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Discussioni - sileno

#1
Massimo Recalcati - Mantieni il bacio – 2019 - Feltrinelli

Ogni amore muore, dal momento che solo il Nuovo alimenta un amore. Il matrimonio per sua natura spegne il desiderio: può sopravvivere un dialogo vitale al posto di quello amoroso? Esiste un amore in cui bruci perpetua la passione' Erotismo e amore non vanno di pari passo, e i problemi di gelosia e fedeltà? Si perdona? La violenza è ineliminabile? Gli amori bruciando lasciano solo cenere? Com'è che in certi amori il desiderio permane?

Questi gli eterni interrogativi che Recalcati pone, a cui possiamo rispondere: da parte mia con pessimismo.

Alla ricerca della metà perduta

Il mito di Zeus che separò gli umani androgini in due parti destinate alla continua ricerca della metà perduta per raggiungere la compiutezza è metafora della difficoltà di chi non rassegnato vorrebbe ri-trovare il partner dei suoi sogni per un legame duraturo.
Spesso si scelgono o si accettano i compagni di vita sottovalutando un'opportuna comunicazione conoscitiva anche per accertarsi se per entrambi prevalga lo scopo di un amore totalizzante.
Come riconoscere la nostra "metà"? Per somiglianza? Ma è anche vero che gli opposti si attraggono e si può aspirare a un partner con caratteristiche diverse dalle nostre. Non troppo! A meno che non si crei una di quelle complementarità appaganti dove i due inconsci colludono.
Sono le reciprocità che alimentano l'amore; ad es. quella intellettuale per un bilaterale arricchimento reso possibile da un pensiero esteso e lungimirante.

Tre sono gli elementi che possono fare la fortuna di un amore: intimità, passione, impegno: un'amicizia in cui si aggiunge la passione.

Valutare preventivamente come si è diversi sarebbe vantaggioso pur sapendo che in amore, esaltante ma sfuggente stato affettivo, la progettualità può venire frustrata e il margine d'imprevedibilità tardi può far accorgere di esigenze disattese anche per vicendevoli cambiamenti.
Certi indizi caratteriali passano inavvertiti o sono offuscati da un'irrealistica sopravalutazione dell'amato, inoltre è improbabile trovare quelle qualità che ci affascinano in un'unica persona e che potrebbero solo ripartirsi in più partners.
Se l'amore-passione che resiste al tempo e la compatibilità incondizionata sono eccezioni si dovrebbe decidere tra le forme della singletudine o, se va bene, un fatale appiattimento in un adattivo equilibrio,convivendo sotto lo stesso tetto.
#2
Il congiuntivo è morto? -  Valeria della Valle, Giuseppe Patota – Sperling & Kupfer – 2011


Breve saggio molto chiaro sul modo verbale che mette in crisi anche chi ritiene di conoscere bene l'italiano. Da tempo si lamenta la morte di questo modo verbale, tutt'altro che morto.


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Il congiuntivo è morto? . Sempre meno italiani, quando parlano, esprimono un dubbio, quasi tutti hanno opinioni categoriche su ogni argomento. 
La crisi del congiuntivo non deriva dalla pigrizia ma dall'eccesso di certezze, più la fretta con cui scriviamo. 

Pochi oggi "pensano, credono e ritengono", tutti "sanno e affermano". L'assenza di dubbio è una caratteristica della nuova società italiana. Chi non esprime cautela e usa il congiuntivo rischia di passare per insicuro. E' tempo solo di constatazioni e non più d'ipotesi? 

Oggi hanno fortuna i periodi attorcigliati, i tecnicismi, periodi oscuri, subordinate per dimostrare superiorità intellettuali in cui la trasparenza del dire è considerata riprovevole. Il linguaggio diventa come una cortina fumogena per nascondere qualcosa. Per omologazione alla modernità
Se rileggessimo i nostri scritti? Se evitassimo le imitazioni, i collage wikipedici? Potremmo verificare se abbiamo più dubbi o certezze e se ci comprendiamo veramente, o se soltanto facciamo finta di capirci.
#3
Tematiche Filosofiche / Il mito della caverna
28 Gennaio 2019, 12:01:38 PM
Il mito della caverna

Per la serie di conferenze "Il filosofo come maestro nella polis" il primo incontro è proposto da un ricercatore di Etica sociale di Padova. Espone l'argomento con un linguaggio semplice: infatti per lui la filosofia deve essere uno strumento di comunicazione a tutti accessibile.
A quei tempi tale voce nella piazza era scomoda e provocatoria in quanto interpretava problemi e saperi con uno sguardo lungimirante e critico. Eppure tale ricerca filosofica era rilevante per la vita dei cittadini e della comunità politica. Rappresentava inoltre un'etica estranea ad autorità religiose.
Parla dello scopo di far raggiungere la perfezione con l' educazione e la giustizia: elementi indispensabili per la collettività.*

Riporta il "mito della caverna" di Platone: ci sono prigionieri che voltano la schiena all'uscita e vedono solo il riflesso di ombre che arrivano dall'apertura, ma non ne conoscono l'origine, cioè la verità sul loro essere. Così sono costretti a credere in un falso simulacro della realtà. Uno solo riesce a vedere cosa sono quelle ombre, ma ora che detiene tale conoscenza non è felice perché non dimentica la sua precedente condizione di ignoranza e perché ha compassione dei suoi compagni che sono ignari come lui prima. Non riesce a godere di questa rivelazione che coinvolge solo lui, e ha pietà di chi è rimasto all'oscuro. Quindi il motivo che induce qualcuno a essere maestro di altri è che diventi come lui consapevole: questo è il vero filosofo e le ragioni del suo ruolo di far luce anche nelle menti altrui. Per una conoscenza che non può essere mai conclusa, ma è tensione per salire ancora e ancora, man mano che noterà carenze nel suo stesso sapere: è un processo infinito.*

"Il mito della caverna" diventa una metafora :chi è abituato a vivere nel buio non accetta la luce, non crede, oppone quello in cui egli crede. Deride chi rivela l'errore, lo tratta da matto fino a ucciderlo. Nessuno dei prigionieri vuole conoscere, stanno bene così, radicati nelle loro abitudini. Lui non può farci nulla, nemmeno fuggire dalla polis perché da cittadino deve rispettare le leggi. Deve accontentarsi di essere l'unico depositario di questa verità e considerare questo privilegio limitato a un senso personale da dare alla sua vita.
Eppure all'esigenza di etica' sociale non ci sono alternative nemmeno oggi perché nulla è cambiato nei secoli.


