma somiglia più alla rassegnazione, a parer mio...Anche l'autorealizzazione nel mondo è un'illusione, che la vita vanifica con la velocità con cui passa la pioggia sulle colline o come passano i giorni che tramontano ad ovest. Nietzsche deve aver vissuto poco...vista l'angoscia che trasmetteva!

Può curare la filosofia? Non nel senso della psicoanalisi e psicoterapie. Non ci si propone di risolvere problemi ma s'infonde fiducia nel proprio pensiero da inserire in più ampi orizzonti e con più raffinati strumenti di atoconsapevolezza; quindi il consulente deve avere una mentalità antiaccademica e flessibile che riconosca il legame della filosofia con la vita di ogni giorno. Soprattutto deve avere la capacità di "giocare" e di proporsi quale modello, avere fiducia pure nelle intuizioni "fantastiche". Dote estranea alla filosofia tradizionale e sue deviazioni, perchè i nichilismi metafisici, i neospiritualismi, le convinzioni indubitabili,i teologismi, i filosofeggiari tortuosi e incongruenti sono a distanze siderali da ogni esperienza vitale. Invece nel nostro caso ci si attiene non a verità di fedi ma a verità d'ispirazione greca:dialogo aperto a possibili orizzonti, per pratica di vita e non tanto di sapere.
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: 0xdeadbeef il 19 Settembre 2018, 17:16:11 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PM
Può salvare la filosofia?



No, come Heidegger io dico che "solo un Dio ci può salvare".
La filosofia può aiutare a meglio, diciamo, "inquadrare" questo Dio; a toglierlo dalle prospettive delle
religioni storiche e tradizionali prospettandolo sotto una luce diversa. Ma, no, non può "salvare" essa.
Tutti i grandi filosofi che hanno "saputo e potuto" vivere la mancanza di Dio e il nichilismo fino in
fondo hanno sperimentato tragicamente su se stessi la tragedia più immane. Penso a Nietzsche come a
Leopardi, ma anche un pò a tutto l'Esistenzialismo (tanto per limitarci ai tempi moderni...)
saluti
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 19 Settembre 2018, 18:20:59 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 19 Settembre 2018, 17:16:11 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PM
Può salvare la filosofia?



No, come Heidegger io dico che "solo un Dio ci può salvare".
La filosofia può aiutare a meglio, diciamo, "inquadrare" questo Dio; a toglierlo dalle prospettive delle
religioni storiche e tradizionali prospettandolo sotto una luce diversa. Ma, no, non può "salvare" essa.
Tutti i grandi filosofi che hanno "saputo e potuto" vivere la mancanza di Dio e il nichilismo fino in
fondo hanno sperimentato tragicamente su se stessi la tragedia più immane. Penso a Nietzsche come a
Leopardi, ma anche un pò a tutto l'Esistenzialismo (tanto per limitarci ai tempi moderni...)
saluti



Filosofare non sana passioni, non consola nella sventura e non promette un mondo migliore dopo la morte: l'immortalità dell'anima
Solo la religione la garantisce.Dio, anima,,, corpo,, bene, male sono i problemi tipici della religione.

E'' vero che la filosoia s'interessa al problema di Dio ( teologia razionale al mondo esterno ( cosmologia razionale) al problema dell'immortalità dell'anima: fa parte della metafisica. Ma ne lventetesimo secolo tuttavia si concluse che filosofia e religione si differenziamo per lo spirito: la religione è dogmatica, mentre la filosofia è animata da spirito critico e da un intellletto che contesta e rifiuta conoscenze a priori:

Kant e i tre quesiti chiave:
Cosa posso conoscere?
cosa devo fare?
cosa mi è permesso di sperare.?

La religione fornisce soluzioni e risposte definitive

Saluti
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Kobayashi il 20 Settembre 2018, 09:22:56 AM
L'idea stessa che ci possa essere una salvezza da vecchiaia, dolore e morte, è un'assurdità.
E infatti solo la religione con le sue fantasie se ne è occupata e continua ad occuparsene (però con sempre meno credibilità...).
Il tipo di salvezza proposto dalle filosofie è diverso: è l'esercizio di un certo tipo di sguardo e di un certo tipo di vita che lenisce non il dolore ma l'inquietudine per via dell'assoluta assenza di senso.
È un esercizio funzionale al rafforzamento di una prospettiva che ci "salva" dal non sapere nulla, illudendoci che il nostro cammino abbia una direzione.
Se ti aggiri nel deserto senza una meta forse è meglio iniziare a popolare di significati le rocce che incontri, gli avvallamenti, i pochi arbusti, così da inventarti una mappa – la quale non porta da nessuna parte ma è pur sempre meglio di niente... come dire, è la tua mappa!
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: acquario69 il 20 Settembre 2018, 09:40:08 AM
Citazione di: Kobayashi il 20 Settembre 2018, 09:22:56 AM
L'idea stessa che ci possa essere una salvezza da vecchiaia, dolore e morte, è un'assurdità.
E infatti solo la religione con le sue fantasie se ne è occupata e continua ad occuparsene (però con sempre meno credibilità...).
Il tipo di salvezza proposto dalle filosofie è diverso: è l'esercizio di un certo tipo di sguardo e di un certo tipo di vita che lenisce non il dolore ma l'inquietudine per via dell'assoluta assenza di senso.
È un esercizio funzionale al rafforzamento di una prospettiva che ci "salva" dal non sapere nulla, illudendoci che il nostro cammino abbia una direzione.
Se ti aggiri nel deserto senza una meta forse è meglio iniziare a popolare di significati le rocce che incontri, gli avvallamenti, i pochi arbusti, così da inventarti una mappa – la quale non porta da nessuna parte ma è pur sempre meglio di niente... come dire, è la tua mappa!


E quale sarebbe la differenza che passerebbe tra l'esercizio di fantasia delle religioni con l'illusione "filosofica" da te descritta?
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 20 Settembre 2018, 09:45:11 AM
Citazione di: acquario69 il 20 Settembre 2018, 09:40:08 AM
Citazione di: Kobayashi il 20 Settembre 2018, 09:22:56 AML'idea stessa che ci possa essere una salvezza da vecchiaia, dolore e morte, è un'assurdità. E infatti solo la religione con le sue fantasie se ne è occupata e continua ad occuparsene (però con sempre meno credibilità...). Il tipo di salvezza proposto dalle filosofie è diverso: è l'esercizio di un certo tipo di sguardo e di un certo tipo di vita che lenisce non il dolore ma l'inquietudine per via dell'assoluta assenza di senso. È un esercizio funzionale al rafforzamento di una prospettiva che ci "salva" dal non sapere nulla, illudendoci che il nostro cammino abbia una direzione. Se ti aggiri nel deserto senza una meta forse è meglio iniziare a popolare di significati le rocce che incontri, gli avvallamenti, i pochi arbusti, così da inventarti una mappa – la quale non porta da nessuna parte ma è pur sempre meglio di niente... come dire, è la tua mappa!
E quale sarebbe la differenza che passerebbe tra l'esercizio di fantasia delle religioni con l'illusione "filosofica" da te descritta?

