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Messaggi - Santos

#1
Salve viator. Vado con ordine.
I titoli accademici, come ho già detto, non sono garanti di un bel nulla. Nell'era dell'università di massa, dove anche cani e porci non solo si laureano con 110 e lode, ma diventano pure docenti universitari, i titoli valgono ben poco. Si potrebbero fare moltissimi esempi di personaggi noti; ma ho notato che questo forum è piuttosto polemico e potrei urtare le preferenze politiche di qualcuno, quindi ognuno si cerchi gli esempi che preferisce: c'è solo l'imbarazzo della scelta.
L'antifascismo dovrebbe essere una pre-condizione o - se si vuole - una condizione necessaria, ma non sufficiente, per fare politica. Forse sarebbe meglio ampliare al concetto di "umanità". Anche Stalin si dichiarava antifascista, ma non era propriamente umano.
Intelligenza infine è un termine che uso nel suo significato più ampio; e in quanto tale, esso comprende anche quei concetti di efficienza nel governare, onestà e democraticità che tu citi. Purtroppo però non esiste un metodo oggettivo di misurare l'intelligenza. I test del quoziente intellettivo, ecco, non dico che andrebbero buttati nella spazzatura; però misurano un solo tipo di intelligenza, quella che potremmo definire logico-meccanica. La teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner, anche se parecchio criticata e criticabile, nasconde secondo me una grande verità; e cioè che "intelligenza" è un termine collettivo per indicare cose abbastanza diverse tra loro. E allo stato attuale, non esiste un modo per misurare l'intelligenza che serve a un politico.


Penso di essermi convinto, forse, che la posizione più sensata è quella di Jacopus, che giustamente si focalizza sulla sostanza invece che sulla forma politica. Ma una discussione del genere riguarderebbe più il tema del socialismo contro il liberalismo, che la democrazia contro la meritocrazia.
#2
Vorrei trattare la cosa in modo più analitico e imparziale (cosa che penso di poter fare proprio perché non ho un'opinione precisa in materia, che è il motivo per cui ho aperto il dibattito). Banalmente esistono due modi per implementare una forma di epistocrazia. Uno, più moderato, come quello che propone Jason Brennan in Contro la democrazia, è quello di far fare ai cittadini dei test per ottenere il diritto di voto. I test dovrebbero vertere su questioni molto semplici di diritto (cioè il candidato dovrebbe dimostrare di sapere come funziona lo Stato italiano). È un'idea che spesso si sente e che si può discutere, ma francamente la trovo 1) irrilevante, perché pur responsabilizzando e in parte cambiando l'elettorato, sostanzialmente fa rimanere intatta l'élite politica attuale; 2) possibilmente discriminatoria, perché creerebbe dei cittadini di serie A e di serie B. Inevitabilmente delle fasce di popolazione (per esempio i benestanti, che possono accedere facilmente agli studi universitari) conquisterebbe più diritti di voto che altre fasce di popolazione (per esempio i poveri), il che potrebbe portare a nuove forme di aristocrazia.


L'altro modo, più radicale, è quello di far fare dei concorsi ai candidati aspiranti al governo (un concorso per ogni ministero, basato sulla materia di cui quel ministero si occupa) e al parlamento (un concorso di giurisprudenza). Anche questa idea mi pare avere dei limiti evidenti; e il più evidente di tutti è che cultura e intelligenza non sono sinonimi. Si potrebbero fare tantissimi esempi di persone laureate con 110 e lode in giurisprudenza, o addirittura che hanno insegnato all'università, ma dotate di scarso senno e con idee retrograde, quando non proprio para-fasciste. Purtroppo un test "oggettivo" non garantisce nulla della reale capacità intellettuale dei candidati legislatori; mentre un test "soggettivo", che si basi sulle idee dei candidati, è impossibile da fare per ovvie ragioni. Inoltre, se si realizzasse questa idea, si scioglierebbe completamente il legame tra élite politica e popolo che è presente nella democrazia; i politici non si sentirebbero vincolati al popolo nelle loro scelte e ciò genererebbe o rivolte popolari o una nuova forma di autoritarismo. 


