Le idee esposte in questo topic nascono dalla riflessione su alcune teorie di Sgiombo che egli ha illustrato nel mio precedente topic "Critica all'emergentismo". Ciò che intendo fare è analizzare brevemente tali teorie e intengrarle con alcune mie "correzioni" e riflessioni. Ho pensato di farlo in nuovo topic e non in una risposta ai suoi commenti poichè il tema si discosta da quello iniziale e perchè, secondo me, merita un topic a parte. Avendo io già riassunto (più o meno bene) le idee di Sgiombo nel topic sopra citato ( di cui invito a leggere gli ultimi commenti per avere un'idea più chiara e non filtrata dalle mie parole di quello di cui si sta parlando), mi limiterò spesso a fare un copia-incolla delle mie e delle sue parole. Inizialmente illustrerò le sue idee integrandole con domande e commenti, poi aggiungerò le mie riflessioni individuali su tali idee. Questa sarà una versione breve della sua proposta, in cui elencherò solo ciò che è necessario per far capire in che modo io mi sono legato alla sua idea, se qualcosa non è chiaro, ripeto il consiglio di andare a leggere gli ultimi commenti del mio topic sull'emergentismo.
Secondo Sgiombo (parole mie): "Esiste il materiale ed esiste il mentale. Il materiale è tutto ciò che arriva alla nostra coscienza dall'esterno, che tutti possono vedere e misurare. Esso viene rappresentato dalla nostra coscienza come percetto (visivo, uditivo ecc.). Il mentale è invece tutto ciò che è interno alla nostra coscienza, che è soggettivo e non misurabile dall'esterno. Di questa categoria fanno parte sia i percetti soggettivi generati dalla materia, sia le sensazioni interne come pensieri e ragionamenti." A questo punto Sgiombo mi corregge dicendo che: "Tutto ciò che é interno alla nostra coscienza é il fenomenico [...] del che fanno parte sia le apparenze fenomeniche materiali [...] sia le apparenze fenomeniche mentali o di pensiero".
Vorrei qui un chiarimento sulla natura della correzione (e mi rivolgo principalmente a Sgiombo). Non credo di aver colto la differenza tra le mie e le tue parole: entrambi affermiamo che la coscienza, ossia il mentale, è composto da processi sia esclusivamente interni (quindi fenomeni mentali o di pensiero), sia dalle "apparenze fenomeniche materiali" (quindi dai nostri percetti provenienti dalla materia). C'è qualcosa che ho tralasciato?
Andando avanti, viene chiarita la natura della precedente affermazione. Secondo Sgiombo (sempre parole mie): "Quando noi ci priviamo di informazioni sensoriali provenienti dall'esterno e di informazioni sul nostro stato di coscienza, materia e mente smettono di esistere poichè non sono soddisfatte le condizioni che le definiscono: se con materia intendiamo tutto ciò che percepiamo dall'esterno e con mente tutto ciò che percepiamo dall'interno, quando ci priviamo di percezioni entrambi questi elementi vengono a mancare. Tuttavia, la realtà oggettiva continua a esistere anche in assenza delle mie percezioni poichè non appena riattivo le percezioni essa mi riappare come prima. Questo è quello che tu, citando Kant, chiami "noumeno"".
Più avanti viene illustrato un interessante modo di approcciarsi al problema dei qualia. Secondo Sgiombo (parole mie): "Quando noi osserviamo il cervello di qualcun'altro lo percepiamo nello stesso modo in cui percepiamo le cose materiali poichè esso è esterno a noi. Tuttavia il possessore del cervello lo percepisce come mentale poichè esso è interno al soggetto."
Infine: "Non c'è rapporto causale tra materia e mente poichè entrambe sono le rappresentanti della stessa cosa, ossia il noumeno. Esse quindi si muovono più che altro in parallelo e vengono influenzate dalle stesse cose: influenzando una si influenza l'altra e vice versa. Questo accade poichè, in realtà, si sta in entrambi i casi influenzando il noumeno di cui materia e mente sono le raffigurazioni."
