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Messaggi - paul11

#1
ciao A. Knox

La matematica è fisica o meta-fisica? I numeri sono forse materici, formati da atomi e molecole?
La contraddizione infatti dei pensatori moderni, assai materialisti, è quello di pensare la materia; ma il pensare non è materia, non è fisica .


La teoria cosa è se non pensiero. E' come dire; se teorizzo "dio" faccio teologia e se teorizzo fisica faccio fisica? Non è questa la differenza perché è sempre un idea che si sta facendo sia di "dio" che della stessa fisica. Gli occhi e le orecchio vedono e ascoltano, ma non pensano.


La sostanza è riconducibile alla fisica e natura, ma la forma è il tuo pensiero che lo pensa quella data sostanza e lo descrive con un segno, un significato, un simbolo.


Il problema della verità è la relazione di quanto il pensiero divenuto parola può rendere la materia di una data sostanza. La parola non è come il numero matematico o la figura geometrica , è molto più "sfuggente" e complessa. Quindi la parola non è possibile stringerlo dentro il perimetro della logica formale, noi per lo più non ci esprimiamo in formulazioni logiche, ma in termini comuni, convenzionali.


Non cadere come cadono gli pseudo filosofi post moderni, negli esempi banali che l'antico credeva e la scienza ha scoperto e capito la fallacità: il problema non è la la legge di gravità o l'elettromagnetismo o le forze nucleari della fisica. Le scienze cosiddette sperimentali moderne, che sono sempre meno sperimentali e sempre più assiomatiche, sempre meno prassi e sempre più teorie, perché lo sperimentalismo di fatto è finito non può andare oltre al "vedibile" "ascoltabile".
Questo tipo di scienza moderna che è di fatto in crisi da oltre un secolo non può dare riposte sull'origine della vita, dell'universo e di qualunque cosa. Quindi le scienze sono fondate sul nulla.
Non è sperimentabile come da atomi e molecole nasce vita. Non è sperimentabile come è nato l'universo. Ciò che scopre la scienza non ha inficiato di nulla il pensiero metafisico greco.


Quando il filosofo , come han fatto per lo più la gran maggioranza dei filosofi da Cartesio ad oggi, si riducono a portaborse delle scienze, è giusto che spariscano, non contano nulla ai fini dello sviluppo del pensiero filosofico. Il filosofo non deve essere necessariamente la stampella della scienza moderna.


L'oggetto ,la cosa che non interagisce è l'archè metafisico: è il principio originario che non ha necessità di entrare e far parte della infinita concatenazione delle cause-effetti.


Il tuo "io" da bambino pensava di una cosa, poi il tuo "io" pensa quella cosa in maniera diversa.
Nemmeno il pensiero è fisso nella dinamica di un "io" di una vita intera. Tutto sembra mutare.
Fisicamente muta tutto, psicologicamente mutiamo, l'essere ontologico non muta.



citaz. A.Knox
..ma l'esistenza di una mente in un organismo di un pianeta nell universo è sicuramente un fatto d'importanza fondamentale che non si può banalizzare, dev'esserci se mai una profonda correlazione fra mondo fisico e mondo delle idee e l'esistenza stessa della mente deve quindi avere un significato legato al cosmo

Sono d'accordo
#2
ciao daniele22,
La diga dei castori, l'alveare delle api, non sono cultura. Ogni essere umano si potrebbe dire e a sé, cioè è individualizzato. Ognuno di noi costruirebbe la diga e l'alveare almeno un po' diverso .
Questa è la premessa della cultura, ogni umano è diverso per qualcosa e particolare, cosa che non è affatto presente nel resto del regno animale. C'è una innatezza naturale, ma c'è anche una forma di innatezza culturale che non è spiegabile solo naturalisticamente.


Il tuo ragionamento è inverso: le costruzioni mentali non sono da abbandonare per ridiventare animali istintivi naturali. Sono la premessa e se si vuole la contraddizione su cui poggiano le culture diverse che abitano il mondo: dall'eskimese, all' aborigeno australiano, all'occidentale in giacca e cravatta.
Hegel sostiene che proprio perché la natura è intellegibile, allora l'universo è ragione, diversamente la ragione umana non avrebbe mai potuto sviluppare tecnica e cultura, poiché non avrebbe potuto produrre conoscenze.
Per questo per Hegel , le costruzioni mentali, che potrebbero essere paragonate alle idee, sono poggianti sul fondamento della ragione: Hegel assomiglia filosoficamente a Platone.




I fondamenti delle scienze, e delle matematiche e geometrie, non sono un "dover essere", un dovere essere poi che cosa? Non sono "veri", sono enunciati, postulati, assiomi. Sono paradigmi di concetti elementari, non appartenenti al regno sensibile: a titolo di esempio  la retta geometrica e la regola dell'addizione non sono ascrivibili, né induttivamente né deduttivamente al dominio naturale del sensibile.


Il dominio del sensibile e lo dice la parola stessa è guidato dai sensi che tutti gli animali hanno, non dalla ragione. Semmai è l'interpretazione umana nella relazione natura-cultura che a sua volta genera contraddizioni culturali. Se un pensatore dicesse che la coscienza non esiste in quanto non è verificabile sensibilmente ,cade lui stesso in una contraddizione: dove poggia il suo giudizio? Non sono gli occhi ,non è l'udito o il tatto ,ecc. a decidere, diversamente anche i vegetali forse e gli animali sicuramente avrebbero una cultura, una ragione, una coscienza, un giudizio.


