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Messaggi - Jacopus

#1
Citazione di: Alberto Knox il 29 Luglio 2025, 22:35:14 PMuna visione puramene materialistica dell essere umano sulla quale sono distante anni luce . Mi è nuova la trovata  che noi siamo il nostro cervello che è poi un accrocchio di diversi cervelli dove  vi sono cervelli superiori (la neocorteccia) e i cervelli sottostanti "inferiori" (a chi poi?) dove sono iscritte norme di comportamento etico di base. Ma dove sono iscritte? nella carne sono iscritte o nella cultura? quante volte l'ominide primitivo a strnagolato suo figlio solo perchè piangeva di notte per poi provare quel sentimento che si chiama rimorso? e quando è diventato un essere umano quella creatura che era scesa dagli alberi? quando ha iniziato a cacciare? a parlare? a vivere in clan? Se vogliamo parlare di fallacia naturale dobbiamo rispondere a questa domanda; quando l'essere umanoide è diventato uomo?
Non puoi dire ; noi siamo il nostro cervello perchè ti risponderei che noi siamo il nostro corpo e non siamo il nostro corpo . E ma così ti contraddici, sì, hai perettamente ragione, mi sto contraddicendo...

Provo a rispondere a tutto. "Noi siamo il nostro cervello". Ho scritto "in qualche modo noi siamo il nostro cervello", lasciando capire che in qualche altro modo, noi non siamo "solo" il nostro cervello. Si continua a vivere anche se si è in coma, e il nostro corpo interagisce continuamente con il cervello, attraverso segnali elettrici e biochimici. Rispetto alla morfologia del cervello si è fatta un po' di chiarezza. La teoria dei tre cervelli di McLean non è accettata da tutti ma ha una sua validità esplicativa. Se vedi una illustrazione del cervello è abbastanza evidente la differenza organica fra neocorteccia e il resto del cervello. Che questa differenza sia legata alla sovrapposizione di cervelli sempre più recenti è una ipotesi su cui molti autori convergono.

Il comportamento etico dell'uomo è un altro argomento complesso. Ai piani bassi vi è un approccio etico più emotivo che razionale, ai piani alti (per semplificare neocorteccia), più razionale che emotivo. Si badi che sto molto semplificando, poiché tra piani bassi e piani alti vi è sempre reciproca dipendenza e azioni di feed-back, influenzate dalla storia e dall'ambiente del singolo homo sapiens. Ancora, semplificando, mentre gli altri organi vengono di solito sostituiti attraverso le leggi del l'evoluzionismo, il cervello sembra essere esente da questa regola. Di lui non si butta via niente, come con il maiale.

L'etica pertanto è iscritta sia nella struttura cerebrale che nella cultura. Non possiamo negare la presenza dell'una o dell'altra. Un sistema emotivo di base come quello della sofferenza nel caso in cui siamo isolati e privati di cure ci racconta come sia stato logico costruire sistemi etici fondati su valori comuni e condivisi. Natura e cultura sono strettamente interconnessi in noi, esattamente come i nostri molteplici cervelli (ne abbiamo uno piccolino anche nello stomaco, che con i suoi 500 milioni di neuroni non è neppure così piccolo).

Rispetto alla domanda di quando siamo diventati "uomini", se ho inteso bene, corrisponde al chiedere: quando abbiamo abbandonato lo stato di natura. Direi che potrebbe corrispondere al momento in cui abbiamo creato un linguaggio e con essi miti, storie, leggende. Anche in questo caso pensiero fondato su strutture organiche e meccanismi per svolgere il pensiero (linguaggio) sono strettamente interconnessi. Infine ribadisco comunque un concetto: noi siamo ancora animali. Nulla ci differenzia dalle altre specie in termini organici. La natura ha fatto con noi una scommessa, incrementando un organo (sempre lui) che ci ha condotto fin qua, rendendoci un ibrido natura/cultura.
