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Messaggi - Mario Barbella

#1
Citazione di: epicurus il 25 Settembre 2017, 11:50:45 AM
Citazione di: Mario Barbella il 20 Settembre 2017, 20:30:49 PM
L'opinione comune sembra temere ben altro: alludiamo, nientemeno, che ad un fantomatico dominio intellettivo del computer sull'Osservatore!

[...]ma se pur solo supponessimo che ci possa essere qualcuno al mondo tanto sprovveduto da credervi, allora dobbiamo spendere qualche parola per cercare di riorientarlo nel senso giusto, che poi significa solo richiamarlo al buon senso logico. Si potrebbero subito mettere a tacere queste stravaganti e sciocche supposizioni ricordando semplicemente che i computer, per quanto complessi ed avanzati, sono pur sempre inventati, progettati, elaborati, costruiti e poi scartati dalla mente dell'Osservatore o, indirettamente, da intelligenze artificiali che sono ancora cose progettate e realizzate dalla mente cosciente dell'Osservatore.

Ciao Mario, se ho capito bene, la tua argomentazione è:
1. Ciò che è inventato da un ente X, deve necessariamente essere inferiore ad X.
2. Il computer è inventato dall'uomo.
3. Quindi il computer è inferiore all'uomo.

La forza di quest'argomento, ovviamente, dipende dalla premessa (1). Ma la verità di questa non mi pare così evidente. Quindi senza un'opportuna difesa di (1), tale argomento risulta piuttosto debole.

Qualcuno potrebbe facilmente notare che dal punto di vista di velocità e forza fisica le macchine ci hanno superato da molto tempo, quindi almeno sotto questi aspetti siamo inferiori, terribilmente inferiori. Ma a questa osservazione si potrebbe rispondere che l'argomentazione si riferisce all'inferiorità più importante e nobile, l'inferiorità intellettuale e non a quella "fisica".

Tuttavia questa risposta rende (1) ancora più problematico: perché, infatti, la creatura deve essere inferiore intellettualmente al creatore, ma la creatura può essere superiore per altre caratteristiche? Perché questa distinzione? Se il creatore è davvero superiore, non dovrebbe esserlo in tutti gli aspetti? La metafisica certezza di (1) inizia a scricchiolare...

Insomma, l'inferiorità "fisica" apre un varco che può minacciare la superiorità intellettuale. O almeno richiede una giustificazione approfondita di (1).

Ma in cosa consisterebbe una superiorità intellettuale? Nell'essere più bravi nei giochi d'intelligenza, nell'investire in borsa, nel tradurre le lingue, nel preparare una prelibatezza culinaria, nel guidare un'automobile, nel capire le emozioni del prossimo...?

Quello che vorrei fare è portare l'aulico discorso dell'intelletto coi piedi per terra, parlando di abilità specifiche. Il dato di fatto è che sempre più abilità intellettive (o comunque attività che da sempre erano state ritenute intellettive, di dominio esclusivo di esseri intelligenti) iniziano ad entrare nel raggio d'azione dei computer.

In alcuni campi i computer sono ancora molto goffi, in altri sono assolutamente insuperabili. E' da decenni che l'abilità scacchistica artificiale ha trasceso la bravura dei più forti giocatori del mondo. Ora anche un misero cellulare è imbattibile nel gioco degli Scacchi. Recentemente è stata la volta del gioco del Go: considerato il gioco d'intelletto 1vs1 più profondo mai creato, anche qui ormai i computer sono diventati irraggiungibili. Ke Jie, attualmente il giocatore di Go più forte del mondo, ha detto: "Lo scorso anno, AlphaGo [il programma che gioca a Go] era ancora abbastanza umano quando giocava, ma quest'anno è diventato un dio del Go".

Certo, non siamo ancora arrivati al momento in cui è stata duplicata e/o superata l'"intelligenza generale" dell'essere umano. E sicuramente non mancano pochi anni a tale evento. Ma ha ancora senso prendere posizioni così rigide (e, aggiungere io, "metafisicamente rigide") su questo argomento?

L'intelligenza umana è certamente la massima possibile (fatta salva l'opinione contraria di un credente religioso) sicché quella detta "artificiale" è inferiore. Però va chiarito bene il significato di "intelligenza": almeno per me il concetto di intelligenza va tenuto distinto da quello di efficienza operativa di una macchina: è banalmente vero che io possa pur elaborare un concetto complicato e descritto con un'equazione, ma potrebbe darsi il caso che non sappia risolverla, seppure con approssimazioni opportune, senza far uso di un evoluto computer (una macchina) ben programmato alla bisogna a da me  o da altro essere umano pensata e costruita. 