Chi ritiene che la parola sia nel dominio del sensibile, a parte il fonema, il suono, non è vero.
La parola deriva dal pensiero e daccapo il pensiero non è natura, non è fatto di atomi e molecole.


Non confondiamo la rivelazione religiosa con la ragione razionale filosofica o teologica: sono diverse per costituzione. La rivelazione deriva da Scritti Sacri , da cui si ritiene siano ascrivibili verità. Non è affatto necessario essere credenti a rivelazioni religiose per poter pensare filosoficamente che l'universo poggi sulla ragione, perché il ragionamento filosofico è deduttivo e non una rivelazione da scrittura sacra. Così come l'una non scarta l'altra. Si può essere credenti alla rivelazione e altrettanto pensare filosoficamente deduttivamente se si ritengono coerentemente compatibili i concetti.


Il "dio" di Spinoza è panteista: non c'entra niente e non è un caso che Spinoza è di moda.


Il nichilismo, per me, è la decadenza imposta da falsi paradigmi della cultura moderna, tra cui il materialismo. Sono anarchico, ma non materialista.
#3
Ciao A. Knox.

La forma è il linguaggio, la sostanza è la materia: detto sinteticamente.
Perchè questo è come comprendiamo il mondo, compreso quello fisico naturale, compreso il metodo sperimentale scientifico. Noi possiamo descrivere il fenomeno fisico naturale geometricamente, matematicamente. E questa è forma e la forma è metafisica ,non fisica, La fisica non può descrivere la metafisica, ma la metafisica può descrivere la fisica e la natura: questo è il potere della filosofia sulla scienza e questa rimane l'importanza dell'ontologia metafisica.


Non confondiamo la forma ,intesa come "impronta" fisica ad es. di un pentagono, esagono, il suo contorno fisico, l'orma .
La forma ontologica è il linguaggio che lo decide, è come noi pensiamo il sasso senza toccarlo e vederlo e quindi come lo descriviamo linguisticamente. L'essenza è ciò che identifica un ente ,un essere, ciò che fa dire che quel sasso ha determinate caratteristiche e proprietà e che l'umano ha sua peculiarità di cui Socrate ,e solo Socrate ha certe sue peculiarità.
L'essenza è insomma la caratteristica peculiare che detta il significato della parola indicando e identificando "quella" determinata cosa, ente o essere.


L'esempio dell'acqua è formalizzabile linguisticamente da molti linguaggi: un musicista, un pittore, oppure un chimico, o un fisico, oppure un geologo.......ognuno può descriverla dentro il suo dominio linguistico. Per un filosofo dipende ,daccapo, dalla sua struttura filosofica. Per i filosofi greci naturali, l'acqua per qualcuno era il fondamento naturale; è chiaro che per il chimico di oggi la descrizione è ovviamente diversissima.


Il problema non è tanto l'uomo che cerca di capire il linguaggio del leone.
Il vero problema è che fra umani non ci capiamo. L'individualizzazione è tipicamente ,socialmente umana, ma proprio perché il linguaggio crea complessità in cui noi ci differenziamo come individui.


Continuiamo a pensare "scientificamente" e non "filosoficamente".
Le proprietà e caratteristiche vennero, soprattutto da Aristotele in poi, relazionate meglio, in base alle categorie. Anche la scienza deve classificare, creare tassonomie per poter raggruppare insiemi di individui simili. La scienza ha preso dalla filosofia .


Interagire significa che c'è un antecedente e un conseguente, oppure una istantaneità temporale.
Se il nostro dialogo non avesse una temporalità, faremmo "caos" linguistico.
La temporalità detta la regola delle gerarchie classificatorie e tassonomiche, ciò che è a "monte" è più potente di ciò che è a "valle".




Non è affatto vero che l'essere e divenire siano imprescindibili: dipende cosa si intende per essere e cosa si intende per divenire, poiché l'essere non può mutare e divenire non-essere per ridiventare poter- essere e di nuovo essere: è come dire che l'identità muta. Cosa allora diviene e cosa rimane immutabile: la forma o la sostanza e dove sta l'essenza fra la contraddizione diveniente dell'essente?
Può l'essere venire dal nulla prima di esistere fisicamente e sparire nel nulla dopo la morte fisica? Perché è necessario che l'essere divenga? Detto in altro modo: perché è necessario che l'uomo viva, esista?
#4
Ciao daniele22,


Francamente non riesco a capire la tua posizione.
Prima asserisci ritenendo ciò che penso del linguaggio come "obsoleto", poi continui a darmi ragione sugli esempi: non mi è chiaro su cosa costruisci il tuo giudizio.
Se non spieghi ciò che pensi è difficile dialogare.
Anche il proseguio mi risulta ermetico.
Spiegati meglio e argomentando la tua posizione e i giudizi.


