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Discussioni - Donalduck

#1
Attualità / Il "diritto di esistere" di Israele
27 Maggio 2024, 03:07:11 AM
Rieccomi a sollecitare l'esposizione dei vostri punti di vista su un tema che finora è stato considerato un tabù, ma che in questi giorni di orrore comincia a riaffacciarsi alle coscienze, sia pure per motivi emotivi più che razionali.

Quello che vorrei chiedere a chi ha voglia di esprimersi in proposito è:

Prendendo la parola "diritto" nel suo significato etico, quello a cui ci si riferisce quando si parla di "diritti umani" e non in quello giuridico, assai problematico, perché si riferisce a un "diritto internazionale" che ritengo sia, soprattutto considerando il modo in cui viene di volta in volta applicato o invocato, qualcosa che non fa che riflettere gli interessi prevalenti delle nazioni e che può aver a che fare col concetto di giustizia solo per coincidenza, secondo voi quindi, sussiste un diritto morale di esistere per Israele? E per quali motivi, ossia sulla base di quali fondamenti etici? (per favore evitiamo i cavilli su etico e morale, io li uso come sinonimi e credo di essermi spiegato abbastanza bene, intendo parlare di quello che ritenete moralmente giusto o sbagliato).

Preciso anche che la domanda NON è: ritenete che Israele vada cancellata dalla faccia della terra o no? Si tratta di una domanda di carattere etico riferita a un sempre rivendicato "diritto" che molti ritengono intoccabile e indiscutibile, a meno di non voler essere etichettato come "antisemita", ma che invece ritengo sia un argomento che vada affrontato e sviscerato.

Ovviamente la domanda è molto legata a un giudizio sul sionismo, per cui la domanda può anche essere posta come: ritenete che il sionismo, considerato il suo obiettivo di appropriazione della Palestina (cioè un territorio già abitato da altri) sin dalla sua nascita più di un secolo fa (al netto di alcune proposte alternative presto scartate), fosse e sia moralmente accettabile e giustificabile?
#2
Attualità / I sostenitori di Putin
06 Maggio 2022, 18:15:36 PM
Dato che ho visto qui più volte fare riferimento ai "sostenitori di Putin" vorrei chiedere a questi sostenitori di farsi avanti e chiarire perché sostengono Putin, con quali argomenti.
Non nascondo che il mio sospetto sia, come ho potuto appurare in altre sedi, che tali sostenitori in realtà non esistano, e che siano un'invenzione dei sostenitori dell'interventismo (intendendo con questo l'appoggio a sanzioni e invio di armi e al progressivo aggravamento delle ostilità verso la Russia) e dell'interpretazione unilaterale che considera solo i torti della Russia e in particolare l'invasione e non i fatti precedenti e le cause a monte, per screditare chi pensa diversamente, banalizzando e falsando l'intero dibattito.
#3
Scienza e Tecnologia / La "velocità" del tempo
21 Dicembre 2019, 17:59:37 PM
Avrei una domanda per esperti di fisica. 

C'è una cosa che non riesco a capire che riguarda la teoria della relatività. Si tratta del famoso esperimento concettuale in cui si ha un osservatore A nel sistema di riferimento X e un osservatore B nel sistema di riferimento Y. L'osservatore B si muove a una certa velocità mentre l'osservatore A è fermo. 
La teoria dice, per quanto ho capito, che per l'osservatore B il tempo "scorre più lentamente" nel senso che, supponendo che entrambi siano dotati di due orologi perfettamente sincronizzati finché A e B non sono in moto relativo (ossia sono nello stesso sistema di riferimento spaziotemporale, quindi X e Y coincidono), quando B è in moto l'ora misurata dall'orologio di B, per A va più lentamente del suo, quindi sarà "in ritardo".