#2
Se devo essere sincero Niko, non ho capito granché del tuo ultimo intervento, evidentemente mi sto velocemente rimbecillendo. Ad ogni buon conto mi sai dire brevemente se dalle leggi di natura si possono trarre leggi morali, e in caso di risposta affermativa, mi domando come conciliare questa prescrittività etico-naturale, con il cambiamento pressoché continuo della natura e delle sue strutture.
Ho il sospetto che tu riconduca tutto alle teorie scientifico-naturalistiche del marxismo classico, che però hanno fatto il loro tempo. Credere in una teoria oggettivamente e naturalmente "vera", va contro la necessità di ritrovare Marx e la sua teoria "vera" dello sfruttamento e dell'alienazione, ma su basi non oggettive o naturalistiche ma culturali (ed ecco avveratosi l'off-topic dell'off-topic, del resto se sono gli stessi moderatori a dare l'esempio🤓).
#3
In realtà neppure la vita è il "fondamento ultimo" indiscutibile e prescrittivo. Lo sarebbe in un mondo di monadi, ma la vita e la morte sono fenomeni relazionali. Anche in questo caso può nascondersi la fallacia naturalistica. Oltre al caso dell'uomo grasso, basti pensare al diritto di aborto, alla guerra, al diritto in nome della vita di poter possedere un harem, per riprodursi. La fallacia naturalistica presuppone che tutto sia dinamico e tutto sia relazionale, per cui il fondamento della "vita giusta" va cercato altrove. La distinzione prescrizione/descrizione è sia un principio logico afferente alla necessità di distinguere due dimensioni  (che possano interagire è un altro discorso), sia una affermazione che mette in primo piano la singolarità della specie sapiens in natura. Una singolarità che ha tratto origine dalla natura (ovvero un cervello fuori dal comune) ma che si è affrancata dalla natura grazie a quella singolarità. Ci troviamo così nella scomoda situazione di agire nella natura, sfruttandola così a fondo, da mettere a rischio la nostra sopravvivenza come specie. Il che comunque non è un evento eccezionale, visto che, mediamente si estinguono circa 1000 specie all'anno, dal 1980 in poi ( le specie esistenti sono circa l'uno per cento di tutte quelle che si sono presentate  sul pianeta terra).
Un altro argomento riguarda come la morte sia connessa con la vita addirittura negli stessi meccanismi biologici naturali che favoriscono la vita, come l'apoptosi.
#4
Citazione di: InVerno il 26 Luglio 2025, 11:45:32 AMMa cosa vuol dire questa frase? E non è l'unica di cui me lo chiedo, è solo una delle più belle.
Secondo me significa che Mussolini faceva i suoi interessi (usava per i propri scopi l'ideologia socialista), facendo credere che era a favore delle masse, della democrazia e della solidarietà. La stessa strategia degli attuali partiti politici (chi più chi meno). Con, in più, il non averne rinnegato la carica violenta. La stessa strategia di molti partiti politici attuali (non tutti), i quali pensano di risolvere il problema delle migrazioni con i campi dì concentramento. Ovviamente la mia è una esegesi parziale e incompleta data la estrema complessità del testo e mi rimetto ad eventuali chiarimenti dell'autore.
#5
Tematiche Filosofiche / Fallacia naturalistica
25 Luglio 2025, 22:42:32 PM
In altra parte del forum ha luogo un duello senza esclusione di colpi rispetto al concetto di "fallacia naturalistica". Piuttosto che entrare lì, ho preferito aprire una nuova discussione qui, che possa circoscrivere il tema. La questione nei suoi tratti generali è nota: "dalla descrizione non può derivare la prescrizione". Questa impostazione presuppone una netta divisione fra natura e cultura. La cultura è un prodotto artificiale e l'uomo si è completamente emancipato da ogni legge non convenzionale, sia che essa si faccia derivare dalla natura o dalla religione o da ogni altro fondamento dogmatico.