La differenza sta che, nella religione, l'illusione te la impongono gli altri, mentre nella filosofia te la imponi da solo... ;D  ;D
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: acquario69 il 20 Settembre 2018, 09:47:05 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 09:45:11 AM
Citazione di: acquario69 il 20 Settembre 2018, 09:40:08 AM
Citazione di: Kobayashi il 20 Settembre 2018, 09:22:56 AML'idea stessa che ci possa essere una salvezza da vecchiaia, dolore e morte, è un'assurdità. E infatti solo la religione con le sue fantasie se ne è occupata e continua ad occuparsene (però con sempre meno credibilità...). Il tipo di salvezza proposto dalle filosofie è diverso: è l'esercizio di un certo tipo di sguardo e di un certo tipo di vita che lenisce non il dolore ma l'inquietudine per via dell'assoluta assenza di senso. È un esercizio funzionale al rafforzamento di una prospettiva che ci "salva" dal non sapere nulla, illudendoci che il nostro cammino abbia una direzione. Se ti aggiri nel deserto senza una meta forse è meglio iniziare a popolare di significati le rocce che incontri, gli avvallamenti, i pochi arbusti, così da inventarti una mappa – la quale non porta da nessuna parte ma è pur sempre meglio di niente... come dire, è la tua mappa!
E quale sarebbe la differenza che passerebbe tra l'esercizio di fantasia delle religioni con l'illusione "filosofica" da te descritta?

La differenza sta che, nella religione, l'illusone te la impongono gli altri, mentre nella filosofia te la imponi da solo... ;D  ;D

dei due non saprei nemmeno dire quale sia il peggiore...secondo te?
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 20 Settembre 2018, 09:52:00 AM
Citazione di: acquario69 il 20 Settembre 2018, 09:47:05 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 09:45:11 AM
Citazione di: acquario69 il 20 Settembre 2018, 09:40:08 AM
Citazione di: Kobayashi il 20 Settembre 2018, 09:22:56 AML'idea stessa che ci possa essere una salvezza da vecchiaia, dolore e morte, è un'assurdità. E infatti solo la religione con le sue fantasie se ne è occupata e continua ad occuparsene (però con sempre meno credibilità...). Il tipo di salvezza proposto dalle filosofie è diverso: è l'esercizio di un certo tipo di sguardo e di un certo tipo di vita che lenisce non il dolore ma l'inquietudine per via dell'assoluta assenza di senso. È un esercizio funzionale al rafforzamento di una prospettiva che ci "salva" dal non sapere nulla, illudendoci che il nostro cammino abbia una direzione. Se ti aggiri nel deserto senza una meta forse è meglio iniziare a popolare di significati le rocce che incontri, gli avvallamenti, i pochi arbusti, così da inventarti una mappa – la quale non porta da nessuna parte ma è pur sempre meglio di niente... come dire, è la tua mappa!
E quale sarebbe la differenza che passerebbe tra l'esercizio di fantasia delle religioni con l'illusione "filosofica" da te descritta?
La differenza sta che, nella religione, l'illusone te la impongono gli altri, mentre nella filosofia te la imponi da solo... ;D ;D
dei due non saprei nemmeno dire quale sia il peggiore...secondo te?

Mah!...forse l'illusione filosofica personale dà una fallace parvenza di "libertà" in più...
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: acquario69 il 20 Settembre 2018, 09:55:14 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 09:52:00 AM
Mah!...forse l'illusione filosofica personale dà una fallace parvenza di "libertà" in più...

quindi ancora peggio  :)
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 20 Settembre 2018, 10:00:14 AM
Citazione di: acquario69 il 20 Settembre 2018, 09:55:14 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 09:52:00 AMMah!...forse l'illusione filosofica personale dà una fallace parvenza di "libertà" in più...
quindi ancora peggio :)

Beh!...Peppino De Filippo diceva che la tragedia sconfina sempre nella farsa... :(  
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: acquario69 il 20 Settembre 2018, 10:06:16 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 10:00:14 AM
Beh!...Peppino De Filippo diceva che la tragedia sconfina sempre nella farsa... :(  
evidentemente vanno a braccetto e non si possono dissociare...cosi che la farsa a sua volta conduce alla tragedia  
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 20 Settembre 2018, 10:17:06 AM
Citazione di: acquario69 il 20 Settembre 2018, 10:06:16 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 10:00:14 AMBeh!...Peppino De Filippo diceva che la tragedia sconfina sempre nella farsa... :(
evidentemente vanno a braccetto e non si possono dissociare...cosi che la farsa a sua volta conduce alla tragedia

Sì, sono d'accordo...così che la farsa, per esempio, di come è strutturata la società umana potrebbe condurci alla tragedia...
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: acquario69 il 20 Settembre 2018, 10:27:05 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 10:17:06 AM
Sì, sono d'accordo...così che la farsa, per esempio, di come è strutturata la società umana potrebbe condurci alla tragedia...
hai colto esattamente quello che volevo dire!  ;) 
 del resto si può pure notare che gli esempi appunto non mancano
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Kobayashi il 20 Settembre 2018, 10:48:08 AM
Eppure l'ho scritto chiaramente: la filosofia non vuole salvare dalla morte, non pretende di salvare da quelle condizioni tragiche ma inevitabili di cui parlava Sileno nell'intervento iniziale. A differenza delle religioni.
Per quanto riguarda il carattere illusorio della filosofia: ovviamente il mio punto di vista filosofico per me non è un'illusione. Ma lo diventa quando mi immagino di aver trovato con esso la verità valida anche per voi.
Non sto dicendo di inventarsi una verità, sto dicendo che nel nostro cammino ci costruiamo una mappa, che certo ci da l'impressione di poter dar conto del territorio, ma è fatta da segni soprattutto significativi del punto di vista soggettivo.
Questi segni, intendiamoci, possono anche essere estratti da antiche tradizioni religiose.
Una certa esperienza culturale ci dovrebbe però impedire di urlare: ecco la Verità! E ora diamo inizio alle conversioni!
O forse voi volete tenervi la Verità ed essere quel tanto di relativisti da non dover subire l'invadenza delle 10mila chiese portatrici (autentiche, naturalmente) di una versione di essa?

Ps: sottovalutare l'interlocutore, forzarne la semplicità in modo che appaia come infantile, piuttosto che cercare di vedere il meglio delle sue argomentazioni, è un modo di discutere che fin dall'inizio esclude l'interesse e la comprensione della posizione dell'altro, rivelando che i propri interessi sono altri.
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: acquario69 il 20 Settembre 2018, 11:32:03 AM
Citazione di: Kobayashi il 20 Settembre 2018, 10:48:08 AM
Eppure l'ho scritto chiaramente: la filosofia non vuole salvare dalla morte, non pretende di salvare da quelle condizioni tragiche ma inevitabili di cui parlava Sileno nell'intervento iniziale. A differenza delle religioni.
Per quanto riguarda il carattere illusorio della filosofia: ovviamente il mio punto di vista filosofico per me non è un'illusione. Ma lo diventa quando mi immagino di aver trovato con esso la verità valida anche per voi.
Non sto dicendo di inventarsi una verità, sto dicendo che nel nostro cammino ci costruiamo una mappa, che certo ci da l'impressione di poter dar conto del territorio, ma è fatta da segni soprattutto significativi del punto di vista soggettivo.
Questi segni, intendiamoci, possono anche essere estratti da antiche tradizioni religiose.
Una certa esperienza culturale ci dovrebbe però impedire di urlare: ecco la Verità! E ora diamo inizio alle conversioni!
O forse voi volete tenervi la Verità ed essere quel tanto di relativisti da non dover subire l'invadenza delle 10mila chiese portatrici (autentiche, naturalmente) di una versione di essa?

Ps: sottovalutare l'interlocutore, forzarne la semplicità in modo che appaia come infantile, piuttosto che cercare di vedere il meglio delle sue argomentazioni, è un modo di discutere che fin dall'inizio esclude l'interesse e la comprensione della posizione dell'altro, rivelando che i propri interessi sono altri.