Queste sono le mie obiezioni. Rimane un'idea indubbiamente affascinante quella di Platone dei filosofi al potere; ma allo stato attuale penso sia un'idea tanto affascinante quanto utopica.
#3
Citazione di: anthonyi il 04 Maggio 2020, 07:49:41 AM

Riprendendo quello che ho scritto a Viator, questa necessità di svilire la funzione che ha avuto la religione nella storia umana, che aveva Marx, e che sembra abbia anche tu, da dove proviene ?
Il drogato è un soggetto moralmente sanzionato perché nei limiti in cui il suo comportamento dipende dalla sua volontà è responsabile di atti dannosi per se e per gli altri.


Caro anthonyi, non si tratta di svilimento, ma di studio consapevole della storia.


https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_criminale_del_cristianesimo


Questi 10 tomi dovrebbero chiarire la questione. Non vi è alcun dubbio che senza religioni (includo anche i paganesimi e quelle orientali, sui quali si potrebbero scrivere libri simili) l'umanità sarebbe oggi ad un punto molto più avanzato di progresso intellettuale, in quanto il libero pensiero non sarebbe stato intralciato. Questo lo dico oggettivamente e senza voler farti cambiare idea sulla tua fede, che è protetta dalla Costituzione italiana (la quale, peraltro, sancisce l'esistenza delle razze umane, contrariamente a quanto tutti gli scienziati dicono). Quanto alle ultime due righe, ci sarebbe troppo da dire e ci porterebbe molto off-topic, quindi mi permetto di ignorarle.
#4
Citazione di: anthonyi il 03 Maggio 2020, 20:54:45 PM(Se ti dicessero che sei un drogato tu come ti sentiresti ?) 


En passant, a me pare più offensiva questa concezione dei "drogati", piuttosto che la citazione di Marx (il quale dubito che avesse per i fumatori d'oppio la stessa concezione che la società oggi ha per i cocainomani o gli eroinomani. Ha semplicemente posto un paragone molto semplice da capire col suo solito stile tagliente).
#5
I post di paul hanno centrato il punto. Vorrei a questo proposito ampliare la discussione, magari col rischio di mettere troppa carne al fuoco; ma devo porre un altro punto che reputo fondamentale in questa questione. Voler curare la democrazia rappresentativa trasformandola in democrazia diretta, non è come passare dalla padella alla brace? Se la massa già a un livello rappresentavo fa così tanti danni, come potrà gestire da sé una società complessa? La massa sragiona per definizione. Nel 1932 i tedeschi hanno dato a Hitler la loro fiducia, facendogli vincere quelle libere elezioni che così tanto oggi la destra italiana invoca. Nel 1979 gli iraniani hanno votato affinché l'Iran diventasse una teocrazia islamica. Di esempi di questo tipo se ne potrebbero fare a bizzeffe, anche più recenti, come le elezioni di Bolsonaro e Orbán. Allora io mi chiedo: è saggio dare il potere di fare leggi e di decidere la politica dell'Italia ad una massa che per il 28% (secondo altri studi anche di più) è composta da analfabeti funzionali, che credono alle fake news e alle teorie complottiste più varie, che ragionano con la pancia invece che con la testa? È davvero auspicabile una democrazia diretta, o è meglio una forma di meritocrazia (Jason Brennan la chiama "epistocrazia"), dove a governare sono i migliori (magari scelti per concorso)?
#6
Citazione di: Jacopus il 02 Maggio 2020, 19:13:38 PM

