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Messaggi - Sariputra

#1006
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
15 Settembre 2017, 11:32:30 AM
Citazione di: Apeiron il 15 Settembre 2017, 09:25:12 AMOk sì concordo che anche un solo aspetto del Dhamma può dare "significato" alla vita. Per quanto riguarda il discorso di Ajahn Sumedho... qui la cosa si fa interessante. Il motivo per cui non è rimasto cristiano è stato che "voleva sparire", "voler esser niente", "liberarsi delle cose" ecc ecco qua si può vedere come questa filosofia sia vicina al "vibhava tanha", il desiderio di "non divenire". Ma a mio giudizio questa è una "razionalizzazione" di un "bhava tanha" (desiderio di venire), nel senso che si vuole divenire niente per il fatto che "tutto fa schifo". E questo in realtà è una cosa che accomuna buddismo, giainismo e induismo (e in realtà certe correnti cristiane)... non a caso se "tutto al mondo fa schifo" si vuole "altro" ed esso può essere Dio, il Nulla, il Nirvana, Brahman, il Dao ecc Quello che però volevo mettere in luce io è che seppur è vero che i sutras non sono la Parola di Dio (e nemmeno lo sono gli scritti daoisti...) è però vero che in essi molte cose hanno senso solo se si accetta qualcosa di "analogo alla provvidenza, al Fato ecc". Per esempio la vita del Buddha ai "regni del mondo", i Buddha precedenti e futuri, il declino e restaurazione del Dhamma, la "caduta" nel samsara (non a caso l'ultima rinuncia è proprio al "delirio", quella cosa in "più" che causa la trasmigrazione - per questo il Nibbana è la purezza come l'oro è "puro" quando si tolgono le impurità), il tentatore Mara (che tra l'altro come parola richiama la Morte). A mio giudizio il "western buddhism" o lo "skeptical/secular buddhism" falliscono proprio perchè ignorano questa parte di buddismo, ossia la Storia della Liberazione, del Dhamma... ignorare questo aspetto a mio giudizio è come cercare di capire la civiltà greca senza considerare la mitologia del Fato perchè "superstizione". Fallisce, ne da un'immagine distorta proprio perchè non ti fa sentire "all'interno" di una Storia e quindi non da quel "significato in più" soteriologico alla pratica. Per come la vedo io il problema della scienza e della filosofia è anche questo: non fanno "vivere nella Storia". Ho quasi l'impressione che il tempo dell'oblio del Dhamma sia già arrivato (così come la Kali Yuga), non a caso in ogni tradizione il declino della spiritualità si manifesta con un "accorciamento" dell'orizzonte. Analogamente coloro che dicono che il Nibbana=Non-Esistenza non afferrano proprio questa storicità del buddismo. E già il theravada che sembra ignorare l'aspetto "cosmico/storico" al giorno d'oggi lo vedo meno coerente (mentre nei tempi che furono era più coerente proprio perchè le persone erano già "inserite" nella Storia - quindi di fatto non c'era) del mahayana in quanto quest'ultimo mette in luce l'aspetto "Storico" in modo maggiore. Per esempio nel Mahaparinibbana sutta si dice che il Buddha poteva rimanere un eone in vita ad aiutare se Ananda lo avesse chiesto "con cuore puro", ma Mara lo ha distratto. Ora a noi ci sembra un assurdo che il maestro della compassione abbia fatto una cosa simile solo perchè il suo discepolo prediletto era distratto dal Nemico, ma per chi è inserito nella Storia questo è solo un evento di "Mistero" e non assurdo, un evento che si accetta. La demitologizzazione delle religioni, buddismo compreso, rischia proprio di far perdere questi significati, di far uscire le persone dalle "storie cosmiche" e così via. Il risultato forse è anche quello che tu trovi nel lamaismo (anche se devo dire che certe cose del buddismo tibetano, specie Dzogchen, Jonang e "vacuità come trasparenza/apertura" le ammiro molto). Il rischio di "praticare e basta" è proprio, secondo me, quello di non progredire nell'apertura degli orizzonti perchè non "viviamo la storia della liberazione", il "mito" ecc P.S. Una cosa simile oggi la si vede nel cristianesimo. Per esempio il motivo dell'agnello (legato al fatto che nelle tradizioni pastorali si sacrificava un agnello per proteggere il gregge dai lupi...).

Credo di capire cosa vuoi dire.  Personalmente non sento il bisogno di sentirmi all'interno di una storia, che in questo caso è millenaria, con tutte le sue contraddizioni. Il western buddhism, se fallisce, non è per questo aspetto, a mio parere, ma perché tende ad ottenere un riconoscimento "scientifico" e facendo così rischia di cadere nello psicologismo e di snaturare l'aspetto fondamentale, la pietra angolare su cui è basato l'intero edificio: la liberazione dalla sofferenza  tramite la realizzazione del Nirvana.
I testi mahayanici e vajrayanici sono ricolmi di elementi agiografici ( diz.:Biografia di un personaggio arricchita di elementi favolosi o leggendari a scopo celebrativo) che non devono mettere in secondo piano l'Insegnamento o che lo riducano ad una serie infinita di eventi "miracolosi" tesi ad andare incontro alle istanze fideistiche delle masse .
La tradizione theravada detta "della foresta"  ha tentato e tenta di riportare il buddhismo alla sua antica  essenzialità, quasi austerità filosofica e pratica. L'"essenzialità", da individure e introiettare in noi, mi sembra che vada cercata con un'opera quasi di scavo, che si faccia strada tra un'immensità di cose posteriori, appiccicate al Dhamma dai secoli e dalle culture diverse con cui è venuto a contatto.
Io lo vedo come un tornare all'interno di una storia, dalla quale , per il bisogno di credere in qualcosa di "divino" nel Dhamma di Siddhartha, ci si è allontanati.
Se leggo, per esempio, un romanzo di Dostoevskij, trovo senz'altro interessante la descrizione della vita moscovita o della campagna russa dell'ottocento, ma quel che rimane e che va ponderato è  la sua visione del significato essenziale del cristianesimo che troviamo in forma palese od occulta nel testo. Dopo molti anni che leggo dei testi sul buddhismo ( da giovane molto di più confesso...) ho sviluppato quasi una "sensibilità" immediata nel riconoscere ciò che è Dhamma e ciò che è agiografia, proprio perché confronto l'insegnamento con il mio vissuto, con la pratica stessa.
C'è sempre il rischio che una cosa diventi "la mia cosa". E' un pericolo reale...il mio buddhismo, il mio cristianesimo, il mio ateismo, ecc. Il confronto con i testi è quindi importante, ma non possiamo sfuggire alla responsabilità di "battere l'oro" e farne una corazza "per noi" . E' sicuramente una sfida, che a volte si preferisce evitare e allora...si pensa che "l'incommensurabile compassione del Buddha ci porterà automaticamente alla Liberazione, noi e l'intero chiliocosmo, deva ed asura e naga compresi". Non funziona purtroppo così, altrimenti Gotama non avrebbe mai pronunciato quelle parole. "Siate luce a voi stessi, non abbiate altra luce" e "Lottate senza tregua"....
Non so che traduzione del Mahaparinibbanasutta stai leggendo , probabilmente un versione mahayana.  Nella mia del De Lorenzo, sul testo di K.E.Neumann, non è riportato quell'aneddoto che citi. E' riportato invece che Siddhartha, durante la questua , fece ammirare ad Ananda la bellezza di Vesali e dei suoi incantevoli giardini ( Liberazione non significa quindi non percepire o apprezzare più la bellezza...) e, contemplando simile bellezza, sorse in lui il pensiero che forse  valeva la pena di continuare ancora per un pò la sua opera, per la salute di molti, per utile e compassione del mondo ( la Liberazione quindi non dà insensibilità o freddezza verso l'altrui dolore...). Ma questo gli apparve subito come un'attrazione dello "spirito del mondo" (spirito che prende il nome nella tradizione di Mara), come una seduzione della natura, ed egli respinse quel pensiero della durata, decidendo che, non più tardi di tre mesi si sarebbe estinto.
Sul fatto che ci si avvicina al Dhamma perché "schifati" dal mondo, che si ha questo desiderio inconscio di non esistere, di sparire, di sfuggire al divenire di tutte le cose e di noi stessi trova il suo significato nel desiderio. In questo caso è un desiderio che prende la forma di un'urgenza, di un confronto con la sofferenza e con la visione della stessa ( i famosi incontri , fuori dal palazzo paterno, dello stesso Siddhartha...). Il giudizio sul "mondo" (inteso come creatura dell'incontro tra noi, pensiero e coscienza, e gli oggetti sensibili) a mio parere resta negativo. Questo "mondo" è però qualcosa che, per il buddhista, è nato, divenuto, composto, soggetto al crescere e diminuire, ecc.ma , proprio per questo, può permetterci di attingere al non-nato, non-divenuto, non composto, ecc.. Il mondo non è "male", nel senso abramitico, per un buddhista, ma, per la stessa ragione, non è nemmeno "un bene". Si tenta quindi, a mio avviso, di "trascendere il "mondo" usando il "mondo"... :)