Si tratta di un approccio "responsabilizzante" perchè si fa riferimento esclusivamente a ciò che "teoricamente" i membri di una società decidono su cosa sia bene e cosa male, su ciò che bisogna prescrivere (genericamente "le norme", dal galateo alla dichiarazione dei diritti dell'Uomo). Questa estrema libertà è anche facilmente osservabile, nello studiare le società che si sono succedute nel tempo e nello spazio. Ci sono società che definiscono malvagio mangiare carne di maiale, ed altre che ritengono sconveniente parlare in metropolitana. La fallacia naturalistica inoltre si è notevolmente sgonfiata, quando si sono appresi meglio i comportamenti degli animali, spesso in passato paragonati come il buon modello dell'umanità, mentre oggi si è scoperto che sono violenti, sessualmente morbosi, pigri, rabbiosi e desiderosi di drogarsi esattamente come noi umani.
In effetti, io penso che siamo in un estremo della scala della natura, dove la natura ha poco peso, anche se è stata la natura a volerlo, affibbiandoci un cervello voluminoso ed in grado di creare "un suo mondo". L'uomo, in sostanza, attraverso la cultura ha creato "un mondo artificiale" sempre potenzialmente modificabile. Questa modificabilità è diventata anzi un tratto consueto, in qualche modo la modificabilità è nelle società umane un tratto permanente, così come le formiche in modo permanente sono organizzate a seguire la fila.

Ma questo pigiare l'acceleratore nell'artificialità hobbesiana, che pur ha evidenti vantaggi, non mi convince del tutto. In qualche modo noi siamo il nostro cervello, sia a livello individuale che sociale e il nostro cervello non è unico, ma è un insieme un pò accrocchiato di diversi cervelli sovrapposti. Il principio della fallacia naturalistica funziona molto bene a livello di neocorteccia, che è la parte del cervello maggiormente in grado di costruirsi una realtà autonoma, a pensare oltre al già dato. Ma nei cervelli inferiori sono iscritte norme di comportamento di base, che inevitabilmente regolano il nostro agire e regolandolo emettono scale di priorità e quindi valori e quindi scelte etiche. Gran parte di esse sono ovviamente centrate sullo scopo di sopravvivere, almeno quel tanto che basta per procreare la generazione successiva. Credo che proprio a causa di questi schemi ancestrali ed automatici di stampo emozionale, le fallacie naturalistiche ci piacciono tanto. Ancora una volta credo che cadere nel tranello della  critica alla fallacia naturalistica, sia il bisogno della neocorteccia di dominare, con i suoi raffinati ragionamenti, tutta la baracca umana, che però è anche natura e bisogno di mimesi naturale. Ancora una volta, ritengo che la procedura per il buon vivere sia quella di non lasciarsi irretire nè dalla fallacia naturalistica, ma neppure dalla fallacia artificialistica.
#6
Ciao inverno. Nel definire l'oriente il negativo dell'Occidente non fai altro che confermare la mia tesi. L'Occidente è bravissimo nel polarizzare, distinguere e classificare, così come il nostro emisfero sinistro. Si tratta naturalmente di classificazione anche quella tra emisferi, poiché è noto che, in caso, di lesioni di un emisfero, l'altro si fa carico (almeno parzialmente) delle sue funzioni. Inoltre come hai chiaramente scritto Oriente/Occidente racchiudono dentro di esse realtà estremamente varie. Eppure al di là delle differenze è possibile trovare delle affinità e non voglio neppure proclamare la grandezza dell'Oriente e la miseria dell'Occidente, semplicemente considerare che, come sempre, scegliere una sola parte, potenzialmente è un rischio. Si può usare la metafora evoluzionista ambientale, per la quale un ambiente sano è un ambiente dove vive il maggior numero di specie. Un ambiente culturale sano è un ambiente dove i valori orientali ed occidentali, intesi in questo senso "convenzionale", vivono insieme e si bilanciano.
