Saluto con piacere il forum, dato che era un pò di tempo che non passavo a scrivere, e ogni tanto mi prende un pò la nostalgia.
Un consueto cavallo di battaglia nelle discussioni sull'esistenza o meno di entità metafisiche come "Dio", "anima", "sostanza" ecc. da parte del "fronte" antimetafisico, di fronte all'ammissione dell'impossibilità di dimostrare l'inesistenza di tali entità, è chiamare in causa il "rasoio di Ockham". Non moltiplicare gli enti se non necessario, cioè in assenza di dimostrazioni a sostegno o contro l'esistenza di un ente, sarebbe più ragionevole la tesi della non esistenza, in quanto più semplice e meno necessitante di spiegazioni. Vorrei provare a spiegare i motivi che suscitano in me molta perplessità su un' autentica validità epistemica di tale argomento.
La concezione classica della verità la intende come corrispondenza tra proposizione e stato di cose oggettivo, cioè la verità sarebbe data dall'adeguamento dell'intelletto alla realtà. Nel rasoio i termini del rapporto vengono invertiti, si pretende che sia la realtà a doversi adeguare alle esigenze soggettive di comodità di ricerca, una visione della realtà semplice da verificare sarebbe più ragionevolmente vicina al vero di una complessa e impegnativa da indagare. Ciò inaugura quella deriva soggettivista e relativista che via via si imporrà nella modernità. I teorici del rasoio cercano di giustificare ciò affermando che quanto maggiori sono le condizioni necessarie al realizzarsi di un evento, tanto più tale realizzazione sarà ostacolata e resa improbabile, per cui l'esistenza di un evento "semplice", necessitante di minori condizioni di realizzabilità, sarà più probabile. Questo è il fondo di verità del rasoio, solo che è estremamente limitante per garantirne la validità epistemica. Io e Mozart concorriamo per la vittoria di un premio di musica, e viene stabilito che per vincere mi sarebbe sufficiente ottenere il voto anche solo di 1 dei 5 giurati che compongono la commissione valutante. Ora, un utilizzatore del rasoio non si farebbe problemi a scommettere sulla mia vittoria, essendo un evento con molte meno condizioni di realizzazione rispetto a quella di Mozart. Invece, ovviamente, Mozart stravince. L'errore del rasoio sta nel limitarsi a valutare, in termini meramente quantitativi, gli ostacoli esteriori da dover superare per realizzare un certo evento ignorando ciò che è più importante, la qualità interna dei singoli fattori di realtà (nell'esempio, il genio di Mozart paragonato alla mia difficoltà di mettere insieme tre note giuste al flauto imparato alle Medie), tale per cui, una causa particolarmente potente può con più facilità realizzare un evento superando un maggior numero di ostacoli rispetto a una causa più debole che pure avrebbe di fronte meno condizioni da assolvere per ottenere il suo effetto. La validità del rasoio implicherebbe l'assunzione di un modello di realtà materialista nel quale tutto ciò che accade è frutto di rapporti di forza quantitativi e misurabili, entro cui è possibile un calcolo delle probabilità, ignorando tutti i fattori qualitativi e immateriali, la natura delle singole cause, da analizzare una alla volta, tali per cui un a maggior numero di condizioni atte a realizzare un evento si può assolvere sulla base di un grande talento o una morte motivazione psicologica, mentre una volontà debole può avere difficoltà a realizzare azioni apparentemente semplici.
