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Messaggi - and1972rea

#1


È una situazione perigliosa, perchè vi sono per entrambi tre possibilità sfortunate su 4 eventi possibili; la scelta di cabrare comporta un evento nefasto probabilmente certo , la scelta di non farlo lascia uno spazio probabilistico  all'unico evento favorevole sui 4 inizialmente possibili e sui due rimanenti dopo la scelta più coraggiosa. Si tratta quindi di capire se la piccola probabilità di riuscire a cavarsela dopo la cabrata sia inferiore o maggiore della probabilità che l'avversario faccia letalmente la tua stessa mossa delle sue due possibili non cabrando il tuo aereo. Ad occhio , che due persone abbiano la stessa idea su come affrontare un problema, e che entrambi siano così antiistintivamente razionali da scontrarsi in volo è più improbabile che sfuggire ad una mitragliata in carlinga, ed alla probabità di non riuscire a lanciarsi. Opterei  , quindi,per tirare dritto.

#2


L'evoluzione della fisica in Occidente portò per un certo periodo alla convinzione che la cenere ,la legna non ancora trasformata in essa e l'aria in esse presente non fossero essenze diverse fra loro ,ma fossero lo stesso insieme di identiche, innullificabili ed eterne essenze elementari disposte ,sia nello spazio che nel tempo, quantitativamente in modo diverso . L' apparenza di questi pseudoessenti macroscopici, che si nullificavano illogicamente per poi riapparire diversamente essenti, sembrava superata , quindi, attraverso una rivisitazione in chiave matematico-quantitativa del riduzionismo atomico di più antica matrice ; ma ,una volta ridotti gli astratti pseudoenti fenomenici ad un insieme di identiche essenze elementari ontologicamente connotate, ci si doveva logicamente spiegare come potesse salvarsi il principio secondo cui ad un ente ne possano corrispondere altri identici fra loro e insieme fra loro distinti sia nello spazio che nel tempo; ci si doveva logicamente capacitare come potessero, cioè, sussistere essenze identiche e al contempo fra loro distinte. Che un bosone sia proprio lo stesso identico bosone sempre ed ovunque nel continuum dello spaziotempo e mai un altro , pur essendocene innumerevoli, è l'insuperabile paradosso che oggi sappiamo venir meno solamente  attraverso l'autocoscienza di chi osserva. In una officina filosofica si potrebbe tentare un esperimento mentale di questo tipo; Che Marco sia persona diversa da Antonio è oggettivamente ed atomisticamente spiegabile solo fino a quando i due individui rimangono essenzialmente distinguibili fra loro;ma in un plausibilissimo universo fisicamente simmetrico , ove Marco ed Antonio fossero composti delle stesse identiche particelle elementari disposte ugualmente simmetricamente fra loro, non vi sarebbe alcuna oggettiva possibilità conoscitiva del reale fenomenico se non attraverso la consapevolezza della percezione  reciproca delle due singole autocoscienze. Solo in quanto autocoscienza di sè stessa e trascendente dalla realtà fisica che lo sostanzia Marco potrà guardare negli occhi Antonio e distinguersi qualitativamente ed essenzialmente da lui,e viceversa. Da queste considerazioni,  quindi, oggi ci si può persuadere logicamente che Marco ed Antonio rimangono tali per sè stessi dentro al reale mondo fenomenico attraverso cui sono consapevoli di percepire sè stessi e ciò che essi non sono (e in esso si trovano e si ritrovano ) non in virtù di immaginifiche pseudoessenze apparenti ,o di una unica essenza elementare illogicamente "splittata" all'infinito ,poichè da quel mondo non dipende  nè la loro essenza, nè il loro essere enti; le loro autocoscienze trascendono per logica non contraddicente ogni realtà fenomenicamente da essi conoscibile.
Spero ,quindi, vogliate entrare con me in questa officina per sviluppare ulteriori fertili riflessioni attorno a questo esperimento.
#3
Citazione di: iano il 02 Agosto 2021, 18:45:29 PM
Citazione di: and1972rea il 01 Agosto 2021, 16:08:55 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 22:58:17 PM
Citazione di: viator il 13 Giugno 2021, 16:48:19 PM
Gli effetti sono contemporanei alle cause che li generano............siamo noi che - imbranati e schiavi del nostro metabolismo anche intellettuale - troviamo che essi effetti si verifichino successivamente alle loro cause. Pertanto diventa ridicolo cercare di descriverne una qualche consecutività.
Se così non fosse..............non riusciremmo neppure a riconoscerli e nominarli, gli effetti e le cause. Saluti.

