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Messaggi - Phil

#1006
Attualità / Re:Integralismo Islamico
01 Novembre 2020, 11:41:29 AM
Libertà d'espressione e tolleranza possono confliggere se la tolleranza è solo da una parte.
Viene anche da interrogarsi su l'uso che si fa talvolta della libertà d'espressione: se per amor di battuta, si rischia la propria vita, o peggio, anche la vita di altri "estranei ai fatti", va valutata l'importanza di tale battuta. Se è una battuta dal nobile scopo di denunciare un'ingiustizia o un sopruso, magari poco noto, può essere anche quella una forma di martirio per un ideale; se invece è una battuta che non rivela nulla di nuovo, ma dileggia solo chi notoriamente non ama essere dileggiato, la prevedibile conseguenza è innescare o fomentare violenza, aggravando il problema su cui si sta scherzando (strategia comunicativa poco avveduta, a mio avviso, soprattutto se si hanno intenzioni serie di risolvere il conflitto di vedute).
Mostrare copertine che offendono la religione di alcuni degli studenti presenti, non è un gesto didattico che alimenta lo spirito critico o il libero pensiero (attitudini che non si basano sulla mancanza di rispetto, da non confondere con la satira), anche se tali vignette vengono presentate come movente di un recente fatto di cronaca all'interno di un programma scolastico di educazione civica (basterebbe suggerire agli interessati ad andarsele a vedere su Internet).

Smettere di fare battute antireligiose significherebbe essere complici dell'estremismo religioso? Secondo me, no, soprattutto se si distingue fra religione ed estremismo (una battuta anti-Isis non è una battuta anti-Islam, privilegiare le seconde è sintomatico di una certa confusione, filologica prima che storico-sociologica). Significherebbe piuttosto capire che le conseguenze dell'umorismo potrebbero non valere il gusto della battuta (senza entrare nel merito della qualità umoristica) e che affrontare seriamente, da adulti, il terrorismo non significa provocarlo, solo per avere l'ennesima conferma che gli estremisti sono violenti.
I cambiamenti sociali, le convivenze problematiche, gli integralismi, etc. non si risolvono con frecciate, scherno e vignette irriverenti. Certo, la libertà d'espressione è anche libertà d'essere infantili, fuori luogo o spunto per eventi spiacevoli, senza che ciò sia, superfluo ricordarlo, minimamente paragonabile alla luttuosa gravità della violenza omicida (d'altronde, forse non c'è libertà che, malgestita, non abbia effetti collaterali).
Tuttavia, affermare la propria libertà d'espressione (e blasfemia) a costo di rischiare qualche vita umana, magari anche di chi non vorrebbe metterla in gioco, è davvero una vittoria (de iure o de facto) contro l'estremismo religioso? Oppure è invece proprio ciò che lo alimenta o lo inasprisce? Abbattere o imprigionare uno o più estremisti, quante vite umane (civili) vale?