P.S. Però! Hai visto?...1849 visite...niente male  ;D  ;D

P.S. Mi piace tantissimo leggere testi mahayanici, non fraintendermi!  Anche solo per l'aspetto letterario, per la musicalità e per le profonde riflessioni ( Vimalakirtinirdesasutra su tutti...) :)
#1007
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
14 Settembre 2017, 23:43:26 PM
Citazione di: Apeiron il 14 Settembre 2017, 17:23:04 PMGrazie Sari! ;) Più o meno erano le risposte che mi aspettavo. In sostanza anche nel buddismo c'è il concetto di "infallibilità", non a caso il Tatthagatha viene detto "colui che vede e conosce la Realtà così come è". Ossia si parla di un "assolutismo", seppur molto particolare, unico rispetto a tutti gli altri visto che nega sia "Atman" che "Brahman"... sono incerto se nega ogni tipo di "Assoluto metafisico". Sinceramente non credo, specie leggendo gli Udana, il Dhammapada, il fatto che il Tathagatha è "incommensurabile"... qui si parla di qualcosa di Trascendente. Sinceramente sono convinto che sia la filosofia più "precisa" nella caratterizzazione dell'Assoluto proprio perchè nega che ogni nostra concettualizzazione possa "comprenderlo". Da questo punto di vista mi sembra simile al "Dao" e al "Pu" (il legno non scolpito) del daoismo (non a caso il Chan...), ma nuovamente "meno metafisico e più "silenzioso"". Ecco a mio giudizio dare dell'assolutismo al buddismo non lo vedo come un "insulto" ;D anzi lo rende più plausibile vista l'infallibilità implicita del Buddha. Da questo punto di vista il buddismo Mahayana paradossalmente mi sembra più coerente del Canone Pali, specialmente la filosofia implicita nel "Buddha Vairocana" e dell'Avatamsaka Sutra (filosofia implicita a mio giudizio anche nel Canone Pali). Il Dhamma d'altronde è la Verità secondo il buddismo (e dire che "ogni cosa è vacua" d'altronde è un'affermazione molto forte). Appunto il Dhamma è il centro, vero sempre e in ogni luogo (come dimostrato dalla figura dei "Buddha privati" e dal fatto che a me di "quasi santi" mi pare di vederli un po' in tutte le tradizioni). Sulla questione dei santi. Ecco vedi io invece ho un'opinione molto diversa. A mio giudizio non ce ne sono e probabilmente non ce ne sono mai stati. Così come non credo ai "santi" dello giainismo, indù, daoisti ecc. In sostanza li ritengo tutti ideali, quasi "archetipi" se vogliamo usare un termine caro a Carlo Pierini che ci costringono ad inginocchiarci e a "trasformare l'io" (nel caso del buddismo addirittura a trascendere ogni "io"). Sono tutti personificazioni seppur estremamente sviluppate. Tutte queste tradizioni puntano verso... "quella dimensione monaci...". Probabilmente una volta c'erano più "quasi santi" ma non sono molto incline a dire che erano davvero esistenti. La mia "fede" al momento è che ci sia un Assoluto (che trascende ogni "dottrina" visto che queste ne descrivono per così dire un "aspetto") e che sia possibile una mente infallibile (o più menti infallibili che "vedono e conoscono diversi aspetti dell'Assoluto/Realtà così come sono") ma ritengo ahimé che non mi sia più possibile abbracciare una tradizione (con "senso di smarrimento" associato :( ). Per esempio la stessa storia del Buddha, del principe che fu promesso dalla profezia che rinuncia ai "regni della terra" per scoprire ciò che ha un valore "imparagonabile alle cose mondane" e che quindi diventa il "vero re" mi pare un archetipo. Qualcuno ci ha visto anche "l'archetipo dell'eroe" nella storia di Siddharta. Credo che anche questo vada ben notato quando si parla di buddismo o altre tradizioni. Anche l'idea per la quale il Dhamma col tempo viene "dimenticato" e poi restaurato lo vedo molto simile a cose che si riscontrano in molti miti e molte religioni. Il che mi fa pensare che nemmeno il buddismo "scappi" da concetti per certi versi analoghi alla "provvidenza", la "storia del mondo" ecc P.S. Grazie anche degli altri post che non ho (per ora) tempo di commentare, sui quali sono quasi d'accordo ;) P.S.P.S. Per esempio anche nei vedanta è entrata l'idea del "risveglio istantaneo con pratica graduale" (ma secondo me anche in occidente e in altre tradizioni orientali - si pensi alle "epifanie" associate alla pratica cristiana per esempio). Anche nello studio, specialmente nel caso della matematica, per quanto mi riguarda ho "illuminazioni" inserite in una pratica graduale. Idem per l'arte ecc ecc

