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Messaggi - Franco

#1
Nella possibilità che l'ultimo intervento di Pensarbene si riferisca al sottoscritto, non posso non sottolineare come il suo contenuto sia tutt'altro che una replica <argomentata>. Anche reazioni di tal fatta sono un segno dei tempi.
L'interrogativo rivolto alla chat AI di google rimane assurdo (auto -contraddittorio).
#2
Il post riflette adeguatamente lo Zeitgeist, dacché l'interrogativo rivolto alla cosiddetta chat AI di google è "semplicemente" assurdo, cioè auto - contraddittorio. Uno Zeitgeist pienamente con - fermato dalla chat di Google, la quale, non identificando il carattere auto - contraddittorio dell'interrogativo, finisce per raddoppiarlo e, per ciò stesso, per confermarlo.
#3
Tematiche Filosofiche / Re:Transumanesimo e Sini
15 Dicembre 2019, 21:15:47 PM
Citazione di: green demetr il 10 Dicembre 2019, 12:13:02 PM
green:

Qua non si tratta di pensare ad Heidegger come pensatore ateo, è evidente che sia un pensatore teologico, ma rimane la necessita di rimanere dal punto di vista dello studio nella prospettiva atea.

Franco ( =F):

Provo a comprenderti e lo faccio perché sembra che tu intenda proseguire il dialogo.

Eppure il pensiero di Heidegger è proprio uno di quelli maggiormente piegati alle istanze dell'ateismo e dell'esistenzialismo. E c'è da chiedersi perché. Come è possibile - tra l'altro - che le figure dell'esser - per - la morte ( Sein zum Tode) e dell'esser - per - la fine ( Sein zu Ende) siano stati e siano ancora usati come stendardi della posizione ateista? Trattasi di un interrogativo fondamentale, tanto più fondamentale quanto più si osservi che la prodigiosa e fondata lettura di Emanuele Severino quale si configura in Heidegger e la metafisica (1950) fa leva sul magistero di un grande neo - scolastico come Gustavo Bontadini, ovvero sulla prospettiva teoretica entro la quale l'opera di Heidegger non può non configurarsi come uno degli ultimi tratti della parabola gnoseologistica del pensiero moderno. Una parabola costituentesi sul fondamento della necessario superamento storico - speculativo del presupposto realistico ( = necessaria affermazione dell'idealismo speculativo come condizione della mediazione metempirica e dunque come fondamento di legittimità del sapere metafisico). In soldoni, per Severino - per il Severino del 1950 - Heidegger si presenta come un pensatore capace di contribuire al progetto di rifondazione della scienza metafisica sul fondamento di una rifondazione della sua direzione ontologica. Perché impegnarsi per tutta una vita - è il caso di Heidegger - nella rifondazione dell'indagine ontologica se non allo scopo del recupero delle condizioni originarie della conoscenza a partire dalle quali riproporre la questione del Sacro e di Dio?

In cosa consisterebbe pertanto l'evidenza del teismo di Heidegger?

green:

Dunque se da una parte apprezzo il tuo pensiero che sta sul pezzo, dall'altra non riesco ancora a capire come possa la dimensione religiosa fare presa all'interno del pensiero filosofante Heideggeriano.

F:

Lo si comprende magari riflettendo proprio sulle figure da me richiamate. Figure che stanno al centro della problematica fondamentale di Essere e tempo così come dell'intera opera del filosofo della Foresta Nera. Mi chiedo se nel tuo interrogare non si annidi il presupposto moderno - tutto moderno - del carattere illusorio dell'esperienza religiosa come tale. In uno scambio con Ipazia ho iniziato a mostrare come quello del carattere illusorio dell'esperienza religiosa sia un pregiudizio tipicamente moderno, il quale è tale in quanto non vede che quel carattere non può essere pensato come identico a quell'esperienza in quanto tale.

green:

Per me l'essere per la morte è il destino dell'uomo chiamato dal Dio.

F:

Vorrei capire meglio. In altri termini vorrei comprendere se questa sia la tua interpretazione dell'essere - per - la morte quale si configura nella riflessione di Heidegger, oppure se l'esperienza dell'attesa della morte sia per te il destino dell'uomo chiamato da "Dio" a prescindere dal dettato heideggeriano.

green:

Ma vedo che sia sull'esserci che sull'essere per la morte non mi dai giudizi tuoi, e  postponi ancora una volta il tuo giudizio nel merito di Heidegger.

F:

Eppure sto formulando giudizi miei già da qualche post. Vuoi forse alludere alla possibilità che quanto vado dicendo non sia farina del mio sacco? Ti invito a spiegarmi ciò che intendi.

green:

Il fatto di non aver affrontato Heideger in maniera complessiva, non minimizza affatto il peso che le sue intuziizone hanno avutoe  hanno sul mio pensare alla vita.
Non mi piego di fronte ai filosofi, li uso per capire la mia di vita. Non la loro, quello è missione (impossibile) degli studiosi esperti.

F:

Capisco.
#4
Tematiche Filosofiche / Re:Transumanesimo e Sini
28 Novembre 2019, 15:12:04 PM
greendemetr,

a) Mi domando: come fai a pensare che la Brencio sia una delle poche a capire qualcosa di Heidegger a fronte della tua ammissione di non aver affrontato l'opera di Heidegger?

Brencio:

"In un curriculum vitae da Heideger stesso scritto nel 1922 e spedito al Prof. Georg Misch egli scrive: «A quel tempo il mio rapporto con la ricerca fenomenologica era ancora incerto. Nei principi che ispiravano il mio orientamento scientifico ritenevo ancora conciliabile la ricerca scientifica con un cattolicesimo liberamente inteso, nel senso di un interesse puramente storico per la storia spirituale del Medioevo. Sottovalutavo ancora la portata che il necessario approfondimento delle domande prime deve necessariamente avere in vista di una storia dei problemi filosofici [...]. Sin dall'inizio della mia attività accademica mi fu chiaro che un'indagine autenticamente scientifica, libera da ogni riserva e da qualsiasi vincolo occulto non è possibile continuando a essere realmente fedeli al punto di vista della fede cattolica. Per me stesso, nella mia ininterrotta occupazione con il Cristianesimo delle origini, nel senso della moderna scuola di storia della religione, questo stesso era diventato insostenibile. Le mie lezioni furono proibite agli studenti di teologia»."