#2
Il problema del cristianesimo (e non solo del cristianesimo) può essere affrontato solo nel modo più banalmente semplicistico possibile, quasi infantilmente. Sembra un assurdo? io credo di no ma solo a pensarci bene.
#3
Citazione di: altamarea il 04 Ottobre 2017, 15:33:40 PM
Giona tu che sei in confidenza con Lui,  che lo conosci "in Spirito e Verità il Signore Dio onnipotente",  spiegaci cosa intende il tuo "Superiore"  con i due sostantivi "spirito e verità", da scrivere  in minuscolo e non in maiuscolo. Questo è un forum e non pretende genuflessioni servili.

Onnipotente ? Da quando ?

Lo so, sei un creazionista ! Hai letto ieri a chi hanno dato il Nobel per la fisica ?


Sono d'accordo con Mario, la cosiddetta "Parola"  è un'elaborazione  a più mani della cosiddetta "coscienza",  condizionata dalle situazioni sociali nelle varie epoche.  Mario ti accontento scrivendo "coscienza" ma senza aggiungere "umana", perché qui stiamo parlando degli umani e non di altri animali.

Mario, se possibile mettiamoci d'accordo sui termini. Cosa intendi per Io ? Quello descritto da Freud ?
Se ti dico che l'Io è l'istanza psichica che media  tra l'Es ed il Super Io è di tuo gradimento ?
Nell'ambito della psicologia e della filosofia l'Io designa l'individuo che ha coscienza di se stesso, l'individuo che comprende  la propria personalità,  come tale l'Io  non ha nulla a che fare con Dio.  