No,qui non e' questione di forzarne la semplicità dell'interlocutore, ma il fatto ineluttabile (poi tu poi sofisticarci sopra quanto vuoi, il risultato non cambia di una virgola) che il parametro che hai adottato per la religione risulta poi lo stesso nel senso che tu dai della filosofia...allora se e' religione sarebbe credulità,mentre secondo la tua filosofia no lo sarebbe?! ...due pesi e due misure?
Inoltre fare intendere (ma sempre solo secondo i tuoi personali parametri) che la religione equivale all'esercizio della fantasia (e lo dico da non religioso quale mi ritengo) sulla vita o sulla morte che sia, non mi sembra un operazione corretta, ma un pregiudizio, oltre ad un nemmeno sottinteso disprezzo che non e' giustificato in alcun modo
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 20 Settembre 2018, 11:40:19 AM
Citazione di: Kobayashi il 20 Settembre 2018, 10:48:08 AMEppure l'ho scritto chiaramente: la filosofia non vuole salvare dalla morte, non pretende di salvare da quelle condizioni tragiche ma inevitabili di cui parlava Sileno nell'intervento iniziale. A differenza delle religioni. Per quanto riguarda il carattere illusorio della filosofia: ovviamente il mio punto di vista filosofico per me non è un'illusione. Ma lo diventa quando mi immagino di aver trovato con esso la verità valida anche per voi. Non sto dicendo di inventarsi una verità, sto dicendo che nel nostro cammino ci costruiamo una mappa, che certo ci da l'impressione di poter dar conto del territorio, ma è fatta da segni soprattutto significativi del punto di vista soggettivo. Questi segni, intendiamoci, possono anche essere estratti da antiche tradizioni religiose. Una certa esperienza culturale ci dovrebbe però impedire di urlare: ecco la Verità! E ora diamo inizio alle conversioni! O forse voi volete tenervi la Verità ed essere quel tanto di relativisti da non dover subire l'invadenza delle 10mila chiese portatrici (autentiche, naturalmente) di una versione di essa? Ps: sottovalutare l'interlocutore, forzarne la semplicità in modo che appaia come infantile, piuttosto che cercare di vedere il meglio delle sue argomentazioni, è un modo di discutere che fin dall'inizio esclude l'interesse e la comprensione della posizione dell'altro, rivelando che i propri interessi sono altri.

Beh!...neppure le religioni ti salvano dalla morte, caso mai, alcune di esse, ti propongono di credere ad un'esistenza ultraterrena o "trasformata", come nel caso del Cristianesimo. e della sua escatologia. Nessuno mi sembra qui stia urlando: "Ecco la Verità". Infatti abbiamo detto: sono ambedue delle illusioni. Una crede nella parola di altri e una nella propria mappa soggettiva, che lo stesso soggetto si è "disegnato". Mi sembra, dall'ardore, che sia più tu che stai difendendo la tua "mappa" che non noi che siamo persino disposti a mettere in discussione la "verità", rivelata o mappata che sia, sprofondando entrambe le visioni nella "farsa"...ancorché "tragica".
Non mi sembra di aver sottovalutato l'interlocutore; non capisco da dove nasca questa tua impressione. Bisogna anche saper ridere...sia della religione che della flosofia, a parer mio. La risata permette proprio di non prendere troppo sul serio la "mappa"...
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 20 Settembre 2018, 13:13:42 PM
Mi sono ispirato alla figura del "consulente filosofico (Due giornate di studio nella mia città sull'argomento). Potrebbe far vedere che ci sono molti modi per leggere e vivere le nostre storie personali, comprese le contraddizioni, con lo scopo di pensare altrimenti il mondo in cui ci sentiamo incapsulati.
Tale esercizio filosofico avvia alla pratica del pensiero libero dalle etiche dei poteri, dai saperi tecnologizzati e dalle culture terapeutiche. Il linguaggio dev'essere lieve e preciso. Appropriata è la metafora dell'"acrobata" e dell'"umorista", che sono aperti a esempi pluralistici per una visone non univoca della realtà. Ancora riferimento d'obbligo è Socrate ironico e dialettico.

Ma oggi,quale fortuna potrebbe aver questo rilancio della filosofia? In un'epoca dove si sprecano le parole e regna un caos verboso,oppure l'incoerenza delle parole contratte dei Sms? Come dice Zygmut Bauman, i discorsi mediati dal computer si stanno svuotando da ogni contenuto perché il senso di appartenenza si esplicita tramite il solo flusso verbale. È' questo il "messaggio"; ciò che viene detto non importa. Mentre una rinnovata filosofia dovrebbe quanto mai puntare sull'essenziale significatività. L'homo sapiens ha perso il senso delle domande sensate utili per la vita, e cerca altrove le risposte che forse nemmeno vuole avere.

E' così difficile intraprendere un'avventura delle idee per scoprire il mondo del possibile tra fantasia e limiti posti dalla realtà? Uscendo dalla noia, dalle ovvietà, da copioni di vita fallimentari?
C'è un rapporto con la filosofia classica? I "terapeuti antichi erano i filosofi che si riferivano all'intelligenza umana, alla vita spirituale, ai concetti riguardanti la vita; sono a tutt'oggi concetti validi per le terapie cognitive. Nelle piazze si discuteva su amore ,amicizia, famiglia, religione. Il "consuelor", a qualsiasi scuola appartenga (gestalt, comunicazione di sostegno, facilitatore di gruppo,ecc),er us induce ad una revisione dei disagi esistenziali, che non abbiano origine da presenti disturbi patologici, per uscirne con creatività. Si cercano parole inusuali, non logorate dall'uso. Si verificano le idee personali sui valori, etiche, opinioni, per strutturare uno stile e affrontare le vita mettendo a fuoco le caratteristiche della propria personalità Valori, morale, conflitti, problemi vengono reinquadrati allargando i propri orizzonti mentali. Non si tratta di un'analisi ma di spunti di riflessione che stimolino approfondimenti ed elaborazioni sulle questioni esaminate. Quindi la filosofia diventa uno strumento pratico per migliorare la qualità della vita. Strategie per risolvere problemi d'amore, famiglia, lavoro, società, crisi di adattamento, scopi, ecc. Anche esigenze intellettuali di ricerca, conoscenza, etica,bioetica, ecc. si allarga l'ottica personale sulle normali debolezze e indecisioni che a volte paralizzano in momenti cruciali.

Tali pratiche rientrano in un "linguaggio del cambiamento" già sperimento dagli antichi, a cui alluse pure Whatlavick, teorico della comunicazione pragmatica. Antifronte di Atene usava le asserzioni dello stesso malato, ristrutturando ciò che il malato riteneva "reale" o "vero", per cambiare l'immagine del mondo per cui soffriva. Così Gorgia persuadeva con la retorica,intesa come arte della parola, sempre tenendo a mente che il linguaggio in qualsiasi contesto compaia, non rispecchia la realtà ma ne crea una.
Particolarità linguistiche adatte sono le "verità" folgoranti che balenano da aforismi, versi, metafore, battute, sottintesi, rivolte alla ricettività dell' emisfero destro. Senza limiti teorici, se non dopo una verifica dell'efficacia. Del resto anche filosofie non della tradizione greca-occidentale insegnano che un'immagine della realtà non è la realtà stessa, come accadimento in sè e non come trascendenze. Con una fulminea visione si può comprendere che le "realtà" sono relative e variate. Altrimenti ci si fissa su di una convinzione che può essere distorta. Ma questo è pure il principio che ispira la terapia cognitivo-comportamentale.
Infatti in un articolo sul quotidiano locale P. A. Rovatti conclude:
Pratiche filosofiche ... " per entrare in rotta di collisione con tutti gli assoggettamenti e le forme di dipendenza dentro cui si viene a trovarsi . Lavorando perchè i soggetti si distanzino dalle loro dipendenze o almeno riescano a rappresentarsele, il "filosofo", (chiamiamolo così) che si cala nel sociale, se vuole ottenere qualcosa, deve innescare una critica dei poteri esistenti e aiutare,tentando di allargare lo sguardo, la formazione di una coscienza "politica". Insomma deve agire in controtendenza rispetto ai processi di assuefazione e di ideologizzazione normalizzante. Non può far altro se non vuole lui stesso esser una pedina e se non vuole tradire il proprio – diciamo così – giuramento d'Ippocrate che lo vincola eticamente e praticamente allo spirito critico".

