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Messaggi - Phil

#1
Varie / Re: Una strampalata partita a scacchi
07 Novembre 2025, 16:20:45 PM
Questo è il link aggiornato; nel sito, basta muovere i pezzi trascinandoli tenendo premuto il tasto sinistro del mouse e poi copiare l'indirizzo aggiornato nella barra degli indirizzi e incollarlo qui come un qualunque collegamento.
Nel sito c'è anche in basso la funzione screenshot che genera un collegamento all'immagine della situazione.
#2
Citazione di: fabriba il 04 Novembre 2025, 12:37:31 PMLa domanda è semplice: qual'è lo scopo/uso/vantaggio/beneficio di enfatizzare la separazione tra realtà e narrazione fino a renderla un tratto dominante della cultura pop del nostro tempo?
Secondo me lo «scopo/uso/vantaggio/beneficio» è quello di ogni consapevolezza in genere: orientare possibili p(r)assi, non essere una prassi.
- Sul piano epistemologico, significa mantenere aperta la ricerca e l'analisi, facendo in modo che tali prassi siano consapevoli di non essere in un percorso "esclusivista"; ossia: il calcolo del treno funziona (prezioso pragmatismo) nella realtà "comune", ma a quanto pare non si può chiudere definitivamente così tutto il discorso sulla velocità, perché c'è un altro piano (meno comunemente percepibile), quello subatomico, in cui magari servono formule più "raffinate" (in questo, tale consapevolezza è anche antidoto a un monismo riduzionista e ingenuo secondo cui: «spazio/tempo è la vera formula perché funziona con i treni e tutto il resto è falso»)
- sul piano mediatico: hai già citato la post-verità, le fake news e i deep fake sono ormai ben noti, sei stato vittima di impersonificazione a fini di spam da parte di un bot ("lisaas": Spam As A Service?), quindi direi che la rilevanza della discriminazione fra discorso e realtà, in ambito sociologico e dintorni, emerge e si spiega da sé
- sul piano genericamente filosofico, tale consapevolezza, sin dai tempi di Kant (ma ancor prima, dai tempi di Protagora e Gorgia, senza nemmeno scomodare l'Oriente) è monito per le velleità di elucubrazioni troppo "sbadate" o velleitarie.
Una consapevolezza molto più di questo non credo possa fare; il resto, il fare più pragmatico, necessario e quotidiano, spetta alle prassi che possono o meno tenere sulla spalla questo "grillo parlante" della narratività della descrizione.
#3
Varie / Re: Una strampalata partita a scacchi
26 Ottobre 2025, 10:45:43 AM
Per amor di simmetria (e per far continuare la partita a chi è più bravo di me), proporrei alfiere in f5.
A questo link c'è la situazione aggiornata dei pezzi e cliccando su "flip board" si può invertire la prospettiva all'altro giocatore.
#4
Tematiche Filosofiche / Re: Il filosofo che non sono.
23 Ottobre 2025, 14:47:13 PM
Citazione di: iano il 22 Ottobre 2025, 22:40:02 PMCioè voglio dire, io non ho studiato i filosofi propriamente detti, ma nella misura in cui tutti lo siamo, anche quando non lo sappiamo, non ha fatto altro che studiare filosofia, ricercando la filosofia nascosta nei testi non ufficiali, quella più sincera in fondo
Te lo propongo come stimolo (e spesso gli stimoli contengono consigli impliciti): tutti scriviamo, ma siamo davvero tutti scrittori? Direi di no, semmai siamo tutti scriventi. Tutti pensiamo, siamo quindi tutti pensatori? No, siamo tutti pensanti; la differenza fra pensatore e pensante non è a mio avviso da banalizzare.
L'apparente ovvietà della precisazione «Certo, non farei il chirurgo o l'ingegniere con lo stesso spirito» incarna quello spirito tutto moderno che spingerebbe invece i filosofi (antichi e non) a chiederti: «Sei sicuro che per maneggiare gli strumenti filosofici non sia richiesta altrettanta conoscenza specifica di quella per essere ingegneri e chirurghi? Non è che ti stai confondendo con i poeti?».