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Che il senso della filosofia sia questo? L'a - letheia che toglie i veli di Maya? A tal proposito è da citare pure Socrate che attraverso incalzanti interrogativi, fa ammettere al suo interlocutore le sue contraddizioni. La "verità" a cui può seguire un cambiamento non viene imposta, ma è un processo maieutico a cui si deve arrivare da soli,accettando il metodo dialogico e dialettico. Senza rifiutare fonti orali o scritte autorevoli che inducono a un confronto tra più visioni della vita.

Ma tale premessa a uno spontaneo cambiamento non sono oggi peculiari della sola filosofia. Infatti anche le terapie che si appoggiano sulla parola inducono a più ampie visioni e non in modo direttivo. A volte anche per uscire dalla gabbia di una propria "normalità", per una libera crescita personale. In quanto alla ricerca del perché si preferisca restare nelle tenebre, e/o si tacitano certe voci demistificatorie, a volte con la violenza, possono esserci varie motivazioni anche molto diverse tra di loro, su cui si può indagare.
#4
Il mondo come volontà e rappresentazione

Schopenhauer, che ammirò Leopardi e fu un maestro per Nietzsche, è attuale nel descrivere il dolore di esistere. 
Gettati nell'infinito viviamo nel presente che fugge morendo in un passato chiuso e privo di senso. 


Vivere è differire la morte contrastando la noia e ogni volere è un doloroso bisogno che una volta soddifatto spegne il desiderio facendo precipitare nella noia. 


Si persevera non tanto per amore della vita quanto per paura della morte veleggiando tra gli scogli verso il naufragio. 
Le pause dalla sofferenza sono segnate dalla noia che costringe ad ammazzare il tempo pur ritenuto prezioso. 


La conoscenza, il bello, l'arte, richiedono una disposizione naturale e l'intelligenza reca più dolore e solitudine tra gli altri che " vogliono" perdendosi in azioni insignificanti e sciocche. 
Il dolore inestirpabile si presenta come privazione, bisogno, ansia , odio, angoscia, ambizione, avarizia, malattia, disgusto, noia, ecc. 


Ogni inquietudine che cessa viene subito sostituita da un'altra e persuadendosi che ogni dolore riempie un posto che in sua assenza sarebbe stato occupato da un altro dolore, si può raggiungere un'imperturbabilità stoica. 


I mali hanno origine non da fattori esterni ma da una predisposizione interiore, ad es. i grandi dolori ci rendono insensibili ai piccoli e viceversa. 


La felicità è liberazione da un dolore-bisogno, noia compresa. 
Dolce è il ricordo di mali superati o evitati; l'egoismo è volontà di vivere. 


Futile e insignificante, stupida e irriflessa è la vita della maggior parte degli uomini : "orologi che camminano senza sapere perchè". 


La vita è tragica, ma considerata nei particolari è comica : siamo buffoni senza la dignità di personaggi tragici. 
Nè i tormenti rimediano all'inconsistenza, al vuoto, alla noia : perciò l'uomo crea demoni, dei e santi anche trascurando di combattere il male reale, soddisfacendo così il bisogno di sogni e spiriti. 


Attraverso la santità si nega il volere liberandosi dal mondo e dai suoi dolori, passando nel vuoto del nulla. 
Ciò che chiamiamo ente contrapposto al nulla è la rappresentazione-volontà : noi stessi. 
A chi è animato dal volere, sopprimendo la volontà resta il nulla vero e assoluto. 
Ma per chi annulla la volontà-desiderio, è il mondo reale e doloroso a esser nulla.


La noia è l'indefinibile inquietudine di un'attesa da cui non si attende più niente.
Ma anche le attività ripetitive, ammazzatempo e demotivate possono recare noia. 

Invito alla lettura di tale classico filosofico, a rintracciarne gl'influssi nella cultura moderna e postmoderna, a vederne sotto certi aspetti un'interpretazione della vita che viviamo
#5
Percorsi ed Esperienze / Sulla solitudine
25 Gennaio 2019, 12:42:01 PM
Sulla solitudine


"... mi sentirei più sola, forse, senza la solitudine ..." ( Emily Dickinson)


Saper stare soli è una virtù, un'autonomia; sono varie le facce della solitudine: si può anche gioire di pause in cui si sta soli con se stessi specie se si è introversi e introspettivi, o per interessi peculiari che non richiedono compagnia. Ma anche per una discrepanza tra le relazioni effettive e quelle ideali a cui aspireremmo.

"La vita non va svilita nel contatto con altri che non portano da nessun posto se non alla superficialità, al banale, alla stupidità", - scrive mons. Ravasi in un trafiletto sul Sole 24ore - che mi ricorda la poesia di Kavafis, "Quanto tu puoi":

" ... non la svilire troppo (la vita) nell'assiduo contatto della gente, nell'assiduo gestire e nelle ciance ... con l'esporla alla dissenatezza quotidiana ...."

Come i punti di vista familiari, del gruppo locale, bar di provincia, parrocchie, spiritualismi, scientismi fai da te, convinzioni di ignota origine, ecc .Si discute di cose non capite, futilità"sapienti", confusioni mentali.

Lo stesso può avvenire tra familiari, parenti, amici, col partner, genitori, colleghi. Rimedio? Nuovi amici dalla mente colorata, metamorfica, sensibile, plastica, che non improvvisano discorsi bislacchi.

Il dilemma è tra proteggere la personale identità e la necessità di rapporti per l'esistenza e gratificazione del nostro io.
Amicizie troppo vincolanti possono imporre adattamenti forzati a ciò che non entusiasma.

A volte siamo noi incompetenti nei rapporti umani o difficili per socializzare.
Nè il rapporto di coppia salva dalla solitudine.Spesso alla fine ci si appena tollera.
Può essere anche incapacità a stabilire rapporti con noi stessi, conflittualità con chi ci sta intorno.
Contatti numerosi ma di qualità povera non alleviano la solitudine e penso ai sia pure virtuali, contatti sui social network.

Il rimedio è la solitudine meditativa, l'introspezione per trovare vissuti che amplino la nostra interiorità: necessaria anche per conoscerci e per conoscere gli altri
#6
Come non scrivere – Claudio Giunta – Utet 2018

E' il titolo di un manuale di Claudio Giunta.
Curare le parole è curare il pensiero.A scrivere s'impara
se conosci bene la cosa le parole verranno da sole.
Linguaggi confusi e fumosi dipendono spesso dalla scarsa conoscenza del tema di cui si tratta.
Oggi è forte l'esigenza di una educazione linguistica che arricchisca le capacità di comprensione e intelligenza, di rapporto autentico con gli altri e con il mondo,un' educazione linguistica che dia a tutti la lingua che ci fa tutti uguali.Essere padroni di sé nelle nelle relazioni politiche, economiche e socializzazione.

In Italia uno su quattro è un analfabeta funzionale: sa leggere,non elaborare informazioni, legge e non capisce.