La seconda obiezione è più radicale: la prima voleva andare a riconoscere la grande limitatezza del margine di applicabilità del rasoio, questa vorrebbe andare a colpire proprio il cuore del rasoio, la presunta distinzione tra visioni "semplici" e "complesse". Il rasoio indica di non "moltiplicare gli enti se non necessario" e in questo modo assume un modello di realtà rozzamente intesa come una sorta di lista della spesa in cui ogni attribuzione di esistenza conduce a un allungamento della lista. Secondo me non esistono visioni più semplici o più complesse, in quanto i limiti delle umane visioni sono dati dalla prospettiva da cui i soggetti vedono la realtà, non dalla quantità di oggetti compresi in quelle visioni. Tizio e Caio si affacciano alla stessa finestra, Tizio vede un campanile, Caio, guardando nella stessa direzione, non lo vede. Ora, un teorico del rasoio direbbe che, fintanto che non si vada ad accertare l'esistenza del campanile, la prospettiva di Caio dovrebbe essere preferibile, in quanto più "semplice ed economica". Ma, come insegna Husserl, il pensiero è sempre "pensiero di qualcosa", questo vuol dire che l'assenza del campanile dalla visione di Caio presuppone che al posto del campanile ci sia qualcos'altro che riempirebbe lo stesso spazio che nell'ottica di Tizio è riempita dal campanile. Il nulla non è altro che nulla, dunque ogni negazione dell'esistenza di un ente implica l'affermazione "in positivo" di un altro ente che riempie il posto lasciato vuoto nella visione, senza così che tale negazione renda la visione più semplice. Il teorico del rasoio a questo punto potrebbe ribattere dicendo che la prospettiva di Caio resta più semplice (dunque preferibile) in quanto al posto del campanile si vede il cielo, cielo che è già presente nella visione di Tizio, il quale, vedendo anche il campanile, sta rendendo la sua prospettiva più complessa, più ricca di esistenza, più ontologicamente costosa. Ma non è così: il materialista che, usando il rasoio ed eliminando entità metafisiche, ritenendo di poterle sostituire con oggetti presi dal mondo delle scienze come "natura", "big bang" "evoluzione" ecc. presenta la sua visione come più "semplice" ed "economica" in quanto quelle categorie indicherebbero realtà che anche il metafisico può riconoscere, sta in realtà giocando su un ambiguità linguistica semantica. Infatti, nel momento in cui vengono utilizzate come sostitutive delle entità metafisiche, subiscono uno stravolgimento semantico rispetto al significato entro cui erano state pensate per rispondere alle questioni scientifiche, distinte da quelle metafisiche. La prospettiva materialista è solo apparentemente più semplice ed economica rispetto a quella metafisica, in quanto l' eliminazione delle categorie della metafisica è ottenuta a condizione di rendere più "costose" le categorie naturalistiche con cui vengono sostituite, che, nell'esser presentate come risolutive di questioni filosofiche e non solo scientifiche, diventano qualcosa di totalmente diverso dalla loro accezione scientifica originaria, molto più complesse così come il "cielo" nella visione di Caio è molto più complesso del cielo di Tizio, in quanto presume di invadere anche lo spazio entro cui quest'ultimo vede il campanile. il livello di complessità è lo stesso, non aumenta o diminuisce e l'onere della prova che ha Tizio nel dimostrare l'esistenza del campanile è pari a quello di Caio nel dimostrare la realtà del tratto di cielo che nella sua visione occupa lo spazio in cui Tizio vede il campanile, così come l'onere della prova per il metafisico di dimostrare l'esistenza di Dio, anima, sostanza, è pari a quello del materialista per dimostrare l'esistenza di realtà mondane chiamate a render ragione di ciò che invece il metafisico ritiene di poter spiegare tramite le sue categorie.
In realtà, non voglio dire che il rasoio non abbia alcun valore, solo che penso che tale valore sia accettabile in un'ottica meramente pragmatica e non teoretica, cio una sorta di regola producerale per le ricerca. Essendo il tempo della nostra vita limitato, si può accettare di fissare parametri in base a cui evitare di prolungare ricerche inerenti ipotesi comportanti tempi eccessivamente lunghi di verifiche, ma ben consapevoli che ciò non va in alcun modo ad intaccare il presunto valore teoretico/veritativo dell'ipotesi scelta, ma si tratta solo di una scelta pragmatica di razionalizzazione del tempo e dei costi dello studio, insomma trattare il rasoio non molto diversamente dall'accorgimento di vestirsi pesante se si va a fare esplorazioni al polo nord... insomma più che "contro il rasoio di Ockham" sarebbe più corretto dire che volessi argomentare contro gli abusi del rasoio, abusi purtroppo molto frequenti.
