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Discussioni - and1972rea

#1


L'evoluzione della fisica in Occidente portò per un certo periodo alla convinzione che la cenere ,la legna non ancora trasformata in essa e l'aria in esse presente non fossero essenze diverse fra loro ,ma fossero lo stesso insieme di identiche, innullificabili ed eterne essenze elementari disposte ,sia nello spazio che nel tempo, quantitativamente in modo diverso . L' apparenza di questi pseudoessenti macroscopici, che si nullificavano illogicamente per poi riapparire diversamente essenti, sembrava superata , quindi, attraverso una rivisitazione in chiave matematico-quantitativa del riduzionismo atomico di più antica matrice ; ma ,una volta ridotti gli astratti pseudoenti fenomenici ad un insieme di identiche essenze elementari ontologicamente connotate, ci si doveva logicamente spiegare come potesse salvarsi il principio secondo cui ad un ente ne possano corrispondere altri identici fra loro e insieme fra loro distinti sia nello spazio che nel tempo; ci si doveva logicamente capacitare come potessero, cioè, sussistere essenze identiche e al contempo fra loro distinte. Che un bosone sia proprio lo stesso identico bosone sempre ed ovunque nel continuum dello spaziotempo e mai un altro , pur essendocene innumerevoli, è l'insuperabile paradosso che oggi sappiamo venir meno solamente  attraverso l'autocoscienza di chi osserva. In una officina filosofica si potrebbe tentare un esperimento mentale di questo tipo; Che Marco sia persona diversa da Antonio è oggettivamente ed atomisticamente spiegabile solo fino a quando i due individui rimangono essenzialmente distinguibili fra loro;ma in un plausibilissimo universo fisicamente simmetrico , ove Marco ed Antonio fossero composti delle stesse identiche particelle elementari disposte ugualmente simmetricamente fra loro, non vi sarebbe alcuna oggettiva possibilità conoscitiva del reale fenomenico se non attraverso la consapevolezza della percezione  reciproca delle due singole autocoscienze. Solo in quanto autocoscienza di sè stessa e trascendente dalla realtà fisica che lo sostanzia Marco potrà guardare negli occhi Antonio e distinguersi qualitativamente ed essenzialmente da lui,e viceversa. Da queste considerazioni,  quindi, oggi ci si può persuadere logicamente che Marco ed Antonio rimangono tali per sè stessi dentro al reale mondo fenomenico attraverso cui sono consapevoli di percepire sè stessi e ciò che essi non sono (e in esso si trovano e si ritrovano ) non in virtù di immaginifiche pseudoessenze apparenti ,o di una unica essenza elementare illogicamente "splittata" all'infinito ,poichè da quel mondo non dipende  nè la loro essenza, nè il loro essere enti; le loro autocoscienze trascendono per logica non contraddicente ogni realtà fenomenicamente da essi conoscibile.
Spero ,quindi, vogliate entrare con me in questa officina per sviluppare ulteriori fertili riflessioni attorno a questo esperimento.
#2

L'impossibilità di spiegare il fenomeno dell'autocoscienza sulla base del concetto materiale di estensione spaziotemporale è , a mio avviso, l'antico e invalicabile limite cartesiano di ogni futura neuroscienza che volesse proporsi di descrivere fisicamente l' IO come una delle tante forme, per quanto complessa, della materia. Cartesianamente parlando, si potrebbe dire che due cose estese che pensano sé stesse, per quanto fisicamente identiche fra loro, ma fra loro distinte nello spazio ,non possono razionalmente essere concepite come la stessa cosa estesa che pensa sè stessa, da cui l'inferenza che la cosa pensante più in generale non può essere descritta come un fenomeno dalle caratteristiche spazialmente materiali . Come possiamo , infatti, razionalmente immaginare di poter guardare negli occhi una perfetta copia materiale di noi stessi ,posta dinanzi a noi ,e percepire in siffatta maniera il nostro essere IO al contempo sia dentro che fuori di noi? È cartesianamente evidente ,quindi, che quella perfetta copia di nostri occhi dentro cui stiamo osservando nasconde un' alterità rispetto al nostro IO , la quale ALTERITÀ non può essere materialmente descritta nelle categorie di spazio e tempo; in questo esperimento mentale le due identità materiali a confronto consistono, infatti, almeno per un certo lasso di tempo, della stessa identica conformazione materiale sino all'ultimo stato quantico della più insondabile delle particelle che le compongono , ma esse non sono la medesima autocoscienza, perché basterà anche solo una lieve perturbazione esterna al loro sistema costituito fisicamente ,nel prima o nel dopo lungo lo scorrere del tempo che le unisce ,per disvelare e sancire la loro primigenia e reciprocamente indipendente ,passata e futura alterità rispetto alla loro presente identità.  Quali sono le vostre posizioni riguardo a questo particolare aspetto della fenomenologia materiale dell'"IO"? l' impossibilità logica di poter disegnare nel mondo o ritagliare da esso un modello autocosciente del "sich befinden" è davvero razionalmente dimostrabile ?