Difficile da sostenere in tribunale. Il giudice, qualsiasi giudice, preferisce restare imbranato e schiavo del suo metabolismo intellettuale, distinguendo l'assassino dall'assassinato e condannandolo in quanto causa dell'effetto "omicidio".
Che causa ed effetto emergano fenomenicamente nelle misure osservabili senza dover rispettare una successione ordinata di passaggi attraverso il tempo e lo spazio in un certo sistema di riferimento è un fatto di cui la generazione Z è ormai persuasa fin dai primi cicli di studio scolastici. Per noi nipoti e pronipoti di coloro che  incredibilmente scoprirono quei controintuitivi modi di apparire del reale ,invece, risulta ancora ostico accettare la conseguenza logica di quelle evidenze , e cioè, che non solo un effetto può avere istantaneamente la propria causa a miliardi di anni luce di distanza da sé stesso  , ma che quella stessa causa può aver dato origine al proprio effetto in un tempo futuro rispetto a quello stesso sistema di riferimento, un tempo che ha ancora da venire. Cause , quindi , posticipate ai loro effetti  , e logiche sovversive del divenire...
Ciao Andrea.
Non credo di aver capito, ma mi pare che l'azione istantanea di Newton sia un paradosso che Einstein ha risolto.
Se Newton avesse avuto ragione sparirebbe il tempo, restando l'universo fermo in un istante in cui si ammucchierebbero tutte le cause e tutti gli effetti.
Poi magari anche lo spazio tempo avrà pure i suoi paradossi, ma quello che mi pare suggerisca Ipazia è che le cause e gli effetti, e quindi in definitiva anche l'essere che serve a giustificarli, nascono da una ipotesi teorica molto pesante, che si possano isolare parti di universo fra loro, considerandone una e ignorando le altre.
Ciò, come sempre mi pare dica Ipazia, in pratica funziona, ma rimane il fatto che tale ipotesi di comodo non corrisponde a realtà .
Quindi cause ed effetti, e quindi in definitiva anche l'essere, sono il risultato di una ipotesi che non corrisponde a realtà.
Quindi dovremmo concluderne che la realtà non è fatta di essere , di cause e di effetti, se non come il risultato delle nostre parziali interazioni con essa, in quanto certamente i risultati di quella interazione sono parte della realtà stessa.
Noi stessi in effetti ci consideriamo un sistema isolato dalla realtà.
Ciò non è vero, ma in pratica funziona.
Ma se è vero che agli effetti pratici l'universo si presta ad essere suddiviso in diversi universi-parte non c'è però l'evidenza che ci sia un modo univoco per farlo e ad ogni modo corrisponderanno quindi presumibilmente diversi oggetti esistenti con diverse cause e diversi effetti.

Il paradosso dell'istantaneità è insito nella stessa relazione causale ; nell'intorno di tempo e di spazio entro cui circoscriviamo la nostra supposizione di trovare il termine della causa a contatto con il principio del proprio effetto ,in quell'intorno , in quel contatto , in quella unione noi immaginiamo la paradossale, incestuosa identificazione materiale della causa con il proprio effetto  , una mescolanza impossibile che già Hume comprese non potersi dimostrare. Nella realtà dei fatti noi possiamo constatare la causa soltanto e  sempre scissa dal proprio effetto , divisa da esso sia nello spazio che attraverso il tempo; dunque, che differenza può fare l'immaginare una causa che produce il proprio effetto a pochi femtosecondi da sè stessa e ad una distanza di pochi angstrom, o immaginare che questa relazione sussista  a distanza siderale attraverso miliardi di anni? E ancor di più, la logica non ci impedisce di osare immaginare oltre ,e di considerare la posizione relativa fra la causa  ed il proprio effetto in tempi e spazi ancor più diversi fra loro e a tal punto da giungere a porre la causa in un tempo successivo al proprio effetto. Ad oggi la scienza ha dimostrato la proprietà non locale di questa ( almeno secondo Hume) "presunta" relazione fra i fenomeni fisici; la relazione atemporale potrebbe, invece, un giorno, potersi dimostrare con altrettanta dovizia di sperimentazioni...