Franco ( =F):

Al contenuto di questa citazione si può affiancare /opporre quanto lo stesso Heidegger afferma in una lettera di straordinaria importanza a Karl Löwith risalente al 1921.

"E' un errore fondamentale che lei e Becker mi misuriate (in modo ipotetico o meno) sul metro di Nietzsche, Kierkegaard ... e di qualsiasi altro filosofo creativo. Ciò non è vietato - ma bisogna allora dire che io non sono affatto un filosofo e non presumo neppure di fare qualcosa che a ciò sia anche solo lontanamente paragonabile. Io sono un teologo cristiano".

F:

Il testo è tratto dalle Lettere citate da H. G. Gadamer nel saggio Die religiose Dimensionen in Hedegger, in A.a. V.v., L'héritage de Kant, Paris 1981.
Siamo alle prese con la solita ( = essenziale) ambiguità heideggeriana, sorgente tacita ed esplicite di tutte le sue fortune e sfortune.

Brencio:

"Dopo la fine dei sistemi forti, cioè di quelle speculazioni in grado di spiegare, giustificare e fondare la realtà more geometrico, la "morte di Dio" occupa un posto privilegiato nella speculazione novecentesca: teorizzazione hegeliana, aforisma nietzscheano, visione del mondo, impasse metafisica contro cui il filosofare stesso si è imbattuto e ha dovuto rimettersi in discussione per cercare di rispondere all'interrogativo che nasceva dal vuoto occupato dal fondamento, come origine del tutto, da ogni fondamento, sia esso religioso, trascendente o metafisico. Proprio il vuoto rivelato da questa scoperta, definita da Nietzsche come il "più grande evento recente", mostra la caduta di quella volta del paradiso, cioè di quel cielo che copriva un mondo ordinato secondo categorie predeterminate metafisicamente dove l'uomo per secoli aveva abitato, almeno intellettualmente; con la "morte di Dio" «il "soprasensibile", l'"aldilà" e il "cielo" sono stati annientati, rimane soltanto la terra». [9] Heidegger sembra essere uno degli ultimi filosofi a far cadere l'ultimo frammento di questa volta celeste. E in tal senso l'esito della sua riflessione ontologica rischia di apparire come un messaggio "di povertà", con uno scarto esistenziale prima e teoretico dopo, che rimaneva ignoto alla sua interpretazione della poesia. Se, infatti, in questa sua interpretazione egli riservava alla poesia il compito di custodire e cantare il ritorno della pienezza, proprio questo era il compito ultimo che la poesia doveva assolvere; contrariamente, alla filosofia appare difficile attendere questa pienezza e patirne l'assenza. «La filosofia è giunta alla fine [...]. Nella fine della filosofia si compie quella direttiva che, sin dal suo inizio, il pensiero filosofico segue lungo il cammino della propria storia. Alla fine della filosofia il problema dell'ultima possibilità del suo pensiero diviene affare serio» ".


F:

tra l'altro:

a) può un sistema non essere forte? Mi domando cosa possa essere un sistema debole.

b) chi ha deciso la fine dei "sistemi forti"? Forse la signora Brencio?  

c) fine dei sistemi capaci di spiegare la realtà? Vale a dire? Mi domando cosa possa essere un sistema forte non avente come obiettivo la spiegazione della realtà. Se la realtà è se stessa, allora una sua spiegazione in senso forte è inevitabile.

d) l'autrice sembra fare il verso a Nietzsche .richiamando la celebra sentenza della "morte di Dio". Maldestramente peraltro è in modo da favorire la costruzione infondata del piano a partire dal quale leggere Heidegger. Quale piano? Quello per il quale il metafisico è il trascendente non - materiale. Vizio già kantiano viene ripreso, variamente enunciato, ma non discusso da Heidegger.  

Ripetere le considerazioni di Heidegger sulla "fine della filosofia" non significa comprenderle. E questo perché manca la determinazione della problematica fondamentale del senso heideggeriano della questione dell'essere ( Seinsfrage). La quale non solo consente di far luce sulla questione del senso heideggeriano della "fine fella filosofia", ma anche sul modo in cui Heidegger va incontro a Nietzsche e alla sua celeberrima sentenza. Ma per comprendere la Seinsfrage è necessario ripercorrere i primi grandi e in un certo insuperabili  passi speculativi mossi con la preparazione e la stesura di Essere e tempo.

Che cosa viene inteso da Heidegger con la questione dell'essere? E che cosa con la Destruktion der Geschichte der abendlandischen Ontologie als Rückgang in den Grund der Metaphysik ( distruzione della storia dell'ontologia come ritorno al fondamento della metafisica)? E che cosa con la trascendenza quale costituzione ontologica dell'Esserci (Transzendenz als Grundverfassung des Daseins)? In che senso, da ultimo, l'ontologia fondamentale quale si presenta nel '27 costituisce una enucleazione progressiva della trascendenza quale costituzione ontologica fondamentale dell'Esserci?  Solo definendo tali interrogativi diviene possibile dirimere in qualche modo tutte le essenziali ambiguità speculative di Heidegger.