Da introduzione al ragionamento scientifico - Claudio Tognoli - 

Chiunque sostenga una tesi deve fornire la logica di ciò che difende,non presentarla per gioco o provocazione ma per combattere un'opinione falsa o dannosa deve produrre argomenti validi.

Occorre rispetto nell'impegnarsi nel contribuire per un dibattito svolto per verificare la verità di una tesi e la falsità dell'opposta, non allo scopo di distruggere l'avversario: non tutti conoscono la tecnica argomentativa; non deve prevalere la retorica del più abile.

Avvalersi della logica della teoria dell'argomentazione, senza antagonismo ma con correttezza e persuasione insieme.
Le fallacie vanno studiate dalla logica per difendersi dagli imbrogli dell'interlocutore. Quindi per argomentare si devono conoscerne le varie e ingannevoli.
#7
Filosofia e religione :il problema della salvezza

Come ci aiutano le religioni di fronte alla paura estrema? Con la fede: Dio, se umilmente credi in Lui, ti salva, di contro all'arroganza e vanità della filosofia,secondo i grandi pensatori come Sant'Agostino e Pascal.
Il libero pensiero filosofico ha anch'esso la pretesa di salvarci, perlomeno dalle angosce della morte,ma con le nostre forze e ragione, senza orgoglio: riusciremo con la nostra intelligenza a superare le paure e non con la fede cieca,ma tramite noi stessi, senza Dio.Filosofia è medicina dell'anima secondo Epicuro,Lucrezio, Epitteto e altri.
Secondo Montaigne fare filosofia è imparare a morire. Così in Spinoza, in Kant, in Nietzsche.
Nostalgia, rimpianto, senso di colpa e rimorso ci corrompono la felicità e anche la memoria degli attimi di gioia può spingerci fuori dal reale trasformandoli in paradisi perduti che impediscono di assaporare il presente.Per le religioni si tratta di aspettare un avvenire migliore elargitoci da un Essere infinito e buono che ci ama sopra ogni cosa. Anche i nostri cari ci aspetteranno nella vita migliore. Per questo la filosofia è invisa dalle religioni, fondandosi su ragione,spirito critico, dubbio.
La filosofia ci induce a cavarcela con le nostre forze,tramite la ragione: fare filosofia è imparare a morire ( Montaigne).
Poco credibile l'incontro con i nostri cari dopo la morte: da un Dio che ha permesso nefandezze verso innocenti .
La richiesta della Chiesa è abbandonare la ragione per abbracciare la fede
#8
Percorsi ed Esperienze / L'ossessione controfattuale
19 Gennaio 2019, 23:26:38 PM
L'ossessione controfattuale: "ah se avessi" ..." gl'inganni "del pensiero.

Nel tempo si celano le angosce atte ad alimentare i rimorsi e le nostalgie del passato. I due grandi mali : il peso del passato e i miraggi del futuro. Ci lasciano sfuggire il presente e ci impediamo di viverlo pienamente.

Marco Aurelio:Ognuno vive solo nel presente, nell'istante. Il resto è il passato e un avvenire oscuro. Corta è la vita che dobbiamo affrontare. E Seneca nelle lettere a Lucilio: si sopprima la paura dell'avvenire, il ricordo degli antichi mali.Questi non mi riguardano più, il futuro non ancora. Non c'è altra realtà oltre a quella vissuta qui e ora.


"Se avessi fatto, capito,saputo ... non sarebbe accaduto". S'immaginano scenari alternativi, consapevolezze precoci,informazioni, che avrebbero evitato una malattia, un incidente, una catastrofe, una perdita,ecc.Talora ci tormenta più che il fatto doloroso in sè, il pensiero che avremmo potuto evitarlo.


Questo può portare al rimuginio ansioso o ruminazione depressiva con conseguenti pensieri inconcludenti, ripetitivi, negativi . Disfunzionali e maladattativi focalizzati su stati emotivi interni, incontrollabili, perdendo il contatto con la realtà disturbata dal disagio emotivo e comportamentale.

Come interrompere la catena di tali pensieri, dispendio di energie per la mente?
E' grave la sofferenza emotiva per non saper controllare i pensieri ossessivi e gestire l'ansia.
Rimedi proposti? Guardare i pensieri scorrere nella scena mentale, esercizi di respirazione, una persona che ascolta empaticamente astenendosi da consigli, comprendere come funziona un'ossessione, imparare a vivere nel presente.

Sarebbe pertinente la terapia cognitivo comportamentale: non turba tanto l'evento quanto le suggestioni che ci facciamo intorno a esso,concetto che deriva dalla saggezza antica.
L'invito è a un pensiero e agire ragionevole: sostituire i pensieri malati con altri positivi, costruttivi.

Potrebbe soccorrere la filosofia? Ad esempio la massima 34 di Schopenhauer, che esorta a non esagerare con i rimproveri verso se stessi, perché il corso della vita è il prodotto di due fattori: eventi e nostre decisioni in un limitato orizzonte: non possiamo anticipare decisioni, prevedere eventi,né essere a conoscenza di certe informazioni che avrebbero mutato certe circostanze.Inoltre siamo condizionati da un nostro poco modificabile carattere, personalità,ecc.
Certi rimuginii mentali possono causare sofferenze indicibili e ammalare anche il corpo.
La filosofia serve per capire il mondo e se stessi,a volte per salvarci vincendo le paure che paralizzano, trovando la soluzione in noi stessi: può superare la psicologia.
Soprattutto superare l'attaccamento al passato e la preoccupazione per il futuro che impediscono di vivere nel presente: il solo che esiste e può turbare.Anche il rimpianto per gli anni giovanili, le esperienze di allora, è un pensiero controfattuale che può diventare patologico

Questo scritto deriva da un'attuale esperienza personale, rinforzata da un carattere portato all'ansia, al rimuginio controfattuale, da cui tento di uscire.
#9
Per ridere aggiungere acqua - Marco Malvaldi - Piccolo saggio sull'umorismo e il linguaggio – Rizzoli -  2018


"Un computer è intelligente se comprende quando scherzo" ( de Crescenzio)
Il gioco, come il riso, nasce dalla capacità - umana - di separare realtà e finzione..
Da una frase impariamo una struttura invisibile, un contesto, ma il computer non interpreta e il nostro linguaggio è ambiguo.
Ci si chiede come funziona il nostro linguaggio. L'autore presenta concetti non semplici: la teoria della comunicazione, la ridondanza linguistica, come il linguaggio attiva il cervello, cosa causa il riso, che non rende agevole la lettura, pur ricca di spunti interessantti
Fa ridere l'inaspettato, ma non tutto l'inaspettato fa ridere. Secondo Freud l'umorismo nasce da due punti di vista nella stessa frase; simile la poesia con le sue analogie, metafore, relazioni tra due immagini.
E' una sorpresa tra quel che non ci aspetteremo, una revisione di nostre intuitive inferenze, con particolari che vengono dalla nostra esperienza di vita. Ma un computer non può spostare un contesto. Come nel caso della battuta: "ragazzi si divertivano a saltare da un albero nella piscina: allora di decise di riempirla d'acqua".


