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Messaggi - Live

#1
Citazione di: Sariputra il 19 Giugno 2016, 10:55:32 AMLa prima obiezione che mi viene in mente è: Chi seleziona le persone competenti? Chi stabilisce il grado di competenza? Chi è così illuminato, obiettivo e super partes da formare queste commissioni di esperti? Io non ne vedo...

Chi seleziona i docenti universitari? Gli ingegneri della NASA? I gruppi di ricerca al CERN di Ginevra? A me pare che la società umana sia perfettamente in grado di raggruppare persone qualificate ed anzi eccellenti per portare avanti un progetto. Ciò è stato dimostrato più volte nel corso della storia recente, dalla seconda guerra mondiale (vedi Turing) all'Apollo 11. Il governo di una nazione è costituito da un insieme discreto di manovre ed azioni politiche, economiche, sociali e tecnologiche. Non vedo il bisogno dunque di istituire un vero e proprio organo tecnico permanente. Viviamo in un periodo in cui la figura del leader è a dir poco anacronistica, perciò sarebbe molto più sensato selezionare ogni volta una commissione tecnica diversa per ogni problema diverso. La disoccupazione giovanile sta aumentando? Che si istituisca un gruppo di economisti, ognuno specializzato nei campi più utili, per studiare ed arginare il problema. Dopodiché, il gruppo può anche essere sciolto, così come viene sciolto un gruppo di ingegneri dopo che essi hanno raggiunto gli obiettivi prefissati. C'è bisogno di relazionarsi con la Cina? Che vengano selezionate delle persone che non solo parlano ottimamente la lingua cinese, ma che conoscono profondamente la cultura cinese e le sue esigenze. È chiaro che dal momento in cui ci sarà bisogno di trattative commerciali e diplomatiche con la Russia, cambieranno anche le persone a svolgere il "compito". Non è decisamente meglio questo, piuttosto che mandare sempre la stessa identica persona (Renzi, nel nostro caso, che probabilmente non parla né russo tanto meno cinese) in entrambi i casi? E queste persone come andrebbero scelte? Attraverso un'accurata verifica delle loro competenze e del loro curriculum. Si dovrebbe dare libero spazio ai volontari, ma anche cercare di coinvolgere le eccellenze. Queste persone potrebbero essere sottoposte ad esami scritti e colloqui orali, selezionate attraverso un concorso, più o meno nelle stesse modalità in cui viene selezionato il personale in una società privata molto importante. Tutto ciò dovrebbe avvenire con la massima trasparenza, e le persone selezionate avrebbero un potere limitato esclusivamente alla loro materia di competenza, e solo per il tempo necessario a raggiungere gli obiettivi prefissati, che si tratti di due anni o di due mesi. Il potere dovrebbe essere organizzato orizzontalmente, e non verticalmente ed in modo gerarchico. 

Citazione di: Gasacchino il 19 Giugno 2016, 11:25:14 AMMi ritrovo in quello che dici, ci vorrebbero persone competenti piuttosto che rappresentanti eletti dal popolo con criteri molto opinabili. Certo che anche Sariputra non ha tutti torti nell'obbiettare:
Citazione di: Sariputra il 19 Giugno 2016, 10:55:32 AMChi seleziona le persone competenti? Chi stabilisce il grado di competenza? Chi è così illuminato, obiettivo e super partes da formare queste commissioni di esperti? Io non ne vedo...
e mi permetto di aggiungere altre due obiezioni:

  • Anche si riuscissero a formare queste commissioni, chi garantirebbe per loro? Chi assicurerebbe una loro condotta onesta?
  • Direi che sia anche opportuno notare che 60 milioni di persone sono ingovernabili, si tratta di cifre troppo grandi. A tal proposito forse non sarebbe opportuno rivedere solo il sistema di eleggere i governanti, ma tutto il sistema in generale.


