L'uomo vive esclusivamente per fugare il dolore e quindi ricercare il piacere. Dato che la metafisica è un'anticaglia superata, un'alterità non conoscibile, e la religione una scienza timida e balbettante, come la definiva Frazer nel Ramo d'oro... che cosa rimane di profondo all'individuo? L'individuo è privo di scopi, senso e profondità. Non ha una componente spirituale nella vita e là dove ne possiede una, questa è saldamente ancorata a quella materiale. Allora possiamo dire senza tema di errore che Valla, filosofo del primo rinascimento, non si sbagliava quando diceva che il ''piacere è l'unico fine possibile di tutte le attività umane''? Che tutte le arti liberali, dalla medicina, alla giurisprudenza, alla poesia, all'oratoria alla stessa filosofia hanno tutte per fine il piacere (o almeno l'utilità, che è ciò che conduce al piacere)? Anche il cristianesimo ha per fine il piacere; tuttavia non quello mondano, quello oltramondano. Il religioso è proiettato nell'aldilà: rinuncia al piacere del corpo solo in quanto tende a quello celeste. D'altronde non erano proprio le Sacre Scritture a parlare di piacere beatifico, eterno, dell'ineguagliabile sensazione di felicità con la quale si viene ricompensati quando si schiudono le porte del Regno celeste? E non era quel moralista di Platone - padre illegittimo del cristianesimo - a dire nelle Leggi che la vita giusta e santa è anche la più piacevole? Come vedete c'è solo una costante: il piacere. Esiste anche altro? O il riduzionismo edonistico del Beccaria ''siamo fluidi alla costante ricerca del piacere, intesa quale fuga dal dolore'' è l'unica chiave interpretativa possibile di un'umanità che brancola nel nulla?