Ho usato principalmente parole mie poichè in questo modo mi sento più a mio agio, ma eventuali correzioni da parte di Sgiombo sono sempre accette.
Dunque, vorrei iniziare con alcuni punti deboli che mi è sembrato di trovare. Innanzitutto non mi è chiaro quanti sarebbero gli elementi ontologici: materia e mente? Materia, mente e noumeno? Oppure materia-mente (visti come unità) e noumeno? Il mio punto è il seguente: se materia e mente smettono di esistere al cessare delle percezioni coscienti interne ed esterne (quindi anche quando dormiamo immagino), vuol dire che esse sono interamente contenute nella nostra coscienza. Ma a questo punto c'è qualcosa che non torna riguardo la natura della materia. Se essa si identifica con le sensazioni percettive tattili, visive, odorose ecc., (quindi materia = percetti) non vedo perchè chiamarla materia e non, per l'appunto, "percezione", classificandola come uno dei tanti aspetti della mente. Se essa invece si identifica con ciò che produce queste percezioni, allora non dovrebbe smettere di esistere quando le percezioni cessano e dovrebbe quindi identificarsi con il noumeno, in quanto i percetti sono i rappresentanti del noumeno e sono quindi prodotti da esso.
Io mi limiterei a suddividere materia e mente e, se si vuole tirare in ballo il noumeno, esso dovrebbe essere un sinonimo di materia.
A questo punto si arriva alla parte più interessante: il cervello visto dall'esterno e dall'interno. Sgiombo dice spesso che "il cervello sta nella coscienza". Con questo penso voglia intendere che, dato che nella sua ottica la coscienza non è prodotta dal cervello, ma essi sono piuttosto uno affianco all'altro, l'unico vero cervello con cui abbiamo a che fare è quello che incontriamo quando stiamo guardando un cervello fisico di qualcun'altro. Essendo esterno a noi, esso crea un percetto che è rappresentato nella nostra coscienza come l'immagine del cervello. In questo senso il concetto o l'immagine del cervello è dentro la coscienza (di chi osserva). Ma ogni persona vede diversamente se stesso rispetto a come vede gli altri: degli altri si vede il cervello ma non la coscienza, di se stessi si possono,teoricamente, vedere entrambi poichè siamo i possessori di un cervello e della coscienza associata (ma non causata, poichè entrambi rappresentano, in modi diversi, una terza cosa che è il noumeno).
Ora, quest'idea del diverso punto di vista io l'ho trasportata nella mia concezione monista materialista del mondo (che Sgiombo me ne perdoni) e mi è servita per trovare un diverso approccio al problema dei qualia.
Vorrei portare innanzitutto l'attenzione sulla natura del problema dei qualia e della coscienza. Il riduzionismo e il materialismo sono spesso criticati perchè, sembrerebbe, non riescono a spiegare la coscienza e l'esperienza soggettiva di ognuno. L'esperimento mentale di Mary che studia la percezione dei colori in una stanza in bianco e nero ne è un esempio: l'idea qui, è che delle spiegazioni fisiologiche del funzionamento del cervello non sono sufficienti per rendere conto anche delle esperienze soggettive (la critica di Paul Churchland a questo esperimento contiene già gran parte, se non tutte, le mie idee a riguardo). Tuttavia, secondo me, il problema esiste solo perchè non ci si è soffermati a pensare a cosa significhi dare una spiegazione dei qualia. Ed ecco che entrano in gioco i punti di vista. Dal mio punto di vista (non ho saputo resistere al gioco di parole) ogni individuo ha due differenti visioni dei processi cerebrali (e qui mi riallaccio ai pensieri di Sgiombo ): la visione esterna e interna. Per visione esterna intendo il modo in cui ogni cervello (che uso come sinonimo di individuo) "vede" gli altri cervelli. Questo modo corrisponde a tutte le spiegazioni fisiologiche dei processi mentali che sono state fornite finora: noi percepiamo