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Messaggi - SamuelSilver

#1
Per Everlost,
scrivi: "avresti le tue buone ragioni se qualcuno avesse cercato una dimostrazione filosofica dell'esistenza del l.a. usando un simile sillogismo farlocco. Ma il punto è che nessuno l'ha fatto! Ci si è limitati a indicare un problema di ordine etico prima che giudiziario, derivante (secondo alcuni di noi) dalla mancanza di fede nel libero arbitrio."
Innanzitutto ho già chiarito in altri commenti la parte della disonestà, tuttavia hai perfettamente ragione. Se le cose stanno come dici tu, ho ovviamente sbagliato a dire quello che ho detto. Ciò che mi ha spinto a dirlo è stato il primo intervento di Jacopus a riguardo e altri interventi simili, in cui il tono è quello di una critica all'assenza di l.a. fatta attraverso l'elenco di tutto ciò che ne deriverebbe, senza dire altro. Ma probabilmente ho frainteso fin dall'inizio, l'importante è che siamo tutti d'accordo che il tema giudiziario non c'entra con il tema dell'esistenza del l.a. (e Davitro, qui sopra, ha spiegato anche meglio di me il perchè di questo). E' un peccato che le prime reazioni alla mia accusa al tema giudiziario non siano state da subito identiche alla tua, il che avrebbe provato che era effettivamente palese per tutti che nessuno stesse cercando di usare un "simile sillogismo farlocco" (ossia l'argomento giuridico per provare l'esistenza del l.a.).

Per Sgiombo:
Scrivi: "MI sembra evidente (e genialmente rilevato da Hume); ma chi afferma (e non: chi nega!) l' indeterminismo (per lo meno un indeterminismo relativo, limitato, "debole", ovvero probabilistico-statistico) non può -per definizione; di "conoscenza scientifica"- coerentemente, non contraddittoriamente credere nella verità della conoscenza scientifica stessa (se lo fa, inevtabilmente cade in contraddizione"
Hai perfettamente riassunto tutto il mio discorso, grazie di questo intervento.
#2
Per Bobmax,
grazie del supporto, che apprezzo molto. Leggendo i tuoi ultimi commenti credo di aver inizialmente non compreso del tutto bene cosa intendevi quando hai detto che il caso è l'alternativa alla legge causa-effetto, ma ora dovrei essere più sul pezzo.

Per Jacopus,
in risposta alla tua prima frase:
"Mi rendo conto che ho probabilmente esagerato ad etichettare come intellettualmente poco onesto il tirare in ballo l'aspetto giudiziario nel discorso sul l.a., considerando il fatto che sarebbe proprio l'aspetto giudiziario il primo e più rilevante ambito in cui l'eventuale assenza di l.a. potrebbe provocare conseguenze. "

"volevo solo non si pensasse che stessi insinuando che chi usa l'argomento giudiziario sia volontariamente disonesto, per questo mi sono moderato"
cit.: me stesso

Jacopus: "il discorso sull'utilità come principio logico per spiegare l'assenza di indeterminatezza, a sua volta esposto come garanzia di scientificita' è di un bizantinismo geniale, oltre ad essere ovviamente falso."
Ho già detto a Kobayashi che il mio non è un discorso scientifico.

Il mio problema con l'indeterminismo è: se non c'è una causa, perchè un certo evento avviene? Com'è possibile che una particella faccia qualcosa se non c'è niente che la spinge a farlo? Per me è inconcepibile una situazione in cui una particella si muova da qui a lì senza che ci sia niente a spingerla, ed è inconcepibile perchè sono un umano con una visione limitata delle cose e qui ci si riallaccia al discorso sull'utilità.

Ma non mi aspetto una risposta e volendo chiudo qui anch'io.
#3
Il mio risultato non lo considero scientifico e neppure soggetto a confutazioni empiriche: lo considero la conclusione di un argomento logico che a me pare deduttivo (ciò significa che chiunque dovrebbe trovare la mia stessa risposta se considera vere le premesse). Tuttavia, sono disposto a rimangiarmi tutto se mi si mostrasse in modo convincente che, o sbaglio nel ritenerlo deduttivo, o è strutturato male come argomento e non è quindi applicabile alla realtà.

Il fatto che sia paradossale sul piano dell'esperienza non è rilevante, di solito in questi casi la risposta è: anche il fatto che la terra giri intorno al sole è paradossale sul piano dell'esperienza, così come il fatto che la terra sia sferica invece che piatta. Per non parlare poi di leggi fisiche derivanti dalla teoria della relatività e dalla meccanica quantistica. Mentre in molti casi l'esperienza è comunque utile, qui farebbe più danni che altro.

Quindi si, come ha ben descritto tu, intendo spingermi "fino all'adesione di una filosofia pratica anche paradossale sul piano dell'esperienza ma necessaria dal punto di vista logico"

Cartesio dice: "Dio è buono, di certo non ci sta facendo vivere in un mondo di menzogne, quindi io e il mondo esistiamo", ma la cosa può tranquillamente essere sostituita con la considerazione che credere di vivere in un mondo di menzogne, in cui tutto ciò che è al di fuori di noi non esiste, è semplicemente inutile, quindi, perchè crederci? Tanto non sapremo mai la realtà a riguardo, quindi, scomodare le divinità non è affatto necessario per la razionalità.
#4
Perdonate la mia lungaggine ma non sono bravo a sintetizzare i miei ragionamenti.

Per Ipazia,
spero di aver capito cosa intendi, tuttavia ci terrei a fare delle precisazioni.
Innanzitutto dal mio punto di vista, chi afferma l'esistenza di Dio parte già in svantaggio poichè deve per forza sostenere anche il dualismo ontologico, che trovo insostenibile (se n'è già parlato molto nel mio thread "Perchè il materialismo basta"). Quindi, affermare l'esistenza di Dio non ha lo stesso valore dell'affermare l'esistenza di una catena causa-effetto continua, la quale non richiede il sostegno del dualismo, possedendo quindi meno incongruenze logiche.

Se il problema è che non riusciamo a concepire come una catena del genere possa essere iniziata, direi che la cosa non ci riguarda e non ci riguarderà mai poichè va oltre le nostre attuali capacità di comprensione. Potresti ora dire che mettendo così le cose la faccio troppo facile perchè ognuno a questo punto può inventarsi quello che vuole, quindi provo brevemente a spiegare perchè invece non è così.

Quando sappiamo che a qualcosa non si può dare risposta, l'unico criterio che possiamo usare per decidere come sono fatte le cose è l'utilità (e ci tengo a sottolineare che questo vale sono per i casi in cui sappiamo che una risposta non ci potrà essere). In questo caso, credere che, in qualche modo totalmente inconcepibile per noi esseri umani non sia mai esistito qualcosa di indeterministico è più utile del credere che, in qualche modo totalmente inconcepibile per noi esseri umani sia invece esistito qualcosa di indeterministico. Questo perchè il primo caso ci autorizza utilizzare il principio di causa-effetto senza alcun limite, il che è essenziale se si vuole comprendere il mondo; mentre il secondo caso implica che questo principio ha dei limiti, il che solleverebbe il problema del dove porre questi limiti e del se siamo o meno autorizzati a spiegare le cose in termini di causa-effetto. Metterebbe quindi in dubbio tutta la nostra comprensione del mondo su cui si basa scienza e tecnologia, e tutto questo solo perchè abbiamo scelto un'assunzione piuttosto che un'altra.