A tal proposito penso possa essere di stimolo alla  discussione far riferimento a quanto afferma uno dei più grandi tomisti del '900, Cornelio Fabro:

"L'accusa di ateismo e la radicalità dell'essere. Anche se rari, tuttavia non sono mancati consensi al pensiero di Heidegger fin dal suo primo apparire da parte di teologi sia protestanti che cattolici. Tuttavia sono stati assai più numerosi e risoluti i dissensi, i quali si sono polarizzati su due capi di accusa principali: il nichilismo e l'ateismo come conseguenza. l'accusa di 'nichilismo' aveva trovato il suo pretesto non soltanto nella tesi di Was ist Metaphysik? che metteva il nulla accanto, anzi a fondamento dell'essere, ma dall'intero orientamento che il Dasein aveva in Sein und Zeit come Sein zu Ende che si risolveva come Sein zum Tode. L'accusa di 'ateismo' era venuta di conseguenza e Sartre presentò il proprio esistenzialismo come il compimento della ontologia fenomenologica di Sein und Zeit".  Cfr. C. Fabro, Dall'essere all'esistente. Hegel, Kierkegaard, Heidegger e Jaspers, (1957), Marietti Genova-Milano, 2004, pp. 383-384.

Il saggio di Fabro prosegue - in modo assai pertinente - con il richiamo di uno dei contenuti fondamentali del Brief über den Humanismus (1946), ovvero quello nel quale Heidegger configura le tappe della possibilità dell'apertura a Dio. Operazione quella di Fabro che, ancorché fondamentale in ordine a qualcosa come l'indicazione della sussistenza di una questione, non è dirimente. E questo perché anche nella disamina di Fabro è assente una rigorosa delucidazione del senso delle figure speculative fondamentali di Sein und Zeit. Anche Fabro, in altri termini, si limita ad un'ununciazione più o meno parafrasata di quelle strutture speculative che come Sein zu Ende e del Sein zum Tode stanno al centro del capolavoro del 1927.

Cosa significa che il Da-sein è orientato come Sein zu Ende e come Sein zum Tode? Fraintendere la risposta significa precludersi ogni possibilità di comprensione della problematica fondamentale di Heidegger e dunque anche di quella dell'apertura di Heidegger a Dio come summum ens della tradizione giudaico - cristiana.
#5
Tematiche Filosofiche / Re:La morte
21 Novembre 2019, 16:29:19 PM
Citazione
CitazioneFranco (=F):

Non è forse la reciprocità di tale esperienza una traccia se non una prova della nostra eternità? 


Jacopus:

Direi di no. La capacità di "metterci nei panni degli altri", cohmpresi quelli funebri, fa parte della nostra architettura cerebrale, neuroni specchio, circuito dell'empatia, autoriflessivita'. Un cervello pertanto alquanto complesso, ma che non è collegabile al momento, ad una situazione di immortalità, se non nei termini della poesia o della religione.

F:

Il mio discorso è ben più complesso e non è stato avvistato da Jacopus. Che questo sia vero è indicato almeno dalla circostanza nella quale jacopus ritiene di avanzare un rilievo critico facendo subito e dunque essenzialmente uso del linguaggio metaforico. Il quale a ben considerare è proprio quello del quale si sostanzia quella dimensione poetica e religiosa pur da lui medesimo considerate come le "sole collegabili ad una situazione di immortalità". 

Ciò che ho inteso iniziare a discutere non è affatto qualcosa come la "capacità di mettersi nei panni altrui" nel senso della capacità di immedesimarsi nell'aspettativa della morte, - il che è l'unica interpretazione possibile della metafora, salvo pensare di potersi immedesimare in un nulla di coscienza come nulla del dopo morte -  bensì la certezza della coscienza della reciprocità della esperienza della morte e del defunto. Che una serie di cuori smetta di battere non equivale al rilevamento fenomenologico della morte della coscienza. Come già iniziato a dire, si fa esperienza della morte degli altri, ossia si fa esperienza ( = è un contenuto fenomenologico) del venir meno di una serie di eventi corporei, (della parola, del battito cardiaco, della funzione respiratoria...) ma non del venir meno della coscienza. 
#6
Tematiche Filosofiche / Re:Transumanesimo e Sini
20 Novembre 2019, 22:26:35 PM
Green:

Per Franco: ma certamente Heidegger vuole una ricostruzione ontologica per ritornare all'essere dell'uomo.

Franco ( = F):

Che Heidegger voglia ricostruire l'ontologia è fuori discussione. Come ho già richiamato, la rifondazione dell'ontologia occidentale è proclamata nelle prime pagine di Sein und Zeit. Che Heidegger voglia procedere ad una Destruktion der Geschichte der abenlandischen Ontologie ( distruzione della storia dell'ontologia occidentale) per ritornare all'essere dell'uomo è una tesi che andrebbe attentamente vagliata. Tanto più che gli esponenti più accreditati della critica a me nota additano proprio nell'abbandono dell'orizzonte antropologico il motivo della Kehre (svolta) nella impostazione della questione del senso dell'essere. Le questioni sono spinose anche in considerazione della situazione nella quale quegli interpreti - ad eccezione di Emanuele Severino - non sono capaci di tener in vista la problematica fondamentale della metafisica dell'Esserci quale si configura negli anni a ridosso del concepimento e della pubblicazione di Essere e tempo. Onde la questione del ritorno all'essere dell'uomo attraverso la rifondazione dell'ontologia dovrebbe essere illuminata dalla comprensione di quella metafisica ( = ontologia fondamentale come ontologia dell'esser - ci).

Green:

Ma non bisogna fraintendere il suo percorso, infatti per lui l'essere è evidentemente il non essere. Ci arriva egli stesso alla fine della sua parabila di pensiero come ben sottolineato da Volpi, quest'ultimo in chiave di serrata crtica, come se l'essere esistesse.....

F:

Che Heidegger pervenga al nulla come senso dell'essere nei termini posti dal testo appena citato, mi sollecita non poche perplessità. Giacché se il nulla di Heidegger non è e non può essere il nulla come nihil absolutum, allora la verità dell'essere come nulla è una verità che guida Heidegger già nella preparazione di Essere e tempo. Ed una preparazione che dura anni.

Green:

Sini critica di Heidegger il suo tecnicismo della parola, infatti deduce il suo sistema non da una riflessione sulla cultura, ma partendo da essa, dandola per scontata, e questo è anti-filosofico. La filosofia deve sempre questionare. Non basta dire Dio, in questo Heidegger è sempre stato molto chiaro, la sua è una filosofia atea (e che ovviamente si occupa di Dio, non che parla come Dio.)

