L'esempio forse più eclatante è quello dell'economia ("lo studio dei mezzi più efficaci per
raggiungere un fine prestabilito" - L.Robbins); ma un pò dappertutto lo scientismo dilagante
attribuisce alla scienza compiti che non solo non le sono propri, ma che le sono spesso
addirittura antitetici.
E', questo dell'indistinzione fra mezzo e fine, uno dei tratti più peculiari della contemporaneità.
Già M.Weber, ne: "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo", edita mi pare nel 1904,
intuiva come il capitalismo fosse entrato in una "gabbia d'acciaio", ovvero in una forma-mentis
nella quale i soldi servivano solo a fare altri soldi (concetto ormai macroscopicamente evidente
nella speculazione finanziaria).
Il concetto è ribadito in una ormai vasta saggistica, fra cui particolarmente interessante mi
sembra quella di E.Severino ("Intorno al senso del nulla"), il quale afferma che scopo della volontà di
potenza è di accrescere se stessa; e ciò vuol dire che non vi è uno scopo, un fine, perchè ormai il mezzo
ne ha preso il posto rendendo anacronistica la loro distinzione.
Mi sono spesso chiesto quali processi e quali dinamiche abbiano potuto determinare tutto questo,
e sono arrivato alla "conclusione" (si fa per dire...) che tutto questo è accaduto perchè nell'
uomo moderno, che è essenzialmente individuo, si è obliato il tempo.
Si sono obliati sia il passato che il futuro, e l'uomo moderno vive ormai in un "eterno presente"
che non è più "nel" mondo, come intendeva Heidegger, ma nel luogo "del" mondo ove l'individuo si
trova in quel momento presente.
Che senso ha "progettare" qualcosa in vista di un certo fine quando si vive solo ed esclusivamente
nel presente?
saluti
raggiungere un fine prestabilito" - L.Robbins); ma un pò dappertutto lo scientismo dilagante
attribuisce alla scienza compiti che non solo non le sono propri, ma che le sono spesso
addirittura antitetici.
E', questo dell'indistinzione fra mezzo e fine, uno dei tratti più peculiari della contemporaneità.
Già M.Weber, ne: "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo", edita mi pare nel 1904,
intuiva come il capitalismo fosse entrato in una "gabbia d'acciaio", ovvero in una forma-mentis
nella quale i soldi servivano solo a fare altri soldi (concetto ormai macroscopicamente evidente
nella speculazione finanziaria).
Il concetto è ribadito in una ormai vasta saggistica, fra cui particolarmente interessante mi
sembra quella di E.Severino ("Intorno al senso del nulla"), il quale afferma che scopo della volontà di
potenza è di accrescere se stessa; e ciò vuol dire che non vi è uno scopo, un fine, perchè ormai il mezzo
ne ha preso il posto rendendo anacronistica la loro distinzione.
Mi sono spesso chiesto quali processi e quali dinamiche abbiano potuto determinare tutto questo,
e sono arrivato alla "conclusione" (si fa per dire...) che tutto questo è accaduto perchè nell'
uomo moderno, che è essenzialmente individuo, si è obliato il tempo.
Si sono obliati sia il passato che il futuro, e l'uomo moderno vive ormai in un "eterno presente"
che non è più "nel" mondo, come intendeva Heidegger, ma nel luogo "del" mondo ove l'individuo si
trova in quel momento presente.
Che senso ha "progettare" qualcosa in vista di un certo fine quando si vive solo ed esclusivamente
nel presente?
saluti