#7
Con la tua risposta hai confermato la mia tesi, ovvero che non si tratta di spiegare ma di avere punti di vista, posizioni diverse e sostanzialmente inconciliabili, secondo una modalità, appunto, di priorità del proprio punto di vista veritativo. In ogni caso mi sembra di aver scritto che la predominanza individuale (soggetto-em. sx) su quella collettiva (oggetto-em. dx), è un processo non ancora concluso e che prefigura esiti sempre aperti. Aver spinto l'acceleratore sulla soggettività, inoltre, ha probabilmente permesso all'uomo di raggiungere quel balzo tecnologico che ci permette di vivere nel comfort. Tornando ad Edipo, è la sua sete di conoscenza come soggetto individuale che si contrappone al coro. E la sua ricerca della verità ha effetti ambivalenti, uccide il padre, sposa la madre, ma libera la città dalla pestilenza ed infine si acceca. Il superamento del tempo del mito presuppone inevitabilmente l'amplificazione della soggettività. La soggettività e l'individualismo non sono negativi in sé ma lo diventano in un ambiente dove dominano, sottomettendo la predisposizione agli interessi verso la collettività. Credo che in questo momento storico, l'Occidente classico stia attraversando una crisi che, in certi ambienti/movimenti/partiti si cerca di sanare "amplificando" l'individualismo e tutto ciò che si riferisce "retoricamente" all'em. sx: misurazione, classificazione, definizione, giudizio, separazione, affermazione, scissione.
#8
Provo a spiegarmi cercando un'altra via. Noi siamo individui. Siamo separati dai nostri simili e dall'ambiente da un confine, la pelle. Eppure siamo anche organismi "sociali". Sono stati trovati anziani curati fin dall'epoca preistorica. Uno degli stati affettivi di base dei mammiferi è la sofferenza (Grief, da non confondere con il dolore, pain), ovvero il senso di angoscia che proviene dalla solitudine, dal non riconoscimento. Ed ancora quante volte incorporiamo in noi ideali, comportamenti di chi amiamo o ammiriamo. Quindi nell'uomo, inevitabilmente (come in tutti i mammiferi) c'è un gioco oscillatorio fra individuo e collettività. La scommessa dell'Occidente è stata quella di puntare principalmente sull'individuo a scapito della collettività. Un processo non lineare. Anche in Occidente ci sono state epoche di ritorno della mentalità collettive. Anche i sovranismi attuali sono un tentativo (disfunzionale) di recuperare una dimensione collettiva. Ma il processo negli ultimi 50 anni si è incredibilmente accelerato verso il dominio del soggetto sul collettivo. Tieni presente che questa distinzione è iscritta nella stessa struttura cerebrale. Per questo parlo di em. sx ed em. dx. Perché i due emisferi sono specializzati in due funzioni entrambe necessarie per la sopravvivenza della specie. Vivere come un soggetto separato e, contemporaneamente, considerare che anche l'altro è necessario alla sua sopravvivenza. Alcuni meccanismi anche culturali (come l'ipertecnologia) stanno interrompendo la dialettica e il reciproco scambio fra queste due visioni.
Ciò che dico opera molto più in profondità rispetto alla costruzione di imperi coloniali, i quali possono giustamente essere organizzati in modi più o meno tirannici. Non tutti gli imperi coloniali sono stati identici: ciò che faceva il nazismo in Ucraina è molto diverso dai patti foederati di Roma, o più laconicamente di quanto fanno gli Stati Uniti con le loro colonie europee (i quali hanno copiato il sistema dalla Gran Bretagna che lo copió da Roma).
Ovviamente ciò che dico è solo la rivisitazione di temi già affrontati con ben altri strumenti interpretativi. Quello che constato è la sempre maggiore fondatezza di questa ipotesi e la sua potenziale distruttività.