Per contrapposizione o simmetria all'Io cosciente corrisponde un "Io incosciente" ?
.
Per "IO", se ci fermiamo al significato corrente, convengo che è solo ciò che chiunque intende, ma nel caso specifico del mio post, potrebbe essere più significativo dire "IO cosciente", cioè IO quando auto-osservo me stesso come unico "custode" dell'universo ancorché cosciente della mia impotenza pur riconoscendo ME stesso come Universo  (totalità assoluta del mondo).  Mi rendo conto della difficoltà di essere compreso e condiviso.
#4
Citazione di: Socrate78 il 04 Novembre 2017, 17:39:01 PMA me sembra, riflettendoci, che molte cose che l'uomo impara, ad esempio a scuola ma anche in altri contesti, siano in realtà inutili. Lo diceva anche Sartre, quando diceva che "l'uomo è una passione inutile". Ad esempio che senso ha imparare le equazioni di secondo grado o i logaritmi? E' utile solo a chi prenderà un determinato indirizzo di studi, ma nella vita concreta non capita mai a nessuno di risolvere un'equazione simile o un logaritmo: di conseguenza la logica conclusione è che si è imparato qualcosa di inutile mentre si poteva vivere più a pieno la vita impiegando quel tempo divertendosi, viaggiando, scoprendo il mondo. L'uomo non vale nella misura in cui calcola, non è un computer! Lo stesso dicasi anche dello studio della storia come successione di date, battaglie, rivoluzioni del passato: secondo me ha molta più utilità semmai studiare in modo più approfondito le leggi attuali, i principi su cui si basano i diritti dell'uomo, piuttosto che conoscere per quale motivo Napoleone perse nella campagna di Russia. E che dire dell'attività sportiva? Si fanno tanti sforzi esponendo il fisico a infortuni anche assai gravi per cose che non hanno un senso logico: cambia qualcosa nel corso del mondo se una palla fa goal? Non cambia assolutamente niente, ma per queste cose inutili si generano contrasti tra tifoserie, spesso con violenza (verbale e fisica), si creano DIVISIONI (per che cosa poi?), quindi alla fine anche l'attività sportiva è inutile e il tempo che si impiega in essa potrebbe essere impiegato in altro, ad esempio nella lettura o nella riflessione filosofica. L'uomo alla fine non vale nella misura in cui corre veloce o fa tanti goal, eppure la società dà tanta importanza a conquiste che in fondo sono effimere, molti sportivi professionisti tra l'altro hanno logorato il fisico con gli sforzi estremi e si sono alla lunga anche ammalati. Percepite anche voi che molte cose che ti costringono a fare/imparare e a cui viene data tanta importanza siano sostanzialmente abbastanza inutili?
Citazione di: Socrate78 il 04 Novembre 2017, 17:39:01 PM
A me sembra, riflettendoci, che molte cose che l'uomo impara, ad esempio a scuola ma anche in altri contesti, siano in realtà inutili. Lo diceva anche Sartre, quando diceva che "l'uomo è una passione inutile". Ad esempio che senso ha imparare le equazioni di secondo grado o i logaritmi? E' utile solo a chi prenderà un determinato indirizzo di studi, ma nella vita concreta non capita mai a nessuno di risolvere un'equazione simile o un logaritmo: di conseguenza la logica conclusione è che si è imparato qualcosa di inutile mentre si poteva vivere più a pieno la vita impiegando quel tempo divertendosi, viaggiando, scoprendo il mondo. L'uomo non vale nella misura in cui calcola, non è un computer!
Lo stesso dicasi anche dello studio della storia come successione di date, battaglie, rivoluzioni del passato: secondo me ha molta più utilità semmai studiare in modo più approfondito le leggi attuali, i principi su cui si basano i diritti dell'uomo, piuttosto che conoscere per quale motivo Napoleone perse nella campagna di Russia.
E che dire dell'attività sportiva? Si fanno tanti sforzi esponendo il fisico a infortuni anche assai gravi per cose che non hanno un senso logico: cambia qualcosa nel corso del mondo se una palla fa goal? Non cambia assolutamente niente, ma per queste cose inutili si generano contrasti tra tifoserie, spesso con violenza (verbale e fisica), si creano DIVISIONI (per che cosa poi?), quindi alla fine anche l'attività sportiva è inutile e il tempo che si impiega in essa potrebbe essere impiegato in altro, ad esempio nella lettura o nella riflessione filosofica. L'uomo alla fine non vale nella misura in cui corre veloce o fa tanti goal, eppure la società dà tanta importanza a conquiste che in fondo sono effimere, molti sportivi professionisti tra l'altro hanno logorato il fisico con gli sforzi estremi e si sono alla lunga anche ammalati.
Percepite anche voi che molte cose che ti costringono a fare/imparare e a cui viene data tanta importanza siano sostanzialmente abbastanza inutili?
Non condivido tutto quanto hai detto. Non è facile stabilire a priori quanto è o non è utile, nel dubbio studio il che, indipendentemente da tutto mi darà qualcosa.
#5
Citazione di: Phil il 05 Novembre 2017, 17:51:03 PMIn generale, per quello che posso intuire, il linguaggio "rigoroso e razionale" può risultare un freno (e non solo per la scienza) solo se resta chiuso alla novità, al cambio di prospettiva o allo slittamento semantico che talvolta è reso necessario dal mutare delle conoscenze e dei paradigmi. Secondo me, usare rigorosamente il linguaggio in processi razionali non dovrebbe impedire al linguaggio di continuare ad essere plastico, calzante e fertile (com'è fertile il terreno della ricerca a cui viene applicato); la perizia nel suo utilizzo sta proprio nel non farsi prendere la mano (o la lingua ;D ) da licenze poetiche e inesattezze quando il linguaggio è chiamato a parlare di qualcosa di nuovo o diverso dal solito, senza per questo risultare incapaci di dare voce ad un ulteriore sviluppo dell'indagine. "Aprire" il linguaggio a nuovi orizzonti di senso richiede un'"ingegneria linguistica" rigorosa, che usa il linguaggio sul linguaggio stesso, e molti autori ne hanno già (di)mostrato le difficoltà, talvolta ripiegando su un tono poetico pur di forzare i limiti architettonici del linguaggio (perdendo qualcosa in termini di comprensibilità...).
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Novembre 2017, 02:20:37 AM
Ciao
Non hai specificato quali sono questi temi moderni specifici e complessi di natura scientifica che verrebbero frenati dall'uso rigoroso e razionale del linguaggio scientifico.
Conseguentemente non hai specificato cosa intendi per linguaggio scientifico e la differenza che passa tra un linguaggio scientifico rigoroso ed uno meno rigoroso.
Se un linguaggio meno rigoroso fosse comunque ugualmente scientifico andrebbe chiarita la necessità o la virtù dell'essere piu o meno "rigoroso".

