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Discussioni - Federico Mey2

#1

Scrivo questo argomento dopo avere letto alcuni libri di uno scrittore francese recente, Pierre Hadot, la cui tesi principale è appunto quella indicata nel titolo: filosofo era chi seguiva determinati stili di vita, che le scuole proponevano, indipendentemente dal fatto che avessero ideato una nuova teoria ma nemmeno dal fatto che fossero abili nel discorso filosofico. Chi era abile nel discorso era catalogato (dai filosofi) come sofista, e insegnava a pagamento. I filosofi erano un'altra cosa, ed erano spesso presi in giro dalla gente comune per i loro modi di vivere strani e antisociali.
Questo fino al I sec avanti Cristo, quando progressivamente questo fenomeno perde questa caratteristica, fino ad arrivare all'espansione del cristianesimo.
Ma non mi interessano le valutazioni storiche: vorrei sapere se secondo voi oggi, la filosofia come stile di vita potrebbe essere una strada da seguire, come una religione in sostituzione del declinante cristianesimo. Questo però buttando sostanzialmente nel cestino tutta la complessa e oggettivamente inutile teoria filosofica che il mondo occidentale ha prodotto in questi due millenni.
Per quanto mi sembra i partecipanti a questo forum sono dei supportatori delle discussioni teoriche filosofiche (che io definisco inutili, per l'umanità). Ma magari qualcuno la pensa come me o gli viene un dubbio.

#2

Come ho già trattato in precedenti argomentazioni, in particolare nell'ultima che ho appena pubblicato, la Filosofia della Perfezione prevede che quest'ultima si collochi al livello più alto: la tensione verso la Perfezione è equivalente alla tensione verso un Dio monoteistico, e la tensione verso altri elementi, in particolare quella verso il Bene e/o il Male dev'essere assecondata, non ci deve essere un'esaltazione di essi.
Questo dato mi ha fatto pensare a una possibile contraddizione, valutando di come nella mia vita siano rilevanti gli elementi di Bene e Male nell'ambito del binomio Sesso-Amore. La contraddizione è il primo nemico della Perfezione, e sento il bisogno di chiarire l'argomento.
Inizio col dire che la Perfezione si esprime, nell'individuo, in varie modalità: Equilibrio, Coerenza, Semplicità, ecc... e tra le altre cose anche la Completezza.
Essendo l'istinto sessuale/affettivo connaturato alla persona, essa deve tendere verso il suo raggiungimento e la sua massimizzazione, altrimenti non sarebbe completa e perfetta.
Questo istinto è una scala con vari livelli, con un grado via via maggiore di spiritualità e quindi di superiorità.
Il nucleo originario, il livello più basso è il sesso penetrativo, l'atto sessuale di base, in cui l'elemento femminile subisce sofferenza (e da ciò trae piacere) mentre l'elemento maschile trae piacere dalla sofferenza inflitta al partner.
Elevandosi di un livello, lo stesso mix di sofferenza e di piacere si ritrova estendendosi alle innumerevoli attività sessuali diverse dal sesso penetrativo di base, cioè il Sadomasochismo (SM), di cui l'atto sessuale di base è soltanto un caso particolare. Più che evidente in questo campo che la sofferenza sia un'elemento presente e importante, e non certo un errore come avevo affermato riguardo altri tipi di sofferenze non sessuali/affettive. Fondamentale è però ricordare come l'Equilibrio resti elemento fondante della persona perfetta e che non bisogna mai travalicare il confine dell'ambito sesso/amore, perciò in particolare la donna deve essere rispettata come persona, anche se si verifica una sofferenza dell'elemento femminile finalizzata a questa elevazione spirituale e completezza che il rapporto sessuale offre.
Elevandosi e spiritualizzando il sesso ancora di più, si entra nel campo dell'Amore. Anche per esso si dà un mix di sofferenza e piacere (pene d'amore...), in cui si arriva a perdere i ruoli di elemento maschile attivo e elemento femminile passivo.
Per ottenere la Perfezione l'individuo ideale deve aspirare anche a salire questa scala, preferendo i livelli più alti e spirituali.
Ripeto quindi che la sofferenza è un Errore e si deve tendere alla sua eliminazione, ma tranne quella relativa al campo Sesso/Amore (importante è non valicarne i confini), in cui è comunque mista a piacere anche dell'elemento passivo e che serve a entrambi i partners per elevare/massimizzare la propria Spiritualità, Completezza e Perfezione.
#3
Una Filosofia della Perfezione invita a rispondere alle questioni della vita se esse sono Giuste o Sbagliate, piuttosto che Giuste o Ingiuste, cioè pone la questione della Perfezione al livello più alto, privando di valore la questione del Bene e del Male, vista al limite come problematica non necessaria e comunque superabile dalla prima.
Ad esempio io non giudico come Ingiusta la situazione degli animali sofferenti negli allevamenti, ma come Sbagliata, perchè Male e Sofferenza sono soltanto una forma di Errore, e non sono una questione fondante perchè potrebbero al limite non esistere.
Veniamo agli argomenti esposti nel titolo, che indica chiaramente come Cristianesimo e Nazismo siano tra i miei nemici filosofici più noti.
Vista da un Filosofo della Perfezione la questione del simbolo della croce sta in questi termini: qual'è la simbologia che esprime meglio la Perfezione? In un uomo, la Perfezione è principalmente Equilibrio e Forza, e come si fa ad esprimere l'Equilibrio? Dunque, per esprimere forza equilibrata l'uomo deve trovarsi in una situazione difficile, che metta alla prova il suo equilibrio, un cammino stretto è l'emblema di tale situazione. Per cui deve stare con le gambe strette e automaticamente allarga le braccia. In altri termini è l'equilibrista sul filo la posizione simbolica più adatta ad esprimere l'uomo equilibrato e quindi perfetto. Cioè guarda caso proprio la croce!
La mia teoria è che non è un caso che i teologi cristiani l'abbiano scelta come simbolo per loro: è stato per prevenire l'imposizione ipotetica del simbolo della Perfezione, dicendo a chi ci pensa magari soltanto inconsciamente per un attimo: cancella la tua idea di uomo perfetto, non esiste questa possibilità, è il nostro idolo, l'apoteosi dell'errore (la sofferenza è errore) che sta sopra di tutto il resto, la Perfezione non può esistere!
Venendo a Nietzche, il motivo per cui lo considero qui è per il titolo di un suo noto libro che mi ha tratto in inganno in passato, facendomi credere che lui stesse dalla mia parte, in antitesi col nazismo, a predicare la Perfezione. Il libro, ma direi più che altro il titolo, è "Al di là del Bene e del Male".
Quanto ho premesso all'inizio sul prevalere della questione della Perfezione su quella del Bene e del Male indica infatti chiaramente che questo titolo potrebbe essere facilmente il titolo di un mio libro, esprime perfettamente la mia idea.
Se non che si tratta di un inganno e Nieche non va affatto al di là del Bene e del Male, ma, seguito coerentemente dal nazismo, va semplicemente "al di là del Bene" per approdare al Male. Esso, vivendo in una società profondamente influenzata dal cristianesimo che si oppone al Male e sostiene la legge del Bene, si ribella come un bambino insoddisfatto e capriccioso a questa legge e presenta la possibilità rivoluzionaria opposta, fallendo con i suoi amici nazisti alla fine inevitabilmente.
E' una ribellione superficiale, che non va in fondo a criticare la questione morale del Bene e del Male per farla superare da un'altra questione più importante.
Come invece fa la mia Filosofia, che appunto va correttamente "al di là" oppure, se vogliamo, ne sta "al di qua", non affronta la questione fin dall'inizio (pur comprendendola correttamente) perchè non la considera degna di tale superiore importanza, e ne resta per sempre pulito a vivere in Paradiso, sazio di ogni tipo di verdure e di mele.
#4