Grazie a chi mi ha risposto, perlomeno ho compreso megliolo stile di approccio alla filosofia nel presente forum
Sileno
Saluti
 
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 20 Settembre 2018, 15:04:58 PM
Bel post Sileno, ben strutturato! Complimenti.
Sarebbe perfetta la figura del consulente- filosofo che "stimola" l'apertura alla critica e all'autocritica nel "cliente, ma il dubbio che mi assalirebbe sarebbe questo: quale filosofo sarebbe così sopra le parti, e neutrale, da limitarsi a questo e non invece a portare lo sprovveduto "cliente" a trasformare sì la propria visione delle cose, ma come Lui  vuole che le veda? Il condizionamento del discepolo, in epoca classica, al fascino dell'autorità del maestro era potente (sia in ambito filosofico che religioso). E poi, la maggior parte della gente non vuol sapere di più per non soffrire di più,e infatti è universalmente riconosciuto l'effetto terapeutico della frase: "Basta non pensarci su..."   :(

P.S. E se poi questi consulenti filosofi cominciano a chiederti, che so, 100 euro a seduta ?...E là mi casca tutto...
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 20 Settembre 2018, 19:51:02 PM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 15:04:58 PM
Bel post Sileno, ben strutturato! Complimenti.
Sarebbe perfetta la figura del consulente- filosofo che "stimola" l'apertura alla critica e all'autocritica nel "cliente, ma il dubbio che mi assalirebbe sarebbe questo: quale filosofo sarebbe così sopra le parti, e neutrale, da limitarsi a questo e non invece a portare lo sprovveduto "cliente" a trasformare sì la propria visione delle cose, ma come Lui  vuole che le veda? Il condizionamento del discepolo, in epoca classica, al fascino dell'autorità del maestro era potente (sia in ambito filosofico che religioso). E poi, la maggior parte della gente non vuol sapere di più per non soffrire di più,e infatti è universalmente riconosciuto l'effetto terapeutico della frase: "Basta non pensarci su..."   :(

P.S. E se poi questi consulenti filosofi cominciano a chiederti, che so, 100 euro a seduta ?...E là mi casca tutto...


Grazie. Ribadisco: lo scopo è far accettare l'ineluttabile impossibile a mutare, autorealizzarsi nel mondo terreno, altrimenti ogni intrrazione è inutile. La logica non formale dice che il dialogo tra chi valorizza la vita ultraterrena e chi l'uomo su questa terra risulta impossiibile e rinunciabile.
Il citare Dio come unica salvezza mi pare una risposta fuori luogo. Salvezza dell'anima? Nessuno ,nemmeno nel campo religioso può garantire certezze di salvezza dell'anima prevista per i credenti privi di peccati, nemmeno un Papa teologo:

"Nessuno è in grado di porgere agli altri Dio e il suo Regno,nemmeno il credente a se stesso. Tanto il credente quanto l'incredulo, ognuno a suo modo, condividono dubbio e fede, sempre beninteso che non cerchino di sfuggire a se stessi e alla verità della loro esistenza - Ratzinger -Introduzione al Cristianesimo. Lezioni sul simbolo apostolico, 69 (pagg 11-18)
per il resto posso condividere: chi sceglei una professione d'aiuto deve offrire professionalità ma soprattutto mettere in gioco la sua personalità adatta a tale compito. Può darsi che anche a un professionista sfugga qualche frase errata come E 'tutto questione della sua volontà,e altri errori comunicativi.Certamente un professionista chiede di essere pagato.

Io ho fatto per alcuni anni il conduttore i un gruppo di auto aiuto: solo ascolto e breve riformulazione per dimostrare di aver capito e per rimandare il problema all'utente. Proibiti i consigli e ricompense estrinseche.

Saluti
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 20 Settembre 2018, 21:41:24 PM
Io ho fatto per alcuni anni il conduttore i un gruppo di auto aiuto: solo ascolto e breve riformulazione per dimostrare di aver capito e per rimandare il problema all'utente. Proibiti i consigli e ricompense estrinseche.

Che poi è la famosa 'capacità d'ascoltare' che , nella mia esperienza in questi anni nelle case di riposo, al cospetto di anziani malati, alcuni terminali o addirittura parzialmente dementi, è un balsamo d'inestimabile valore terapeutico. L'essere umano ha un disperato bisogno d'esser ascoltato e creduto (ricordo sempre un anziano che , incapace di spiegarsi bene vocalmente, vergò con mano malferma su un pezzo di carta:"Purché sia creduto" a riguardo dei disagi e dei dolori che provava...).
La speranza in una vita eterna, lontano dalla sofferenza, è quanto di più naturale e continuo sentivo dalle loro labbra ed una fonte, anche se intimamente magari poco creduta, di potenza, coè di poter con questa guardare in faccia la fine. E' uno dei motivi che mi spingono a non biasimare mai chi nutre simili speranze...non se ne trovano molte di migliori, quando  si arriva a quel punto dell'esistenza...
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Kobayashi il 21 Settembre 2018, 08:05:29 AM
Per Acquario e Sariputra.
C'è differenza tra la fede religiosa e la scelta di fare propria una certa prospettiva filosofica.
Nel secondo caso, partendo da una visione pluralistica della realtà, pur abbracciando uno stile filosofico specifico, non si può avere la pretesa di essere nella verità assoluta.
Anzi, da una parte quello stile ci convince e quindi assume ai nostri occhi un certo valore universale, dall'altra, razionalmente, dobbiamo declinare questa presunzione.
È una condizione un po' paradossale, che ho cercato di rendere attraverso l'immagine di un percorso nel deserto il cui senso è definito da me, dal mio modo di guardare le cose (che è funzione dello stile filosofico abbracciato).
La religione, ed ogni sapere metafisico, invece, hanno la pretesa di indicarti, in quel deserto, la vera strada. Vera per tutti (anche se poi ciascuno la percorrerà con il proprio ritmo).

Mi pare ci sia differenza tra la convinzione di essere sulla strada che, unica, mi rivelerà la verità dell'uomo, di Dio, della vita dopo la morte, e la convinzione di percorrere un sentiero che ad ogni curva rischia di sparire e che per quanto ci entusiasmi sappiamo che non può portare da nessuna parte.
Due livelli di convinzione, due gradi di persuasione.
Uno metafisico-religioso, l'altro filosofico (che vorrebbe essere non metafisico).

Acquario, per quanto riguarda il tuo monito al mio tono nei confronti della religione: ti rassicuro, io non disprezzo affatto la religione. Se però tu e Sariputra ritenete di poter scherzare su quello che ho scritto, io penso di potermi anche concedere una battuta sulle "favole della religione". O no? 