@InVerno
Al di là dei discorsi istituzionali, le religioni, o meglio, i religiosi, o ancora meglio, gli intransigenti integralisti religiosi non sono tutti uguali; credo sia indice di suddetta avvedutezza saper scegliere quali religione maneggiare (a scopi artistici o altro) e quali lasciar stare. Non perché queste ultime siano sacre e intoccabili, ma solo perché il gioco (blasfemia) non vale la candela (lo spegnersi di vite umane). In teoria si può affermare che non è giusto sia così, che non si dovrebbe punire una vignetta con un omicidio, che non dovrebbero esserci stragi per motivi religiosi, etc. tuttavia, in pratica, la realtà dei fatti è piuttosto eloquente e tenerla presente prima di scegliere quale icona oltraggiare non è, secondo me, una tutela ossequiosa (e ancor meno una difesa) di quella religione o una limitazione generale della libertà di espressione, ma piuttosto un suo saggio uso (ovvero, se proprio vogliamo accarezzare un cane, magari non conviene cercarne uno dove c'è scritto «attenti al cane, morde», anche se abbiamo comunque la libertà per farlo).
#1007
Tematiche Filosofiche / Re:Verità e sofferenza
30 Ottobre 2020, 20:10:54 PM
La ricerca presuppone l'assenza.
L'assenza accomuna ciò che non si trova e ciò che non esiste. La differenza fra le due assenze sta negli indizi e nella speranza.
La sofferenza è l'ombra proiettata dall'assenza su una speranza che non trova più indizi.
#1008
Riproponendo in chiave filologica ed esegetica l'invito
Citazione di: Ipazia il 28 Ottobre 2020, 14:18:14 PM
andiamo a leggere [...] nei Testi Unici e nella dottrina delle religioni
abbiamo a disposizione un rasoio a "doppio taglio", nel senso che lo studio dei testi sacri può essere usato anche per fare la tara ad interpretazioni forzate, separando il senso religioso dalla sua ricezione e fruizione politicizzata o strumentalizzata. Spero che ora non si inneschi una sterile "guerra santa" di citazioni pro e contro la violenza tratte da testi religiosi.
P.s.
Citazione di: Freedom il 27 Ottobre 2020, 23:19:06 PM[/size]Tanti anni fa un utente, di straordinaria acutezza e capacità espositiva, fece un Thread nel quale dimostrava, matematicamente, come il Nulla ed il Tutto fossero equivalenti. Io, purtroppo, feci l'errore di cui mi pento almeno una volta al mese, di non stamparmelo e incorniciarmelo.Ne ricordo solo un passaggio importante, forse decisivo: se sommiamo tutti gli infiniti negativi a quelli positivi otteniamo 0. Cioè il nulla. Cioè il tutto. § = 0
Forse era uno dei post di questa discussione?
#1009
Citazione di: InVerno il 25 Ottobre 2020, 13:36:07 PM
Penso che quello che chiamiamo "coscienza" non è un oggetto, ma un unità di misura (come il grammo), che qualititivamente può raggiungere una complessità tale da meritare suffissi e prefissi (come "auto" o "kilo"), ma l'idea di andare a cercare materialmente la coscienza, è altrettanto ingenua quanto imbarcarsi in un avventura alla ricerca del "grammo".
Direi persino che la coscienza (come la mente, etc.) non esiste "in sé", ma sia un concetto "classico" (non per questo non rivedibile) nel quale facciamo convergere, sintetizzandole, una serie di attività neurologiche distinguibili seppur interagenti fra loro (propriocezione, emozioni, etc.). Paragonerei il concetto di coscienza, pur con le dovute differenze, a quello di vista: non si tratta di un ente, localizzabile o studiabile isolatamente dagli altri (pertinenti), ma di un'astrazione che si basa sul vissuto dell'interazione fisica fra mondo esterno, luce, occhi, cervello, etc.

@Jacopus
Il motto sul cogito è a ben vedere quasi un sofisma, nel senso che proprio pronunciando «cogito», alla prima persona singolare, si presuppone già l'io, non lo si dimostra. Ciò che è innegabile ed evidente nell'esperienza del pensiero sono infatti i pensieri, non l'identità del pensante (come ben osservarono più ad oriente con il concetto di anatta). La forma "onesta" sarebbe «penso, quindi il pensiero esiste (/esisto come pensiero)», forma che deve pur cedere alle necessità della grammatica (verbi alla prima persona) per essere comprensibile, ma almeno evita di ipostatizzare un io fisico, che Cartesio stesso avrebbe dovuto escludere in coerenza con il suo dubbio metodico (Genio maligno, etc.). L'annessa domanda (retorica) «ma allora chi pensa i miei pensieri» è a sua volta viziosa perché presuppone ugualmente un'io (implicito nel «chi» più «miei»); se rispondiamo a tale domanda con «il cervello», abbiamo almeno un ente materiale a cui attribuire verificabilmente l'attività di pensiero (si può pensare senza cervello, come pura anima o spirito? Chissà, intanto possiamo almeno attenerci "cartesianamente" all'evidenza certa).
Ovviamente, la comune ragionevolezza presuppone che il mio corpo esista (che non stia vivendo in un sogno, etc.); è solo una nota esegetica su Cartesio.