No, non è un insulto ritenere il buddhismo un assolutismo ( tra l'altro sei in buona compagnia, nel ritenerlo...) ma con la consapevolezza  che è, come dici tu "molto particolare, unico rispetto agli altri". Tra l'altro è assai complesso parlare di "buddhismo" tout-court perchè , con i secoli, è diventato una specie di contenitore dove troviamo di tutto e di più, anche cose che forse non ci azzeccano molto ( penso in particolare al lamaismo, con la sua forte componente di tantrismo e l'esperienza di una forte secolarizzazione dell'ordine monastico...).
Meglio concentrarci sul Dhamma e la sua pratica... :) 
Trovo che, per un praticante odierno, non sia utile inoltrarsi in quel folto bosco di miti, archetipi, leggende, note di colore, paragoni,ecc. che caratterizzano l'aspetto esteriore della dottrina. Nel 90% dei casi sono incrostazioni posteriori, I sutra non sono testi ispirati da Dio, ma l'opera di bikkhu che hanno cercato  di mettere per iscritto tradizioni orali che si sono perpetuate per almeno un paio di secoli, prima di trovare collocazione in un testo. La nostra speranza è riposta nella stupefacente capacità mnemonica di quei primi monaci, che utilizzavano i discorsi del Buddha come base di meditazione.
Non trovo importante credere o no in queste cose. L'importante per un praticante penso sia aver ben chiaro la motivazione da cui si muove Siddhartha, il suo obiettivo e il risultato conseguito. Quindi le quattro Nob.Verità e i tre sigilli. Ajahn Sumedho diceva che , solamente la prima delle quattro , può riempire una vita di ricerca...
A proposito di Sumedho , che insegnava un buddhismo pratico, molto concreto riporto un passo, da "So che non so"

Abbiamo tutti diverse tendenze di carattere, la mia personale tendenza è di opporre resistenza alla vita: il modo in cui tendevo a relazionarmi all'esperienza, quando ero laico, si manifestava, in generale, attraverso il tentativo di oppormi e di controllare le cose. Quindi, notavo che le mie aspirazioni religiose andavano più verso un desiderio di annichilimento che di felicità. Mia madre, da buona cristiana, era l'opposto, mirava alla felicità eterna. Aveva un'enorme fede nell'insegnamento cristiano, una fede tale che pensava che, una volta morta, avrebbe vissuto con Dio in uno stato di permanente felicità. Non era una cosa che io desiderassi particolarmente, non mi attraeva, quello che volevo io era una sorta di sparizione nel vuoto.
Notando questa tendenza nella mia vita monastica, che si manifestava come desiderio di liberarmi delle cose, desiderio di non esistere, desiderio di non essere niente, scoprii che questa tendenza verso ciò che chiamiamo annichilimento, o nichilismo, era un desiderio molto forte. E divenni consapevole, attraverso la consapevolezza intuitiva, attraverso la pratica della presenza mentale, di una sorta di resistenza automatica alle cose. Potevo avvertire interiormente me stesso che cercavo di spingere la vita lontano da me. Attraverso la consapevolezza, cominciai ad accorgermi che questa attitudine si manifestava a livello sottile, non era un rifiuto intenzionale di qualcosa, era più che altro una reazione inconscia.
Cominciando a riconoscere e ad accorgermi della sofferenza che questa resistenza alla vita produceva, fui in grado di lasciarla andare, mi fu possibile smettere di farlo; quando riuscii a vedere me stesso mettere in atto questa resistenza e potei accoglierla come un'esperienza pienamente cosciente, solo allora mi fu possibile lasciarla andare.
...
Talvolta, basta uscire di notte e guardare l'immensità del cielo, il fatto che sia così vasto, che l'universo in cui viviamo sia così sconfinato, e noi non possiamo in realtà capirlo, non possiamo realmente conoscerlo. Talvolta ci sentiamo rapiti o presi dalla meraviglia davanti al mistero e alla maestosità dell'universo, che possiamo percepire, ma non conoscere.
Nella pratica di presenza mentale, di consapevolezza intuitiva, non abbiamo bisogno di conoscere niente riguardo a nient'altro, abbiamo solo bisogno di conoscere le cose come sono in questo preciso momento, entro la limitazione del corpo umano, della coscienza sensoriale, sentendo ciò che è presente, ciò che possiamo osservare ora. Il Buddha paragonava il suo insegnamento delle Quattro Nobili Verità a una manciata di foglie: non sono tutte le foglie della foresta, è solo una manciata. Entro la limitatezza della nostra coscienza umana, non possiamo relazionarci con tutte le foglie della foresta, o contare tutti i granelli di sabbia del fiume Gange.
Quello che stiamo facendo è imparare da questa manciata di foglie, che in realtà è come il corpo, la coscienza, le esperienze sensoriali, il modo in cui sono le cose, per come le possiamo sperimentare direttamente nel momento presente. È un'esperienza che rende molto umili, perché il percorso spirituale non fa inorgoglire, non fa diventare un essere spirituale altamente evoluto che fluttua per aria, qualcuno al di sopra di tutti gli altri. Non diventiamo esseri fantastici spiritualmente evoluti, giacché la nostra meta, la vera misura della visione spirituale, inclina a una profonda umiltà. Ci si sente paghi, grati di piccole cose; anziché cercare di sapere tutto su qualsiasi cosa, anziché essere un'autorità, un esperto, si è più consapevoli di non sapere, e che non è necessario sapere tutto, basta conoscere la differenza tra il condizionato di cui facciamo ora esperienza e l'incondizionato.
Ora sono monaco da trentatre anni e il risultato di trentatre anni di pratica come monaco buddhista è che so di non sapere. So che c'è la sofferenza, quando è presente, e conosco le cause della sofferenza, e so quando la sofferenza non c'è. E so quando la mia personalità è attiva e quando non c'è persona. È la diretta conoscenza di ciò che chiamiamo ñana dassana, la conoscenza e la saggezza che provengono dalla comprensione intuitiva diretta, dall'osservazione, anziché dal collezionare conoscenze sulle cose. Il mio insegnante in Thailandia, Ajahn Chah, una volta mi raccontò che quando iniziò a praticare la meditazione disse al suo maestro: "Stai cercando di farmi diventare stupido"... ;D
#1008
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
13 Settembre 2017, 17:59:24 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Settembre 2017, 16:11:29 PMIn quella dottrina o regola in cui, o Subhadda, non viene praticato il nobile ottuplice sentiero,là non vi può essere un asceta (sotapanna), là non vi può essere un secondo asceta (che ritorna una volta), là non vi può essere un terzo asceta (colui che non ritorna), là non vi può essere un quarto asceta (arhat, "santo" liberato). (MahaParnibbana Sutta) Secondo i buddisti il Buddha poteva essere in errore o era una mente infallibile? Ossia è possibile trovare un "santo" che non sia buddista? Se il Buddha ha proferito quelle parole ed era infallibile sicuramente NO. Se il Buddha era infallibile ma non ha proferito quelle parole (o se si riferiva ad un gruppo ristretto di insegnamenti oppure se era infallibile ma il suo insegnamento era incompleto) invece è possibile. Se il Buddha era sì liberato ma non inerrante allora ovviamente è possibile. Per me un buddista per essere tale deve credere che il Buddha era infallibile e quello che ha proferito è la verità. Ma potrei sbagliarmi. Infatti il fondamento su cui basarsi per sapere se una cosa è vera o no, morale o no ecc sono le parole del Buddha (e gli insegnamenti "pratici" da lui insegnati). Quindi chiedo a chi ne sa più di me (il Sari di sicuro ;D ): il Buddha era infallibile per i buddisti? il suo insegnamento era una zattera? Mi pare che i cinesi hanno tentato di asserire che buddismo, taoismo e confucianesimo

