A me sembra, Eutidemo, che il punto relativo a questa triste problematica degli attentati, non sia da porsi semplicisticamente e genericamente nei termini del rapporto che l'uomo debba avere con la morte, né in quelli della maggiore o minore sofferenza che questa comporti. Infatti, come giustamente affermava Seneca, siamo liberi in ogni momento di andarcene come meglio crediamo. Invece, la questione centrale da affrontare e risolvere è se sia più o meno giusto e legittimo che qualcuno si arroghi il diritto di togliere deliberatamente la vita ad un altro o addirittura, come nel caso trattato, ad una miriade di esseri umani, vigliaccamente, senza una ragione tangibile e inerente una determinata situazione di effettivo contrasto e/o conflitto dovuto ad interessi personali, infierendo così su degli inermi ed indifesi, anche in tenera età, con la freddezza e la spietatezza propria ad un assassino incallito! Non trovo affatto appropriato, inoltre, il paragone con il vaso che cade dal balcone, per quanto anche una incuria, da parte di quell'imprudente inquilino che non si accerti della sicura sistemazione sul davanzale del suo balcone del vaso che cadendo uccide un uomo, rappresenta un atto colposo che, come tale, viene giustamente punito dalla legge. Ecco, dunque, che la morte, in sé e per sé, rappresenta davvero l'ultimo dei problemi, laddove è il significato del gesto, l'atto impietoso, efferato ed arrogante, oltre che vile, a costituire l'oggetto di una riflessione che voglia davvero cogliere l'essenza di eventi simili a quelli accaduti a Nizza. L'istinto di conservazione dovrebbe qui indurci a riflettere ed a immedesimarci più da vicino sia con le vittime che con i parenti e gli amici di costoro, e questo vale non solo per coloro che vengono colpiti qui, in occidente, nella "civile" Europa, ma anche in Medioriente, in Africa, Asia e dappertutto! Se, in maniera rassegnata e fatalistica, dovessimo rinunciare a mettere in atto qualsiasi strumento di attenuazione, contenimento e difesa, che sia risolutivo, rispetto a tali questioni, coerentemente anche qualsiasi lotta condotta dagli esseri umani per conservare valori, civiltà e, insomma, la vita stessa, come ad es. la ricerca medica o qualsiasi opera ed intervento umani utili a migliorare le condizioni di vita, sarebbero inutili e vane, e tutto precipiterebbe subitaneamente nella barbarie e nell'incuria più devastanti e desolanti! Inoltre l'uso della ragione ed ogni sapere, compresa la filosofia, sarebbero assolutamente inutili, perché ritenuti inadeguati e superflui. Nessuno è immortale, ma non per questo ognuno si precipita senza motivo nel fuoco oppure si affoga in mare! La limitatezza della vita ne acuisce il valore, anziché detrarlo... Il tuo ragionamento, onestamente, ricorda molto più le tesi di Egesia, che non quelle, seppur sofistiche di Eutidemo: i sofisti, anche Gorgia nel suo discorso sul non essere in cui tramite la reductio ad absurdum dimostra che nulla è, erano comunque fedeli alla vita, e persino un Eraclito, il quale affermava che vivere o morire gli era indifferente, interrogato a tal proposito sul perché allora non optasse per la morte, rispose: "...ma perché mi è indifferente, appunto!"