Buonasera Santos. Alcune precisazioni anche da parte mia.
1) Non mi risulta che la tolleranza fosse esclusivamente rivolta a favore di ebrei e protestanti. Mi piacerebbe conoscere le fonti di questa dichiarazione. A proposito del tentato omicidio nei confronti di Spinoza, esso fu opera degli stessi ebrei, che dovevano lavare con il sangue, l'onta di un confratello con idee tanto eretiche. Si pensa che l'idea scaturì all'interno della stessa famiglia Spinoza. Quindi lo stato olandese e gli olandesi non c'entrano affatto, ma rientriamo proprio in quella logica che l'Olanda anche in quel momento avversava.
2) Che l'omosessualità sia stata punita fino al 1811 è comunque un passo avanti rispetto alla fine della punibilità in Italia, che risale invece al 1889, con il codice Zanardelli.
3) Al di là del passato, in Olanda oggi esiste la legislazione più favorevole e più tollerante rispetto al sesso a pagamento, all'adozione da parte di coppie gay, ai matrimoni fra coppie gay, all'interruzione volontaria della vita e rispetto all'eutanasia è stato il primo paese al mondo a dotarsi di una legislazione che la regolamentava, oltre alla famosa regolamentazione sull'uso di cannabis.
4) Oltre a Spinoza, per comprendere lo spirito tollerante dell'Olanda, bisognerebbe anche ricordarsi di Erasmo da Rotterdam, che già un secolo prima, sulla scia dell'umanesimo, predicò la più ampia tolleranza fra spiriti diversi, nell'ottica dell'humanitas latina.


Ciao Jacopus. Che la tolleranza degli olandesi fosse rivolta soltanto ai loro "colleghi" monoteisti (e comunque sempre in bilico e messa in discussione), è cosa risaputa. Purtroppo per la situazione di emergenza mi trovo separato da molti miei libri e mi viene difficile darti un riferimento preciso; posso però consigliarti il libro Baruch Spinoza e l'Olanda del Seicento di Steven Nadler, che spiega molto bene questo punto. Il libro spiega anche i molti guai che ha passato Spinoza per le sue opere. Venne accusato di ateismo, che per l'epoca in Europa era il peggior crimine che si potesse concepire. Se poté vivere relativamente senza grossi problemi (a parte quel tentato omicidio la cui idea, come hai ricordato, venne probabilmente maturata all'interno della comunità ebraica), fu perché scriveva in latino e in modo molto complesso, di modo che i suoi scritti non potevano arrivare al grande pubblico. 
Per il resto, non intendo affatto negare che i Paesi Bassi siano uno dei paesi più liberi e tolleranti al mondo; intendo che questa tolleranza è molto più relativa di quello che si pensa ed è sempre stata commisurata alla libertà che vi è stata in Europa nelle sue varie epoche storiche. A tal riguardo, posso anche segnalare l'articolo As long as they keep away from me': The paradox of antigay violence in a gay-friendly country di Laurens Buijs, Gert Hekma e Jan Willem Duyvendak, che asserisce come gli episodi omofobi non manchino nel paese e anzi costituiscano un serio problema. L'omofobia è particolarmente presente nelle forze armate e all'interno della comunità islamica, che è in continua crescita (ad Amsterdam i musulmani sono il 14% della popolazione). Insomma, non si tratta e non si è mai trattato di un paradiso terrestre come molti descrivono; si tratta di un paese relativamente più tollerante dei suoi vicini, con i suoi problemi e i suoi limiti. 
#7
Citazione di: anthonyi il 02 Maggio 2020, 07:50:28 AM

Ciao Santos, mi sembra tu abbia rappresentato un punto importante della questione sottolineando la differenza tra religiosità e teismo, dove con religiosità si intende l'esistenza e la forza di un sistema cultuale, che potrebbe caratterizzare anche sistemi atei, ad esempio nella Russia comunista, pur proclamandosi atei, avevano comunque un forte culto per i simboli del comunismo, anche loro avevano il loro pellegrinaggio alla tomba di Lenin. Questi sistemi cultuali producono ordine sociale per cui sono a favore della crescita economica, anche quando sono indirizzati a figure totalitarie (E poi Dio non è anche lui una figura totalitaria) come i Kim Yong.
Naturalmente i sistemi cultuali non sono tutti uguali, io tendo a differenziare tra sistemi liberali, cioè quelli che valorizzano la decisionalità economica individuale, e illiberali, che promuovono una centralizzazione delle scelte economiche. L'esperienza storica ci dice che i primi sicuramente producono una crescita economica maggiore dei secondi.
La crescita economica produce la crescita delle idee, e con esse anche dell'idea atea che, come fai tu correttamente notare, non è presente nei paesi più poveri, ed è molto presente in un paese sviluppato come l'Olanda.
Ma non è che in quei paesi poveri la povertà dipende dall'assenza di ateismo, semmai dipende anche dall'assenza di cultualità, di una struttura culturale che dia ordine ai comportamenti di quei popoli.
Al contrario in Olanda sono si atei, ma perché se lo possono permettere avendo alle spalle secoli di  religiosità che hanno costruito valori di rispetto per la persona e per le istituzioni che tu oggi definiresti laici, ma che nella loro origine vengono dal culto religioso e oggi rappresentano comunque un sistema cultuale, anche se laico.