Ho fatto il finto tondo, mi sembra chiaro (ma se non fosse cosi sarà necessario un tuo intervento di chiarimento) che tu intendessi dire che il linguaggio rigoroso altro non è che quello matematico. Se è vero però che il linguaggio scientifico usa un linguaggio matematico va detto pure che il linguaggio matematico va ben oltre il linguaggio scientifico. Per linguaggio scientifico intendo infatti il poter descrivere la realtà, mentre non tutta la matematica è al servizio di questa esistenza. La realtà quindi va letta con un linguaggio (se mi si passa il termine) misto.
Se il linguaggio matematico, infatti, può anche non avere nulla a che fare con la realtà, il linguaggio scientifico deve per forza di cose essere aderente alla realtà.

L'aderenza alla realtà viene data dal metodo in uso.
Il linguaggio scientifico diventa quindi un misto tra la rigorosità del linguaggio matematico  e il metodo usato per stabilire che quel linguaggio sia aderente alla realtà. Solitamente il metodo usato  è la sperimentazione. Con questo metodo si stabilisce se quel specifico linguaggio matematico sia o meno aderente alla realtà.

Esistono possibilità che la natura non segua il linguaggio matematico? Tante volte me lo sono chiesto. Sicuramente c'è la possibilità che se anche la natura seguisse un linguaggio matematico, non è detto che sia stato già codificato dagli uomini. Per cui avremmo un linguaggio rigoroso ma non abbastanza per essere aderente alla realtà. In questo ultimo caso entra sicuramente in ballo un certo tipo di razionalità che chiamiamo meno rigorosa a sostegno di una tesi che alle volte viene ugualmente contraddistinta con il marchio di scientifico.

Per cui il termine scientifico non sempre lo si sposa con la rigorosità del linguaggio matematico, altrimenti la scienza (probabilmente) non sarebbe mai progredita. La rigorosità è invece una utile risorsa, ma non sufficiente.
Se proprio volessi rispondere alla domanda in modo diretto, direi che si...a naso la rigorosità di certi linguaggi potrebbe anche rappresentare un freno.  Ma si tratta di frenate inconsapevoli. Quella della rigorosità è infatti una strada larga e la si segue per consuetudine. Solo i folli e i geni preferiscono cercare su altre direzioni  le risposte alle domande scientifiche.
Grazie per la risposta interessante e circostanziata
#6
Citazione di: Phil il 05 Novembre 2017, 17:51:03 PM
In generale, per quello che posso intuire, il linguaggio "rigoroso e razionale" può risultare un freno (e non solo per la scienza) solo se resta chiuso alla novità, al cambio di prospettiva o allo slittamento semantico che talvolta è reso necessario dal mutare delle conoscenze e dei paradigmi. Secondo me, usare rigorosamente il linguaggio in processi razionali non dovrebbe impedire al linguaggio di continuare ad essere plastico, calzante e fertile (com'è fertile il terreno della ricerca a cui viene applicato); la perizia nel suo utilizzo sta proprio nel non farsi prendere la mano (o la lingua ;D ) da licenze poetiche e inesattezze quando il linguaggio è chiamato a parlare di qualcosa di nuovo o diverso dal solito, senza per questo risultare incapaci di dare voce ad un ulteriore sviluppo dell'indagine.
"Aprire" il linguaggio a nuovi orizzonti di senso richiede un'"ingegneria linguistica" rigorosa, che usa il linguaggio sul linguaggio stesso, e molti autori ne hanno già (di)mostrato le difficoltà, talvolta ripiegando su un tono poetico pur di forzare i limiti architettonici del linguaggio (perdendo qualcosa in termini di comprensibilità...).
.
Grazie per a circostanziata risposta
#7
Tematiche Filosofiche / Re: Dove c'è l'IO c'è Dio
05 Novembre 2017, 10:32:02 AM
Citazione di: viator il 07 Ottobre 2017, 12:38:47 PMBuongiorno. Freschissimo iscritto. Vediamo se ho capito qualcosa. Se nell'universo ci sono solo io, allora sono Dio. Nel senso che - se il tutto coincide con me - io sono il Tutto (Tutto è uno dei non pochi sinonimi di Dio.....altri sono Mondo, Uno, l'Essere (come verbo), Il Verbo........infine il sinonimo veramente definitivo: l'Assoluto) Se ho interpretato correttamente, non credo sia così. Il concetto di identità (l'Io) è relativo. Esso incarna l'aspetto formale dell'esistere. Formale in quanto la definizione dell'Io (me, me stesso) dovrebbe essere : Io = ciò che resta di me dopo che mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me. Si resta sè stessi anche tagliandosi i quattro arti o dopo un qualsiasi trapianto. Ciascun singolo organo del nostro corpo si rinnova poi attraverso il tempo e nessuna delle sue singole cellule è indispensabile alla sopravvivenza dell'Io. L'Io (e quindi la psiche, la coscienza, la mente che sono i suoi ingredienti) è una entità formale consistente non nel materiale ma nella struttura astratta (la FORMA, appunto) del nostro corpo. Il problema è che la pura forma solitaria non può esistere. Essa deve sempre venir attribuita ad una SOSTANZA. L'inestricabilità dei quesiti filosofico-eistenziali fondamentali è appunto dovuta ad un tale inscindibile dualismo. La mia interpretazione iniziale dovrebbe quindi trasformarsi in "Se l'universo sono io, allora sono Dio". Per quanto riguarda poi l'intelligenza e la Macchina di Turing, occorrerebbe una discussione separata circa le Tre Intelligenze : - quella naturale o biologica, consistente saggiamente e semplicemente nella rapidità ed efficacia dlle risposte alla variazione degli stimoli ambientali (capacità di adattamento). - quella umana o culturale, consistente nel cercare di lasciare la propria impronta nel mondo modificandone i contenuti (necessità di affermare la supremazia umana per soddisfare le problematiche connesse all'acquisizione della coscienza individuale). - quella artificiale o extrabiologica, in realtà non ancora esistente ma solo ipotizzata.........per costituirsi ha bisogno solo di alcuni piccolissimi e quasi trascurabili accessori di hardware, del tipo dei SENSI.
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 18:36:44 PM
Citazione di: Mario Barbella il 10 Settembre 2017, 12:34:32 PM