Non ti è chiaro cosa sia natura e cosa sia cultura: non sono la stessa cosa. L'uomo può benissimo fare contro natura pur essendone parte ,questa è l'arma in dotazione all'uomo: il potere della mente.
#5
Ciao A.Knox,
il discorso sulla logica e ancor più il ragionamento in generale, è parecchio ampio.
Il problema non è il "mistero", la teologia del mistero supera il mistero stesso.
Semmai è cosa pretendiamo dalla logica e dal ragionamento, che materializzi i misteri: Dio, come nacque la vita sulla Terra?
Se la logica deve dimostrare, e già Aristotele nell'analitica parlava del sillogisma dimostrativo ,che poi sarà quello utilizzato dal modello sperimentale scientifico moderno, siamo daccapo ad incongruenze e ai limiti a cui non sottostà neppure la scienza stessa.
Se sono i sensi a decidere ciò che logica e i ragionamenti pongono, saremo per sempre fermi alla cultura seicentesca. Si aggirano gli ostacoli cambiando gli assiomi delle matematiche, geometrie, fisica: i problemi sono sempre i fondamenti, quanto questi fondamenti e relativi corollari sono evidenti, non solo ai sensi (non esiste un assioma sensibile in matematica e geometria), ma soprattutto se è coerente il ragionamento logico, le predicazioni, le proposizioni.


Personalmente, faccio un esempio, ritengo che qualcosa o qualcuno necessariamente abbia creato, fatto in modo, generato, l'universo. Ora ,tutto ciò che si appalesa nell'universo è necessariamente voluto da quel qualcosa o qualcuno che ha creato l'uomo: il male, la morte, le malattie, la guerra, ecc. Cosa significa? Che cosa è allora al vita di un essere consapevole di sé, che in quanto tale, oltre a soffrire fisicamente può soffrire anche "spiritualmente"?
Quel che intendo dire è che il ragionamento logico è necessario, almeno per i punti fondamentali .
Le relazioni conseguenti ai concetti ontici ( ricorderei che essere in greco antico è TO ON), decide se vi è almeno coerenza nei ragionamenti.


Ricorderei che già nei greci, soprattutto il logico Aristotele, divideva la forma dalla sostanza.
Uno dei motivi per cui Aristotele fondò, se così si può dire, la logica, è perché i sofisti giocavano con le parole e gli argomenti facendo credere, persuadendo , persino falsificando . I sofisti furono avversati dal trio Socrate, Platone, Aristotele.
La forma, detto in maniera succinta , è proprio il LOGOS, è il linguaggio espresso dal pensiero con la parola, con lo scritto, ecc. La sostanza è la proprietà identitaria di un ente, quindi di un sasso la sua definizione, le sue caratteristiche distintive.
Noi senza linguaggio, ragionamenti e logica, saremmo come semplici animali, privi totalmente di cultura. E' il linguaggio che plasmando il mondo lo modella e quindi crea la tecnica. Il potere della parola è creare, persino fantasticare. Posso creare un mio mondo con le parole: da un romanzo, a una poesia, a un trattato.


In definitiva direi questo: il ragionamento, la logica sono fondamentali nella costituzione di una struttura linguistica : filosofica, scientifica, spirituale, artistica, saggistica, ecc.
E' fondamentale, ma non esaurisce da sola la "natura" umana.


Giustamente utilizzi il termine interpretare così come il termine certezza.
Noi interpretiamo e non possiamo avere certezze definitive, per quanto i ragionamenti logici possono spingerci verso una verità più o meno plausibile.
#6
La differenza fra ente ed essere, detto banalmente è la differenza che passa fra una "cosa" e una persona.
Ma non è così importante in sé questa differenza, dipende l'ambiente filosofico, direi la struttura filosofica in cui il filosofo colloca l'essere e l'ente.
Parmenide parla di Essere, qualcosa Platone e anche Aristotele, fra i più recenti Severino più che di ente ed essere parla di "essente".


La struttura filosofica dell'autore è decisiva. Parmenide parla di Essere dentro la contraddizione temporale, fra eterno e divenire. Nè Platone e Aristotele sono parmenidei, ma ne riconoscono l'importanza; quindi accettano sia il tempo eterno, a cui dà più importanza Platone, in quanto l verità necessariamente è eterna e non diveniente.


L'ente è spesso sinonimo di essere, dipende dal filosofo. Se l'essere è ritenuto e riferito alla sola persona umana, allora spesso il suo sinonimo diventa spirito se il filosofo è un credente.
E' vero che comunque ente e soprattutto essere vengono problematizzati nel rapporto con l'esistenza, nella modernità specialmente, in quanto l'esistenza è esperienza dell'essere.


L'analitica esistenziale da dove si origina strutturalmente e dove si finalizza ?
Da dove viene il dasein heideggeriano? Perchè "siamo gettati nel mondo"?
A mio parere senza struttura filosofica e relazioni quindi fra essere-esistenza- verità originaria, non c'è un senso veritativo della vita umana, si vive perché si è costretti alla vita, ma se son si sa il perché, non si capisce allora come possa essere cercato o trovato un senso "superiore": una significazione di una vita "vera".


La relazione temporale fra Essere ed Esistenza ,mette in causa ciò che è Essenza dell'Essere immutabile (l'antica psuche che divenne psiche che divenne anima/spirito), ciò che nell'uomo "è" e non diviene come corpo fisico: questo è il problema su cui ogni problematizzazione dell'Essere, come fa Heidegger, non porta a niente, è inconcludente e ancora privo di senso.
Quindi l'Essere "è" prima della vita, prima di essere gettati nell'esistenza e dopo la morte, quando il corpo fisico si dissolve.


