A viator:
Con la tua analisi, hai centrato il problema fondamentale di ogni fede: fino a quale punto il credente deve accettare incondizionatamente, o meglio acriticamente, i modi in cui agiscono il suo dio o i suoi dei? La fede, per sua stessa natura, non esige il dubbio, o al massimo lo tollera se può già darvi una risposta basata su un dogma.
Eppure, davanti all'orrore delle camere a gas e dei crematori, quasi nessun cristiano ha, giustamente, il coraggio di dire che tutto questo fu volontà di Dio. Quale Dio avrebbe tollerato tutto questo? Quale Dio non avrebbe reagito? Domande tremende, domande come pugnalate al cuore, perché nessuno l'ha ancora udita, la risposta di Dio... Il silenzio purtroppo perdura...
Tu hai detto che il solo dubitare della volontà divina, anche in casi estremi come i lager, dovrebbe essere considerata una bestemmia da parte del credente. È un fatto che molti di loro, laici o clericali, rispondono proprio così: come osate dubitare dei piani divini? Anche nella pestilenza, c'è provvidenza, parafrasando Manzoni.
Follia? Insensibilità? Bigottismo? Dal mio punto di vista, una delle tre, ma, da un punto di vista dogmatico, la coerenza è estrema: Dio c'è, non è lecito dubitarne.
Altri invece, dopo le tremende domande e i tremendi dubbi, dopo aver insomma commesso l'eresia (secondo quanto detto sopra) del dubbio, vedono questa fede paradossalmente confermata: "Non so il perché di tutto questo, non so perché Dio non abbia fatto nulla, ma alla fine, dopo il Giudizio, ci sarà una risposta".
Quindi, nel primo caso, il problema del destino viene risolto, perché Dio viene accettato, sempre e comunque; nel secondo invece, viene leggermente aggirato, perché non è affatto chiaro quanta responsabilità e quindi quanta colpa fosse dei nazisti, né quindi quanto sia scusabile l'impassibilità di Dio davanti a quanto succedeva...
Ribadisco che si tratta di un problema insolubile, se non nel primo caso della accettazione totale della volontà divina. Fiumi di inchiostro vennero e vengono versati su questo rapporto tra Dio e agire umano, ma ogni volta ci si imbatte in dilemmi senza risposta, come quelli evidenziati sopra. Si può perfino arrivare a fare di Dio un feticcio, da usare come scusante assoluta quando più fa comodo, per poi disfarsene nei momenti meno opportuni...
Ad altamarea:
Infatti nell'inconscio hanno sede tutta una serie di condizionamenti, prevalentemente genetici ma anche socioculturale, tali per cui la maggior parte della gente agisce col pilota automatico. Non si pone nemmeno il problema. Non si domanda se ciò che fa è frutto di una sua libera scelta, o se qualcun altro o qualcos'altro lo hanno indotto a fare così. Ecco che allora vive schiava di questi condizionamenti inconsci, purtroppo, e li chiama appunto destino, prigione, carcere.
Con la tua analisi, hai centrato il problema fondamentale di ogni fede: fino a quale punto il credente deve accettare incondizionatamente, o meglio acriticamente, i modi in cui agiscono il suo dio o i suoi dei? La fede, per sua stessa natura, non esige il dubbio, o al massimo lo tollera se può già darvi una risposta basata su un dogma.
Eppure, davanti all'orrore delle camere a gas e dei crematori, quasi nessun cristiano ha, giustamente, il coraggio di dire che tutto questo fu volontà di Dio. Quale Dio avrebbe tollerato tutto questo? Quale Dio non avrebbe reagito? Domande tremende, domande come pugnalate al cuore, perché nessuno l'ha ancora udita, la risposta di Dio... Il silenzio purtroppo perdura...
Tu hai detto che il solo dubitare della volontà divina, anche in casi estremi come i lager, dovrebbe essere considerata una bestemmia da parte del credente. È un fatto che molti di loro, laici o clericali, rispondono proprio così: come osate dubitare dei piani divini? Anche nella pestilenza, c'è provvidenza, parafrasando Manzoni.
Follia? Insensibilità? Bigottismo? Dal mio punto di vista, una delle tre, ma, da un punto di vista dogmatico, la coerenza è estrema: Dio c'è, non è lecito dubitarne.
Altri invece, dopo le tremende domande e i tremendi dubbi, dopo aver insomma commesso l'eresia (secondo quanto detto sopra) del dubbio, vedono questa fede paradossalmente confermata: "Non so il perché di tutto questo, non so perché Dio non abbia fatto nulla, ma alla fine, dopo il Giudizio, ci sarà una risposta".
Quindi, nel primo caso, il problema del destino viene risolto, perché Dio viene accettato, sempre e comunque; nel secondo invece, viene leggermente aggirato, perché non è affatto chiaro quanta responsabilità e quindi quanta colpa fosse dei nazisti, né quindi quanto sia scusabile l'impassibilità di Dio davanti a quanto succedeva...
Ribadisco che si tratta di un problema insolubile, se non nel primo caso della accettazione totale della volontà divina. Fiumi di inchiostro vennero e vengono versati su questo rapporto tra Dio e agire umano, ma ogni volta ci si imbatte in dilemmi senza risposta, come quelli evidenziati sopra. Si può perfino arrivare a fare di Dio un feticcio, da usare come scusante assoluta quando più fa comodo, per poi disfarsene nei momenti meno opportuni...
Ad altamarea:
Infatti nell'inconscio hanno sede tutta una serie di condizionamenti, prevalentemente genetici ma anche socioculturale, tali per cui la maggior parte della gente agisce col pilota automatico. Non si pone nemmeno il problema. Non si domanda se ciò che fa è frutto di una sua libera scelta, o se qualcun altro o qualcos'altro lo hanno indotto a fare così. Ecco che allora vive schiava di questi condizionamenti inconsci, purtroppo, e li chiama appunto destino, prigione, carcere.