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Messaggi - niko

#1
Citazione di: Duc in altum! il 10 Novembre 2025, 15:54:28 PMCom'è sto fatto che se Dio creasse gli umani smettesse di essere Dio?!?


Perche' dio per me e' potenza finita e numero, secondo un concetto, diciamo cosi', pitagorico, e non potenza infinita e amore, secondo il concetto diciamo cosi', cristiano, che alcuni ne possono avere.

Pure se un bel giorno ammettessi che Dio sia, o meglio possieda, la perfezione (al momento direi che non la possiede, perche' non esiste) ci terrei sempre a ribadire il mio concetto fondamentale: e cioe' che la perfezione e' auto-contenimento, e non sovra-abbondanza. Chi e' perfetto, per me, a casa mia sta nel suo, sta entro il limite e non straborda, non straborda nulla; nemmeno un piu' o meno istericamente inteso "amore". Insomma io, come, e con, Galimberti, cerco di rimanere "Greco", pur vivendo in un mondo "cristiano".

Dalla potenza finita del Dio, deriva direttamente che la [famosa, e michelangiolesca] scintilla vitale, il "quanto di energia" con cui Dio crea l'uomo, non e' altro che un "frammento" stesso del Dio, che si stacca e si separa, per sempre, da Dio, e che passa, che trasmigra, da Dio all'uomo, creandolo. Insomma nulla sorge dal nulla, e' un conto spietato, delle reali forze secondo me in campo, deve pur sempre, alla fine della fiera, tornare. L'unico modo che ha Dio di creare (altre) creature spirituali, simili dunque a se', e' "perdere", diciamo pure seminare in giro, frammenti di sé stesso. Il tutto, dona di fatto qualcosa di se' al nulla per [fingere di] creare, qualcosa o qualcuno, dal nulla. Dio e' acqua, che puo' dare solo perdendo, e non fuoco, che puo' dare senza perdere. Fuoco a casa mia e' solo la sapienza, quale istanza piu' ancora desiderabile, se si e' filosofi, del Dio stesso.

Se non ci credi, o se pensi che ho detto una marea di scemenze tanto per dirle, dovresti pensare che anche nella tua teologia, cristiana, concetti come il libero arbitrio, o l'incarnazione, sono tutte forme del Dio che smette di essere Dio, per creare, o per ri-creare, cioe' redimere, l'uomo. Il mio discorso e' passato nella teologia ufficiale in varie forme, perche' in fondo lineare, e logico. Dio deve almeno in una certa minima misura e in un certo luogo  smettere di scegliere, (in prima persona lui stesso) per creare creature, capaci, realmente e definitivamente, di scelte significative. Creature quali uomini e angeli, almeno. Deve lasciare, qualcosa, un certo "quanto", della sua potenza, agli altri. Deve anche smettere di sapere / o fingere di non sapere,  che l'uomo quale conseguenza del libero arbitrio scegliera' il male, cioe' deve dismettere, per gioco o seriamente, la sua stessa onniscienza. L'incarnazione poi e' il Dio che si espone alla "sofferenza" quale possibilita' del rifiuto dell'amore. Dio che ammette di provare bisogno di amore (per non dire, direttamente, che si fa uccidere dagli uomini).



#2
Citazione di: Luther Blissett il 01 Novembre 2025, 19:03:49 PMAllora ti rispondo, riprendendo alcune formule reperibili nel mio post precedente, e provando a svilupparle.  Per formule intendo quelle frasette-lampo che avevo chiamato sciabolate, per avvertire che si trattava di espressioni  condensate di frasi assai più articolate ed estese, che se però le avessi usate, si sarebbe allungato il brodo, convertendo anche il post precedente nell'ennesimo mio pippone interminabile.
Vuol dire che anche stavolta sarò un po' prolisso. Tieni presente comunque ciò che ho detto nel post precedente.
Parliamo di Esso. Ebbene, Esso proprio non ci riesco a chiamarlo il Dio maggiore poiché non è Dio, pur essendo l'unica entità onnipotente dei tre livelli in cui si configura la gerarchia ipotizzata dal teosolipsismo.  È Esso soltanto che ha tutte le competenze, è Esso soltanto che fa tutto e tutto può, è Esso la Cosa che fa esistere tutte le cose, ed è Esso a forgiare fisicamente tutti gli universi, è Esso che plasma la materia, ma quando crea non lo fa in un fiat come il dio delle favole.  Noi lo infiliamo nella gerarchia solo perché dispone di tutti i poteri e prerogative che invece difettano ai livelli inferiori.
A entrambi i livelli inferiori (il nostro Dio minore e noi) appartengono, tra le altre, le seguenti due fondamentali prerogative:
la possibilità di essere persone e l'intelligenza sociale in forme derivate dal formarsi di società animali evolute su pianeti dove ha potuto formarsi e mantenersi molto a lungo la vita.
Al livello 0 (zero), cioè al livello di Esso, esiste la potenza creatrice, che adesso provo a raccontare facendoti notare come, così esprimendomi, questo Esso io lo stia buffamente personalizzando.  Se la frase precedente fosse un'equazione, occorrerebbe bruscamente  semplificarla, ed eliminare l'Esso.  Il livello creativo di tutta la Realtà non gode delle sofisticate prerogative di cui possiamo godere noi, dei livelli 1 e 2: noi soltanto possiamo essere persone e usare e financo abusare della nostra umana intelligenza, che condividiamo col nostro Dio minore, che è l'unica entità a noi superiore che deve interessarci.
...
Il livello 0 (zero) di tutta la Realtà crea continuamente universi, e molto probabilmente ne crea a miliardilioni, poiché lo fa senza avere coscienza.  Esso non ha coscienza, ripeto. Un ateo normale (e io non mi sento un ateo) non lo avrebbe chiamato Esso, ma al posto di usare il termine Esso costui si sarebbe espresso in termini di normale fisica teorica, dicendo ad esempio che si formano continuamente infiniti universi, e solo uno ogni miliardilioni diventa capace di generare cose più complesse di onde fluttuanti di materia, e ce ne vogliono miliardilioni anche di questi ultimi più complessi, e via di seguito chissà per quante volte, perché ne venga fuori qualcuno somigliante al nostro universo. Ma ritogliamo la parola al normale ateo, e riprendo io con un lessico consono alla mia teoria. La matematica più utile per poter trattare le modalità creative di Esso è evidentissimamente la statistica con la teoria delle probabilità.  Occorre la maiuscola anche con il Caso, dato che è il Caso il grande padre di tutti i dettagli dell'intera Realtà.    Se il Caso è il vero Padre di tutto, come chiamare la madre? Usiamo un'altra maiuscola anche per lei, la Madre di tutta la Realtà: è  la Materia (e in fondo ce lo suggerisce il nome stesso).
...
Ora prendiamo in considerazione il nostro universo, già avendo intuito che di universi ne devono esistono infiniti altri, probabilmente quasi tutti infinitamente più squallidi del nostro, poiché già la vita e l'intelligenza sociale sono rarissime perfino nel nostro quasi vuoto universo  (il giudizio di squallore è il nostro giusto giudizio di valore, che possiamo dare legittimamente del nostro universo come di tutti gli altri, ed è un privilegio che condividiamo con il nostro Dio minore, e tutti insieme, noi assieme al nostro Dio minore,  disprezziamo apertamente il cieco potere creativo di Esso.
L'ateo normale è più sbrigativo e non personalizza Esso, così risparmiandosi di spargere invettive... però c'è spazio per tutti :)
Dunque, dicevo: il nostro universo.
Esso non lo ha creato l'altroieri, si è limitato a creare un turbine di materia... c'è stato un gran casino tra antimateria e materia, fino a che ha prevalso infinitesimamente quest'ultima chissà perché, ma questa è materia per gli scienziati, che sono l'unica categoria di persone che dovrebbero occuparsi di Esso, e che si divertiranno a dirci quanti miliardi di anni pensano che ci sia voluti per il formarsi della vita, e quanti ancora per il formarsi della nostra umana intelligenza e sensibilità.
...
Quindi, niko, tenendo anche conto del fatto che già sapa mi ha preceduto nel risponderti splendidamente, aggiungo soltanto qualche spigolatura.
Praticamente tutta la complessità nel nostro universo ci viene riversata proprio da Esso, ma ciò avviene non perché Esso sia generoso, ma perché Esso è un infinito scialacquatore.
Il terribile e innegabile concetto di tropicalità nicciana, con cui con orrore dobbiamo constatare come davvero avremmo voluto chiamare splendido  il nostro pianeta,  mentre siamo al contempo consapevoli di quanti fantastiliardi di creature Esso stia gettando nella voragine del mondo, avendoci impiegato pure miliardi di anni per fare questa infinita porcheria. 
E pensa a quanti fantastiliardi di altri universi ha sprecato a espandere per riuscire a combinare qui questa porcheria.
Esso non ha coscienza, ma è intelligente, anzi è più infinitamente intelligente di noi, poiché non occorre coscienza per essere intelligenti.
La nostra intelligenza sociale è diversa da quella naturale, e infinitamente  inferiore ad essa, ed è inferiore perché handicappata proprio dal nostro esser persone, essendo spesso la nostra intelligenza non in sintonia con la nostra sensibilità personale. Mi rendo conto che  questo è un concetto urtante e per molti difficile da capire, e apparentemente controintuitivo.
Seguimi in questo semplice ragionamento.
Mi metto a giocare una partita a scacchi con un computer pronipote di Deep Blu, che costruiranno tra qualche secolo. So che non ho speranze, non posso vincere, è impossibile. Perché?
Mentre io devo fare innumerevoli ragionamenti su ogni mossa, il pronipote di Deep Blu non fa ragionamenti, ma scorre rapidissimamente tutte le combinazioni di mosse possibili, cioè compie tutti gli errori possibili e valuta automaticamente le conseguenze di tutti gli errori possibili, giungendo così infine a sbaragliarmi sistematicamente.  Come sarebbe possibile vincere una partita con esso (uso il minuscolo per dire che è solo un nipotino di Esso) se esso è in grado, mentre sta giocando con me, di giocare in un baleno virtualmente tutte le partite possibili e valutandone l'esito?
È così che funziona l'intelligenza suprema di Esso: commette tutti gli errori possibili e così sistematicamente alla fine finisce perfino, talvolta, per combinare qualche rarissima cosa indovinata.
Inutile vituperarlo, dato che non è una persona che possa rispondere, e dato che la sua intelligenza superiore è di tipo combinatorio, basata aridamente sulla statistica e sulla probabilità, e sulla scellerata libertà che gli deriva dai capricci del Caso.
Nella tribù di Esso, l'unico vero mistero per me rimane la Materia, (mentre non è un mistero lo Spirito, che è un termine inventato dall'uomo, senza riscontro oggettivo nella Realtà), mentre la Materia esiste davvero, ed è strano che Lei sia così capace di assumere forme infinite, che sia capace di convertirsi in energia, e che anche noi siamo fatti di Lei.


Se la metti così non serve il dio minore, ci siamo solo noi ed Esso... e infatti, il dio minore è "sparito" da questa tua ultima spiegazione... la vita che inventa dei minori è insignificante, rispetto alla "vera" vita, che accetta (direttamente) il rapporto di amore e competizione con Esso.

