Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - tiziano gorini

#1
Tematiche Filosofiche / La verità
14 Agosto 2021, 15:57:14 PM
@ Iano:
la matematica mi affascina e mi inquieta.
Purtroppo il fascino della matematica l'ho scoperto tardi, quando ormai la mia mente faceva fatica ad entrarci dentro, avendo perso tempo a rincorrere la chiacchiere di molti filosofi; comunque incolpo di ciò l'insegnamento scolastico: a me hanno insegnato a contare, a classificare, ad applicare formule mnemoniche: una noia... ma mi è bastato leggere un libro per bambini di Enzensberger, Il mago dei numeri, per scoprire un nuovo mondo matematico che invitava all'esplorazione. Ma ormai ho perso il treno, rimarrò un ignorante matematico.
Quindi continuerò ad essere inquietato dalla misteriosa corrispondenza tra matematica e mondo. Perché il mondo è descrivibile con formule matematiche? Perché un'invenzione della mente trova poi corrispondenza nella realtà? Sono agnostico, reputo gli argomenti realistici che vogliono provare l'esistenza di dio risibili, quelli teologici invalidi (il migliore è ancora l'argomento ontologico di Anselmo d'Aosta, ma Kant l'ha definitivamente confutato), allora ho pensato che proprio la corrispondenza tra realtà e matematica possa esser prova ipotetica dell'esistenza di dio, di un dio che si diletta del pi greco, della sezione aurea, della serie di Fibonacci e altre interessanti quisquilie.
Poi però accantono questa credenza mitica e, ritornando in questo mondo, opto per cosiddetta matematica embodied, che sostiene che la matematica non è il riflesso della trascendenza né una struttura dell'universo fisico bensì una creazione della mente (di alcune menti...) che si fonda su certi requisiti, alcuni dei quali innati, biologici e culturali. Alla fin fine non faccio altro che confermare l'isomorfismo tra linguaggio e mondo spiegato (meglio: non spiegato) da Wittgenstein nel Tractatus; però l'isomorfismo tra linguaggio matematico d mondo è e rimane un bel rompicapo.
#2
Tematiche Filosofiche / La verità
14 Agosto 2021, 15:21:44 PM
Citazione di: viator il 13 Agosto 2021, 17:24:41 PM
Salve Tiziano Gorini. Citandoti : "ad esempio è vero che un asino vola se e solo se trovo un testimone attendibile che mi fornisce prove di aver visto un asino volare".


Così......benevolmente...........tanto per tirar di scherma : il tuo "testimone attendibile" potrà fornirti eventualmente solo le prove di avere visto.........certamente non quelle di aver dimostrato l'esistenza di asini volanti. Saluti.


Infatti ho specificato: non prove valide, ma validate. Ovviamente è sempre un cane che si rincorre la coda: com'è che si valida un indicatore di verità? Io sono uno che s'accontenta: l'esperienza, l'osservazione empirica, la probabilità, l'intersoggettività, il metodo,  ecc., preferisco dibattermi nell'incertezza di una razionalità debole che nei deliri metafisici.
#3
Tematiche Filosofiche / La verità
13 Agosto 2021, 16:56:39 PM
Io me la cavo coi giochini di parole: c'è la Verità con la V maiuscola, su cui non ho nulla da dire. perché se dico che non esiste mi frego affermando di fatto la Verità che la Verità non esiste, se dico che esiste è una inutile tautologia; invece esiste  la verità con la v minuscola, che mi sa che è una proposizione analitica, ad esempio: la somma degli angoli interni di un triangolo è 180° , poiché altrimenti non sarebbe un triangolo proprio della geometria euclidea, quindi all'interno della geometria euclidea questa è una verità; infine c'è la verità che è vera se e solo se qualcuno trovo degli indicatori di verità validi - direi meglio: validati - nella realtà, cioè prove, credo che questa sia una proposizione sintetica; ad esempio è vero che un asino vola se e solo se trovo un testimone attendibile che mi fornisce prove di aver visto un asino volare.
Ovviamente semplifico, nascondendo sotto il tappeto tutti i dubbi e le aporie che la nostra misera razionalità non ce la fa ad affrontare. Perciò io consiglio in proposito uno scetticismo gentile: non quello assertivo di Pirrone, ma quello argomentativo di Carneade, o in epoca moderna, di Russell.