Già nella citazione del Mahaparinibbanasutta si può notare come Siddhartha mette in evidenza che dove è possibile trovare il N.Ott.Sentiero là si trova il vero ascetismo ( Vuoto di dispute, che invita a venire a vedere, ecc.): Pertanto , a mio parere, questa frase fa intendere che , nello spirito originario dell'Insegnamento non è la figura umana, storica del Buddha il centro, ma è il Dhamma , l'Insegnamento. Questo mi sembra molto importante anche per rispondere alle tue domande.
"Il Buddha aveva una mente infallibile?". Era infallibile nella comprensione del Dhamma e sulla natura ultima di nama-rupa ( nome e forma), vinnana, samadhi, kamma, ecc.. Era infallibile nell'uso di abili mezzi d'insegnamento per ottenere prajna ( saggezza, visione intuitiva) a riguardo di questa natura. Certamente non possiamo pensare che il Buddha conoscesse la composizione molecolare dell'albero della Bodhi. La sua non era una conoscenza scientifica, empirica. Era un'infallibile saggezza/conoscenza esistenziale. Nei testi posteriori del Mahayana si comincia a profilare un'immagine di Gotama come quella di un Dio, di una divinità onnisciente e onnipotente. Questo penso non sarebbe stato gradito al Buddha stesso. Certamente la pressione fideistica delle masse ( e di molti bikkhu suppongo) era notevole...tutto ciò è cominciato a penetrare anche nei testi, rendendoli a volte veramente "variopinti"...
"E' possibile trovare un santo che non sia buddhista?". Secondo l'Insegnamento è possibile trovarlo, sempreché  (e ci colleghiamo con sopra...) abbia praticato il "vero ascetismo" ( il Nob.Ott:Sent.). Buddha non era "un buddhista". Spesso nei testi si parla di quanto siamo fortunati di vivere in un'epoca in cui è possibile apprendere il Dhamma. Non è sicuro, anzi! ,viene spesso ricordato, che ciò sarà sempre possibile o che sia stato possibile in epoche precedenti al Buddha.
Per me un buddista per essere tale deve credere che il Buddha era infallibile e quello che ha proferito è la verità.
Un vero buddhista deve sicuramente avere fede che l'Insegnamento dato dal Buddha lo porterà alla liberazione dal dolore ( Nibbana). E' implicito, a parer mio, che questo comporti la fede nell'infallibilità del Buddha a riguardo di questo insegnamento e nell'infallibilità dell'insegnamento stesso.
Più fallibile è la capacità dell'uomo comune ( Siddhartha era sicuramente un uomo dalle qualità fuori dal comune. Tutte le qualità...) di giungere alla meta additata da Gotama. La fede è sicuramente molto importante ( lo è in ogni pratica spirituale)e questa aumenta con l'aumentare della Pratica. Le due cose vanno insieme: fede e pratica, pratica e fede.
"Il suo insegnamento era una zattera?"
Sì, Buddha lo dice chiaramente: l'Insegnamento è una zattera. Giunti all'altra riva si deve deporre la zattera. Quando si è guariti non ha più senso continuare a prendere la medicina per guarire. Deporre non significa abbandonare. La compassione generata da vipassana porta spontaneamente a tentar di guarire altri. Deporre significa deporre l'attaccamento "anche" nei riguardi dell'insegnamento stesso...
"Ci sono santi buddhisti oggigiorno?"...Questa domanda la pongo io. La risposta: spero tanto che ci siano, ma ho seri dubbi al riguardo... :(
"Orsù dunque, o monaci, io vi esorto: periscono tutte le cose; lottate senza tregua." La tradizione tramanda queste come le ultime parole di Gotama  prima del Parinibbana. Ma l'uomo moderno, i monaci moderni stessi, sono in grado di "lottare senza tregua " ?...
#1009
Percorsi ed Esperienze / Re:Nun Me Scuccia'
13 Settembre 2017, 09:10:20 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Settembre 2017, 16:20:00 PMCaro Sariputra...conosci Jean Giono? Qui sotto un meraviglioso video animato del suo più celebre e bellissimo libro (più sotto ancora il link) https://www.youtube.com/watch?v=YIFDlYqtXDA http://www.giuliotortello.it/uomo/uomo.pdf

Sì, conosco Jean Giono e il suo racconto. Era tra i libri consigliati dal prof. di italiano di mia figlia, che lo doveva leggere durante un'estate di vacanza. Lo acquistai, lei non lo lesse, ma lo lessi io...
Concordo con Jean che il video d'animazione è un capolavoro. Ti ringrazio perché non l'avevo mai visto..
Nella biblioteca della Villa occupa un posto accanto a"La terra dei semi" di Mariano Borgognoni...
"Una terra fatta di attese, di lotte e di speranze. Tuttavia una terra per un impegno e una responsabilità, non per una fuga. Come attorno ad un fuoco, tante amiche e amici di ieri e di oggi raccontano la storia di una speranza antichissima e semplice: quella di un mondo più giusto e felice..." ( dall'introd. a "La terra dei semi").
#1010
Percorsi ed Esperienze / Re:Nun Me Scuccia'
12 Settembre 2017, 15:30:50 PM
Citazione di: acquario69 il 12 Settembre 2017, 14:45:42 PM
Citazione di: Sariputra il 12 Settembre 2017, 10:55:38 AM(
il post e' molto interessante ma il merito non va certo a me che l'avrei solo riportato e poi diciamo che certe idee esistono gia,(tra l'altro anche a me scrivere mi aiuta a chiarirle ancora meglio) la bravura degli autori e' quella di averle fatte emergere per farcele "vedere" anche a noi e in maniera limpida, chiara e pienamente riscontrabile..il che di questi tempi e' pure merce rara. sulle auto automatiche non so,l'impressione che ne ho io e' che dietro ce' il solito abbaglio e la solita bella fregatura (un po alla Uber).. a me viene piuttosto da chiedermi se tra vent'anni potrà ancora esserci uno spazio fisico libero e se nel frattempo il sistema intero non si sarà definitivamente congestionato... be' male che va forse tu un piccolo vantaggio lo potresti gia avere...ed e' villa Sariputra! :) un pezzetto di terra per tirarci fuori le patate, un po di ortaggi, ci aggiungi qualche gallina e stai alla grande :D ...scherzo ma in fondo mica tanto!...al posto tuo un pensierino ce lo farei (sul serio) :)