F:

Che la filosofia di Heidegger sia atea è uno dei più clamorosi fraintendimenti filosofici del '900. Al contrario l' intera problematica ontologica di Heidegger è elaborata in vista della rifondazione degli oggetti classici della metafhysica specialis quale direzione ontica della indagine metafisica.
E la maldestra esegesi di Sini favorisce il fraintendimento.
#7
Tematiche Filosofiche / Re:La morte
20 Novembre 2019, 14:36:07 PM
Citazione
CitazioneFranco ( =F):

Per tornare alla questione della morte: altro è la convinzione che dopo la morte  sia - scrivo  sia - una condizione di beatitudine ultraterrena, altro è la convinzione che si muoia. La realtà di chi di quella beatitudine è convinto non cessa di essere perché altri ne mostrano il carattere illusorio. 



Ipazia:

Mai mi sognerei di negare la realtà di un'illusione. Mi limito a segnare il confine tra realtà e illusione, consegnando alla psicologia lo studio della realtà dell'illusione e alla biologia la realtà della realtà.

F:

Bene, ci siamo. Solo tenendo ben ferma la distinzione tra il piano della realtà della fede da quella della realtà del carattere illusorio di certi suoi contenuti, è possibile porre sul suo giusto terreno la problematica della fede religiosa quale declinazione fondamentale della necessità di pensare la morte come tra - passo da essere a essere e non da essere a nulla. Dico della necessita di pensare la morte come tra - passo , dunque della necessità di pensare la morte come ciò che non presenta i caratteri della definitivita'. 

Che la fede religiosa nell'essere dopo la morte sia ( = che essa sia una realtà) implica - tra l'altro - la posizione del problema fondamentale della semantizzazione di ciò che come nulla - dopo - la morte viene posto nella riflessione sul fenomeno della morte. Che cosa significherebbe il termine "nulla" nell'espressione "nulla - dopo - la - morte"? Perché, come fa daniele75, ci si affretta a dichiarare il nulla dopo la morte, ossia la morte come annichilimento? Non tradisce la formulazione stessa dell'affermazione dell'annullamento della morte (genitivo soggettivo) qualcosa come una concezione riduzionista della coscienza? Che cosa propriamente muore con la morte? Che il morto più non ci parli è forse la dimostrazione dell'annichilimento della sua coscienza? Rientra forse nella nostra capacità percettiva che il morto non sia più cosciente? Di più, come facciamo a pensare il dopo - morte del morto? Che cos'è il "fatto" del pensamento del dopo - morte? Prima o poi la morte ci tocca. Assistiamo alla morte di un certo numero di individui viventi, piante, animali, uomini.  Noi stessi saremo il contenuto morto dell'esperienza percettiva altrui. Non è forse la reciprocità di tale esperienza una traccia se non una prova della nostra eternità? Che cosa è infatti certo nel fenomeno della morte e del morire se non la reciprocità del pensare la morte altrui? 
#8
Tematiche Filosofiche / Re:La morte
18 Novembre 2019, 13:52:08 PM
Citazione
CitazioneFranco (=F):

Vorrei comprendere meglio la negazione. A chi si rivolge? Forse a daniele 75 secondo il rilievo mossogli da Franco? Se così non fosse, allora si riproporrebbe - anche in ordine alla comprensione della morte - la questione del senso della fede religiosa. Tirare in ballo allucinogeni, stati illusionali e simili, significa ridurre semplicisticamente le cose.


Ipazia:

I greci erano meno allucinati perchè avevano una concezione più realistica del post mortem rispetto ai cristiani: pochi assurgevano all'Olimpo, molti precipitavano nell'Ade. Indipendentemente dai meriti, ma secondo il capriccio degli dei. Che è quello che accade nella realtà dei paradisi in terra. Nessun motivo logico per non estendere l'analogia ai paradisi celesti, considerando che l'analogica antropomorfica è la base del pensiero religioso. Evidentemente a corrente alternata. 

Nei forum atei girava una simpatica analogia contro l'argomento del numero di credenti nei numi. Te la risparmio perchè non voglio affondare il coltello nella piaga. Comunque non è un argomento valido: un tempo tutti credevano che il sole girasse intorno alla terra e si sbagliavano. Coi numi ci sono ottime probabilità che sia uguale.

Citazione F:
Citazione Ipazia, non ci comprendiamo. Non si argomenta a sfavore della mia tesi richiamando una diversa - diversa nel grado dell'esperienza di allucinazione - configurazione etnica come quella antica dei greci. Una contro - argomentazione effettiva sarebbe quella capace di dimostrare il carattere  di allucino - geno e di allucinazione dell' esperienza cristiana. Cosa che il l tuo ragionamento non mostra. Altro è affermare che la fede religiosa abbia carattere di allucinazione, (= enunciazione della tesi del carattere di allucinazione) altro - ben altro - è dimostrare che l'abbia. Per dimostrarlo, dovresti - tra l'altro - e partendo dalla definizione di sostanza allucinogena, mostrare come questa inneschi - termine questo di innesco che introduco ironicamente in senso anti meccanicistico - il fenomeno della fede religiosa  declinata in senso cristiano. Ti auguro buon lavoro...


Affindare il coltello nella piaga? Mi chiedo quale piaga.

Continui a fraintendere il mio discorso. Nel senso che non riesci a tener ferma la distinzione tra la realtà della fede religiosa e la realtà del contenuto illusorio dell'oggetto di quella fede. Il che somiglia all'atteggiamento contro il quale sembri rivolgerti. Lo ripeto per l'ennesima volta: che il contenuto oggettuale della fede in parola possa essere un contenuto illusorio, non annulla quella fede, ossia il bisogno ( =la spinta, la necessità) che è quella stessa fede. Il credente in senso religioso - cristiano nulla sa di quel contenuto. Onde altro è discutere del contenuto illusorio di quella oggettualità,  altro - ben altro - è discutere della in - coscienza di quel contenuto. 