Dio, non solo non può creare un altro Dio, ma non può nemmeno creare noi umani se non al costo di smettere, di essere, Dio. Non è infinito, ma banalmente numero. Banalmente, ci precede e ci segue una vita che accetta di esistere al costo di Esso, e fondamentalmente lo fa, direi quasi con gioia, perché ne condivide lo stesso a-finalismo idiota. A questo livello così fondamentale tale condivisione, in quanto condivisione dei non-fini, non è più nemmeno un sacrificio. Anche la vita "personificata" stessa, proprio come il Caso fa tutti gli errori possibili, empatizza con la non persona. Non acquistata, e non redenta da nessuno, e in fondo nemmeno da se stessa, comprende la sottigliezza per cui la sofferenza, tutta la sofferenza, alla fine della fiera esprime il valore, e non il prezzo, di una singola vita. Il problema specifico dell'uomo, che invece fugge da tutto questo tramite gli dei minori, immaginandoli (irr)reciprocamente, è davvero tutto suo.


#3
Finora, l'umanita' ha sempre tentato soddisfare il proprio desiderio di salvezza e di senso, plancando, in qualche modo, con cio' la propria angoscia di morte: deve nascere, un umanita' che tenti, semplicemente di accettare una volta per tutte  l'eternita' e l'ineliminibilita' di questo desiderio, tenerselo ed esserne all'altezza.

L'assoluto, e' l'ineliminabilita' stessa del desiderio di assoluto: eterna e' (gia', direttamente) la condizione umana, e non certo Dio, che non esiste.

Possiamo solo stare attenti a quello che desideriamo, perche' potrebbe avverarsi: a quali condizioni, e' giusto e possibile desiderare una vita infinita, oppure "eterna"? A me sembra evidente che non a tutte. Basti considerare il dibattito, postmoderno, sull'eutanasia, sulla clonazione, sull'inseminazione post morte, sul transumanesimo eccetera. La salvezza, che presso l'uomo ha sempre fatto "desiderio", bruto ed assoluto, deve cominciare a fare problema: dobbiamo cominciare a scindere tra salvezze desiderabili, e salvezze indesiderabili.

Perche' e' come nella vita quotidiana: ci sono desideri da soddisfare e poi, a parte, ci sono desideri di cui, semplicemente, essere all'altezza. Tutti lo sanno, questo, se considerano con sincerita' la loro vita. Ecco, il desiderio di metafisica e di religione, e' sempre stato un desiderio del secondo tipo, da non soddisfare e di cui semplicemente essere all'altezza, ma e' sempre stato trattato come un desiderio del primo, tipo, di quelli da soddisfare oggettivamente o relazionalmente. Da cui l'assurdo, l'alienazione, il marcio delle forze eternamente conservative.

La religione fallisce, nel suo scopo di trasfigurare e migliorare questo mondo, ma riesce, riesce eccome, nel suo scopo, obliquo, di conservarlo nel tempo e lasciarlo essere sempre uguale a se stesso. Insomma la religione e' una forza amorale conservativa. Ne' buona ne' cattiva, bisogna capir come funziona per usarla eventualmente a nostro vantaggio, e non farci distruggere e strumentalizzare da essa. In noi certo agiscono forze conservative, ma non solo quelle

Io "credo" nell'eterno ritorno, quindi, credo che il mio desiderio di salvezza e conservazione, si soddisfi da se'. Sono gia' salvato dall'increato e dall'impersonalita' e indifferente della natura, l'articolo del farmi salvare da un creatore personale e a cui addirittura in modo piu' o meno perverso importi qualcosa di me, non mi interessa, non apro la porta, non voglio diventare Testimone di Geova, e per quanto riguarda tutti gli altri non compro enciclopedie, e neanche aspirapolveri Folletto. La salvezza per come la vedo io,  e' amorale e disantropica, perche' consiste in un eterno ritorno di tutto il bene, ma anche di tutto il male. Se cerco di soddisfare, il mio desiderio di eternita', dal mio personale punto di vista sto (solo) perdendo tempo, se cerco di esserne all'altezza, lo sto guadagnando. Lo scopo, e' avere gia' qui sulla terra una vita desiderabile in eterno, radicata direttamente nell'impersonalita' della natura e nell' increato e quindi oltre la struttura della tradizione e della genitorialita'; non aspettare che il Creatore/Genitore ti dia, dopo la morte, una vita eterna tipo contentino o premio di consolazione. In altre parole, ne salva di piu' la divina indifferenza che non il divino amore. E non ci vuole tanto. Neanche a capirlo, dato il contesto.



#4
Citazione di: sapa il 01 Novembre 2025, 17:53:15 PMSe ho capito bene, il Dio minore di cui si parla non immagina, ma vive stati allucinatori nei quali vive l'umanità. Se il Dio minore è stato creato INSIEME all'uomo, non ha bisogno di pre-conoscere nulla, perchè esperisce in simbiosi con noi, anzi esperisce tutti noi insieme. Avrebbe, quindi, un ottimo bagaglio di conoscenza umana. Rimarrebbe da capire perchè Esso ( l'entità suprema, non il benzinaio) abbia deciso di inventare un Dio minore e l'uomo, tra l'altro mettendoli in una situazione così angosciosa ed infelice. Perchè alla fine, in questa proposta teologica chi comanda veramente è orribilmente indescrivibile. Fa pensare...


Il Dio minore ha un inizio "nel tempo", che potremmo chiamare punto zero, e a quel punto, al punto zero, non avendo Egli "esperienza pregressa", e non potendola "acquisire" essendo disincarmato, senza luogo e esistente in un mondo nullo, tipo una bolla virtuale di oscurita', non puo' immagginare nulla, ne' allucinarsi su nulla... almeno, non come lo farebbe un uomo, che spesso sogna e si allucina si', ma sempre a partire da tutta una serie di elementi esperienziali minimi pregressi, e non a partire dal nulla. Si sogna quello che si e' visto e conosciuto nella veglia e nel giorno, sia pur rimaneggiato in una forma incompleta e bizzarra. Dopo diecimila anni, il nostro Dio che langue nella bolla di oscurita', ancora non puo' immagginare nulla. Dopo centomila anni, ancora nulla. Dopo un miliardo, nulla di nulla. Eccetera eccetera. Non si capisce come potrebbe iniziar tutta la vicenda. Si allucinano le coscienze poste in isolamento sensoriale che abbiano in precedenza, avuto un mondo. Io ti rapisco, ti porto in una stanza di isolamento sensoriale, e tu, ti allucini. Le tue allucinazioni, che hai nella camera di isolamento sensoriale, sostanzialmente sono ricomposizioni bizzarre di ricordi, giochi, che il tuo cervello fa, in mancanza di materiale presente, tramite il materiale pregresso. Le puoi avere, perche' pur non avendo attualmente un mondo, lo hai in precedenza avuto. Le coscienze che un mondo non ce l'hanno mai avuto, non si allucinano. Se tu nascessi in una camera di isolamento sensoriale, e non ne usciresti mai, non "ti allucineresti"; semplicemente, non sapresti mai nemmeno, di essere nato. Non ci sarebbe "materiale pregresso". E quindi nemmeno allucinazioni. Che del materiale pregresso, sono riassemblamenti. Come quando nel deserto si scambia una duna per un'oasi. Perche' si hanno i miraggi.

A meno che non si attribuisca a questo Dio, il potere, assolutamente superumano, di immagginare, e conoscere, le cose a partire dal nulla. Le premesse, di ogni ragionamento, sono libere. Nessuno, puo' sapere come funzioni Dio, e in cosa differisca dall'uomo, e in cosa, eventualmente, gli sia simile.

Ma allora, se gli attribuiamo potere creativo infinito anche a partire dal nulla, stiamo, in pratica, descrivendo il dio biblico ed evangelico. Che non e' infelice, ma beato. Non il Dio minore. Ed e' beato perche' potendo creare, o anche solo concepire, istantaneamente tutto, puo' creare, o anche solo concepire, pure, l'occorrente oggettivo, e soggettivo, per la sua felicita'. E non ha motivo, di non farlo. Qualsiasi cosa voglia, la ottiene. Qualsiasi cosa sia creata dal nulla, fosse pure un granello do sabbia, e' un "tutto", quel granello, se davvero e' stato creato dal nulla, e' un tutto, nel senso che esprime il risultato terminale di un potere creativo "sottostante" infinito, data la nullita' del mezzo materiale e delle premesse, data insomma la resistenza infinita che il nulla pone, e porrebbe, contro qualsiasi atto, che volesse essere di creazione, a partire da esso. Niente noia, disperazione eccetera eccetera. Che sono tutte forme della frustrazione della volonta', o dell'amore negato, presso una eventuale relazione.

Se puo' creare dal nulla non e' infelice, se non puo' creare dal nulla, deve attraversare almeno una volta un mondo materiale e una esistenza localizzata carnale, per avere materiale iniziale, su cui poi, anche all'infinito, allucinarsi.

L'esperienza, precede la conoscenza. E quindi, l'esperienza precede anche l'errore (allucinazione, sogno, arte, fraintendimento, estraneamento eccetera) che e' un attributo, e un predicabile, della conoscenza, non gia', manco per niente dell'esperienza. Che e' sempre giusta  :D





#5
Citazione di: Luther Blissett il 01 Novembre 2025, 07:26:56 AMApprofittiamo di questo fatto: nonostante che nella lingua italiana non esista il genere neutro, che per ciò che intendo dire ora mi avrebbe fatto molto comodo, tuttavia esiste il pronome "esso" che il "neutro" lo evoca in qualche modo. Dunque "Esso": ecco come chiamare la suprema istanza impersonale in quelle sperabilmente più rare volte possibili in cui per motivi dialettici siamo obbligati a parlarne. Nello scrivere di teosolipsismo abbiamo potuto evitare malintesi nel riferirci al nostro Dio minore oppure a noi stessi facendo uso delle maiuscole per i pronomi soltanto quando li riferiamo a Lui, e logicamente delle minuscole quando ci riferiamo a noi stessi. Ora completiamo il quadretto aggiungendoci Esso al maiuscolo (la benzina non c'entra :D ).  Uno schema generale completo del teosolipsismo si configura come tripartito, con Esso al vertice, Lui ad Esso subalterno e noi subalterni a Lui.  Ora procediamo per un po' a sciabolate, così che le lame lampeggino. Per dirla più breve possibile, Esso è la Cosa che funziona a Caso. La Cosa in latino si dice "res". Ad esempio, res publica = la cosa pubblica. Da res viene la parola realtà, che avremmo potuto anche chiamare cosità. Quando ne usiamo il plurale intendiamo tutta la realtà, ovvero tutto ciò che esiste. Chiamiamo adesso livello 0 (zero) il livello di Esso, livello 1 il livello del nostro Dio minore (il Suo livello) e livello 2 il nostro livello o livello umano o umanoide.  In tutta questa complessiva Realtà dov'è che ci attendiamo di poter incontrare per caso persone, a che livello?  La risposta automatica è: ai livelli 1 e 2. E cosa è, e dove è, e a quale livello si pone, ciò che rende automatiche tutte queste risposte?
È a livello 0 (zero), dove non possono esserci persone, ma soltanto le gelide e roventi e dis-empatiche forze della natura, implacabili queste nel riportare a 0 (zero) tutte le illuminazioni, di cui son composte quelle fragili cose tremanti che sono le persone.

Non hai capito, se il dio minore immagina in modo più o meno allucinatorio delle cose, o tanto più delle persona, che poi saremmo noi, DEVE averle in precedenza conosciute.

Ora, SE le ha in precedenza conosciute, allora non può essere disincarnato, abitante in un non-luogo e senza tempo. Una coscienza immersa da sempre e per sempre in una "bolla", di puro nulla, non ha i presupposti (memorico-empririci), nemmeno per immaginare o allucinarsi. Chi non ha pre-conosciuto niente, non immagina niente, e non si allucina su niente.