Tuttavia alla fin fine, come qualcuno ha già scritto, in pratica quel che conta è l'epistemologia incorporata nella nostra mente di animale che si è evoluto (?) in un certo modo, con un certo apparato cognitivo, per cui il mondo è così come noi lo percepiamo ed esperiamo.
#4
Kobayashi mi chiede se non posso in sintesi esprimere la mia opinione sulla suola italiana, piuttosto che leggere il mio libro. In effetti l'ho citato con un po' di imbarazzo, perché poteva sembrare una meschina promozione (non è così, anche perché ormai son trascorsi 2 anni dalla pubblicazione); mi piacerebbe ma purtroppo non posso darvene il file, per ragioni contrattuali; allora ho pensato che chi fosse interessato potrebbe leggere questo saggio intitolato "La vigna del signore" (che mi chiese la rivista Micromega per un suo numero speciale sulla scuola, ma che poi non pubblicò; ciò non mi stupì, dato che sostanzialmente il numero era una difesa della scuola statale, mentre io l'accusavo) di cui vi scrivo il link di Google Drive per accedervi:


https://drive.google.com/file/d/1b4xEZjUQTprkxMKGgDmZ_wRxvD-pXIWI/view?usp=sharing


1. il sistema universale di istruzione delle società industriali - tra cui quello italiano - formatosi tra Ottocento e Novecento per nazionalizzare le masse e formare una manodopera adatta all'evoluzione tecnologica è afflitto da una insanabile contraddizione tra filantropia sociale e istanze liberali; di fatto da un lato si vuol educare l'individuo alla autonomia morale e intellettuale, dall'altro si tende a farne un individuo conforme ad un determinato modello sociale.
2. tale sistema di istruzione universale comunque è naufragato nella propria inefficacia pedagogica e inefficienza burocratica, soccombendo di fronte al problema della scuola di massa, la cui mancata soluzione l'ha trasformato in una fabbrica d'ignoranti conformisti.
3. di fatto oggi tale sistema è un ostacolo alla realizzazione morale, cognitiva, culturale e perfino professionale dei giovani, per cui dovrebbe essere radicalmente trasformato
4.che tuttavia tale volontà di radicale riforma non c'è e non vuol esserci, perché il sistema fa comodo a tutti: alla classe dirigente perché è un potente strumento di controllo sociale, al personale scolastico perché offre un lavoro - sia pure miserabile o precario - a (in Italia) oltre un milione di persone; alle famiglie perché è soprattutto un parcheggio per i figli dei genitori impegnati nel lavoro; alla stragrande maggioranza degli studenti perché apprezzano, stupidamente, l'inconsistente facilità del percorso formativo.
5. dunque i governi continuano a sostenere (male, senza una visione politica e pedagogica) un sistema inefficiente e ingiusto, destinato comunque al fallimento, con minimi interventi che sono sovente un rimedio peggiore del male, senza riuscire a risolvere i mille problemi che angustiano la scuola.
6. comunque, anche senza abolire la scuola o trasformarla radicalmente, potrebbero esserci interventi positivi, ad esempio l'uso intelligente della formazione on line (non la stupida DAD realizzata in questo periodo), l'abolizione delle discipline, ecc.; ma soprattutto: l'abolizione del valore legale del titolo di studio.
#5
Perdonatemi, ma non voglio resistere al desiderio dell'autocitazione.
Io sono stato sino al 1° settembre 2020 (quando sono andato in pensione) un docente di Lingua e letteratura italiana e Storia nella scuola superiore; ho iniziato ad insegnare, ovviamente da giovane precario, nel 1979 (intermezzo comico: nel 1985 vinsi il concorso,  reintrodotto, dopo anni di immissione in ruolo ope legis, da una legge che fu dichiarata dal governo di allora in grado finalmente di eliminare il precariato, ora siamo nel 2021 e la scuola italiana è il regno del precariato...).
