È difficile per me fare adesso un punto della situazione. Sono state affrontate molte tematiche nicciane,forse (come mi era effettivamente parso a una prima e superficiale lettura) con eccessiva frettolosità. Io invece ho un approccio diverso,tendo a valutare ogni aspetto singolarmente,con calma e soprattutto con prudenza,senza dover necessariamente trovare una linea interpretativa che dia un senso a tutto ciò che è stato scritto. Si presuppone che si arrivi a una conclusione finale,come fine ultimo di una filosofia,mentre per chi si è immerso abbastanza a fondo nella lettura di Nietzsche non dovrebbe essere scontato prevederlo. Arrischiare una deduzione dovrebbe essere il compito maggiormente pieno di insidie per un pensatore.
Lo Zarathustra ha riscosso immediatamente più attenzioni,essendo il libro che più degli altri sembra indicare tali conclusioni. Ma vorrei dire,contrariamente a ciò che dice Paul,che lo stile che lo contrassegna è unico nella produzione di Nietzsche,che è dotato anche di una scrittura lucida,chiara e lineare,e di un ottima capacità argomentativa. Argomentazioni,non dimostrazioni,appunto. Delle quali la filosofia può fare tranquillamente a meno (sorrido quando leggo di "filosofie razionali",con tutto il rispetto,ma la ragione segue sempre a un giudizio,una valutazione antecedente,un peso).
Andiamo con ordine nelle varie questioni:
- L'eterno ritorno. Come Green demetr e Garbino,non ho ancora "osato" confrontarmi con il pensiero che Nietzsche stesso ritiene essere "il più abissale". Non credo di essere giunto a un punto tale da avere gli strumenti per comprenderlo nel suo significato più pieno. Però avrei da ridire su certe interpretazioni grossolane. Ad esempio tutti sembrano concordare che eterno ritorno abbia il significato di eterno presente,dove l'uomo vivendo costantemente l'attimo,cioè se stesso,sfugge dai condizionamenti del passato e del futuro. Ebbene,si può ancora parlare di tempo messa in questo modo? E in ogni caso,qui pare prender voce un pregiudizio,un sottile meccanismo che scambia l'interpretazione con il testo. Vi invito allora alla lettura,citandovi due passaggi sull'eterno ritorno:
"«Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!». Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina»?" (La Gaia scienza,aforisma 341,"Il peso più grande")
"Consentiste mai alla gioia? Oh, amici, consentiste allora a tutte le pene. Tutte le cose sono concatenate insieme, congiunte dall'amore, – voleste mai che una volta venisse due volte, diceste mai «tu mi piaci, gioia! momento, istante!» voleste allora che tutto tornasse!" (Cosi Parlò Zarathustra,il canto d'ebbrezza)
In entrambi si parla di attimi vissuti nel passato,così grandi da far desiderare il ritorno della sequenza di eventi che è la vita.Ma dopotutto,che senso può avere la parola attimo,se non da una prospettiva passata?
- La morte di Dio. Maral, che Nietzsche usi toni tragici non implica di fatto paura e disperazione. Solo chi ha un animo suggestionabile può essere preso dallo sconforto proprio dove fa capolino la tragedia. Riporto,anche qui,un altro aforisma sulla morte di Dio,di ben altro carattere:
"In realtà, noi filosofi e "spiriti liberi", alla notizia che il vecchio Dio è morto, ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora; il nostro cuore ne straripa di riconoscenza, di meraviglia, di presentimento, d'attesa, - finalmente l'orizzonte torna ad apparirci libero, anche ammettendo che non è sereno, - finalmente possiamo di nuovo sciogliere le vele alle nostre navi, muovere incontro a ogni pericolo; il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto dinanzi, forse non vi è ancora mai stato un mare cosi "aperto" (La gaia scienza,aforisma 343)
- Bene e Male. L'origine dei giudizi di valore è proprio il tema del primo saggio di "Genealogia della morale". Mi stupisco allora che a Garbino sia sfuggito un passaggio tanto fondamentale:
"dato che da molto tempo è ormai abbastanza chiaro quello che io "voglio", quello che voglio proprio con quella formula pericolosa, scritta su misura per il mio ultimo libro: «Al di là del bene e del male»... Per lo meno questo "non" significa, «Al di là del buono e del cattivo»".
Una distinzione del genere non può non essere sottolineata. Perché si rischia di vedere in Nietzsche,a causa della stringente formula "al di là del bene e del male",uno strenuo nemico dei giudizi di valore,quando egli incita a creare PROPRIE tavole di valori. Al di là del bene e del male significa invece essere fuori dalla prospettiva pregiudiziosa di un bene e un male universali. Lascio ancora una volta la parola allo Zarathustra:
"Ma s'è scoperto chi dice: questo è il mio bene e questo è il mio male: con codeste parole egli ha fatto tacere la talpa e il nano che dicono: «Per tutti è bene, per tutti è male».In verità non mi piacciono neppure coloro per i quali tutte le cose son buone, e che chiamano questo mondo il migliore dei mondi. Costoro io chiamo i soddisfatti di tutto.La contentezza che sa gustar ogni cosa, non è il gusto migliore! Io rispetto le lingue e gli stomachi ribelli e di difficile contentatura, che hanno imparato a dire: «Io» e
«sì» e «no»"
Continua..