Se invece poni che il tuo presunto Dio minore abbia (misteriosamente) il potere di immaginare, Lui solo, anche ciò che non ha conosciuto, allora, (tu stai in realtà dicendo che) Egli ha il potere di creare, e la parolina "immaginare" la stai fin dall'inizio, di questa discussione, usando in modo letteralmente, e letterariamente, sbagliato.

Perché immaginare a partire dall'oblio o dall'incoscienza, ciò che non si è in assoluto mai visto, uguale creare. L'uomo quando sogna o viaggia con la fantasia, questo atto di creazione assoluta dal puro nulla NON lo fa, perché ad esempio quando sogna, o quando scrive un romanzo, riassembla, nella forma "nuova" di un dato sogno o di un dato romanzo, ricordi ed elementi conoscitivi realmente, e precedentemente, appresi.

Manzoni, il romanziere, un bel giorno può cominciare a scrivere "i promessi sposi" perché (e solo se), di fatto, egli ha visto almeno un matrimonio reale nella sua reale vita. E probabilmente più d'uno. E probabilmente tanti altri, a cui non era invitato, dei suoi conoscenti glieli hanno raccontati. Renzo e Lucia non sono persone reali, ma sono tratti da vari elementi, caratteriali, fisici eccetera, mentalmente e tecnicamente riassemblati, di persone reali. Che l'autore ha realmente incontrato. Senza questo presupposto, che è un presupposto conoscitivo reale, implicante quindi uno spazio, un tempo, della materia e un ambiente, Manzoni NON potrebbe. Iniziare un bel giorno a scrivere i Promessi sposi. Allo stesso mondo il tuo Dio non può immaginare un mondo, o allucinarsi su un mondo, o tanto più su delle persone, senza averne mai pre-conosciute alcune, di reali.
Ameno che (Lui!) non sia così TANTO differente dall'uomo, da poter immaginare, anche, o addirittura solo, quello che non abbia pre-conosciuto. A tutta, e assoluta, differenza dell'uomo. Che, invece, alla faccia di ogni teoria del solipsismo, non può. Ma allora questo suo continuo "immaginare", detto finalmente con la parola giusta sarebbe un "creare". E allora il tuo Dio sarebbe (realmente) onnipotente. E allora non si spiegherebbe, perché non usi, direttamente, la suo onnipotenza, per risolvere radicalmente e una volta per tutte la sua (presunta) follia o infelicità. Per creare non fatui intrattenimenti allucinatori, ma veri e reali, sui, liberi, soggetti e oggetti di desiderio. Tu, ti accontenteresti di una ciliegina, quando potresti avere tutta la torta? Riflettici.





#6
Citazione di: Luther Blissett il 30 Ottobre 2025, 20:09:40 PMProvo a ricapitolare la mia teologia, che potrei considerare una sorta di teoneuroscienza o neuroscienza di Dio, la quale sostiene che studiare la psiche umana consente di studiare di concerto la psiche divina, per il semplice fatto che appunto il Dio che ci fa esistere, creando noi, non ha creato persone altre rispetto a Sé stesso, bensì ha duplicato direttamente Sé stesso: noi siamo Lui, siamo Sue identità secondarie, e non ce ne ricordiamo poiché ci ha indotto un'amnesia che deve perdurarci dalla nascita fino alla morte. Lui non voleva accontentarSi di guardarci vivere osservandoci dall'esterno di noi. Lui vuole vivere segretamente in noi, direttamente, per poter palpitare insieme a noi in tutte le nostre emozioni, come se fosse una parte segreta di noi. E quindi, la psiche divina e quella umana sono la medesima cosa, poiché in ultima analisi fanno entrambe parte della medesima persona, allo stesso modo in cui la ventina di personalità secondarie di B.Milligan condividevano comunque il medesimo cervello e la stessa psiche (e ovviamente anche lo stesso B.Milligan, con tutte le sue personalità secondarie costituenti quasi un diverticolo psichico, era una delle miliardi di identità secondarie di Dio). E dunque, ad esempio, se noi umani sappiamo che cosa è la noia, significa che anche Dio la conosce, e anzi dovremmo invertire la sequenza logica: è dato che Dio prova emozioni e sentimenti come la noia, che anche noi la possiamo provare. Va osservato che per Dio la noia è qualcosa di indescrivibilmente più tormentosa che per noi umani, poiché la noia si aggrava in funzione del tempo e della capacità recettiva della coscienza, e Dio Si prospetta davanti un tempo psicologico interminabile e quindi infinito.
...
Iniziamo da Dio, dalla Sua coscienza. Dove si trova Dio, non vi è nessun altro e nient'altro. Lì dove Si trova esiste unicamente la Sua coscienza. La mia teologia non mira a spiegare pure come sia possibile che esista una coscienza autosufficiente cui non occorre che esista un ambiente che Lo alimenti e Lo preservi: Dio è pura coscienza (nemmeno per Dio utilizzerei il termine "spirito" che appartiene al lessico delle teologie tradizionali, e non è scientifico, così come non lo è il termine "anima").
Dio non ha ambiente attorno a Sé, non esiste spazio né tempo attorno al Suo Sé. Il tempo e lo spazio esistono soltanto qui nella nostra Realtà. Possiamo dire che Dio è eterno soltanto perché la Sua coscienza è indistruttibile (e noi umani che viviamo in uno spazio-tempo, per misurare la Sua indistruttibilità, scomodiamo giustamente il termine eternità). Va notato un punto delicato della mia teologia: in geometria esiste la retta che è infinita nelle due direzioni, ma anche la semiretta è infinita, anche se soltanto lo è in una sola delle due direzioni;  ebbene, la mia teologia ritiene sia possibile che l'itinerario della coscienza del nostro Dio sia paragonabile a una semiretta e non ad una retta: l'implicazione di ciò è che il nostro Dio ha avuto un inizio, ma non potrà avere una fine.
Esiste una distinzione tra immortalità ed eternità, e in genere eterne dovrebbero esser definite soltanto le entità che non hanno mai avuto inizio: contesto tale tradizionale distinzione, sostenendo che può definirsi eterno il nostro Dio, anche se pure Lui ha avuto un remoto inizio.  Il Suo inizio può essere derivato da quell'ipotetica entità impersonale (nonpersona cui sarebbe inutile sforzarsi anche di trovare un nome, tanto che da alcuni gli è stato assegnato il nome di Caso).  Il Caso avrebbe benissimo potuto assegnare il pesantissimo ruolo di coscienza solitaria e autosufficiente (ossia di una Realtà personale autosufficiente) non al nostro Dio, ma a qualunque altra persona immaginabile. Essere un Dio come lo è il nostro non ha un significato di una qualsivoglia nobiltà, non è un merito essere Dio, e Lui lo sa di non avere alcun merito di essere tale.  Per spiegare meglio questo concetto faccio un esempio pratico, l'esempio dell'attuale Dalai Lama con cui per motivi troppo lunghi da spiegare ebbi modo di brevemente interloquire molti anni fa, in occasione di uno dei suoi viaggi in Italia: ebbene, questo signore che è considerato guida della comunità buddhista tibetana dette sia a me che ad altri miei amici o conoscenti una impressione deludente di persona insignificante e priva di ogni autorevolezza, e quasi tutti fummo concordi che ci parve un ometto qualsiasi che appunto era stato scelto casualmente tra tibetani qualsiasi, ed era evidente come si stesse godendo la grande fortuna che gli era capitata, come se il Caso gli avesse fatto vincere il Superenalotto: la mia teologia ipotizza che così è anche capitato con l'assegnazione al nostro Dio del ruolo di Dio, poteva capitare a chiunque altro, di ritrovarsi Dio.  Tutti i discorsi teologici tradizionali sono ciacole umane,  come umane sono tutte le chiacchiere attorno all'etica, che per noi esseri umani dovrebbe limitarsi ad essere soltanto una necessità di ordine pubblico negli Stati, mentre l'etica, la morale, invece, la si è fatta diventare una parte essenziale di tutti i discorsi su Dio, mentre il nostro Dio non c'entra assolutamente nulla con qualsiasi discorso morale. Lui è un essere privo totalmente di ogni morale.
Torniamo dunque al nostro Dio, e al fatto che Lui è soltanto coscienza, capace di compiere una sola attività possibile: immaginare cose e persone viventi al di fuori di Sé, in una parola, "sognare", e immaginare tali persone come avatara immemori di Sé dentro tutto un universo materiale che faccia loro da nitida cornice. Non esistendo ancora un nome più preciso per indicare questo universo come prodotto del Suo "sognare", proverei a chiamarlo "mondo teonirico"
Lui è coscienza, ed è autosufficiente, non esiste un pianeta o nessun campo o luogo che Lo stia ospitando, non occorre un luogo per detenere una coscienza come la Sua, è un non luogo lì dove Lui è.
Per Lui non esiste spazio né tempo, per Lui è però esistito un inizio (appunto, si ricordi l'analogia con il concetto di semiretta), ma Lui sa che la Sua condizione è interminabile. Pur non esistendo per Lui il tempo, esiste per Lui un senso di sequenzialità, un prima e un dopo, e il concetto di tempo è formulabile quindi nella Sua coscienza, anche se non intimamente connesso col concetto di spazio come si verifica nella nostra Realtà. Lui è assolutamente unico e solo nella Sua coscienza, ma la Sua immaginazione galoppa furiosamente immaginandoSi l'esistenza di innumerevoli altre coscienze come la Sua.  Lui Si rende conto della potenza della Sua immaginazione, ma anche dei limiti della Sua immaginazione. Purtroppo per Lui, non Gli è possibile far esistere altre coscienze immediatamente accanto a Lui, direttamente nel suo nonluogo, dato che esse avrebbero necessità di trovarsi in un luogo, e Dio è in un non luogo: Lui non ha tale potere, ma sicuramente ci avrà anche provato, fallendo. Lui si rende conto che per far esistere altre coscienze occorre anche curare che esista un luogo adatto per ospitarle. Il livello umano di coscienza richiede una corporeità che nel Suo nonluogo non potrebbe trovar posto. Lui con il Suo divino potere di immaginazione "sogna" un luogo che divenga ospitale per le altre coscienze: quello che or ora abbiamo definito mondo teonirico, ovvero il nostro universo materiale.  Di un luogo ne abbiamo bisogno noi, non Lui.  (Quindi, nel momento della morte il nostro incontro con Lui sarà più un evento consistente in uno stato di coscienza collocato dentro un setting sognante piuttosto che un incontro reale, e in definitiva non sarà un vero incontro, bensì un ritorno tumultuoso in noi della Sua Memoria.)
Uso non a caso il verbo sognare, aggiungendoci le virgolette solo per marcare una differenza sostanziale, e questo perché comunque assomiglia moltissimo il Suo "sognare" al nostro sognare.
Quando noi sogniamo, diamo per scontato che esiste un mondo di cui fa parte una stanza dove incontriamo ad esempio i nostri congiunti defunti, e non è che dobbiamo preoccuparci dei particolari ambientali: il nostro sogno va dritto ai nostri scopi inconsci, sorvolando sui dettagli, ma intanto dando per scontato che i dettagli costituivi siano tutti al loro posto abituale.
Così fa Dio nel Suo creare il nostro universo: Lui non sta sprecando a riviversi gli insignificanti 14 miliardi di anni del nostro tempo che ci ha qui preceduti per edificare tutti gli antefatti cosmici miranti a costituire l'habitat ospitale per noi esseri umani. A costruire tutti i dettagli di ogni Realtà, sia la nostra che perfino quella stessa del nostro Dio, provvede quel livello superiore "scriteriato" che in questo post abbiamo denominato Caso.
Anche i nostri sogni sono strutturati così: se io essere umano sogno una spiaggia e mi avvicino alle onde del mare e guardo il cielo, non sto ricreando un miniuniverso dentro di me, lo sto soltanto immaginando alla stessa maniera in cui lo fa il nostro Dio, utilizzando noi però dei poteri infinitamente inferiori. E anche per Dio non c'è nessuno speciale sforzo da affrontare per produrci l'effetto di una terra e di un mare e di un cielo sopra di noi. (In fondo, sarebbe il Caso il vero dio, come abbiamo già detto, ma trattandosi di un dio del tutto incosciente e scriteriato, ovvero senza criterio, non avrebbe nemmeno senso lo sviluppare su di esso una ipotetica teologia. Il disinteresse verso tale entità è spontaneamente reciproco. Una unica nanosimpatia che potremmo sviluppare verso questa nebulosa entità sarebbe perché il Caso è strettamente correlato con ill concetto di Libertà, e difatti se non esistesse il Caso, questa non sarebbe nemmeno concepibile)
Dio, dunque, crea queste nostre coscienze. Per farlo, deve usare la Sua potente immaginazione, e Lui non Si cura dell'aspetto etico, di quanta sofferenza occorrerà in una Realtà da Lui immaginata, per arrivare a produrre coscienze analoghe a Lui, non Gliene importa nulla di miliardi di miliardi di esseri inferiori da immaginare sacrificati, per arrivare alla complessità ambientale occorrente per tali creature per Lui interessanti, che poi non sono che Lui stesso immemore. Ma in fondo, per Lui tutto ciò assomiglia a un videogioco cosmico, che è probabile che avremmo praticato anche noi, se per caso fossimo stati al Suo posto.
Lui poteva scegliere di far nascere coscienze analoghe a Lui, senza coinvolgere nella propria immaginazione creativa, anche direttamente Sé stesso conservante la Sua memoria?
Ma se avesse fatto così, quale potere ansiolitico contro l'angoscia di eternità avrebbe procurato a Sé stesso? Osservando soltanto dall'esterno lo scorrere delle nostre vite, sarebbe stato come assistere a dei film, e avrebbe finito paradossalmente per annoiarsi ugualmente, poiché ogni vita è tremendamente noiosa se la si volesse integralmente seguire dall'esterno come fosse un film, e conservando la memoria sarebbe rimasta lancinante l'angoscia di eternità, infinitamente più opprimente di quella di morte.
Unica opzione valida è quella che ha adottato: immaginare di calarSi direttamente nella nostra Realtà. Né Lui potrebbe arrivare a immaginarSi di venire giù ufficialmente, dato che se lo facesse, sconquasserebbe il Suo "sogno", e tutto questo ambaradam Gli farebbe tornare pienamente l'angoscia di sempre.
Lui quindi "nasce" ogni volta che nasce un nuovo bambino. Nasce tabula rasa come coscienza aperta a divenire una nuova persona portante la medesima coscienza di Dio.  A differenziarla fortemente da tutte le altre coscienze provvederà il Caso, cui chiaramente Lui Si affida per rifinire tutti i particolari.
E Lui diviene tutti noi; e prova di persona ogni nostra esistenza.  Per noi rimane inconcepibile come Lui possa contemporaneamente gestire tutte insieme queste miriadi di esistenze, ma Lui è una coscienza eterna per sempre collocata in un nonluogo capace di immaginarSi di ritrovarSi dove vuole, anche in luoghi dove si misura il tempo, e Lui qui da noi viene anche ad apprezzare l'esistenza tutta nostra del tempo, che è una delle tante cose di noi che più Lo attrae.  Misurare il tempo, per Lui, è sì una illusione, ma anche una simulazione per Lui estremamente gradevole.