Tuttavia io stesso non sono molto fiero di questo argomento, anche se è il migliore che mi è venuto in mente in questo ambito, ma se ne hai uno ancora migliore ti ascolto.

Per quanto riguarda le prove empiriche di cui parli, dal mio punto di vista invece esse hanno man mano sempre più smentito l'esistenza del libero arbitrio e provato l'identità della persona con il suo corpo biologico (ancora non definitamente ovviamente), tant'è che in passato quasi nessuno si sarebbe mai sognato di mettere in dubbio l'esistenza del l.a., mentre ora si mette in dubbio continuamente (prova ne è questo thread). 

Per Bobmax,
volevo solo non si pensasse che stessi insinuando che chi usa l'argomento giudiziario sia volontariamente disonesto, per questo mi sono moderato, ma sono d'accordo con te ovviamente.
#5
Per Ipazia,
grazie per la risposta. Mi rendo conto che ho probabilmente esagerato ad etichettare come intellettualmente poco onesto il tirare in ballo l'aspetto giudiziario nel discorso sul l.a., considerando il fatto che sarebbe proprio l'aspetto giudiziario il primo e più rilevante ambito in cui l'eventuale assenza di l.a. potrebbe provocare conseguenze. 
Tuttavia, a parte il tono forte da me usato, continuo a credere che le possibili ripercussioni sulla società di un qualsiasi costrutto non debbano essere tenute in considerazione quando si ragiona sulla veridicità di quel costrutto, altrimenti produrremmo una conoscenza che dipende da quanto essa è comoda al mondo. 

Il principio di causa-effetto c'entra (questa volta direi come un panino a merenda) quando si parla di volontà criminale proprio perchè si sta parlando di volontà, che è la negazione di tale principio. Se invece il discorso è che, per comodità, normalmente non si fanno grossi ragionamenti sul l.a. ogni volta che si è in un tribunale, la cosa è diversa: infatti si parla di comodità che non implica credere veramente alle assunzioni che si fanno per rendere agibile una certa decisione.

Purtroppo non ho ben capito la tua ultima frase, ma spero di aver capito almeno il resto.
#6
Per Bobmax,
grazie della risposta e (cosa che avrei dovuto dire nel precedente post) grazie per aver finalmente messo in luce il palese collegamento tra libero arbitrio, legge causa-effetto e causalità.

Chiedo scusa per la lunghezza del mio post, ma ogni volta che scrivo mi vengono in mente sempre più specificazioni da fare per evitare fraintendimenti.

Dal mio punto di vista, io sono una macchina biologica così come gli altri e così come tutti gli esseri viventi della terra. Il motivo per cui anche in questo caso il comportamento etico è obbligatorio è che, senza di quello, la convivenza è impossibile per qualunque macchina biologica. Quindi, più che altro, alla base dell'etica c'è una necessità pratica. 
Ma anch'io mi fermo qui.
#7
Concordo in generale con Bobmax, anche secondo me il libero arbitrio non esiste, ma, sempre secondo me, neanche il caso esiste.

Innanzitutto vorrei velocemente affrontare il tema giudiziario. Concordo con le idee di Viator e Davintro a riguardo: bisogna capire che il fine ultimo delle pene è ridurre la probabilità che quel criminale commetta un nuovo crimine e quindi proteggere la società, anche attraverso la punizione, non ci interessa la vendetta. Il concetto di responsabilità non è affatto essenziale in questi casi perchè ci sono altri fattori di cui tenere conto come, appunto, la domanda: "quanto è probabile che quell'individuo commetta un nuovo crimine se lo si lascia libero?" oppure "quanto è probabile che gli individui in genere commettano più crimini se sanno che tanto in prigione non ci vanno?" Ma anche non considerando questi aspetti che immagino verranno comunque criticati, non vedo come il fatto giuridico debba entrare nel discorso del libero arbitrio: dire che senza il libero arbitrio un sacco di crimini sarebbero autorizzati e quindi che il l.a. non esiste, è come dire "se le cose stessero così, il mondo diventerebbe un pessimo posto in cui vivere, quindi le cose necessariamente non stanno così". Questo argomento si basa sul fatto che se una cosa fosse vera la società diventerebbe invivibile, quindi quella cosa non può assolutamente essere vera, a dispetto di qualsiasi argomentazione logica del contrario. Per questo non terrei affatto in considerazione l'aspetto giudiziario in questo dibattito, in quanto intellettualmente poco onesto. 

Parlando invece dell'affidabilità della logica, che è stata etichettata come "ingannevole", devo presumere che qualsiasi tipo di argomento razionale sia anch'esso ingannevole in quanto si basa sulla logica. Bene, io so benissimo che il nostro sistema logico potrebbe essere un'ammasso di illusioni su illusioni (così come il nostro sistema percettivo, così come il nostro sistema di rappresentazioni mentali), il punto è, che alternativa c'è? La rivelazione divina? La logica è l'unico strumento illusorio che abbiamo per dare un senso al nostro  mondo illusorio, così da poter vivere una vita illusoria migliore e conoscere sempre più cose illusorie; a cos'altro possiamo aspirare d'altronde? Abbiamo un mondo che non sappiamo quanto sia vero e quanto sia frutto di illusioni, l'unica cosa sensata da fare e capire almeno le nostre illusioni per vivere un po' meglio. 

Attenzione: a questo punto mi si potrebbe dire: Ah! Ma allora perchè non usi lo stesso ragionamento con il l.a.? Si potrebbe benissimo dire che il l.a. sia l'unico strumento che abbiamo per far funzionare la società e che, dato che non se ne può provare l'inesistenza o l'esistenza, tanto vale assumerlo come vero punto e basta.

E invece no, perchè, come ho detto sopra, si possono usare altri criteri per far funzionare la società e, inoltre, a parer mio è possibile provare l'inesistenza del l.a. a livello logico. Ed ecco che ora parlo di caso e causa-effetto.

Il discorso riguardante la legge causa-effetto è praticamente uguale a quello per la logica: questa legge è l'unica che ci permette di capire il mondo che percepiamo, non ce ne sono altre umanamente concepibili che io sappia. Potrebbe benissimo essere un'illusione, ma non c'è alternativa e, se si butta via, si devono buttare via tutti i progressi tecnologici e scientifici fatti finora, se non gran parte della nostra capacità di vivere. 
Ora, il mio punto è che, innanzitutto, l'esistenza del caso è incompatibile con questa legge: una cosa che succede per caso è una cosa imprevista (lo dice la definizione), quindi senza motivo, quindi senza una causa. Se avesse una causa, infatti, non sarebbe casuale poichè sarebbe prevedibile in linea teorica. Tuttavia la legge causa-effetto non permette l'esistenza di effetti senza cause, quindi, se vogliamo accettare questa legge (e sopra ho spiegato perchè è obbligatorio accettarla), dobbiamo concludere che "il caso non esiste". Dunque, dal mio punto di vista il caos non è l'alternativa alla legge causa-effetto, ma ne è la negazione.