gli altrui processi cerebrali come potenziali d'azione, reazioni chimiche ecc. Per visione interna intendo la visione che ogni cervello ha di se stesso, ossia, il modo in cui determinati processi cerebrali "vedono" altri processi cerebrali all'interno dello stesso cervello. Il modo in cui il cervello si vede è attraverso i qualia. Questi due punti di vista sono diversi l'uno dall'altro ed è quindi normale che generino rappresentazioni diverse della stessa cosa (il cervello). Da ciò ne consegue che i qualia di una persona esterna a noi, essendo anche loro processi cerebrali, vengono percepiti da noi come normali processi cerebrali e non ha senso pensare di poter dare una spiegazione diversa ai suddetti qualia, poichè noi non siamo quella persona e l'unico punto di vista che abbiamo sul suo cervello è quello esterno. Il fatto che i nostri qualia ci sembrino qualcosa di diverso dai normali processi fisici è dovuto solo al fatto che essi sono interni a noi e non esterni, godendo quindi un diverso punto di vista. Il ragionamento sarebbe il seguente: i qualia non sembrano processi fisici poichè i processi fisici corrispondono al nostro modo di rappresentare la mete degli altri (tra cui i loro qualia), mentre i nostri qualia li stiamo vivendo in prima persona, producendo una diversa rappresentazione dei nostri stessi processi fisici. Riassumendo si potrebbe dire: noi siamo i nostri qualia, i qualia degli altri sono ciò che noi vediamo come processi fisici (immagini di risonanza magnetica del cervello, rilevamenti EEG e così via).
Con questo volevo far notare come, in realtà, le spiegazioni materiali dei processi cerebrali che stiamo continuando a dare sono sufficienti per rendere conto di ogni tipo di fenomeno mentale (anche se ovviamente ancora c'è molto da scoprire). Il fatto che molti credino che a queste spiegazioni manchi e mancherà sempre qualcosa dipende dall'illusione di poter dare a qualcosa di esterno (l'altrui cervello) la stessa rappresentazione che si da al proprio cervello. Ovviamente le cose non cambiano neanche se si visualizza una misurazione dei propri processi cerebrali, in quanto la misurazione ha già trasformato i suddetti processi in un linguaggio esterno e comprensibile agli altri.
Tutto questo, come ho già detto, è nato grazie all'idea di Sgiombo sui diversi punti di vista e, alla fin fine, ho l'impressione che l'unica reale differenza tra le mie le sue idee sia che io ho messo tutto su un piano materialista e monista mentre lui (credo) rimanga sul dualismo. Spero che l'aver usato i sui pensieri per rafforzare il freddo poco piacevole monismo materialista mi venga da lui perdonato.
Secondo Sgiombo (parole mie): "Esiste il materiale ed esiste il mentale. Il materiale è tutto ciò che arriva alla nostra coscienza dall'esterno, che tutti possono vedere e misurare. Esso viene rappresentato dalla nostra coscienza come percetto (visivo, uditivo ecc.). Il mentale è invece tutto ciò che è interno alla nostra coscienza, che è soggettivo e non misurabile dall'esterno. Di questa categoria fanno parte sia i percetti soggettivi generati dalla materia, sia le sensazioni interne come pensieri e ragionamenti." A questo punto Sgiombo mi corregge dicendo che: "Tutto ciò che é interno alla nostra coscienza é il fenomenico [...] del che fanno parte sia le apparenze fenomeniche materiali [...] sia le apparenze fenomeniche mentali o di pensiero".
Vorrei qui un chiarimento sulla natura della correzione (e mi rivolgo principalmente a Sgiombo). Non credo di aver colto la differenza tra le mie e le tue parole: entrambi affermiamo che la coscienza, ossia il mentale, è composto da processi sia esclusivamente interni (quindi fenomeni mentali o di pensiero), sia dalle "apparenze fenomeniche materiali" (quindi dai nostri percetti provenienti dalla materia). C'è qualcosa che ho tralasciato?