Così si evidenzia che la "macchina computer" o intelligenza artificiale è incompleta perché non garantisce tutte le soluzioni in tempi finiti, ciò ripete e concorda col teorema di incompletezza di Gödel. La incompletezza della macchina ha una travolgente importanza filosofica che ci lancia fuori dalla stupidissima idea che l'intelligenza artificiale possa prevalere su quella dell'IO cosciente (ovvero: l'Osservatore), ma soprattutto ci dice che l'Osservatore e la vera ed unica macchina intelligente e conclusiva dell'Universo, anzi, se ci si sforza a pensare, l'Osservatore è proprio l'Universo in sé e, se ci si sforza a pensare ancora meglio, è molto di più! A questo punto, però, e giusto che si lasci la palla di questa riflessione proprio a chi si sente di pensarci.

Insomma, tutto questo bel "papier" per dirci che un programma deterministico di computer è una cosa ben diversa da un "io" che scrive liberamente dei programmi per computers? ...E cosa c'entra Dio...? Vuoi dire che degli atei non possono scrivere programmi per computers?   ;)
L'IO differisce da Dio solo (ma che non è poco) per la Conoscenza che non è il sapere di qualcosa ma, a dirla in maniera figurativa approssimativa ed incompleta, come la pressione di  un gas che può andare da zero (inesistenza del gas o di ciò che si vuol figurare) ad infinito (Dio). Il seguito di questo discorso lo affido a chi si sente di farlo.
Grazie.
#8
Tematiche Filosofiche / Re: Dove c'è l'IO c'è Dio
04 Novembre 2017, 19:42:06 PM
Citazione di: epicurus il 25 Settembre 2017, 15:35:08 PM
Citazione di: Mario Barbella il 13 Settembre 2017, 19:18:29 PM
No, l'Osservatore sa risolvere tecnicamente ciò che qualsiasi macchina di sua costruzione e progettazione riesce a risolvere. Pensare bene, non secondo  il mero parlar quotidiano, questo punto crucialissimo del discorso sul significato di ciò che è l'Osservatore!
L'Osservatore è l'Entità sintesi di ogni tipo, forma, qualità di ente intelligente e cosciente dell'Universo perciò è unico e, quindi,  chiunque si riconosca essere un IO Cosciente può fire "IO sono" cioè sono l'Osservatore dell'Universo di cui qui parliamo. ::)  ;)
Ciao Mario, non credo di aver compreso il tuo discorso. Nella tua prima frase mi pare che tu ammetta una certa uguaglianza tra l'Osservatore e la MdT. E' corretto? Poi il resto proprio non l'ho compreso.
ASSOLUTAMENTE NO! Tutto il contrario: in sintesi, "IO" è la Coscienza Osservante la Macchina di Turing NO anzi consegue alla Coscienza Osservante cioè l'IO. Non avrei mai pensato di essere stato così frainteso.
#9
E' possibile che l'uso rigoroso e razionale del linguaggio scientifico possa costituire anche una qualche forma di  freno per lo sviluppo almeno di certi particolari e complessi temi scientifici moderni? 
Grazie.
#10
Personalmente penso che la risposta al quesito, per altro complessissima, può veramente aprire una discussione, tuttavia io penso (ma non credo di essere condiviso) che la risposta debba essere reperita nell'IO stesso se se ne è capaci. :( Tuttavia ho apprezzato 'molto l'analisi di Angelo Cannata
#11
Citazione di: altamarea il 01 Ottobre 2017, 17:51:43 PM
Mario, in due righe spiega cosa vuoi dire e cosa vuoi sapere. E' inutile ammantare di filosofia un concetto banale.