Per Sileno.
Al di là di un uso possibile della filosofia come ascolto, chiarimento, riformulazione dei problemi, approfondimento con tematiche più ricche rispetto alle parole con cui si guardano le cose quotidiane, c'è anche una ricerca, da parte di molte persone culturalmente meno "attrezzate" di un sapere positivo, non solo critico.
Il bisogno di potersi affidare ad una scuola di pensiero, che sia anche prassi, stile di vita.
Ma da questo punto di vista l'approccio puramente critico finisce per respingere queste persone negli ambienti spirituali di ispirazione religiosa.
C'è cioè sia un bisogno di liberazione (per cui il pensiero critico o in generale lo scetticismo fanno il loro dovere), e un bisogno di saggezza (diciamo così...). Ma in questo caso la filosofia così come è concepita da molti oggi dovrebbe fingere di essere portatrice di un sapere edificante, di un sapere su cui si possa fondare una scuola filosofica.
Per questo motivo ho sempre avuto dei dubbi sulla possibilità della consulenza filosofica, al di là di esperimenti estemporanei anche interessanti, di prendere piede.
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 21 Settembre 2018, 08:36:27 AM
@Kobayashi
Qualunque 'visione' della realtà, che sia religiosa o filosofica, non è altro che una visione, Pertanto affermare la superiorità di una sull'altra è privo di senso. E' come se due matti si mettessero a discutere tra loro su chi sia sano di mente...ponendo come metro di paragone la propria personale pazzia. Anche affermare che non si devono avere visioni non è altro che un'altra visione. Non c'è alcun sentiero, alcuna visione, alcuna mappa...sono solo illusioni della mente umana. Questa è la tragedia...la farsa è data dal aftto che ci investiamo la nostra vita, illudendoci di percorrere una strada, senza accorgerci che giriamo in tondo e che finiamo esattamente come siamo partiti: nudi.
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 21 Settembre 2018, 10:34:02 AM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2018, 21:41:24 PM
Io ho fatto per alcuni anni il conduttore i un gruppo di auto aiuto: solo ascolto e breve riformulazione per dimostrare di aver capito e per rimandare il problema all'utente. Proibiti i consigli e ricompense estrinseche.

Che poi è la famosa 'capacità d'ascoltare' che , nella mia esperienza in questi anni nelle case di riposo, al cospetto di anziani malati, alcuni terminali o addirittura parzialmente dementi, è un balsamo d'inestimabile valore terapeutico. L'essere umano ha un disperato bisogno d'esser ascoltato e creduto (ricordo sempre un anziano che , incapace di spiegarsi bene vocalmente, vergò con mano malferma su un pezzo di carta:"Purché sia creduto" a riguardo dei disagi e dei dolori che provava...).
La speranza in una vita eterna, lontano dalla sofferenza, è quanto di più naturale e continuo sentivo dalle loro labbra ed una fonte, anche se intimamente magari poco creduta, di potenza, coè di poter con questa guardare in faccia la fine. E' uno dei motivi che mi spingono a non biasimare mai chi nutre simili speranze...non se ne trovano molte di migliori, quando  si arriva a quel punto dell'esistenza...




Spesso è difficile immedesimarsi in un disagio psichico o dolore fisico mai provato. Anche per comunicare in contesti di sostegno bisogna conoscere i meccanismi delle relazioni umane, cercando di non ferire, di non manifestare ansia o frustrazioni che provocano reazioni altrettanto negative.Competenze non comuni perchè nella nostra società è insufficiente 
l'intelligenza introspettiva e sociale, e anche una ricchezza interiore deve essere espressa rivalutanto le capacità comunicative relazionali.L'ascolto attivo e intenzionale deve prevalere, reso possibile da un'apertura mentale per uscire dalla propria egocentrica e circoscritta visione del mondo. S'interpreta la realtà del parlate per comprenderlo allo scopo di aiutalo a comprendersi.Si sappia anche farsi ascoltare, interpretare la comunicazione non verbale, il tono di voce. Il rischio è apparire inautentici, consolatori in modo convenzionale. Importante è conoscere se stessi per controllare i sentimenti negativiche l'altro ci può suscitare e per non proiettargli le nostre emozioni inadeguate. Molti si suicidano, certi accetterebbero l'eutanasia

Mai come tali assistiti vale il pensiero poetico, espresso in più forme : "ed è infine il pensiero della morte che ci aiuta a vivere": una promessa di fine di ogni sofferenza terrena.

Saluti
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 21 Settembre 2018, 10:46:54 AM
cit.Sileno:
Si sappia anche farsi ascoltare, interpretare la comunicazione non verbale, il tono di voce. Il rischio è apparire inautentici, consolatori in modo convenzionale.

E' importantissimo questo passo! Concordo al cento per cento. La più grande fatica, soprattutto quando si è stanchi e non ce la si fa più, è proprio il rischio di cadere nella frase consolatoria rituale, spiccia... apparendo così "inautentici e convenzionali". E il sofferente lo percepisce subito...è causa di sconforto per lui , ma anche per l'operatore, il volontario o il famigliare che, ripensandoci a freddo, arrivano a provare rabbia verso se stessi per essere stati "falsi"... :(
Ecco, qui il percorso critico dato da una passione per la filosofia ma anche, questo lo aggiungo io, da un'autentica ricerca spirituale personale può aiutare molto per sviluppare questa forma di 'empatia' verso l'altro.
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 21 Settembre 2018, 11:50:20 AM
Citazione di: Kobayashi il 21 Settembre 2018, 08:05:29 AM

Per Sileno.
Al di là di un uso possibile della filosofia come ascolto, chiarimento, riformulazione dei problemi, approfondimento con tematiche più ricche rispetto alle parole con cui si guardano le cose quotidiane, c'è anche una ricerca, da parte di molte persone culturalmente meno "attrezzate" di un sapere positivo, non solo critico.
Il bisogno di potersi affidare ad una scuola di pensiero, che sia anche prassi, stile di vita.
Ma da questo punto di vista l'approccio puramente critico finisce per respingere queste persone negli ambienti spirituali di ispirazione religiosa.
C'è cioè sia un bisogno di liberazione (per cui il pensiero critico o in generale lo scetticismo fanno il loro dovere), e un bisogno di saggezza (diciamo così...). Ma in questo caso la filosofia così come è concepita da molti oggi dovrebbe fingere di essere portatrice di un sapere edificante, di un sapere su cui si possa fondare una scuola filosofica.
Per questo motivo ho sempre avuto dei dubbi sulla possibilità della consulenza filosofica, al di là di esperimenti estemporanei anche interessanti, di prendere piede.

Scuole di pensiero non adatte per tutti? Lo credo anch'io. Scoprirne una adatta a sè e con il terapeuta giusto è molto difficile

La religione può essere di conforto nei momenti difficili: le preghiere aiutano? si chiesero alcuni scienziati. Pareri discordanti: al più è un conforto psicologico che meditazione e preghiere offrono.Ma si concluse che la scienza non serve per convalidare le credenze religiose, così come non basta la fede a convalidare dati scientifici.
Un mantra religioso ripetuto come"Sia fatta la volontà di Dio"o un gruppo di preghiera, per i credenti può giovare
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 21 Settembre 2018, 12:53:53 PM
Citazione di: Sariputra il 21 Settembre 2018, 10:46:54 AM
cit.Sileno:
Si sappia anche farsi ascoltare, interpretare la comunicazione non verbale, il tono di voce. Il rischio è apparire inautentici, consolatori in modo convenzionale.