Senza metafisica l'Essere non ha senso ed è per questo che ente ed essere vengono discussi in ontologia. Tentare di fare ontologia agnostica, atea, significa daccapo cadere in contraddizioni.
Perchè manca la categoria che dà il parametro . Severino ad esempio dice nella sua struttura originaria che anche Dio non può venire dal nulla, non solo tutti gli essenti (ente ed essere); ma questo moto perpetuo dialettico negativo e contraddittorio, non ha senso come struttura, non si capisce perché siamo chiamati alla vita e abbiamo necessariamente il destino segnato nella morte: qual è il senso di tutto ciò? Non mi pare che Severino dia o trovi spiegazioni.
Heidegger in un altro modo problematizza l'Essere nel tempo, proprio come destino dell'Essere per la morte; un altro modo di vedere la relazione Essere-Esistenza, di cercarvi significazioni che però non trovano una salda giustificazione? Una vita significativa, vera, da quale categoria e parametro è dettato il giudizio?
#7
Ciao Green,


Premetto che Hegel ha scritto dei testi sulla logica che spiega la sua posizone dialettica e non analitica.
Aristototele scrisse un corpus di logica formidabile,appunto l'Organon che ho letto tutto, soprattutto se si pensa che sia stato scritto più di duemila anni fa, tanto da essere considerato, insieme a Godel, il più grande logico.
L'analitica di Aristotele è fondata soprattutto sul sillogisma e l'autore fa numerosi esempi di come venga costruita la predicazione del sillogisma, con premesse, medi e conclusione.


Hegel fa una battuta a mio parere perspicace: Aristotele per poter esprimere il suo pensiero filosofico non ha avuto bisogno di sillogismi e ha ragione. Nessun filosofo ragiona solo per logica, spesso lo fa con dialettica e soprattutto retorica. La maieutica socratica e il pensiero di Platone vengono espressi con dialoghi dove i partecipanti esprimono idee contrastanti, la dialettica è appunto lo scontro fra tesi e antitesi che porta ad una sintesi, ad un livello maggiore all'originario in termine di verità e daccapo riapre un processo di tesi ,antitesi, sintesi eccetera ,sempre ad un livello maggiore,
Hegel quindi crede ad un processo storico di crescita culturale.


Le categorie aristoteliche sono importanti per la costruzione della logica, per la sua applicazione.  In fondo anche Kant utilizza delle sue categorie soprattutto per analizzare il processo del pensiero. Hegel non utilizza affatto la logica analitica, utilizza la logica dialettica .


Logos è un termine ambiguo, può significare e indicare alcune cose diverse fra loro.
Se a logos dessimo il significato di ragionamento, la relazione della ragione con il pensiero fondativo di un filosofo, lo può portare a pensare sul mondo, sull'universo.
Hegel dà una importanza fondamentale alla ragione, essendo l'universo tutto "creato" da questa ragione; per cui il procedimento dialettico della ragione, dei ragionamenti ,cerca di arrivare alla "ragione" originaria che in fondo è lo spirito. Il movimento della ragione dentro la dialettica è la fenomenologia hegeliana.




Sono d'accordo che anche la dialettica di Hegel , ma direi la dialettica in generale non garantisce che il procedimento tesi-antitesi porti ad una sintesi con una verità superiore ,dipende dalla qualità delle proposizioni e chi garantisce la qualità dei ragionamenti se non lo stesso filosofo, cioè in fondo l'uomo? Non si sa perché una persona è "più" intelligente di un'altra, "più" perspicace. Penso che alla fine decida la retorica ,più che l'analitica, più che la dialettica e infatti la pratica politica è retorica è uso di immagini retoriche nei media. Cosa fa convincere(la retorica è persuasione, la dialettica è contendere) un ragionamento piuttosto di un altro? Questo vale molto di più del meccanismo logico analitico o dialettico. Allora quel "logos" come e cosa colpisce nelle conversazioni?


Green, sono d'accordo con te che alla fine c'è relazione fra logos e la morale e oserei dire che sono anche qui le qualità fra logos e morale, il contrasto che nasce che mette in gioco la cultura e alla fin fine quindi la politica.
Penso che il giudizio storico sia proprio relazionato con l'esistenza. L'essere che esiste, cioè l'essente è dentro la storia e se vuol cercare significazioni, ritengo che lo scontro fra morale e mondo esistente, inteso come enti, come essere, come "cose" esistenti tutte, sia di primaria importanza e lo diventerà sempre più con l'avanzare del mondo tecnico.
Penso di esser d'accordo con te quindi nella relazione/scontro fra morale ed esistenza.
Arrivo a pensare che forse è necessario questo contrasto, è nella regola dell'universo (semmai non so il perché, ma è così).
#8
Le lingue: italiano e quindi latino, cinese e giapponese, così come pittogrammi, parole con i fonemi, geroglifici, ecc. sono diverse forme di costruzione di lingue . La sintassi dell'inglese è più semplice delle lingue latine. E le parole specifiche differiscono nelle lingue per la loro profondità. Ad esempio vi sono termini in tedesco intraducibili in italiano con una sola parola.