#9
Grazie per l'intervento Anthony. La distinzione oriente/Occidente ha una storia millenaria. Le origini sono da rintracciare nelle guerre fra Persia e Grecia, fra il supposto popolo libero e democratico e quello tirannico. Montesquieu riprese quella distinzione e l'attualizzó. Non la vedo comunque solo in questo modo. E neppure nel senso di opposizione razionalità/emozione. Perlomeno non del tutto. La distinzione consiste nella creazione "esclusivamente occidentale" del soggetto distinto dall'oggetto. In questa scissione sta il segreto (e la rovina) dell'Occidente. Perché se l'oggetto è distinto posso "usarlo", "consumarlo", trasformando prometeicamente il mondo. Ed è per questo che l'Occidente ha colonizzato il mondo (a differenza della Cina), non per la sua vocazione mercantile. A monte di quella vocazione c'è l'invenzione della soggettività scissa dall'oggetto. Un percorso accidentato che ha portato anche dei considerevoli benefici. Un libro come le Confessioni di Agostino poteva essere scritto solo da un Occidentale. Il prezzo da pagare è però elevato se non ci sono contropoteri a frenare l'idolatria verso la soggettivitá. Poiché in questo modo scompare l'umanità come relazione, l'umanità come capacità olistica di empatizzare, con gli altri, con le piante, addirittura con le strutture materiali della terra, l'acqua, l'aria, le montagne. Tutto si "spiega" in Occidente: le pieghe, le ombre, il lato oscuro di ognuno di noi, è sinonimo di malattia. La soggettività occidentale preferisce il contrasto che misura: bianco o nero. Tornando a Foucault che ha ispirato questa discussione, la psichiatria è occidentale ma resta il non dicibile della follia. E la sua vera cura è accettare la parte di follia che alberga in ognuno di noi, la parte di male, di malvagità che dobbiamo riconoscerci per non fare la fine di Edipo, personaggio ancora in bilico fra Oriente ed Occidente.
#10
"Nell'universalità della ratio occidentale esiste una separazione rappresentata dall'Oriente: l'Oriente pensato come l'origine, sognato come il punto vertiginoso dal quale provengono le nostalgie e le promesse del ritorno, l'Oriente offerto alla ragione colonizzatrice dell'Occidente, ma indefinitivamente inaccessibile, perché rimane sempre oltre il limite, notte dell'origine, in cui l'Occidente si è formato, ma in cui ha tracciato una linea di separazione, l'Oriente è per esso tutto quello che esso non è, benché debba cercarvi la sua verità primitiva." Questo passo tratto da "Storia della follia nell'età classica", da solo vale il prezzo del libro. Da un lato l'Occidente che classifica, distingue, misura, scinde e si espande nella storia. Dall'altro l'Oriente, come ciò che non si lascia definire, che è vitalmente oscuro. In un altro passaggio si cita una poesia "je nommerai desert ce chateu que tu fus,nuit cette voix, absence ton visage". L'Oriente appare come un enorme "inconscio" che viene divorato dall'Occidente colonizzatore. Un inconscio che conosce i suoi migranti di ritorno come i due Kurz (heart of darkness e Apocalypse now). Ma nel momento in cui l'enigma viene risolto e la sfinge si uccide la tragedia è pronta a bussare alla porta e la ratio si scioglie come l'Orrore evocato sempre da Kurz e dal suo antenato McBeth.
Allora la lezione è sempre la stessa "il mesotes" capace di accettare il politeismo dei valori, ratio diverse che solo convivendo permettono un sano ambiente ecologico, che dal piano culturale inevitabilmente sfocia in quello propriamente naturale. Si potrebbe dire in qualche modo che il riscaldamento globale è iniziato con Sofocle.
Ed ancora, a proposito di provocazioni, per epater le bourgeois, non sembra che le due rationes, occidentale ed orientale, siano sovrapponibili ai due emisferi del cervello e alla progressiva sottomissione di uno, il destro (Oriente) al sinistro (Occidente)?
