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Discussioni - Hybris

#1
Ciao a tutti,

avrei voluto affrontare questo argomento nella sezione "viaggi", ma non l'ho fatto per una ragione precisa: perché non voglio parlare dell'atto del viaggiare, quanto della sua rappresentazione nella società odierna.

Personalmente, credo che sia in atto una vera e propria mistificazione del viaggio, che ormai ha assurto a ruolo di oggetto di culto dai poteri straordinari, un totem in effetti. Grazie al viaggio diventeremmo più saggi, migliori e più felici. Sempre e comunque.
Ma è davvero così? Non è questo legato alla nostra indole ed alla nostra volontà di cambiare?

Ho provato a parlare del viaggio in questi termini sul mio blog, prendendo spunto da un'intervista ad un professore dell'ETH, il quale, finalmente, rompe questo tabù del viaggio e lo affronta in chiave critica. Non ha attecchito. Pare davvero che ci sia una sorta di mono-pensiero sull'argomento: vietato criticare il viaggio perché il viaggio rende sempre più saggi, migliori e più felici. Poco importa se esso consiste in una notte brava ad Ibiza e qualche ballo in spiaggia, pare proprio che i viaggiatori frequenti siano necessariamente persone che abbiano attraversato una profonda metamorfosi, più aperti di mente e più coscienti del mondo circostante.

Complice anche un certo marketing che alimenta tale credenza, è però un fatto che per molti il viaggio sia divenuto un vero e proprio totem, uno status symbol, una scusa per migliorare la propria immagine. Chi tenta di riportare il viaggio ad una dimensione più relativa (più umana, difatti) è snobbato o criticato duramente (fine fatta da un autore che aveva provato come me a sollevare la sua perplessità sull'idolatria del viaggio).

Che ne pensate? 

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