Il mio obbiettivo sarebbe infatti quello di trasferire la Villa dalla bassa quota attuale ad una più elevata. Ho adocchiato un rustico completamente ristrutturato in una vecchia borgata di montagna, a circa 800 m di altitudine. Un luogo incantevole, lontano dalle strade e circondato da prati , boschi di abeti e di larici e frutteti di una fattoria più giù, a valle...il prezzo sarebbe pure accessibile ( in pratica non lo vuole nessuno...), ma il vero problema è convincere chi so io... :-\
Comunque non posso nemmeno lamentarmi. Villa Sariputra , sotto il monte, è già un luogo che si potrebbe definire "di campagna" ( almeno per un cittadino lo è senz'altro...), ma non sufficiente per me e le mie aspirazioni..."ascetico-contadinesche"  ;D . Questa scelta, che ho già raccontato, l'ha fatta un mio caro amico che ha abbandonato una bella villetta in una città della Contea, dotata di tutti i comfort e prossima a tutti i servizi, per trasferirsi in un rudere semi-abbandonato sulle colline, con un enorme podere, in gran parte ricoperto da boschi abbandonati. Ne ha tratto una fattoria didattica meravigliosa, dove si può gustare dell'ottimo prosecco doc, con lo sguardo che spazia sui dolci pendii, snocciolando bagigi tostati in casa...un luogo veramente... "spirituale"  :-[  :-[...
Comunque, in ogni caso, ci sarebbe sempre il "problema", non superabile al momento, di spostare il vecchio artista novantenne dall'attuale Villa sariputra...diciamo che potrebbe essere un investimento per il futuro, quando la situazione diverrà insostenibile...
#1011
Percorsi ed Esperienze / Re:Nun Me Scuccia'
12 Settembre 2017, 10:55:38 AM
Bel post Acquario, molto ben sviluppato!
L'idea di progresso materiale continuo, che diventa volontà di dominio e d'imposizione a tutti, volenti o nolenti, di doversi adattare a questo sviluppo tecnologico incessante, e sempre più veloce, crea pure parecchia..."ansia", soprattutto nellla moltitudine di esseri inadeguati, come il sottoscritto, di imparare costantemente come funzionano le nuove tecnologie ,che si susseguono sempre più velocemente. Molti ne sono affascinati e ci sguazzano in questo, altri...non finiscono di imparare come funziona un accidente di computer o di cellulare e...già lo devono buttare, perchè sorpassato e ricominciare di nuovo con un altro più sofisticato. Mia figlia mi dice che mi aiuta a tenere la mente "allenata" e giovane  ::)...lei, come tutti i giovani "nativi digitali" ne è affascinata ovviamente. Io cerco sempre di instillarle anche qualche pillola di sana critica e autocritica...spero che nel tempo funzionerà!...
Però, una cosa che mi fa deprimere un pò, è che , poco a poco, in nome del "progresso", ci tolgono anche dei piccoli piaceri della vita. Per esempio, tra vent'anni dicono che la guida delle auto sarà totalmente autonoma, così che potremo restare connessi ai social e alla rete in maniera continua e incessante senza dover perdere tempo a guidare, concentrandoci solo su quello che possiamo acquistare online. Ma io...io amo guidare!...Uno dei piaceri della mia misera vita è prendere con il mio scassone d'auto una bella strada di montagna, di quelle semideserte, e godermi il semplice piacere di guidare. Spengo persino la radio e mi ascolto il suono del motore, intavolando una danza "armoniosa" con le curve che si succedono una dopo l'altra. :)
Un giorno questo piacere non sarà più possibile. Non troverai più un'assicurazione che ti copra se vuoi guidare "in manuale"...Questo per me è un autentico "furto di piacere" nei miei riguardi ( e penso anche in quello di molti altri...).
E' pericoloso guidare in manuale, si intasano le tangenziali? E bè...può essere un piacere anche un smoccolare verso un semaforo! ;D...Allora dico, ma concentratevi a trovare una soluzione per la moltitudine di malattie che ci fanno soffrire! ( e non solo quelle di noi panzoni occidentali...) e lasciatemi con il mio volante e con il mio cambio manuale a cinque marce +retro... ;D

P.S. L'ho messa un pò sul ridere, però credo che sia anche in tema con quel "Nun Me Scuccià" del titolo. Infatti a me , 'sta cosa, "scoccia" parecchio!... :'(
#1012
Citazione di: Carlo Pierini il 12 Settembre 2017, 03:20:47 AM
Citazione di: Sariputra il 12 Settembre 2017, 01:33:40 AMPHIL per rincorrere la carota che altri ci hanno messo ad un palmo dal naso, non ci accorgiamo che stiamo già correndo in un campo di carote, calpestandone a decine, incantati e quasi accecati da quella singola carota, che ci sembra più grande solo perché è davanti agli occhi (e ci impedisce di guardare alle altre, che ci sazierebbero anche di più ). SARIPUTRA ....Si può benissimo correre in un campo di carote aguzzando la vista in cerca del "carotone" e nel frattempo caricarsi lo zaino di piccole "carotine"... ;D Una cosa non esclude affatto l'altra. Anzi! E' proprio perché aguzzo allo spasimo lo sguardo che mi accorgo della bellezza anche delle piccole carotine che mi circondano... ;)
...Con tutte queste carote, carotine e carotoni tra le mani... ...voi non me la contate giusta......!!!! ;D