Salve. Come spesso faccio negli argomenti che introduco, premetto che mi riferisco alla materia che ho chiamato in un argomento precedente Psicofilosofia, che si interessa del pensiero e dei comportamenti degli individui e non assolutamente di ontologia.
Della Logica prenderò principalmente una delle sue basi: il principio di non contraddizione.
Cosa è che può risultare Falso? Una affermazione o un comportamento: con quest'ultimo intendo una intera personalità, o quello che lui fa in una determinata fase di vita (quando si dice che una persona è "falsa", cioè).
Partendo dal caso più semplice, l'affermazione, per esempio potremmo sentire dire: A me piace soltanto il mare, ma a volte mi piace la montagna.
Posto come vera la prima parte (e che non possono coincidere i due luoghi), ecco che la seconda è falsa, è una contraddizione logica.
Un passaggio importante è però, come ho anticipato, quello di valutare la Verità o la Falsità di un comportamento, di una persona, o di una sua fase di vita.
Quali sono i nemici della Verità? Ho individuato questi: 1-Apparenza, 2-Rappresentazione, 3-Squilibrio.
Faccio alcuni esempi di Apparenza, cioè di situazioni in cui si realizza una discrepanza tra Realtà (che di solito è ciò che l'individuo pensa) e Apparenza (ciò che fa o dice).
1a-Formalità. Esempio: quando si chiede: Come stai? e si risponde: Bene, grazie!
C'è ovvia contraddizione tra quello che si dice e come effettivamente si sta, magari malissimo.
1b-Finzione. Esempio: una coppia finge con gli altri affiatamento e sintonia, ma in privato si odiano.
1c-Retorica. Esempio, un politico che dipinge l'operato del suo governo come ottimale, indicando soltanto i successi e evitando di citare gli insuccessi, realizza una contraddizione tra la sua descrizione e la realtà (di cui però (di solito) è cosciente). Fa leva sull'emotività, sull'estetica, sul risparmio di sforzi degli ascoltatori che valutano un discorso "bello e buono", allontanandosi dal "vero".
Passo alla Rappresentazione(2)
2a-Teatro. Qui la falsità di chi si finge un altro è evidente e non causa molti problemi.
2b-Simbologia. Esempio di simbologia nelle affermazioni: un professore spiega i meccanismi di accoppiamento degli insetti a una sua allieva, dicendo che l'ape gira intorno alla farfalla e infine si poggia su di lei...Lo dice per farle capire che vuole fare sesso con lei, ma in questo modo realizza una contraddizione tra la vera spiegazione (in cui evidentemente api e farfalle non si uniscono) e la sua.
Esempio di simbologia nei comportamenti: dei terroristi abbattono due torri per minacciare gli abitanti del paese straniero di volerli castrare tutti: c'è una contraddizione tra l'obiettivo di castrare gli stranieri (ciò che è veramente desiderato) e l'abbattimento delle torri (obiettivo realizzato).
Simbologia è quando si creano dei doppi sensi, quando si è in presenza di un linguaggio parallelo, di modo che esprimendo qualcosa essa assume valori diversi e ovviamente spesso contraddittori nei due linguaggi.
Altra cosa è lo 3-Squilibrio, casi in cui l'incoerenza del comportamento non è dovuta ai casi tipici citati.
Questo mio testo è frutto di una riflessione di stamattina, ma potrei aver dimenticato qualcosa.
#5
All'interno della mia proposta di una nuova psicofilosofia (ovvero nuova ideologia) che indica come fine ultimo dell'agire individuale la Perfezione, ovvero la negazione dell'Errore, sta un elemento che, nel mondo attuale (salvo il continente indiano) è rivoluzionario, nel suo aspetto pratico: il Veganesimo.
Qual'è la ragione di esso, dal punto di vista psicofilosofico? E' lo sforzo di negare la sofferenza degli animali in quanto esseri senzienti e con attitudine al movimento, che nell'attuale sistema socio-economico mondiale è inevitabilmente causata dall'allevamento per il loro sfruttamento.
Che cos'è la sofferenza? La sofferenza è Male, e la mia idea di Perfezione condanna il Male.