P.s.
@Dante @niko
Sono l'ultimo a poter dare ripetizioni di matematica, ma il 50% di possibilità di indovinare è relativo al singolo evento, come la scelta fra due bottoni, un lancio di moneta, etc. non ad una serie di tentativi del medesimo evento ripetuto: se lancio la moneta 10 volte, non è affatto scontato che riesca ad indovinarne il 50% dei risultati. Se nei test con molteplici pazienti, gli scienziati hanno predetto il 60% dei risultati corretti, ciò non toglie che l'uomo della strada ne avrebbe potuti indovinare anche l'80%... tuttavia, nella scienza non si tratta di scommesse o divinazione, ma di cognizione di causa.
#1010
Seguendo lo spunto di anthonyi, ho trovato questo articolo (in inglese), questo (in italiano) e questo (dell'istituto che ha fatto la ricerca).
Da profano, mi sembra che più si studia il cervello, più si dimostra attendibile una lettura meccanicistica della mente, della coscienza, etc. che sembrano trascendenti soprattutto se vissute in prima persona (proprio come altri episodi fisiologici di stimolo/risposta), ma se analizzati in terza persona, ovvero studiando scientificamente il cervello altrui, pare che sia una questione di interazioni immanenti piuttosto demistificate (anche se credo si sia ancora lontani da una spiegazione oggettiva inconfutabile).
#1011
Se è il vertice della gerarchia (almeno di quella terrena) ad affermarlo e legiferarlo, allora non può essere percepito come un "faidatè"; in questo sta il "vantaggio fondazionale" delle religioni (agli occhi dei fedeli, ovviamente). Questa apertura di "target" rende la risposta di quella religione ancora più "user friendly" e "updated", con buona pace dei vari Galileo e Bruno, relegati sempre più a fare gli imbruttiti nei libri di storia e i patroni dei forum per atei (ormai socialmente non mi stupisco più di nulla...).
In fondo, come dicevamo, l'utilità sociale ed esistenziale della religione in questione non è compiacere i teologi o ingannare il tempo in attesa della parusia, ma dare un senso che, da quanto mi segnali, diventa ora percorribile anche per le coppie omosessuali (e qui ritorna pertinente il richiamo alla religiosità-come-istanza fatto da Aumkaara, da non confondere con il mio discriminare fra religione-come-risposta e metafisica-come-filosofia).
#1012
@viator

Non credo esista una ragionevolezza comportamentale assoluta (non parlo di problem solving di tipo pratico), ovvero che prescinda dalla sua situazione culturale e storica, così come non esiste un cervello che ragioni senza essere condizionato dalla sua storia (educazione, esperienze, contesto sociale, etc.). L'«adulta ragionevolezza» è mutata con il mutare delle culture nella storia, anche se è spontaneo non riuscire ad essere obiettivi in merito, proprio perché la nostra ragionevolezza non è quella degli altri, siano essi nostri contemporanei o antichi.
Se non molte generazioni fa era ragionevole (ma non obbligatorio) iniziare alla sessualità i ragazzi (minorenni?) tramite esperienza a pagamento (o simili), oggi un episodio del genere, oltre ad essere ritenuto irragionevole nella nostra cultura (ma non ovunque), comporterebbe probabilmente ripercussioni legali sui genitori. Possiamo davvero dire che quel "momento pedagogico" fosse "oggettivamente" irragionevole e immaturo, a prescindere dal contesto da cui formuliamo tale giudizio (la nostra prospettiva contemporanea)?
Se lo giudichiamo "oggettivamente" irragionevole, da quali indizi concludiamo nondimeno che «le persone ragionevoli si rendessero conto che certe soluzioni richieste [...] rappresentassero unicamente il "far di necessità virtù" imposto dalla (im)maturazione delle epoche e non certo una risposta razionale alle istanze dell'esistenza»(cit.)? Secondo quali criteri "oggettivi" il ragazzo che lo trovava ragionevole aveva torto, mentre chi lo trovava irragionevole era più ragionevole?
Non intendo dire che le culture cambino storicamente per costante maturazione-evoluzione, che ci sia un "oggettivo" miglioramento (sorgerebbe l'aporia dei criteri), quanto piuttosto suggerire che per molte questioni la ragionevolezza sociale è sempre figlia delle sua epoca storica e non c'è una «adulta ragionevolezza» assolutamente metastorica.
#1013
@viator