Argomento fisica quantistica in arrivo: si lo so, nella fisica quantistica parlano di probabilità e accettano l'esistenza del caso ecc., ma nessun fisico potrà mai provare che quando vede una cosa verificarsi per caso, in realtà stia semplicemente oscurando (magari per impossibilità tecniche) le vere cause sottostanti. Si potrà sempre, in ogni caso, dire " non è casuale, è solo che non vedi la causa", è logicamente impossible smentire questa affermazione.

Ed ecco l'argomento Karl Popper, l'elefante nella stanza: innanzitutto ci tengo a dire che la teoria falsificazionista non è affatto priva di errori, è stata ragionevolmente criticata, e anche con successo, da svariati filosofi della scienza, quindi non ha tutta l'autorità che sembra avere (anche se la ritengo una delle migliori mai ideate). Detto ciò, qui non si tratta di avere una teoria che, in quanto non falsificabile, non è degna di essere supportata, ma di avere la conclusione di un argomento logico deduttivo che, se si considerano vere le premesse, deve essere anch'essa vera per forza. Le premesse sono che la legge causa-effetto esiste (e sopra ho spiegato perchè dobbiamo considerare questa premessa vera) e che uno scienziato ha scoperto un fenomeno "casuale". Se il punto è capire cosa si intende con "casuale", ne deriva, per forza, che il termine casuale ha senso solo se significa "di cui non si conoscono le cause, ma che di cause ne ha eccome". 

Il discorso del l.a. è del tutto identico a quello del caso: non può esistere qualcosa che non ha una precedente causa, e il l.a. afferma che le nostre decisioni saltano fuori dal nulla, o meglio, dalla nostra "volontà". Ma cos'è la nostra volontà se non un altro modo per dire che le nostre decisioni non sono state prese dalla nostra biologia, ma da "qualcuno" (che sarebbe il nostro Io) che ha la possbilità di ignorare le e non essere influenzato da cause precedenti? Che ha la possbilità di rompere la catena di cause ed effetti verificatasi fino a quel momento per poter eseguire un libero atto di volontà? Questo è in contrasto con la legge causa-effetto, quindi il l.a. non esiste. L'unico mondo un cui il l.a. ha senso è quello spirituale dualista, a cui io non credo per gli stessi motivi "logici" per cui non credo al l.a.
#8
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
28 Settembre 2018, 08:53:29 AM
Per Carlo Pierini
Credo di capire la tua obiezione, tuttavia dal mio punto di vista il problema non è tanto il fatto che il noumeno è inconoscibile, ma che, anche se lo conoscessimo, non sapremmo di avere a che fare con esso. Non piace molto neanche a me il termine "noumeno", io parlerei del tessuto che forma la realtà. Ma come facciamo a sapere se i nostri cinque sensi e i nostri ragionamenti sono sufficienti per cogliere questo tessuto o se invece rimane al di fuori della nostra portata? Secondo me non si può, per cui direi di non porsi il problema. Infatti, il monismo in cui io credo, è compatibile sia con l'eventualità in cui la realtà è colta in tutto e per tutto da noi, sia con l'eventualità in cui rimane al di fuori delle nostre concezioni. Non mi sembra di aver mai parlato di noumeno se non quando converso con Sgiombo, e anche in quei casi non credo di aver mai tirato in ballo la sua inconoscibilità se non per seguire i suoi ragionamenti. Se può confondere il fatto che ho scritto "Non so come è fatto" nel commento scorso, ti chiederei di sostituirlo con un più neutro "Credo di non sapere come è fatto".
#9
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
27 Settembre 2018, 22:52:51 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Settembre 2018, 16:18:55 PM
Citazione di: SamuelSilver il 27 Settembre 2018, 13:12:49 PMQuindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni.

CARLO
Anche tu parli del noumeno come se fosse qualcosa. Hai la minima idea di cosa sia?
In che senso? Non so come è fatto ma concettualmente è la vera realtà delle cose, ciò che esiste, bisogna aggiungere altro? Premetto che non ne so molto di Kant quindi ho saltato le parti in cui tu e Sgiombo parlavate delle varie accezioni del noumeno, per cui forse ho detto cose già dette e contestate. Se poi si vuole parlare della vaghezza dei termini filosofici (e talvolta anche scientifici) in generale, ci sarebbero libri da scrivere a riguardo, ma questo è una altro discorso.
#10
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
27 Settembre 2018, 13:12:49 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Settembre 2018, 09:58:43 AM
Dissento decisamente circa i rapporti fra scienza (scienze in senso stretto, "naturali") e filosofia.
Quest' ultima é per me é (fra l' altro, anche: in questa sede tralascio ontologia, etica, estetica e forse qualcosaltro che al momento non mi sovviene) critica razionalistica delle conoscenze tutte (gnoseologia), compresa la conoscenza scientifica (valutazione dei limiti, delle condizioni, del significato della conoscenza; anche scientifica: epistemologia). E dunque é assurdo cercare risposte più definitive, anche riguardo a teorie filosofiche, rivolgendosi alla scienza.
E' invece la filosofia che cerca risposte, non saprei dire quanto definitive e in che senso, circa le questioni di che cosa é la scienza, se, in che senso, a quali condizioni, entro quali limiti la scienza sia possibile da ricercarsi e sia vera.
Fra le risposte (filosofiche) che personalmente ho trovato a queste questioni (e che qui e ora non sto ad argomentare) vi é il fatto che la conoscenza scientifica é possibile unicamente di ciò che é (constatabile essere) misurabile e (postulabile, ma non dimostrabile né constatabile, essere) intersoggettivo (la materia); che non esaurisce la realtà in toto, della quale fa parte infatti anche ciò che non é misurabile né intersoggettivo (il pensiero).
E che della materia la scienza costituisca l' unico (non solo il più affidabile) tipo di conoscenza della caratteristiche generali astratte universali e costanti del suo proprio divenire ordinato; e questo malgrado necessiti di alcune conditiones sine qua non le quali non sono dimostrabili né empiricamente rilevabili, ma solo credibili infondatamente, irrazionalmente, letteralmente "per fede", quali lo stesso divenire ordinato e la stessa intersoggettività della materia (come ci ha insegnato il grandissimo -per me "sommo"- filosofi (David Hume).
(Nota che disporre di questa consapevolezza dei limiti della razionalità scientifica significa non già essere meno razionalisti, ma invece essere razionalisti più conseguenti che ignorarli, coltivando "pie illusioni" infondate in proposito).


Secondo me le "scienze umane" compresa la psicologia, sono ben altro genere di conoscenza rispetto alle "scienze naturali", cioè alla scienza in senso stretto o "forte" perché il loro ambito di indagine é fortemente caratterizzato (e comunque comprende come fattore non trascurabile in alcun modo) la realtà mentale o di pensiero non misurabile, né postulabile essere intersoggettiva.