Un consueto cavallo di battaglia nelle discussioni sull'esistenza o meno di entità metafisiche come "Dio", "anima", "sostanza" ecc. da parte del "fronte" antimetafisico, di fronte all'ammissione dell'impossibilità di dimostrare l'inesistenza di tali entità, è chiamare in causa il "rasoio di Ockham". Non moltiplicare gli enti se non necessario, cioè in assenza di dimostrazioni a sostegno o contro l'esistenza di un ente, sarebbe più ragionevole la tesi della non esistenza, in quanto più semplice e meno necessitante di spiegazioni. Vorrei provare a spiegare i motivi che suscitano in me molta perplessità su un' autentica validità epistemica di tale argomento.
La concezione classica della verità la intende come corrispondenza tra proposizione e stato di cose oggettivo, cioè la verità sarebbe data dall'adeguamento dell'intelletto alla realtà. Nel rasoio i termini del rapporto vengono invertiti, si pretende che sia la realtà a doversi adeguare alle esigenze soggettive di comodità di ricerca, una visione della realtà semplice da verificare sarebbe più ragionevolmente vicina al vero di una complessa e impegnativa da indagare. Ciò inaugura quella deriva soggettivista e relativista che via via si imporrà nella modernità. I teorici del rasoio cercano di giustificare ciò affermando che quanto maggiori sono le condizioni necessarie al realizzarsi di un evento, tanto più tale realizzazione sarà ostacolata e resa improbabile, per cui l'esistenza di un evento "semplice", necessitante di minori condizioni di realizzabilità, sarà più probabile. Questo è il fondo di verità del rasoio, solo che è estremamente limitante per garantirne la validità epistemica. Io e Mozart concorriamo per la vittoria di un premio di musica, e viene stabilito che per vincere mi sarebbe sufficiente ottenere il voto anche solo di 1 dei 5 giurati che compongono la commissione valutante. Ora, un utilizzatore del rasoio non si farebbe problemi a scommettere sulla mia vittoria, essendo un evento con molte meno condizioni di realizzazione rispetto a quella di Mozart. Invece, ovviamente, Mozart stravince. L'errore del rasoio sta nel limitarsi a valutare, in termini meramente quantitativi, gli ostacoli esteriori da dover superare per realizzare un certo evento ignorando ciò che è più importante, la qualità interna dei singoli fattori di realtà (nell'esempio, il genio di Mozart paragonato alla mia difficoltà di mettere insieme tre note giuste al flauto imparato alle Medie), tale per cui, una causa particolarmente potente può con più facilità realizzare un evento superando un maggior numero di ostacoli rispetto a una causa più debole che pure avrebbe di fronte meno condizioni da assolvere per ottenere il suo effetto. La validità del rasoio implicherebbe l'assunzione di un modello di realtà materialista nel quale tutto ciò che accade è frutto di rapporti di forza quantitativi e misurabili, entro cui è possibile un calcolo delle probabilità, ignorando tutti i fattori qualitativi e immateriali, la natura delle singole cause, da analizzare una alla volta, tali per cui un a maggior numero di condizioni atte a realizzare un evento si può assolvere sulla base di un grande talento o una morte motivazione psicologica, mentre una volontà debole può avere difficoltà a realizzare azioni apparentemente semplici.