La domanda è questa: dato che la scelta del sistema di riferimento è arbitraria, se scegliamo il sistema di riferimento X in cui si trova A, B sarà in moto. Ma se scegliamo come sistema di riferimento Y, sarà A ad essere in moto relativo e quindi dovrebbe essere il suo orologio ad andare "più lentamente". Ossia per A il tempo di B sarebbe più lento, ma anche per B il tempo di A dovrebbe essere più lento, quindi in sostanza le due "velocità di scorrimento del tempo" non avrebbero un'esistenza "oggettiva", ma sarebbero riferibili solo all'esperienza soggettiva di A e B. In altre parole non ci sarebbe una differenza di "velocità del tempo" oggettiva, e le due differenze soggettive si contraddirebbero (dal punto di vista di un ipotetico "riferimento assoluto") e si annullerebbero a vicenda.

Avendo una conoscenza solo scolastica e divulgativa della fisica, forse nel mio ragionamento manca qualche nozione necessaria, qualcosa che non ho considerato e che invece giustifica il modo in cui questo aspetto della teoria viene generalmente presentato. Qualcuno saprebbe rispondermi?
#4
Tematiche Filosofiche / Essere, esistenza, realtà
30 Marzo 2018, 11:16:43 AM
È difficile trovare termini che diano adito a confusione e a discorsi sospesi in aria come questi tre.
Credo che uno dei motivi per cui ci si confonde è che si fa affidamento sull'intuitività di concetti che in effetti vengono interpretati in modo molto diverso da soggetti diversi.


D'altra parte, dato che si tratta di concetti fondamentali, che più fondamentali non si può, siamo ai limiti dell'esprimibile con le limitate risorse del linguaggio. Teniamo presente che il linguaggio in sé è autoreferenziale, e che trova un collegamento (mappatura) con i dati dell'esperienza solo grazie a un atto soggettivo e volontario che va ogni volta riconfermato.

Quindi rinuncio subito a qualunque tentativo di dare definizioni rigorose e inappellabili, accontentandomi di stimolare l'intuizione utilizzando l'unico vero punto di riferimento che ho: la mia esperienza vissuta e vivente.

Partirei da una considerazione sulla "non esistenza". Non solo nel linguaggio più comune, ma anche in quello filosofico, capita spesso di imbattersi in disquisizioni sull'esistenza o meno di qualcosa. Nella mia visione, qualora il contesto sia ontologico, ossia riguardi gli aspetti più fondamentali dell'"essere", si tratta a priori di discussioni senza senso.

Cosa dovrebbe distinguere una "cosa che non esiste" da una "cosa che esiste"? Per me l'unico criterio possibile per definire l'esistenza è stabilire se abbia una qualche relazione con la coscienza, col "flusso esperienziale" attraverso cui essa si manifesta. Ma qualunque "cosa" a cui ci si possa riferire in un discorso ha per forza qualche relazione con la coscienza. Se anche non ne avesse, questa relazione si instaura nel momento stesso in cui si fa riferimento ad essa.

Quindi non ci sono "cose che non esistono", ma diverse modalità di esistenza. Ontologicamente parlando, alle domande: Esiste il mio corpo? Esiste Parigi? Esiste quello che ho sognato stanotte? Esiste Babbo Natale? Esiste un cerchio quadrato? ...devo rispondere sempre sì. Ma le modalità di esistenza degli oggetti delle mie domande sono molto diversi tra loro:


  • Il mio corpo lo percepisco direttamente e continuamente, quindi si tratta di una modalità di esistenza molto "forte" e indipendente dalla volontà, fondata sull'evidenza immediata
  • Parigi, se ci sono stato ha la modalità di esistenza della memoria (evidenza mnemonica) e, che ci sia stato o no, ha una modalità di esistenza garantita dala sua costante verificabilità, una sorta di "evidenza logica o concettuale"
  • Il sogno e il suo vissuto esperienziale sono altrettanto reali del mondo della veglia ma ha una sua peculiare modalità di esistenza soggettiva perché percepita solo sa un soggetto singolo, ma "oggettiva" nel senso che non è (normalmente) modificabile dalla volontà individuale, ossia è un "dato"
  • Babbo Natale esiste in quanto prodotto dell'immaginazione dotato di una rappresentazione immaginaria condivisa, generato da atti volontari di immaginazione (e quindi non un dato che si impone all'esperienza).
  • Il cerchio quadrato esiste in quanto prodotto dell'immaginazione concettuale, ma irrapresentabile.
  • Ci sono poi entità la cui modalità di esistenza non è chiara, ad esempio l'elettrone o la forza di gravità, o il tempo, che hanno sì una modalità di esistenza concettuale ben definita all'interno del sistema teorico della fisica, ma non nella realtà oggettiva, qualla che per la coscienza costituisce il "mondo esterno". Sono infatti privi di rappresentazione e anche nel sistema concettuale della fisica la loro esistenza non è garantita (esistono teorie che fanno a meno del tempo o del concetto di forza).