Salve anthonyi. Concordo in gran parte con quello che hai detto, ma sulle ultime righe sono costretto a ribadire quanto detto prima. I valori di rispetto per la persona che hanno gli olandesi non provengono dal loro passato religioso; semmai, esistono nonostante la loro religiosità. La famosa tolleranza degli olandesi, che Jacopus cita, era rivolta solo ai protestanti di ogni tipo e agli ebrei; ma tutte le altre visioni religiose non erano tollerate, tant'è che Spinoza (che non si può certo dire fosse ateo) rischiò la vita. In generale gli olandesi nel passato erano un popolo fanatico, come era la norma nell'Europa dell'epoca. Nel 1672 Johan de Witt, allora primo ministro dello Stato, fu linciato da una folla di olandesi inferociti, che lo squartarono e lo mangiarono pubblicamente. Anche la tolleranza verso gli omosessuali che ho citato prima è molto recente, risale agli anni '70 del '900. Fino al 1811 l'omosessualità era un crimine punibile con la morte e l'ultima vittima risale al 1803 (praticamente l'altro ieri). Soltanto con l'invasione della Francia e l'adozione del codice napoleonico, almeno in parte fondato sui valori della Rivoluzione Francese che per prima ha decristianizzato la società, questa legge è stata abolita.
E in verità, nonostante più della metà degli olandesi sia irreligiosa, ancora oggi l'influenza della religione pesa piuttosto tanto nei Paesi Bassi, tant'è che la maggioranza del loro parlamento è composta da due partiti di orientamento cristiano.

Per tornare alla questione principale, mi sembra sia necessario segnalare che le economie più forti al mondo, i paesi membri del G8, si dividono tra: protestanti (Stati Uniti), irreligiosi (Cina), shintoisti (Giappone), cattolici (Italia), induisti (India), e combinazioni di protestanti, cattolici e irreligiosi (Germania, Regno Unito e Francia). Di fronte a questo mosaico, dove le maggiori potenze economiche si dividono non solo tra religioni estremamente diverse fra loro, ma anche fra religione e ateismo, nonché fra religiosità (o irreligiosità) unitarie e composite, io mi sento di affermare che è inutile cercare di trovare un legame concreto tra religione e prosperità economica. Diversa cosa è trovare il legame tra religiosità e avanzamento socio-culturale, cosa che ho tentato di delineare nel post precedente ma che meriterebbe una discussione molto più ampia.
#8
Rispondo collettivamente. Temo di non essere stato ben compreso dalla maggior parte di chi ha risposto. Io ho parlato di Internet e di votazioni telematiche soltanto come mezzo per la democrazia diretta, non come obiettivo. Magari in un futuro lontano verrà escogitato qualcos'altro di superiore che sarà ancora più efficiente per instaurare una democrazia diretta. La discussione che voleva fare io è un'altra. Provo a riformularla in questo modo. Tralasciando la questione della desiderabilità della democrazia diretta (anche se capisco sia incidentale a questo discorso), è possibile implementarla in una grande nazione, oppure ciò porterebbe al caos? Può esistere solo in piccole comunità autonome? E se sì, preferireste vivere in una grande nazione ma non avere voce in capitolo sulle sue leggi, oppure in una piccola comunità dove potreste partecipare al processo legislativo?
#9
Penso che si possa interpretare la tua domanda in due modi diversi. Il primo in un modo più materiale, considerando la ricchezza economica di una società e tralasciando il resto; il secondo riguarda invece la società nel suo senso più ampio, la libertà di pensiero e di parola, l'uguaglianza, il rispetto dei diritti umani, lo sviluppo artistico e culturale, la democraticità.
Nel primo senso, non c'è dubbio che una società molto religiosa possa ottenere un prodotto interno lordo molto grande. Pensiamo agli Stati Uniti, dove i religiosi sfiorano l'80% e gli atei sono palesemente discriminati (vengono associati ad una cattiva moralità e diverse associazioni li bandiscono esplicitamente; la maggior parte degli americani non voterebbe per un presidente ateo). Si tratta del paese economicamente più prospero al mondo; ma nonostante tale prosperità, io non vorrei mai viverci. Un paese che ha ancora la pena di morte, che ha il maggior numero di carcerati rispetto alla popolazione, che ha il maggior numero di persone armate (il doppio rispetto al secondo in classifica), dove la libertà di opinione non esiste se si è atei ma solo quando si è religiosi e si deve andare contro la scienza. Nonostante l'alto livello di produzione scientifica e artistica, vi è un enorme dislivello tra un'élite culturale eterogenea e la popolazione ignorante. È un paese imperialista che di certo non si può considerare sano.
Nel secondo senso, non posso che confermare a grandi linee una relazione inversa: meno una società è religiosa, più è avanzata. Chiarisco subito che intendo "religione" nel senso più ampio del termine, che dunque include anche le religioni cosiddette civili, come per esempio il comunismo. Nazioni come la Cina o la Corea del Nord, che hanno i tassi di ateismo più alti al mondo, ma che di fatto venerano i loro leader o l'ideologia dei loro leader, non possono certo essere considerate società irreligiose. Discorso simile per Stati come il Giappone e il Vietnam, dove le religioni tradizionali potrebbero in un certo senso essere definite ateistiche; ma si tratta in ogni caso di società religiose.