Per tornare alla questione della morte: altro è la convinzione che dopo la morte sia - scrivo sia - una condizione di beatitudine ultraterrena, altro è la convinzione che si muoia. La realtà di chi di quella beatitudine è convinto non cessa di essere perché altri ne mostrano il carattere illusorio. 


#9
Tematiche Filosofiche / Re:La morte
13 Novembre 2019, 16:36:17 PM
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2019, 16:30:47 PM
Citazione di: Franco il 11 Novembre 2019, 14:55:33 PM
Franco:

... si pensa di far fuori facilmente l'esperienza di fede nel paradiso. La quale, malgrado tutti gli illuminismi, continua a determinare la vita di un numero incalcolabile di individui.

Ipazia:

No, si sa quanto difficile sia superare l'esperienza di fede nel paradiso. Che è una fede al quadrato: perchè no una più realistica esperienza di fede nell'inferno ? Nell'Ade oscura dei nostri meno allucinati antenati greci ? Anche le illusioni hanno i loro bias. Che moltiplicati miliardi di volte non cambiano di uno iota la loro sostanza illusionale.

Franco:

Vorrei comprendere meglio la negazione. A chi si rivolge? Forse a daniele 75 secondo il rilievo mossogli da Franco? Se così non fosse, allora si riproporrebbe - anche in ordine alla comprensione della morte - la questione del senso della fede religiosa. Tirare in ballo allucinogeni, stati illusionali e simili, significa ridurre semplicisticamente le cose. 



#10
Tematiche Filosofiche / Re:La morte
13 Novembre 2019, 16:32:17 PM
Citazione di: daniele75 il 11 Novembre 2019, 15:01:11 PM
daniele75:

Ma cosa vuoi che ci sia dopo la morte se non l'assoluto silenzio senza tempo? Non ho fede, non mi è mai interessata. Il nulla è certo, inutile filosofeggiare con il destino certo. La morte è un off. Non c'è più elettricità tra i neuroni, fine, the end
Franco:

a) Anche in questo topic ho iniziato a sottolineare la differenza tra l'aver - fede e l'aver fede in senso religioso nella sua forma cristiana.  

b) I concetti di nulla, di esser - ci, di esistenza costituiscono il filosofare in senso essenziale. Il filosofeggiare è un'altra cosa.  

c) L' ultima considerazione di daniele75 tradisce il grande vizio della concezione riduzionistica della coscienza. Una concezione che l'idealismo filosofico ha superato.  
#11
Tematiche Filosofiche / Re:La morte
11 Novembre 2019, 14:55:33 PM
daniele75 ( = daniele):

Chi non ha mai pensato alla fine certa che tocca ad ogni uomo.

Franco ( F) :

a) Considerazione facilmente discutibile, giàcche non è certo che non siano esistiti e non esistano esseri umani capaci soltanto del pensiero della possibilità della morte come fine certa. Per non parlare di tutti quelli che al pensiero della fine certa non pervengono punto. Considerazione quest'ultima che intrattiene un rapporto essenziale con ciò che in un altro topic ho iniziato a tratteggiare come fede in senso cristiano.

b) Fine certa che "tocca"? Che è inteso qui con "toccare a" ?

c) concludo che daniele non ha punto notizia del pensiero di Emanuele Severino, cardine del quale è proprio la negazione della morte quale declinazione fondamentale della negazione del "giungere - alla - fine" delle cose.

daniele:

È così semplice come così terribile.

F:

Non è affatto semplice, anche in considerazione del modo in cui il f"enomeno" della morte è stato introdotto. Come se ne potrebbe parlare se si facesse a meno di termini come quello di "toccare"?

daniele:

Per millenni hanno cercato di alleviare il pensiero della morte con la logica e con la fede. È triste dirlo ma oltre c'è in nulla, uno stato di assenza di tempo e spazio, assenza t sensazioni, il defunto non sa di essere un morto.

F:

Oltre la morte c'è il nulla. Vorrei comprendere meglio.

a) cosa è esperito "di fatto" con la morte? La morte di chi e di cosa? Cosa si suppone che muoia? Oltre in che senso? E che cosa viene inteso con il termine "nulla"? E che cosa con il nulla oltre la morte? E che cosa con il nulla che c'è oltre? Domando come sia possibile pensare un nulla - essente-ci - oltre.

Correttamente, mi domando come sia possibile pensare un nulla essente oltre.

daniele:

Secondo me l'uomo ha trovato con la bugia delle religioni un effetto placebo atto ad esorcizzare la morte, con promesse di vita eterna, paradiso, reincarnazioni e resurrezioni, tutte fandonie.

F:

Il termine "uomo" è anche qui usato come un gigantesco calderone, nel quale è dato trovare tutto e nulla. Quanti sono stati e quanti sono gli individui umani capaci di pensare "la religione" come bugia ed effetto placebo?

daniele:

Tutto per non accettare il crudele destino imposto dalla natura.

F:
Crudele destino imposta dalla natura? Ha il sapore di un'antropomorfizzazione.

daniele:

Rimarrà di noi, solo le nostre opere, senza che noi potremo prendercene i meriti. C'è chi muore in giovane età, chi da vecchio su una sedia a rotelle, chi di cancro e così via. Tutti aspirano a durare più a lungo-

F:
Considerazioni di sapore schopenhaueriano. Ma detto di passaggio, Schopenhauer parla molto di vita. E lo fa in un modo per lo più trascurato dagli interpreti.

In ogni caso considerazioni assai interessanti. Tutti aspirerebbero a durare più a lungo. Quanto? Che senso ha aspirare a vivere più a lungo a fronte della certezza della morte? Morte che falcia a qualsiasi età e nelle forme più diverse. Di più, in cosa consiste quest'aspirazione? Forse a vivere più a lungo o non piuttosto alla vittoria sulla morte? Qual è il senso più intimo della civiltà della tecnica? Forse quello dell'aspirazione al superamento di ogni dolore e stato di indigenza? Se la risposta fosse affermativa, bisognerebbe chiedersi la possibilità della coesistenza dell'aspirazione al risolvimento di ogni sofferenza e di ogni stato d'indigenza e la speranza (il progetto) e la certezza della morte.

daniele:

La fede è secondo me un allucinogeno, se rimane in circolo nella mente per sempre di può esorcizzare la paura della morte, perché tanto poi c'è il paradiso. Quindi deduco che la fede è una psicosi, un vivere in una realtà parallela priva di logicità che però porta alla felicità.