Ho dunque assistito al naufragio della scuola statale italiana ( ma il problema è lo stesso in quasi tutti i sistemi formativi statali degli stati industrializzati),  perennemente sconfitto nai miei tentativi di innovare la didattica (ma anche non fossi stato sconfitto non sarebbe cambiato nulla, perché non sono certo le iniziative di qualche docente che possono cambiare lo stato di degrado attuale). Ovviamente qui sono costretto a semplificare, perché l'analisi della crisi del sistema scolastico statale universale è molto complessa, ma il fatto è che sono giunto alla conclusione che la cosa migliore da fare sarebbe smantellarlo, attuare quella descolarizzazione che fu proposta da Ivan Illich negli anni '70. Non accadrà, per diversi motivi, il principale dei quali è che la scuola è un formidabile strumento di controllo sociale, una fabbrica di ignoranti neocinici (o dovrei dire - evitando di usare questa categoria elaborata da Sloterdijk in "Critica della ragion cinica" - utili idioti?) impazienti di diventare "capitale umano". Ed ecco quindi l'autocitazione:  alle soglie della pensione, ormai incattivito dalla mia esperienza professionale e pietosamente contemplante i volti rassegnati e infelici dei miei alunni, scrissi la mia personale resa dei conti con la scuola, convinto che dovesse essere abolita; dunque nel 2019 fu pubblicato da Armando Edizioni il mio libro "Il professore riluttante", che è da un lato la storia del mio rapporto con la scuola (con qualche episodio esemplare, ma anche divertente) nella prospettiva sconfortante: "volevo cambiare la scuola, la scuola ha cambiato me (in peggio), dall'altro lato una riflessione politica, pedagogica e didattica (e riporto anche un'intervista ad un ragazzo che la scuola non la frequente, pratica la cosiddetta homeschooling, ed è felicissimo di non frequentarla: il miglior esempio che un'altra scuola è possibile)


Ps. se a qualcuno interessasse leggerlo lo trova in libreria, il prezzo è abbastanza contenuto, 3 o 4 biblioteche pubbliche - Torino ad esempio - ce l'hanno, comunque credo che ormai si possa scaricare dalla rete.
[size=78%] [/size]
#6
Tematiche Filosofiche / Filosofi nel 2021
14 Giugno 2021, 19:12:28 PM
riporto qui un appunto del mio zibaldone:
"Dopo aver scritto "Il professore riluttante" ora dovrei scrivere "Il filosofo riluttante".[/size]Ad esempio: ho iniziato a leggere "Storia del nulla" di Torno e dopo qualche pagina irritato ho smesso: quante inutili chiacchiere! La storia del nulla, il nulla della storia, il nulla e il nichilismo, il rimosso dell'essere, ecc. ecc. Non sopporto questo arzigogolino lessicale e argomentativo, la pedanteria del commento, la esibita sottigliezza ermeneutica che infine - mi pare - si perde nella banalità. Io ho cartesianamente bisogno di idee chiare e distinte.[/size]Perciò continuo ad essere contemporaneamente attratto e respinto dalla filosofia. Ma il problema è la filosofia o piuttosto i filosofi che fanno "quella" filosofia trasformata è deformata in chiacchiera?Vediamo un po': chi è il filosofo ?Un docente di filosofia è un filosofo? No, è uno che racconta il pensiero dei filosofi, sfoglia l'album di famiglia, fa storia della filosofia. Uno che scrive libri di filosofia è un filosofo? No, Socrate non ha scritto libri ma pare che fosse un filosofo, anzi: il protofilosofo, mentre De Crescenzo ha scritto libri di filosofia ma non è un filosofo, piuttosto un suo mediocre divulgatore. Ovviamente il libro serve al filosofo per esporre il proprio pensiero, ma è ovvio che è appunto il pensiero che deve esserci; talvolta stento a trovarcelo...Filosofo può essere allora chi pensa problemi, non chi commenta o divulga i pensieri problematici degli altri. Ergo: magari il filosofo sedicente è' il membro di una corporazione o di una comunità professionale, ma il vero filosofo è colui che pensa, che conosce il gusto (malinconico) della riflessione, che immagina mondi possibili, che pensa e conosce l'arte di tacere, per dire l'essenziale. Il resto è retorica."
A proposito - e perdonatemi se mi faccio un poco di pubblicità - il libro l'ho scritto e tra un po' sarà pubblicato, col titolo "il filosofo impertinente". Mentre "Il professore riluttante", del 2019, è stata la mia resa dei conti con la scuola, questo è la mia resa dei conti con la filosofia, che ormai guardo con occhio stanco e strabico, sono stufo di tante chiacchiere autoreferenziali, di problemi arzigogolati, di estenuanti discussioni per decidere - tanto per fare un esempio che appassiona l'ontologia - se la nave di Teseo è la nave di Teseo.