Al di là di assonanze linguistiche e metaforiche, la teoria fisica che assegna ad ogni corpo un campo gravitazionale non ha molto da condividere, o al massimo falsifica, quella metafisica aristotelica dell'unico motore immobile: le due argomentazioni, le due verificabilità (o meno), i due piani del discorso, le due catene di conseguenze, etc. dimostrano che alcune teorie, se trasportate in un altro periodo storico, perdono di ragionevolezza. Più in generale, è proprio il confronto con le altre discipline che muta il contesto e la "verità" di molte speculazioni filosofiche, che solitamente possono essere "attualizzate" o per via metaforica (facendo slittare, più o meno forzatamente, i significati originari, come nel caso precedente) o per via dogmatica (disconoscendo e sospettando delle alternative più recentemente proposte).
La ragionevolezza ha anch'essa un legame con l'attualità poiché non è asetticamente indipendente dal contesto: una volta era ragionevole e forse persino etico risolvere diverbi con un duello all'ultimo sangue o appellandosi ad oracoli; oggi, cambiato il contesto, è decisamente meno ragionevole (il che non significa che non accada più, ma che tali eventi vengono letti con meno ovvietà e paiono, appunto, meno ragionevoli che in passato). Tanto per non addentrarsi nei soliti esempi della "passata ragionevolezza" del geocentrismo, o della superiorità dei "visi pallidi", o dell'esistenza di dei, o del possesso di schiavi, etc.
#1014
@Ipazia

Non dovrebbe stupire la (mia) disparità di "trattamento" fra metafisica e religione (intesa popolarmente, non come teologia) perché la religiosità è un fenomeno di massa, mentre il pensare metafisico, filosoficamente inteso, richiede (come lo studio dei complotti di cui si parla altrove) un minimo di dedizione e accuratezza. La risposta religiosa è preconfezionata quindi pronta all'uso e ben adatta alle masse indaffarate ma non sorde alla richiesta di un senso (semantico o direzionale o "sesto" che sia); la risposta metafisica richiede una fruizione differente.
Sull'illusionalità, con riferimento a quanto dissi tempo fa su vuoto, convenzioni, (s)fondamento zen, funzionalità della scienza, etc. già sai che "sfondi un velo aperto" (ricordi la vignetta vuota, senza albero?), tuttavia dipende comunque a che livello di linguaggio, appunto convenzionale, decidiamo di parlare.
Per la domanda di senso esistenziale, la risposta «religione» è spesso quella giusta; lo conferma la giuria popolare di alcuni miliardi di persone (circa l'80% della popolazione mondiale pare creda a qualche religione). Si può certamente non essere concordi (e sai che non sono di nessuna parrocchia), ricordando che la quantità non è la qualità, ma essendo nel campo di valori e credenze (senza entrare nel merito del "senso" in questione), il concordare o meno è una questione molto relativa e personale (non c'è Holzwege storicizzato che possa dimostrare nulla in merito; o meglio, l'unico che potrebbe termina al cimitero e per ora non pare fornirci feedback attendibili).