E' importantissimo questo passo! Concordo al cento per cento. La più grande fatica, soprattutto quando si è stanchi e non ce la si fa più, è proprio il rischio di cadere nella frase consolatoria rituale, spiccia... apparendo così "inautentici e convenzionali". E il sofferente lo percepisce subito...è causa di sconforto per lui , ma anche per l'operatore, il volontario o il famigliare che, ripensandoci a freddo, arrivano a provare rabbia verso se stessi per essere stati "falsi"... :(
Ecco, qui il percorso critico dato da una passione per la filosofia ma anche, questo lo aggiungo io, da un'autentica ricerca spirituale personale può aiutare molto per sviluppare questa forma di 'empatia' verso l'altro.





Secondo recenti ricerche le parole adatte possono guarire più di uno psicofarmaco, attraverso la neurogenesi, formazione di nuovi neuroni. Verificabile attraverso recenti strumentazioni. Anche una parola amicale, empatica. Come sai, se non opportune, adatte possono aggravare una situazione.
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Lou il 21 Settembre 2018, 17:17:34 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PM
La tragicità greca

Sileno

Richiesto Sileno
sul meglio perl'uomo
svelò una verità
amara come veleno:
non esistere, non nascere,essere niente
ma il meglio è morire presto

Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento

Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante.
solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità.
Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta.

Può salvare la filosofia?
Se per salvarsi intendi il tentativo di eternizzarsi, no non ritengo la filosofia atta a questo compito, le forze eternizzanti semmai sono l'arte e la religione.
La sapienza tragica che riporti nel detto del Sileno trovo sia emblematica nell'essenza stessa del filosofare: la capacità di guardare in faccia al dolore, la morte e la sua ineluttabilità, senza sottrarsi con autoinganni e favole di salvezze, al più, semmai, una consolazione nell'eroicità di non lasciarsi andare a pessimismi, nella capacità di accettare il carattere costitutivo della esistenza, il tramonto. Nella consapevolezza di una staffetta che ritorna, dopo tre giorni o dopo secoli, nelle mani delle generazioni future che potranno rinnovarla e ripeterla in un ciclo dove sul bordo del l'abisso tragico si tenta e ritenta un equilibrio.
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 21 Settembre 2018, 18:44:11 PM
Citazione di: Lou il 21 Settembre 2018, 17:17:34 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PM
La tragicità greca

Sileno

Richiesto Sileno
sul meglio perl'uomo
svelò una verità
amara come veleno:
non esistere, non nascere,essere niente
ma il meglio è morire presto

Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento

Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante.
solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità.
Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta.

Può salvare la filosofia?
Se per salvarsi intendi il tentativo di eternizzarsi, no non ritengo la filosofia atta a questo compito, le forze eternizzanti semmai sono l'arte e la religione.
La sapienza tragica che riporti nel detto del Sileno trovo sia emblematica nell'essenza stessa del filosofare: la capacità di guardare in faccia al dolore, la morte e la sua ineluttabilità, senza sottrarsi con autoinganni e favole di salvezze, al più, semmai, una consolazione nell'eroicità di non lasciarsi andare a pessimismi, nella capacità di accettare il carattere costitutivo della esistenza, il tramonto. Nella consapevolezza di una staffetta che ritorna, dopo tre giorni o dopo secoli, nelle mani delle generazioni future che potranno rinnovarla e ripeterla in un ciclo dove sul bordo del l'abisso tragico si tenta e ritenta un equilibrio.


Come risulta dal proseguire del dibattito sono stato travisato con il "può salvare la filosofia"? Pensavo bastasse affermare che la  cultura greca accettava l'ineluttabile per autorealizzarsi nel mondo terreno. Così hanno ribattuto che solo Dio può salvare. Poi abbiamo chiarito alcune cose.
 Ispirarsi alla grecita per vincere paure, ansie,ineluttabili eventi esistenziali. Tu hai compreso.
I greci , attraverso il mitico Sileno vedevano la morte precoce come evitamento dei disagi come vecchiaia, malattia, ecc. "Muore giovane chi è caro agli dei "(Menandro).

Saluti
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 24 Settembre 2018, 08:52:40 AM
Citazione di: sileno il 21 Settembre 2018, 18:44:11 PM
Citazione di: Lou il 21 Settembre 2018, 17:17:34 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PMLa tragicità greca Sileno Richiesto Sileno sul meglio perl'uomo svelò una verità amara come veleno: non esistere, non nascere,essere niente ma il meglio è morire presto Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante. solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità. Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta. Può salvare la filosofia?
Se per salvarsi intendi il tentativo di eternizzarsi, no non ritengo la filosofia atta a questo compito, le forze eternizzanti semmai sono l'arte e la religione. La sapienza tragica che riporti nel detto del Sileno trovo sia emblematica nell'essenza stessa del filosofare: la capacità di guardare in faccia al dolore, la morte e la sua ineluttabilità, senza sottrarsi con autoinganni e favole di salvezze, al più, semmai, una consolazione nell'eroicità di non lasciarsi andare a pessimismi, nella capacità di accettare il carattere costitutivo della esistenza, il tramonto. Nella consapevolezza di una staffetta che ritorna, dopo tre giorni o dopo secoli, nelle mani delle generazioni future che potranno rinnovarla e ripeterla in un ciclo dove sul bordo del l'abisso tragico si tenta e ritenta un equilibrio.
Come risulta dal proseguire del dibattito sono stato travisato con il "può salvare la filosofia"? Pensavo bastasse affermare che la cultura greca accettava l'ineluttabile per autorealizzarsi nel mondo terreno. Così hanno ribattuto che solo Dio può salvare. Poi abbiamo chiarito alcune cose. Ispirarsi alla grecita per vincere paure, ansie,ineluttabili eventi esistenziali. Tu hai compreso. I greci , attraverso il mitico Sileno vedevano la morte precoce come evitamento dei disagi come vecchiaia, malattia, ecc. "Muore giovane chi è caro agli dei "(Menandro). Saluti