#11
Tematiche Filosofiche / Re: Mah...ditemi voi
14 Luglio 2025, 08:30:08 AM
Fai un sacco di domande. Per rispondere servirebbero un migliaio di pagine. A me quello che mi ha colpito è questo bisogno di risposte a cui si contrappone il rifiuto di impegnarsi. A costo di sembrare bacchettone (in questi tempi insani), posso solo dire che per trovare una risposta alle domande serve disciplina. Personalmente l'ho appreso all'università. Prima era bello leggere Joyce, Nietzsche, Fromm, senza nessuna necessità di riscontro. Per carità serve anche quello, ma quando mi sono dovuto confrontare con le Costitutiones romane dalla Repubblica al Dominato, imparando a memoria tutti i loro nomi, ho scoperto cos'è la disciplina intellettuale. Senza questa, senza l'ordine che ti dice di restare concentrato per ore su un testo, le tue domande resteranno inevase. Al massimo sentirai qualche commento che ti piacerà per poi dimenticartene qualche ora dopo, lasciandoti nella condizione che fai intravedere nel tuo intervento. Ovviamente non è semplice quello che ti propongo, ma è l'unica via. Permettimi di citare Eschilo (visto che ancora non ho citato nessuno 😁): "la cura per il dolore è la conoscenza".
#12
Excursus per corroborare la tesi relativa all'ebraismo nella top rank dei Nobel. Credo che dipenda dal fatto che l'ebraismo sia per antonomasia "la religione del libro" e come solleciti, quindi, i suoi seguaci a studiare (specialmente in certi paesi dove lo studio è comunque sostenuto, infatti i nobel ebrei li troviamo soprattutto nelle culture anglosassoni). La pressione esercitata da secoli nei confronti degli ebrei li ha inoltre spinti a "dover eccellere". Infine una volta attivata la ruota, è inevitabile che il figlio di un fisico nucleare ebreo, si faccia largo in campo intellettuale, perché per lui la cultura sarà una dimensione naturale, coltivata fin dalla più tenera età. A tutto questo, per sovrapprezzo possiamo anche aggiungere il mito del popolo eletto, che anche secolarizzato, può produrre il classico effetto da "selfullfilling prophecy".
#13
CitazioneInsomma invito a non sbandare il discorso verso lo psicologismo e presunte incapacità personali o individuali. 
Sono d'accordo, ma per caso questa regola non potrebbe valere anche per te? Hai presente quante volte hai dato giudizi sulle persone e non sull'argomento ed anche quando lo hai fatto sull'argomento non ti sei impegnato in diplomazia. Ti invito a rileggerti.
#14
CitazioneAffermare che la religione è arretrata e inferiore rispetto alla tecnica, manca di parametri per un confronto "posizionale" serio (proprio come dire che il portiere è arretrato e inferiore rispetto ai pallavolisti); si occupano forse dello stesso "campo", per cui essendo in diretta concorrenza una è più avanzata dell'altra?
Questa è una visione della religione relativistica, padre Jorge ti avrebbe incenerito solo con lo sguardo. Come se la religione abbandonasse la sua visione totale e totalitaria della realtà. Non ho grande dimistichezza con le religioni extra-monoteistiche, ma rispetto alle religioni monoteistiche questa è una illusione. Le religioni monoteistiche ritengono, nel loro assunto, nel loro fondamento, che vi sia un'unica verità e quindi il campo da gioco unico è proprio quello relativo al concetto di verità. Verità che si basa sulla tradizione dei libri rivelati per la religione, mentre per la scienza si basa sulla dimostrazione empirica, che lascia spazio a sempre nuove e mutevoli verità. La filosofia, fortemente influenzata dal modello scientifico, tende ad assumere con diverse tonalità e sfumature, il concetto di verità scientifica.
Questo però non vuol dire che la verità scientifica sia superiore alla verità religiosa, ma semplicemente che esiste una dimensione per il confronto, che a mio parere consiste nel concetto di verità.