Deve trattarsi sempre di persone inesistenti, per non farci coinvolgere, separare realtà e finzione,
Col riso la società scoraggia i comportamenti asociali; si ride anche per godere della propria superiorità intellettuale? Si ride di qualcuno,più facilmente in compagnia.
Si ride per godere della propria superiorità intellettuale? Sempre di qualcuno e più facile con qualcuno.

Si ride per l'inaspettato, per incongruenze del nostro pensiero che richiede logica:col comico s'impara a non fidarsi del proprio cervello.
A tal proposito la maggior parte delle persone fa errori sistematici proprio quando è convinta di ragionare al meglio. Paolo Legrenzi: "Anche i pensatori più apocalittici e negativi non hanno mai messo in discussione il funzionamento della loro mente quando se ne servivano per la costruzione di nuove visioni del mondo o per la critica di tesi altrui. Ci fidiamo troppo del nostro cervello, La nostra capacità di ammettere un errore o di considerare la possibilità di compiere un errore non è perffetta. Non siamo essere completamente razionali. Il modo di decidere e di reagire dell'uomo è spesso in bilico tra intuito e raziocinio, tra pancia e testa, tra opinione e ragionamente e il riso è uno dei campanelli d'allarme che ci può far notare che spesso scommettiamo sul futuro usando la parte del corpo sbagliata.

Un computer dovrebbe riconoscere l'ambiguità e la coerenza delle premesse; può riconoscere una pura speculazione esente da pericoli? Finora non si sa.


Siamo in grado di capire cos'è la coscienza? Quando costruiremo e programmeremo un oggetto artificiale cosciente? L'umorismo è la strada maestra per arrivarci: costruendo un computer capace di ridere.
E' un piccolo saggio che aiuta a capire i meccanismi del riso, pur inserendo dati sui meccanismi cognitivi computazionali che ne rendono un po' ardua la lettura.
#10
Tematiche Spirituali / critica all'etica cristiana
20 Dicembre 2018, 12:46:30 PM
Critica all'etica cristiana

Questa volta non critico la Chiesa istituzione dei preti corrotti, secolare, interessata a raggiungere un potere politico-economico, blanda verso i crimini pedofili, ecc. ma l'etica cristiana in se stessa o una religiosità evangelica, sia pure sobria, amorevole, caritativa. 
L'attuale Papa prende a modello San Francesco: potrebbe tale indirizzo misconoscere i fondamenti del Vangelo, dei Testamenti, della Genesi, dei dogmi assoluti che emanano dalla volontà di Cristo, figlio di Dio e che determinano "Giusto" e "Sbagliato"," Male" e "Bene?" Es. uccidere anche Hitler per salvare milioni di persone è male, dir falsa testimonianza per salvare una o più vite è comunque e sempre sbagliato ( stessa cosa afferma Kant). Non contano, per la religione, le conseguenze terrene sapute, temute, possibili, ma solo l'intenzione: cosa per molti, specialmente oggi, inammissibile. 

Peccato (contravviene "non uccidere") sarebbe anche ammettere il sacrificio di una sola persona per salvarne centinaia ( il noto dilemma del treno deviato verso un solo individuo, per salvare centinaia di passeggeri).
Il rifiuto, di facilitare una dolce morte a un parente che in preda a indicibili sofferenze, implora la dolce morte, è un "assassinio" ( tale è l'epiteto verso chi osa contraddire) e non amore né carità. Ugualmente delittuoso l'aborto di un feto sordo muto, cieco, cervello disfunzionale, con limitata sopravvivenza ( recente caso!) peccato uguale a sopprimere un bimbo cresciuto e sano.
La compassione per cui ci si immedesima nel prossimo con cui si condivide una sorte di dolore con ogni organismo vivente, è un sentimento che non appartiene all'"amore" di origine cristiana. 

Il dilemma di Eutifrone

Dio ordina o approva un'azione perché essa è moralmente buona? O è il fatto che Dio la ordini o la approvi a renderla moralmente buona? Che direbbe San Francesco, virtuoso modello di amore, carità, ecc.? Per gli etici cristiani vale la seconda possibilità: seguono i comandamenti in quanto comandati da Dio bontà infinita, escludendo un dialogo relativistico e relativizzato al tempo, al contesto, al dialogo degli uomini e al loro sentimento etico, di giusto,buono, male, bene suscettibile di discussione e non di cieca e assoluta accettazione

Quindi il problema si sposta da "Come salvare il Cristianesimo"
a "Perché salvare il Cristianesimo", dove la Chiesa dei preti passa in seconda linea.


#11
Ultimo libro letto / Di nuovo soli - Zygmunt Bauman
19 Dicembre 2018, 15:51:39 PM
Di nuovo soli - Zygmunt Bauman – un'etica in cerca di certezze – Castelvecchi 2018


Abbiamo fiducia nell'altro oppure consideriamo, l' "homo homini lupus?"Si vede a ragione un lato occulto pericoloso in ogni vicino?Sempre incerti sul da farsi. Generalizziamo secondo quello che vediamo, ma chi riceve fiducia diventa degno di fiducia.

Gli esseri umani sono buoni o cattivi? Sono soggetti morali?Agli uomini non piace stare in compagnia, se non per un loro potere di suggestione. Si deve costringere gli uomini a essere virtuosi, devono temere un potere superiore. Un mondo dove si sente la ragione è un mondo morale, tra vita civile e guerra contro tutti.
Se non regna la ragione tutto è fuori controllo.
I virtuosi sono guidati da regole, leggi che specificano cosa si dovrebbe o meno fare in certe situazioni.Un codice etico per prescrizioni e divieti. Il virtuoso impara le regole,in burocrazia e affari razionali escludono emozioni:solo azioni impersonali e lealtà.Buono e cattivo non esistono nell'organizzazione, solo corrette procedure, etica professionale fuori dalla morale.
L'epoca moderna separa affari e famiglia.

Non ha senso accumulare competenze, risparmiare; sono ignote le future regole del gioco, tutto può cambiare in un mondo frammentato, discontinuo, illogico.No progetti,non investire a lungo termine, non legarsi a nulla, non ipotecare il futuro, no impegni.
Ci s'interessa solo a se stessi, ogni luogo è una tappa temporanea, no legami emotivi tra persone, intensi, individuali, no pensieri e sentimenti comuni, no coinvolgimenti per valorizzare la vita, ognuno si salvi da sè.