Sì, l'esempio è pessimo...forse sarebbe stato meglio parlare di un campo di..."patate", "patatine" e "patatone"!!! ;D  ;D
#1013
Citazione di: Phil il 12 Settembre 2017, 00:33:51 AM
Citazione di: iano il 11 Settembre 2017, 21:44:00 PMTu ci vuoi riportare indietro di un secolo dimostrandoci di essere in errore. Una legge fisica non è vera oggi è falsa domani,ma è probabilmente verificata. Una legge fisica ci permette di fare previsioni attendibili entro un margine di errore noto. Dal punto di vista del l'utilità pratica e delle applicazioni tecnologiche tanto è sufficiente,e non occorre altro. Questo è il nuovo modo di vedere le cose in fisica oggi.Questa è la nuova moda,diciamo così.
Sono della stessa opinione (non verità assoluta ;) ). Quando esortavo a non restare fermi all'illuminismo, intendevo proprio questo: non rimanere incagliati nell'anacronistico fascino della ricerca della Verità; non usare la ragione umana per ricondurre anche il mistico e lo spirituale dentro una pseudo-episteme omniesplicativa; non "scientificare" la metafisica... già, perché la verità assoluta, una, inconfutabile, etc. è un filosofema della metafisica classica (che è stato identificato con l'acqua, o un "motore immobile", o una divinità, o l'essere...). Ad oggi la filosofia, come ben segnalato anche da Jacopus, può rivolgersi anche ad altro, di ben meno trascendente e meta-temporale (le vicissitudini umane, ad esempio ;) ), lasciando che siano i settori scientifici a porsi il problema gnoseologico di definire, calcolare, formalizzare, "probabilizzare" le verità immanenti...
Citazione di: iano il 11 Settembre 2017, 21:44:00 PMNon abbiamo necessariamente bisogno di verità assolute.
La non-necessità di verità assolute riecheggia sia nei problemi connessi al pensare il divenire con una logica che è invece "rigida" e "astratta", sia nella vita quotidiana che abbisogna di certezze affidabili, non necessariamente assolute... porsi il problema dell'assolutezza della verità, significa disconoscere l'urgenza di vivere nel presente, di orientarsi nel contingente e nell'accidentale (il prezioso "qui ed ora" che accomuna oriente ed occidente), significa non poter/voler sopportare il tracciare la propria vi(t)a passo dopo passo (e accettarne i passi falsi). Avere fame di verità assoluta assomiglia all'essere digiuni di arte culinaria, non aver voglia/capacità di cucinare ciò che si ha a disposizione, e sbattere quindi le posate sul tavolo credendo che tale baccano tribale evocherà il piatto pronto e definitivo (quello che sazia per sempre). Detto con altra immagine (non uso la logica, altrimenti alcuni fraintendono e mi scambiano per "sofista" e/o "paroliere" ;D ): per rincorrere la carota che altri ci hanno messo ad un palmo dal naso, non ci accorgiamo che stiamo già correndo in un campo di carote, calpestandone a decine, incantati e quasi accecati da quella singola carota, che ci sembra più grande solo perché è davanti agli occhi (e ci impedisce di guardare alle altre, che ci sazierebbero anche di più ;D ).

Mi sfugge la logica dell'accostamento di colui che aspira ad una verità assoluta ad uno che " non può/vuole sopportare di tracciare la propria vita passo dopo passo". Andare alla ricerca di qualcosa di assoluto non è precisamente un lavoro da fare passo dopo passo? Non si devono sopportare notevoli difficoltà e/o incomprensioni? Non è invece colui che si accontenta di verità parziali e relative che rifiuta/ non sopporta questa sfida immane e un pò folle? Non è precisamente lui che rischia di "accontentarsi"? Per quale ragionevole motivo uno che aspira a qualcosa di "assoluto" non dovrebbe accorgersi delle bellezze "relative" che incontra? Si può benissimo correre in un campo di carote  aguzzando la vista in cerca del "carotone" e nel frattempo caricarsi lo zaino di piccole "carotine"... ;D  Una cosa non esclude affatto l'altra. Anzi! E' proprio perché aguzzo allo spasimo lo sguardo che mi accorgo della bellezza anche delle piccole carotine che mi circondano... ;)
#1014
@ Apeiron
Sono d'accordo con te che nessuna forma religiosa sposa il relativismo ( e soprattutto il suo estremo, il nichilismo). Ma siccome, come vedi, l'ardore che si manifesta quando si parla di assolutismo o relativismo è nello spirito assai lontano dalla"via di mezzo" insegnata da Siddhartha, via che si tiene lontana da ogni estremo e "vuota di dispute", ho messo in evidenza il carattere non verbale dell'esperienza spirituale tipicamente orientale, e penso tu abbia capito il senso e il motivo... :) ( immagino il classico asceta che incontra il Buddha e gli chiede se il suo Dhamma è una verità assoluta o è da intendersi come relativa e lui di rimando inizia: "Ascolta , o tal dei tali, sii commosso dalle cose che a ragione inteneriscono il cuore, ed essendo commosso, sforzati saggiamente ...e continua a lottare!..." :)
Come dire: "Non ti serve a niente sapere se il Dhamma è assoluto o relativo. Quel che ti serve è continuare a lavorare con te stesso!". La "Verità" sarà nel frutto del tuo lavoro e solo allora saprai se è assoluta o relativa.
#1015
@Apeiron
Ti rispondo brevemente perchè siamo fuori tema, coma al solito e uso un passo di Alberto Cavallo su "Verità relativa e verità assoluta":
le  dottrine orientali e il buddhismo in particolare si presentano come vie, non come sistemi. Sono procedimenti, metodi, non strutture organizzate staticamente. La ragione non consente da sola di percorrere tutto il cammino, ma è usata per percorrerne un certo tratto; anzi in questa fase è considerata indispensabile, dal Mâdhyamaka. Altre scuole ne fanno a meno, perché si rivolgono a persone diverse: nessuna via è adatta a tutti.
Ciò che è comune sostanzialmente a tutto il pensiero orientale è il riconoscimento che la conoscenza più alta è di tipo non verbale, non discorsivo: "il discorso supremo è senza parole" (Zhuang-zi). In Oriente si accetta che si possa (secondo alcuni si debba) partire dal ragionamento per arrivare alla sapienza (prajña) che è al di là di esso; non esiste il concetto di fede. La prajña non è fede, è conoscenza diretta dell'assoluto ottenuta attraverso un metodo, una via; non è traducibile in articoli formalizzati, non è compatibile con un "credo" come quello cristiano di Nicea, perché la prajña non è esprimibile a parole e qualunque formula verbale vale soltanto come mezzo, come appoggio, per indirizzarsi alla sapienza, ma è intrinsecamente incapace di esprimere la verità assoluta.
Quindi, noi occidentali che verbalizziamo ogni cosa, perché la nostra cultura parte dal Logos e non dal suono ( come quella indiana) tentiamo indebitamente di catalogare secondo una formula verbale (Verità assoluta o verità relativa) ciò che invece è una Via non verbale.
Se la "verità assoluta" come intesa in Oriente non è una formula verbale ma una realizzazione non verbale, mi chiedo:"Ha senso definirla, se non in senso convenzionale, per capirci tra di noi, come "verità assoluta"( nel senso che la intendiamo noi occidentali?).
E si ritorna sempre al famoso Silenzio del Buddha storico...
#1016
Citazione di: Carlo Pierini il 11 Settembre 2017, 01:42:05 AM
Citazione di: Sariputra il 11 Settembre 2017, 00:29:01 AMSul Mahayana sono d'accordo che possa essere considerato un sistema Assolutista ( ritiene l'Assoluto inaccessibile al pensiero, ma conosciuto attraverso prajna, la visione intuitiva..). Il Dhamma delle origini credo che non si possa ritenere un sistema assolutista...ma basta! Sto già partendo per la tangente...sono fuori tema... ;D
Ecco, in cose come queste il Buddhismo è una dottrina primitiva (non meno dell'"ineffabilità del Divino" diffusa in tutte le religioni ...altrettanto primitive), cioè l'idea che l'uomo è, sì, "fatto a immagine e somiglianza dell'Assoluto", ma tranne che nell'intelletto. Invece, la novità è che il Divino comunica con noi attraverso i miti, i simboli, i sogni ("certi" sogni, non tutti) l'ispirazione artistica e filosofica, ecc., i quali sono accessibili all'intelletto. Ma probabilmente ci vorranno secoli prima che un'idea come questa, per quanto perfettamente logica e comprensibile, venga accettata, poiché tra le superstizioni legate ad ogni tradizione religiosa c'è quella del fondamentalismo, cioè, l'idea che l'Assoluto abbia "parlato" agli illuminati (o ai profeti) una volta per tutte in un lontano passato e che poi si sia "ritirato nelle Sue stanze"; cosicché, l'ortodossia si esprime nel non cambiare nemmeno una virgola di ciò che ci tramanda la tradizione. L'idea di una Rivelazione progressiva dell'Assoluto nella Storia ci si limita a strombazzarla, ma poi, di fatto, si resta scleroticamente fedeli nei secoli anche ai dogmi più ridicoli e, sebbene l'intelletto si evolva fino a poter accogliere in sé il messaggio Divino, lo si lascia marcire in un angolo perché la Grande Tradizione ha deciso che "Dio è Dio, e noi nun semo un c..zo" (vedi il Marchese del Grillo). ...Ed è così che le religioni, incapaci di rinnovarsi, rimangono abbarbicate a dottrine pre-medioevali, diventano anacronistiche e perdono la loro autorità sulle fasce più colte ed intellettualmente più evolute della società, alimentando così, lo scetticismo, l'agnosticismo, il materialismo e l'ateismo. Scrive Jung: "Il conflitto tra scienza e fede equivale in realtà a fraintenderle entrambe. Il materialismo scientifico ha introdotto soltanto una nuova ipostasi, e questo è un peccato intellettuale. Ha dato un altro nome al supremo principio di realtà, presumendo di aver creato qualcosa di nuovo e di aver distrutto qualcosa di vecchio. [...] In questo conflitto la fede riceve quel che si merita poiché si rifiuta di prendere parte all'avventura spirituale del nostro tempo [la conoscenza]. [...] La fede può comprendere un sacrificium intellectus (premesso che ci sia un intelletto da sacrificare), ma mai un sacrificio del sentimento. Così i credenti rimangono fanciulli, invece di diventare come fanciulli e non conquistano la loro vita perché non l'hanno mai perduta". [JUNG: Psicologia e religione - pg.493] L'angolo musicale: G. MOUSTAKI: Lo straniero https://youtu.be/_NdvGkGvKCY MANGO: Come l'acqua https://youtu.be/6cogbEHs_ZM