Andando avanti, viene chiarita la natura della precedente affermazione. Secondo Sgiombo (sempre parole mie): "Quando noi ci priviamo di informazioni sensoriali provenienti dall'esterno e di informazioni sul nostro stato di coscienza, materia e mente smettono di esistere poichè non sono soddisfatte le condizioni che le definiscono: se con materia intendiamo tutto ciò che percepiamo dall'esterno e con mente tutto ciò che percepiamo dall'interno, quando ci priviamo di percezioni entrambi questi elementi vengono a mancare. Tuttavia, la realtà oggettiva continua a esistere anche in assenza delle mie percezioni poichè non appena riattivo le percezioni essa mi riappare come prima. Questo è quello che tu, citando Kant, chiami "noumeno"".
Più avanti viene illustrato un interessante modo di approcciarsi al problema dei qualia. Secondo Sgiombo (parole mie): "Quando noi osserviamo il cervello di qualcun'altro lo percepiamo nello stesso modo in cui percepiamo le cose materiali poichè esso è esterno a noi. Tuttavia il possessore del cervello lo percepisce come mentale poichè esso è interno al soggetto."
Infine: "Non c'è rapporto causale tra materia e mente poichè entrambe sono le rappresentanti della stessa cosa, ossia il noumeno. Esse quindi si muovono più che altro in parallelo e vengono influenzate dalle stesse cose: influenzando una si influenza l'altra e vice versa. Questo accade poichè, in realtà, si sta in entrambi i casi influenzando il noumeno di cui materia e mente sono le raffigurazioni."
Ho usato principalmente parole mie poichè in questo modo mi sento più a mio agio, ma eventuali correzioni da parte di Sgiombo sono sempre accette.
Dunque, vorrei iniziare con alcuni punti deboli che mi è sembrato di trovare. Innanzitutto non mi è chiaro quanti sarebbero gli elementi ontologici: materia e mente? Materia, mente e noumeno? Oppure materia-mente (visti come unità) e noumeno? Il mio punto è il seguente: se materia e mente smettono di esistere al cessare delle percezioni coscienti interne ed esterne (quindi anche quando dormiamo immagino), vuol dire che esse sono interamente contenute nella nostra coscienza. Ma a questo punto c'è qualcosa che non torna riguardo la natura della materia. Se essa si identifica con le sensazioni percettive tattili, visive, odorose ecc., (quindi materia = percetti) non vedo perchè chiamarla materia e non, per l'appunto, "percezione", classificandola come uno dei tanti aspetti della mente. Se essa invece si identifica con ciò che produce queste percezioni, allora non dovrebbe smettere di esistere quando le percezioni cessano e dovrebbe quindi identificarsi con il noumeno, in quanto i percetti sono i rappresentanti del noumeno e sono quindi prodotti da esso.
Io mi limiterei a suddividere materia e mente e, se si vuole tirare in ballo il noumeno, esso dovrebbe essere un sinonimo di materia.
A questo punto si arriva alla parte più interessante: il cervello visto dall'esterno e dall'interno. Sgiombo dice spesso che "il cervello sta nella coscienza". Con questo penso voglia intendere che, dato che nella sua ottica la coscienza non è prodotta dal cervello, ma essi sono piuttosto uno affianco all'altro, l'unico vero cervello con cui abbiamo a che fare è quello che incontriamo quando stiamo guardando un cervello fisico di qualcun'altro. Essendo esterno a noi, esso crea un percetto che è rappresentato nella nostra coscienza come l'immagine del cervello. In questo senso il concetto o l'immagine del cervello è dentro la coscienza (di chi osserva). Ma ogni persona vede diversamente se stesso rispetto a come vede gli altri: degli altri si vede il cervello ma non la coscienza, di se stessi si possono,teoricamente, vedere entrambi poichè siamo i possessori di un cervello e della coscienza associata (ma non causata, poichè entrambi rappresentano, in modi diversi, una terza cosa che è il noumeno).
Ora, quest'idea del diverso punto di vista io l'ho trasportata nella mia concezione monista materialista del mondo (che Sgiombo me ne perdoni) e mi è servita per trovare un diverso approccio al problema dei qualia.