La vita è privatizzata con meno interesse per la politica, conta il proprio ingegno e furbizia.Anche le marce solidali svaniscono per altro. Si cercano appartenenze per una debole identità sociale.

Per comprenderci si deve capire la nostra tradizione da sostenere, per mantenere propria identità. Una comunita comprensiva, l'amore contro la dura competizione reciproca; tracciamo bene e male con morali valide.

Burocrazia e affari non sono una scuola etica e morale, nè esistono famiglie corrette. Importa la propria coscienza e responsabilità, l'etica degli affetti a lungo termine.
Nei governi non c'è nulla di duraturo, affidabile prevedibile, ponderato. Paura di un futuro, mai sicurezze, certezze, ma potremmo vedere l'altro come condizione per il nostro benessere, più che come ostacolo.
Sì alle relazioni durevoli per responsabilità morali, impegni comuni, responsabilità condivise: rendere armonica la pluralità di voci, identità non più esclusive, ma conviventi, non solo autoaffermazione, ma difesa delle altre identità che fa fiorire la nostra unicità tra altre unità. Consenso tra stato di diritto, libertà di coscienza, di pensiero, uguaglianza di opportunità, di mezzi per tutti.

Possono, ma vorranno? Non è tempo di polis, collaborazione, consenso da discussione, costruzioni pratiche articolando le differenze, i progetti : pretendere che cambino le cose.
Uscire dalle cose che non ci vanno bene e cercarne altre.

Ritiro nelle mura domestiche, no legami tra famiglia e pubblico ; è un ostacolo la privatizzazione delle preoccupazioni umane.
Autonomia degl'individui ma maggior condivisione per responsabilità collettive,opportunità di farci guidare nelle scelte quotidiane, dalle vecchie risorse morali e solidali; codici e regole condivise, inevitabili le incertezze.


Persona morale: forza, resistenza, capacità di resistere alle pressioni,respondabilità morale incondizionata, infinita, sempre con il sospetto di non essere abbastanza morali. Prendersi cura degli affari comuni, giustizia e prudenza da cittadini responsabili, no regole ma risorse per sfide attuali. Nessuna garanzia su tale comunità. Consapevoli della connessione tra cittadini morali,autogestiti e comunità che corregge se stessa: due cose intimamente collegate.
#12
Liberi di crederci, informazione, internet e postverità - Walter Quattrociocchi, Antonella Vicini - 2018 - Codice - Le scienze - 2018

Conoscere bene e male è un desiderio umano, dal peccato originale.

In rete si cerca indipendenza ma anche conferma altrui. Autoaffermazione tramite un interlocutore. Si decide in base a una plurideterminata personale visione del mondo. Si dà risalto alle personali sovrastimate informazioni, e rilevanza a dati che confermano le nostre convinzioni, rifiutando ciò che le contrasta. Si razionalizzano lacune, si privilegiano a volte stili assimilati in famiglia, si crede alla maggioranza.

Si cerca conferma a proprie idee, pregiudizi, con collegamenti incollegabili. Si cerca ammirazione. Siamo noi stessi il centro d'interesse, fulcro è ilproprio io. Cerchiamo conferme, mostrandoci informati, manca empatia e vera comunicazione.
Si cerca approvazione, disinteressati all'interlocutore. Nessuno rivede le proprie posizioni. Inutile far cambiare idea con riferimenti autorevoli: favorisce il consolidamento di quelle posizioni che si vorrebbero contrastare.

Nessuno cambia opinione se un esperto lo giudica inattendebile. Convinti di avere solide ragioni.Visioni divergenti vengono escluse. Si tratta di aggregazioni di persone con stesse attitudini e interessi: trionfa l'uomo comune,non l'informato, l'esperto.

Sono informazioni senza mediazioni e con pretesa di conoscenza. La rete produce disinformazione, una minaccia globale.
Nella camera dell'eco non c'è spazio per chi la pensa diversamente.
sono temi su cui servirebbe un'informazione autentica per una coscienza collettiva.
Tutto si mescola in un calderone , spariscono i fatti, la comunicazione, l'antitesi-sintesi, urlandosi addosso per autodefinirsi tramite la contrapposizione.
#13
Percorsi ed Esperienze / La tragicità greca
19 Settembre 2018, 14:05:49 PM
La tragicità greca

Sileno

Richiesto Sileno
sul meglio perl'uomo
svelò una verità 
amara come veleno:
non esistere, non nascere,essere niente
ma il meglio è morire presto

Per evitare acciacchi, dolori,indebolimento

Il senso dell'esistenza secondo la tragicità greca è dolore,miseria,morte, malattia,vecchiaria,infelicità;oggida aggiungere la tecnologia deindividualizzante.
solo la cultura greca assunse il dolore costitutivo dell'esistenza senza inganni,accettando l'ineluttabilità, autorealizzandosi nel mondo escludendo l'eternità.
Tutto l'altro è inefficace.Secondo Nietzsche l'angoscia è vita non vissuta.

Può salvare la filosofia?
#14
La conoscenza e i suoi nemici – Tom Nichols – Luiss University press – 2018

Lo sviluppo tecnologico ha portato all'età dell'incompetenza: tutti narcisisti disinformati. Professori inutili, come i libri, i titoli di studio, i saggi, i giornali,gli esperti .Ignoranza come virtù negli USA."Nessuno sbaglia"degl'incompetenti, non ci sono dibattiti informati, non si riconoscono i propri errori. Disprezzo per il sapere autentico: chi lo promuove è un rompiscatole. Gli esperti rinunciano a interagire col pubblico.
In Italia? dialogare con gl'incompetenti non porta a nessun posto. Si discute su cose non capite, futilità mascherate da sapienza.. nessuno si chiede l'origine di quello che afferma.
disprezzo per i "cattivi maestri", si discute su cose non capite, senza usare il chi,che cosa, dove, come , quando, su cosa mi fondo,non si disimparano ragionamenti errati.
#15
Secondo ricerche 2 italiani su 3 non sono in grado di capire un testo scritto, di decodificare  un discorso complesso. Come vedremo può non dipendere dai livelli di studio raggiunti.
Un analfabeta funzionale non comprende, valuta, usa, si fa coinvolgere con scritti per interventi attivi nella società.
Incapace di riassumere e appassionarsi a uno scritto. Non comprende la società complessa. Incapace di decifrare, comprendere un testo anche semplice.
Solo un 20% possiede le competenze minime

Se" di ritorno", pur avendo lauree, attestazioni brillanti, ecc., nel tempo ,se non esercitate, certe capacità vanno perdute. Se legge solo riviste specialistiche inerenti il lavoro, ecc.,eludendo saggistica, letteratura, articoli culturali, ecc.