Mah!...Io francamente non vedo le religioni umane come un monolite immobile che pretende solo ubbidienza . Ogni forma religiosa ha la sua storia, i suoi periodi di evoluzione e altri di involuzione. Anche nei momenti involutivi non sono mai mancate "coscienze critiche" all'interno, che hanno mantenuto, in un certo senso, il focus sull'autenticità originaria del significato. Ogni religione rivendica per sé una certa assolutezza. Nei monoteismi questo aspetto è più accentuato che in altre forme ma non mancano, anche qui, voci più liberali ed aperte. Insomma, io sarei poco propenso a fare di tutta l'erba un fascio. Ottenere un'unità di tutte le religioni sarebbe privarle ognuna del proprio specifico, della propria stessa valenza e significato. Come mettere insieme convinzioni tanto diverse e a volte in contrapposizione tra loro? Sulla base di archetipi il cui significato non è valutato da nessuna di queste in egual maniera? Mi sembra di ricordare che la Teosofia cercava questa unità ( la Blavatski, Olcott, Anne Besant, ecc.) di tutte le religioni ( con predominanza del pensiero cristiano direi...) ma non riuscirono a restare uniti nemmeno al loro interno con la "rottura"  provocata da figure importanti come R.Steiner o J. Krishnamurti. C'è stato spesso questo sogno , nella storia della spiritualità, di tentare di dar vita ad una sorta di "religione universale" che prendesse il meglio di ciascuna. Il problema è che il meglio di una è spesso in opposizione con il meglio dell'altra... :( 
Ora, tentare di farlo su base scientifica non metterà al riparo dalla babele di interpretazioni che si daranno sui simboli, sugli archetipi, sulle visioni, ecc.
E poi, se anche arrivasse la dimostrazione "scientifica"( a mio parere impossibile...) dell'esistenza dell'Assoluto/Dio, che facciamo? La si impone a tutti sulla punta della baionetta della forza della ragione? Diventa una sorta di pensiero unico come è l'attuale tecnico-scientifico? Non lo vedi alla fine come un impoverimento della spiritualità stessa e non un arricchimento? Io vedo sì una grande crisi del pensiero religioso, ma quello politico è messo meglio per caso? O l'umanesimo stesso? La ricerca scientifica ormai quasi asservita a logiche di potere?... :'(
#1017
@Phil

Non ho mai pensato che intendessi fare del proselitismo. Sei sempre molto moderato e rispettoso dell'altrui opinione, cosa che apprezzo naturalmente.  Come sai, mi piace fare , maldestramente purtroppo, la parte del "pungolo", ossia mettere in evidenza , se ci riesco, le contraddizioni insite in ogni posizione.  Io trovo il relativismo contraddittorio anche sul piano della logica, oltre che poco o nulla "propositivo" nel concreto, più decostruzione che costruzione insomma, ma questa è una mia opinione e sarei un bell'ipocrita  a perorarla con veemenza, visto che poco sopra ho scritto che non bisogna attaccarsi troppo alle proprie opinioni.  :) Il non-attaccamento alle opinioni è già un buon antidoto contro il pericolo di "farsi convincere". A volte, quando scrivo, scrivo anche per me stesso e per riflettere sulle mie incoerenze. Quando metto in guardia sul pericolo di diventare "solo logica" lo dico anche a me stesso e infatti mi chiedo: "Sto usando il coltello per preparare il pranzo o c'è in me anche il desiderio di "far male?"  :(
#1018
Citazione di: Apeiron il 10 Settembre 2017, 23:18:48 PM@Sariputra: più che "buddista" il tuo approccio mi pare "ispirato dal buddismo" (col quale peraltro concordo quasi totalmente). Un buddista ritiene che il Dhamma sia una Verità Assoluta e che il Buddha fosse infallibile (altrimenti un buddista dovrebbe dubitare,per esempio, che ognuno dei 31 reami delle rinascite è imperamente visto che Buddha ha vissuto diciamo 80 anni e magari non ha "visitato" tutti i reami... non lo fa per fede nell'infallibilità del Buddha...fino a quando ovviamente non diventa un arhat anche lui ;D ). Secondo me il buddismo è "assolutista" visto che anche in questo caso si parla di Verità Indubitabili, ossia oltre ogni possibile dubbio... Non credo che un buddista vedrebbe di buon occhio per esempio lo scetticismo sulla causalità di Hume o cose simili, per lui sarebbe tutto papanca ossia una perdita di tempo che ci allontana dalla verità del Dhamma e dalla Pace del Nirvana [/font][/color];D In ogni caso sono d'accordo con te, volevo solo puntualizzare questo. Altrimenti si confonde Buddha con Pirrone... (un po' mi pento di aver fatto questa puntualizzazione perchè tu ed io (in particolar modo) siamo pericolosi per andare fuori tema ;D Si potrebbe semmai iniziare un argomento su "il Buddha era un relativista"? ;D)