Lo Zarathustra ha riscosso immediatamente più attenzioni,essendo il libro che più degli altri sembra indicare tali conclusioni. Ma vorrei dire,contrariamente a ciò che dice Paul,che lo stile che lo contrassegna è unico nella produzione di Nietzsche,che è dotato anche di una scrittura lucida,chiara e lineare,e di un ottima capacità argomentativa. Argomentazioni,non dimostrazioni,appunto. Delle quali la filosofia può fare tranquillamente a meno (sorrido quando leggo di "filosofie razionali",con tutto il rispetto,ma la ragione segue sempre a un giudizio,una valutazione antecedente,un peso).
Andiamo con ordine nelle varie questioni:
- L'eterno ritorno. Come Green demetr e Garbino,non ho ancora "osato" confrontarmi con il pensiero che Nietzsche stesso ritiene essere "il più abissale". Non credo di essere giunto a un punto tale da avere gli strumenti per comprenderlo nel suo significato più pieno. Però avrei da ridire su certe interpretazioni grossolane. Ad esempio tutti sembrano concordare che eterno ritorno abbia il significato di eterno presente,dove l'uomo vivendo costantemente l'attimo,cioè se stesso,sfugge dai condizionamenti del passato e del futuro. Ebbene,si può ancora parlare di tempo messa in questo modo? E in ogni caso,qui pare prender voce un pregiudizio,un sottile meccanismo che scambia l'interpretazione con il testo. Vi invito allora alla lettura,citandovi due passaggi sull'eterno ritorno:
"«Questa vita, come tu ora la vivi e l'hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!». Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: «Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina»?" (La Gaia scienza,aforisma 341,"Il peso più grande")
"Consentiste mai alla gioia? Oh, amici, consentiste allora a tutte le pene. Tutte le cose sono concatenate insieme, congiunte dall'amore, – voleste mai che una volta venisse due volte, diceste mai «tu mi piaci, gioia! momento, istante!» voleste allora che tutto tornasse!" (Cosi Parlò Zarathustra,il canto d'ebbrezza)
In entrambi si parla di attimi vissuti nel passato,così grandi da far desiderare il ritorno della sequenza di eventi che è la vita.Ma dopotutto,che senso può avere la parola attimo,se non da una prospettiva passata?
- La morte di Dio. Maral, che Nietzsche usi toni tragici non implica di fatto paura e disperazione. Solo chi ha un animo suggestionabile può essere preso dallo sconforto proprio dove fa capolino la tragedia. Riporto,anche qui,un altro aforisma sulla morte di Dio,di ben altro carattere:
"In realtà, noi filosofi e "spiriti liberi", alla notizia che il vecchio Dio è morto, ci sentiamo come illuminati dai raggi di una nuova aurora; il nostro cuore ne straripa di riconoscenza, di meraviglia, di presentimento, d'attesa, - finalmente l'orizzonte torna ad apparirci libero, anche ammettendo che non è sereno, - finalmente possiamo di nuovo sciogliere le vele alle nostre navi, muovere incontro a ogni pericolo; il mare, il nostro mare, ci sta ancora aperto dinanzi, forse non vi è ancora mai stato un mare cosi "aperto" (La gaia scienza,aforisma 343)
- Bene e Male. L'origine dei giudizi di valore è proprio il tema del primo saggio di "Genealogia della morale". Mi stupisco allora che a Garbino sia sfuggito un passaggio tanto fondamentale:
"dato che da molto tempo è ormai abbastanza chiaro quello che io "voglio", quello che voglio proprio con quella formula pericolosa, scritta su misura per il mio ultimo libro: «Al di là del bene e del male»... Per lo meno questo "non" significa, «Al di là del buono e del cattivo»".
Una distinzione del genere non può non essere sottolineata. Perché si rischia di vedere in Nietzsche,a causa della stringente formula "al di là del bene e del male",uno strenuo nemico dei giudizi di valore,quando egli incita a creare PROPRIE tavole di valori. Al di là del bene e del male significa invece essere fuori dalla prospettiva pregiudiziosa di un bene e un male universali. Lascio ancora una volta la parola allo Zarathustra:
"Ma s'è scoperto chi dice: questo è il mio bene e questo è il mio male: con codeste parole egli ha fatto tacere la talpa e il nano che dicono: «Per tutti è bene, per tutti è male».In verità non mi piacciono neppure coloro per i quali tutte le cose son buone, e che chiamano questo mondo il migliore dei mondi. Costoro io chiamo i soddisfatti di tutto.La contentezza che sa gustar ogni cosa, non è il gusto migliore! Io rispetto le lingue e gli stomachi ribelli e di difficile contentatura, che hanno imparato a dire: «Io» e
«sì» e «no»"
Continua..