Per chiarire meglio il significato comune di "esistenza" bisogna considerare, oltre al flusso diretto dei dati che si presentano alla coscienza, anche le rappresentazioni interne che costituiscono la sintesi delle esperienze vissute e memorizzate, le mappe della realtà che si formano nella coscienza e assumono un carattere relativamente stabile. Quello che comunemente si intende con "qualcosa esiste" è se questo qualcosa trova un posto nella propria rappresentazione del "mondo esterno", rappresentazione che, partendo dalla percezione diretta, si arricchisce di altri elementi di natura inferenziale (quelli dotati di ciò che ho chiamato "evidenza logica o concettuale").

Ma dal punto di vista ontologico, tutto ciò che si presenta in un modo o nell'altro alla coscianza esiste e quella che viene chiamata illusione consiste nel confondere una modalità di esistenza con un'altra: scambiare un sogno o un'allucinazione per la realtà esterna, oggettiva "di veglia", scambiare un prodotto dell'immaginazione per un'evidenza logica, e così via.

Quindi domande come "esiste la coscienza" o "esiste il tempo", che danno origine a fiumi di disquisizioni che non approdano mai da nessuna parte, le considero fuorvianti e sostanzialmente prive di senso.

La prima anche perché sostengo che la coscienza è il fondamento stesso di qualunque possibile esistenza, di qualunque "realtà", la soggettività inscindibile dall'oggettività (due facce inscindibili della stessa moneta).
Per il tempo bisogna intanto capire a cosa ci si riferisce. Ad essere rigorosi, il tempo della fisica non è affatto la stessa cosa del tempo dell'esperienza. Di quest'ultimo abbiamo una percezione diretta che non può essere messa in discussione, mentre nella fisica ha un suo significato variabile a seconda del sistema teorico in cui si inserisce.
E in ogni caso poi la domanda sarebbe "qual è la sua modalità di esistenza?" e non "esiste o non esiste?".

Ci sarebbe molto altro da dire e precisare, ma il discorso rischierebbe di diventare troppo prolisso e dispersivo.

Mi piacerebbe conoscere il vostro parere su quanto ho scritto e avere, da coloro che non si troveranno d'accordo sul mio tentativo di definizione dell'esistenza, una loro definizione alternativa, corredata da criteri utilizzabili per distinguere ciò che esiste da ciò che non esiste.
#5
Cerco qui di riprendere il filo del discorso del mio precedente post "Ma davvero chi non è d'accordo con i darwiniani è un retrogrado?" e focalizzarlo meglio, anche in base agli esiti di quella discussione. Lì il discorso si è allargato ed è poi scivolato su altri argomenti correlati sì, ma un po' troppo fuori tema (salvo un ultimo ritorno al tema principale che ha visto un confronto interessante ma inevitabilmente polemico tra l'apertura mentale da libero pensatore e la chiusura mentale accademica pseudoscientifica).

Cerco quindi di precisare meglio i miei obiettivi.
Per comodità definisco un acronimo che rappresenti l'esatto obiettivo delle mie critiche: TEGMS, ossia Teoria dell'Evoluzione Guidata da Mutazioni casuali e Selezione naturale, che rappresenta la vita come un risultato possibile di un meccanismo guidato dalle forze fondamentali (cieche) che la scienza ha finora individuato.