Il linguaggio è qualcosa di più di innatezza e razionalità, è qualcosa di più di un fonema che deriva da un suono, è qualcosa di più di informazione e comunicazione, pur essendo tutto questo, perché è malleabile, nel senso che vi sono neologismi, termini arcaici che non si usano più, sinergie con altre lingue, dialetti, ecc. E in più vi è la gestualità.


Comunque, tutto ciò è complesso e meriterebbe una discussione a parte.
Ritornando ad Hegel ,ritiene quindi l'induzione e la deduzione, come l'analitica aristotelica "vecchia", pensando che la dialettica sia la vera forma e il metodo più razionale.
Il ragionamento sillogistico si origina da una proposizione iniziale che si presume vera, da proposizioni medie che specificano alcune relazioni con il soggetto argomentato nella proposizione iniziale ,per arrivare ad una conclusione. Informaticamente diremmo che il sillogismo si riassume negli istruzioni IF-Then cioè in SE-Allora .C'è una iniziale condizione che apre un ragionamento, altri dati che ne sono attinenti e possono anche essere falsi e infine si deduce una conclusione.


Qual è il problema? Che tutte le leggi, ribadisco tutte, sono tautologie, assiomi, enunciati, postulati che dovrebbero essere in teoria primitivi, cioè non si può argomentare oltre in quanto dovrebbero essere EVIDENZE e in quanto tale riconosciute dalla comunità come assodate, come dimostrate vere dall'esperienza. E questa è la scienza moderna nel dominio del sensibile.
Ma non è altrettanto vero che i primitivi che formano la base della geometria ,della matematica ,della logica sono vere, evidenti, dimostrate. Semplicemente perché sono astrazioni che non sono nel dominio del sensibile. Per essere chiari la costruzione di una figura geometrica e quindi le proporzioni fra angoli e lati, ecc, o i numeri della matematica e le regole della somma e della moltiplicazione, ecc, o le parole e le regole sintassiche , fuoriescono completamente dal dominio naturale e fisico, quindi da quel sensibile che EVIDENZA che DIMOSTRA visivamente con la prova dell'esperimento, ecc.
Questo è l'assurdo. Le forme conoscitive umane non hanno, almeno in apparenza, a che fare direttamente con il dominio naturale e fisico che determina, che evidenza, che prova, che è esperienza. Invece le figure geometriche, i simboli numerici, i segni delle parole, che grazie a loro hanno costruito e costituito la cultura e le pratiche della tecnica, delle invenzioni, delle scoperte scientifiche, da sole non provano ,non evidenziano, non dimostrano.


E' allora in questa differenza che la cultura fa compromessi e scelte irrazionali.
Che senso ha dire che un fenomeno, una meteora, un pianeta, un cometa, è calcolabile nella sua traiettoria e si può desumere il suo peso massa, ecc. ma non posso parlare di Dio perché sarebbe metafisica? Un esopianeta, un pianeta visibile solo da strumentistica astrofisica può dimostrare, ma la parola umana non può parlare di Dio? L'esopianeta è astrofisica e quindi scienza ,mentre Dio è teologia e metafisica?
Mi sovviene allora un dubbio. Non è che perché tutto è calcolabile geometricamente e matematicamente così come l'analitica della parola calcola secondo le tavole della verità di Wittgenstein le proposizioni se sono vere o false, mentre le cose incalcolabili sono metafisica?
Hegel fa un ragionamento simile al mio quando boccia la razionalità costruita sull'analitica.
L'analitica fa calcoli di evidenza ,dimostrazione, di vero o falso, di cose solo calcolabili, riconducibili a quantità. Tutto ciò che è fuori dal calcolo, l'incalcolabile o non esiste per la cultura del calcolo, o non si può parlarne: assurdo.

Una guerra è ponderabile o appartiene all'imponderabile? La meccanica quantistica  ha esaltato il calcolo delle probabilità, come se le cose che accadono, gli eventi, fossero date da un Dio che gioca a dadi (come disse Einstein).
Bisogna riflettere attentamente queste cose se si vuol fare filosofia "vera".
La scienza moderna con il calcolo ha potere poiché dovrebbe predire gli eventi attraverso il calcolo ,non certo attraverso l'arte divinatoria degli antichi indovini.
Ma che cosa predice la scienza? Ciò che è solo evidenza naturale e fisica, anzi sbagliando  e continuamente affinandosi nei calcoli; ma ben poco o nulla nel mondo della cultura umana. Chi sa predire gli andamenti finanziari e borsistici, gli andamenti politici, ecc. Entriamo nel campo dell'imponderabile in cui infatti la scienza, non capendoci molto di scienza umana, definendo l'uomo come irrazionale nel suoi comportamenti ,cerca di giustificare la sua mancanza di poter calcolare e predire un comportamento.