Così come un fisico sa riconoscere un fisico, (suppongo che) un filosofo sa riconoscere un filosofo e non certo perché si pavoneggia in citazioni di autori minori o cita testi a memoria, ma da come usa gli strumenti del pensiero, ovviamente autori e citazioni non escluse.
Cosa penseresti di chi dicesse «Mi interessa la fisica, a mio modo sono un fisico, ma non studio i fisici e i loro testi, preferisco farla da solo, o al massimo frequentare i forum di fisica per fare due chiacchiere»? Non gli faresti forse notare che, per quanto talentuoso e per quanto fornito sia il suo laboratorio, anche i fisici che scrivono libri possono tornargli utili (se ne facciamo una questione di utilità) e magari hanno già scoperto qualcosa che lui, da solo, potrebbe non scoprire mai?
Con la filosofia è lo stesso; leggere un testo o anche solo un saggio di filosofia è anzitutto un gesto di umiltà: riconoscere che su quell'argomento c'è chi ci ha sbattuto la testa più di noi, ci ha dedicato più tempo e più ricerche (e magari è anche più portato di noi per quel tipo di indagine). Se si legge (o studia) per imparare, e non per fare citazioni, gran parte (magari non tutte) le esperienze dirette con un testo di filosofia risulteranno molto utili (parlo per esperienza); non perché contengano risposte a domande che non abbiamo nemmeno avuto il tempo di fare, ma perché, fra tante pagine, qualche spunto di riflessione lo si trova sempre (anche fosse mera divergenza di vedute, è comunque utile capire le argomentazioni dell'"altra campana").
Ovviamente risulta importante saper scegliere i testi: se mi interessa l'esistenzialismo e mi butto a capofitto su un testo di "logica e filosofia del linguaggio" non è detto che ci sia uno stimolo ad ogni pagina; ma se invece scelgo un testo pertinente, la prossima volta che camminerò al parco, con le mani dietro la schiena, riflettendo sull'esistenza, non sarò solo perché avrò "compagnia in testa" (e, come tutte le uscite in compagnia, affinché diventino un "bel ricordo", bisogna saper trovare il giusto equilibrio fra il lasciar parlare solo gli altri e l'imporsi nel prendere la parola quando invece era meglio tacere).
#5
Citazione di: daniele22 il 20 Ottobre 2025, 18:27:54 PM
Va bene, sono stato cauto[...]
E se lo stato disastroso che io vedo è una semplice opinione, pretenderei allora che si andasse a criticare la mia tesi sulla conoscenza invece che togliere sempre e puntualmente la merce dal piatto
Per me non sei stato cauto, sei stato onesto. Perché nel momento in cui provi a dimostrare che quella non è solo un'opinione, già sai che se anche tutta la popolazione mondiale concordasse all'unisono, resterebbe un'opinione; globalmente accettata all'unanimità, ma pur sempre opinione. Il teorema di Pitagora, non lo è, anche se non fosse unanimemente accettato; perché a differenza delle opinioni, è oggettivo (seppur in quanto interpetazione matematica del mondo, linguaggio umano, etc. non lo ripeto ogni volta per non appesantire o "baroccare" il discorso).
Lo stato attuale è «disastroso» per i tuoi parametri (opinabili, e non lo dico certo per sminuirli) e per criticare la tua tesi basta un solo essere umano, in qualunque angolo del pianeta che dica «secondo me, non è poi così disastroso...»; e posso assicurarti che nel mondo c'è almeno una persona che lo pensa (probabilmente perché non concorda con la tua definizione di «disastroso»), ma non ha alcuna intenzione di dirti che ti sbagli né che lui ha ragione (né di cavillare su quale sia la "miglior" definizione di «disastroso»), proprio perché non è questione di aver oggettivamente ragione o meno, non trattandosi di dimostrazioni che, appellandosi alla loro oggettività, potrebbero tagliare la testa al toro (e allora «che ciascuno si tenga le sue corna, ma senza fare il bue che dice cornuto all'asino», ossia senza pensare che le opinioni siano solo quelle degli altri... almeno fino a oggettiva prova contraria).
