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Messaggi - pepe98

#1
Apeiron: uso la metafora dei fotogrammi come esempio per intenderci. È chiaro che non suddivido l'esistenza in fotogrammi(cosa che andrebbe contro il mio principio di unità), ma il problema rimane comunque, poiché in ció che chiamiamo istante di tempo (o "fotogramma") c'è l'essenza del fenomeno.
#2
Sgiombo: La mia domanda non è "la memoria ci presenta fatti realmente successi?": ammettiamo pure, per ora, che la memoria non inganni in tal modo. Ma rimarrebbe un'altra domanda lecita: gli eventi presenti nella memoria, hanno smesso di accadere? Se la risposta è affermativa esiste il mutamento. Ma la risposta può anche essere negativa(il mutamento non è empiricamente constatabile, se empiricamente constatabile è solo la presenza di eventi ordinati nella memoria): in tal caso ogni cosa che accade ora continuerà ad accadere(ed è sempre accaduta). La parola "ora" viene ad assumere un significato relativo, esattamente come per lo spazio il significato di "qui"
#3
Apeiron: infatti io chiamo l'esistenza nella sua totalità "soprarazionale", anziché razionale, poiché ogni definizione per descriverla è funzionare solo alla comunicazione.
#4
Ho sbagliato il topic in cui postare la risposta
#5
Apeiron: infatti io chiamo l'esistenza nella sua totalità "soprarazionale", anziché razionale, poiché ogni definizione per descriverla è funzionare solo alla comunicazione.
#6
"come puó l'uno apparire come molti?" è un'altra domanda, a cui nel forum ho cercato di dare spiegazioni intuitive. Ho aperto il tred proprio per cercare di far notare l'assurdità della comune concezione del tempo, proponendo come soluzione la negazione del divenire dei fenomeni, riducendoli ad un tutt'uno eterno.
#7

Se non vuoi limitare l'esistenza perchè dire "tutto è uno"? Non è meglio liberarsi dalle varie etichette che assegnamo alla realtà? Da questo puoi capire come la dottrina del "non-sé" buddista coincide per certi versi con la massima libertà.
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Perché è la molteplicità che limita l'esistenza: essa risulterebbe definibile concretamente come insieme di un certo numero di enti, con differenze DEFINITE. Ma perché gli enti si differenziano(si definiscono) per queste caratteristiche e non per altre??? Sarebbe totalmente assurdo che l'esistenza nella sua totalità risulti definibile in un certo modo e non in un altro. Per questo è necessario parlare di unità, o, come suggeriva Anassimandro(pur non conoscendo le caratteristiche dell'essere parmenideo), di infinito. Sono tutti concetti utili per capire l'esistenza, tuttavia non adatti ad esprimere adeguatamente la sua totalità. Oltre ad uno ed infinito gli si puó associare(ma non identificare, come già detto per gli altri concetti) il concetto di nulla: questo monismo, è in fondo un nichilismo, poiché è la negazione di un assoluto ordine dei fenomeni: dire che l'essenza concreta dei fenomeni è questo uno, infinito, nulla (lo chiamo spesso super-razionale), significa dire che i fenomeni sono un tutt'uno, cioè percepiti contemporaneamente ed eternamente dall'unico io(che coincide con il concreto super-razionale, che sono letteralmente io(tu)).
Io mi identifico quindi con l'intera esistenza, che è percepire.
#8
Io interpreto i modi di essere come concetti astratti, la cui realtà è tuttavia legata al concreto percepire che è l'essere nella sua totalità. Il problema è che spesso si identifica l'io con i concetti astratti, e non con l'essere concreto. Io ritengo che l'io sia pura correttezza, il percepire, quindi l'essere, come Parmenide lo descrive, ossia uno, eterno, ed immutabile. pepe98 è astrazione (uno dei tanti "modi d'essere"), ma io che PERCEPISCO, esisto, non sono pepe98(che è una delle mie tante manifestazioni), ma l'essere, la totalità dell'esistenza.
#9
Il concreto non è un concetto astratto, è solo intuibile attraverso la comunicazione, ma non definibile. Tuttavia l'idea dell'uno credo sia la più "utile"per descriverlo. Ma più che un uno inteso come "non molteplice"(che non negherebbe necessariamente l'esistenza del molteplice) è, come ho detto, il più evidente "non nulla", o essere (il nulla si auto-nega, essendo non essere). E dal momento che credo che l'esistenza non possa avere altra definizione che questa, poiché altrimenti sarebbe definita in un modo tra molti possibili, e ció mi sembra assurdo, poiché ritengo l'esistenza pura necessità, bisogna intuire la sua interezza, pur ricorrendo a concetti astratti(che quindi implicano l'esistenza di un concetto contraddittorio, poiché sono definiti come A=/=(non A)). Se dici che l'uno implica i molti è perché stai parlando di concetti (A==>(non A) nell'insieme dei concetti), non dell'essenza concreta. Andare oltre significa ammettere che l'essere non è definibile. TUTTAVIA questa non definibilità dell'essere non nega che possa essere intuito, e come intuirlo se non parlando di assoluta necessità e parlando quindi di unità e non configurabilità. Io credo che chiunque non sia un robot possa capire: se parliamo di pure astrazioni non possiamo conoscere l'essenza, che va al di là dell'astratto!
Trovo che l'esistenza descritta da me descriva molto bene l'assoluta asistematicità dell'esistenza, quindi l'assoluta necessità. Trovo assurdo qualsiasi tentativo di limitare l'esistenza. Come può il nulla limitare l'esistenza???
#10
Quando comunichiamo parliamo per astrazioni, e la difficoltà è far cogliere intuitivamente il concreto nella sua interezza pur ragionando su concetti astratti come l'umanità.
#11

L'oggetto è autopercezione. L'oggetto non è rosso, poichè il rosso è definito, è astrazione, quindi proprietà di oggetti astratti.
#12

Io che scrivo, pepe98, è solo un'astrazione. Io che percepisco, invece, esisto. Colui che scrive è un'identificazione astratta. Il percepire è identità concreta.
#13


"Se ci fossero oggetti distinti tra loro (con proprietà distinte), la negazione dell'insieme con un singolo oggetto sarebbe un insieme non vuoto, composto da altri oggetti."


Infatti è questo il punto: perché il concreto è formato da tali oggetti e non da altri? Evidentemente tali oggetti non rappresentano il concreto: esso deve essere uno, affinché sia tale per la sola non esistenza del nulla.
#14

La coscienza non si sviluppa nel tempo: essa è l'uno, che necessariamente si manifesta nell'astratto come sensazioni distinte. Tutta la tua vita(e quella di tutti, poiché tu se tutti), seppur percepita come mutamento, avviene tutta in un unico eterno istante.
#15

Infatti tale attività di astrazione è solo umana. Per questo è necessario che il concreto non sia, come l'astratto, configurabile in alcun modo. E la soluzione è quindi negare il molteplice.