@viator

Contestualizzando storicamente la metafisica possiamo comprenderne meglio il senso (e i rispettivi mutamenti): il valore e il ruolo che aveva la metafisica ai tempi di Aristotele è decisamente differente da quello che può avere oggi; non considerare questa differenza è il rischio a cui mi riferivo. Esemplificando con un contenuto: Aristotele poteva, ai suoi tempi, ragionevolmente speculare ed argomentare su un "motore immobile"; oggi suonerebbe più anomalo e meno attendibile.
#1015
Una (pedante) postilla sulla religione partendo da questi due spunti:
Citazione di: Aumkaara il 17 Ottobre 2020, 23:09:55 PM
Io non ho mai iniziato una religione, ma so che ho un aspetto che vede il mondo con la stessa qualità di sensazioni, emozioni e sentimenti che animano i religiosi. E ho visto che tutti quelli che negano tale aspetto lo vivono comunque, scambiandolo per qualcos'altro
Citazione di: Ipazia il 20 Ottobre 2020, 23:03:03 PM
Il problema nasce quando a quel Qualcosa, senza averne capacità dimostrativa alcuna, si attribuisce uno status di realtà nota, declinandone genealogie, poteri, intenzioni, costringendo alfine altri umani a sottomettersi a questo parto sonnolento della (s)ragione. Questo per me è la religiosità e me ne sono, insieme a qualche altro miliardo di umani, tirata felicemente fuori.
Come per la metafisica, si corre spesso il rischio di ignorare le coordinate temporali, confondendo il valore e il ruolo che aveva secoli fa con quello che ha/può avere oggi. Parlare di religioni in termini di martiri, crociate e inferni oppure, peggio ancora, guardare a tutte le religioni dalla serratura di uno specifico terrorismo di spunto religioso, non è a mio avviso un gesto metodologico pertinente, perché non coglie cos'è oggi una religione in generale (e si limita a fare cherry picking per veder così confermate le proprie critiche, come se l'aderire ad una religione fosse una questione di essere nostalgici dei massacri in Terra Santa, apprezzare i "vizietti" dei ministri del culto, schierarsi a favore di chi non paga le tasse sugli immobili, accettare una libresca alternativa creazionistica alla visione scientifica, etc. se fosse solo questo, il cristianesimo si sarebbe probabilmente già estinto, almeno in occidente).
Per centrare il bersaglio del fascino religioso che tutela la diffusione dei vari culti nel mondo, bisogna guardare al piano esistenziale/sociale, non a quello storico o filologico (o, ancor meno, terroristico); come invece fanno, quasi inevitabilmente, quegli atei che non hanno mai creduto e quindi riducono la religione alla storia delle istituzioni religiose, non conoscendo il sapore esistenziale che può avere la fede, stupendosi dunque di come tanta gente non consideri rilevanti le nefandezze delle (istituzioni che amministrano le) religioni.

Proprio come per chi ha ancora oggi un approccio metafisico classicheggiante (non solo etimologico), nel postulare un assoluto religioso si tratta di rispondere ad una certa istanza di senso; la medesima che anima le grandi ideologie politiche (e anche qui siamo comunque nell'anacronismo). Quando Aumkaara parla di «un aspetto che vede il mondo con la stessa qualità di sensazioni, emozioni e sentimenti che animano i religiosi»(cit.) probabilmente si riferisce alla suddetta istanza. Contrapporre a questa "interrogazione semantica" della vita (con "taglio" metafisico), il curriculum delle istituzioni religiose (o politiche, o altro) evidenziando la loro cruda umanità e incoerenza, secondo me non aiuta una riflessione filosofica sull'attualità del tema dell'assoluto (religioso e non), ma fomenta sterilmente la protervia narcisistica della schadenfreude antireligiosa (che talvolta si appella puerilmente ad un vendicativo contrappasso, appunto, storico).