Don Milani, '65:

"Esiste un larghissimo strato di popolazione(...) che non è in grado di leggere ... non gli analfabeti,magli alfabeti ... non considero che uno che saleggere la "Gazzetta dello sport"sappia leggere: ha un vocabolario di non più di 200 parole e uno può capirne tutti i particolari ... saper leggere significa, a dir poco, intendere la prima pagina del giornale, ecc."


Chi è stato in contatto con il mondo della scuola si accorge che la maggioranza degli studenti non sa leggere un testo, che non sia un elenco di nomi,  con la dovuta espressività, corretta accentuazione, ecc.: ulteriore senso del "non saper leggere"
#16
La nostalgia ferita diEugenio Borgna - 2018 - e Book

Ci sono nostalgie gioiose,altre che suscitano tristezza.
Memorie d'infanzia,di un volto,nostalgia della salute perduta.Nostalgia speranzosa o fissata nel passato.Nostalgie dolorose o rasserenanti: esempi letterari e poetici..
Intesa come recupero del passato, donazione di senso,antidoto al deserto delle emozioni.
Oggisi tende a rifiutare la propria interiorità a favore dell'occasionale.
Quanto è accaduto dà continuità alla nostra esistenza per affrontare presente e futuro, errori di ieri.
Pensiamo volentieri all'infanzia e adolescenza, riviviamo esperienze.O c'è il rischio di rifugiarsi nel passato?
Passato, presente,futuro si ricongiungono: fa luce sulla propria esistenza.
E' un'emozione dolce, ma fa anche ammalare, provoca depressione, angoscia, tristezza, che richiedono dialogo e farmaci.
Narcisisti, autistici, non danno spazio alla nostalgia, il loro mondo è senza passato e senza speranze.
Differente dal rimpianto: si ricorda piangendo perché non c'è più, siamo colpevoli di cose perdute.
Nostalgia: speranza che le cose perdute abbiano un senso, aiuta a ricostruire il tempo, il passato, riesuma ricordi lontani.

Citerei anche il lutto da elaborare per la giovinezza perduta., quando si hanno decenni di vita alle spalle.
Conosco la nostalgia per l'infanzia e adolescenza,il rimpianto di qualcosa di non colto,non coltivato.
E l'angosciante,ossessivo controffattuale: Se avessi ... non sarebbe successo ...
#17
Ho letto "L'interiorità maschile", saggio di Duccio Demetrio. L'autore è molto critico verso l'atmosfera anticulturale e spoetizzata del nostro paese. Verso gli uomini "maschi" più che "uomini" , privi di vita interiore e orientati verso quelle tipicità di genere, che secondo l'autore sarebbe perfino preferita dall'universo femminile. Infatti, scrive: (...) ..."l'ampio consenso femminile che li eccita e conferma e ancora una volta li preferisce alle inquietudini e ai pallori dei poeti, di chi antepone il pensiero al fare ..." ecc. Per tradizione educativa non si dedicano ad alcun "esercizio di scrittura rievocativa, sulla propria infanzia, non scrivono di sé, del loro passato ... gli hanno insegnato che un uomo non deve lasciarsi andare a tentazione intimistiche. Prigionieri della loro solitudine e impotenza comunicativa ( ...) non hanno voglia e costanza d'indagare se stessi, penetrare nelle loro storie individuali, sapere ciò che non hanno mai voluto sapere, per diventare uomini e non solo "maschi". Disertano ogni luogo in cui si richiede di pensare, ascoltare, parlare, scrivere insieme ... refrattari a curiosità e stimoli. Non dediti a pensosità appassionate,a sensibilità verso i turbamenti dell'animo da esprimere, per imparare a rivelare qualcosa di se stessi. L'autore si chiede se alle donne può piacere ancora "un uomo a propensione interiore feconda", dote che può favorire "incontri 'giovani', tenerezze appassionate per il tempo che resta. 
Non si fanno domande su se stessi, non conoscono nemmeno cosa significa la locuzione "vita interiore", interessati solo al visibile. 

"L'uomo poetico non teme di incarnare tutti i diversi sessi e modi d'essere nelle stagioni diverse della vita" 

Incapaci di valorizzare quell'interiorità di genere femminile. Giudicano futilità quella sensibilità e cultura intimistica attribuita alle donne. 
La libertà individuale nel mondo maschile non è mai premiata. Gli appartati, liberi battitori,vogatori controcorrente, autosufficiente, hanno vita difficile. 
Eppure si diventa uomini solo se si coltiva la vita interiore e si realizza la propria più vera umanità.. 
La nobiltà d'animo consiste nell'essere sinceri con se stessi, scoprirsi, raccontarsi con pudicizia, guardarsi allo specchio per superarsi , per mirare ad altro da sé. La vita interiore è la terra promessa che richiede fatica, voglia di migliorarsi, trovare le parole giuste per raccontarsi. 


Il rimedio sono alcune conversazioni con le donne per avvicinarsi al linguaggio poetico, alla musicalità della parole,lo scambio di qualche libro di poesia, ecc. 
Eppure certa rozzezza fallica non cesserà mai di riscuotere consenso presso le donne. 
Per una scuola d'interiorità ogni luogo è buono se diventa tempo poetico, autocoscienza, raccoglimento meditativo. 
Ma l'autore teme che le donne siano contagiate da questa deteriore "maschilità" venendo a contatto con tali abitudini "maschiliste",con i loro noiosi eterni copioni. Il centro vitale è tutto ciò che ispira riflessioni imprevedibili e quella libertà che può dare una più densa vita interiore. 

I giudizi sono molto severi, e certo non si può generalizzare. Tuttavia, si tratta davvero di una tendenza diffusa? 
Davvero, alla luce anche di nostre esperienza, gli uomini rifuggono ogni confronto con la loro interiorità? E dovrebbero scoprire il valore educativo di una proficua meditazione in solitudine, per acquisire una virilità più problematica e profonda, imparando dalle donne? 
FFZ TRENDS
#18
LUOGHI E NON LUOGHI DELLE VACANZE