I greci erano sostanzialmente guerrieri con il mito del coraggio e della forza. Era una società guerriera. La peggior cosa che un guerriero può immaginare è "perdere  la forza" (vecchiaia). Ecco perché la frase "Muore giovane chi è caro agli dei" . Dei che immaginavano come sostenitori dei vari guerrieri e parteggianti ora per l'uno o per l'altro.
Ma se prendiamo, per esempio, la società ebraica del tempo vediamo invece che la fortuna di un uomo era considerata al contrario avere una lunga vita, una folta discendenza e molti capi di bestiame. Questo significava la benevolenza del dio che iniziava ad essere inteso come unico per Israele, anche se non ancora come unico in senso assoluto. Questo perché era una società basata sulla pastorizia.
Nella nostra società attuale è considerata somma "sfiga" morire giovani. La peggior cosa che ci possa capitare. Guardate le folle ai funerali di una persona che muore giovane e viceversa i quattro gatti per una che muore anziana... Morendo giovani non si può godere della vita. Godere nel significato principale di godere di cose materiali e mentali, sostanzialmente "acquistandole". Questo perché viviamo in una società dedita al consumo continuo di "piaceri" e in cui è la ricerca della 'soddisfazione' la molla principale. Se poi, per ottenere questa 'soddisfazione', ci dobbiamo imbottire. per esempio, di ansiolitici (chimici o naturali) per reggere il ritmo che si fa , anno dopo anno, più veloce e frenetico...beh! Questa è un'altra cosa.
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Socrate78 il 24 Settembre 2018, 11:23:44 AM
Forse invece  è davvero meglio morire giovani, perché in quel caso non si sperimenta la dipendenza dagli altri dovuta alla malattia, la fragilità, spesso anche la solitudine, da giovani tutte queste cose non ci sono. Sì, si godrà di piaceri maggiori, ma alla fine sul piatto della bilancia prevale il dolore dovuto al decadimento, alla schiavitù di dipendere da farmaci e persone.
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 24 Settembre 2018, 15:33:35 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2018, 08:52:40 AM
Citazione di: sileno il 21 Settembre 2018, 18:44:11 PM
Citazione di: Lou il 21 Settembre 2018, 17:17:34 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PMLa tragicità greca Sileno Richiesto Sileno sul meglio perl'uomo svelò una verità amara come veleno: non esistere, non nascere,essere niente ma il meglio è morire presto Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante. solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità. Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta. Può salvare la filosofia?
Se per salvarsi intendi il tentativo di eternizzarsi, no non ritengo la filosofia atta a questo compito, le forze eternizzanti semmai sono l'arte e la religione. La sapienza tragica che riporti nel detto del Sileno trovo sia emblematica nell'essenza stessa del filosofare: la capacità di guardare in faccia al dolore, la morte e la sua ineluttabilità, senza sottrarsi con autoinganni e favole di salvezze, al più, semmai, una consolazione nell'eroicità di non lasciarsi andare a pessimismi, nella capacità di accettare il carattere costitutivo della esistenza, il tramonto. Nella consapevolezza di una staffetta che ritorna, dopo tre giorni o dopo secoli, nelle mani delle generazioni future che potranno rinnovarla e ripeterla in un ciclo dove sul bordo del l'abisso tragico si tenta e ritenta un equilibrio.
Come risulta dal proseguire del dibattito sono stato travisato con il "può salvare la filosofia"? Pensavo bastasse affermare che la cultura greca accettava l'ineluttabile per autorealizzarsi nel mondo terreno. Così hanno ribattuto che solo Dio può salvare. Poi abbiamo chiarito alcune cose. Ispirarsi alla grecita per vincere paure, ansie,ineluttabili eventi esistenziali. Tu hai compreso. I greci , attraverso il mitico Sileno vedevano la morte precoce come evitamento dei disagi come vecchiaia, malattia, ecc. "Muore giovane chi è caro agli dei "(Menandro). Saluti

I greci erano sostanzialmente guerrieri con il mito del coraggio e della forza. Era una società guerriera. La peggior cosa che un guerriero può immaginare è "perdere  la forza" (vecchiaia). Ecco perché la frase "Muore giovane chi è caro agli dei" . Dei che immaginavano come sostenitori dei vari guerrieri e parteggianti ora per l'uno o per l'altro.
Ma se prendiamo, per esempio, la società ebraica del tempo vediamo invece che la fortuna di un uomo era considerata al contrario avere una lunga vita, una folta discendenza e molti capi di bestiame. Questo significava la benevolenza del dio che iniziava ad essere inteso come unico per Israele, anche se non ancora come unico in senso assoluto. Questo perché era una società basata sulla pastorizia.
Nella nostra società attuale è considerata somma "sfiga" morire giovani. La peggior cosa che ci possa capitare. Guardate le folle ai funerali di una persona che muore giovane e viceversa i quattro gatti per una che muore anziana... Morendo giovani non si può godere della vita. Godere nel significato principale di godere di cose materiali e mentali, sostanzialmente "acquistandole". Questo perché viviamo in una società dedita al consumo continuo di "piaceri" e in cui è la ricerca della 'soddisfazione' la molla principale. Se poi, per ottenere questa 'soddisfazione', ci dobbiamo imbottire. per esempio, di ansiolitici (chimici o naturali) per reggere il ritmo che si fa , anno dopo anno, più veloce e frenetico...beh! Questa è un'altra cosa.



Quindi meglio morire giovani che perdere, con la vecchiaia la forza che caratterizzava il guerriero caro agli dei.
E' possibile che secondo la concezione ebraica ricchezza e vita lunga testimoniassero la benevolenza di Dio
Gli antichi pensavano  che morire  quando si è nel pieno vigore delle forze è preferibile a un invecchiamento pieno  di acciacchi e dolori e con l'indebolimento che annienta le capacità fisiche. Se la morte era eroica, tanto meglio. Morire in battaglia fu un grande onore anche per i romani, gl'italiani: "chi per la patria muor vissuto è assai ....

Muore giovane chi è caro agli dei è l'epigrafe di Leopardi a "Amore e morte" e senza dubbio rivela la sua visione negativa della vita come dolore e fatia. Vengono risparmiate le malinconie della vechiaia, lo svanire dei sogni,l'avvilimento del vecchio, la perdita di entusiasmo.
Per capire meglio si visiti un ricovero per anziani perlopiù allettati notte e giorno, colpiti dall'Alzheimer, da demenze senili, da malattie altamente invalidanti,ecc. Si mediti sulla loro qualità di vita su una decina e più di farmaci con effetti collaterali, ci s'immagini il loro morale.

Oggi la morte è un evento banale, spettacolarizzato nei funerali con palloncini, canti,fiaccole, battimani. Nell'adolescenza molti giocano con la morte noncuranti, il suicidio è la prima causa di morte tra gli adolescenti,la seconda gl'incidenti stradali,spesso sfide alla morte.

Con gli psicofarmaci ingredienti di cocktali molto nocivi, si sballano, depressi e privi di stimoli.Vogliono non pensare, rilassarsi


Chi evita la vita da giovane ne giova
disse più o meno un poeta di gran nome:

"Puoi essere contento
solo un aquilone vedesti cadere al vento"

saluti
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 24 Settembre 2018, 17:15:18 PM
"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij.

Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive?  :-\
La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 25 Settembre 2018, 12:12:19 PM
quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...

Ovviamente si tratta della lettera al padre del poeta, Monaldo, non all'amico...mi sono accorto dell'errore. Probelmi con la memoria... :(
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Kobayashi il 25 Settembre 2018, 14:01:46 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2018, 17:15:18 PM"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij. Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive? :-\ La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...


Il discorso sta in piedi solo partendo dal presupposto che tutto è bene e quindi l'amore è il tipo di relazione tra soggetto e mondo che consente di coglierne la verità (presupposto metafisico ormai piuttosto logoro...), in caso contrario se si ama, molto più semplicemente, si vive un tipo di esperienza che pur essendo piacevole non può presupporre alcun valore conoscitivo. Anzi, a me pare piuttosto uno dei più profondi (e benedetti) autoinganni...
Dostoesvkij evidentemente in quella frase parlava da cristiano.
E un cristiano sceglie di fare proprio il messaggio evangelico che Dio e il prossimo vanno amati (e conosciuti attraverso l'amore) perché entrambi sono costituiti essenzialmente di amore (il secondo portando con se' l'immagine del primo).
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: sileno il 25 Settembre 2018, 14:27:55 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2018, 17:15:18 PM
"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij.

Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive?  :-\
La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...



Qual'è il tuo senso dell'essere,dopo aver amato la vita ? il mio è poter essere se stessi, secondo proprie incinazioni, esperienze di vita. Il carattere;le prime esperienze in famiglia determinano il nostro senso della vita ,la capacità di amare, non tanto quella di essere comunque amati.. L'essere di  Fromm è superato, oggi è aderire a una società liquida,di desideri indotti, di dipendenze. Sono estraneo al parlare invano diun Essere astrattp. metafisico, idealistico,sia occidentale che orientaleggiantej.Sono a favore di una maturazione psicoaffettiva, il mio scopo non è la salvifica via indotta dalla religione.