Concordo con l'osservazione di Jacopus e la interpreto con la constatazione che ogni cultura si è (auto)elaborata facendosi carico delle (e al contempo condizionandole) esigenze collettive, esistenziali e organizzative, proponendo degli "assoluti" (di volta in volta tali) come (co)stella(zione) polare, come fondamenti affidabili (fino al successivo mutamento culturale), secondo un concetto di assoluto che, sintetizzando molto, si presenta tanto più potente quanto più gioca sulla contiguità platonica fra universalità e astrazione, ponendo l'accento sul primo termine (anche se, dopo le dovute riflessioni sul ruolo del linguaggio, attualmente e neuroscientificamente l'accento si sta "secolarmente" spostando sul secondo, distinguendo postulazione da conoscenza).
#1016
Attualità / Re:Il valore della libertà
20 Ottobre 2020, 12:06:48 PM
Citazione di: Andrea Molino il 20 Ottobre 2020, 10:48:40 AM
ribadisco che non vedo complotti in questa situazione, bensì l'inizio di una rivoluzione socio-economica globale
Questa è un'oggettività su cui credo non si possa non concordare, si tratta di valutare se si ritiene ci sia una "mano occulta" (che non è quella "invisibile" di Smith) oppure sia "semplicemente" un'emergenza (in entrambi i sensi) dovuta all'interazione fra una miriade di fenomeni correlati (economici, politici, sociali, etc.) gestiti da moltissime figure decisionali che di certo hanno i loro doveri, i loro interessi, i loro ideali, etc. e "non giocano a dadi".
Per gli amanti delle complessità sistemiche, tracciare la rete delle differenti correlazioni e "influenze" (mi si passi la battutaccia) è sicuramente una sfida avvincente.
Nell'accostarti al complottismo, probabilmente mi avevano tratto in inganno alcune tue espressioni come «iniziare a guardare cosa succede dietro alla cortina fumogena», «persone che sono in grado di vedere lo schema generale», «soggetti "non allineati"», i riferimenti all'ingegneria sociale, il tuo Teorema con annessi Corollari fra cui «Gli effetti collaterali in termini di vite umane, attività economiche in fallimento, rapporti sociali ed umani in disgregazione, danni psicologi, ecc., sono stati previsti e ritenuti accettabili o irrilevanti».
Concordo sulla pertinenza di una meta-interpretazione, ovvero interpretare non solo i contenuti delle notizie che ci vengono date, ma anche il come e il perché ci vengono fornite in determinati modi, con determinati "accenti", etc. senza tuttavia incappare in fallacie che promettono soluzioni esegetiche indimostrate/indimostrabili.

P.s.
Come parola che significa «chi ordisce complotti», ho trovato «complottatore» (fonte e, meno seriamente, altra fonte).
#1017
Attualità / Re:Il valore della libertà
20 Ottobre 2020, 00:18:27 AM
Citazione di: Andrea Molino il 19 Ottobre 2020, 22:59:42 PM
I governi nazionali, tranne forse quelli americano e russo, devono seguire direttive sovra-nazionali.
Chiedo (non retoricamente): i vari decreti che condizionano la libertà di spostamento, etc. in Italia sono recepimenti di leggi europee o sovra-nazionali?
Altrimenti resta ancora aperta la mia domanda sul perché il governo italiano stia emanando tali limitazioni conformi ad un disegno mondiale che, da quanto intuisco, non l'avvantaggia (idem credo valga per l'Europa).

Citazione di: Andrea Molino il 19 Ottobre 2020, 22:59:42 PM
Tu puoi pensare che la colpa sia della gente, ma io la penso diversamente.
Lungi da me il colpevolizzare la gente, ho infatti scritto che le «manca, giustamente direi, il tempo e la voglia di farsi una formazione trasversale» (corsivo aggiunto ora). Se ho affermato che la tendenza al pensiero dicotomico non è colpa dell'indottrinamento della "Propaganda", non significa automaticamente che sia colpa della gente, almeno se non restiamo appunto imbrigliati in una dicotomia semplicistica che deve per forza dar la colpa a qualcuno.


P.s.
Citazione di: Andrea Molino il 19 Ottobre 2020, 22:59:42 PM
In un mondo in cui le parole hanno ancora un significato, i complottisti sono coloro che ordiscono complotti, mentre quelli che provano a smascherarli dovrebbero ottenere la riconoscenza delle vittime del complotto. Invece la Propaganda è riuscita a sovvertire il significato di ogni cosa.
Sul termine «complottista» ecco un chiarimento.
#1018
Attualità / Re:Il valore della libertà
19 Ottobre 2020, 16:31:20 PM
@Andrea

Lieto tu abbia scoperto un po' le carte; tuttavia non ho ancora capito ciò che mi ha spinto a chiedere chiarimenti, ovvero cosa il governo italiano (o di altri singoli stati europei) ci abbia guadagnato nel condizionare la nostra libertà, nel "manipolarci", etc.; i governi nazionali non hanno dunque più autentica libertà decisionale, essendo ormai mere pedine del Nwo (o simili)?
E gli stati che hanno lasciato maggior libertà ai cittadini sono dissidenti dello schema globale?