 
 
 

Nulla può esistere senza corpo, nulla può esistere in un non luogo senza tempo e senza spazio, nulla può essere "immaginato" da nulle se non se ne ha una coscienza pregressa.

Pensa a noi: possiamo "immaginare" o "sognare" un cane, solo perché ne abbiamo il concetto. Prima si fa esperienza, poi si apprende, e poi si immagina, e la sequenza, in cui devono avvenire queste cose, non è assolutamente "invertibile" o pervertibile. Quindi sequenzialmente; prima devono esistere (fisicamente) i cani, poi noi, umani, esistendo insieme a loro, dobbiamo vederli, osservarli, imparare a riconoscerli e a farcene un concetto; solo dopo, solo a questi presupposti, li possiamo "immaginare", e giocare a immaginare che esista e ci sia un cane, ad esempio in un prato in cui invece, non esiste e non c'è. A questi presupposti, possiamo sognare un cane, immaginarcelo, simularlo artisticamente o mimeticamente eccetera eccetera. Chi tra gli umani, non avesse mai visto in vita sua un (reale) cane, almeno in un film o in fotografia, ad esempio perché nato e cresciuto in un'isoletta remota non abitata da questo tipo di creature, non sarebbe MAI in grado di sognare cani. Chi li avesse visti ma non ne avesse il concetto, ad esempio perché gravemente ritardato mentale, meno che mai, sarebbe in grado di "sognarli", cioè egli, pure se a un livello molto basico ed elementare li sognasse, non saprebbe minimamente di starli sognando.

Quindi come farebbe una coscienza immersa nel nulla, che non avesse mai interagito con nulla, che non avesse percezione, organi di senso, esistenza materiale, a "immaginare" quello che non avrebbe mai visto? Quello di cui non ha vero concetto, vera memoria, vero "materiale" da cui trarre le simulazioni e i sogni? Ti rendi conto, dell'assurdità di tutto questo?

ti rendi conto che avere, per assurda ipotesi, il potere (illimitato) di immaginare quello che non si è mai visto o mai esperito, equivale, già intrinsecamente, ad essere onnipotenti, cioè ad essere il vero Dio creatore, in un sistema che a questo punto non avrebbe vero bisogno logico di un altro Dio, o di una gerarchia tra dei, e non potrebbe implicare la sofferenza o la problematicità di Dio?

Se si è immersi in un non luogo e nel nulla, senza pregressa esperienza di nulla, che cosa di residuo ci rimane, anche accettata la verità di queste assurde premesse, a segnare la differenza, intercorrente, a giudizio di questa stessa coscienza immersa nel nulla, tra immaginare e creare? Risposta: nulla! La differenza scompare. Immaginare un cane dal nulla, senza averne memoria, incontro e concetto, è altrettanto "miracoloso" che crearlo. Altrettanto miracoloso che schioccare le dita, e creare, dal nulla e dall'aria, un cane. Come si fosse Dio. Fiat... (non la macchina :D ). Tanto è vero, che nella realtà ciò non accede mai, come spero di aver chiaramente dimostrato.

Creare è, appunto, immaginare quello che non si è mai visto: diciamo per esempio comunemente che un grande pittore, come Caravaggio, è "creativo" e non è un semplice artigiano, appunto perché i suoi quadri sono unici, non sono una semplice riproduzione "mimetica" di ciò che lui nella vita ha visto o semplici applicazioni pedisseque di una tecnica già da altri maestri "appresa", ma sono un contributo aggiuntivo, di una realtà a lui non "preesistente". Un Dio con infinita capacità di "immaginare ciò che non ha mai visto" (ridondante perifrasi), è un Dio, detto in parole più semplici, con infinita capacità creativa, dotato di questa infinita creatività, simile a quella dei grandi artisti (perché: immaginare ciò che non si è visto = creare), e quindi è il "vero" teologicamente tradizionale Dio, (non un Dio minore o problematico) ed è beato, perché potendo creare tutto, può creare l'oggetto di qualsiasi suo desiderio, o perfino il "soggetto", di un qualsiasi suo più complesso desiderio "relazionale", se volesse, mettiamo caso, circondarsi di altre coscienze, o di altre persone. Non avrebbe il minimo problema a farlo. Se ha potere creativo infinito, può creare indifferentemente e con la stessa perfezione l'animato e l'inanimato, il vivo e il morto, così come i grandi pittori, possono fare grandi scene di vita umana o animale, che sembrano "vive", e grandi nature morte, cioè grandi rappresentazioni di meri "oggetti". Se poni che anche Dio sia "infelice", è appunto la capacità creativa, che gli deve in qualche modo difettare: chi potesse creare tutto dal nulla, e farlo senza il minimo sforzo, non potrebbe allo stesso tempo essere mai "infelice" o tanto meno "annoiato".


#7
Citazione di: Luther Blissett il 28 Ottobre 2025, 18:20:09 PMCaro niko, possiamo legittimamente chiamarLo il nostro Dio poiché noi esistiamo soltanto in quanto "serviamo" a Lui.
Senza la Sua Passione, senza il Suo soffrire,  noi non esisteremmo.
E poi, porgi attenzione a un grosso equivoco in cui sei caduto, equivoco che devo chiarirti sùbito, e in cui non è caduto iano nel post successivo al tuo: tu ti domandi  come faccia a soffrire, se non è vivente e se è soltanto pura intelligenza: queste ultime prerogative appartengono unicamente all'enigmatica entità metafisica superiore, quella impersonale, gelida e priva di ogni empatia, che è però anche il metacreatore, ovvero il creatore del nostro creatore!
(Adotterei delle metafore suggestive per definire e distinguere i costituenti della nostra superiore catena di creatori: il nostro Dio tornerei a chiamarLo Cristallo-sognante-vivente-di-noi, mentre il Suo gelido creatore lo chiamerei la pietra-senza-pietà.)
Lo devo ripetere, appunto, ad essere non vivente e meramente intelligente è soltanto la pietra e non il Cristallo sognante che la pietra ha gemmato.
Ritengo di poter attribuire una valenza divina soltanto a quella che immediatamente ci sovrasta, poiché è legata a noi umani inestricabilmente.  Senza di Lui noi umani non esisteremmo, senza di noi umani, Lui passerebbe dalla condizione simile al locked-in ad una assomigliante ad una sorta di coma vegetativo, quindi con perdita di coscienza, e spaventosamente Si avvicinerebbe ad assomigliare al Suo gelido creatore.  Lui resiste ad esser Persona soltanto perché sta usando la Sua immaginazione per far esistere noi umani, subirebbe una spaventosa involuzione de-creatrice, se smettesse di immaginarCi, resterebbe virtualmene solo e inizierebbe la Sua destrutturazione psichica. Noi umani & Lui siamo reciprocamente Dio, considerati assieme, siamo come ci suggerisce nel mondo animale  un esempio di "simbiosi mutualistica": l'attinia con il paguro... analogamente, il teosolipsismo si propone come una teologia della "sinteosi mutualistica"... noi umani, in un certo senso, siamo reciprocamente parassiti gli uni dell'Altro.[/font][/size]
(E ricordiamo Meister Eckhart: "Lui ci vede così come noi vediamo Lui", e da entrambe le parti crediamo che Dio sia l'altro)




Le leggi statistico probabilistiche non si prestano a nessuna creazione volontaria. A nessuna, di sorta,  "immaginazione", ne creativa ne' emanatoria, ne' di qualsiasi altro tipo. Non ci stanno, almeno non in questo universo, leggi (da una parte) E condizioni iniziali (dall'altra) concepibili in una forma duale, in modo tale che un Dio, diciamo cosi', ottocentesco, possa "barare" e ottenere un risultato da lui voluto, secondo l'inevitabile fluire delle leggi deterministiche, "da lui non volute", (ad esempio: volute da un altro, e piu' potente, Dio!) solo e soltando fissando delle condizioni iniziali, da cui poi, un proggetto e una attesa, un singolo determinato fotogramma, possano derivare.