Il non-Male distinto dal Bene
Tuttavia, c'è un ragionamento più sottile per chi facilmente tende a inglobare l'idea di condannare il Male all'interno del dualismo Bene-Male.
Quest'ultimo è il tipo di ragionamento in cui si è immersi, per lo meno in occidente, date anche l'influsso di cristianesimo e nazismo, ideologie entrambe immerse di dualismo Bene-Male, che si nutrono di esso.
Cosa significa proporre il non-Male e non il Bene come suo contrario?
Ad esempio, che io non voglio il maiale felice (Bene), ma disprezzo il fatto che soffra (non-Male).
Ad esempio che personalmente io non possegga neanche un cane, proprio perchè mi sentirei in colpa del Bene che potrei concedergli simultaneamente alla coscienza che il Male degli allevamenti degli altri animali, suoi simili, non è estinto.

Vita e morte
Facendo il parallelo con la vita e la morte, includo nel ragionamento sia animali che uomini. Qual'è la soluzione estrema per la sofferenza? E' la non-vita, data da non-nascita ma anche morte (ovviamente minimizzando la sofferenza).
Nell'ambito animali il non-Male consiste nel negare la nascita, imperfetta in quanto segnata da futura sofferenza, quindi dal negare l'allevamento. Nell'ambito umano consiste nel promuovere aborto (tra l'altro nel caso in cui la nascita non sia relativa ad una famiglia regolare e naturale), eutanasia e suicidio assistito (come possibilità concesse).

Sconfiggibilità del Bene assoluto
Inoltre, se si restasse inglobati nel dualismo Bene-Male, non si riuscirebbe a cavarsela: evidentemente il Male è un istinto presente in parte dell'umanità, si formano due schieramenti e il Bene non potrà mai riuscire a vincere, perchè ha un'obiettivo troppo ambizioso e troppo distante da quell'altra parte di umanità.

Teologia-Filosofia negativa
La mia idea del non-Male descritta è coerente con in'idea più ampia della mia ideologia della Perfezione (infatti chiamata "Teoria dell'Errore"), che tende a negare ciò che non è, piuttosto che affermare ciò che è. Questo atteggiamento discende dall'idea che la Perfezione è originaria, perchè in origine c'è il Nulla ed esso, essendo caratterizzato dall'assenza di Errore (come di ogni altra cosa), è Perfetto. Quindi bisogna negare l'imperfezione più che promuovere la Perfezione.
Il Male e la sofferenza vengono avversati in quanto Errore, più che in quanto Male in senso morale.