p.s certo che è difficile seguire queste vostre conversazioni, sono un continuo zigzagare tra gli argomenti...
#7
Tematiche Filosofiche / La comprensione delle cose.
08 Giugno 2021, 18:12:34 PM
Bè, a me pare che siamo abbastanza d'accordo (forse a te non sembra perché mi sono espresso in modo molto sintetico).
Aggiungo solo alcune considerazioni marginali: 1. comunque sia, esiste nel mondo uno stato della realtà, il cui livello minimo è rappresentato dall'indeterminatezza quantistica, che si esprime a diversi livelli, di cui noi ne sperimentiamo solo una parte (ad esempio non ci sperimentiamo come un'ammasso di atomi spersi nel vuoto, ma come oggetti corporei dotati di una certa consistenza e persistenza), 2. quindi il nostro mondo è determinato in un certo modo, a certi livelli di realtà (mi verrebbero  da usare i concetti del Cusano, ma eliminando Dio: X - la realtà, qualunque sia - è complicazione, il mondo è esplicazione; o, per rifarmi ad un filosofo a me caro, Giorgio Colli: il mondo è "espressione") e questo è l'importante, nel senso che noi il mondo non possiamo che esperirlo così; 3. lo possiamo esperire solo così perché - io credo, anche se in proposito ho molte imbarazzanti riserve intellettuali -  la nostra evoluzione biologica ci ha fornito di un determinato apparato percettivo-cognitivo (Lorenz dice "apparato-mondo")
#8

NOI OSPITIAMO I BISOGNOSI, MENTRE I BISOGNOSI OSPITERANNO ALLEGRAMENTE IL VIRUS.
Potrei dilungarmi nella descrizione dell'effetto "incorniciamento" studiato dalla psicologia, ma mi parrebbe eccessivo. Però il fatto è che in quel che ha scritto Viator mi disturba quell'avverbio: "allegramente". Il problema delle migrazioni è arduo e drammatico, certamente avrà conseguenze perniciose, impegna le nostre coscienze e i nostri comportamenti in modo complesso e doloroso, suscita risentimenti e divide gli animi; proprio per questa complessità dovremmo affrontarlo razionalmente, senza ricorrere ad espedienti retorici, che poi innescano giudizi e pregiudizi. Perché se, ad esempio,  si definiscono la navi delle ONG  "mezzo di soccorso per i naufraghi" o "taxi del mare", come fece l'ineffabile Di Maio, si suscitano conseguentemente opinioni diverse e contrastanti (mi permetto di aggiungere un fatto personale: ho svolto il servizio militare su una motovedetta della Guardia Costiera, ho messo a repentaglio la mia vita per salvare persone in mare, come fanno tutti i navigatori, e non mi sono mai chiesto chi stessi salvando) Ora, nel descrivere una situazione  Viator dice che ospitiamo migranti: vero; i migranti ospiteranno il virus: vero; ma perché dovrebbero, a giudizio di Viator, ospitarlo "allegramente"?
Se Viator vuole scherzare lo scherzo non mi piace, altrimenti bara nell'argomentazione o è vittima di un pregiudizio.
Una delle rare volte in cui mi sono adontato in aula fu due anni fa quando, ascoltando troppe volte nelle conversazioni con i miei alunni lo slogan "prima gli Italiani" sbottai: "Nella mia gerarchia morale prima viene chi soffre, poi chi ha bisogno, poi gli altri, qualunque sia la loro provenienza". E intendiamoci, non sono un "buonista" (una delle tante parole vuote che oggi dilagano come il virus), sono preoccupatissimo per il fenomeno della migrazione clandestina, temo che avrà conseguenze nefaste, nei confronti delle quali potremo solo adottare la strategia della riduzione del danno: però non dimentico mai che ho a che fare con esseri umani, come me.


#9
Tematiche Filosofiche / La comprensione delle cose.