In sostanza mi convinco sempre di più che:

1) La TEGMS non solo non è un fatto, come alcuni dicono, ma non è neppure una teoria scientifica.
Si tratta di una ipotesi metafisica per di più priva di fondamento razionale (ossia non basata su fatti osservati e inferenze logiche) ma tenuta artificialmente in vita solo da un forte apporto di "energia ideologica".

2) Nessuno è in grado di fornire queste tanto sbandierate "prove" della TEGMS, o anche soltanto della sua plausibilità. Ne ho avuto conferma per l'ennesima volta anche nella discussione precedente, in cui invitavo a fornire queste prove, ma nessuno ne ha esibito neppure una.
Le uniche cose che la biologia ha provato sono:
A) L'evidente "parentela" tra le varie specie, che hanno in comune una gran quantità di caratteri strutturali, funzionali e genetici. Ad essere accertate sono solo le somiglianze, e non l'origine e la natura di queste somiglianze. L'unica cosa evidente è la somiglianza nel progetto ("scritto", almeno in parte, nel genoma), somiglianza che quindi potrebbe anche essere di natura "mentale" o "ideale" e non derivare da una diretta generazione fisica. Ossia le specie potrebbero benissimo non discendere l'una dall'altra per via riproduttiva ma essere semplicemente il risultato dell'applicazione (da parte di agenti sconosciuti operanti con modalità sconosciute) di progetti basati su principi comuni e derivati gli uni dagli altri.
B) La possibilità che mutazioni genetiche causate da errori di duplicazione possano diventare prevalenti se favoriscono la sopravvivenza e la proliferazione, in sostanza la sussistenza (ma non la rilevanza) del fattore mutazione-selezione limitatamente alla microevoluzione. Per quanto riguarda la macroevoluzione (ossia il passaggio da una specie a un'altra) invece, non esiste nessuna prova che il fattore mutazione-selezione possa avere un ruolo rilevante o anche solo rilevabile, e neppure che ci sia effettivamente un "passaggio" da una specie a un'altra, ossia che una specie sia generata fisicamente da un'altra.

3) La teoria della mutazione-selezione è strettamente legata a quella sull'origine "meccanica" della vita, la cosiddetta abiogenesi. Infatti è assai probabile, se non scontato, che chi crede nella TEGMS creda anche nell'abiogenesi. Perché accanirsi tanto a difendere la tesi di un'evoluzione priva di intelligenza, guidata solo da forze cieche, se non si dovesse estendere questa visione all'origine stessa della vita? E nel caso dell'abiogenesi l'assoluta mancanza di prove e l'estrema debolezza delle ipotesi si manifesta in tutta la sua evidenza. Resta solo la fede cieca, a sua volta generata da una visione materialistica del mondo, in cui il mondo interiore, psichico, spirituale, comunque lo si voglia chiamare, che noi percepiamo e viviamo con altrettanta evidenza di quello fisico, è considerato solo un "epifenomeno", tanto per sbarazzarsi di uno scomodo quanto macroscopico problema. L'attitudine che il grande scrittore umorista Douglas Adams chiamava "not my problem" a proposito di un divano comparso improvvisamente al centro di un campo di cricket (se non ricordo male) che nessuno dei numerosi spettatori vedeva, in quanto in contrasto con la propria visione del mondo.

Sia per l'abiogenesi che per la TEGMS è importante precisare che eventuali prove dovrebbero spiegare innanzitutto l'origine dell'organizzazione, della creazione di sistemi complessi che agiscono in collaborazione che non può che essere definita intelligente, in cui ogni elemento fa la sua parte in perfetta (o quasi) sinergia e sincronia e comunità di intenti (anche qui non esiste altro termine per definire l'evidente carattere finalistico anche delle più semplici caratteristiche del vivente come l'autoconservazione e la tendenza alla riproduzione). Le presunte "prove", o "passi avanti nel dimostrare" queste teorie sono solo irrilevanti esperimenti, come quelli su aggregazioni spontanee di organismi unicellulari (ma privi di organizzazione) che trarrebbero vantaggio da questa aggregazioni rivelandosi "più adatti" alla sopravvivenza, e altre amenità simili. Tutte cose lontane anni luce dal nocciolo del problema.