Secondo il mio modesto parere, anche in questo intervento circa il problema monismo/dualismo, come in altri tuoi e come fanno anche altri ottimi frequentatori del forum (in particolare Apeiron, che mi piacerebbe moltissimo intervenisse anche in questa discussone), tendi a confondere "mente" ovvero "pensiero" (sostanzialmente la cartesiana "res cogitans") con "coscienza", la quale li comprende entrambi.
Tanto la materia quanto la mente sono ("contenuti di") coscienza, "dati" fenomenici, (insiemi-successioni di) sensazioni, reali unicamente se e quando accadono ("sono in atto") in quanto tali: "esse est percipi" (Berkeley e soprattutto Hume).
Dunque per me abbiamo costantemente prova non della mente (o "non materia"; termine che non mi piace perché sembra indebitamente suggerire "a là Phil", una qualche forma di "primogenitura ontologica", una maggiore o maggiormente certa realtà, della materia sul pensiero), ma invece dei fenomeni, tanto materiali quanto mentali (del tutto parimenti costituenti il "campo ontologico" dei fenomeni, quello immediatamente constatabile, ciò che più sicuramente conosciamo, del quale meno possiamo dubitare che di qualsiasi altra "cosa").
Non c' é (indubitabilmente)<<un mondo in cui esiste la materia, ma dato che c'è un caso in cui la materia sembra comportarsi in modo diverso dal solito (ossia nella "mente"), si attribuisce erroneamente a questo diverso comportamento una natura ontologica indipendente categorizzandolo artificiosamente come "mente non-materiale">>; ma invece c' é (indubitabilmente) un mondo in cui esistono (insiemi - successioni immediatamente constatabile di ) sensazioni fenomeniche, delle quali le une sono materiali, le altre mentali, e né le une spiegano le altre, né le altre spiegano le une (é invece il concetto di "noumeno" che a mio parere consente di spiegare le une e le altre).


Dunque secondo me in realtà c' é un dualismo (materia - pensiero) dei fenomeni e un monismo ("neutro": né materiale, né mentale) del noumeno.
E la questione non é quale preteso monismo (cioè quale dei due ordini) dei fenomeni possa meglio spiegare l' altro: essi si spiegano reciprocamente l' un l' altro e sono complessivamente spiegati entrambi dal monismo neutro del noumeno.


Se per "sostanza" (termine alquanto "veterofilosofico", secondo me alquanto oscuro) intendiamo ciò che é oggettivamente reale (anche indipendentemente dall' accadere delle soggettive esperienze fenomeniche: meramente soggettive nel caso delle loro componenti mentali, intersoggettive nel caso di quelle materiali, ma comunque in entrambi i casi del tutto parimenti soggettive "in generale"), allora concordo che essa é unica; ma non che sia materiale né mentale dal momento che altrimenti sarebbe comunque inevitabilmente soggettiva (monismo "neutro", se vogliamo).
Se invece intendiamo ciò che soggettivamente appare, allora bisogna ammettere che essa é duale, non essendo, del tutto parimenti, né il pensiero identificabile con (né riducibile a, emergente da, sopravveniente a) la materia, né viceversa.
Che sia conoscibile scientificamente (in senso stretto) e che sia intersoggettiva la sola materia e non la mente (invece non conoscibile scientificamente e meramente soggettiva) non fa sì che la prima spieghi la seconda: é invece casomai l' ipotesi del noumeno che può spiegare l' una e l' altra.


Né la mente crea la materia né la materia crea la mente (in modi in entrambi i casi del tutto inspiegabili, parimenti misteriosi, incomprensibili, "magici"), ma invece al noumeno oggettivo (a certi, limitati, determinati casi del divenire del noumeno) corrispondono biunivocamente esperienze fenomeniche coscienti "in generale" soggettive, con le loro componenti materiali intersoggettive e mentali meramente soggettive).
Per me questa é (già "a portata di mano") la spiegazione del tutto (filosofica); spiegazione che non si potrebbe ragionevolmente cercare "scientificamente" dal momento che scienza può conoscere solo la materia e non la mente e che la questione é quella dei rapporti fra materia e mente, e dunque include" come sua "parte integrante" la mente non scientificamente indagabile (ma solo filosoficamente).


In conclusione credo di poter dire che da queste considerazioni mi sembra emerga la profonda differenza fra il mio atteggiamento "filosofico" e il tuo "scientifico" (che in tutta modestia ti inviterei a considerare se non sia il caso di rivederlo, dal momento che mi pare evidente non possa risolvere la questione, mentre che la filosofia ne possa proporre -almeno- una soluzione -se non anche più reciprocamente alternative- a mio parere decisamente soddisfacente).

Grazie (a tutti) per l' attenzione.
Si, il mio atteggiamento è più pro-scienza. Ovviamente non trovo la filosofia inutile e di basso livello (altrimenti non sarei qui), ma anzi è molto interessante in quanto fornisce modi ragionevoli e utili di vedere ed approcciarsi alla realtà. Tuttavia trovo la scienza più chiara e meno sfumata, da qui deriva il mio atteggiamento. Ovviamente ho altri motivi che non starò qui a spiegare in quanto fuori argomento, magari farò un topic a parte. 

Per quanto riguarda la confusione tra mente e coscienza vorrei giustificarmi dicendo che, a parer mio, la tua descrizione di mente, coscienza e noumeno fornita in questo commento mi fa pensare che la tua proposta sia più monista di quanto sembri. 
Mi sembra infatti di cogliere una specie di dualismo dentro il dualismo che alla fin fine implica un monismo di fondo. Come hai detto tu, "c'è un dualismo dei fenomeni e un monismo del noumeno", ma qui tu stai già differenziando due diversi piani ontologici distinti: i fenomeni e il noumeno.
Anche a me non piace il termine sostanza, ma non sapevo quale altro usare per spiegarmi meglio e si, la intendo come realtà oggettiva indipendente da noi. Quindi, se per te il noumeno è questa realtà e questa realtà è monista, non dovrebbe esistere un mondo dei fenomeni con proprietà dualiste ontologicamente separato da quello del noumeno, altrimenti il noumeno stesso diventa parte una realtà dualista più grande che comprende noumeno e fenomeni. 

Se si afferma che la realtà è monista, si implica che tutto ciò che esiste, compresi i fenomeni soggettivi, sono frutto di questa realtà e che quindi sono fatti della stessa "sostanza". Ne consegue che bisogna considerare i fenomeni soggettivi coscienti, che tu distingui tra materiali e mentali, come una delle tante forme di questa "sostanza" che compone la realtà.

Se tu intendevi invece dire altro, leggerò con interesse la tua eventuale risposta.
#11
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
26 Settembre 2018, 22:59:00 PM
Perdonate l'assenza di qualsiasi tipo di risposta da parte mia, nonostante avessi detto che avrei rispososto, ma questo è stato un periodo piuttosto impegnato. Ho cercato di leggere più o meno tutti i commenti (tranne gli ultimi) e vorrei quindi dire anche la mia.
 