Il dio minore non puo' ridurre, la sua esistenza, (la sua stessa esistenza di Dio minore!) a un attimo inesteso dei mezzi, piu' un attimo inesteso dei fini, assentandosi, quale assenza di se stesso, e cioe' assenza di Dio, per tutta la durata estesa intermedia, che servirebbe a congiungere i due micro-attimi, in cui si seminano i mezzi, e si raccolgono i fino. E questo, sia perche' otterresti, inevitabilmente, un risultato casuale C durante il percorso tra A (attimo dei mezzi) e B (attimo dei fini) che ti farebbe fallire miseramente come creatore, o anche solo "immaginatore", volontario, sia perche', a un livello ancora piu' fondamentale, le leggi sono le condizioni iniziali.

Il mondo e' fatto di atomi, non di palline.

Tu puoi creare, senza violare nessuna legge fondamentale della natura, volontariamente qualcosa nel mondo.

Se pero' solo ti azzardi a voler creare la totalita' del mondo, ( ;D ) cioe' se in altre parole da Dio finto, quale sei, vuoi burlarti del Dio vero, scopri solo che dalla consustanzialita', di leggi e condizioni iniziali, (insomma dal fatto che tu, se sei dio minore, le condizioni iniziali a cui meramente applicare le leggi del dio maggiore non puoi fissarle, e che anche se le potessi fissare, andrebbe comunque tutto in vacca rispetto a un qualsivoglia proggetto volontario implicante una temporalita' che tu possa esserti mentalmente immagginato) deriva, immediatamente, cioe' senza nessuna mediazione, o l'acme' del determinismo (determinismo assoluto), o l'acme' della casualita' (casualita' assoluta) senza nessuna, benché minima possibilita' intermedia che il tuo spazio "di creazione" (furbetta, perche' vorrebbe violare le leggi altrui rispettandole) dovrebbe costituire.

L'unico modo di creare la totalita', sarebbe quello di scrivere a partire dal nulla la legge, scrivere le equazioni fondamentali, cioe' la forma e l'ipotesi in cui il dio minore, si appropri realmente delle prerogative di quello superiore.

Il videogame del Dio che scrive il mondo con le leggi di un altro Dio, va in tilt prima ancora di essere avviato.

Questo perche' nulla, puo' vivere, pensare o provare emozioni senza un corpo. Non c'e' nessun non luogo, della vita o del pensiero. Al massimo ci sono similitudini e raggruppamenti di molti luoghi, possibili, per una medesima vita. Il dio superiore non puo' esistere disincarnato. Il dio minore nemmeno. Noi umani, nemmeno. Tu cogli tutte le analogie, ma non cogli questa, che e' la principale.

Cosi' come non cogli che quando ti leggi un libro, o ti guardi un buon film,  immergendosi completamente nelle vicende del libro, tu ti autolimiti volontariamente. Lo sai benissimo, che quel libro o quel film e' solo una piccola parte, della tua vita o della tua coscienza. Ma te lo dimentichi per godertelo. Appunto, quando finisce, quando compaiono i titoli di coda, hai la straniante sensazione di "ritorno", alla totalita' piu' grande che e' la tua vita. Da cui sei uscito focalizzandoti su un dettaglio, perche' ne volevi uscire, focalizzandoti su un dettaglio. Quando metti a fuoco, tu ti autolimiti volontariamente. Quando guardi un dettaglio con tutte le tue forze, quando inizi a meditare.

E non comprendi che stai personificando l'eternita' della condizione umana. Al di fuori di una vita, c'e' la ridda moltitudinaria delle infinite vite. Fin qui, tutto giusto, tutto bene. Ma al di fuori anche di questa, ridda e moltitudine, non c'e' il dio minore, con le sue parti psichiche "residuali", non incarnate. E' gia' tutto, incarnato. Tutto persona, gia' nell'insieme delle singole, mille persone. E, al di fuori di questo, tanto meno, non c'e' il dio maggiore. Non comprendi insomma, che il processo, con cui da una singola vita, giustamente tu trai la moltitudine, delle mille varie vite, non e', poi, iterativo verso altre, e piu' sublimi amenita'.

Non c'e' nessun uovo, nessuna feto, nessuna filiazione, nessuna reincarnazione, nessuna lezione da imparare, nessuna evoluzione, niente di niente. La totalita', che e' eterna, prova noia, e ognuno dei singoli frammenti, che la compongono, e che e' effimero, prova dolore. Tutto qui. Tutto sommato, semplice. L'uno, qui, e' l'altro, perche' l'uno, e' sia alternativo, che, insieme, compositivo dell'altro. Il dolore, e' un'autolimitazione, volontaria della noia, e' il tuo mettete a fuoco un libro, un film, un dettaglio infinitesimale, per evadere un po', o anche solo perche' conoscere ti tiene in vita, e il meccanismo del conoscere funziona cosi', focalizzando e imparando, e simulando mentalmente, dettagli. E anche quello del volere: si vuole, sempre passando da una volonta' indeterminata (noia) a una determinata (dolore). O a un certo punto manca, e si invoca, la volonta' stessa nella noia, o manca, e si invoca, l'oggetto determinato di volonta': il voluto, nel dolore. Il meccanismo, non e' fatto per incepparsi, per fermarsi. La ruota, gira sempre. Passi sempre, da un tipo di brivido all'altro, da quello dell'effimero, a quello dell'eternita', e ci passi gia' diecimila volte al giorno, non solo quando muori, attraversi il buio e e ritorni al Dio minore.

Il tuo Dio, per essere eterno, non ha bisogno di essere qualcosa di piu' del singolo o della folla. Il tuo Dio e'il rapporto del singolo con la folla. La condizione umana, e' eterna. Soffre di mancanza di brivido, di omnimpotenza, di locked in, di nausea continua del capire tutto ma non poter fare niente, di non poter nascere e morire, di essere la unica e sola verit(ativit)a', di essere sostanzialmente tutto quello che c'e'. Contro questa eternita', contro questa nausea, contro questa noia, si puo' lanciare il guanto di sfida di una singola vita. Di una vicenda che, almeno relativamente ad altro e consegnandosi infine nelle mani di altri, finisce. Di una poetica che almeno in gioventu', si illude. Di una aggressivita' e sensualita' che almeno in vecchiaia, si placa. Di un mondo, salvato da una bellezza e non da una croce. E lo si puo' lanciare, questo guanto, a costo dell'effimero e del dolore. Il che non trascende, certo, l'eternita' e la conchiusione della condizione in cui noi tutti siamo, ma la sperimenta in una conferma singola e la frammenta. Processo non iterativo e non metafisicamente espandibile. Perche' oltre non c'e' un Dio: la personificazione di tutto questo, e' un Dio.

Dio, potrebbe creare solo un altro Dio? In quanto solo di questo, lui potrebbe avere bisogno? Noi siamo il Dio di Dio? Certamente. Ma non, non gia',  perche' Dio crei degli infelici; ma perche' dio, si rende infelice, creando. Non e'un mistero buffo. E' un mistero vero.

Potenza, finita, quella di Dio come pure quella dell'uomo. Perfezione, si', ma che sta in se stessa, perfezione che e' tale, e che puo' restare tale, in forza di, e non contro, certi limiti e del loro, finche' dura, rispetto. Secondo, appunto, il numero, la forma, il canone greco classico. Dio e' come noi. Non puo' dare, senza perdere. Quello che ci ha dato, lui lo ha perso. Noi siamo infelici, lui pure. Come risultato di una creazione. Che e' la storia di un quanto di vita, che poteva dualizzarsi, poteva farsi oggetto da dare, solo, spezzandosi. Dall'uno, la diade, e cioe' il grande/e/ piccolo. Puoi fare, in una relazione, un infelice, solo rendendoti, infelice. Non e' gratis, non c'e' un altro modo, non c'e' la scorciatoia di angustiare, il prossimo, rimanendo, felici. Ne' in cielo, ne' in terra. Potenza finita. Quanto dai, perdi, e quello che ne "inizia", da questo dare che poi e' solo uno spezzare, un dividere il pane,  ne sono solo le inevitabili conseguenze. Non c'e' l'albero, del pane; Non si trae energia dal nulla.








#8
Citazione di: Luther Blissett il 28 Ottobre 2025, 07:36:49 AMAvevo chiesto a coloro che avessero avuto seria intenzione di ricercare pecche nel mio costrutto teologico (come espressamente da me richiesto) il requisito minimo di aver prima letto integralmente quanto avevo scritto in merito.
Questa tua replica mi fa capire che deve esserti sfuggito un passaggio delicato e importante del mio discorso, che quindi tosto vo' a prelevare e a qui copincollare:
"... Noi siamo dunque un Suo brillante artifizio, siamo un Suo terribile videogioco vivente in cui Lui Si immerge come intimo avatara dentro di noi per provare di persona ciò che Gli sarebbe vietato dalla Sua stessa onnimpotenza.  Lui è per noi Dio, noi almeno restiamo convinti che Lui sia Dio, ma Lui nel Suo profondo crede piuttosto che siamo noi il vero Dio, dato che Lui sa che letteralmente non potrebbe vivere se non attraverso di noi, e infatti siamo noi soltanto e non Lui che possiamo vivere e morire.  Lui nel Suo supremo livello di coscienza non può fare assolutamente nulla, è come bloccato nella sindrome locked-in, la sindrome del chiavistello, e può vivere esclusivamente attraverso le nostre carni e menti umane, Egli abita nella nostra psiche, unico Suo domicilio conosciuto e possibile. Ed Egli genera noi umani attraverso un meccanismo analogo al disturbo dissociativo d'identità..."
La frase-chiave che ti è sfuggita di tutto questo passaggio e che è da zoomare è questa: "Lui è per noi Dio, noi almeno restiamo convinti che Lui sia Dio, ma Lui nel Suo profondo crede piuttosto che siamo noi il vero Dio, dato che Lui sa che letteralmente non potrebbe vivere se non attraverso di noi"
Ecco il nucleo centrale della mia teologia: noi crediamo che Lui sia il nostro Dio, perché è comunque Lui a farci esistere, sia pure come Suo ripiego di soluzione immaginativa alla Sua inguaribile disperata infelicità.  Noi umani riteniamo che Lui sia Dio, poiché riconosciamo che Lui dispone di prerogative e poteri straordinari che noi come umani non abbiamo. Ma ecco il punto sconcertante: Lui invece crede che noi umani siamo il Suo Dio! Lui non è altro che un piccolo Dio infelice, nato così dall'atto creativo di una gelida entità superiore, intelligente ma non vivente, che altrove abbiamo anche definito indegna di ogni nostra attenzione.  Quindi assistiamo a un doppio sconcertante equivoco: noi che umanamente continuiamo a chiamarLo il nostro Dio, e Lui che invece ci guarda noi tutti, insieme, umanità, come il Suo vero adorato Dio, poiché siamo noi che Gli diamo il nostro sangue, e la passione delle nostre vite e delle nostre morti.
Dunque, caro niko, dove mai la vedi questa autolimitazione del nostro Dio?
Non ti rendi conto che è una "creatura" limitata anche Lui, pur essendo Lui anche il nostro creatore?  Lui è stato creato autolimitato e infelice. direttamente da quella pietra impersonale, intelligente ma non vivente, che purtroppo sregola a caso tutti gli universi, entità che non merita alcuna attenzione, poiché nessuna relazione si potrebbe mai, né si dovrebbe mai, attuare affidandosi al caso.
Lui si fa uomo come autoterapia contro le limitazioni che Gli sono state imposte, Lui non effettua alcuna autolimitazione.
Semmai, se proprio vogliamo fare confronti, è il Dio cristiano che effettua autolimitazione, poiché rinuncia, bontà sua, ai suoi poteri di padrone dei cieli e si fa uomo in nome di quella cosa strana che chiama "amore", che consisterebbe nella richiesta fatta all'uomo di adeguarsi a un codice di sottomissione, datoci confusamente in un mare contraddittorio di assurdità e di feroci minacce.
Mi pare molto migliore la prospettiva di avere a che fare con un piccolo Dio infelice, creatura anche Lui come noi, piuttosto che con un Signore dei misteri che definirlo mistero buffo è stato anche fin troppo gentile.