#6
Citazione di: daniele22 il 20 Ottobre 2025, 11:59:21 AME se vi è un fine mi sembra evidente che il comportamento collettivo debba essere trattato scientemente; prima, è necessario però determinare che cosa è bene e che cosa è male...........ciò che risolve la questione sarà decidere quale sia il verso (mentale) giusto di una grandezza vettoriale (la società umana); verso, a mio giudizio, fino a oggi sbagliato.
Il comportamento collettivo è «trattato scientemente» dalle scienze umane (e qui é ancora una volta proficuo distinguerle da quelle "dure"), anche dopo che molti, se non tutti, hanno deciso «che cosa è bene e che cosa è male». Nel momento in cui dici che il «verso (mentale) giusto» è a tuo giudizio «fino ad oggi sbagliato», dai la miglior indiretta dimostrazione di come i giudizi etici non siano epistemologici; detto più semplicemente: siano questione di opinioni, non di scienza "dura". Banalizzando: se tu dicessi che il teorema di Pitagora è a tuo giudizio sbagliato, ti si potrebbero proporre dimostrazioni, sia teoriche che pratiche, per spiegarti che oggettivamente è il tuo giudizio ad essere sbagliato; con l'etica ciò semplicemente non è possibile (se teniamo ben distinte le dimostrazioni oggettive dalle argomentazioni soggettive, per quanto solide).
#7
Suggerirei di non "iperestendere" il narcisismo fino a fargli fagocitare anche la ricerca di accettazione gruppale o il riscontro positivo delle proprie azioni. Nel senso: se qualcuno ti mette un "mi piace" e ciò ti fa piacere (ripetizione voluta), questo piacere riflesso non direi sia riflesso (idem) di un tuo narcisismo; così come se ti senti accettato o "utile" (forse è meglio "valido contributore") a un discorso comune, non credo nemmeno questo sia narcisismo.
In questo senso direi che, anche nei discorsi sulla società contemporanea, siano da assolvere dall'accusa frettolosa di narcisismo l'accettazione altrui o il semplice riconoscimento di qualcosa "ben fatto". Così come un atleta che festeggia una medaglia d'oro solitamente non è additato di narcisismo, parimenti un influencer che dichiara di essere orgoglioso di avere un milione di follower (bastano per essere orgogliosi? non so), sta semplicemente parlando di un ottimo risultato che ha ottenuto nel suo "sport". Chiaramente il modo in cui si festeggia tale risultato e la durata dell'eco di tale risultato in ciò che si dice e si fa e altri fattori vari, possono delineare un narcisismo più o meno lampante, ma forse c'è anche il rischio inverso di "fare di ogni soddisfazione un narcisismo".
Non so se il narcisista sia davvero a suo modo un "tossicodipendente da dopamina", anche se c'è sicuramente una componente neurobiologica*, ma dico che potrebbe esserci anche la tentazione (a sua volta da studiare...) di far passare per narcisistica ogni "gocciolina" di sana dopamina che ci meritiamo, usando questa imputazione come reazione spropositata ad una società in cui tutti giudicano tutti, non più perché «il paese è piccolo e la gente mormora», ma oramai perché «la rete è globale e la gente clicca» (su like, share e simili).

*Questo è il link (se lo inserisco direttamente nel testo dà errore per decodifica URL): https://betshy.com/it/2024/01/21/la-neurobiologia-di-un-narcisista-che-svela-la-scienza-dietro-l%27ammirazione-di-s%C3%A9/
#8
Citazione di: Koba-san il 19 Ottobre 2025, 10:06:00 AMi mie tentativi di chiarire il tema hanno suscitato ostilità o derisione (ridurrebbero infatti i termini della questione a macchiette da bar sport)
Per ricordare la complessità del discorso (altrimenti non avrei postato articoli stracolmi di nomi e distinzioni) ho usato un'espressione leggera (scherzosa?), quella dei "tipi da bar", che non voleva deridere nessuno (tantomeno i bar). Avrei potuto scrivere che sia il relativista che il realista di cui parliamo hanno in realtà personalità multiple; il concetto sarebbe stato lo stesso. Se non ci si ferma alla prima riga (perché già alla seconda riga scrivo «usiamo», quindi mi includo in quella che sarebbe un'autoderisione?), nel resto del post cerco di distinguere meglio i due personaggi, con la premura di invitare a non snaturarli (quindi me ne curo), proprio perché mi interessa(va) seguirne le avventure gli sviluppi teoretici.