La migliore strategia argomentativa sarebbe quella di analizzare le popolazioni irreligiose e di mostrare come queste società siano avanzate. Ma gli esempi sono pochi, dato che la quasi totalità della popolazione mondiale è dominata dalla religione, sebbene si tratti spesso solo di una religiosità nominale. Due eccezioni sono la Repubblica Ceca e l'Estonia, dove circa l'80% delle persone non è affiliato a nessuna religione (la percentuale esatta dipende naturalmente dalle stime, che non sono affatto facili da fare e che possono variare molto tra loro). Si tratta di due nazioni che, dopo la caduta dell'Unione Sovietica, hanno incrementato enormemente il loro livello di democraticità e di sviluppo umano. L'Estonia in particolare ha un'economia molto sana, con uno dei debiti pubblici più bassi al mondo; e nel 2016 è stata valutata prima nella libertà del web. La Repubblica Ceca di contro è animata da una grande cultura. Ma l'esempio più emblematico è costituito dai Paesi bassi, dove più della metà della popolazione è atea. Si tratta forse del paese più libero e tollerante al mondo. La prostituzione è perfettamente regolamentata, l'eutanasia e il suicidio assistito sono legali, le droghe leggere sono tollerate. Si tratta della prima nazione al mondo ad aver legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e in generale quella con la mentalità più aperta verso la comunità LGBT. È il quarto paese al mondo per libertà di stampa. Si tratta anche di uno dei primi paesi che ha reso legale il voto per le donne; una sua provincia, la Frisia, lo ha permesso molto prima di qualsiasi altro, addirittura nel 1689 (sebbene limitato alle proprietarie terriere, come era in uso all'epoca). In questa provincia l'irreligiosità raggiunge circa il 60%; curiosamente il partito di maggioranza della regione è l'Appello Cristiano Democratico.


