- prosegue da messaggio precedente -
Con il Cristianesimo e la sua Rivelazione l'uomo puo' finalmente credere in qualcosa dentro di lui (come dice Pascal), e dentro la sua anima. Puo' cosi' ridurre la lontananza verso Dio e quindi il senso di solitudine. Ma questo processo di avvicinamento tra Dio e uomo non puo' procedere fino al punto di avvicinarli tanto da identificarli, Dio perderebbe la Sua natura e le Sue caratteristiche e l'uomo non avrebbe piu' un Dio a cui affidarsi (l'uomo ha bisogno di credere in qualcosa che non sia lui stesso, come affermato da Pascal).
In modo speculare a quanto sopra scritto, in questo caso cio' che riduce la solitudine dell'uomo (la diminuzione della lontananza da Dio) aumenta la sua paura: non c'e' piu' un Dio a difenderlo, o quanto meno al ridursi della lontananza Dio e' percepito sempre meno come "altro" da se' da parte dell'uomo, quindi meno potente e pertanto meno in grado di difenderlo (in particolare dalle paure interiori e dall'angoscia).
Il grado di vicinanza con Dio, cosi' come percepito dall'uomo, deve attestarsi su un livello tale da garantire sia un accettabile livello di paura che un accettabile livello di solitudine (dove paura e solitudine sono tra loro inversamente proporzionali).
Il grado di vicinanza con Dio, e quindi la commistione tra paura e solitudine, e' un elemento che caratterizza ogni religione ed ogni corrente al suo interno, si pensi al Dio lontanissimo ed inappellabile dei manichei, con una salvezza rigidamente predeterminata (contro cui combattera' Sant'Agostino), o all'opposto al Dio vicinissimo di Pelagio, in cui la salvezza veniva stabilita esclusivamente dall'uomo mediante le sue opere, esautorando di fatto Dio da ogni ruolo (anch'esso combattuto da Sant'Agostino, ma per ragioni opposte).
Con Pascal il grado di vicinanza con Dio e' determinata dall'azione congiunta della vicinanza all'uomo di Gesu' Cristo e dalla lontananza dall'uomo (e dalle sue miserie) di Dio.
Il grado di vicinanza con Dio pero' non e' un qualcosa che attiene solo alle singole religioni,
ma e' anche (e forse soprattutto) un problema del singolo individuo, che dovra' scegliere il livello di vicinanza/lontananza, e quindi la combinazione tra paura e solitudine, nel suo rapporto con Dio.
Tanto piu' l'uomo collochera' Dio vicino a se', ponendolo quindi tanto meno "altro" da se', tanto piu' rischiera' di farNe una presenza "evanescente", irrilevante, che si identifichera' sempre piu' con la propria interiorita' fino al punto di non poterle piu' distinguere. Una presenza comoda e rassicurante perche' sempre piu' simile a se', a cui ci si abitua e che sempre piu' viene data per scontata. Una presenza, pertanto, a cui ci si abitua perche' poco ingombrante ed esigente. E questa e' un'abitudine a cui e' difficile rinunciare perche' ci rassicura e ci impedisce di vedere se e quando la presenza dell'"altro" da se' ci ha eventualmente abbandonato. In questo caso occorrera' alla fine pervenire a questa dolorosa consapevolezza, prendendo coscienza di essere rimasti soli con noi stessi e di non riuscire piu' a scorgere nulla al di fuori di noi e della nostra interiorita'.
In modo speculare a quanto sopra detto, tanto piu' l'uomo collochera' Dio lontano da se', "altro" da se', tanto piu' rischiera' di farne una presenza totalmente estranea a se' ed alla propria interiorita', con quest'ultima che alla fine verra' totalmente negata per potersi adeguare ad un Dio sempre piu' esigente, lontano ed imperscrutabile.
Cosi' come nel caso di un Dio troppo vicino, anche qui abbiamo un processo di rassicurazione, consistente nel porre Dio sempre piu' lontano da noi, un Dio con richieste sempre piu' difficili e pressanti. Lo sforzo e la fatica per poter soddisfare tali richieste saranno la prova e la conferma della nostra capacita' di adeguarci a Lui ed essere all'altezza delle Sue aspettative. L'eventuale incomprensibilita' delle prove a cui ci si sottopone verra' considerata solo come una ulteriore prova, comunque da superare. Quanto dentro di noi sembra opporsi alle crescenti richieste verra' progressivamente negato ed abbandonato, fino a che le richieste non saranno cosi' ampie e totali che l'uomo abbandonera' e neghera' completamente se stesso e la propria interiorita'.
Come nella situazione opposta, anche qui si avra' un'abitudine, ma non sara' una comoda abitudine, bensi' un'abitudine alla fatica ed al sacrificio, comunque difficile da abbandonare perche' la connessa negazione di se' evita dolorose domande e confronti con se stessi.
Se l'uomo riuscira' a risvegliarsi dall'oblio di se', vedra' che la presenza dell' "Altro" da se' lo ha da tempo abbandonato, progressivamente sostituito da ferree e vuote regole e formalita' a cui ha sacrificato la propria autentica interiorita', sostituita da una posticcia. Anche qui l'uomo rimarra' solo con se stesso, in questo caso per un Dio troppo lontano da se', in cui si e' annullato.
Su quanto sopra faccio una precisazione. Il processo sopra descritto e' di tipo drammatico, legato ad una fanatica adesione a regole e richieste estreme. Ma la stessa negazione ed oblio di se' e della propria interiorita', con la stessa conseguente assenza di un autentico "Altro" da se', potrebbe essere connaturata e da sempre presente in un individuo che non interroga e chiama in causa, in alcun modo, il proprio se' piu' intimo e profondo, totalmente ignorato, ed in cui il problema dell' "Altro" da se' non viene neanche posto e considerato, sostituito e nascosto da una passiva ed acritica accettazione di regole religiose viste e vissute solo come vuote regole formali. E questo, di fatto, non e' che un altro modo di collocare Dio lontanissimo da se' da parte dell'uomo.
Per quanto sopra detto, ed in relazione al problema di una presenza di Dio potenzialmente percepita come piu' "evanescente" nel caso della non scelta, si rileva come il problema della percezione della presenza di Dio, legata alla Sua maggiore o minore vicinanza all'uomo, sia comune ad ogni credo religioso ed, al loro interno, ad ogni singolo individuo.
E' evidente che nel caso della non scelta i rischi di non percepire l' "Altro" da se' siano piu' legati ad una Sua eccessiva vicinanza, piuttosto che ad una eccessiva lontananza, ma il rischio in genere, come gia' detto, e' comunque insito in ogni religione ed in ogni individuo. Proprio il ruolo svolto da ciascun individuo nel collocare Dio alla giusta distanza da se', evitando quegli eccessi di collocazione che porterebbero a perderLo, potrebbe suggerire come l'adesione di ognuno al credo od al senso religioso che sente come piu' adeguato e congeniale a se' possa favorire quella giusta scelta di collocazione individuale, tale da assicurare una autentica presenza di Dio, oltre ogni abitudine od acritiche accettazioni