07 Giugno 2021, 16:08:05 PM
Se non ho compreso male per Iano la conoscenza del mondo dovrebbe essere un percorso a ritroso, in cui accade una liberazione dalle sovrastrutture culturali, intellettuali e cognitive. Punto d'arrivo, forse: l'esperienza antepredicativa, il "toccare" sensualmente le cose, la consapevolezza del qui, ora, questo.
Io la penso così, sono un realista: il mondo esiste, le cose esistono, a prescindere dalla mia esistenza. Per mia comodità intellettuale perciò distinguo tra "cosa" (ma su cosa sia una cosa ci sarebbe da discutere a lungo) e "oggetto", la cosa come la percepisco, esperisco io. Non è certamente una distinzione originale: sa molto di Kant e del Marx delle "Tesi su Feurbach".
Quale effetto avrebbe sulla mia psiche questo "contatto" primitivo ed ingenuo - posto che sia realizzabile - non saprei immaginarlo; forse sarebbe l'incubo di una dissoluzione precategoriale del mondo, come quello descritto da Sartre in "La nausea". O un'estasi mistica. Mah...
#10
Tematiche Filosofiche / Filosofia dell'anarchismo
17 Maggio 2021, 16:11:25 PM
Io sono sostanzialmente d'accordo con Viator: l'essere umano è opportunista, ogni altra predicazione è un costrutto ideologico, buono, cattivo, ecc.; direi anzi che è opportunista come tutti gli esseri viventi. Però non non assegno un'accezione negativa a tale opportunismo; semplicemente è il modo in cui gli esseri umani si relazionano con la realtà e con i propri simili. Che cosa è opportuno, dunque, per un essere umano che vive con altri esseri umani? Risposta opportunistica egoista: ciò che è meglio per lui; risposta opportunistica altruista: ciò che è meglio per loro, il gruppo.
Da un punto di vista storico pare che nella preistoria prevalesse la risposta altruista, anche perché non bisogna dimenticarne la base biologica: la socialità produce individui addomesticati, non aggressivi all'interno del branco. Poi, una volta innescata la trappola dell'agricoltura le cose hanno cominciato a cambiare. Ma lasciamo perdere, provvisoriamente, la storia (anche se questa conversazione dalla storia non può proprio prescindere); la domanda essenziale infine è: è meglio competere o è meglio cooperare? La risposta anarchica è: meglio cooperare. Non dimenticate che Kropotkin è autore del testo Il mutuo appoggio, che appunto tratta di un comportamento biologico che a parer suo è proprio anche dell'essere umano.
E' sbagliato ritenere l'anarchia una ideologia individualistica. E' invece una teoria dell'auto-organizzazione di individui sociali cooperanti. Personalmente non credo che sia utopico immaginarla; il problema è che - a mio parere - può realizzarsi solo in piccole comunità, non certo in società formate da milioni o miliardi di persone, dove c'è da gestire enormi infrastrutture. Quindi è possibile immaginare qualche forma parziale e locale di comportamento anarchico, penso ad esempio al bilancio partecipativo, ad assemblee con sorteggio, ecc. ciò che si chiamava, in altri tempi, democrazia di base...
Comunque, per tornare alla prospettiva di Viator, è ovvio che - almeno in teoria - entro un gruppo cooperativo le differenze che pur ci sono (di intelligenza, di abilità, ecc - la natura non è democratica) sono una risorsa, non un limite o addirittura una minaccia antidemocratica.
#11
Tematiche Culturali e Sociali / Le identità
02 Maggio 2021, 17:15:14 PM
Siccome in questi giorni si chiacchiera molto di un decreto Zan, essendo ignorante l'ho letto; mi ha colpito la questione dell'identità di genere, che mi pare un po' controversa e ha risvegliato in me l'irritazione che provai quando qualcuno propose, per non conculcare il diritto di genitori omosessuali, di sostituire nei documenti "padre" e "madre" con "genitore 1" e genitore 2". Io esigo di essere chiamato "padre" e non genitore 1 o 2, perché le parole sono importanti (infatti mio figlio normalmente mi chiama - siamo toscani - "babbo", ma quando vuol prendermi per i fondelli intona un serioso "Padre...". Riflettendo un po' su quel decreto  ho trovato  anche lì qualcosa di inquietante. Spiego, pur ammettendo che in proposito ho idee confuse, infatti vorrei conoscere altre opinioni: maschio e femmina sono determinazioni biologiche, tuttavia riconosco che ci sono casi in cui tale determinazione è biologicamente e psichicamente complessa, e non ho nessuna intenzione di impedire una vita piena - ovvero garantita da diritti e protetta da discriminazioni -  a questi casi, cioè esseri umani; quel che mi sconcerta è la soggettività dell'identità di genere, ovvero il fatto che l'identità è tale perché dichiarata.