Di contro, i paesi con un tasso di ateismo prossimo allo 0%, il Burundi, la Somalia, la Libia, il Senegal, l'Afghanistan, il Pakistan, la Palestina, sono i più arretrati al mondo, sia economicamente sia come diritti umani sia come livello delle arti e della cultura. I paesi dove la religione è indissolubile dallo Stato, come l'Arabia Saudita e l'Iran, sono delle vere e proprie nazioni criminali, dove gli atei, gli omosessuali o le donne che si ribellano alla sharia vengono condannati a morte in modi crudeli. Purtroppo non è il caso unico dell'islamismo; l'omosessualità è illegale anche in paesi a maggioranza buddhista (Bhutan) e induista (Mauritius), mentre lo è stata nella stra-grande maggioranza dei paesi cristiani, prima che la secolarizzazione, avvenuta prima grazie al protestantesimo, al deismo e al panteismo, poi grazie all'ateismo, all'agnosticismo e all'esoterismo, abbia costretto la religione ad arretrare su questi temi (rimane comunque illegale in diversi Stati cristiani, come Antigua e Barbuda, Barbados o la Guyana).
Per riassumere. Sicuramente la religiosità non ferma la produttività economica di un paese; anzi in certi casi può essere compatibile con la crescita della sua operosità. Ma anche dove tale vantaggio è presente, esso sicuramente non riequilibra gli svantaggi che dalla religiosità provengono. Non c'è dubbio che ognuno di noi preferisca vivere in una società dove la libertà di pensiero e la democraticità sono pienamente raggiunte, rispetto ad una civiltà dove questi valori sono solo parzialmente rispettati e sacrificati ad una logica del profitto capitalistico. Soprattutto se tali profitti riguardano solo una parte della popolazione. Faccio notare infatti che gli Stati Uniti hanno un tasso di povertà (persone che vivono sotto la soglia di 5,5 dollari al giorno) del 2% (cioè circa 6 milioni e mezzo di persone), mentre i Paesi Bassi e la Repubblica Ceca hanno rispettivamente lo 0,5% e lo 0,4%. Si potrebbe ipotizzare anche in questo caso un'influenza del protestantesimo, che premia il merito individuale e i suoi frutti come segno della predestinazione divina. Mi pare dunque che a livello del singolo individuo, vivere in una società irreligiosa sia migliore rispetto ad entrambi i due sensi che ho considerato; mentre a livello della comunità intera, possiamo essere sicuri solo che sia migliore rispetto al secondo senso, che comunque mi sembra l'unico davvero importante, a meno che non ci si faccia contagiare da una mentalità ultracapitalistica che metta il profitto al di sopra di qualsiasi cosa, anche della propria qualità di vita.
#10
Da tempo mi sono convinto che la cosiddetta democrazia rappresentativa che impera nelle nazioni più avanzate non sia altro che una forma di oligarchia, nata dall'impossibilità di creare dei veri regimi democratici in nazioni che contano un alto numero di abitanti.
Da qualche anno però si è affacciata la possibilità di implementare una forma di reale democrazia diretta: la democrazia digitale diretta, che diversi partiti in Europa hanno inserito nel loro programma. In questo modello il Parlamento non sarebbe più necessario, in quanto i cittadini potrebbero rappresentarsi da soli, proponendo, discutendo e votando leggi su una apposita piattaforma statale sul web. Certamente non tutti i cittadini avrebbero l'interesse o la cultura necessaria per farlo; ma anche se lo facesse una piccola parte dei cittadini italiani, sarebbe comunque un numero molto più grande rispetto a qualche centinaia di parlamentari.
La mia domanda dunque è questa: può funzionare un modello del genere in un grande paese come l'Italia, con un potenziale di decine di milioni di persone che dovrebbero discutere le leggi? Oppure ciò porterebbe semplicemente al caos? La democrazia diretta è possibile solo nelle piccole comunità?
#11
Forse è una discussione ciclica (ma quale non lo è?), forse è una domanda mal posta e non c'è effettivamente una risposta, ma mi piacerebbe sapere chi pensate sia il filosofo più grande, quello che più si è avvicinato alle verità del mondo. Io non credo di avere una risposta definitiva, ammiro molto il primo Nietzsche, ma non le sue concezioni enunciate da Zarathustra in poi.
La parola a voi.
#12
Apro il mio primo topic sperando che non sia un argomento già trattato. 

Guardando la vita tutt'altro che felice di intellettuali e artisti che non si sono mai sposati (Petrarca, Leopardi, Pascoli, Pasolini...), ma anche di persone che conosco realmente, mi è venuta in mente la domanda: si può vivere felicemente e serenamente per tutta la vita senza avere una persona che si ama e che ci ama al proprio fianco? Oppure l'amore è una condizione essenziale per la felicità dell'uomo? 
Escludo parzialmente dal discorso i preti e i monaci perché la loro è una scelta e hanno il conforto della religione. 

Dite la vostra.