Vorrei portare innanzitutto l'attenzione sulla natura del problema dei qualia e della coscienza. Il riduzionismo e il materialismo sono spesso criticati perchè, sembrerebbe, non riescono a spiegare la coscienza e l'esperienza soggettiva di ognuno. L'esperimento mentale di Mary che studia la percezione dei colori in una stanza in bianco e nero ne è un esempio: l'idea qui, è che delle spiegazioni fisiologiche del funzionamento del cervello non sono sufficienti per rendere conto anche delle esperienze soggettive (la critica di Paul Churchland a questo esperimento contiene già gran parte, se non tutte, le mie idee a riguardo). Tuttavia, secondo me, il problema esiste solo perchè non ci si è soffermati a pensare a cosa significhi dare una spiegazione dei qualia. Ed ecco che entrano in gioco i punti di vista. Dal mio punto di vista (non ho saputo resistere al gioco di parole) ogni individuo ha due differenti visioni dei processi cerebrali (e qui mi riallaccio ai pensieri di Sgiombo ): la visione esterna e interna. Per visione esterna intendo il modo in cui ogni cervello (che uso come sinonimo di individuo) "vede" gli altri cervelli. Questo modo corrisponde a tutte le spiegazioni fisiologiche dei processi mentali che sono state fornite finora: noi percepiamo gli altrui processi cerebrali come potenziali d'azione, reazioni chimiche ecc. Per visione interna intendo la visione che ogni cervello ha di se stesso, ossia, il modo in cui determinati processi cerebrali "vedono" altri processi cerebrali all'interno dello stesso cervello. Il modo in cui il cervello si vede è attraverso i qualia. Questi due punti di vista sono diversi l'uno dall'altro ed è quindi normale che generino rappresentazioni diverse della stessa cosa (il cervello). Da ciò ne consegue che i qualia di una persona esterna a noi, essendo anche loro processi cerebrali, vengono percepiti da noi come normali processi cerebrali e non ha senso pensare di poter dare una spiegazione diversa ai suddetti qualia, poichè noi non siamo quella persona e l'unico punto di vista che abbiamo sul suo cervello è quello esterno. Il fatto che i nostri qualia ci sembrino qualcosa di diverso dai normali processi fisici è dovuto solo al fatto che essi sono interni a noi e non esterni, godendo quindi un diverso punto di vista. Il ragionamento sarebbe il seguente: i qualia non sembrano processi fisici poichè i processi fisici corrispondono al nostro modo di rappresentare la mete degli altri (tra cui i loro qualia), mentre i nostri qualia li stiamo vivendo in prima persona, producendo una diversa rappresentazione dei nostri stessi processi fisici. Riassumendo si potrebbe dire: noi siamo i nostri qualia, i qualia degli altri sono ciò che noi vediamo come processi fisici (immagini di risonanza magnetica del cervello, rilevamenti EEG e così via).
Con questo volevo far notare come, in realtà, le spiegazioni materiali dei processi cerebrali che stiamo continuando a dare sono sufficienti per rendere conto di ogni tipo di fenomeno mentale (anche se ovviamente ancora c'è molto da scoprire). Il fatto che molti credino che a queste spiegazioni manchi e mancherà sempre qualcosa dipende dall'illusione di poter dare a qualcosa di esterno (l'altrui cervello) la stessa rappresentazione che si da al proprio cervello. Ovviamente le cose non cambiano neanche se si visualizza una misurazione dei propri processi cerebrali, in quanto la misurazione ha già trasformato i suddetti processi in un linguaggio esterno e comprensibile agli altri.
Tutto questo, come ho già detto, è nato grazie all'idea di Sgiombo sui diversi punti di vista e, alla fin fine, ho l'impressione che l'unica reale differenza tra le mie le sue idee sia che io ho messo tutto su un piano materialista e monista mentre lui (credo) rimanga sul dualismo. Spero che l'aver usato i sui pensieri per rafforzare il freddo poco piacevole monismo materialista mi venga da lui perdonato.