#9
Ovviamente "il relativista" e "il realista" sono figure da Bar Sport; entrambi gli articoli che ho citato spiegano come si tratti di due orientamenti variegati al loro interno, qui li usiamo per amor di semplificazione, ma consiglierei comunque, pur mantenendo la dicotomia, di non snaturarli troppo.
Citazione di: Koba-san il 18 Ottobre 2025, 11:29:09 AMSe noi siamo sempre dentro al linguaggio, alla cultura, se per noi gli oggetti sono già fin dall'inizio – già a partire dall'esperienza sensoriale – riconosciuti tramite immagini concettuali (che hanno una lunga storia) come possiamo pensare che una nostra costruzione mentale all'improvviso possa varcare questo confine?
Perché ciò che distingue il realista dal relativista è proprio la fede di poter varcare questo confine.
Per quel che so nessuno dei due ambisce a (né ha fede in) "varcare il confine" della propria soggettività per proporre una descrizione perfettamente oggettiva, per avere una costruzione mentale così calzante da sconfinare oltre il suo essere costruzione mentale (l'articolo insiste molto su questo, perfezionare il "costruito mimetico" non è attingere l'originale; originale che, potremmo aggiungere, non è nemmeno reale "in sé" perché già la sua stessa individuazione è una costruzione, ma non complichiamo troppo). Tu stesso sottolinei tale assenza di "fede nel varco" parlando del realista: «Anche se ammette l'impossibilità di dar conto dell'oggetto in sé, anche se ammette che non può conoscere l'albero se non attraverso concetti» e «la rappresentazione sia quindi in grado, per quanto in modo incompleto, di ricostruire la struttura reale dell'oggetto».
Chi è quindi che avrebbe fede di "varcare il confine della costruzione mentale soggettiva"? Rispetto a questa fede sia il relativista che il realista sono atei (e il pragmatista è agnostico); solo il mistico, come nello schema di Gnoli (in cui «realtà» è scritta, non a caso, fra parentesi...), potrebbe forse nutrire tale fede, ma siamo in "fuorigioco" rispetto dall'ambito epistemico.
Citazione di: Koba-san il 18 Ottobre 2025, 16:36:02 PMrelativista [...] che deve liberarsi definitivamente dell'idea di conoscenza come rispecchiamento dell'oggetto.
Questa idea del rispecchiamento non è propria del relativista; non farti fuorviare dal titolo del noto testo di Rorty, che fra l'altro non è certo un "relativista esemplare".

Citazione di: iano il 18 Ottobre 2025, 12:26:44 PMal relativista rimane di dar conto del perchè la realtà continui ad apparirgli nella sua evidenza.
Gli appare come evidenza perché prima di essere relativista è uomo (come altro potrebbe mai apparirgli?), quindi ha dei sensi che trasmettono delle evidenze alla sua mente; è l'elaborazione di tali evidenze a renderlo relativista e a distinguerlo dal realista (sempre semplificando tutto in dicotomia forzata, per mantenere almeno un minimo di rigore superficiale).
Citazione di: iano il 18 Ottobre 2025, 12:26:44 PMAl relativista per lo più resta ancora da capire che non c'è nulla da capire, nella misura in cui  lega  ancora la comprensione all'evidenza
Il relativista non «lega la comprensione all'evidenza» più di quanto lo facciano gli altri pensatori, anzi, in realtà il suo è fra tutti il legame più debole con l'evidenza (il già citato "mito del dato" non fa parte della mitologia relativista, ma di altre).