Chi ti assicura che sia la parola di Dio e non di chi l'ha scritta ? ... IO

Ti basta la fede ? Se ti dà questa certezza allora è inutile che chiedi l'opinione altrui... ;)  La fede? significa non negare l'IO
#12
Citazione di: altamarea il 01 Ottobre 2017, 17:51:43 PM
Mario, in due righe spiega cosa vuoi dire e cosa vuoi sapere. E' inutile ammantare di filosofia un concetto banale.

Chi ti assicura che sia la parola di Dio e non di chi l'ha scritta ?

Ti basta la fede ? Se ti dà questa certezza allora è inutile che chiedi l'opinione altrui
.
Chi ha scritto la Parola di Dio non è questo o quel tale, intanto sarebbero, se mai, questi o quei tali. Con ciò voglio dire che la Parola è un'elaborazione (in senso complesso) della coscienza umana, meglio sarebbe dire: dell'IO Cosciente. Chi vuole può riconoscersi in esso e comprenderne da sé il senso profondo.
#13
Parlare di un Dio che esiste o non esiste si fa un discorso che non ha assolutamente un senso oggettivo (cioè come il parlare di un qualcosa che potrebbe esistere o no), questo vuol dire che non  hanno senso frasi e temi che fanno ricorso all'esistenza di Dio in un senso oggettivo. Si può, invece, impostare un discorso su Dio solo facendo riferimento  a sé medesimo, cioè all'IO e lavorare con o senza una conclusione che soddisfi l'IO stesso. Per  rimaner intimamente soddisfatto l'IO dovrebbe solo penetrare sé stesso. ci pè semplicissimo ma ci provo quando me la sento. :)
#14
Temevo che le cose dette nel mio post di apertura potesse non essere molto chiaro e così è stato. 
La "parola di Dio" non può che essere di Dio (almeno per chi non è un comune miscredente, ma la scrittura, intendendo, con ciò la concretizzazione e la diffusione non può essere di un uomo singolo che una mattina decide di elaborarla e scriverla anche se questa persona possa esistere, ma una siffatta persona non è Dio ma scrive del suo. Io invece penso è una elaborazione tutt'altro che individuale o di un gruppo anche numeroso, ma un'elaborazione lunghissima e ipersedimentata nei secoli alla maniera di una sedimentazione simil-darwiniana che domina la vita dell'universo nella sua totalità. In questa prospettiva si vedono e si possono sedimentare e fermentano pensieri non certo di singoli ma della totalità "sedimentante" delle menti e delle coscienze nell'Universo (che mi piace chiamare "Osservatore")., un Ossrevatore impersonale. Non so e non credo di essere stato capito con queste poche  parole...!, in ogni caso grazie per l'intervento. :)
#15
COME VA LETTA E  RECEPITA LA PAROLA DI DIO?