I termini psiche, coscienza, anima che un tempo erano nobili, con la modernità sono diventati uno zerbino per pulirci la lingua.
#9
Ma perché mai si decide di fare una guerra? Per noia?
In geopolitica sono chiari quali sono le potenze egemoniche e quelle che sono sopraffatte.
USA in testa, Cina, Russia, Turchia, Regno Unito e Francia: queste sono potenze egemoniche e per vari fattori. Il primo è che tutte tendono ad un imperialismo e la narrazione interna parla di "patria", parla di antenati fondatori dentro una pedagogia interna della propria storia identitaria. Si sentono tutti imperi tendenti ad offendere ,figurarci ad essere offesi. C'entra poco l'ideologia, il capitalismo il comunismo eccetera, sono altri i fattori.
I tedeschi e gli italiani escono dall'ultima guerra come perdenti ,insieme ai giapponesi, per cui la loro narrazione è mutilata.
Non esiste un giudizio di giusto o sbagliato come vedo continuamente porre, ogni popolo che sia vincitore o perdente rivendica una propria narrazione, ma vi sono popoli che ostinatamente credono se stessi per "storia" per "razza" per "formazione e motivazioni", più forti di altri , più tendenti all'egemonia.
E adatto che tutto è governato da rapporti di forza, che sia l'economia, che siano armi negoziali diplomatiche, che siano politiche, che siano armi militari, tutto si rimette in gioco.
Per fare una guerra ci vuole una motivazione anche per quelle futuribili prive di storia antecedente, che è già un assurdo.
Allora ripeto: si fa una guerra per paranoia. Le narrazioni poststoriche, come quella italiana che ormai vale poco o niente, cioè di quell eche pensavano che le guerre non avrebbero mai più potuto esservi, sono tipiche di popoli decadenti: smettono di procreare (demografia calante), sono tendenti a comportamenti individualizzanti e decadenti, hanno perso la narrazione pedagogica identitaria ,che teneva unito il popolo.
#10
Il linguaggio è quella innanzitutto forma in cui il pensiero costruisce simboli significanti, semantiche, dentro regole sintattiche formali. Vale a dire che le forme conoscitive astratte, oltre alla logica inserirei matematiche e geometrie , hanno regole che almeno apparentemente sembrerebbero fuori dall'ambito fisico e naturale .
Separare e dividere il soggetto dall'oggetto significa ritenere che vi sono due origini e fondamenti distinti: due nature diverse. Hegel non pensa affatto a questo , è di tutt'altro e contrario pensiero.
Filosoficamente non ha senso, se non un riduzionismo tipicamente fisicalista moderno e postmoderno. Il problema non è essere o non essere "Dio" e conoscere o meno il "suo" punto di vista. Il problema è se logica geometria e matematica hanno partecipato a concreti fatti di conoscenze, se costituiscono e costruiscono un sapere e questo nessuno può negarlo, per cui è ovvia la conseguenza che fra soggetto ed oggetto viè una data corrispondenza.


Cosa è la metafisica? Hegel risponde in maniera totalmente diversa ed opposta rispetto ai moderni. Semmai i moderni hanno volutamente falsificato la metafisica filosofica per poter far credere tesi utilitaristiche ,più che onestamente filosofiche.
Che cosa è il pensiero in sé ? E' forse riconducibile alla fisica? Lo puoi vedere, toccare, appartiene al dominio del sensibile? No, affatto. Quindi .....?
Ma Chomsky pensa quando sostiene il contrario dell'evidenza che presuppone il suo pensiero di negare la relazione fra soggetto ed oggetto? Quando un fisicalista ,un riduzionista, nega ad esempio la coscienza come esistente, quel suo stesso asserto come è costruito e da dove nasce? E' come dire che Tizio pensa ,parla e dice di conoscere e nega la propria coscienza e il proprio dire seppur affermando? Un assurdo, prima ancora di essere un paradosso, un'aporia. Una coscienza che nega la sua stessa esistenza? A questa è arrivata l'analitica pseudofilosofica(perchè non è filosofia, è esercizio puramente formalistico della logica).
Se non è la coscienza cosa costruisce il pensiero? La coscienza è il soggetto dell'intera opera hegeliana della Fenomenologia. Cosa dice in proposito Chomsky, afferma senza sapere la natura del pensiero? Pensa senza sapere di pensare o peggio non sa cosa sia ontologia del pensiero.
Quando è il LOGOS che muove l'intero pensiero filosofico è chiaro che nella modernità e spesso nell'analitica che troviamo l'antifilosofia. Filosofia(tesi)-antifilosofia(antitesi)- Sintesi (?).

Sintetizzando.
Hegel ritiene la logica aristotelica analitica non all'altezza per la filosofia, e ritiene la logica dialettica superiore all'analitica (sillogistica ).
Il soggetto fondamentale conoscitivo in Hegel è la coscienza che diverrà autocoscienza.
Soggetto e oggetto non sono così distinti, bensì sono intimamente connessi.