Sul "restare da capire", il relativista, proprio in quanto tale, è quello che di fatto più ha da capire degli altri, perché può cimentarsi nel capire le differenti prospettive, senza il giogo di doverne salvare solo una (quella "giusta") né tantomeno trovare una verità assoluta, ma valutando per ogni paradigma la sua funzionalità, relativamente al rispettivo ambito e ai suoi "utenti" (senza per questo scadere nel «everything goes» di Feyerabend ricordato nell'articolo o nello stereotipato e parodistico «tutto è relativo»). Chiaramente, questo "molto da capire" va poi contestualizzato anche nelle prassi sociali e individuali, ma anche in ambito di filosofia della scienza può essere fertile terreno di critica, giacché capire qualcosa è il primo passo per criticarlo dall'interno e con cognizione di causa.
#10
Metto un (bel) po' di altra "carne fresca" (contemporanea) al fuoco con questo articolo (non temete, stavolta è in italiano).
#11
Citazione di: daniele22 il 14 Ottobre 2025, 16:22:40 PMÈ poi singolare come Phil non abbia risposto al mio post 91 sul tema filosofico dedicato alla gaia scienza
Non ho considerazioni particolari da fare su quel post; se c'era una domanda implicita, onestamente non l'ho colta.
Citazione di: daniele22 il 14 Ottobre 2025, 16:22:40 PMriproporre il refrain che l'etica non possa considerarsi una scienza. Non prendo nemmeno in considerazione il distinguo tra duro e morbido, dato che una scienza è scienza e basta, e le sue determinazioni sono vincolate evidentemente al campo di studio
Il refrain (repetita iuvant?) serve a ricordare che ci sono scienze in cui l'analisi è questione di confronto dialettico (come suggerisci), altre in cui è questione anzitutto di confronto con i feedback della realtà. O se preferisci: è la differenza fra cosa è giusto fare e cosa si può fare, fra approntare un'etica che orienti il conflitto fra forze sociali e approntare un'equazione che descriva un rapporto fra forze applicate ad un corpo in uno spazio, etc. Se viene meno questa discriminazione, si rischia di pensare appunto che l'etica possa anche essere epistemologicamente confusa con altre discipline delle scienze dure e ritrovarsi così a fronteggiare la domanda «come fondiamo epistemologicamente un'etica?», senza aver prima risposto alla domanda "fenomenologica" «è possibile fondare un'etica in modo epistemologico?» (domanda la cui risposta si trova, corroborata da studi di settore, nelle scienze umane citate, come l'antropologia, la sociologia, etc.).
#12
Direi che sono molti gli eventi, non necessariamente relazionali (come l'innamoramento, giustamente citato), che possono consentirci di «cambiare il nostro giudizio sulla realtà nel mondo delle relazioni umane». Quando un fatto di cronaca riguarda prima uno sconosciuto, ma poi si ripete per una persona a noi cara, possiamo prendere atto di un cambiamento soverchiante, istintivo, inconscio, etc. del nostro metro di giudizio per quel tipo di vicenda. Così come, relazione con l'altro a parte, il modo in cui giudichiamo una malattia (e i diritti, doveri, discorsi, etc. connessi) può cambiare drasticamente nel momento in cui quella malattia riguarda noi.
L'evento singolo è l'occasione di mutamento, qualche volta persino di stravolgimento (di «salto paradigmatico», diceva qualkhuno), dei nostri parametri di giudizio; e questo mutamento può persino eludere la nostra anticipazione/previsione (sarà capitato di dire «se ciò accadesse a me, io reagirei così...», poi quell'evento capita e non reagiamo esattamente «così»).
#13
Come ulteriore contributo, segnalo questo schema (terza pagina), tratto da un saggio di S. Haack, in cui vengono declinati le differenti "combinazioni" di relativismo. Ad esempio, i valori morali possono essere relativi a: linguaggio, schema concettuale, teoria, paradigma scientifico, versione-descrizione, cultura, comunità e individuo.