È ormai celebre la distinzione fra luoghi e non luoghi proposta oltre dieci anni fa dall'antropologo francese Marc Augé: "Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né relazionale, né storico si definirà un non-luogo" . Sono non luoghi gli spazi relativi al transito e alla circolazione di persone, merci, denaro, informazioni: le stazioni ferroviarie, gli autogrill, i sotterranei della metropolitana, le sale d'attesa degli aeroporti, ma anche i supermercati, le banche, le grandi catene alberghiere e ristorative, i campi nomadi e profughi nelle periferie delle città. Laddove i luoghi esprimono una storia e un'identità precisa, un genius loci, i non luoghi sono privi di storia, anonimi, simili gli uni agli altri. Laddove i luoghi invogliano le persone a stabilire relazioni sociali, i non luoghi si affollano di individui che non comunicano: la vocazione dei non luoghi non è infatti quella di "creare identità individuali, relazioni simboliche e patrimoni comuni, ma piuttosto di facilitare la circolazione (e quindi il consumo) in un mondo di dimensioni planetarie"2 . Laddove i luoghi impongono i loro significati e la loro identità ad abitanti e visitatori, i non luoghi hanno senso solo per la loro funzione immediata (ristorazione, trasporto, sosta, ecc.) e sembrano per questo lasciare spazio alla personalità e inventiva di ciascun individuo, mentre invece dettano le stesse condizioni a tutti. I non luoghi però non sono una semplice negazione dei luoghi, qualcosa che esiste per sottrazione: sempre più spesso, infatti, luoghi e non luoghi si compenetrano. Da un lato spiagge, montagne, monumenti si trasformano inevitabilmente, se troppo frequentati e visti, in non luoghi: nell'affollamento e nella reiterazione perdono unicità e spessore storico, diventano piatte cartoline. Dall'altro autostazioni, metropolitane, aeroporti ecc. possono acquisire nel tempo un'identità storica, o diventare luoghi d'incontro e relazioni umane, con una loro individualità e densità simbolica. Nella seconda metà del Novecento il turismo ha progressivamente aumentato il numero di spostamenti di persone nel mondo. Gli statunitensi sono stati i primi a permettersi il viaggio all'estero; negli anni Sessanta è stata la volta degli europei, poi dei canadesi, giapponesi, australiani, finché negli anni Ottanta è esploso il turismo di massa nei paesi ricchi dell'Occidente e Nord del mondo. Secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), oggi si muovono fuori dai confini nazionali oltre 600 milioni di persone all'anno, ai quali vanno aggiunti spostamenti interni quasi 10 volte superiori a quelli internazionali, per cui le persone che ogni anno viaggiano per turismo sarebbero circa 5 miliardi. Gli spostamenti di massa hanno moltiplicato a dismisura i non luoghi del mondo, perché da un lato hanno trasformato in non luoghi molti di quelli che un tempo erano luoghi (dal Colosseo alla spiaggia caraibica, dalle Piramidi d'Egitto alle cascate del Niagara), dall'altro hanno indotto l'industria del turismo a costruire nuovi non luoghi: villaggi vacanze, complessi alberghieri e residenziali, campeggi. Da vent'anni gli operatori del turismo internazionale moltiplicano sistematicamente l'offerta di non luoghi, e lo fanno per una ragione molto semplice: i non luoghi dei viaggi e delle vacanze hanno un'attrattiva particolare, piacciono, sono desiderati dai più. Vediamo perché. Il non luogo non è mai del tutto nuovo. Lo si è già visto rappresentato in cartolina, sui cataloghi delle agenzie viaggi, sui media, sui souvenir portati a casa da amici e parenti che ci sono già stati. Così, vedere con i propri occhi un monumento celebre, visitare una città d'arte invasa dal turismo è soprattutto un atto di riconoscimento visivo. La gratificazione viene proprio da questo: non occorre sforzarsi troppo, non occorre neanche leggere o ascoltare le spiegazioni della guida turistica, perché riconoscendo dal vero ciò che abbiamo visto in foto ci sembra di sapere già quanto basta. Il non luogo ci fa girare il mondo senza metterci mai a confronto con le diversità che ci sono nel mondo, il che è molto rassicurante: possiamo dirci gran viaggiatori senza aver mai messo in discussione le nostre abitudini e i nostri pregiudizi, sempre più forti nella convinzione che "tutto il mondo è paese". I villaggi turistici e i grandi alberghi sono tutti simili fra loro, ovunque si trovino, anche quando gli operatori ne promuovono l'originalità, addirittura l'unicità, con lo stereotipo del "luogo esclusivo". In questi non luoghi si parla lo stesso esperanto (un inglese piatto e semplificato), si fanno le stesse cose (spiaggia, bar, un po' di sport, animazione), si mangiano gli stessi cibi (la cucina internazionale), si incontrano le stesse maschere (l'animatore, l'istruttore sportivo, l'addetta al baby club), si guardano gli stessi paesaggi (riquadri di spiagge fra palme e bungalow, sfondi di natura immancabilmente "incontaminata" e "rigogliosa", come dicono i cataloghi). Le varianti locali sono ridotte al minimo: un piatto più o meno speziato, una musica in sottofondo invece di un'altra, un verde più o meno brillante. Gli incontri con le popolazioni locali, con le loro storie e vite, sono sporadici e filtrati dalle gite organizzate, dalle escursioni fuori dal non luogo: andata e ritorno in giornata, dietro una guida locale ben ammaestrata a trattare con i turisti, a dare e dire ciò che vogliono. Non una parola sulle condizioni politiche, sociali ed economiche del paese in cui ci si trova, su dittature, persecuzioni, fame, malattie, così frequenti nel Sud del mondo. E così nei Caraibi si incontrano indigeni sempre "calienti", "poveri ma dignitosi", con "il ritmo nel sangue", in Oriente le persone sono sempre "sorridenti", in Africa i neri sempre "ospitali" e "contenti di vederci"3 . In sintesi, il non luogo è particolarmente adatto all'idea di vacanza, intesa come vuoto, come buco nel pieno della vita ordinaria: vuoto di esperienza, vuoto di differenze, vuoto di storia, di identità, di relazioni. Non a caso le persone che tornano da un non luogo di vacanza lamentano tutte che, una volta riprese le solite cose, i vissuti della vacanza svaporano in poche ore. Per forza: erano vissuti sotto vuoto. Eppure milioni di persone, nei paesi ricchi del mondo, lavorano tutto l'anno per concedersi qualche settimana di questi vuoti, e i non luoghi delle vacanze sono fra i più ambiti oggetti dei loro desideri e sogni: sono, appunto, vacanze "da sogno". (ARTICOLO di Giovanni Cosenza nel sito http://www.golemindispensabile.i


Si possono percorrere milioni di Km senza scalfire la superficialità dei luoghi. Il vero senso del viaggio sta nell'ascoltare storie.
#19
Tematiche Filosofiche / Siate buoni
26 Aprile 2018, 19:19:28 PM
Siate buoni

L'attuale società non inclina alla bontà. E' contrassegnata da buonismi e moralismi ipocriti, da falsi sentimenti mediatici inscenati quale spettacolo. L'io postmoderno vacuo e narcisistico cela in tal modo i suoi disagi, specie disistima e scarso equilibrio. I comportamenti altruistici sono in realtà egoismo dissimulato, forme di potere, di opportunismi, di filantropie interessate, di ciniche manipolazioni ammantate di "bontà"

La morte di Dio non c'entra perchè l'etica precede la religione. Amiamo gli dei perchè sono buoni, o li consideriamo buoni perchè sono dei? Già per Platone valeva la prima ipotesi. La morale è indifferente alle credenze religiose. Uccidere è male in se stesso. Così chi ha fede potrebbe fare il bene non per il bene, ma, anche suo malgrado, solo per evitare l'infermo,spauracchio delle fiamme tuttora evocato.