Ovviamente non sto proponendo un sistema utopico, perfetto. Sto solo proponendo un modo di amministrare una nazione che reputo migliore di quello adottato oggi nei paesi democratici industrializzati. Questo sistema non è immune alla corruzione, ed ha anch'esso i suoi difetti. Credo però che farebbe meglio di qualunque altro governo sia mai comparso in Occidente. Ovviamente chiunque si Macchi di corruzione anche una sola volta nella sua vita, non avrebbe mai più la possibilità di ricoprire posizioni delicate come quelle che ho cercato di descrivere sopra. Andrebbero poi istituiti organismi internazionali che possano supervisionare la condotta delle varie nazioni, un po' come fa già oggi l'Unione Europea. Per quanto riguarda il riformare l'intero sistema, sono d'accordo, ma c'è bisogno di approcciare i problemi attraverso delle riforme graduali piuttosto che con rivoluzioni radicali. Anche il sistema da me descritto non sarebbe da applicare nell'immediato, ma lentamente, un passo alla volta, una riforma alla volta. Mi auguro sia la direzione verso cui si orienterà l'occidente in futuro.
#2
In vista del prossimo 23 Giugno, stavo cercando di informarmi sulla questione Brexit, per capire se potrebbe davvero verificarsi un effetto domino come molti temono, e se davvero all'Inghilterra convenga, economicamente e politicamente, uscire dell'Unione Europea. Come immaginavo, la questione è tutt'altro che semplice. Ci sono così tanti fattori economico-finanziari in gioco, così tante implicazioni a livello di politica estera, e possono aprirsi così tanti scenari vasti e complessi che... proprio non capisco per quale grande perversione si sia deciso di affidare "al popolo" una simile decisione. In realtà conosco bene il motivo, ma è così imbarazzante che eviterò anche solo di pronunciarmi su di esso. Non è infatti della Brexit che voglio parlare, ma piuttosto partire da questa per esporre un'argomentazione di più ampio respiro. Come esempi di casi estremamente complessi in cui vengono chiamate le masse a dire l'ultima parola, mi vengono in mente anche i vari referendum italiani, da quelli sul nucleare e sull'acqua, al più recente sulle piattaforme petrolifere. Il problema è: ma il cittadino medio ha davvero le conoscenze e le competenze necessarie per decidere di questioni così complesse ed importanti? Non le più importanti, ovviamente. Fortunatamente in ogni paese democratico industrializzato che io conosca, soltanto un'infinitesima parte delle decisioni è presa dal popolo o dai rappresentanti del popolo. Per ciò che è davvero importante, si istituiscono delle commissioni di tecnici ed esperti, che sono in grado perlomeno di affrontare i problemi con cognizione di causa. Ma allora... perché non lasciare che siano sempre e soltanto queste commissioni a governare il paese? Perché mai istituire un referendum, a meno che non sia su questioni inutili ed innocue come quella del crocifisso nelle aule? E perché mai VOTARE i propri rappresentanti politici, invece che selezionarli oggettivamente in base alle loro qualifiche? Trovo che il sistema democratico sia profondamente irrazionale, antiscientifico, promotore più di ideologie romantiche anacronistiche piuttosto che del buon governo. Quest'ultimo, per essere tale, deve a mio parere innanzitutto essere amministrato da un numero molto contenuto di individui (non solo sessanta milioni di persone sono una cifra ridicola, ma persino 900 parlamentari sono troppi, a mio modo di vedere), ma soprattutto questi individui non devono essere "rappresentanti democraticamente eletti", in quanto il cittadino medio non solo non è in grado di decidere delle questioni economiche, sociali e geopolitiche, ma nemmeno di riconoscere chi è effettivamente in grado di farlo. Oggi per esempio si andrà al ballottaggio in gran parte dei comuni d'Italia, e dalle mie parti si vota più per simpatia, promesse, legami, piuttosto che effettuare un'analisi critica ed oggettiva della situazione. Non è certo mia intenzione far di tutta l'erba un fascio, ma dal momento che siamo decine di milioni di persone, sfido chiunque a dire che il cittadino MEDIO (italiano, francese, tedesco o svizzero che sia) abbia le conoscenze economiche, finanziarie e gestionali necessarie. E se anche esistesse una nazione il cui popolo è formato in larga parte da persone incredibilmente qualificate, la democrazia sarebbe di nuovo la scelta sbagliata: è impensabile infatti che tutti capiscano tutto di economia, finanzia, tecnologia, conservazione dei beni culturali, geopolitica, guerra, medicina, istruzione. In una democrazia, gli ingegneri verrebbero chiamati a votare dei rappresentanti che sceglierebbero per loro se uscire dall'euro o meno, mentre gli economisti sarebbero chiamati a votare rappresentanti che sceglierebbero per loro se costruire o meno delle centrali nucleari nel luogo X. Non vedo dunque alternative. L'unica forma di governo razionale e desiderabile che mi viene in mente è quella in cui il potere è detenuto da persone competenti NON elette democraticamente, ma selezionate in base a determinati criteri. Voi cosa ne pensate?
#3
Phil ha scritto:
"Converrai che alcuni benefici non sono quantificabili economicamente e il "conveniente" non è solo una categoria del paradigma finanziario. 
Facendo un esempio banale (scusa, ma l'ora è tarda e la fantasia è poca): se le spese di mantenimento dei vigili del fuoco fossero di gran lunga superiori al valore economico dei beni che i loro interventi hanno preservato, converrebbe abolirli come istituzione? Economicamente la risposta è "certo"; politicamente e socialmente, non ci giurerei..."