#4
Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 22:58:17 PM
Citazione di: viator il 13 Giugno 2021, 16:48:19 PM
Gli effetti sono contemporanei alle cause che li generano............siamo noi che - imbranati e schiavi del nostro metabolismo anche intellettuale - troviamo che essi effetti si verifichino successivamente alle loro cause. Pertanto diventa ridicolo cercare di descriverne una qualche consecutività.
Se così non fosse..............non riusciremmo neppure a riconoscerli e nominarli, gli effetti e le cause. Saluti.

Difficile da sostenere in tribunale. Il giudice, qualsiasi giudice, preferisce restare imbranato e schiavo del suo metabolismo intellettuale, distinguendo l'assassino dall'assassinato e condannandolo in quanto causa dell'effetto "omicidio".
Che causa ed effetto emergano fenomenicamente nelle misure osservabili senza dover rispettare una successione ordinata di passaggi attraverso il tempo e lo spazio in un certo sistema di riferimento è un fatto di cui la generazione Z è ormai persuasa fin dai primi cicli di studio scolastici. Per noi nipoti e pronipoti di coloro che  incredibilmente scoprirono quei controintuitivi modi di apparire del reale ,invece, risulta ancora ostico accettare la conseguenza logica di quelle evidenze , e cioè, che non solo un effetto può avere istantaneamente la propria causa a miliardi di anni luce di distanza da sé stesso  , ma che quella stessa causa può aver dato origine al proprio effetto in un tempo futuro rispetto a quello stesso sistema di riferimento, un tempo che ha ancora da venire. Cause , quindi , posticipate ai loro effetti  , e logiche sovversive del divenire...
#5
Tematiche Filosofiche / Oltre Cartesio: Hegel
01 Gennaio 2021, 17:30:03 PM




Da comune uomo della strada, inciampato per caso in qualcuna delle riflessioni di quel filosofo monumentale, mi pare di aver capito che in quella visione della storia non può esistere un progresso evolutivo dell'umanità che non passi( attraverso un necessario superamento conservativo) sotto le luci e le  ombre dello spirito di cui in ogni tempo le civiltà sono pervase.
Lo spirito dei tempi d'oggi , in questa visione, mi pare si stia evolvendo a livello planetario, assuefacendo all'amaro frutto della civiltà occidentale tutte le altre culture. Questo frutto non credo possa più consistere nell'asservimento  e nella profusione di tutte le nostre energie verso l'accrescimento del capitale, esso pare essersi ora trasformato nel compulsivo agire tecnico sul mondo, un agire apparentemente fine a sé stesso ,un agire imbrigliato da secoli per servire il capitale  ,e che ,ora scatenato, affrancato da esso , sembra essere diventato l'unico vero padrone dei nostri destini.
#6
Tematiche Filosofiche / Oltre Cartesio
01 Gennaio 2021, 15:07:42 PM
Citazione di: viator il 01 Gennaio 2021, 13:03:14 PMSalve and1972rea. Citandoti : "................le quali cose, se hanno un ché di Vero, di materialmente , concretamente Vero, cioè, se "esistono" al di là del loro errante , e ,quindi, inconsistente apparire, non possono che contenere,  o, meglio, essere contenute nella perfezione".Come concetto è altamente poetico, purtroppo però del tutto smontabile dal punto di vista logico-filosofico.Se la perfezione è (come credo proprio dovrebbe essere) "la condizione al cui interno nulla è modificabile" (pena - ovviamente - l'uscita dallo-, la perdita dello stato di perfezione)........spiegami come al suo interno possa trovarsi qualcosa di "errante", cioè di mutevole....................Saluti.

Be', ringrazio per la nota di apprezzamento poetico  , ma si tratta solo dell'interpretazione frammentaria di Cartesio da parte del comune uomo della strada che ha scorso qui e là qualche suo rigo soffermandosi a riflettere; non pretendo ,quindi , di fare mie le sue posizioni, ma potrebbe darsi che , potendo farlo ,lui ti risponderebbe con la seguente immagine; l'errore e l'imperfezione che sembrano emergere dalle cose contengono una vacuità simile a quelle illusioni ottiche che convincono  nell'immediatezza l'osservatore della loro piena sussistenza salvo poi disincantarlo nel momento in cui esse vengono a cessare. Quindi , hai ragione: la perfezione piena di ciò che  è non può contenere qualcosa di vacuo, che è nulla se non per il fiato della voce che serve per esprimerlo.
#7
Tematiche Filosofiche / Oltre Cartesio
01 Gennaio 2021, 12:20:26 PM
Citazione di: paul11 il 26 Dicembre 2020, 00:50:18 AM
Visto che si prende una porzione di proposizione per fare Cicero pro domo mea; allora citiamo interamente Cartesio dall'opera "Discorso sul metodo.
Prendo l'incipit e proseguiamo diligentemente cosa argomenta Cartesio .