Per ora risponderò solo ad alcune parti che non riguardano direttamente il dibattito monismo-dualismo, poi, spero,  parlerò anche di quello e dell'elenco di Carlo Pierini alla risposta 15 quando avrò ragionato meglio.
 
Dal mio punto di vista la filosofia è utile solo in quanto fornisce spunti interessanti per approcciarsi a certi problemi e per svolgere ricerche, oltre che per definire le regole morali e comportamentali che uno segue. Essa però rimane solo un grosso bacino di teorie e non può essere messa allo stesso livello della scienza che cerca anche verifiche empiriche. Se vogliamo risposte più definitive, anche riguardo a teorie filosofiche, bisogna rivolgersi alla scienza. "Ma la scienza ha un sacco di limiti! Per esempio..." potrebbe dire qualcuno, ma qual è l'alternativa? Il ragionamento filosofico? No, perchè, come ho già detto, filosofia e scienza sono su due livelli non paragonabili. Altra possibile obiezione: "Ma allora ti limiti a constatare che una cosa non ha alternative e questo basta per renderla legittima? Bisognerebbe cercare attivamente delle alternative senza rimanere passivi e dogmatici!". Esatto, ma mentre queste alternative si cercano bisogna basarsi su quello che ora sembra più affidabile e poi, dato che la definizione di scienza è molto vaga, è molto probabile che queste alternative siano solo delle modifiche e dei miglioramenti al metodo scientifico. 
 
Piccola parentesi per Carlo Pierini: la psicologia NON è filosofia. Essa non può essere vista come la parte empirica della filosofia perchè, come ho già detto, la psicologia non si esaurisce nella psicologia dinamica e,  anche se si considerasse solo quella dinamica, essa non sarebbe comunque scientifica o empirica e quindi  non potrebbe rivestire il ruolo di parte empirica della filosofia.
 
Ora entriamo nel vivo. In generale mi trovo molto d'accordo con ciò che scrive Phil, ma a parer mio egli non è riuscito a rispondere adeguatamente alle critiche, fondate e legittime, di Sgiombo e di Carlo Pierini, quindi ci proverò io. Effettivamente si potrebbe dire che noi esperiamo il non-materiale ogni volta che siamo coscienti e la cosa può essere approcciata in quattro diversi modi.
 
Si può obiettare (come fa Phil) che tuttavia abbiamo costantemente prova della materia e che quindi potrebbe essere utile considerare la mente come una delle tante forme di materia.
 
Si può affermare (come fa Sgiombo) che, al contrario, abbiamo costantemente prova della non-materia e che quindi potrebbe essere ugualmente utile considerare la materia una delle tante forme della mente.
 
A questo punto Phil dice che, tuttavia, la mente è un concetto artificiale che viene rinforzato e supportato solo dal fatto che, chi conosce questo concetto, spiega i fenomeni inspiegabili con il suddetto concetto, andando ad autoalimentarsi. Si avrebbe quindi un mondo in cui esiste la materia, ma dato che c'è un caso in cui la materia sembra comportarsi in modo diverso dal solito (ossia nella "mente"), si attribuisce erroneamente a questo diverso comportamento una natura ontologica indipendente categorizzandolo artificiosamente come "mente non-materiale".
 
Infine (e questo lo aggiungo io) si potrebbe di nuovo obiettare che potrebbe essere la materia il concetto artificioso che si autoalimenta. Esisterebbe quindi un mondo mentale, ma dato che c'è una situazione in cui la mente si comporta in modo diverso dal solito (ossia nella "materia"), si attribuisce erroneamente a questo diverso comportamento una natura ontologicamente indipendente categorizzandolo artificiosamente come "materia non-mentale".
 
Queste sono tutte affermazioni moniste, quindi il problema in questo tipo di dibattito non è se il dualismo è valido come il monismo, ma se il monismo non-materialista è valido quanto quello materialista: infatti il dibattito è nato per far notare a Phil che non c'è un apparente motivo per ipotizzare l'inesistenza della mente come tesi di ricerca rispetto all'inesistenza della materia.
 
Secondo me, tuttavia, questo tipo di dibattito è superfluo. Finché siamo d'accordo che esiste un solo tipo di sostanza (lo so che Sgiombo, Carlo Pierini a altri non lo sono, ma mi sto riferendo solo al dibattito sopra citato) e che questa sostanza è quindi tutta sullo stesso piano ontologico, evitando di cadere nel problema della comunicazione tra due piani diversi (di cui Carlo Pierini ha parlato e che cercherò di commentare più avanti), non ha importanza se sia tutta mente o tutta materia. In entrambi i casi essa si comporta nel modo illustrato e studiato dalle varie scienze e non potendo sapere in quale dei due casi ci troviamo, non è utile porsi il problema: basta presupporre il monismo in generale e la cosa è fatta.

Si potrebbe tuttavia obiettare che i due tipi di monismo non siano alla fin fine uguali e che non abbiano la stessa probabilità di essere veri, affermando che un mondo di mente non-materiale (ossia un sogno, stiamo praticamente parlando di idealismo) abbia la capacità di creare comportamenti uguali a quelli che noi chiamiamo "materiali", mentre un mondo di materia non-mentale non abbia la capacità di creare comportamenti uguali a quelli che noi chiamiamo "mentali". Ebbene, con questo topic il mio intento era proprio quello di smentire questa seconda affermazione. Inoltre, il fatto che un mondo non-materiale possa creare l'illusione della materia mentre un mondo materiale non possa creare l'illusione della mente è supportato solo dal presupposto che la non-materia abbia poteri incomprensibili e inconcepibili e che quindi possa fare quello che vuole proprio perchè è trascendente (e qui per me viene fuori la poca chiarezza del termine "non-materia", di cui Viator ha parlato nel suo topic "L'immateriale"). In altre parole, si ipotizza una sostanza incomprensibile a priori che può fare tutto ciò che vuole per poter spiegare i fenomeni inspiegabili dalla sostanza comprensibile, la materia (e qui sono d'accordo con il discorso del Jolly di Phil, anche nonostante le obiezioni di Sariputra). Tuttavia secondo me, fare questa ipotesi ha la stessa validità di ipotizzare che la materia possa creare l'illusione della mente ma che ancora non capiamo come faccia; ma, per fare ricerca, questa seconda ipotesi è più utile della prima. In conclusione, siamo partiti dall'obiezione che i due monismi non sono uguali, constatiamo che non si potrà mai verificare quale dei due sia vero e concludiamo che bisogna basarsi solo sull'utilità di essi scegliendo quindi il secondo.
#12
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
18 Settembre 2018, 12:02:14 PM
Vorrei ora rispondere velocemente a Green demetr, poi con più calma risponderò anche agli altri.

Perdona la mia ignoranza ma non so cosa siano il problema degli attributi e dell'adattamento, non so neanche quali siano le pretese dell'evoluzionismo: l'evoluzionismo sarebbe più pretenzioso delle sue alternative (come il creazionismo)?