#15
Attualità / Re: Negazionismo climatico
06 Luglio 2025, 21:15:20 PM
Citazione di: anthonyi il 06 Luglio 2025, 20:45:55 PMI tuoi argomenti, jacopus, sono una buona rappresentazione di quel clima apocalittico del quale ho parlato. Oggi non é più tempo di esodi biblici, se la siccità inaridisce dei territori La soluzione più semplice é quella di portare il cibo in quei territori, ed é così che si fa.
La migrazione non la fa certo chi non ha da mangiare, ma solo chi ha i soldi sufficienti per pagarsi il viaggio.
Comunque il prezzo del caffè, robusta é addirittura triplicato, è la causa é connessa con il mutamento climatico, o meglio con eccezionali condizioni climatiche, ma questo é ordinaria amministrazione per i sistemi di mercato, non é certo la fine del mondo.
Poi tu al tuo solito la butti sempre in ideologia, sono sempre i kapitalisti, brutti, sporchi e cattivi, la causa di tutto. Ma non ti sembra che questa visione semplicistica entri in conflitto con l'idea che il mondo climatico vada visto nella sua complessità?
In realtà la mia critica al capitalismo è in buona compagnia insieme a tutte le ideologie della moltiplicazione senza fine a favore di un mondo antropocentrico, quindi comprensiva di comunismo e di alcune religioni (soprattutto le monoteistiche). Il capitalismo ha la sua massima nel massimizzare il profitto, il comunismo nel rendere possibile un mondo giusto attraverso "l'elettrificazione" ( vedi i disastri ambientali epici causati dall'Unione Sovietica), il monoteismo pensa che la terra sia stata messa a disposizione dell'umanità, principini delegati da una divinità celeste a poterla sfruttare.
Il meccanismo capitalistico di questi tre è però quello più efficiente, perché ha reso obsolete le resistenze a favore di meccanismi comunitari, che sono invece presenti nelle altre due tradizioni culturali. Beninteso, il Capitalismo non è da confondere con i "capitalisti brutti, sporchi e cattivi". Il capitalismo è una ideologia talmente forte che condiziona anche chi la critica, come me. È diventato un "pensiero unico", sufficientemente tollerante ed in grado di far fruttare anche le critiche (ad esempio con collane editoriali ad hoc). Paradigmatico l'approccio al cambiamento climatico, al cd green deal, considerato un nuovo modo per spremere soldi. La macchina elettrica o le centrali nucleari come toccasana ad esempio. Bè, ritengo che un auto diesel del 2000 abbia una "carbon footprint" molto più bassa di una tesla. La vera ricetta sarebbe "non consumare più in beni non di prima necessità", abbandonare Sharm, indossare massimo le stesse 3-4 magliette, un giubbotto per l'inverno e così via. Prova a dire ai miliardi di persone che si affacciano ora al consumismo una preghiera del genere. Ti riderebbero in faccia, visto che noi, finora ce la siamo spassata alla grande. Ed allora l'unico rimedio ulteriore sarebbe quello di, oltre che non consumare,  offrire a titolo gratuito tra la metà e i due terzi del patrimonio di ognuno di noi ad un ente pubblico super onesto che impieghi quei soldi in modo da ridurre prima possibile l'immissione di CO2 ed altri iinquinanti nell'atmosfera. Direi che siamo in un campo dove servirebbero decisioni radicali e condivise da tutte le nazioni, poiché il riscaldamento globale è come la morte, non fa distinzioni ed è come le merci nell'era della globalizzazione. Ed invece facciamo mezzo passo in avanti, poi un passo indietro e così via, finché il mondo come lo conosciamo ora, non ci sarà più. Certo puoi considerarmi un catastrofista, o meglio "un apocalittico", posizione che preferisco a quella dell'integrato (citazione da Umberto Eco). E bada bene, vorrei tanto sbagliarmi. Ho figli, tengo famiglia.