Assolutizzazione del corrente atteggiamento Vegano
E' però anche necessario, per me, ampliare l'ideologia Vegana di non-sofferenza animale ad altri sistemi economico-sociali, date le facili critiche possibili a che sostiene oggi questa ideologia, di non essere disposto a seguirla in ogni caso. Basta pensare a 2 cose: il fatto che questa ideologia sia soltanto della corrente società, e che sia assente nel passato, e l'altra cosa che, nel bisogno, l'umano sia costretto ad abbandonarla.
La mia idea è che l'atteggiamento Vegano (che a questo punto può non consistere di essere vegani in pratica) può essere visto come assoluto sulla base di: coscienza umana della sofferenza animale e minimizzazione della sofferenza animale nel caso in cui nel bisogno si sia costretti a sfruttare animali. Questa idea ovviamente nega in ogni caso l'attuale allevamento, perchè mancano sia il bisogno, sia la minimizzazione della sofferenza.
#6
Tematiche Spirituali / Materialismo e Spiritualità
21 Aprile 2020, 08:58:20 AM

Nell'ambito di quella che in un precedente post ho chiamato Psicofilosofia, cioè l'area che ha come oggetto d'interesse l'agire e il pensare dell'individuo (si disinteressa dell'essenza del mondo), volevo proporre una mia definizione del termine Materialismo, in opposizione al termine Spiritualità.
Il Materialismo consiste nell'avere come obiettivo il Fare, all'interno di uno schema, nella Spiritualità l'obiettivo è il Capire, uscire dagli schemi.
Nel Materialismo si può agire per ottenere ad esempio un vantaggio individuale o collettivo (vedi l'economia e l'utilitarismo in generale), o uno svantaggio (vedi la guerra), ma anche, soprattutto se immettiamo la sfera simbolica, si può agire per comunicare, magari nell'ambito di una pseudo-religione organizzata come un "gioco di società"  (vedi la politica, spesso definita un "teatrino"), o di una religione priva di obiettivi spirituali, in cui la ricerca di Dio è falsa (e quindi esecuzione meccanica di riti).
Anche questo comunicare, pur se scollegato totalmente con i fini di vantaggio-svantaggio che si possono associare meglio al concetto di materialità tipico, è materialismo secondo la mia definizione, in quanto l'agire è meccanico, finalizzato all'apparenza, schematico.
La Spiritualità è l'agire al di sopra dagli schemi, è la ricerca della finalità e dei principi, la indipendenza dalle apparenze, la ricerca.
In sintesi, il Materialismo è FARE (includendo in ciò il comunicare finalizzato all'apparenza), la Spiritualità è CAPIRE.
#7
Tematiche Spirituali / Lotta all'idolatria
14 Aprile 2019, 14:26:58 PM
Salve
Definizione
L'idolatria è definita come adorazione di un'immagine o di un oggetto, che diviene sacro e al vertice della spiritualità dell'uomo.
Così è infatti considerata dalle religioni più anti-idolatriche, e la Bibbia e il Corano citano situazioni di adorazione di cose tipo delle statue.
Tuttavia questo caso di porre degli oggetti al vertice della spiritualità, dal punto di vista dell'uomo che vuole tendere verso qualcosa di molto significativo, è evidentemente la meno interessante.
Il passo successivo, reso più facilmente possibile dalla modernità e le tecnologie, ma soprattutto più interessante, è che gli uomini stessi si trasformino in dèi.
Il prologo di ciò è il Cristianesimo stesso, che nel considerare Cristo come Dio commette la prima evidente idolatria, che però riferisce al passato, cioè ad un morto, e ciò rende meno forte l'impulso idolatrico di sentire la presenza attuale di un idolo, cioè di un Dio terreno.
La proposta lodevole del Profeta Maometto si basa a mio parere proprio sul contrasto a questa religione allora nascente criticandone principalmente questo elemento di idolatria in coerenza con la critica alle idolatrie del tipo citato dalla precedente Bibbia, in realtà meno importanti, perchè meno interessanti.

Idolatria "moderna"
Chiamando idolatria antica quella citata all'inizio, relativa a immagini e oggetti, quella moderna è a mio parere relativa alla deificazione di uomini viventi. Come potrebbe effettivamente realizzarsi?
Ci sono due strade: la passiva, in cui dei soggetti vengono, da parte degli altri, resi dèi per una convinzione generalizzata: si convincono tutti che alcuni soggetti siano da essere considerati in modo diverso, come ad esempio facenti parte di un universo parallelo per il quale esiste magari anche un linguaggio parallelo "tagliato" su di loro.
Il tentativi però fallisce se questi soggetti non si ritengono tali, e riescono a "normalizzare" la propria vita.
La strada attiva, è quella in cui altri soggetti si fanno dèi loro stessi, ciò avvenendo se essi riescono a porsi in diretta competizione con Dio, e in questo modo si mettono al livello più elevato della spiritualità e possono sentirsi dèi. Non si sentirebbero dèi soltanto quelli che lo fanno direttamente, ma anche tutti coloro che supportando questi atti si sentirebbero anch'essi di poter sostituire Dio e di esserlo loro.
Si tratta di atti che stanno nell'ambito della magia, ma il più significativo sarebbe quello, oggi tecnicamente possibile (mentre nell'antichità non lo era e per questo non poteva essere citato dai libri antichi, ma se gli autori vivessero oggi, evidentemente lo farebbero per proibirlo con ancora maggior forza) di "produrre" esseri umani.