Non credo affatto che il il riduzionismo sia uno degli strumenti del potere per mantenere lo status quo (non vedo l'eugenetica ne come il riduzionismo per antonomasia ne come una prova sufficiente per la tua affermazione), la religione se la cava decisamente meglio in questo ambito. Secondo me, poi, le cose stanno comunque migliorando anche nella religione, il discorso del potere e dello status quo oggi può certamente essere ancora valido, ma non in modo stringente come qualche decennio o secolo fa. Ma anche se tu avessi ragione riguardo al riduzionismo come strumento del potere, la cosa non dovrebbe essere presa comunque in considerazione: evitare di seguire una linea di pensiero che pare logica e realistica solo perchè la società ne sta già facendo un uso sbagliato non mi sembra il miglior modo per ragionare o per fare filosofia. Se, per assurdo, al tempo di Galileo ci fosse stata una società che sfruttava l'eliocentrismo per mantenere il potere e lo status quo, ripudiare l'eliocentrismo in se solo per un'antipatia verso tale società sarebbe stato decisamente poco ragionevole. L'eliocentrismo è ovviamente diverso da un'idea filosofica in quanto si tratta di scienza, ma al tempo di Galileo la scienza e la tecnologia erano decisamente poco sviluppate: le prove che la terra girasse intorno al sole erano convincenti all'incirca come le prove che il materialismo e il riduzionismo siano reali.

Con "il materialismo basta" intendo dire che è sufficiente per rendere conto dei fenomeno mentali.

Questo genere di discussioni non appartengono alla scienza (a quale settore poi?), infatti esiste la filosofia della mente che si occupa proprio di questi problemi (come quello mente-corpo) e non mi sembra che essa stia facendo morire la "vera" filosofia. 

Spero di aver adeguatamente risposto alle tue critiche.
#13
Tematiche Filosofiche / Re:Perchè il materialismo basta
17 Settembre 2018, 01:25:07 AM
Citazione
Citazione di: viator il 16 Settembre 2018, 19:26:17 PMSalve. Per SamuelSilver : Ho apprezzato il fatto che (mi sembra) tu condivida il concetto per il quale la qualità delle cose, una volta risolta a livello essenziale, finisca invariabilmente per rivelarsi solo come un insieme di rapporti (precedentemente ignoti) tra le diverse quantità dei loro ingredienti e delle relazioni tra questi. 
Si, questo è esattamente ciò che penso.
CitazioneNon amo le trattazioni chilometriche. A proposito di monade e materialismo, anzi del "contrario" del materialismo, se vorrai potrai dare un'occhiata al "nuovo" argomento che ho inaugurato minuti fa. Cordialmente. PS : Ho apprezzato anche la tua chiarezza e ragionevolezza, nonché la persino eccessiva educazione con la quale sempre ti esprimi. 
Si mi rendo conto che è piuttosto lunga come argomentazione, ma lo è perchè ho cercato di essere il più chiaro possibile: sacrifico volentieri la sintesi se ciò vuol dire far capire meglio il messaggio. Grazie degli apprezzamenti comunque e per quanto riguarda l'eccessiva educazione, lo faccio perchè un'atmosfera positiva è essenziale per qualsiasi scambio di opinioni ragionevole: in questo modo si è più disposti ad ascoltare ed eventualmente accettare ciò che gli altri hanno da dire.

Vorrei ora rispondere a Sgiombo.
Citazione
Citazione di: sgiombo il 16 Settembre 2018, 12:54:07 PM Mi scuso con SamuelSilver per l' incalzare un po' ossessivo delle obiezioni e integrazioni alle obiezioni, ma l' argomento mi sta tantissimo a cuore ...contrariamente alla maggior parte dei frequentatori del forum, a quanto pare, purtroppo

[size=undefined]Innanzitutto non c'è bisogno di scuse: d'altronde si sta parlando di ragionamenti scaturiti da tue idee ed è normale essere pignoli.

Ciò che vorrei chiarire è la parte del "fantasma nella macchina". Mi accorgo ora dell'inevitabile confusione scaturita dal mio erroneo utilizzo del termine "vedere".
Mi rendo conto che è paradossale pensare che ci sia qualcuno che "vede" gli eventi cerebrali dentro di noi poichè in questo modo si andrebbe avanti all'infinito nell'ipotizzare omuncoli dentro altri omuncoli. Mi scuso per la confusione e chiedo di sostituire le parti in cui parlo di "vedere" con quanto segue.

La differenza tra punto di vista esterno e interno che ho descritto si può riassumere con: essere i qualia è diverso dal "vedere" i qualia (che sarebbe come a dire "essere un tavolo è diverso dal vedere un tavolo"). Io non affermo che con il  punto di vista interno qualcuno possa vedere i propri qualia, ciò che intendevo è che il punto di vista interno corrisponde all'essere i qualia, mentre quello esterno corrisponde al "vedere" i qualia. Cosa vuol dire vedere i qualia? Vuol dire che io, in quanto qualia, sono influenzato dai qualia di qualcun'altro. 

Ora bisognerebbe fare un passo ulteriore affermando che i qualia sono processi cerebrali. Ne consegue che: essere dei processi cerebrali è differente dal "vedere" dei processi cerebrali. Cosa vuol dire vedere i processi cerebrali? Vuol dire che io, in quanto processo cerebrale, sono influenzato dai processi cerebrali (attraverso, per esempio, la visione di immagini fMRI) di un cervello diverso dal mio. Si potrebbe anche dire che l'essere influenzati da processi cerebrali del proprio cervello è diverso dall'essere influenzati da processi cerebrali del cervello altrui. 

L'apparente limitatezza del materialismo nello spiegare i fenomeni mentali sarebbe dovuta a questa diversità. Spiegare i fenomeni mentali, infatti, corrisponde unicamente alla descrizione di tali fenomeni in termini di processi cerebrali visti dall'esterno. L'ipotetica ulteriore spiegazione che il materialismo non riesce a dare corrisponde in realtà all'esperienza soggettiva di essere questi processi cerebrali. Ma questa non è una spiegazione. Se sto cercando di spiegare come fa Tizio a percepire un fiore, poter entrare nella sua mente e provare quello che prova lui non aggiunge niente, da un punto di vista funzionale, alla spiegazione materiale che potrei dare dall'esterno, se non il fatto che ora ho in memoria l'esperienza di essere stato i processi cerebrali di Tizio e di aver visto il fiore come lo vede lui (ed ecco Paul Churchland). Ma ciò che interessa non è avere in memoria le esperienze soggettive di tutti, ma spiegare queste esperienze in termini oggettivi e utili a chiunque. 

