Il forum langue, allora vi offro un argomento come lettura. :asd:
A Roma, fino al 5 novembre 2025, il Parco archeologico del Colosseo ospita la mostra Magna Mater tra Roma e Zama, un progetto espositivo internazionale che intreccia archeologia, mito e cooperazione culturale tra Italia e Tunisia.
Zama, antica località della Numidia, nell'attuale Tunisia, famosa per la battaglia decisiva della Seconda guerra punica (202 a.C.) tra Cartagine e Roma.
La mostra è articolata in sei sedi tra Foro romano e Palatino.
La Magna Mater (la Grande Madre) antica divinità dalle molteplici identità, venerata in Anatolia, Grecia e Roma.
L'esposizione ne ripercorre origini e trasformazioni, dal culto frigio all'adozione di quel culto a Roma nel 204 a.C., quando – secondo il responso dei Libri Sibillini – la sua immagine aniconica fu trasferita da Pessinunte (antica città dell'Anatolia, in Turchia) a Roma, in un tempio a lei dedicato.
La mostra racconta le origini del culto, la sua diffusione nel mondo greco e romano e in tutto il Mediterraneo antico.

Resti dell'antico tempio dedicato alla Magna Mater-Cibele sul colle Palatino a Roma

statua acefala della Magna Mater, rinvenuta nel 1872 alla sommità della gradinata del tempio a lei dedicato sul colle Palatino.
Nella residuale facciata di quel che fu il tempio c'è iscrizione: M(ater) D(eum) M(agna) I(daea).
In questo sito la mostra accoglie la memoria dell'evento che ha segnato la romanizzazione della dea: il trasferimento della pietra nera, aniconica, da Pessinunte, nella Frigia, a Roma

L'allestimento di una parte della mostra in quel che era il Tempio di Romolo. Sono esposti reperti di notevole interesse storico e qualitativo che testimoniano il culto della Magna Mater nel Nord Africa. Furono rinvenuti in campagne di scavi archeologici a Zama, oggi Henchir Jama (Tunisia), dove si svolse la celebre battaglia che concluse la seconda guerra punica.
La Curia Iulia amplia la prospettiva alle province dell'Impero romano: dall'Egitto alle Gallie, dalla Tracia alla Britannia, con la diffusione dei culti di Magna Mater associati a quelli per Attis, e la successiva trasformazione del culto in epoca tardoantica.
Nel colle Palatino, alle Uccelliere Farnesiane, i visitatori possono esplorare le radici orientali della dea e la loro trasmissione nel mondo greco ed ellenistico, con un focus particolare sul carattere misterico del culto, il mito di Attis, giovane pastore che si evirò per amore e divenne simbolo di rinascita vegetativa.
L'autoimmolazione di Attis non è sacrificio fine a sé stesso, ma rito di passaggio, la simbolizzazione mitica del ciclo vegetale, ma anche della trascendenza del principio maschile nell'unità originaria del femminile sacro.
In quel che rimane del Tempio della Magna Mater c'è sezione dedicata all'introduzione del culto a Roma durante la Seconda guerra punica, che mette in evidenza i significati politici e storici dell'evento.
Nel Ninfeo della Pioggia il culto viene considerato nella sua dimensione sonora e cinetica. I tamburi (tympana), le urla rituali, i suoni fanno idealmente rivivere la forza performativa del rito. Qui l'archeologia si apre all'esperienza sensoriale, riconoscendo che il sacro antico non era mai solo oggetto, ma esperienza vissuta, trasformativa, corporale. Non si adorava con lo sguardo, ma anche con il corpo e con l'intera coscienza.
Infine l'ultima sezione, al Museo del Foro Romano, la mostra si chiude con una selezione di opere d'arte che illustrano la fortuna iconografica, letteraria e filosofica della dea tra Rinascimento e Seicento. La figura della Magna Mater viene riletta in chiave allegorica, talvolta demonizzata, più spesso celata dietro simboli della regalità celeste.
segue
A Roma, fino al 5 novembre 2025, il Parco archeologico del Colosseo ospita la mostra Magna Mater tra Roma e Zama, un progetto espositivo internazionale che intreccia archeologia, mito e cooperazione culturale tra Italia e Tunisia.
Zama, antica località della Numidia, nell'attuale Tunisia, famosa per la battaglia decisiva della Seconda guerra punica (202 a.C.) tra Cartagine e Roma.
La mostra è articolata in sei sedi tra Foro romano e Palatino.
La Magna Mater (la Grande Madre) antica divinità dalle molteplici identità, venerata in Anatolia, Grecia e Roma.
L'esposizione ne ripercorre origini e trasformazioni, dal culto frigio all'adozione di quel culto a Roma nel 204 a.C., quando – secondo il responso dei Libri Sibillini – la sua immagine aniconica fu trasferita da Pessinunte (antica città dell'Anatolia, in Turchia) a Roma, in un tempio a lei dedicato.
La mostra racconta le origini del culto, la sua diffusione nel mondo greco e romano e in tutto il Mediterraneo antico.