F:

Anche qui  si pensa di far fuori facilmente l'esperienza di fede nel paradiso. La quale, malgrado tutti gli illuminismi, continua a determinare la vita di un numero incalcolabile di individui. Freudianamente si getta l'esperienza di fede nel calderone della malattia mentale. Ciò facendo si tradisce la convinzione che la psicologia di Sigmund Freud abbia svolto una funzione di emancipazione individuale e collettiva. Si tende - tra l'altro - a pensare la psicologia freudiana come concorso al superamento della mentalità patriarcale sul fondamento dell'interpretazione della fede religiosa quale fenomeno di psicopatologia collettiva. Ma le cose sono molto più complesse.

daniele:

L'ateo mi preoccupa, che vive nel dubbio, lui è sano, sa che esiste il nulla dopo, non so, forse sarei dovuto nascere psicotico, avrei vissuto l'eternità con il pensiero. Uno che ha fede cieca non muore, non svegliateli.

F:

Come sopra: che cosa si intende qui con "il nulla esistente dopo"? Che cosa viene inteso con un nulla esistente? Come può il nulla esistere? E addirittura esistere dopo? Come si fa a saperlo? Di fatto non si fa esperienza del "dopo". La morte è sempre quella degli altri. La constatazione fenomenologica non è la constatazione del dopo anche nel senso che la constatazione fenomenologica del "prima" nulla dice di una pluralità di coscienze. Non sarà questa una traccia per cominciare a non essere così convinti di un dopo - morte come annullamento?

L'impressione di fondo che ricavo dal post di daniele75 è qualcosa come un affrettarsi ad affermare la morte come annullamento.
#12
Tematiche Filosofiche / Re:Transumanesimo e Sini
05 Novembre 2019, 15:57:19 PM
green:

Sini ha fatto una critica serrata ad Heidegger, che sostanzialmente attacca il suo approccio metafisico.

Franco ( = F) :

Mai avuto notizia di una critica serrata a Martin Heidegger da parte di Carlo Sini. Come ho iniziato a sottolineare nel mio primo intervento,  qui come in altre occasioni Sini evidenzia un'incomprensione essenziale della problematica heideggeriana. Detto meno eufemisticamente, Sini prende fischi per fiaschi allorché ritiene che Heidegger abbia decretato la fine della filosofia. Fraintendimento essenziale che si configura nel l'ennesima citazione fuori bersaglio, giacché sin dal fondamentale corso marburghese sull'essenza dell'indagine fenomenologica ( 1923 - 24) Heidegger intende iniziare a configurare la propria posizione speculativa additando la fenomenologia trascendentale ( = fenomenologia pura) di Husserl come una struttura che, benché fondata sulla nozione di intenzionalità quale struttura fondamentale della coscienza, non riesce a svincolarsi dall'ontologia classica, ovvero da un'indagine sull'essere la quale prende a modello l'ente. Onde solo in questo orizzonte speculativo è da intendere quanto richiamato da Sini.

Lo richiamo dall'Osservazione preliminare al grande corso marburghese:

"È mia convinzione che si sia alla fine con la filosofia. Noi siamo dinanzi a compiti del tutto nuovi, che con la filosofia tradizionale non hanno nulla a che fare".

Già magniloquente Heidegger non intende qui affatto far seguire la sentenza della morte della filosofia a quella nietzcheana della morte di Dio, pensando - come è nell'intendimento di Sini - di porsi nel solco della denuncia della perdita della centralità dell'umano. Tutt'altro. Ciò che Heidegger intende, già a partire dal primo grande corso marburghese, è di operare una progressiva fondazione della scienza metafisica attraverso una rielaborazione originaria della costituzione ontologica dell'uomo.

I fischi sono più intensi e i fiaschi più panciuti nella misura in cui Sini, in maniera peraltro meramente allusivo -enunciativa, sembra intendere la posizione di Heidegger come coerente con quella di Nietzsche in ordine alla perdita progressiva della centralità dell'uomo dettata dal tramonto della teologia cristiana come configurazione epistemica.  Il che, a mio avviso, significa non aver punto compreso l'orizzonte speculativo in cui Heidegger inscrive l'opera nietzschiana.

green:


Sini non si dispiace che la filosofia sia morta, anzi egli è il primo a dirlo che sia infine morta.

F:

Se la "constatazione" di Sini si fonda su fraintementi fondamentali come quelli che ho iniziato a tratteggiare, allora c'è da chiedersi se quello della morte della filosofia non sia un mero contenuto ideologico.

green:

Per quanto riguarda il pensiero debole, sinceramente dovete argomentare meglio, dove lo ravvisate.

Il pensiero debole vorrei ricordare nasce in Italia con Vattimo, e viene proseguito a tutt'oggi dalla meravigliosa rivista Aut-Aut, che ultimamente si è comunque discostata da quello stesso pensiero che aveva imbracciato allora (pensiamo agli anni 70, e al suo clima temporale).

Dunque sinceramente non capisco a cosa vi riferiate (Franco).

F:


Quando ho parlato di pensiero debole in riferimento a Carlo Sini non ho inteso chiamare in causa il filone di "pensiero" inaugurato da Gianni Vattimo, bensì ho inteso additare l'atteggiamento teoretico di Sini come una delle innumerevoli forme in cui il pensiero è debole in quanto non è capace di essere filosofico, cioè in quanto è ridotto a configurazione "epistemologica".

green:

Prende presto distanza dal superamento della metafisica (ossia dal nichilismo).

( e quindi franco, sini è d'accordo con te)



F:

Non capisco come possa essere d'accordo con me, dati i rilievi che ho appena iniziato a muovere.