Tutt'oggi non riesco a trovare un caso in cui non si possano applicare le "leggi" dell'utilitarismo. Certo esistono casi in cui vanno prese in considerazione delle variabili difficilmente quantificabili, ma quello deriva più dalla mancanza di tecniche e conoscenze adatte, piuttosto che da un'intrinseca impossibilità, come molti vorrebbero far credere. In definitiva, quindi, l'unica differenza tra un fattore quantificabile (il costo delle strutture salvate dai pompieri) ed uno non quantificabile (i "danni morali" causati agli individui dai mancati interventi dei vigili del fuoco) è la precisione scientifico-tecnologica. Ecco perché, a mio modo di vedere, anche nel tuo esempio si può parlare solo ed esclusivamente di costi e benefici, a patto che non ci si limiti a parlare di mero denaro, ma anche di costi e benefici a livello sociale, politico, strategico in senso lato. Molto complesso da fare, ma decisamente non impossibile. Trovo anzi che sia desiderabile, e proprio per questo ho voluto spostare l'attenzione dagli agitatori di folle (i quali hanno comunque una relativa responsabilità in queste vicende) al "pubblico" che li ascolta. È importante individuare i motivi per cui le persone si lasciano persuadere dal demagogo di turno. Prevenire anziché curare, e senza limitare eccessivamente la libertà d'espressione. Non perché quest'ultima abbia (almeno per me) un qualche particolare valore, ma semplicemente perché non è concepibile, al giorno d'oggi, un governo che sia al tempo stesso stabile e fortemente oppressivo nei confronti della popolazione. 
#4
Phil ha scritto: 
"Se parliamo di economia, forse concordo; ma se parliamo di politica, ovvero di "ciò che è giusto fare per lo stato" credo che l'opinabilità sia inaggirabile: "il giusto" non è oggettivabile... altrimenti un governo di logico-matematici potrebbe guidare uno stato verso la perfezione economica, sociale e morale (non so se per te è così...); e, ammesso e non concesso che ciò sia plausibile, per farlo bisognerebbe allora rinunciare alla democrazia (con buona pace della famigerata libertà), affidandosi a quell'elite di epistemologi."

In realtà si, credo che si possa costituire una politica fortemente incentrata sull'utilitarismo piuttosto che su concetti metafisici come il giusto ed il sbagliato. D'altronde in politica ci si ritrova a prendere delle decisioni che riguardano lo Stato, e come si traducono le parole "giusto" e "sbagliato" in un simile contesto? In ciò che è meglio o meno meglio per lo Stato, ovvero per i cittadini appartenenti ad una determinata area geografica. Più tasse o meno tasse? Più ospedali o più scuole? Lasciare o togliere l'ora di religione nelle aule? A ciascuna di queste domande si può rispondere facendo un bilancio oggettivo di costi-benefici, proprio come si fa in economia aziendale. Persino nel terzo esempio è possibile: basterebbe fare una stima di tutte le minoranze e maggioranze religiose presenti all'interno del paese, fare una stima delle persone che dipendono dall'educazione religiosa in Italia (mi riferisco ai docenti, ovviamente) e capire come questo va ad influire con l'economia del paese, con la qualità del sistema scolastico e quale può essere la reazione dell'opinione pubblica ad una scelta piuttosto che ad un'altra. Non vedo né giusto né sbagliato in tutto questo, ma solo più conveniente e meno conveniente. 