.....da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel
pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo né dipende da qualcosa di materiale. Di modo che questo io, e cioè la mente per cui sono quel che sono, è interamente distinta dal corpo, del quale è anche più facile a conoscersi; e non cesserebbe di essere tutto quello che è anche se il corpo non esistesse.
Dopo di ciò, considerai in generale quel che si richiede ad una proposizione perché sia vera e certa; infatti, poiché ne avevo appena trovata una che sapevo essere tale,
pensai che dovevo anche sapere in che cosa consiste questa certezza. E avendo notato che non c'è niente altro in questo io penso, dunque sono, che mi assicuri di dire
la verità, se non il fatto di vedere molto chiaramente che, per pensare, bisogna essere, giudicai che potevo prendere come regola generale che le cose che concepiamo
molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere; e che c'è solo qualche difficoltà a vedere bene quali sono quelle che concepiamo distintamente.
In seguito a ciò, riflettendo sul fatto che dubitavo, e che di conseguenza il mio essere non era del tutto perfetto, giacché vedevo chiaramente che conoscere è una perfezione maggiore di dubitare, mi misi a cercare donde avessi appreso a pensare qualcosa di più perfetto di quel che ero; e conobbi in maniera evidente che doveva essere da una natura che fosse di fatto più perfetta. Per quel che riguarda i pensieri che avevo di molte altre cose fuori di me, come il cielo, la terra, la luce, il calore, e
mille altre, non mi davo molta pena di cercare donde mi venissero, giacché non notavo in essi nulla che li rendesse superiori a me, e perciò potevo credere che, se
erano veri, dipendevano dalla mia natura in quanto dotata di qualche perfezione; e se non lo erano, mi venivano dal nulla, cioè erano in me per una mia imperfezione.
Ma non potevo dire lo stesso dell'idea di un essere più perfetto del mio: perché, che mi venisse dal nulla, era chiaramente impossibile; e poiché far seguire o dipendere
il più perfetto dal meno perfetto è altrettanto contraddittorio quanto far procedere qualcosa dal nulla, non poteva neppure venire da me stesso. Di modo che restava
che fosse stata messa in me da una natura realmente più perfetta della mia, e che avesse anche in sé tutte le perfezioni di cui potevo avere qualche idea, e cioè, per
spiegarmi con una sola parola, che fosse Dio. A questo aggiunsi che, poiché conoscevo qualche perfezione di cui mancavo del tutto, non ero il solo essere esistente (userò qui liberamente, se non vi spiace, alcuni termini della Scuola), ma occorreva necessariamente che ce ne fosse qualche altro più perfetto, dal quale dipendevo e dal quale avevo ottenuto tutto quel che avevo. Giacché se ne fossi stato solo e indipendente da ogni altro e avessi così avuto da me stesso tutto quel poco che partecipavo dell'essere perfetto, avrei potuto avere da me, per la stessa ragione, tutto il di più che sapevo mancarmi, ed essere per tanto io stesso infinito, eterno, immutabile, onnisciente, onnipotente, avere insomma tutte le perfezioni che potevo vedere in Dio
Estrapolando , quindi, grazie a quanto fatto sopra qualche proposizione in più da quest'opera ,non ci si può che persuadere via via sempre più dell' approdo antimetafisico a cui Cartesio sarebbe giunto; non la perfezione al di là della Natura delle "cose", scissa da esse, quindi , ma la perfezione dentro la propria natura ( "res" cogitans) e dentro la natura delle cose del mondo ( res extensa) , le quali cose, se hanno un ché di Vero, di materialmente , concretamente Vero, cioè, se "esistono" al di là del loro errante , e ,quindi, inconsistente apparire, non possono che contenere,  o, meglio, essere contenute nella perfezione.
Estrapolando , quindi, grazie a quanto fatto sopra qualche proposizione in più da quest'opera ,non ci si può che persuadere via via sempre più dell' approdo antimetafisico a cui Cartesio sarebbe giunto; non la perfezione al di là della Natura delle "cose", scisse da esse, quindi , ma la perfezione dentro la propria natura ( "res" cogitans) e dentro la natura delle cose del mondo ( res extensa) , le quali cose, se hanno un ché di Vero, di materialmente , concretamente Vero, cioè, se "esistono" al di là del loro errante , e ,quindi, inconsistente apparire, non possono che contenere,  o, meglio, essere contenute nella perfezione.
#8
Tematiche Filosofiche / Re:Oltre Cartesio
25 Dicembre 2020, 23:54:32 PM
Citazione di: paul11 il 15 Dicembre 2020, 13:00:30 PM
L'IO di Cartesio è ancora fondato sull'ontologia metafisica. L'opera "Discorso sul metodo" capitolo 4 "Le prove dell'esistenza di Dio e dell'anima umana, ossia i fondamenti della metafisica", lo esplica chiaramente. Quindi sono completamente errate diverse interpretazioni. 
Semmai è la gnoseologia,  la conoscenza, che tende alla modernità .