Trasversalità della questione
Il problema riguarda tutti gli uomini, indipendentemente dal fatto che formalmente si dicano monoteisti, politeisti o ateisti. Anzi queste espressioni dovrebbero passare in secondo piano perchè si addicono soltanto alla dannosa politicizzazione della Fede, all'ostentare degli uomini il possesso di un tesserino di appartenenza religiosa che oscura la vera Fede, rendendo tutto l'argomento unicamente un gioco politico modano e non più spirituale e divino.
Bisogna soltanto chiedersi se la propria intima spiritualità apprezza o disprezza l'idolatria (che corrisponde alla materializzazione della propria Fede), o invece vuole esserne una oppositrice, cercando il vertice della propria spiritualità correttamente nel Cielo o in un profondo esame di coscienza (cose entrambe ugualmente assolute e spirituali).

Che fare?
Così moltissimi potenziali anti-idolatri potrebbero combattere una possibile idolatria, e anche se l'appello più esplicito proviene dal Profeta Maometto, molti altri potrebbero prendere la stessa posizione anti-idolatrica. Anche ad esempio una parte dei Cristiani che propendono per l'idea di un Cristo-Profeta e rifiutano quella del Cristo-Dio. Ed i Buddisti fanno lo stesso. Non conosco molto le altre.
Ma non bisogna essere legati troppo alla formalità delle religioni: si resterebbe invischiati in argomenti che si sorpassano facilmente, anche perchè bisogna considerare la modernità. Bisogna considerare lo spirito, l'intenzionalità ad esempio dei Profeti, non la letteralità di ciò che ci hanno trasmesso. Il loro spirito, la loro intenzione profonda, può restare e vincere, l'interpretazione letterale rischia di passare e perdere, o di restare in vita soltanto grazie alla falsità, e perdere comunque.
Se una idolatria moderna (cioè fatta di uomini-dèi, non di oggetti o immagini sacre) dovesse realizzarsi, importante sarebbe che tali uomini rifiutino questo ruolo: e il 50% della lotta sarebbe vinta. L'altro aspetto, la deità attiva, di chi (posso immaginare delle specie di Re-Strega-Mago) vuole diventare Dio compiendo atti eccezionali (ho citato la produzione di esseri umani, intendendo in modo illegale, senza i veri genitori) sarebbero gli anti-idolatri che la dovrebbero impedire, e sarebbe un 50% ancora da fare.
#8
Salve
Si usa spesso, perlomeno io lo faccio, questo concetto, ma ritengo che sia fonte di contraddizione non chiarirne la definizione.
Se in passato mi si chiedeva di definirmi razzista o non-razzista, potevo rispondere una volta in un modo, una volta nell'altro. Ma non perchè il mio modo di pensare sull'argomento fosse contraddittorio, o perchè esso sia mai cambiato nel tempo. E' la definizione, che è un po' ingannevole!

Elenco alcuni concetti esprimibili con parole che hanno nella propria radice il termine "razzista":
1 – Indifferenziazione - Avere l'idea che l'appartenenza ad un gruppo etnico non sia un elemento considerevole come costituente del carattere fisico o mentale di un individuo.
2 – Differenziazione non moralistica – Ritenere che il gruppo etnico sia un elemento significativo, ma non avere una prospettiva moralistica, cioe' non pensare che la differenza determini un giudizio complessivo di bene o male, di superiore o inferiore, di dominazione tra gli appartenenti ai diversi gruppi connessa. E' il mio caso.
3 – Differenziazione moralistica – La precedente, ma con moralismo, che puo' arrivare anche all'odio.

Se quindi prendiamo le definizioni 2 e 3, entrambe potrebbero definirsi razzismo, ma evidentemente cio' che piu' conta e' la presenza del fenomeno 3, perche' da esso origina il fenomeno del male e i conflitti sociali.
Chi e' "al di la' del bene e del male", come me, cioe' non-moralista, il passaggio tra il caso 2 e il 3 non e' per nulla implicito, come per chi e' moralista. Per cui succede che il moralista, ossessionato dal caso 3, rifiuti il caso 2 per evitare il passaggio al 3, per lui implicito.
In altre parole, chi e' moralista (la mentalita' prevalente in occidente lo e'), se vuole negare di essere un discriminatore di tipo 3 (maligno o benigno), neghera' drasticamente anche il piu' evidente segno di differenziazione di tipo etnico.