Concordo sul fatto che siamo pericolosissimi per andare fuori tema...  Come sai nel buddhismo tutte le verità enunciate ( le quattro nobili verità, ecc.) sono sempre sottoposte alla verifica della pratica del Sentiero. La fede in queste verità consiste nel provare nella propria esistenza la loro veridicità o meno, assumendo la medicina prescritta dall'abile medico ( il Nob.Ott.Sentiero),  in cui si ripone la fiducia che sia realmente in grado di curare la malattia. Pertanto non direi che si tratti di verità indubitali, ma di verità sottoposte a verifica, la quale verifica può scacciare  ogni possibile dubbio...
Per un buddhista "vero" ( ossia non condizionato dallo "spirito occidentale" come siamo noi) effettivamente il grosso della nostra filosofia sarebbe papanca, una gran perdita di tempo e ( lo dico tra di noi, senza che gli altri utenti del forum ci sentano, visto che sono tutti a letto...) francamente , visto il tutto e il contrario di tutto che si legge, delle volte son portato a crederlo anch'io...però sono occidentale, mio malgrado e, proprio per questo, la definizione di "ispirato dal..." mi sta più che bene... ;D
Sul Mahayana sono d'accordo che possa essere considerato un sistema Assolutista (  ritiene l'Assoluto inaccessibile al pensiero, ma conosciuto attraverso prajna, la visione intuitiva..).  Il Dhamma delle origini credo che non si possa ritenere un sistema assolutista...ma basta! Sto già partendo per la tangente...sono fuori tema... ;D

P.S. ma che musica si ascolta ? Ecco qualcosa di originale...così ci gustiamo anche l'occhio ( ovviamente senza attaccamento alla visione... ;D)
https://www.youtube.com/watch?v=c_wMTgLOs2w
https://www.youtube.com/watch?v=WF63DVU5Q4o
#1019
@ A.cannata scrive:
Mi hai fatto ricordare una domanda che certe volte mi è nata: perché cercare verità assolute? Quali sono i pregi, i vantaggi delle verità assolute rispetto a quelle relative?

Scusami se non ti ho risposto subito!
Non applicherei un criterio "utilitaristico", tipico della nostra mentalità moderna occidentale, ad un concetto come la "verità". Penso che una verità non sia meno vera se è  eventualmente inutile per l'uomo. Se però pensiamo ai vantaggi che può darci qualcosa di vero rispetto agli svantaggi di qualcosa di falso credo che la risposta sia ovvia.
Se il mio amore o affetto per un'altra persona è "vero" sarà fecondo e costruttivo; se è "falso" sarà sterile e distruttivo ( il valore kammico dell'azione ... ;D  oggi sono in vena con le citazioni e i rimandi buddhisti, porta pazienza!)
P.S. Sto parlando ovviamente di vero e falso in senso esperienziale. Non ha molto a che fare con verità "assoluta" o "relativa" in senso filosofico...
#1020
Se potessi descrivere ( lo so che è molesto...ma lo faccio lo stesso! ;D ) la pretesa di verità assolute  e quella di verità relative nei termini del pensiero buddhista parlerei di attaccamento e di avversione.
Attaccamento all'idea di Verità ( non al vero ma all'idea che abbiamo di esso) assoluta  e avversione a questa idea , che genera l'idea opposta di "verità relativa". Il bisogno psicologico viene prima dell'idea stessa e sul bisogno di attaccamento si aderisce all'idea di verità assoluta , mentre sull'avversione verso qualcosa che viene sentita come limitante si costruisce l'idea di verità relativa. Ora,si analizza e si teorizza sulla verità ( se cioè sia relativa oppure assoluta) ma non si indaga mai, dentro di noi, sul bisogno psicologico che ci fa pendere verso un estremo o verso l'altro. In realtà attaccarsi ad un'opinione è alquanto stupido, come è alquanto stupido provare avversione verso un'opinione ( questo al netto della bontà o meno dell'opinione stessa). Perché il nostro ego si sente "minacciato" da un'opinione? Perché il nostro ego si sente al sicuro se è aggrappato ad un'opinione? Perché pensiamo di essere più liberi se non abbiamo opinioni che pretendano di vincolarci? Perchè pensiamo di essere senza significato se non possiamo rifugiarci in nessuna verità che riteniamo assoluta?
Tutti abbiamo una buona conoscenza delle ansie che sono sempre legate al possesso delle cose di valore. Quando riteniamo che le nostre verità siano di valore generiamo ansia?  Desideriamo che anche gli altri condividano queste verità così che non vengano messe in discussione, così da rischiare di "perderle"? Arriviamo ad imporle, per paura?
Viceversa una mente incline all'avversione ha la caratteristica di notare sempre gli errori degli altri. Questa è la mente che ispeziona continuamente alla ricerca di quello che non va, e che vi trova addirittura piacere. Una mente di questo tipo è continuamente critica in modo poco costruttivo, se non distruttivo. Vuole sempre dimostrare gli errori degli altri, e di solito trae una gran soddisfazione per il proprio ego  in questo processo. Un buon sistema per prendere consapevolezza  e tentar di modificare queste inclinazioni verso l'attaccamento o l'avversione è quello di vedere ciò che è virtuoso nell'opinione altrui. Per es. : una persona incline all'attaccamento all'idea di Verità assoluta può apprezzare la capacità di spirito critico e di logica di colui che si professa ( si identifica) con l'idea relativista senza provare paura di perdere qualcosa di valore.  Il relativista invece può apprezzare ciò che di buono sa costruire per gli altri un nobile ideale assunto come Verità assoluta ( come nel caso di una religione...) senza provare avversione generata dal bisogno esagerato di critica e dal bisogno di distruggere qualcosa.
Questo sarebbe un approccio eminentemente buddhista alla questione dell'assolutismo e del relativismo. Uno sforzo interiore di trascendere le radici psicologiche che generano i due opposti per giungere al piano in cui ambedue perdono il loro potere di generare attaccamento e odio/avversione in noi, alimentate entrambe dalla paura.