Per quanto riguarda l'istruzione ed il pensiero critico, li intendevo disgiunti anche io, ovviamente. Una persona con istruita non è necessariamente capace di pensiero critico, e viceversa. Ma avere entrambe le cose è l'ideale per affrontare in tutta sicurezza qualunque individuo creda di poterti influenzare facendo leva sulle tue emozioni, sui pregiudizi e sulla retorica antiscientifica ed antirazionale.
#5
Si è parlato molto di conseguenze catastrofiche quali disordini sociali e politici, dando però la colpa alla parte sbagliata, a mio modo di vedere. Il giornalista, politico o manifestante che sia, infatti, rivolge le sue "idee pericolose" a persone che ascoltano ed agiscono. Sono le azioni di queste persone a nuocere, e non le idee in sé. Nonostante ciò, si tende a ritenere responsabile anche il giornalista/politico/manifestante, come colui che ha appiccato il fuoco. Questa analogia, secondo me, non regge. Se io getto un fiammifero acceso su un corpo cosparso di benzina, ho la quasi certezza che esso prenderà fuoco, in quanto il corpo non può far altro che incendiarsi a causa di processi chimici talmente basilari da essere perfettamente prevedibili. Ma le persone non sono corpi pregni di benzina. Il fatto che io scenda in piazza incitando le persone ad imbracciare i fucili e marciare contro Palazzo Chigi non si risolve automaticamente in una sommossa popolare, o peggio ancora una rivoluzione. Si presume, infatti, che le persone, al contrario del corpo inerte, siano in grado di decidere da sé se agire o meno, se lasciarsi coinvolgere o meno. È di parole che stiamo parlando, e non di mezzi coercitivi come minacce e ricatti, giusto? Dunque è davvero all'agitatore di folle che dovrebbe essere rivolta la nostra attenzione? Oppure all'ignoranza dilagante che spinge una massa di persone a seguire un'opinione soggettiva che non è neanche la propria? Non si può essere "vittime del proselitismo". Soltanto complici. Il demagogo, così come il mandante di un omicidio, si macchia sicuramente di un crimine, certo. Ma il crimine commesso non è la sommossa o l'omicidio in sé, perché questi sono esclusivamente responsabilità di un gruppo di persone ed un assassino perfettamente in grado di intendere e di volere. 
Attraverso la comunicazione si può esprimere o un fatto, o un'opinione. Quest'ultima differisce dal primo in quanto non è in grado di reggersi autonomamente attraverso delle argomentazioni oggettive. Un fatto, invece, soprattutto se definito con un linguaggio più chiaro e neutrale possibile (come la matematica, per esempio), non può essere soggetto ad interpretazioni. E non può nemmeno essere dibattuto per mezzo di urla in piazza e sommosse popolari. La libertà, quella vera, è "libertà di dire che 2 + 2 = 4, tutto il resto viene di conseguenza", (cit.). La cosa bella, è che anche la maggior parte delle opinioni soggettive possono essere sottoposte ad un "test della realtà", ed essere quindi sviscerate di ogni preziosità retorica ed emotività di fondo, per essere trasformate in affermazioni oggettive, e dunque falsificabili senza nemmeno disturbarsi a scendere in piazza. Incitare all'odio è un tentativo di far leva sulle emozioni di una classe di persone poco istruite e fin troppo suscettibile. Il nostro problema sono proprio queste persone, e non colui che decide di sfruttarle. Chiunque sia invece dotato di una buona istruzione e di pensiero critico, invece, dà importanza soltanto a quelli che sono i fatti nudi e crudi. In questo caso, la libertà di parola non può essere un problema, perché come ho già detto ogni affermazione può essere falsificata o convalidata con mezzi empirici, da frasi come "Il politico X sta distruggendo la nazione Y", a "L'Inghilterra dovrebbe uscire dall'UE in quanto ne trarrebbe più vantaggi che svantaggi". Se piuttosto che promulgare leggi che limitino la libertà di espressione, Edrogan si impegnarsi a migliorare l'istruzione e l'educazione nel suo paese, otterrebbe molti, molti più benefici.