Nell'ambito dello spiegare le evidenti differenze tra gli individui, chi propone l'idea 1, propone contro la "teoria innatista", la "teoria ambientale" .
Entrambe le teorie ammettono che natura e ambiente siano elementi complementari, potenzialmente entrambi significativi, ma i fautori della seconda, molto popolare in occidente, dicono che i primi tendono a annullarsi con l'educazione e l'influsso di cultura e media.
Io sono un sostenitore della teoria avversa, per la quale e' l'ambiente che puo' annullarsi, e educazione, cultura e media essere al limite irrilevanti.

Nell'ambito della definizione 2, bisogna specificare meglio: pur mantenendo un atteggiamento non-moralista, un "differenziatore" potra' sentirsi piu' "affine" ad un particolare gruppo etnico, il suo o un altro, e preferire i rapporti con quello: senza disprezzare moralmente gli altri, pero', e senza "amare" quello preferito (al punto ad esempio di rifiutare di scegliere come compagno/a uno di un altro gruppo)! Altrimenti entra nel 3.

Ovviamente anche nell'ambito della definizione 3 ci sono molte specificazioni da fare, come razzista maligno e razzista benigno, ed e' importante stabilire se il sentimento e' profondo o a un livello piu' superficiale.
Ma per me era importante chiarire che l'"entrata in gioco" del moralismo non deve avvenire subito, ma in una fase successiva.

Inoltre, il mio modo insolito di affrontare questo argomento, che si sa e' molto importante per la politica e la societa', vuole essere un modo di stimolare la filosofia e di differenziarla dalla mondanita' e dalla politica: se per queste ultime contano gli slogan, i logo, le parole servono come bandiere per una comunicazione dove conta l'"effetto" di cio' che si dice, il risultato, (es. l'uso del termine "razzista" per uno scopo o per l'altro), per la filosofia conta l'opposto, non l'apparenza, il finale del ragionamento, ma il ragionamento stesso, che puo' essere complesso e non dare un risultato definito sinteticamente, pronto per essere "usato" nel linguaggio. Non definito sinteticamente non significa pero': non definito perfettamente, perche' infatti lo e'!
Salve
#9
Salve, si usa spesso, perlomeno io lo faccio, questo concetto, ma ritengo che sia fonte di contraddizione non chiarirne la definizione.
Se in passato mi si chiedeva di definirmi morale o non-morale, potevo rispondere una volta in un modo, una volta nell'altro. Ma non perchè il mio modo di pensare sull'argomento fosse contraddittorio, o perchè esso sia mai cambiato nel tempo. E' la definizione, che è un po' ingannevole!

Elenco alcuni concetti esprimibili con parole che hanno nella propria radice il termine "morale":
1 - Moralità sessuale - Regolamentazione/richiamo alla limitazione della sessualità (non della passionalità: un ginecologo può fare cose molto più immorali);
2 - Moralismo - Richiamo a fare il Bene e disprezzare il Male;
3 - Moralismo - Atteggiamento filosofico che focalizza l'attenzione dell'individuo sul fatto che il suo pensare e comportarsi sia necessariamente Bene o Male, o meglio sulla necessarietà della loro esistenza;
4 - Ragionamento morale - Spazio filosofia che si interessa dei principi di ragionamento e comportamento.

Per quanto riguarda il concetto 1 e 4 non ci sono problemi a confrontarmi con l'argomento e non l'ho mai affermato di non essere morale. Anzi, forse oggi, con una maggiore maturazione, posso dire di essere tra i pochi "morali".
Il problema sorge invece per i due concetti centrali, e il terzo, quello che più mi interessa, non è probabilmente neanche considerato, anzi probabilmente chi sta leggendo, se lo ha capito, non gli dà la centralità che gli dò io.
La mia risposta tipica alla domanda se io fossi "morale" era che io sono "amorale", e questo non perchè avessi un istinto irrefrenabile a fare l'amore a letto (che comunque era vero), ma perchè usavo la definizione 3 (mia, personale) e non la 2.
Si dà il caso che, per la negazione del moralismo tipo 2, si usa correntemente il termine "immorale", per cui risulta implicito che "amorale" debba essere la negazione di un altro concetto.

Il mio concetto di amoralità (cioè disprezzo del moralismo tipo 2), è legato alla mia idea che la strada della perfezione sia quella che va "al di là del Bene e del Male".
Essa consiste nel non focalizzare l'attenzione sul Bene e sul Male, interiorizzarne la non necessarietà e la possibilità che nel mondo essi non esistano. La prima cosa per evitare questa strada (in cui uno dei due, se stimolato, produce quantità del suo opposto) è non essere ossessionati nè da uno, nè dall'altro. A mio parere il Cristianesimo è la religione più moralistica.

Personalmente, quando ragiono su argomenti morali, tendo ad evitare riferimenti al Bene come valore (Giustizia, Amore...) o al Male come disvalore (Razzismo, Persecuzione, Odio...), ma trovo altre strade per affrontare gli argomenti morali. Ciò vuol dire che da un lato non "propongo il Bene e disprezzo il Male" ma è assolutamente falso che "disprezzo il Bene e supporto il Male", che corrisponde al concetto di immorale.
La salvezza sta per me in un mondo dove entrambi gli opposti non esistono, non in un mondo dominato dal Bene, nè in uno dominato dal Male.