Resti dell'antico tempio dedicato alla Magna Mater-Cibele sul colle Palatino a Roma

statua acefala della Magna Mater, rinvenuta nel 1872 alla sommità della gradinata del tempio a lei dedicato sul colle Palatino.
Nella residuale facciata di quel che fu il tempio c'è iscrizione: M(ater) D(eum) M(agna) I(daea).
In questo sito la mostra accoglie la memoria dell'evento che ha segnato la romanizzazione della dea: il trasferimento della pietra nera, aniconica, da Pessinunte, nella Frigia, a Roma

L'allestimento di una parte della mostra in quel che era il Tempio di Romolo. Sono esposti reperti di notevole interesse storico e qualitativo che testimoniano il culto della Magna Mater nel Nord Africa. Furono rinvenuti in campagne di scavi archeologici a Zama, oggi Henchir Jama (Tunisia), dove si svolse la celebre battaglia che concluse la seconda guerra punica.
La Curia Iulia amplia la prospettiva alle province dell'Impero romano: dall'Egitto alle Gallie, dalla Tracia alla Britannia, con la diffusione dei culti di Magna Mater associati a quelli per Attis, e la successiva trasformazione del culto in epoca tardoantica.
Nel colle Palatino, alle Uccelliere Farnesiane, i visitatori possono esplorare le radici orientali della dea e la loro trasmissione nel mondo greco ed ellenistico, con un focus particolare sul carattere misterico del culto, il mito di Attis, giovane pastore che si evirò per amore e divenne simbolo di rinascita vegetativa.
L'autoimmolazione di Attis non è sacrificio fine a sé stesso, ma rito di passaggio, la simbolizzazione mitica del ciclo vegetale, ma anche della trascendenza del principio maschile nell'unità originaria del femminile sacro.
In quel che rimane del Tempio della Magna Mater c'è sezione dedicata all'introduzione del culto a Roma durante la Seconda guerra punica, che mette in evidenza i significati politici e storici dell'evento.
Nel Ninfeo della Pioggia il culto viene considerato nella sua dimensione sonora e cinetica. I tamburi (tympana), le urla rituali, i suoni fanno idealmente rivivere la forza performativa del rito. Qui l'archeologia si apre all'esperienza sensoriale, riconoscendo che il sacro antico non era mai solo oggetto, ma esperienza vissuta, trasformativa, corporale. Non si adorava con lo sguardo, ma anche con il corpo e con l'intera coscienza.
Infine l'ultima sezione, al Museo del Foro Romano, la mostra si chiude con una selezione di opere d'arte che illustrano la fortuna iconografica, letteraria e filosofica della dea tra Rinascimento e Seicento. La figura della Magna Mater viene riletta in chiave allegorica, talvolta demonizzata, più spesso celata dietro simboli della regalità celeste.
segue