Sarò sincero: sono d'accordo con Baugman quando sostiene che l'attuale inflazione di diritti è un modo perché ognuno possa fare quello che gli pare in una società liquida; ma questo non mi solleva dal riflettere sulla validità della rivendicazione del diritto e sulla legittimazione legislativa del diritto.
Come ho già scritto sono incerto, quindi provo a spiegarmi con un esempio, sperando che sia appropriato: poniamo che un individuo con caratteristiche biologiche maschili e abiti femminili debba essere perquisito dalla polizia; egli afferma di essere una donna e pretende di essere perquisito/a da una poliziotta e non da un poliziotto, tuttavia la poliziotta si rifiuta di perquisire un uomo, benché quell'uomo dichiari di non esserlo, perché per lei, oggettivamente, non è una donna. Che succede?
#12
Quando ancora insegnavo (ora sono in pensione...) ogni volta che durante la lezione di Storia dovevo pronunciare la parola "popolo" avevo un momento di perplessità, avvertivo una interiore resistenza, tant'è che sovente mi mettevo a far digressioni, manifestando la mia avversione per quella parola, per quel concetto, talvolta provando a farne una sintetica genealogia. Il  fatto è che il popolo non esiste finché qualcuno non prova, per un motivo o per un altro, a farlo esistere (avete presente? "Abbiamo fatto l'Italia, ora bisogna fare gli Italiani! - D'Azeglio). E' un concetto talmente vago ed equivoco che lo si può stirare in qua e in là, specialmente di questi tempi: il popolo italiano, il popolo romano...ho letto addirittura: il popolo del PD, il popolo della Lega; nella mia città, dove c'è una diatriba tra chi vuole costruire un moderno porto turistico e chi no, è nato anche un "popolo delle barchette", ovviamente composto da "popolani" che si oppongono ai ricchi diportisti con lo yacht.
"Popolo" è una massa di persone la quale, benché attraversata da diversità sociali e conflitti, ritiene di avere o a cui si fa credere di avere una identità collettiva, formata da elementi storici, linguistici, religiosi, ecc.; ovviamente cambia nel tempo, proprio perché questi elementi, quand'anche non fossero inventati, sono cangianti; inoltre il modo migliore per far credere alla massa d'essere un popolo è avere un nemico, in modo da poter essere "noi" contro  "loro".  C'è un bel libro di Eric Hobsbawm, L'invenzione della tradizione, che tratta proprio di come si può inventare una identità collettiva, un popolo; nel libro c'è anche la spiegazione esilarante del kilt scozzese, che è appunto ritenuto un elemento identitario e che invece è stata una invenzione inglese, che nel 1844 fu rifilato come divisa al reggimento scozzese.
Io preferisco il termine "popolazione", che è abbastanza neutro: un insieme di persone che in un tempo dato vivono entro i confini di un'entità territoriale. Quanto meno è inclusivo. Una volta a mo' di esempio, discutendo del razzismo strisciante che appunto strisciava in una mia classe, domandai: - Si può dire che Arber (un mio alunno giunto in Italia sul gommone dall'Albania all'età di 4 anni, al momento ne aveva 18) fa parte del popolo italiano? Risposta maggioritaria: No. - Si può dire che Arber fa parte della popolazione italiana? Risposta unanime: Sì.
Talvolta uso anche il termine "moltitudine", però questo è un termine denso, filosoficamente pregnante, che rimanda a Spinoza, ecc. da usare con le molle; forse conviene lasciarlo a Toni Negri (anche se  l'ha usato frequentemente Manzoni in I promessi sposi, al posto di "canaglia" e "marmaglia").
#13
Tematiche Filosofiche / Credete nel libero arbitrio?