#13
Tematiche Filosofiche / Re:Transumanesimo e Sini
04 Novembre 2019, 21:32:11 PM
Incuriosito dal termine "transumanesimo" e dalla proposta di intenderlo attraverso Carlo Sini, ho fruito l'ennesima carrellata cosmico - storico - filosofico - scientifica. La quale, in quanto carrellata, non poteva non far saltar su Nietzsche e Heidegger, piegati entrambi all'ideologia del pensiero debole, che, sempre più spesso, si affretta a scusarsi della propria esistenza.



Il modo in cui Nietzsche e Heidegger vengono richiamati, tradisce un'incomprensione di fondo. Ciò che Sini non comprende - tra l'altro - è che Heidegger non decreta la morte della filosofia, della filosofia tout court, bensì la fine dell'ontologia declinata come comprensione dell'essere sul modello dell'ente. Onde Heidegger non è il pensatore che in pieno '900 faccia il verso a Nietzsche quale teorizzatore della perdita della centralità dell'umano, bensì il pensatore che in pieno  '900 richiama ad un nuovo modo di intendere l'essere allo scopo di una rifondazione della  metaphysica  specialis.
#14
Tematiche Filosofiche / Re:Nietzsche
03 Novembre 2019, 14:24:22 PM
Franco ( =F):


Considerazioni interessanti. Ma che hanno poco a che fare con le mie. Le quali intendono richiamare l'attenzione su ben altro, ovvero sulla realtà attuale - lo ripeto in corsivo - della fede nel carattere non - mitologico delle entità richiamate da Ipazia. Onde qui non è e non può essere primariamente in questione qualcosa come il carattere ideologico della scienza del carattere mitologico dei contenuti della fede cristiana, giacché dellla determinazione ideologica della scienza del carattere mitologico di quei contenuti, l'attuale massa sterminata di fedeli in senso cristiano non ha punto notizia.


Ipazia:


Evidentemente non ci capiamo, perchè mi pareva di avere risposto esaurientemente sul merito almeno due volte (geocentrismo e fideismo). Lo ripeto per la terza volta: FN si pone il problema di capire la natura del fideismo e dà delle risposte, più o meno condivisibili, a partire della costruzione ideologica di un mondo dietro il mondo sostenuto politicamente dall'ideale ascetico. (sequenza presente pure nell'accumulazione capitalistica, per non ridurre al questione solo al teismo classico, sviluppata da FN nella prospettiva, non marxista, ma diversamente antropologica dell'ultimo uomoe dell'umano troppo umano). Semplificando al massimo (perchè gli Holzwege della fede sono infiniti): che il fideista non sia a conoscenza dell'aporia della sua fede è lapalissiano, altrimenti non crederebbe. Che su quella fede farlocca si costruiscano cose reali è altrettanto vero. Alcune di squisita fattura come l'arte e la musica sacra dei secoli d'oro di quelle arti. Così come dei precetti etici condivisibili anche in un contesto a-teistico. Ma tutto questo non rende quella fede meno farlocca.


F:


No, non ci capiamo. E non ci capiamo perché Ipazia tende a far dire a Nietzsche cose che Nietzsche non dice. Lo ripeto per l'ultima volta, almeno alle condizioni dettate dagli ultimi scambi: la pretesa di Nietzsche (la sua grande volontà –illusione) è quella di decretare la fine della fede – il fideismo è ben altra cosa – costituita dall'esperienza cristiana. In questo egli è ben al di sotto della coscienza filosofica di Schopenhauer.

Spero di non dover richiamare la definizione della differenza tra fede e fideismo.
#15
Tematiche Filosofiche / Re:Nietzsche
02 Novembre 2019, 13:25:27 PM
Franco ( =F):

L'analisi svolta da Nietzsche nel passo da me citato ha proprio la funzione di chiarire la sfera fisiologica sulla quale il prete lavora.

Ipazia:

No, sulla quale il prete è, come tipo umano con una specifica strategia di autosussistenza.

F:

Non "comprendo" la negazione. Non vedo cioè come possa la costituzione ontologica ( l'è) richiamata da Ipazia contraddire la tesi secondo la quale il prete lavora in quanto teo - logo sul fondamento della sua costituzione fisiologica. Nella tesi infondatamente contraddetta da Ipazia la mia attenzione è rivolta al piano nel quale il prete sfrutta l'ideale ascetico in senso teologico, ovvero nel senso di quella che potrebbe essere intesa come la sua grande, millenaria sublimazione. Sublimazione che in termini dottrinali è il suo grande lavoro metafisico. Il prete lavora sul'ideale ascetico nel senso che l'idealizzazione ascetica è il lavoro ( = l'energia sublimata) della teologia ( genitivo soggettivo e oggettivo).

Ipazia:

Il che è vero. Ma prima di questo passaggio di catechizzazione vi è il passaggio ontologico che garantisce al clero la sua posizione sociale privilegiata di cui la teologia è il carburante per il mantenimento dello stato attraverso la sua costante rilegittimazione. Insomma, anche -logicamente, "è" viene prima di "fa".

F:

Bene. Se è vero, se è cioè vero che la sublimazione è - come ho iniziato a dire - il grande, millenario lavoro della teologia (genitivo soggettivo e oggettivo), allora non si può accogliere il rilievo di Ipazia in quanto anche tale lavoro è.  Contraddire quest'ultimo asserto si potrebbe a condizione di negare valenza ontologica al lavoro come tale. Detto di passaggio, il lavoro al quale mi riferisco non è propriamente un "fare", bensì il lavoro ( = il processo, la funzione) necessaria (non scelta) per la quale il "teologo" è tale. Dio non è qualcosa che si faccia alla maniera in cui si fanno sciarpe e cappotti. La lezione di Nietzsche ha il merito di enucleare l'essenza della posizione ascetica in quanto mostra come questa sia fisiologicamente ancorata. Ma ciò che è fisiologicamente radicato non può essere un fare. Onde il teologo è tale in quanto è ( = necessitato a) il risultato di una trasformazione energetica ( = processo di sublimazione) che non ha scelto.