Sintetizzando.
Hegel ritiene la logica aristotelica analitica non all'altezza per la filosofia, e ritiene la logica dialettica superiore all'analitica (sillogistica ).
Il soggetto fondamentale conoscitivo in Hegel è la coscienza che diverrà autocoscienza.
Soggetto e oggetto non sono così distinti, bensì sono intimamente connessi.
#11
La soggettività e in quanto tale la divisione fra soggetto e oggetto, fra agente conoscitivo e ciò che dovrebbe essere appreso per conoscenza, sono separazioni che avvengono in epoca moderna da Cartesio in poi fino allo psicologismo soggettivo.
Hegel invece è fuori da questa divisione . E' assurdo che l'uomo conosca e attraverso la tecnica modella la realtà fisica e naturale e allo stesso tempo pensare che soggetto ed oggetto siano divisi.
La fenomenologia di Husserl tenterà questa ricostituzione fra analitica gnoseologica fino allo psicologismo e logica.
Se funziona nella realtà il pensiero che trasforma il fisico naturale, significa che il pensiero, il NOUS di Anassagora è colui che modella la fisica e la natura e l'accompagna, come forma e sostanza dirà Aristotele. La decostruzione che avviene nella modernità da parte dei filosofi, tranne una minoranza, fallisce teoricamente e praticamente.
Non è una questione meramente emotiva e in quanto tale psicologica, è una questione fra logica e metafisica, fra realtà e logica, il pensiero razionale.
Hegel essenzialmente dice che la il pensiero umano non può che nascere da una natura e a sua volta da un fondamento universale, diversamente da dove mai verrebbe il pensiero?
Il pensiero umano quindi è la forma conoscitiva della realtà.
Fra i numerosi errori dei moderni vi è l'interpretazione sulla metafisica che verrà abiurata e distorta.
Le idee di Platone, tanto per essere chiari, sono e appartengono al dominio del sensibile, non sono oltre, non sono pura astrattezza che non esiste, questa è l'interpretazione falsa dei moderni.
Il pensiero è necessariamente legato alla realtà e la realtà appartiene all'universo sensibile.
Ciò che dicevano i greci e in fondo anche Hegel ,è che le forme, che sono le idee, sono l'essere, sono l'ontologia metafisica, se tutto ciò viene annullato culturalmente, rimane solo l'involucro materiale che ha perso il pensiero, la forma che lo accompagna.
Tanto per capirci, un sasso, un albero, un animale, sono prima di tutto un pensiero e poi la sostanza fisica e materiale. Dividere il pensiero dal sensibile significa non sapere più collegare e riunire la forma e la sostanza, il pensiero e la realtà. Per questo lo spirito di Hegel in Fenomenologia corrisponde alla ragione assoluta.


La scienza sperimentale galileana, per indagare la realtà usa la ragione e non solo le mani, gli occhi, le orecchie. E quando scriviamo in simboli matematici una formula fisica e naturale, abbiamo sintetizzato nel pensiero logico un fenomeno fisico.


Quindi per capire Hegel bisogna prima di tutto sapere che era convinto che l'universo fosse  fondato sulla ragione. Se tolgo la forma del pensiero, rimane la solo materia che diviene e sparisce, priva di senso. E' la forma, è il pensiero che costruisce gli eterni.
La logica dialettica scelta da Hegel e costituita da triadi (tesi-antitesi fino alla sintesi) tenta di superare la logica analitica che era aristotelica , ai tempi di Hegel non c'era ancora la logica moderna proposizionale di Frege, Russell, ecc.. Hegel ritiene che i contrari (tesi e antitesi), o si potrebbe dire un pensiero e la negazione di quel pensiero (l'antitesi come negazione della tesi),sono la metafora del mondo sensibile, dove tutto tende al contrasto, allo scontro fra contrari .

Hegel ritiene che la logica dialettica, con la sua negatività antitetica, sia superiore alla logica analitica: il contrario di quanto pensava Aristotele.
#12
Sono numerose le considerazioni che sorgono dalla Fenomenologia dello spirito di Hegel.
Vi sono problematiche sia di contenuti che di metodi.
Se la modernità pone il problema della soggettività e oggettività, dividendole, separandole, in Hegel la triade dialettica che nasce da tesi-antitesi-e arriva alla sintesi è applicabile a tutte le triadi che Hegel espone in Fenomenologia.
Ma cosa contraddistingue Hegel è la fiducia nel pensiero. Quel pensiero che Anassagora per primo pose come Nous, a fondamento della verità.
In Hegel vi è la fiducia che il pensiero soggettivo e l'oggetto del pensiero siano per intrinseca verità del fondamento certa ed assoluta, in quanto a fondamento degli universali vi è il pensiero. Per questo Hegel venne definito anche come "l'ultimo dei greci". Nella modernità invece prima si separa il soggetto dall'oggetto, entrando nel psicologismo soggettivo che contribuisce a individualizzare la conoscenza e ponendo direttamente o indirettamente nell'agone politico culturale uno dei principi di separazione fra individui e società, cioè ogni umano è un pensiero diverso e diviso e anche lontano da una verità oggettiva. Questo nichilismo moderno devastante negando qualunque forma di verità, diventa un piatto freddo nel formalismo logico che non si esaurisce quando si lega alle determinazioni naturali , finendo con negare di fatto qualunque fondamento e creando e proliferando nel paradosso e aporie i fondamenti delle scienze che sono privi di fondamenta, come palafitte prive di fondamenta nel terreno .
Hegel è una particolarità come pensiero filosofico culturale e per quanto il suo pensiero dialettico negativo quando ritiene di giungere ad una certezza di verità, si pone in una ingenua allegoria della realtà, poiché non è chiaro come e perché il risultato delle triadi debbano essere  la verità; ma quanto meno ha capito che il pensiero non può nascere disancorato da una oggettività chiamata realtà. Il pensiero è necessariamente adeguato all'oggetto, diversamente non si capisce a cosa ci servirebbe. Le determinazioni della logica quindi sono già adeguate al passaggio fra intenzione e natura nella costruzione delle logiche. In Hegel quindi vi è un il pensiero primordiale e fondante di tutta la creazione naturale e questo rapporto fra pensiero e materia fisica naturale è tradotta nel metodo della logica dialettica, come esplorazione scientifica di tesi e antitesi , di processi di confronto per giungere ad una sintesi di verità. In altri termini la logica dialettica negativa di Hegel arriva alle sintesi della ragione attraverso il moto della coscienza umana che pone l'lemto concreto della materia fisica insieme al pensiero nei procedimenti deduttivi ,fino a giungere in Fenomenologia allo Spirito, come verità assoluta.
#13
Citazione di: Giorgiaz_ il 19 Aprile 2022, 18:20:01 PMFino a che punto si può teorizzare la guerra senza una prospettiva storica?
E' necessaria una prospettiva storica per creare una guerra.
Un popolo come forma la propria identità se non da avvenimenti storici, su cosa fonda i suoi simboli e la sua narrazione? E' sempre un' interpretazione unilaterale che decide l'apertura di una guerra, non c'è una verità o un giudizio che decida una guerra giusta o ingiusta, poiché non è mai esistito il parametro assoluto della categoria di giustizia che determina già nell'intenzione di far guerra ,se sia giusta o appunto ingiusta. Se ci fosse non ci sarebbero guerre o probabilmente sarebbero tutte ingiuste: dipenderebbe dal criterio di costruzione del parametro di giustizia.
In fondo i popoli, le nazioni, gli Stati, sono delle enormi proprietà private di quel determinato popolo che si ferma ad un territorio, creando una stirpe, una cultura ,una lingua, una linea di sangue, dei confini. Ed è la storia, la cronologia temporale la prima a decidere il motivo della guerra.