Si ma se puo' soffrire, e se e' a sua volta creatura di un altro e superiore Dio, in che senso il Dio minore sarebbe Dio? In che senso sarebbe onnipotente? Se nasce autolimitato, e "figlio" altrui?

E soprattutto, se non e' vivente, se e' pura intelligenza, come fa a soffrire? Come fa a provare noia? Chat gpt, secondo te, puo' soffrire? Puo' anche solo annoiarsi, e quindi "soffrire" anche solo nella forma specifica della mancanza di "brivido" e della noia?  E un pallottoliere? Non condividi l'assunto universale che solo i viventi soffrano? Da cui deriva che, se il tuo Dio soffre > allora e' vivente (e non quindi pura memoria/intelligenza)?

Stringi stringi, mi sa che il tuo "Dio" e' solo un demiurgo gnosticistico :D ... un anti-dio...

E neanche "platonico", mi sa....
#9
Citazione di: Luther Blissett il 27 Ottobre 2025, 19:32:48 PMMi piace particolarmente il tuo intervento, per il fatto che individua bene una delle questioni fondanti che mi ero posto "nel momento dei plinti", ovvero nel momento fondativo stesso della mia teologia.  E la tua obiezione mi piace anche per il fatto che si muove dentro un quadro logico-razionale, come se invece di una metafisica, noi ci stessimo confrontando su una questione di fisica come ad esempio l'interpretazione di Everett.
Provo a risponderti.
È vero: anche la mia teologia ipotizza una forma di limitazione di Dio, e così fanno in sostanza tutte le teologie abramitiche.
Ad esempio, l'ebraismo ipotizza uno Tzimtzum, cioè una contrazione della divinità, per lasciare spazio alla Realtà creaturale.
Tu poi mostri anche di comprendere quanto sia dirimente l'esistenza di una giustificazione congruente di questo scomparire della presenza di Dio dal mondo creaturale, e citi per esempio il libero arbitrio.
Il libero arbitrio è l'alibi di Dio per giustificare il Suo assentarSi dal nostro mondo.
Peccato che le neuroscienze, pur ancora troppo giovani per darci solide certezze, già si mostrano piuttosto scettiche riguardo la questione che questo libero arbitrio esista davvero o non sia piuttosto una nostra illusione.
Peccato ancora che questo libero arbitrio riveli un eclatante comportamento divino descriminatorio nei confronti delle diverse categorie di Sue creature; infatti, stando ad esempio alle teologie cristiane, si citano altre creature oltre gli umani: gli angeli. Diversamente che verso gli umani, verso gli angeli Dio non ha utilizzato l'alibi del libero arbitrio.
Se nell'accezione fondamentale di "libero arbitrio" nel discorso teologico s'intende il fatto che Dio si nasconde a noi umani per evitarci di essere travolti dallo splendore divino e di coartarci così a tal punto da "salvarci" anche contro la nostra eventuale volontà di non esser salvati, allora va osservato che invece nei riguardi degli angeli Dio non ha mostrato questa delicatezza tutta speciale, e anzi Si è rivelato a loro in tutto il Suo affascinante splendore.  Gli angeli SANNO con sicurezza che Dio esiste, non sono come noi umani che dobbiamo inventarci una fede. Come mai questa discriminazione?  E poi, altra osservazione anche non poco inquietante, come mai alcuni angeli, di quelli tra l'altro più caricati di splendore divino riflesso, nei più altri gradi, si sono a Lui ribellati? Creature che hanno goduto da eoni dello splendore divino e Lo hanno conosciuto da vicino infinitamente meglio di tutti i santi umani messi assieme, eppure proprio loro si sono ribellati, pur sapendo che Dio è Dio. Un altro implicito corollario che deriva da ciò è che del libero arbitrio Dio poteva fare benissimo a meno, poiché la libertà di dirGli di no l'esempio degli angeli dimostra che sarebbe stata ampiamente preservata. E non solo, ma se Dio avesse fatto a meno di questo specioso alibi, avrebbe evitato di far pensare (ai più sospettosi) che Dio sia un tipo piuttosto selettivo che se la tiri un po' troppo, e che non Si renda trumpianamente conto che tante sante umiltà potrebbero celare profonde motivazioni o di strategie sottili o di sofisticate perversioni.  I cortigiani migliori di un tiranno sono sempre quelli più bravi nell'arte dell'umiltà come strategia e quelli che traggono godimento segreto dalla sottomissione. Non è che Dio Si vorrà riempire il Paradiso di sante Margherite Marie Alacoque?
Come vedi, amico niko, credo di avere inteso ciò che tu hai inteso. e ti ripeto che faccio mio anche il tuo intero ragionamento, compreso il senso del punto in cui dici che un vero Dio onnipotente pondererebbe bene prima di creare altro-da-Sé ma poi, dopo ponderato, rinuncerebbe del tutto a creare se sapesse che potrebbe creare anche una sola creatura destinata all'infelicità.
Il credente in certe fedi insorgerebbe difendendo il Creatore in ogni caso, e secondo lui, Lui avrebbe sempre ragione, essendo Dio.  (Credo di averlo letto tanti anni fa nientedimeno che sull'autorevole Dictionaire de Spiritualité: offendere Dio con l'incredulità significa offendere il Signore creatore dell'Universo e significa meritare il castigo esterno.)
Un errore tecnico però lo hai compiuto, nel tuo intervento: le teologie le hai messe tutte assieme, hai messo la mia teologia insieme alle forme di autolimitazione voluta direttamente da Dio, come avviene sia nel Cristianesimo che nell'ebraismo, non accorgendoti che io pure sostengo che il nostro Dio soffre di limitazioni, ma ho anche detto che queste limitazioni non sono volute dal nostro Dio. Il nostro Dio è un Dio minore, è una vittima pure Lui di entità superiori non meglio specificabili, e delle quali nemmeno il nostro Dio saprebbe dirci niente se iniziasse a dialogare con noi.  Se il nostro Dio minore lo potesse, guarirebbe di tutti i Suoi limiti, e di tutte le Sue assurde patologie.
Lui non Si è autolimitato, è stato limitato e tarato da quella pietra gelida quella intelligenza impersonale che governa statistico-probabilisticamente tutti gli universi, e che è assolutamente privo di ogni empatia verso quelle fragili forme di organizzazione materiali che talora possono financo evolvere a divenir persone. Il nostro Dio, condannato ad essere un Dio minore, non è invece una pietra bensì un Cristallo sognante che vive di riflessi, di luci e di noi.
Noi creature umane, ognuna col proprio nome, come una denominazione eponimica, siamo le Sue infinite specifiche malattie, Lui soffre attraverso di noi, ed è sempre con noi. Noi occupiamo interamente la Sua Realtà imaginativa, essendo infinitamente squallida la Realtà dove Lui sta gemendo.


Se lui, il Dio, "immagina" di essere gli uomini si autolimita, è comunque un Dio che si fa uomo, nel tuo caso: per amore di se stesso, come autoterapia per i suoi "problemi" principalmente di noia, nel caso del cristianesimo: per amore, e per la salvezza, degli uomini. Per provare l'angoscia di morte, egli deve temporaneamente o localmente "dimenticare" di essere se stesso, precipitare in uno stato di minore potenza: più "autolimitazione" di così....
Inoltre, non potendo guarire o rendersi felice immediatamente e da solo, senza giochetti implicanti bassezze indegne di qualsiasi vero Dio quali durata temporale, localizzazione, materia, fini e mezzi, si stenta a capire in che senso egli sia "onnipotente", o anche solo onnimpotente: un Dio sottoposto alla fisica o alla logica, o anche solo alla dilazione del piacere in un freudiano (o epicureo) principio di realtà, è ancora un Dio? Un Dio passibile di soffrire, soprattutto, è ancora tale?

 Il cristianesimo almeno, prova sostanzialmente a definire rigorosamente la sofferenza, il concetto filosofico, della sofferenza, come rifiuto (inter individuale) dell'amore e non mai come frustrazione (intra individuale) della volontà, giusto appunto per salvarsi da alcuni dei suoi stessi più ovvi paradossi e rendere conto di come un Dio/onnipotente, possa, a un certo punto, rimanere onnipotente, eppure, soffrire. Soffre, per il fallimento, della relazione, con l'altro da se. L'Amore, ovverosia Dio, soffre, perché non è amato. L'incarnazione eccetera eccetera. Che è una autolimitazione di Dio. Dio è (molto) più potente dell'uomo, quindi se Dio si fa uomo, si autolimita. Anche nella tua teoria, Dio, per provare tutto quello che prova nella vita e fino all'istante della morte un singolo uomo, illudendosi temporaneamente di essere (per davvero) quell'uomo, in un certo senso da Dio che era, volontariamente "si fa" uomo, diviene, quell'uomo, in maniera simile a come il Dio cristiano a un certo punto si incarna e si immerge nello spazio e nella storia in Gesu', e quindi, volontariamente si autolimita. Pare anzi che sia questo il suo unico potere, la sua unica possibile manifestazione (riuscita) di volontà.

Ti fai un problema simile a quello che si fà mi pare Severino, per il quale onniscienza e bontà/perfezione, del presunto Dio, sono incompatibili: l'unico modo per conoscere il male, è provarlo, quindi colui che realmente e fino in fondo conosce il male, anche lo prova, quindi, se lo "conosce", non può essere perfetto e buono, o, se lo è, ci sono delle cose che non conosce, e quindi non può essere onnisciente. 
Il "brivido", del tuo Dio, non è che l'onniscienza, la sua stessa onniscienza, onniscienza che a sua volta per essere tale implica [solo, e soltanto] la piena cognizione della reale condizione umana e dunque del male; male che, a sua volta, è sia effimero, dolore, male dell'effimero, in quanto ogni singolo uomo preso singolarmente è effimero e lanciato verso la morte, che eterno, noia, male dell'eternità, in quanto al di là del fallimento di ogni metafisica, la condizione umana stessa nel suo complesso, il nesso bruto tra una mente e un corpo gettati in un mondo che accompagna ogni possibile manifestazione dell'esistenza, è insuperabile, e riempie tutto il campo, del percepire e dell'essere; ed è tutto quello che (residualmente), tolte e scrostate tutte le illusioni in una possibile e necessaria teofania negativa, esiste e sussiste.
Nel tuo sistema non c'è niente, oltre al Dio, integro e intero, che in quanto tale soffre la noia, e alla ridda dei suoi giocattolini umani, frammentati, che in quanto tali soffrono il dolore; e quindi, siamo praticamente in Schopenhauer: non c'è niente oltre alla noia, e cioè astratta volontà di volontà, e al dolore, e cioè volontà incarnata [volontariamente autolimitata] e riconoscibile, di qualcosa; certo, tutto questo è valido solo se partiamo dal presupposto nichilistico e iper-moderno che "conoscere" il male, equivalga a farlo o provarlo... e non, beata e razionalistica ingenuità degli antichi, a schivarlo e salvarsene... proprio per il fatto, che lo si conosce.