La combinazione valore morale / paradigma scientifico, a detta dall'autrice, non rappresenta una reale possibilità, la definisce un "non-starter" (inizio pagina successiva allo schema).
#14
Citazione di: Koba-san il 13 Ottobre 2025, 17:21:03 PMProspettiva A: far lavorare i bambini è sempre sbagliato.
Prospettiva B: non sempre il lavoro dei bambini è sbagliato, dipende da certe condizioni.
Ora, sono sicuro che 100 utenti su 100 voterebbero A.
Spero di non passare per "guastatore": 99 su 100. Se devo essere onesto voterei B, perché in alcuni contesti attuali (non in Occidente) o storici (anche in Occidente, Koba-san docet) il lavoro dei bambini ha (avuto) un suo senso contestuale (e andrebbe poi chiarito quali sarebbero queste condizioni di lavoro, quali lavori, a quale età, etc.).
Giusto/sbagliato è invece questione di etica e l'etica, fino a prova contraria (v. antropologia e tutte le scienze umane che si occupano di etica), non è questione né di realismo né di oggettività, anche se ci piacerebbe poterla trattare come una hard science in modo da poter sperare di mettere tutti d'accordo (nobile intento), facendo appello ad una oggettività epistemologica e "monistica" (forma mentis ereditata dalla metafisica, il cui imprinting sulla concezione dell'etica fa ancora parte del DNA culturale più diffuso).
E visto che sono in fase di "outing": la prospettiva di Nagel, per come è stata sintetizzata (non l'ho letto), a mio avviso confonde oggettività con mondanità: accatastando strati di interpretazioni consapevoli ci si allontana dall'oggettività, la si ricopre di operazioni soggettive (attribuzione di senso, parametrizzazione, etc.). Si rischia quindi di confondere la (postulata) oggettività della realtà con l'oggettività della sua deformazione da parte del soggetto (detto altrimenti: se guardo le lenti, magari per vedere quanto sono sporche, perdo di vista l'altro oggetto che vorrei guardare, con o senza lenti; guardare sia le lenti che l'oggetto che vorrei guardare, richiede uno "strabismo" non so quanto praticabile, ma comunque complicazione rispetto al guardare l'oggetto direttamente, dando per scontato che inevitabilmente lo guarderei tramite il medium della vista: occhi, mente, etc. v. prospettivismo).
#15
Citazione di: Koba-san il 13 Ottobre 2025, 17:55:06 PMProprio il fatto che tu abbia sentito la necessità di dire "non mi riferisco a nessuno in particolare" significa ovviamente che ti riferivi a qualcuno, a qualcuno in particolare: cioè a me, avendo io rigettato i tuoi contributi nel topic sulla gaia scienza...
In realtà ho precisato di non riferirmi a nessuno perché temevo che Enrico73, che ha aperto il topic per elogiare il domandare, con un primo post fatto solo di domande, si sentisse criticato o associato a domande "infelici"; oppure semplicemente si pensasse che mi riferivo a lui (che non mi sembra più attivo nel forum, ma volevo comunque precisare che non intendevo criticare né lui né lo "spirito" del suo topic, che ora è "ripartito").
Per quanto riguarda il tuo aver "bocciato" le mie risposte alle tue domande o aver risposto con poco entusiasmo alle mie domande, fa parte della dialettica domanda/risposta; se io ci "rimanessi male", significherebbe che non ho capito nulla di come funziona un dialogo (e quindi avrei molte domande da fare a me stesso...). Inoltre, a mio avviso, in quel topic né le mie né le tue erano domande "masochistiche", anzi, proprio il rigettare una risposta che non convince è indice di aver interesse per una buona risposta.
Sembrerà banale, ma con «non mi riferisco a nessuno in particolare» intendevo: non mi riferisco a nessuno in particolare. Comunque è bene aver chiarito sia che non era una frecciatina a te sia che se qualcuno respinge una mia risposta non ci "rimango male", al massimo passo in modalità "sola lettura" se non ho più nulla da aggiungere.