In sintesi, la tesi che sostengo, e che TEGMS e abiogenesi siano solo inconsistenti tesi filosofiche (loro malgrado) senza nulla di scientifico, sostenute da una fede irrazionale, da cui il termine "Testimoni di Darwin".

Data la scarsità di presunte prove dell'abiogenesi e invece l'abbondanza di presunte prove della evoluzione darwiniana, il dibattito è molto più vivo su quest'ultima, anche perchè il mainstream scientifico si è ormai sbilanciato a tal punto da definire l'"intuizione darwiniana" "una delle idee più brillanti della storia della scienza" (mentre io la considero l'esatto contrario). Ma, data la stretta parentela con l'abiogenesi, eventuali inrventi su questa non sarebbero fuori tema.
Spero che in questo caso la discussione (se ci sarà) si riveli più pacata e fruttuosa, e auspico che chi non è in grado (o non vuole) tenere a bada le proprie emozioni e limitarsi a rispondere alle argomentazioni piuttosto che mettere su carta virtuale i suoi travasi di bile, per poi magari abbandonare sdegnosamente il confronto, eviti questa discussione. Lasciamo queste cose ai talk-show televisivi.
#6
Il dibattito sull'evoluzionismo non è facile da proporre, non per sue caratteristiche intrinseche, ma perché molti lo considerano obsoleto o comunque ampiamente sviscerato. Io penso invece che ci sia ancora molto da dire e da discutere, in particolare su un aspetto cruciale e, a mio parere, estremamente debole della teoria darwiniana: la teoria della mutazione-selezione.

Comincerei con questi stimoli:

1) Quali sono le "prove" a sostegno della teoria della mutazione-selezione? Bisogna precisare che non stiamo parlando di prove dell'esistemza di un processo di evoluzione delle forme di vita, e neppure di prove che delle mutazioni casuali possano portare a una maggiore o minore capacità di sopravvivenza (è ovvio), ma che delle mutazioni casuali (ossia prive di una pianificazione intelligente, qualunque possa essere la sua origine e natura) insieme all'interazione con l'ambiente (che seleziona le forme più adatte alla sopravvivenza) possano costituire il "motore" (ossia possano essere i fattori principali ed essenziali) di questa evoluzione, che ha portato da forme relativamente semplici (monocellulari) alla incredibile complessità, ingegnosità e varietà di forme di vita che possiamo vedere attualmente. Invito chi ritenesse di avere queste prove (o anche solo forti indizi) ad esporle.

2) Non dimentichiamo (anche se non è questo il tema centrale) che la teoria dell'evoluzione racconta il film a partire dal secondo tempo. Infatti non spiega affatto l'origine della vita, ossia come si sia passati, sempre con processi di natura fisica e chimica non pianificati, ossia soggetti solo alle cieche forze descritte da queste discipline, dalla materia bruta a esseri viventi, ossia a sistemi biologici. I due discorsi sono molto legati tra loro. E a questo proposito va precisato che non si tratta di spiegare come si può arrivare da materia inorganica a materia organica, ma come si arriva all'organizzazione e all'azione coordinata e sinergica, finalizzata alla sopravvivenza e alla riproduzione a partire dalla materia organica, ma non ancora organizzata. E lasciamo stare l'ulteriore problema di spiegare la coscienza e l'intelligenza...