La guerra è un atto di arroganza di un popolo, che nasce da una profonda ignoranza umana, quel senso di potenza e di appropriazione tipica della parte nefasta umana. Solo una morale, una giustizia condivisa, al di sopra delle parti , dei popoli e delle loro manie di potenza, può salvarci.
#14
 Finale dell'aforisma 292, degno di riflessione.


.......Credi tu che una tale vita con una tale meta sia troppo faticosa, troppo priva di cose piacevoli? Se è così, è perché tu non hai appreso ancora che nessun miele è più dolce di quello della conoscenza, e che le pendenti nuvole dell'afflizione dovranno servirti di mammella da cui mungerai il latte del tuo ristoro. Venga la vecchiaia, e tu osserverai come tu abbia dato ascolto alla voce della natura, la quale domina tutto il mondo col piacere; la stessa vita che ha il suo culmine nella vecchiaia ha anche il suo culmine nella saggezza, in quel mite lume solare di una costante letizia spirituale: ad entrambe, alla vecchiaia ed alla saggezza, tu vai incontro sopra un medesimo versante della vita: così volle la natura. Allora è tempo, e non c'è ragione d'indignarsi, che la nebbia della morte si avvicini. Verso la luce,- il tuo ultimo movimento; un giubilo di conoscenza,- il tuo ultimo suono.
#15
 L' aforisma 291 di Nietzsche, in Umano troppo umano, è un capolavoro.


Prudenza degli spiriti liberi.
Gli uomini di spirito libero, viventi unicamente per la conoscenza, troveranno ben presto raggiunto lo scopo esterno della loro vita, la loro definitiva posizione verso la società e lo Stato, e per esempio si contenteranno volentieri di un piccolo impiego o di una sostanza che basti strettamente alla vita; perché si aggiusteranno per vivere in modo che un grande rivolgimento nei beni esterni, e persino un rovesciamento delle istituzioni politiche non rovini la loro vita. In tutte queste cose essi spendono il meno possibile di energia, onde immergersi con tutta la loro forza accumulata e per così dire con un lungo respiro nell'elemento della conoscenza. Così possono sperare di immergersi totalmente e forse anche di guardare nel fondo. Di un avvenimento uno spirito simile prenderà solo un lembo, egli non ama le cose in tutta l'estensione e l'abbondanza del loro sviluppo: perché non vuole impigliarsi in quelle. Anch'egli conosce i giorni feriali della mancanza di libertà, della dipendenza, del lavoro servile. Ma di quando in quando giunge per lui una domenica della libertà , altrimenti non sopporterebbe la vita. E' probabile che anche il suo amore per gli uomini sia prudente e di corta lena, perché egli vuole occuparsi del mondo delle inclinazioni e delle cecità solo tanto, quanto è necessario ai fini della conoscenza. Egli deve aver fiducia che il genio della giustizia dirà una parola in favore del suo discepolo e pupillo, se voci accusatrici lo chiameranno povero d'amore.
C'è nel suo modo di vivere e di pensare un eroismo raffinato, che ha vergogna di offrirsi alla venerazione delle grandi masse come fa il suo più rozzo fratello, e ama andarsene tacito per il mondo e fuori del mondo . Qualunque labirinto egli attraversi , tra qualsiasi scoglio  egli abbia temporaneamente costretto il suo fiume, quando giunge alla luce, se ne va sereno, leggero e quasi senza rumore per la sua via ,e lascia che la luce del sole giuochi fino nella profondità in cui egli si trova.