"Chiamiamo buona una cosa quando soddisfa il nostro desiderio, sia esso nobile o meno, e la designiamo cattiva quando vi si oppone" (Spinoza). Secondo il filosofo Dio coincide con la natura materiale. Non esiste il soprannaturale né la provvidenza, né il giorno del giudizio. La nostra "etica" , premesso che ci sia, sarebbe quella della specie. Anche Kant ammise che la morale è indipendente dalla religione. E se si facesse il male non per propria scelta volontaristica ma per ineluttabile determinismo, condizionati da natura (genetica) e da cultura (ambiente), e forse da una stessa "morale" naturalistica istintuale? Nessuno sarebbe più "colpevole", nè da giudicare "buono o "cattivo". Si deve ancora ridefinire il concetto "libero arbitrio", anche alla luce delle ultime scoperte, e il futuro apporto delle neuroscienze. Vero rischio per le credenze.

E' giusto che il relativismo tolleri e rispetti gli altrui valori (qui entrano in gioco pure le scienze antropologiche) oppure è meglio credere nel dogma, a priori antidialogico, che impone una Verità "etica", unica, indiscutibile, assoluta? Non si può fare filosofia morale (campo vasto e difficile) se non ci si propone di smascherare la bontà delle false coscienze e le sottese motivazioni; se non si riconosce di dover scegliere tra peccato trasgressivo di dogmi e moralità aperta e lungimirante. E' ancora valido un imperativo categorico kantiano come "Non devi mentire, nemmeno per salvare una vita umana?" C'è qualcuno che preferirebbe non sopravvivere, qualora in virtù di una bugia? E' l'uomo l'unica misura o v'includiamo pure gli animali e le questioni ambientali ed ecologiche, come stanno proponendo le neo-etiche?.

L'uomo per sua natura è furbo e competitivo. Nei fatti nessuno si attiene nemmeno alle trascendenze religiose predicate, se non nelle intenzioni espresse da parole credute lodevoli e condivise. Sono proprio queste che lastricano la strada che porta all'inferno. Intenzioni ed effetti,spesso conflittuali, tra l'altro è un altro problema etico. Si divarica sempre più la carità evangelica e la ragion di supremazia ecclesiastica. E chi affolla le piazze diserta le chiese. Sanno almeno vedere la trave nel loro occhio o solo la pagliuzza nell'occhio del prossimo? Soltanto sperimentando di persona stati estremi si arrivano a comprendere certe cose, come il senso l'eutanasia.

Se c'è un istinto altruistico serve a salvaguardare la specie. Per evitare ritorsioni, per tacitare la propria sofferenza alla vista di chi soffre, ecc. Difficile affermare che esiste un altruismo genuino senza anticipazioni di remunerazione o forme inconfessate di qualsiasi gratificazione di reciprocità.

Si può essere altruisti anche per ricompense interne, come evitare tensioni, colpe, disobbedienza al Super io. Per conformità alla coscienza morale che impone pregiudizi sociali come valori riconosciuti nel gruppo: "Non uccidere" o "Ama il tuo prossimo", in caso di eutanasia? Inoltre per autoimmagine, autostima, ideale dell'io, pulsione a rimediare un'ingiustizia.

La psicologia esclude un altruismo con motivazioni intrinseche, contrario a un'istintuale scopo edonistico di ogni nostra azione. Chi agisce a proprio svantaggio? Secondo Hume le passioni egoistiche equivalgono alle azioni benevole verso un amico, perchè ne sta sempre alla base l'amor proprio.

Ad esempio chi fa volontariato spesso dimostra di essere aggressivo, fragile, bisognoso egli stesso di qualche sostegno per personali problemi, per acquisire un "potere" da ruolo, per innalzare un'autostima che vacilla. Purtroppo anche psichiatri e psicoterapeuti, perchè quasi sempre si attribuiscono vuoti ruoli privi di un'identità vocazionale. Nulla adi male, purchè non facciano danni (eppure succede) e non si scambino per angeli. 

Anche il gigante egoista della favoletta splendida quanto falsa di Oscar Wilde, infine si accorse che il suo tornaconto di vecchio solo e da tutti abbandonato, ormai poteva essere solo abbattere il muro che circondava il suo giardino, aprendolo ai giochi dei bimbi.

L'uomo è un "lupus" educabile ai sentimenti più nobili? Sì, se non si celano le motivazioni profonde, siano inconsce o deliberate, che ne stanno alla base. Quindi per un altruismo inteso quale valore vincente da sperimentare. Ancora una volta è una sfida da proporre a famiglia e scuola. E s' impone sempre un'etica del linguaggio quale analisi di semantiche distorcenti, di sofismi capziosi, di retoriche stantie, di inganni ed autoinganni veicolati dalla parole.
#20
Percorsi ed Esperienze / Avere ragione
26 Aprile 2018, 09:29:53 AM
Avere ragione

Per avere ragione non basta esibire prove inconfutabili,affermazioni ragionevoli e condivise dalla maggioranza, da fonti autorevoli citate.

Se tentiamo di far loro cambiare idea,le persone si irrigidiscono
Più mettiamo in dubbio le loro idee e più se ne convincono.
Far cambiare idea anche a persone concilianti è difficile; l'uomo è un conservatore cognitivo: tende a mantenere le proprie idee anche di fronte a prove che dimostrano il contrario: bisogna capire come e dove le sue idee hanno le radici.

Conta anche un' appartenenza a una comunità,la mentalità,visioni di vita, riferimenti, formazione di altro tipo,ecc.

Illusione della conoscenza profonda: si è convinti di sapere e non si va a fondo di un problema.

Uno dei luoghi meno adatti per dialogare sono i social network. La rete pullula di partecipanti che criticano gli altri senza convincenti, plausibili affermazioni.
Manca online il linguaggio corporeo per sintonizzarsi e correggere il discorso che prende una piega sbagliata.
Chi si espresso, scrivendo, in un senso e in pubblico, non ritorna più sulle proprie idee.
Mostriamo comprensione, senza sposare tesi altrui che a verifiche affidabili non hanno fondamento, sulla base di fatti perché
insistere sulla infondatezza di una convinzione ottiene solo di rinforzarla.