Spero di essere stato più chiaro questa volta.
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#14
Tematiche Filosofiche / Perchè il materialismo basta
15 Settembre 2018, 19:04:40 PM
Le idee esposte in questo topic nascono dalla riflessione su alcune teorie di Sgiombo che egli ha illustrato nel mio precedente topic "Critica all'emergentismo". Ciò che intendo fare è analizzare brevemente tali teorie e intengrarle con alcune mie "correzioni" e riflessioni. Ho pensato di farlo in nuovo topic e non in una risposta ai suoi commenti poichè il tema si discosta da quello iniziale e perchè, secondo me, merita un topic a parte. Avendo io già riassunto (più o meno bene) le idee di Sgiombo nel topic sopra citato ( di cui invito a leggere gli ultimi commenti per avere un'idea più chiara e non filtrata dalle mie parole di quello di cui si sta parlando), mi limiterò spesso a fare un copia-incolla delle mie e delle sue parole. Inizialmente illustrerò le sue idee integrandole con domande e commenti, poi aggiungerò le mie riflessioni individuali su tali idee. Questa sarà una versione breve della sua proposta, in cui elencherò solo ciò che è necessario per far capire in che modo io mi sono legato alla sua idea, se qualcosa non è chiaro, ripeto il consiglio di andare a leggere gli ultimi commenti del mio topic sull'emergentismo.
 
Secondo Sgiombo (parole mie): "Esiste il materiale ed esiste il mentale. Il materiale è tutto ciò che arriva alla nostra coscienza dall'esterno, che tutti possono vedere e misurare. Esso viene rappresentato dalla nostra coscienza come percetto (visivo, uditivo ecc.). Il mentale è invece tutto ciò che è interno alla nostra coscienza, che è soggettivo e non misurabile dall'esterno. Di questa categoria fanno parte sia i percetti soggettivi generati dalla materia, sia le sensazioni interne come pensieri e ragionamenti." A questo punto Sgiombo mi corregge dicendo che: "Tutto ciò che é interno alla nostra coscienza é il fenomenico [...] del che fanno parte sia le apparenze fenomeniche materiali [...]  sia le apparenze fenomeniche mentali o di pensiero". 
 
Vorrei qui un chiarimento sulla natura della correzione (e mi rivolgo principalmente a Sgiombo). Non credo di aver colto la differenza tra le mie e le tue parole: entrambi affermiamo che la coscienza, ossia il mentale, è composto da processi sia esclusivamente interni (quindi fenomeni mentali o di pensiero), sia dalle "apparenze fenomeniche materiali" (quindi dai nostri percetti provenienti dalla materia). C'è qualcosa che ho tralasciato?

Andando avanti, viene chiarita la natura della precedente affermazione. Secondo Sgiombo (sempre parole mie): "Quando noi ci priviamo di informazioni sensoriali provenienti dall'esterno e di informazioni sul nostro stato di coscienza, materia e mente smettono di esistere poichè non sono soddisfatte le condizioni che le definiscono: se con materia intendiamo tutto ciò che percepiamo dall'esterno e con mente tutto ciò che percepiamo dall'interno, quando ci priviamo di percezioni entrambi questi elementi vengono a mancare. Tuttavia, la realtà oggettiva continua a esistere anche in assenza delle mie percezioni poichè non appena riattivo le percezioni essa mi riappare come prima. Questo è quello che tu, citando Kant, chiami "noumeno"". 

Più avanti viene illustrato un interessante modo di approcciarsi al problema dei qualia. Secondo Sgiombo (parole mie): "Quando noi osserviamo il cervello di qualcun'altro lo percepiamo nello stesso modo in cui percepiamo le cose materiali poichè esso è esterno a noi. Tuttavia il possessore del cervello lo percepisce come mentale poichè esso è interno al soggetto."

Infine: "Non c'è rapporto causale tra materia e mente poichè entrambe sono le rappresentanti della stessa cosa, ossia il noumeno. Esse quindi si muovono più che altro in parallelo e vengono influenzate dalle stesse cose: influenzando una si influenza l'altra e vice versa. Questo accade poichè, in realtà, si sta in entrambi i casi influenzando il noumeno di cui materia e mente sono le raffigurazioni."
 
Ho usato principalmente parole mie poichè in questo modo mi sento più a mio agio, ma eventuali correzioni da parte di Sgiombo sono sempre accette.
 
Dunque, vorrei iniziare con alcuni punti deboli che mi è sembrato di trovare. Innanzitutto non mi è chiaro quanti sarebbero gli elementi ontologici: materia e mente? Materia, mente e noumeno? Oppure materia-mente (visti come unità) e noumeno? Il mio punto è il seguente: se materia e mente smettono di esistere al cessare delle percezioni coscienti interne ed esterne (quindi anche quando dormiamo immagino), vuol dire che esse sono interamente contenute nella nostra coscienza. Ma a questo punto c'è qualcosa che non torna riguardo la natura della materia. Se essa si identifica con le sensazioni percettive tattili, visive, odorose ecc., (quindi materia = percetti) non vedo perchè chiamarla materia e non, per l'appunto, "percezione", classificandola come uno dei tanti aspetti della mente. Se essa invece si identifica con ciò che produce queste percezioni, allora non dovrebbe smettere di esistere quando le percezioni cessano e dovrebbe quindi identificarsi  con il noumeno, in quanto i percetti sono i rappresentanti del noumeno e sono quindi prodotti da esso.

Io mi limiterei a suddividere materia e mente e, se si vuole tirare in ballo il noumeno, esso dovrebbe essere un sinonimo di materia.

A questo punto si arriva alla parte più interessante: il cervello visto dall'esterno e dall'interno. Sgiombo dice spesso che "il cervello sta nella coscienza". Con questo penso voglia intendere che, dato che nella sua ottica la coscienza non è prodotta dal cervello, ma essi sono piuttosto uno affianco all'altro, l'unico vero cervello con cui abbiamo a che fare è quello che incontriamo quando stiamo guardando un cervello fisico di qualcun'altro. Essendo esterno a noi, esso crea un percetto che è rappresentato nella nostra coscienza come l'immagine del cervello. In questo senso il concetto o l'immagine del cervello è dentro la coscienza (di chi osserva). Ma ogni persona vede diversamente se stesso rispetto a come vede gli altri: degli altri si vede il cervello ma non la coscienza, di se stessi si possono,teoricamente, vedere entrambi poichè siamo i possessori di un cervello e della coscienza associata (ma non causata, poichè entrambi rappresentano, in modi diversi, una terza cosa che è il noumeno).
 
Ora, quest'idea del diverso punto di vista io l'ho trasportata nella mia concezione monista materialista del mondo (che Sgiombo me ne perdoni) e mi è servita per trovare un diverso approccio al problema dei qualia.
 