Saluti
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 25 Settembre 2018, 14:38:37 PM
Citazione di: Kobayashi il 25 Settembre 2018, 14:01:46 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Settembre 2018, 17:15:18 PM"Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso" diceva Dostoevskij. Morire giovane per evitare la sofferenza, o addirittura auspicare di non esser mai nati, è sostanzialmente un rifiuto di capirne il senso in nome della logica. Ne consegue che più ti è dato di vivere, più ti è dato di approfondire l'amore verso di essa e quindi di afferrarne il senso. Se la vecchiaia porta con sé la malattia, la sofferenza e il dipendere spesso dagli altri non significa che questo ponga un limite alla tua capacità di amare, tutt'altro. Personalmente amo più intensamente la vita ora che non da bambino o adolescente.... Quindi la domanda è questa, per me: è più importante godere di forza, salute e giovinezza o è più importante l'esercizio dell'amore per capire il senso del perchè si vive? :-\ La vita sembra avere più ombre che luci, spesso queste ombre ce lo creiamo da soli o sono create dalla società in cui viviamo. Spesso la vita non ci basta perché vogliamo sempre di più. Vogliamo quello che non ci può dare. Vogliamo che non passi mai, vogliamo non soffrire mai. Se però accettiamo che la vita è "quel tanto, e non di più" e lasciamo andare il nostro attaccamento a tutte le idee preconcette che abbiamo su di essa, possiamo lasciar andare anche questa disperazione, che è solo un altro autoinganno... quel che Leopardi, in fin di vita, nell'ultima lettera indirizzata all'amico Monaldo, dopo avergli rivelato di essersi confessato e comunicato, definisce come "l'assuefazione al piacere fremebondo della disperazione"...
Il discorso sta in piedi solo partendo dal presupposto che tutto è bene e quindi l'amore è il tipo di relazione tra soggetto e mondo che consente di coglierne la verità (presupposto metafisico ormai piuttosto logoro...), in caso contrario se si ama, molto più semplicemente, si vive un tipo di esperienza che pur essendo piacevole non può presupporre alcun valore conoscitivo. Anzi, a me pare piuttosto uno dei più profondi (e benedetti) autoinganni... Dostoesvkij evidentemente in quella frase parlava da cristiano. E un cristiano sceglie di fare proprio il messaggio evangelico che Dio e il prossimo vanno amati (e conosciuti attraverso l'amore) perché entrambi sono costituiti essenzialmente di amore (il secondo portando con se' l'immagine del primo).

Perchè, per te, l'amore è  solamente un'esperienza "piacevole"? Permettimi di dissentire da questa semplicistica affermazione. Chiunque ama sa che questo è solo un aspetto e per di più il termine piacevole, più che all'amore, è preferibile utilizzarlo, a parer mio, per le soddisfazioni sensoriali che generano attaccamento.
Anche nel Cristianesimo, e certamente Dostoevskij partiva dalla sua concezione cristiana dell'esistenza, non "tutto è bene" ma bensì tutto concorre  al bene. Che è un'altra cosa...
Chiaramente se per conoscenza intendi una bella formula verbale, o matematica, ovviamente l'amore non te la può dare. Stiamo semmai parlando di una conoscenza di tipo prajna (trad. visione intuitiva) che investe l'essere nel suo complesso e non la sola ragione. E che non la si può comunicare verbalmente...il linguaggio non è fatto per questo genere di "cose"...anche Yeoshwa stesso lo poteva solo indicare attraverso parabole... :)
Ovviamente la possibilità dell'autoinganno esiste sempre. Fa parte della nostra condizione umana. Per questo bisogna comprendere bene che "non esiste rosa senza spina". Se una cosa non fa un pò male è più probabile che ci si autoinganni, secondo me. E l'amore fa molto male...
Il mio intervento voleva in definitiva mettere un pò in guardia dal pericolo di compiacersi ( e compiangersi) nella disperazione...finendo per attaccarsi al piacere che questa sensazione tragica può dare alla mente. Tutto concorre a solidificare l'io/mio ("Io sono uno che soffre l'ingiustizia della vita"...). Come bisogna osservare i limiti del piacevole, allo stesso modo vanno osservati i limiti dello spiacevole (essendo impermanenti ambedue...). Con equanimità... :)
Sul fatto che lo ritieni un  "presupposto metafisico ormai piuttosto logoro" è notorio che io non vado molto dietro all'ultima "moda" (qual'è? Boh!......) ;D
Namaste
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Sariputra il 25 Settembre 2018, 14:54:26 PM
Qual'è il tuo senso dell'essere,dopo aver amato la vita ? il mio è poter essere se stessi, secondo proprie incinazioni, esperienze di vita. Il carattere;le prime esperienze in famiglia determinano il nostro senso della vita ,la capacità di amare, non tanto quella di essere comunque amati.. L'essere di Fromm è superato, oggi è aderire a una società liquida,di desideri indotti, di dipendenze. Sono estraneo al parlare invano diun Essere astrattp. metafisico, idealistico,sia occidentale che orientaleggiantej.Sono a favore di una maturazione psicoaffettiva, il mio scopo non è la salvifica via indotta dalla religione. Saluti [/quote]

Siccome non penso che esiste qualcosa come un "se stessi" il mio senso non può essere chiaramente rivolto all'edificazione di questo, che ritengo un inganno della mente. Sono anche assolutamente  a favore di una maturazione psicoaffettiva della mente che si manifesti in un atteggiamento di benevolenza verso tutti gli esseri senzienti e particolarmente verso quelli che soffrono di più.
Benevolenza pratica e pure di propensione mentale (non coltivare pensieri d'avversione...). Non aderisco ad una società liquida acriticamente: metto in dubbio e discussione qualunque cosa che tenti la mia bramosìa d'afferrare i piaceri. Non sempre ci riesco, ovviamente ( la coerenza assoluta è un'illusione...). Anche se magari sono "etichettato" per via del nickname che ho scelto per il forum, posso assicurare che il condizionamento suggerito dalla religione é ben misero a confronto con la strada personale che seguo e che mi condiziona, con un gioco di parole ( anche se spesso ci incontriamo lungo il percorso... ;D ).
La vita , a parer mio, rivela il senso quando la smettiamo di cercarne il senso...
Namaste
Titolo: Re:La tragicità greca
Inserito da: Ipazia il 03 Ottobre 2018, 20:59:27 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 19 Settembre 2018, 17:16:11 PM
Citazione di: sileno il 19 Settembre 2018, 14:05:49 PM
Può salvare la filosofia?

No, come Heidegger io dico che "solo un Dio ci può salvare".
La filosofia può aiutare a meglio, diciamo, "inquadrare" questo Dio; a toglierlo dalle prospettive delle
religioni storiche e tradizionali prospettandolo sotto una luce diversa. Ma, no, non può "salvare" essa.
Tutti i grandi filosofi che hanno "saputo e potuto" vivere la mancanza di Dio e il nichilismo fino in
fondo hanno sperimentato tragicamente su se stessi la tragedia più immane. Penso a Nietzsche come a
Leopardi, ma anche un pò a tutto l'Esistenzialismo (tanto per limitarci ai tempi moderni...)
saluti
E in ciò sta il fallimento dell'ateismo e la ripresa alla grande delle illusioni religiose. Incluse le forme più ignobili dell'integralismo religioso. Nietzsche ci è morto, ma chi è venuto dopo di lui ha fatto poco o nulla per fecondare quel terreno che lui aveva arato con tanta sofferenza. L'Esistenzialismo è un deserto dei tartari che è stato colonizzato dall'edonismo consumistico. L'ultimo uomo imperversa.  L'ateismo continua ad essere incapace di rifondare valori umani forti dopo la morte di dio. L'oltreuomo se ne sta ibernato dalle parti di Marte.