La seconda obiezione è più radicale: la prima voleva andare a riconoscere la grande limitatezza del margine di applicabilità del rasoio, questa vorrebbe andare a colpire proprio il cuore del rasoio, la presunta distinzione tra visioni "semplici" e "complesse". Il rasoio indica di non "moltiplicare gli enti se non necessario" e in questo modo assume un modello di realtà rozzamente intesa come una sorta di lista della spesa in cui ogni attribuzione di esistenza conduce a un allungamento della lista. Secondo me non esistono visioni più semplici o più complesse, in quanto i limiti delle umane visioni sono dati dalla prospettiva da cui i soggetti vedono la realtà, non dalla quantità di oggetti compresi in quelle visioni. Tizio e Caio si affacciano alla stessa finestra, Tizio vede un campanile, Caio, guardando nella stessa direzione, non lo vede. Ora, un teorico del rasoio direbbe che, fintanto che non si vada ad accertare l'esistenza del campanile, la prospettiva di Caio dovrebbe essere preferibile, in quanto più "semplice ed economica". Ma, come insegna Husserl, il pensiero è sempre "pensiero di qualcosa", questo vuol dire che l'assenza del campanile dalla visione di Caio presuppone che al posto del campanile ci sia qualcos'altro che riempirebbe lo stesso spazio che nell'ottica di Tizio è riempita dal campanile. Il nulla non è altro che nulla, dunque ogni negazione dell'esistenza di un ente implica l'affermazione "in positivo" di un altro ente che riempie il posto lasciato vuoto nella visione, senza così che tale negazione renda la visione più semplice. Il teorico del rasoio a questo punto potrebbe ribattere dicendo che la prospettiva di Caio resta più semplice (dunque preferibile) in quanto al posto del campanile si vede il cielo, cielo che è già presente nella visione di Tizio, il quale, vedendo anche il campanile, sta rendendo la sua prospettiva più complessa, più ricca di esistenza, più ontologicamente costosa. Ma non è così: il materialista che, usando il rasoio ed eliminando entità metafisiche, ritenendo di poterle sostituire con oggetti presi dal mondo delle scienze come "natura", "big bang" "evoluzione" ecc. presenta la sua visione come più "semplice" ed "economica" in quanto quelle categorie indicherebbero realtà che anche il metafisico può riconoscere, sta in realtà giocando su un ambiguità linguistica semantica. Infatti, nel momento in cui vengono utilizzate come sostitutive delle entità metafisiche, subiscono uno stravolgimento semantico rispetto al significato entro cui erano state pensate per rispondere alle questioni scientifiche, distinte da quelle metafisiche. La prospettiva materialista è solo apparentemente più semplice ed economica rispetto a quella metafisica, in quanto l' eliminazione delle categorie della metafisica è ottenuta a condizione di rendere più "costose" le categorie naturalistiche con cui vengono sostituite, che, nell'esser presentate come risolutive di questioni filosofiche e non solo scientifiche, diventano qualcosa di totalmente diverso dalla loro accezione scientifica originaria, molto più complesse così come il "cielo" nella visione di Caio è molto più complesso del cielo di Tizio, in quanto presume di invadere anche lo spazio entro cui quest'ultimo vede il campanile. il livello di complessità è lo stesso, non aumenta o diminuisce e l'onere della prova che ha Tizio nel dimostrare l'esistenza del campanile è pari a quello di Caio nel dimostrare la realtà del tratto di cielo che nella sua visione occupa lo spazio in cui Tizio vede il campanile, così come l'onere della prova per il metafisico di dimostrare l'esistenza di Dio, anima, sostanza, è pari a quello del materialista per dimostrare l'esistenza di realtà mondane chiamate a render ragione di ciò che invece il metafisico ritiene di poter spiegare tramite le sue categorie.
In realtà, non voglio dire che il rasoio non abbia alcun valore, solo che penso che tale valore sia accettabile in un'ottica meramente pragmatica e non teoretica, cio una sorta di regola producerale per le ricerca. Essendo il tempo della nostra vita limitato, si può accettare di fissare parametri in base a cui evitare di prolungare ricerche inerenti ipotesi comportanti tempi eccessivamente lunghi di verifiche, ma ben consapevoli che ciò non va in alcun modo ad intaccare il presunto valore teoretico/veritativo dell'ipotesi scelta, ma si tratta solo di una scelta pragmatica di razionalizzazione del tempo e dei costi dello studio, insomma trattare il rasoio non molto diversamente dall'accorgimento di vestirsi pesante se si va a fare esplorazioni al polo nord... insomma più che "contro il rasoio di Ockham" sarebbe più corretto dire che volessi argomentare contro gli abusi del rasoio, abusi purtroppo molto frequenti.