Libertà d'espressione e tolleranza possono confliggere se la tolleranza è solo da una parte.
Viene anche da interrogarsi su l'uso che si fa talvolta della libertà d'espressione: se per amor di battuta, si rischia la propria vita, o peggio, anche la vita di altri "estranei ai fatti", va valutata l'importanza di tale battuta. Se è una battuta dal nobile scopo di denunciare un'ingiustizia o un sopruso, magari poco noto, può essere anche quella una forma di martirio per un ideale; se invece è una battuta che non rivela nulla di nuovo, ma dileggia solo chi notoriamente non ama essere dileggiato, la prevedibile conseguenza è innescare o fomentare violenza, aggravando il problema su cui si sta scherzando (strategia comunicativa poco avveduta, a mio avviso, soprattutto se si hanno intenzioni serie di risolvere il conflitto di vedute).
Mostrare copertine che offendono la religione di alcuni degli studenti presenti, non è un gesto didattico che alimenta lo spirito critico o il libero pensiero (attitudini che non si basano sulla mancanza di rispetto, da non confondere con la satira), anche se tali vignette vengono presentate come movente di un recente fatto di cronaca all'interno di un programma scolastico di educazione civica (basterebbe suggerire agli interessati ad andarsele a vedere su Internet).
Smettere di fare battute antireligiose significherebbe essere complici dell'estremismo religioso? Secondo me, no, soprattutto se si distingue fra religione ed estremismo (una battuta anti-Isis non è una battuta anti-Islam, privilegiare le seconde è sintomatico di una certa confusione, filologica prima che storico-sociologica). Significherebbe piuttosto capire che le conseguenze dell'umorismo potrebbero non valere il gusto della battuta (senza entrare nel merito della qualità umoristica) e che affrontare seriamente, da adulti, il terrorismo non significa provocarlo, solo per avere l'ennesima conferma che gli estremisti sono violenti.
I cambiamenti sociali, le convivenze problematiche, gli integralismi, etc. non si risolvono con frecciate, scherno e vignette irriverenti. Certo, la libertà d'espressione è anche libertà d'essere infantili, fuori luogo o spunto per eventi spiacevoli, senza che ciò sia, superfluo ricordarlo, minimamente paragonabile alla luttuosa gravità della violenza omicida (d'altronde, forse non c'è libertà che, malgestita, non abbia effetti collaterali).
Tuttavia, affermare la propria libertà d'espressione (e blasfemia) a costo di rischiare qualche vita umana, magari anche di chi non vorrebbe metterla in gioco, è davvero una vittoria (de iure o de facto) contro l'estremismo religioso? Oppure è invece proprio ciò che lo alimenta o lo inasprisce? Abbattere o imprigionare uno o più estremisti, quante vite umane (civili) vale?
@InVerno
Al di là dei discorsi istituzionali, le religioni, o meglio, i religiosi, o ancora meglio, gli intransigenti integralisti religiosi non sono tutti uguali; credo sia indice di suddetta avvedutezza saper scegliere quali religione maneggiare (a scopi artistici o altro) e quali lasciar stare. Non perché queste ultime siano sacre e intoccabili, ma solo perché il gioco (blasfemia) non vale la candela (lo spegnersi di vite umane). In teoria si può affermare che non è giusto sia così, che non si dovrebbe punire una vignetta con un omicidio, che non dovrebbero esserci stragi per motivi religiosi, etc. tuttavia, in pratica, la realtà dei fatti è piuttosto eloquente e tenerla presente prima di scegliere quale icona oltraggiare non è, secondo me, una tutela ossequiosa (e ancor meno una difesa) di quella religione o una limitazione generale della libertà di espressione, ma piuttosto un suo saggio uso (ovvero, se proprio vogliamo accarezzare un cane, magari non conviene cercarne uno dove c'è scritto «attenti al cane, morde», anche se abbiamo comunque la libertà per farlo).
Viene anche da interrogarsi su l'uso che si fa talvolta della libertà d'espressione: se per amor di battuta, si rischia la propria vita, o peggio, anche la vita di altri "estranei ai fatti", va valutata l'importanza di tale battuta. Se è una battuta dal nobile scopo di denunciare un'ingiustizia o un sopruso, magari poco noto, può essere anche quella una forma di martirio per un ideale; se invece è una battuta che non rivela nulla di nuovo, ma dileggia solo chi notoriamente non ama essere dileggiato, la prevedibile conseguenza è innescare o fomentare violenza, aggravando il problema su cui si sta scherzando (strategia comunicativa poco avveduta, a mio avviso, soprattutto se si hanno intenzioni serie di risolvere il conflitto di vedute).
Mostrare copertine che offendono la religione di alcuni degli studenti presenti, non è un gesto didattico che alimenta lo spirito critico o il libero pensiero (attitudini che non si basano sulla mancanza di rispetto, da non confondere con la satira), anche se tali vignette vengono presentate come movente di un recente fatto di cronaca all'interno di un programma scolastico di educazione civica (basterebbe suggerire agli interessati ad andarsele a vedere su Internet).
Smettere di fare battute antireligiose significherebbe essere complici dell'estremismo religioso? Secondo me, no, soprattutto se si distingue fra religione ed estremismo (una battuta anti-Isis non è una battuta anti-Islam, privilegiare le seconde è sintomatico di una certa confusione, filologica prima che storico-sociologica). Significherebbe piuttosto capire che le conseguenze dell'umorismo potrebbero non valere il gusto della battuta (senza entrare nel merito della qualità umoristica) e che affrontare seriamente, da adulti, il terrorismo non significa provocarlo, solo per avere l'ennesima conferma che gli estremisti sono violenti.
I cambiamenti sociali, le convivenze problematiche, gli integralismi, etc. non si risolvono con frecciate, scherno e vignette irriverenti. Certo, la libertà d'espressione è anche libertà d'essere infantili, fuori luogo o spunto per eventi spiacevoli, senza che ciò sia, superfluo ricordarlo, minimamente paragonabile alla luttuosa gravità della violenza omicida (d'altronde, forse non c'è libertà che, malgestita, non abbia effetti collaterali).
Tuttavia, affermare la propria libertà d'espressione (e blasfemia) a costo di rischiare qualche vita umana, magari anche di chi non vorrebbe metterla in gioco, è davvero una vittoria (de iure o de facto) contro l'estremismo religioso? Oppure è invece proprio ciò che lo alimenta o lo inasprisce? Abbattere o imprigionare uno o più estremisti, quante vite umane (civili) vale?
@InVerno
Al di là dei discorsi istituzionali, le religioni, o meglio, i religiosi, o ancora meglio, gli intransigenti integralisti religiosi non sono tutti uguali; credo sia indice di suddetta avvedutezza saper scegliere quali religione maneggiare (a scopi artistici o altro) e quali lasciar stare. Non perché queste ultime siano sacre e intoccabili, ma solo perché il gioco (blasfemia) non vale la candela (lo spegnersi di vite umane). In teoria si può affermare che non è giusto sia così, che non si dovrebbe punire una vignetta con un omicidio, che non dovrebbero esserci stragi per motivi religiosi, etc. tuttavia, in pratica, la realtà dei fatti è piuttosto eloquente e tenerla presente prima di scegliere quale icona oltraggiare non è, secondo me, una tutela ossequiosa (e ancor meno una difesa) di quella religione o una limitazione generale della libertà di espressione, ma piuttosto un suo saggio uso (ovvero, se proprio vogliamo accarezzare un cane, magari non conviene cercarne uno dove c'è scritto «attenti al cane, morde», anche se abbiamo comunque la libertà per farlo).