           Al titolo aggiungeremmo anche: "chi ha scritto la parola di Dio..." dandone particolare rilievo in questa riflessione e facendone, anzi, il tema principale, perché la  Parola "di Dio", ritenuta già da tempo scritta, continua, invece, ad essere tuttora in lenta elaborazione e ancora sotto scrittura per mani umane ancorché sotto ispirazione più o meno divina; sta proprio in questa ispirazione una delle chiavi importanti da sottolineare, per quanto possibile, in questo non semplice argomento.
           Innanzi tutto diciamo che chi deve "leggere, comprendere, concepire o respingere la Parola di Dio " è, come per ogni altra cosa dell'universo, l'"Osservatore", anzi, l'Osservatore universale unico ovvero l'IO cosciente. Per capirci: l'Osservatore non è questo o quel tale, così come può essere inteso dal senso comune, ma, diciamo, una rappresentazione concettuale di una specie di mente o coscienza media di tutte le menti dell'universo, ciò può forse rendere un'idea del concetto ma è ben lungi dall'essere la definizione del termine evidentemente trascendente di "Osservatore" o di "Osservatore universale"; si può tuttavia dire, per esempio, che il legislatore non è chi materialmente scrive le leggi di uno stato, bensì un parlamento che le elabora politicamente; analogamente il comune "io", qui scritto in minuscolo, è il funzionario incaricato di redigerle per la gazzetta ufficiale.
           Qui sosterremo il concetto che la Parola di Dio è materialmente scritta da mano umana ma, è bene ribadirlo, soprattutto è scritta grazie alle fusioni ma anche agli scontri complessi di menti, idee, coscienze e di tante altre manipolazioni ed evenienze delle collettività umane, il tutto generando un flusso super complesso e assolutamente impersonale di idee e di fatti che scorre come un fiume disordinato o turbolento con tutte le relative influenze, anzi, auto-influenze, che operano nell'ambito del fluido medesimo ed in funzione delle situazioni ambientali, locali e temporali autodeterminantesi in esso. Questo fluido evidenzia in qualche modo e come si può intuire, la natura nella sua estrema complessità ed il pensiero del mondo. Dettagliare analiticamente questo flusso da parte dell'Osservatore è difficile per la presenza, appunto, dell'Osservatore stesso che vi è immerso in tutto e per tutto come fattore determinante ed auto-integrante del Tutto. Questo è proprio uno dei problemi che incontrò la fisica quantistica ai primi del '900 in conseguenza dei quali si presentarono certe fenomenologie apparse subito strane o contraddittorie e, almeno all'inizio, qualcuno legò inspiegabilmente all'Osservatore che, secondo la posizione "classica" della fisica di allora, avrebbe dovuto essere semplicemente la persona fisica dello sperimentatore, che, si badi bene, mai sarebbe stato considerato parte integrante dell'evento scientifico in sé stesso ma, al più, una causa disturbante e accidentale esterna!
           Ma, allora, cosa può fare l'Osservatore per captare ed esporre la parola di Dio barcamenandosi nella turbolenza della storia delle idee, con le connesse esigenze della ragione, per tentare di autodefinire, fidando nell'adattabilità di un linguaggio che si vorrebbe accettabilmente concreto, il senso profondo della parola di Dio? E' qui il problema.
           Un'idea di questo problema, cioè la risposta alla domanda "chi ha scritto la parola di Dio", la ravvisiamo nel fatto che essa non è semplicemente "stata scritta" ma è da sempre in corso di elaborazione, di critica, di riflessione e, quindi, di scrittura, ad opera non solo di specialisti coscienti di farlo, ma di tutti: credenti, miscredenti, asceti, promotori, avversatori, negazionisti, scettici, non importa di quale religione, se mai ne avessero avuto o ne abbiano avuto una, e, ancora,  apatici di qualsiasi ideologia o gruppo che mai si sarebbe pensato esservi compartecipi attivi della scrittura sacra. Un esempio concreto di questo "continuare a scrivere la Parola" ce la dà, molto semplicemente, la mera omelia di un sacerdote che, con la sua personale interpretazione di quanto già è scritto e inteso come "Parola di Dio", vi lascia pur sempre una sua traccia, il tempo e la storia faranno il resto.
           Concluderemmo, se così ci è lecito dire, che è l'IO, cioè l'Osservatore universale, che, meditando e studiando, seppure nei limiti spesso minimi e controversi delle sue disponibilità intellettuali e materiali ed altro (essendo l'Osservatore una sintesi del mondo degli "osservatori"), contribuisce  a sostanziare la Parola di Dio già scritta o ancora da scrivere. Ma... non sarà forse proprio l'IO l'obiettivo, la "singolarità"  universale, portata a termine dal Cristo, il Figlio dell'Uomo? ;)

m. barbella    (323013) 06530 12405