E appunto il libero arbitrio, che a quanto pare pure gli angeli, i diavoli e Lucifero ce l'hanno, è imperdonabile, perché, lasciando il cielo e l'inferno e scendendo, o salendo, un attimo sulla terra, presso, appunto, l'eternità frammentata in mille effimeri della condizione umana, induce a temere, e ad avversare, il male, morale, umano, più dell'idiozia e dell'umana stupidità, e a creare una (folle) società che abbia la stessa, invertita e pervertita, gerarchia di tremori e timori, di amici e emici; il libero arbitrio, in pratica fa sì che Socrate sia morto invano.

Di buono, il libero arbitrio ha che apre alla comprensione della assoluta gratuità, e indipendenza dalle informazioni e conoscenze pregresse del male (la colpa di tutto il male è dell'uomo, perché Dio lo ha creato con le giuste e "formattate" informazioni necessarie a scegliere il bene, eppure l'uomo, inspiegabilmente ha scelto il male lo stesso; appunto un'idea relativamente nuova, questa, che, se accolta, oltre naturalmente a strapparci alla beata condizione dell'increato, e a colpevolizzarci ingiustamente di tutto e per tutto, ci costringe a riconsiderare la sofferenza, controintuitivamente, come rifiuto dell'amore e non come, intuitivamente, frustrazione della volontà); insomma rende possibile tutta una rivalutazione dell'istintivo e dell'irrazionale, che poi permetterà di riconsiderare criticamente anche il cristianesimo stesso, di aprire la parabola occidentale alla scienza, alla psicoanalisi, al nichilismo, alla modernità.

Di cattivo, di imperdonabilmente cattivo, ha che induce a temere la malvagità e i malvagi, più dell'idiozia, dell'ignoranza e degli stupidi, cioè descrive l'uomo come irrazionalmente malvagio e disposto a scegliere senza un vero perché il male pur nella guadagnata, e magari consolidata, conoscenza del bene, ovverosia ammazza Socrate un'altra volta. Afferma che c'è un male "puro" e personale da temere al di là della stupidità e con ciò, con questa sola e semplice affermazione, non rende (mai) più possibile una società eminentemente e utopicamente filosofica, e cioè finalizzata a combattere, limitare e risolvere l'insipienza e la stupidità come il primo, e praticamente l'unico, degli umani problemi. Magari, al fine di non ammazzare un'altra volta Cristo, ma comunque, ripeto, imperdonabile.

In un modo o nell'altro, il nesso tra libero arbitrio e "libertà " in senso lato, è molto, molto labile. La questione non ha a che fare, in realtà minimamente, con la libertà, la libera volontà e la libertà d'azione, ma con le priorità sociali, con cosa in una società sia considerato un valore e una priorità e cosa no. 

Il ritrarsi di Dio, la sospensione volontaria della sua onnipotenza e della sua onniscienza, che poi è ciò che rende possibile il libero arbitrio, per cui l'uomo, in quanto creatura, può fare scelte altrettanto definitive quanto quelle di Dio, il quale Dio a sua volta può "fingere" di non saperne gli esisti e quindi di non essere responsabile nell'omissione del prevenirle pur avendone la possibilità, personaggio, quello di Dio, che quindi non può che "cedere" potere, in un gioco dove il potere è a somma zero, ha immediatamente a che fare con l'insostenibilità in generale dell'idea di dio in un mondo irrazionale, poco paterno e genitoriale e pieno di sofferenza. L'idea di Dio, si indebolisce, alla sua stessa (seconda) nascita, proprio al fine di prosperare e durare. Dio si ritrae, sostanzialmente perché è la sua credibilità in quanto propaganda e in quanto idea, che data la realtà innegabile del mondo e della condizione umana, del tutto evidentemente anti evangelica e anti divina, si ritrae alla disponibilità ad essere pienamente creduta da un ascoltatore medio. Un dio indebolito, incarnato e ritratto, un Dio che sostanzialmente come un cucciolo, in una posa e in un atteggiamento anti-genitoriale, ispira pietà con i suoi occhioni dolci e da la colpa di tutto il male all'uomo invece di assumersela, è un dio credibile. Almeno rispetto a tanti altri e almeno fino a un certo punto.

#10
La tua teologia, proprio come quella in generale cristiana, e direi anche ebraica, prevede l'autolimitarsi volontario del dio onnipotente, e questo non solo come (mera) possibilita', ma proprio come (forte) realta'.

L'Onnipotenza prevede, per logica, la possibilita' della negazione, o quanto meno dell'autolimitazione, dell'onnipotenza [cosa con cui io personalmente, fin qui, sono d'accordo] E questo fatto NON puo' rimanere una mera possibilita' o virtualita', ma DEVE, in senso etico o pratico, tradursi in una realta' storica o narratologica di qualche tipo, ad esempio il libero arbitrio, la vicenda dell'incarnazione cristica o la tua teoria del dio psicotico [cosa con cui io sono in fortissimo disaccordo].

Insomma libero arbitrio, vicenda dell'incarnazione, e la tua teoria, sono tutte forme che ci raccontano COME, dovrebbe avvenire l'autolimitazione del Dio onnipotente.

Io invece penso, che un Dio onnipotente, al massimo "pondererebbe", (e dico pondererebbe giusto per fare un antropomorfismo e farmi capire) la possibilita' di autolimitarsi, ma poi, alla fine la "scarterebbe" e NON si autolimiterebbe. Per me, il fatto stesso dell'autolimitazione del Dio, quale espressione della sua stessa bonta' o onnipotenza, resta e resterebbe nella virtualita', del "divino pensiero", per questo non sono ne' ebreo, ne' cristiano, ne' un fedele della tua bizzarra teoria.

Il fatto stesso che Dio si autolimiti, ne tradisce la potenza finita (se DAVVERO fosse infinitamente potente, allora, come sua decisione finale NON si autolimiterebbe) e quindi tradisce la sua vera natura di demiurgo/dio minore. 

Egli, autolitandosi, di fatto che cosa fa? Crea degli infelici, e li crea, non certo gratis, ma al costo, specifico, di rendersi egli stesso, in forza della sua stessa creazione, un infelice; cioe' egli fa un errore, e un tipo di errore, che, a partia' di condizioni, il mio portiere, o il mio salumiere, NON farebbe. E siccome mi rifiuto, di credere che (il vero) Dio sia inferiore, al mio portiere, o al mio salumiere come intelligenza e come entita', giungo alla conclusione che codesto Dio, se esistesse, anche ammesso che esista, sarebbe solo un demiurgo.

#11
Tematiche Spirituali / Re: La scissione
20 Ottobre 2025, 22:37:48 PM
Citazione di: Duc in altum! il 20 Ottobre 2025, 16:42:52 PMEh no, caro @niko, è qui che sei in grave errore (anche se possiedi - per caso, per fortuna, per volere di Dio?! - la peculiarità del libero arbitrio di poter aver fede che davvero sia così) dal punto di vista (magistero) cattolico.

Dio ha creato l'Eden, ossia una realtà (pianeta, dimensione, dello stato dell'essere?) ove non c'è pianto, nè sofferenza, né morte (fisica e spirituale), è la Sua creatura (cioè ognuno di noi) che ha generato e alimenta il mondo di cui parli (sacra realtà riscontrabile ogni giorno nel perenne voler errare dei figli, anche se i genitori li educano al non errare... indipendentemente dalla fede che i genitori professano).

E' un semplice e banale dettaglio, ma che - obbiettivamente - spiega meglio la scissione di fede...


Si', gia' nel mio post di prima se leggi bene  l'ho detto un po' di righe dopo: secondo il cristianesimo, naturalmente, la colpa per il male nel mondo e' dell'uomo, perche' in questa religione si suppone, e si esalta il libero arbitrio.

In pratica voialtri avete inventato un (tipo di) Dio (finalmente) degno d'amore al (modico) costo di odiare se stessi (a cio' si riduce il nesso tra libero arbitrio e amore per Dio: la colpa del male e' dell'uomo); bella trovata, complimenti, molto adattiva, in quanto mediamente nella jungla nera dell'ambiente materico e sociale umano, gli odiatori di questo mondo in pace con loro stessi, a lungo termine fanno tutti una brutta fine e se ne trovano in giro sempre di meno, viceversa gli odiatori di loro stessi in pace con questo mondo, come tipo umano liberoarbitrista e non solo, si riproducono e prosperano, finanche a sommergere e colonizzare tutto il resto, ma potenzialmente, dicevo, pur riconoscendo la bonta' della trovata, c'e', o almeno ci potrebbe essere, pure di meglio, proprio su un piano di costi e benefici.

Ovviamente, che sia amabile o no, preciso che "Dio" nei miei discorsi vale principalmente come:

Grande e Potente Genitore/Io del mondo/Altro Uomo,

per scioglierne la metafora. E capire i veri effetti autocolpevolizzanti del concetto del libero arbitrio, rispetto ai veri, segni della potenza.
#12
Tematiche Culturali e Sociali / Re: cosa è woke?
19 Ottobre 2025, 22:04:28 PM
Citazione di: baylham il 19 Ottobre 2025, 19:10:17 PMConcordo con Jacopus che i valori, ideali woke fanno parte della tradizione della sinistra politica, per questo sono attaccati dalla destra.

Che nella cultura woke si trovino teorie estremiste, stupide o addirittura fasciste è normale.

Che le disuguaglianze biologiche e culturali siano più profonde da combattere politicamente spiega l'ostilità marxista verso questo movimento. Le disuguaglianze economiche, che sono comunque inevitabili, sono più facilmente riducibili rispetto a quelle biologiche e culturali. Oltre che balbettare di economia e di rivoluzioni, il marxismo è muto sulle differenze sessuali o generazionali: la disuguaglianza tra vecchi o giovani, uomini o donne non è colmabile dall'eguaglianza economica. La bellezza dei giovani è negata ai vecchi.
 

L'ostilita' marxista, si spiega perche' la lotta contro le disuguaglianze economiche, almeno in una logica di sinistra, dovrebbe venire prima di quella contro le disuguaglianze razziali, di genere o generazionali, essere in parole molto semplici prioritaria. E invece, certa sinistra ha abbandonato la lotta di classe e quindi quella per l'unica vera, possibile e auspicabile presso il genere umano eguaglianza, che di fatto e' quella economico sociale, (salari, welfare, servizi pubblici, internazionalismo, antimperialismo) e parla residualmente delle sole disuguaglianze razziali e di genere, cioe' dell'irrilevante e del nulla fritto.

Anche antropologicamente, non si tratta di fare un mondo "alla volemose bene", in cui le persone si uniscano, e vadano tutte d'accordo, solo perche' in linea generale e' considerato moralisticamente "buono" e corretto unirsi, e andare d'accordo; le persone, in generale, sono fatte come sono fatte, e, soprattutto se accettiamo la realta', esse si uniscono principalmente se in quanto hanno e riconoscono di avere degli interessi in comune, e si dividono, se non li hanno o non riconoscono di averli; e la lotta di classe, e quella contro la guerra in quanto interesse padronale e', ad oggi, l'unico interesse in comune che possa davvero mettere d'accordo la stragrande maggioranza dell''umanita'.