Secondo me non va confusa la critica mossa da Dante (sul piano mass-mediatico) con l'ipotesi che sia tutto già pianificato (geo-politica). D'altronde il complottismo, come ogni teoria omniesplicativa che porta come prove gli effetti senza dimostrarne il nesso causale, potrebbe spiegare quasi tutto a posteriori, con fallacia di falsa causa o da "explanans non controllabile" (come nel caso chi di postula l'esistenza del Maligno e ne riscontra la "prova" in ogni gesto o evento malevolo; lo stesso Nwo potrebbe a sua volta essere manipolato in un piano "metacomplottista" del Maligno per portare più sofferenza e sopraffazione nel mondo... resta lecito crederci e non si può dimostrare che non sia così, nondimeno tale pseudo-dimostrazione a posteriori è logicamente fallace).

Sull'osservazione che
Citazione di: Andrea Molino il 19 Ottobre 2020, 11:12:08 AM
In effetti uno dei sistemi più utilizzati per manipolare l'opinione pubblica, prevede come prima fase la semplificazione delle scale di grigio in dicotomie (ad esempio: Vax / NoVax, Mask / NoMask, LockDown /NoLockDown).
sarei cauto, perché si rischia l'inversione causa/effetto di cui sopra: è la gente a preferire il ragionare dicotomico e semplicistico; e non perché "così viene educata sin dalla nascita" ma perché, oggettivamente, è il modo più pratico e veloce per ragionare e classificare, nonostante tutte le controindicazioni del caso (ad esempio, i 9 mesi che ti hanno fatto partorire una supposta consapevolezza sulla questione, non credo che la gran parte della massa li avrebbe spesi allo stesso modo; basta parlare con un po' di gente prima di un referendum o delle elezioni per capire che manca, giustamente direi, il tempo e la voglia di farsi una formazione trasversale come la tua e dedicarsi per ore a spulciare fonti "alternative", tutto questo non certo per colpa di "indottrinamento dicotomico" ma per priorità pragmatiche, esistenziali, etc.).
A ulteriore riprova, suppongo che i movimenti "NoQualcosa" (che innescano democraticamente l'aut-aut) non siano stati fondati dal governo per bi-polarizzare escludendo la "scala di grigio", ma da associazioni politiche o da liberi cittadini, gli stessi cittadini (me compreso) che, se mi passi l'analogia scherzosa, preferiscono l'interruttore on/off a quello con il regolatore di intensità, le domande a risposta chiusa rispetto a quelle a risposta aperta, sanno gestire un semaforo (verde/rosso) ma in una rotonda spesso diventano "anarchici", etc. il motto «o con me o contro di me» è ancora un classico della forma mentis popolare (anche se il terzo polo degli indifferenti ha comunque il suo peso sociale).
#1019
Attualità / Re:Il valore della libertà
18 Ottobre 2020, 11:38:23 AM
Citazione di: Andrea Molino il 18 Ottobre 2020, 00:47:59 AM
Ci sono almeno 5 o 6 livelli di "interesse" e innumerevoli soggetti che traggono beneficio da questa pandemia, ma non mi metterò a fare l'elenco perché servirebbe solo a generare l'ennesimo contradditorio.
Se vuoi facciamo un gioco: tu fai delle ipotesi e io ti dico "acqua", "fuochino", "fuoco"...;-)
Ti indicheró soltanto una direzione per iniziare la ricerca: la pandemia è un incredibile acceleratore di trasformazioni del nostro modo di vivere, una giustificazione per qualunque azione "dolorosa, ma necessaria", una scusa per ogni fallimento, un'occasione per fare un sacco di soldi in molti modi diversi...
Se nessuna delle ipotesi "da manuale" che ho proposto è pertinente, non saprei onestamente quali altre proporre (come detto, non sono pratico del gioco); tuttavia, dall'indizio che mi suggerisci, sembra quasi che quella che avevo chiamato la «meno scontata» sia per te la più probabile (ma forse ho frainteso).
Secondo me un fattore da tener presente nella lettura della situazione, per evitare di applicare una spiegazione indebita solo perché sembra pertinente (ottenendo l'inquietante "Chomsky in bikini" di InVerno), è chi siano coloro che limitano la libertà in rapporto a chi sia a trarne vantaggio. Esempio banale: se è il governo che limita le libertà ed è la vendita online che ne trae vantaggio, un buon complottismo dovrebbe spiegare (se non dimostrare) il rapporto fra i due; poiché se fossero solo azioni concomitanti ma slegate, prive di un piano comune concordato, allora viene meno qualunque ingegneria sociale complottistica e si ricade semplicemente nel saper sfruttare le esigenze del mercato (da parte dei venditori online).
Sul piano strettamente sociale, come ricordato da InVerno, resta ragionevole che il "sistema immunitario" degli "anticorpi" anti-casta, anti-controllo, etc. reagisca preventivamente (e/o "prevenutamente") anche in caso di "falsi positivi" (complotti apparenti, apofenie, etc.), in modo da bilanciare l'eventuale eccesso di allarmismo e informazione approssimativa da parte dei media.