Scriveva Cartesio:"...da tutto ciò conobbi che ero una sostanza la cui essenza o natura sta solo nel pensare e che per esistere non ha bisogno di alcun luogo..." e che, al pari di qualsiasi altra sostanza materiale oggi fisicamente conosciuta , non ha nemmeno bisogno di alcun tempo deterministicamente calcolabile per emergere fenomenicamente dinanzi ai nostri sensi. Cartesio, quindi ,fu un antimetafisico ante litteram ,un materialista puro quindi, che conferiva all'anima , contro ogni dottrina formalistico- aristotelica del tempo , non l'attributo di forma sostanziale o "sostanzializzante" , ma quello di sostanza in sé e per sé; d'altronde, tutta la più verace dottrina cristiana , da sempre profondamente antiplatonica, predica da millenni non certo l'esistenza e la resurrezione delle anime, ma soltanto quella dei corpi ( così come recitato nel loro "credo") materiali.
#9
Tematiche Filosofiche / Re:Oltre Cartesio
13 Dicembre 2020, 13:00:42 PM
Oltre Cartesio giunse Kant, il quale fece notare che il " penso, quindi sono una cosa che pensa" è dire troppo; significa, infatti, inserire una proposizione di apparente verità evidente nel potenziale circolo vizioso del " penso, quindi Io potrei essere frutto del mio stesso pensiero" ,in quanto il concetto di "cosa" non può che trovarsi già dentro alle categorie del mio pensiero. Il fatto che questa cosa pensante ( semmai il concetto di "cosa" dovesse sussistere con altro ,diverso e da me insondabile statuto ontologico noumenicamente anche fuori di me) non possa essere estesa nelle categorie mentali di spazio e tempo credo che anche Cartesio lo dedusse evidentemente dal non poterla logicamente  riprodurre nella materia; se riproduco me stesso in quanto cosa materiale dinanzi a me , non vedrò più me stesso , ma un altro me  ( un altro da me ) in un'altra cosa , la quale condivide con me lo stesso passato materiale ,ma non con altrettanta certezza lo stesso futuro , e che non condivide con me , quindi, né lo stesso tempo ,né lo stesso spazio. Come ad affermare in tutta evidenza che , mentre da una cosa spaziotemporalmente estesa si possono ottenere per astrazione e analogia innumerevoli altre cose identicamente estese, da una cosa pensante questo non è logicamente attuabile ; sembra, quindi, che anche Cartesio andò oltre sé stesso quando si accorse ,in fondo, che il pensiero è materiale ( e con esso l'intero Esistente) e fatto di una materia non circoscrivibile alle povere categorie geometriche e conoscitive ( soggetto , oggetto, fenomeno etc. ) con cui osserviamo e costruiamo il nostro mondo; Che l'unicità materica di cui è costituita una molecola d'acqua ( ma l'esempio potrebbe valere per ogni costituente dell'intero universo fisico conoscibile )a partire da uno dei propri ioni per finire ai fermioni e bosoni che la abitano  non sia riproducibile è oramai cartesianamente evidente non tanto per un fatto probabilistico-congiunturale, ma per l'attuale impossibilità epistemica del pensiero logico.
#10
Quindi , non esiste alcuna separazione di cui si possa avere contezza fra due enti immaginariamente uniti se non , appunto, immaginandola prima; ma si da solo , eventualmente , il mutamento di una unica entità fattualmente indistinta in seguito ad un' azione intenzionalmente, ma pur sempre immaginariamente distinta . Ciò vuol dire che nel momento in cui mi viene sostituita la valvola mitralica, o il pianoforte con cui suono  , ciò che muta non è , nei fatti, solo il corpo immaginariamente ed intenzionalmente annesso , connesso o separato, ma , intrinsecamente ed essenzialmente, insieme ad esso l'intero ente psicosomatico immaginariamente così composto; è chiaro che ciò che la nostra intenzione immaginariamente unisce, nel fatto essenziale non può logicamente separare.
#11
L'Io regista, quindi  , conclusa la scena, ripone il megafono , chiama a sé gli attori attraverso i quali e grazie ai quali provò a vedere il  mondo che voleva costruire, e li ringrazia ;attende pazientemente che tornino cambiati dai loro camerini e organizza insieme ad essi una pura spaghettata fra  amici veri ,utilizzando il finto sangue di scena  ,che altro non era che ottima passata di pomodoro , perché nulla va sprecato. Ecco  , quindi, che fuori dal set non è l'IO del "cogito ergo sum" , ma quello allo stato puro che , sospesa momentaneamente la faticosa produzione del mondo ,dismette i propri abiti da regista per un poco di meritato riposo.
#12
Credo che Tu  , Edmund ed altri vi riferiate all'IO regista  ,allo sceneggiatore del mondo conoscibile e che quel mondo trascende insieme alla finta oggettività del suo copione, ma che non può trascendere dall'effettiva e insondabile oggettività degli attori e degli oggetti di scena, che consistono in padri, madri e figli irriconoscibili sul set e di pistole giocattolo che non possono uccidere nessuno.
#13
Citazione di: baylham il 06 Dicembre 2020, 17:54:09 PM
Trovo contradditorio che della coscienza non si possa dire nulla di logico e dare per scontato che ci sia e sia autocosciente.