Equivoco su Nietzsche: com'è noto, un libro di questo autore si chiama proprio come un concetto-chiave del mio pensiero, quello che ho citato. In passato, sulla base di alcuni titoli e di una valutazione superficiale, sono stato portato a considerarmi un "fan" di questo autore.

Attualmente, dopo una valutazione migliore, considero che l'"andare oltre il Bene e il Male" per Nietzsche non significasse "superarli" come per me, ma "contrastare la legge morale che richiama al Bene e disprezza il Male".
Egli, stanco della legge e desideroso di libertà da essa, ha tentato la carta di ribaltarla, di ribellarsi ad essa sostenendo il suo contrario, l'immoralità, per essere libero.

Lo valuto molto puerile come tentativo, rispetto al mio, che è davvero un "andare oltre", mentre Nietzsche (e poi i tedeschi) non va oltre, va verso il Male, lontano dal Bene (senza poi riuscirci, ovviamente, tranne per il successo di avere ottenuto la libertà che cercava, ma nell'anarchia di oggi)!
In altre parole Nietzsche nega il moralismo di tipo 2, io quello di tipo 3, ecco l'equivoco in sintesi.
Salve
#10
Salve. Ho presentato nella sezione Filosofia il mio concetto di Psicofilosofia; ora mi sono trasferito in questa sezione, ma se volete, andate a contribuire anche a quel dibattito.

In breve la Psicofilosofia vuole essere una nuovo spazio di argomentazione comprendente tra l'altro Religioni, Morale e Psicologia, che si occupa del tentativo dell'uomo di raggiungere il livello più elevato del proprio pensiero, l'Anima.
Il tentativo deve essere valutato come razionale, ma il modo di esprimerla non deve essere il linguaggio usato da ciò che oggi si definisce Filosofia, che ha l'atteggiamento di trattare la spiritualità analogamente e con lo stesso linguaggio che usa con la materialità.

Dato che si occupa di finalità e principi, di capire la direzione da prendere, le teorie psicofilosofiche sono normative, esortative, non descrittive. 
Dicono cioè quello che DEVE essere, non quello che E'. Sono delle ideologie, insomma.
Io ho maturato una mia teoria e la vorrei esprimere: l'ho chiamata Teoria dell'Errore.

Il principio fondamentale è la ricerca della Perfezione. L'idea è che la Perfezione esista, è possibile, in antagonismo con altre teorie psicofilosofiche (ad esempio il Cristianesimo), per le quali è irraggiungibile, non esiste.
Per raggiungerla, la strada è semplice: si parte dal nulla. Nel nulla non c'è notoriamente nulla, quindi non c'è l'errore, quindi è perfetto (così ho anche dimostrato anche che la perfezione esiste!).
Poi che si fa? Si procede, stando attenti a non sbagliare, che per la mente significa non far sorgere in noi schemi di pensiero complessi o paure immotivate. Lo strumento al nostro fianco è la semplicità, essa è il nostro principio-guida.

Seguendo questa strada, ci imbatteremo con molti nemici: tra i più importanti, l'accoppiata Bene-Male, ai lati della strada. In quell'occasione, mangiate pure la mela un po' ammaccata lì per terra un po' sofferente e proseguite senza farvi distrarre, anche se si impegnano infinitamente.
E così fate se vedete altre coppie dualistiche ingannatrici: la strada è giusta, lo era all'inizio, semplicemente continua ad esserlo. Questo è il Monismo, perchè la strada giusta è una.

La TdE propone la Spiritualità, consistente nell'elevazione della propria coscienza fino al livello massimo, dell'Anima. Per raggiungerla serve la socialità (1 non va bene), ma bisogna rifuggire dalla dispersione, dal pluralismo (n non va bene). La conseguenza è che il numero perfetto è 2, consistente nella coppia eterosessuale (l'altro dev'essere dell'altro sesso per questioni di completezza). 
Quanto dico è facilmente spiegabile con semplici ragionamenti psicofilosofici basati sulla valutazione della natura umana, che rappresenta un dato di fatto, e l'atteggiamento perfetto è limitarsi ad ammetterlo.
Un posto importante è quindi dato dalla Famiglia, a cui corrisponde la simbologia 0123: si parte come sempre dal nulla (0), poi si matura (1), poi si cerca un compagno/a, ci si sposa (2) e eventualmente si estende la famiglia (3+). 
Non ci sono eccezioni.