3) Prendiamo un'obiezione "classica", stradiscussa: quella della "mezza ala". Per chi non fosse al corrente, l'obiezione è questa: "Se è vero che le mutazioni sono graduali, e che per arrivare da un essere non alato a uno alato, ci vogliono molte generazioni, come mai non si trova traccia delle specie intermedie? E come mai queste sono sopravvissute alla selezione prima che le mutazioni potessero avere qualche utilità per la sopravvivenza?".
L'obiezione in genere viene formulata in maniera piuttosto rozza e approssimativa parlando soltanto di "mezza ala", anziché porre l'accento su tutti gli stadi intermedi, al che (faccio fatica a crederlo, ma è così) i darwiniani rispondono tirando in ballo le membrane degli scoiattoli volanti e dicendo: vedete, anche delle mezze ali possono essere un vantaggio per la sopravvivenza!
A parte il fatto che le membrane degli scoiattoli o altri animali plananti non sono affatto delle "mezze ali" avendo una struttura completamente diversa, quello che la teoria dovrebbe mostrare, se fosse plausibile, è come è possibile giustificare il centesimo (o millesimo) di ala, i 2, 3, 4 centesimi di ala eccetera. Questo significa spiegare in base a quale meccanismo può accadere che non una, ma centinaia di mutazioni che non portano nessun vantaggio (prima di arrivare a una forma "vantaggiosa") non solo passano la prova della selezione (non dovrebbero proprio, perché prima di raggiungere una forma "vantaggiosa" sarebbero delle anomalie che impacciano soltanto e che la selezione dovrebbe eliminare; al massimo "per caso" ne potrebbe passare qualcuna) ma si susseguono una dopo l'altra andando tutte coerentemente nella stessa direzione (formando una serie incredibile di coincidenze successive) che porta alla formazione di un'ala. Perchè mai a una mutazione che porta alla formazione di una piccola membrana (inutile) dovrebbe seguire un'altra mutazione (che non è in alcuna relazione con la precedente) che porta a una ulteriore espansione della membrana (ancora inutile per parecchie generazioni), e così per molte generazioni successive? Inoltre, come già accennato, bisognerebbe spiegare come mai si non trovino mai resti di esseri con queste mutazioni intermedie di per sé inutili.
Non solo, ma resta anche da spiegare come una serie di mutazioni casuali, possano portare contemporaneamente alla modifica di ossa, muscoli, tessuti connettivi, nervi e cellule cerebrali in perfetto coordinamento tra loro col risultato di permettere all'animale di pilotare con grande precisione queste ali, che nessuno ha progettato per volare, ma che, guarda caso, sono opere di alta ingegneria e di complesso funzionamento, perfettamente adatte al volo e dotate di precisissimi meccanismi di controllo. C'è una straordinaria e perfetta "collaborazione" tra un gran numero di "mutazioni casuali" che portano, chissà come e perché, alla creazione di un meccanismo altamente organizzato e coordinato ed estremamente sofisticato e complesso (in sostanza lo stesso tipo di problema che si pone per l'origine della vita).
Qualcosa che si possa considerare a una vera teoria dovrebbe render conto di ogni singolo passo intermedio e non limitarsi a vaghe fantasie che lasciano nell'oscurità tutto quello che succede tra due specie "stabilizzate". Ossia dovrebbe descrivere in maniera dettagliata e precisamente rappresentabile come si passa da uno stadio al successivo, cioè come agisce la combinazione mutazione-selezione in ogni singola generazione fino ad arrivare alla forma stabile e come si produce questo straordinario e precisissimo coordinamento tra le diverse mutazioni, senza presupporre qualche tipo di azione intelligente. Ossia si dovrebbe poter costruire un modello realistico di cui sia possibile descrivere nei dettagli il funzionamento. Di un simile modello sarebbe possibile realizzare una simulazione al computer. E sto parlando di simulare la formazione dell'ala (senza naturalmente inserire alcun dato relativo all'ala), non di qualche stupido programma che crei rozzi simulacri di forme di vita primordiali che "imparano" da un altreattanto rudimentale ambiente artificiale a "sopravvivere" (e naturalmente sopravvivono le "entità" che "imparano" prima, e grazie tante...). Programmi come questi dimostrano che l'acqua calda non è fredda, ma non aiutano a capire alcunché.

Per ora mi fermo qui, sperando di poter suscitare una pacata, onesta e approfondita discussione.