Vorrei portare innanzitutto l'attenzione sulla natura del problema dei qualia e della coscienza. Il riduzionismo e il materialismo sono spesso criticati perchè, sembrerebbe, non riescono a spiegare la coscienza e l'esperienza soggettiva di ognuno. L'esperimento mentale di Mary che studia la percezione dei colori in una stanza in bianco e nero ne è un esempio: l'idea qui, è che delle spiegazioni fisiologiche del funzionamento del cervello non sono sufficienti per rendere conto anche delle esperienze soggettive (la critica di Paul Churchland a questo esperimento contiene già gran parte, se non tutte, le mie idee a riguardo). Tuttavia, secondo me, il problema esiste solo perchè non ci si è soffermati a pensare a cosa significhi dare una spiegazione dei qualia. Ed ecco che entrano in gioco i punti di vista. Dal mio punto di vista (non ho saputo resistere al gioco di parole) ogni individuo ha due differenti visioni dei processi cerebrali (e qui mi riallaccio ai pensieri di Sgiombo ): la visione esterna e interna. Per visione esterna intendo il modo in cui ogni cervello (che uso come sinonimo di individuo) "vede" gli altri cervelli. Questo modo corrisponde a tutte le spiegazioni fisiologiche dei processi mentali che sono state fornite finora: noi percepiamo gli altrui processi cerebrali come potenziali d'azione, reazioni chimiche ecc. Per visione interna intendo la visione che ogni cervello ha di se stesso, ossia, il modo in cui determinati processi cerebrali "vedono" altri processi cerebrali all'interno dello stesso cervello. Il modo in cui il cervello si vede è attraverso i qualia. Questi due punti di vista sono diversi l'uno dall'altro ed è quindi normale che generino rappresentazioni diverse della stessa cosa (il cervello). Da ciò ne consegue che i qualia di una persona esterna a noi, essendo anche loro processi cerebrali, vengono percepiti da noi come normali processi cerebrali e non ha senso pensare di poter dare una spiegazione diversa ai suddetti qualia, poichè noi non siamo quella persona e l'unico punto di vista che abbiamo sul suo cervello è quello esterno. Il fatto che i nostri qualia ci sembrino qualcosa di diverso dai normali processi fisici è dovuto solo al fatto che essi sono interni a noi e non esterni, godendo quindi un diverso punto di vista. Il ragionamento sarebbe il seguente: i qualia non sembrano processi fisici poichè i processi fisici corrispondono al nostro modo di rappresentare la mete degli altri (tra cui i loro qualia), mentre i nostri qualia li stiamo vivendo in prima persona, producendo una diversa rappresentazione dei nostri stessi processi fisici. Riassumendo si potrebbe dire: noi siamo i nostri qualia, i qualia degli altri sono ciò che noi vediamo come processi fisici (immagini di risonanza magnetica del cervello, rilevamenti EEG e così via).
 
Con questo volevo far notare come, in realtà, le spiegazioni materiali dei processi cerebrali che stiamo continuando a dare sono sufficienti per rendere conto di ogni tipo di fenomeno mentale (anche se ovviamente ancora c'è molto da scoprire). Il fatto che molti credino che a queste spiegazioni manchi e mancherà sempre qualcosa dipende dall'illusione di poter dare a qualcosa di esterno (l'altrui cervello) la stessa rappresentazione che si da al proprio cervello. Ovviamente le cose non cambiano neanche se si visualizza una misurazione dei propri processi cerebrali, in quanto la misurazione ha già trasformato i suddetti processi in un linguaggio esterno e comprensibile agli altri.  

Tutto questo, come ho già detto, è nato grazie all'idea di Sgiombo sui diversi punti di vista e, alla fin fine, ho l'impressione che l'unica reale differenza tra le mie le sue idee sia che io ho messo tutto su un piano materialista e monista mentre lui (credo) rimanga sul dualismo. Spero che l'aver usato i sui pensieri per rafforzare il freddo poco piacevole monismo materialista mi venga da lui perdonato.
#15
Tematiche Filosofiche / Re:Critica all'emergentismo
08 Settembre 2018, 11:53:10 AM
Per Sgiombo
Questa volta dovrei aver capito un po' meglio, grazie! Ho dato un'occhiata al primo link che mi hai mandato e penso che prima o poi darò uno sguardo anche agli altri. Quella che proponi è effettivamente una prospettiva interessante, hai portato la mia attenzione su aspetti che potrebbero essere punti chiave per il problema mente/corpo. Ho cercato di trovare dei punti deboli in questa proposta (e non perchè provo un piacere sadico a smontare gli altrui argomenti, ma perchè l'unica cosa utile che posso fare in quanto lettore di una posizione esterna è cercare critiche a cui magari l'altro non ha pensato) e qualcuno ne ho effettivamente trovato. Questo mi ha spinto a pensare ad una versione "migliorata" (dal mio punto di vista almeno) della tua idea a cui vorrei dedicare un topic a parte. Nel topic commenterei la tua idea e quelli che secondo me sono i suoi punti deboli e ne proporrei una versione modificata che io, personalmente, trovo molto soddisfacente. Ovviamente ti invito a commentare e criticare questa mia proposta. Probabilmente dal tuo punto di vista potrebbe trattarsi di un completo stravolgimento delle tue idee, ma rimane il fatto che è ragionando sulle tue idee che mi è nata questa "teoria".
 
Prima di fare tutto ciò, però, vorrei essere di nuovo sicuro di non avere ancora frainteso, quindi, a costo di sembrare noioso e ripetitivo, ti propongo un nuovo riassunto di quello che ho capito così da evitare incomprensioni.
 
Dunque, esiste il materiale ed esiste il mentale. Il materiale è tutto ciò che arriva alla nostra coscienza dall'esterno, che tutti possono vedere e misurare. Esso viene rappresentato dalla nostra coscienza come percetto (visivo, uditivo ecc.). Il mentale è invece tutto ciò che è interno alla nostra coscienza, che è soggettivo e non misurabile dall'esterno. Di questa categoria fanno parte sia i percetti soggettivi generati dalla materia, sia le sensazioni interne come pensieri e ragionamenti. Quando noi osserviamo il cervello di qualcun'altro lo percepiamo nello stesso modo in cui percepiamo le cose materiali poichè esso è esterno a noi. Tuttavia il possessore del cervello lo percepisce come mentale poichè esso è interno al soggetto. 

Quando noi ci priviamo di informazioni sensoriali provenienti dall'esterno e di informazioni sul nostro stato di coscienza, materia e mente smettono di esistere poichè non sono soddisfatte le condizioni che le definiscono:
se con materia intendiamo tutto ciò che percepiamo dall'esterno e con mente tutto ciò che percepiamo dall'interno, quando ci priviamo di percezioni entrambi questi elementi vengono a mancare. Tuttavia, la realtà oggettiva continua a esistere anche in assenza delle mie percezioni poichè non appena riattivo le percezioni essa mi riappare come prima. Questo è quello che tu, citando Kant, chiami "noumeno". (Spero di aver interpretato bene quest'ultima parte e di non aver confuso il noumeno con la materia o di aver capito che sono due cose diverse mentre  secondo te sono la stessa cosa).

Non c'è rapporto causale tra materia e mente poichè entrambe sono le rappresentanti della stessa cosa, ossia il noumeno. Esse quindi si muovo più che altro in parallelo e vengono influenzate dalle stesse cose: influenzando una si influenza l'altra e vice versa. Questo accade poichè, in realtà, si sta in entrambi i casi influenzando il noumeno di cui materia e mente sono le raffigurazioni.

Ora va un po' meglio del primo riassunto che ho fatto? Dimmi pure se c'è di nuovo qualcosa che ho frainteso!