Cosa che e' anche intuitiva: rispetto alla disuguaglianza economica, e quindi all'assenza di diritti sociali, almeno se politicamente si e' anarchici, socialisti o comunisti, ci si aspetta e si auspica di giungere, finalmente, ad uno stato di piu' o meno perfetta e completa uguagluanza, in cui i diritti sociali, esistano, e siano rispettati, esattamente quanto quelli civili, o politici; e si lotta per instaurarlo, questo stato di cose, affinche' la differenza economica e di classe sia realmente eliminata; viceversa, rispetto alla differenza di razza, di cultura e di genere, o tanto piu', di gusti sessuali, nessuno al mondo penso, se non forse il piu' bigotto e pazzo degli stalinisti, si aspetta e auspica di giungere ad uno stato di "eguaglianza" generalizzato, che poi sarebbe una dittatura distopica difficilmente anche solo immaginabile, in cui tutti dovrebbero per principio  conformarsi a certi valori sessuati e sessuali, e etnico razziali, considerati lo "standard" dell'equaglianza, per cui non so, gli uomini dovrebbero diventare tutti un po' piu' donne, le donne, un po' piu' uomini, i neri comportarsi un po' piu' da bianchi, i bianchi un po' piu' da neri, per giungere tutti insieme alla aurea mediocrita' socialmente propugnata, dalla dittatura stessa; io penso invece che solo per la disuguaglianza economica e il suo umano ambito, sia leggittimo sognare l'eguaglianza vera e totale, cioe' l'abolizione totale, per atto e per proggetto politico, della differenza stessa; per la differenza di razza e di genere, e di gusto sessuale, invece, e' leggittimo solo sognare un mondo in cui la differenza sia mantenuta, ma non sia piu' strumento e fonte di dominio; le femministe per dire non vogliono e non rivendicano di essere uguali sostanzialmente agli uomini (che senso avrebbe una lotta simile? Chi mai la prenderebbe sul serio?) vogliono un mondo in cui tra donne e uomini ci sia differenza ma non ci sia dominio; ugualmente le pantere nere, non volevano essere uguali ai bianchi, volevano un mondo i cui tra bianchi e neri ci fosse differenza ma non ci fosse predominio, dal lato dei bianchi, eccetera eccetera.

La differenza economica, e' l'unica che possa attualmente risolversi in una nuova era di eguaglianza. Per questo, e non per altro, in senso marxista essa e' la piu' importante. Per tutte le altre, di differenze, tutte le persone sane di mente, ben si accontenterebbero di vivere nel rispetto delle reciproche differenze, ma senza predominio fisso di un termine, della differenza, sull'altro tipo uomini su donne, bianchi su neri eccetera eccetera.

Un mondo senza classi, sociali, e quindi senza ricchi e poveri, e' auspicabile, e possibile; un mondo (da incubo...) senza generi, razze, colori di pelle, gusti sessuali, tendenze generazionali e culture variegate riconoscibili viceversa e' impossibile, o comunque, se fosse possibile, sarebbe un inferno iper-egualitaro e probabilmente, sterminazionista di tutto cio' che non si riuscisse ad "equalizzare".

E' sempre l'implicazione reale, e cioe' quella socio economica, del concetto di democrazia ad essere determinante; il vero rispetto delle minoranze, a questo mondo, si raggiungera' solo dopo l'abbattimento di quella dittatura fissa, e storicamente costante, della minoranza sulla maggioranza che e' lo stato capitalista e borghese; che si mantiene con l'eterno, e ciclico, sbandieramento, degli eterni fantasmi, di tutto cio' che e' falsamente divisivo, e falsamente unitivo (dio, patria, famiglia, manchismo, razzismo, militarismo, xenofobia eccetera) Solo quando la maggioranza sara', realmente, al potere potra' decretare con atto politico la necessita' del rispetto, formale, delle eventuali, residue minoranze, nell'insuperabilita' presso l'umano di ciò che in fondo come tutti intuiscono e' giusto che differisca, e che quindi, deve continuare a differire.


#13
Tematiche Culturali e Sociali / Re: cosa è woke?
19 Ottobre 2025, 17:45:11 PM
Citazione di: anthonyi il 19 Ottobre 2025, 10:56:46 AMHai colto perfettamente il senso della frase, niko. Infatti le disuguaglianze da combattere sono quelle spiegate da limitazioni che la persona subisce al di là della sua volontà.
Per quanto riguarda le altre disuguaglianze  originate Da elementi come l'impegno e la capacità di agire efficientemente nel sistema economico, che dipendono dalla volontà individuale, non vi é alcuna ragione di correggerle perché disincentiverebbe gli individui a darsi da fare per migliorare la loro condizione economica.


Ah si'? Io conosco tanta gente povera perche' nata povera, e tanta altra  ricca perche' nata ricca, si vede che tu, invece, vivi nel mondo della Tatcher... quello dove se sei ricco o povero "dipende da te", intendo.
#14
Tematiche Culturali e Sociali / Re: cosa è woke?
18 Ottobre 2025, 14:47:35 PM
Citazione di: Jacopus il 18 Ottobre 2025, 14:05:13 PMSe i valori woke sono quelli, corrispondono ai valori della politica socialdemocratica. La cosiddetta socialdemocrazia "renana", che dalla Germania ha tentato di diventare un modello per tutti i partiti socialdemocratici d'Europa. Che questi valori siano oggi derisi la dice lunga sulla deriva di destra che interessa quasi tutti i paesi occidentali.


E' inevitabile che vengano derisi, quando la disuguaglianza che in teoria dovrebbe essere la principale e la piu' combattuta, appunto da sinistra, quella economica e di classe, diventa l'unica di cui a quelli di "sinistra moderata", non frega nulla...

Ed esplode l'irrilevanza di cio' che e' irrilevante al di fuori della lotta di classe: razza, genere, orientamento sessuale, immigrazione, carita' pelosa, cattocomunismo, pseudoprotestantesimo e via dicendo.

Guardate bene il punto 1 del testo di chat gpt. E considerate che nella vita le virgole, che gia' io ne metto troppe, sono fondamentali...

Il punto 1 NON dice, come ci si aspetterebbe e come in una logica di sinistra dovrebbe essere:

Disuguaglianze socioeconomiche  (VIRGOLA!) di genere, razziali, di disabilita' (...)

E cioe' la prima in ordine di importanza, di disuguaglianza da abbattere e combattere, per prima, e poi, dopo la virgola, cosi' come a logica dovrebbe essere,  tutte le altre.

MA dice: disuguaglianze socioeconomiche >>> di genere (VIRGOLA!) razziali, di disabilita'.

In pratica chat gpt, anche con il suo saggio uso delle virgole, conferma, la verita' non piu' occultabile, che al radical chic americano medio, di una disuguaglianza socioeconomica PURA, tipo quella che ci puo' essere tra due persone non handicappate dello stesso genere e della stessa razza, per esempio una mendicante e una miliardaria, se essa non e' accompagnata (ALMENO) da una disuguaglianza razziale, di genere, di disabilita' o gusti sessuli... frega meno di zero.

Se chiedi in giro che cosa pensino maggioritariamente i "woke", ormai, perfino chat gpt, ti risponde sinceramente.

Derisione meritata, quindi. E anche disprezzo direi. Per tutta questa gente.

Da parte di tutti quelli che ancora comprendono, che la disuguaglianza principale dei nostri tempi e' quella economica e di classe. Alla rivoluzione politica, non e' seguita quella sociale. E le conseguenze, ce le portiamo addosso parecchio.


#15
Citazione di: baylham il 16 Ottobre 2025, 18:37:28 PM"Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume".
Eppure Nietzsche sembra sostenere il contrario, l'eterno ritorno dell'identico.
Dubito che una ipotesi o l'altra possa essere falsificata, anche se ritengo più improbabile ed irrilevante la seconda.


L'eterno ritorno "dell'identico" non e' solamente  dell'identico, proprio perche' e' iscritto nella differenza (residua) tra realta' e desiderio; quello che in esso si vuole affermare e' sempre e comunque un divenire, ossia  l'eterno ritorno si realizza non solo deterministicamente, come fenomeno fisico, ma anche, antropologicamente, tramite il tipo umano (carattere) capace di volere e realizzare, l'eterno ritorno stesso, il tipo del superuomo e il suo avvento, quindi ogni cosa, che ritorna, e' (anche) differente, dal passato e dalla sua "versione" passata, perche' essa e' attesa, quale oggetto d'amore, e finanche sostanzialmente creata, da almeno una prospettiva, o interpretazione, possibile del mondo.
Sostanzialmente, il processo che ripropone l'identico non e' (solo) ripetitivo, ma (anche) accrescitivo, proprio perche' contempla l'azione, non solo di forze fisiche, ma anche di coscienza, memoria, istinto e volonta', ad esse parallele.
Banalmente, l'eterno ritorno si realizza in un sistema fisico che, seppure non continuativamente, ma a tratti e a luoghi sparsi, tipo, la terra in certi periodi di tempo rispetto a tutto l'universo e tutta la sua storia, prevede la vita, quindi ci deve essere, una relazione, un incontro, tra vita ed eterno ritorno, che poi, e' la stessa relazione, e lo stesso "incontro" che c'e' tra vita e forze deterministiche "oggettive". Non assoluta differenza, non assoluto scarto, neanche concettuale, tra oggetto, animale e umano. Per cui a un certo punto Nietzsche puo' guardarsi intorno e puo' chiedersi, come domanda esistenziale:

"Dov'e' il carattere/tipo umano > capace di volere > l'eterno ritorno?"

Cosa che ha fatto di lui un filosofo

E non, o comunque non solo, direttamente:

"Dov'e' l'eterno ritorno?"

Cosa che avrebbe fatto di lui un fisico o uno scienziato, probabilmente fallito e non ricordato ad oggi da nessuno.

Poi, Eraclito condivide con Parmenide paradossalmente l'attualismo, cioe' in Eraclito il fatto che l'universo continuamente cambi genera una superiorita' etica e gnoseologica dell'attimo presente, sul futuro e sul passato, "mentre" in Parmenide, il fatto stesso che l'universo continuamente non cambi (mai) genera la stessa (identica!) superiorita'.

Insomma l'eterno ritorno e' come una sorta di enigma zen: tu come soggetto vivente, per dare compiutezza alla tua vita e raggiungere l'illuminazione e la consapevolezza, senti che, in qualche senso e in qualche modo ti devi (dovresti) bagnare due volte nello stesso fiume, pure se la cosa, sembra impossibile. Perche' tu, all'atto pratico dei due bagni non saresti lo stesso, perche' le acque, non sarebbero le stesse, perche' l'unita' intrinseca dell'essere, non ammetterebbe la duplicita' di due attimi necessari alla verita' dei due bagni eccetera eccetera.

La soluzione, naturalmente, e' che mentre ti fai il bagno, non ti fai paturnie mentali, sei presente a te stesso e te lo godi: cosi' hai sciolto l'enigma e ti sei, nell'unico senso che conta e nell'unico senso un cui questo e' veramente possibile, bagnato due volte nello stesso fiume: una come realta' (ti sei, in effetti, bagnato) e una come desiderio (volevi, bagnarti).

E non in due attimo diversi: nello stesso, identico attimo.