***
F:

Secondo Ipazia in Nietzsche sarebbe un autosuperamento e una critica radicali relativamente all'ideale ascetico. Tesi questa appena enunciata ed enunciabile, giacché - e per andare al sodo - il rapporto non ideale ( = carnale) di Friedrich Nietzsche con il femminile si è limitato - almeno stando alle fonti - alla madre, alla sorella e ad un numero imprecisato di prostitute. Dunque assolutamente no. La tesi del superamento è tutta da dimostrare.

Ipazia:

L'ideale ascetico non va confuso con la castità. Egli stesso era figlio di un prete. Una delle religioni più integraliste prevede pure la poligamia. Un tempio indù è decorato con altorilievi del Kamasutra. L'ideale ascetico è l'idealizzazione del mondo dietro il mondo che svaluta tutte le manifestazioni del mondo reale, non solo la sessualità.

(la cui repressione riguarda universalmente il genere femminile ed è legata alla civiltà patriarcale nel suo complesso. Su questo FN glissa e ciancia di fruste, ma lungo la direttrice Salomè, Freud, Reich, Marcuse si arriverà alla liberazione del '68 che la critica antipsichiatrica allargherà infine a tutti i comportamenti trasgressivi).

F:

a) Mi chiedo come si possa inferire una con-fusione nel mio discorso sull'auto superamento nietzschiano dell'ideale ascetico. Non ho punto confuso, bensì ho proprio inteso concentrare l'attenzione sulla castità, non potendo che essere questa la radice, il nucleo di ogni ideale ascetico degno di tal nome. Si sta discutendo di Nietzsche.

b) La replica di Ipazia rafforza il mio sospetto - analogamente a quanto avvenuto relativamente alla questione della configurazione prima di tutto fisiologica dell'ideale ascetico - che la mia interlocutrice non abbia meditato a fondo il dettato nietzschiano. Leggiamo Nietzsche in uno dei passi fondamentali de L'Anticristo, vale a dire di una delle opere meno, se non affatto esplorate dalle interpretazioni filosofiche più autorevoli.

" La predica della castità è un pubblico incitamento alla contronatura, Ogni disprezzo della vita sessuale, ogni insozzamento della medesima mediante il concetto di 'impuro' è il vero e proprio peccato contro lo spirito santo della vita". Le sottolineature sono mie.

Questo il contenuto della quarta delle sette proposizioni in cui Nietzsche articola la Legge contro il Cristianesimo.

c) Che Nietzsche fosse figlio di un prete, non inficia la tesi che ho iniziato a giustificare con il richiamo del passo nietzscheano, giacché riprodursi (= far figli, come si dice, non è affatto antitetico ad una morale ascetica. Anzi, oggi come in passato, il prete cattolico trova la sua più piena soddisfazione nel raccomandare e nell'esigere che lo scambio sessuale completo avvenga in funzione - in funzione - della figliata. Agendo alla radice della vita, ovvero "raccomandando" la limitazione della copula allo scopo della riproduzione, il prete dimostra - tra l'altro - come sia possibile sintetizzare la castità con la riproduzione.

d) presterei particolare attenzione alla costruzioni di assi come quello costituito da Nietzsche, Salomé, Freud, Reich e Marcuse e antipsichiatria. E questo perché troppe cose sono in gioco. Tra l'altro, Freud non comprende Schopenhauer, il quale è grande maestro di Nietzsche; Freud non comprende il Reich maturo; l'antipsichiatria fa un polpettone di Freud e Reich; è tesi tutta da discutere che l'opera di Freud i sia configurata come critica della società capitalistica e patriarcale. Le cose sono molto complesse.  

***

F:

Relativamente al fenomeno della morale ascetica, nell'opera di Nietzsche è potente la pars destruens ma pressoché mancante la pars construens. Analogamente a quanto avviene in sede di scienza anti - teologica, dove, appunto, la pars construens si perde nelle brume della poesia.

Ipazia:

Fosse vissuto nei ruggenti anni settanta del novecento forse avrebbe sperimentato la pars costruens di una comune hyppie, ma che l'unica donna da lui amata fosse un'etera, una menade, depone a favore della sua buona volontà costruens. Ma anche nella restante critica all'ideale ascetico egli testimonia il valore del mondo nel mondo quando invita a diffidare delle dottrine partorite al chiuso e valorizza sopra ogni altro i pensieri nati all'aperto col corpo in movimento. Anche l'importanza che dà al buon cibo riporta alla valorizzazione dell'immanenza psicosomatica. E pure la contrapposizione dei 6000 piedi di Sils Maria alle mefitiche paludi metropolitane avrà un seguito nella crescita di una sensibilità ecologica. Insomma di spunti costruens FN ne dà molti, anche se il suo physique du rôle era lungi dall'essere all'altezza di tutte le situazioni di liberazione professate. Anche nel campo a lui più congegnale della critica artistica è significativa la repulsione per il Parsifal contrapposto al Tristan und Isolde. Parsifal che segnò la conferma della giustezza della sua rottura con Wagner.

F:

a) che l'unica donna amata da Nietzsche - almeno stando alle "fonti" - fosse un'etera non può costituire una dimostrazione di auto-superamento radicale relativamente all'ideale ascetico, giacché le fonti (biografia, autobiografia, scrittura poetica e filosofica) non consentono di far luce sulla qualità del rapporto con quella donna. E non è certo una buona volontà a poter giustificare la tesi di un auto -superamento radicale dell'ideale ascetico.

b) Esperienza di una comune hyppie? Forse con il richiamo di quest'esperienza inizio a comprendere il senso che Ipazia attribuisce a qualcosa come la pars construens da me posta in questione come parte mancante in Nietzsche. Che il consumo di droghe, di alcolici e qualche "scopata" possano costituire qualcosa come un esempio di vita costruttiva in ordine al superamento radicale  dell'ideale ascetico, è tesi quanto mai discutibile.