A differenza di molte altre psicofilosofie, la TdE non condanna o reprime la passionalità, non vedendola in antagonismo con la ragione. La seconda è ovvio elemento di perfezione, ma anche la prima lo è: perchè è parte della natura umana, dà significato e motiva l'umano, lo completa. E la completezza è anch'essa perfezione.
Riguardo la condizione della donna, la TdE propone l'elemento di dominazione (limitata) del maschio sulla femmina, a seguito della natura fisiologica della specie umana, ma al tempo stesso la eleva al massimo livello di importanza nel suo ruolo di cocostruttrice dell'Anima e della Fede nell'ambito dell'unione della coppia, matrimoniale.

Posizione rispetto ad alcune altre psicofilosofie che conosco (limitatamente):
Cristianesimo - E' imperfetta in ogni suo elemento, ha l'imperfezione come fondamento. Fa eccezione per l'eresia di un Uomo-Dio, condanna la completezza dell'umano e la sua passionalità, esalta un dualismo (il Bene (l'amore) e il Male (la sofferenza)), fa eccezioni evidenti sul percorso di vita familiare che per me è unico per tutti.
Islam - La lodo in quanto, con una sua visione ampia, tralasciando i dettagli, la vedo finalizzata (basandomi sull'evidenza storica di quando si è formata) a contrastare il Cristianesimo, soprattutto la sua eresia di un Uomo-Dio e vedo il suo rivolgersi all'unico Dio come elemento di Assoluto, perfezione. La critico un po' per l'eccessiva politicizzazione, e qualche elemento nazionalistico e razzistico, tutte cose poco spirituali.
Buddismo Zen - La lodo in quanto ripercorre molto la strada che ho descritto prima. La critico un po' perchè mi sembra troppo focalizzata sull'evitare il problema del disequilibrio psichico, e per questo tende a rifiutare lo sforzo di comprensione filosofica e spirituale, mentre per me il caos psichico si può superare affrontandolo.

Spero vi affascini!
#11
Sono insoddisfatto di come l'area definibile "Pensiero filosofico occidentale" (PFO) è costituita.
E' da pochi anni che provo interesse per questo argomento, e dopo tante ricerche sto concludendo che non colga assolutamente il fine, che si prefigge, di essere il livello più elevato del Pensiero umano.
D'altra parte mi sembra evidente che l'interesse e l'utilità pratica (nel senso di applicazione alla realtà, alla vita) degli scritti di quest'area sia minimale, non hanno nessun peso nel direzionare individuo e società, vengono considerati soltanto un esercizio mentale interessante (forse) e impegnativo ma fine a se stesso.
Io, come forse altri (ma non molti, col mio stesso livello di convinzione), cerco qualcos'altro e vorrei definirmi in qualche modo, devo quindi cercare qualche parola.
La mia propensione è tornare a riferirmi al termine Filosofia, anche se dal punto di vista etimologico la scelta può essere dubbia. Ma non so quale altro termine scegliere. Ma soprattutto, il mio obiettivo è di rivoluzionare tutto il Pensiero occidentale, quindi mettere questo nome può essere utile per imporsi a chi è inglobato in questo Pensiero ed infastidirlo o fargli capire l'errore di direzione del suo sguardo.
Quindi, uso il termine Filosofia, in continuità con l'idea, credo attualmente accettata sia nel linguaggio comune che in quello degli addetti, che essa sia ciò che si occupa del livello più elevato del pensiero, come ho già detto.
Sulla base di ciò, bisogna guardarsi dentro, perchè a me risulta che il Pensiero sia dentro. E dentro di noi, cosa c'è di più elevato (o profondo, i due concetti come è noto sono interscambiabili)?
E' idea comunemente accettata che sia l'Anima (sto facendo i primi passaggi dando attenzione a ciò che è comunemente accettato, ma in seguito non mi importerà molto).
Anima in greco è Psiche, quindi Psicofilosofia (PF) è il nome che vorrei dare ad un nuovo spazio di Pensiero (dopo la mia possibile rivoluzione) che dovrebbe rappresentare il vertice di tutto. Altri spazi che continuerebbero ad esistere (quello che si occupa del mondo, ad esempio) sarebbero ad esso in una posizione di inferiorità spirituale, cioè PHD cambierebbe in PFD. Beh, questo non è 
necessario...
Il cambiamento però non sta nei titoli e nei nomi. E' il modo di ragionare del PFO che è sbagliato, in senso PF. Il PFO è caratterizzato da complessità, razionalizzazione, pluralismo...
La razionalizzazione del PFO contiene un errore, è sbagliata, irrazionale. Non è una contraddizione: se c'è un Tutto confuso, razionalizzare per il PFO significa creare un sottosistema chiaro e definito, razionale, ma facendo delle premesse, e in questo errando, sulla strada della comprensione del Tutto. La differenza tra Tutto e sottosistema razionale è lo spazio dell'Anima. La razionalizzazione è irrazionale.
La PF critica la complessità quale fonte di errore sulla strada della comprensione della propria anima. 
Il pluralismo che consegue alla complessità rende inutile la filosofia all'individuo e alla società, oggi lo vediamo bene.
Cosa ne pensate?
Salve