Supponiamo che l'esperimento di and1972rea sia realizzabile, che si possa produrre una copia quasi perfetta di un uomo.
Sono convinto che ciascun individuo avrebbe una propria coscienza, in contrasto con la tesi che la coscienza non sia un processo materiale, meglio biologico.
Sono ancor più convinto che l'unico esito di un simile esperimento sia una perdita di identità dei due individui, uno stato confusionale in cui la coscienza di ciascuno si chiederebbe chi sia l'originale e chi sia la copia.

Non è logico declinare la coscienza nelle utili categorie conoscitive dell' oggetto e del soggetto , però la si può considerare nei termini heideggeriani del "sich befinden" , del " sentirsi".
Lo "stato confusionale in cui la coscienza di ciascuno si chiederebbe chi sia l'originale e chi sia la copia" non sussisterebbe , poiché la continuità del " sentirsi" sé stesso non troverebbe alcuna soluzione ed interruzione né nell'una né nell'altra.
#14
Citazione di: Ipazia il 06 Dicembre 2020, 12:02:17 PM
Citazione di: and1972rea il 06 Dicembre 2020, 11:47:31 AM
Citazione di: Ipazia il 03 Dicembre 2020, 20:11:08 PM
"Indipendentemente dal corpo e dalla sua matericità" è un azzardo insensato, visto che basta un corpo malfunzionante perchè il cogito/anima annichilisca.

Così come è assai ardito dedurre che dentro all'abitacolo della mia auto, questa mattina, non vi fosse nessuno per il solo fatto che la chiave d'accensione girasse a vuoto ;posso affermare con certezza che il malfunzionamento della mia macchina non ha per nulla annichilito il cogito/anima che , anzi, dentro a quella macchina si espresse, inascoltato ed invisibile a chiunque, in tutto il suo disappunto...

Il paragone non regge perchè auto e guidatore sono entità distinte, contrariamente all'unità psico-somatica che costituisce un indivisibile individuo umano.
Proviamo a separare il guidatore dalla propria auto o il pilota dal proprio velivolo mentre essi compiono ciò per cui non possono essere considerati entità fra loro distinte , cioè viaggiare nello spazio, e constateremo che quell'unità rimane psicosomaticamente indissolubile anche nel groviglio di carne e lamiere che inevitabilmente ne conseguirebbe.
#15
Citazione di: Ipazia il 03 Dicembre 2020, 20:11:08 PM
"Indipendentemente dal corpo e dalla sua matericità" è un azzardo insensato, visto che basta un corpo malfunzionante perchè il cogito/anima annichilisca.

Così come è assai ardito dedurre che dentro all'abitacolo della mia auto, questa mattina, non vi fosse nessuno per il solo fatto che la chiave d'accensione girasse a vuoto ;posso affermare con certezza che il malfunzionamento della mia macchina non ha per nulla annichilito il cogito/anima che , anzi, dentro a quella macchina si espresse, inascoltato ed invisibile a chiunque, in tutto il suo disappunto...