P.s.
Comprendo la tua preferenza di evitare l'«ennesimo contraddittorio», quindi di non esplicitare quello che secondo te è lo schema nascosto (così che me ne possa fare un'idea precisa), anche perché lo avrai già fatto ottenendo obiezioni e, concordo, non sempre repetita iuvant.
#1020
Attualità / Re:Il valore della libertà
17 Ottobre 2020, 15:33:08 PM
Citazione di: Andrea Molino il 17 Ottobre 2020, 13:26:12 PM
Siamo  stati tutti sottoposti a potenti sistemi di propaganda messi a punto da geni dell'ingegneria sociale (Per chi vuole approfondire, consiglio di cercare "Edward Bernays", "Noam Chomsky", "Joseph P. Overton") e la maggior parte di noi ne ha subito le conseguenze.
Non capisco bene se quel «geni dell'ingegneria sociale»(cit.) sia ironico o meno; non dovrebbe esserlo, considerando gli autori che citi fra parentesi, ma d'altro canto ogni propaganda e manipolazione di massa, magari davvero geniale nei metodi, ha sempre avuto uno preciso scopo dissimulato da perseguire, sia esso un tornaconto economico oppure il mantenimento del potere o acquisizione di vantaggi strategici. Se dunque quel «geni» è sarcastico, ovvero intendi che non c'è stata autentica manipolazione e circonvenzione, ma piuttosto disinformazione, incapacità gestionale, incompetenza, etc. puoi anche ignorare il resto del messaggio.
Nel caso invece di una "limitazione delle libertà" (senza voler entrare nelle valutazioni in merito) premeditata e subdola, quale potrebbe essere il secondo fine (o l'unico fine) per i governi che userebbero la pandemia come alibi per condizionare i comportamenti dei cittadini?
Da profano di geo-socio-politica, mi vengono in mente solo le ipotesi più scontate: accordi con le ditte farmaceutiche per "dividersi la torta"? Speranza che la durata della pandemia aumenti la propria permanenza al governo? Semplice divertissement e/o ostentazione/abuso di potere? Onerosa distrazione di massa?
Questa è forse meno scontata (mi pare di averla sentita o letta in giro): un esperimento sociale di massa per vedere come reagisce il popolo di fronte ad una limitazione delle libertà, proposto da governi che dunque rischiano la loro stessa crisi, economica e non solo, pur di condurre studi sociologici?
Credo infatti che sia complottisti che ipocondriaci (banalizzo) concorderanno sul fatto che il popolo è agitato e l'economia non se la passa bene; questi sono solo danni collaterali nello schema generale della propaganda o addirittura è ciò che si voleva ottenere?
Chiesto più in sintesi: se si ammette l'idea che il covid sia deliberatamente strumentalizzato dai governi per ridurre le libertà, a quale scopo, secondo te, si persegue tale riduzione?

P.s.
Mi rendo conto che siamo a pagina 11 e potresti averlo già detto in precedenza, anche più volte; in tal caso mi scuso, magari segnalami il numero del post dove trovare la risposta.