02 Aprile 2021, 17:37:45 PM
Quando mi rappresento la mia (nostra)  esistenza m'immagino il mare mosso dall'impetuoso Maestrale, che perciò - come dice Carducci - urla e biancheggia, cosicché si va formando una schiuma che il vento scompone e vaporizza; ecco: io sono (noi siamo) una bollicina che si libra nell'aria per un attimo ebbra della propria vita, per poi ricadere nel mare e  in esso sciogliersi. In quell'attimo (l'attimo del principio individuationis) sono convinto di sussistere e mi guardo d'intorno per contemplare il mondo, così meraviglioso che io meravigliato credo sia lì per me.
In questo stupefacente ed incredibile evento non c'è posto per il libero arbitrio, illusione della bollicina sballottata in qua e in là dal vento. Però se potessi osservarla al microscopio, credo che  qualche movimento, qualche minima convulsione, qualche imprevedibile azione là dentro accada. Perciò credo che si possa parlare di un libero arbitrio locale,
qualcosa che nel limitato angusto spaziotempo della mia esistenza io possa scegliere, una piega nell'universale determinismo. Però - come si dice - da cosa nasce cosa...
Ora, io credo che questa stranezza di un infinitesimo libero arbitrio locale (insomma: c'è poco da essere presuntuosi, alla Pico della Mirandola) tutto concentrato tra la nascita e la morte sia il risultato di una evoluzione biologica che ha provocato la proprietà emergente (qualunque cosa ciò voglia dire) dell'autocoscienza. Il problema è che, pur ritenendo la teoria dell'evoluzione la migliore attuale spiegazione della vita, non mi convince tanto (da scettico sospendo quindi il giudizio).
Conclusione: la mia è appunto una credenza, non ho valide argomentazioni per sostenerla. Accontentatevi.
#14
Tematiche Filosofiche / Il sistema umano
27 Marzo 2021, 17:37:35 PM
Sono d'accordo con la replica della replica di Paul11, che giustamente m'avverte: sarebbe necessaria una filologia della filosofia prima di pensare e dialogare, cioè la condivisione di un lessico filosofico, ma per studio e per esperienza personale so che o si finisce per azzuffarci sulle parole o si rinuncia (ricordo una conversazione con un docente di religione - o meglio: docente di Insegnamento della Religione Cattolica; la precisazione è polemica - che interrompemmo di comune accordo perché eravamo invece in disaccordo sul concetto di "volontà", necessario per proseguirla). Purtroppo - suppongo - è proprio della filosofia di essere soprattutto l'espressione di una baruffa tra glossatori.
Comunque io volo sempre a bassa quota, sinché è possibile; perciò mi accontento della distinzione fatta da Ryle: delle due una: o "C'è dell'Altro" o "Nient'Altro c'è"; per me vale la seconda.
Sono d'accordo anche sul fatto che l'ottimismo e il pessimismo antropologici non sono categorie filosofiche, tuttavia sono usate dai filosofi (alcuni) per indicare diversi modi di intendere il comportamento umano; ad esempio al pessimismo antropologico vengono riferiti Machiavelli ed Hobbes, poiché vedono nell'essere umano egoismo e crudeltà. Mi pareva che all'origine di questa conversazione di ciò appunto si trattasse: di comportamenti umani. Di questioni etiche, insomma, non metafisiche; e perciò mi scusavo di deviare il discorso
#15
Tematiche Filosofiche / Il sistema umano
26 Marzo 2021, 19:40:37 PM
stavo leggendo i vostri post cercando di capirci qualcosa orientandomi nelle vostre osservazioni quando mi sono imbattuto nell'ultimo di Paul11, che mi ha talmente provocato che non posso rinunciare a replicare, pur essendo consapevole di essere fuorviante rispetto alla conversazione (che tuttavia mi pare una interessante replica dell'antinomia tra pessimismo e ottimismo antropologici). Il fatto è che la definizione di metafisica che propone mi pare notevolmente riduttiva ma soprattutto la giudico un tentativo di salvarla dal suo declino filosofico; perché la metafisica non è soltanto un "pensare e dire", l'espressione ontica in forma di giudizio, il fondamento della metafisica è e rimane la trascendenza, la volontà di ricercare dietro e oltre l'esistente l'Essere (rigorosamente con l'iniziale maiuscola). ovvero, per me, un fantasma che inquina il pensiero.
Lo ammetto: fondamentalmente sono un positivista...