Citazione di: Apeiron il 15 Settembre 2017, 09:25:12 AMOk sì concordo che anche un solo aspetto del Dhamma può dare "significato" alla vita. Per quanto riguarda il discorso di Ajahn Sumedho... qui la cosa si fa interessante. Il motivo per cui non è rimasto cristiano è stato che "voleva sparire", "voler esser niente", "liberarsi delle cose" ecc ecco qua si può vedere come questa filosofia sia vicina al "vibhava tanha", il desiderio di "non divenire". Ma a mio giudizio questa è una "razionalizzazione" di un "bhava tanha" (desiderio di venire), nel senso che si vuole divenire niente per il fatto che "tutto fa schifo". E questo in realtà è una cosa che accomuna buddismo, giainismo e induismo (e in realtà certe correnti cristiane)... non a caso se "tutto al mondo fa schifo" si vuole "altro" ed esso può essere Dio, il Nulla, il Nirvana, Brahman, il Dao ecc Quello che però volevo mettere in luce io è che seppur è vero che i sutras non sono la Parola di Dio (e nemmeno lo sono gli scritti daoisti...) è però vero che in essi molte cose hanno senso solo se si accetta qualcosa di "analogo alla provvidenza, al Fato ecc". Per esempio la vita del Buddha ai "regni del mondo", i Buddha precedenti e futuri, il declino e restaurazione del Dhamma, la "caduta" nel samsara (non a caso l'ultima rinuncia è proprio al "delirio", quella cosa in "più" che causa la trasmigrazione - per questo il Nibbana è la purezza come l'oro è "puro" quando si tolgono le impurità), il tentatore Mara (che tra l'altro come parola richiama la Morte). A mio giudizio il "western buddhism" o lo "skeptical/secular buddhism" falliscono proprio perchè ignorano questa parte di buddismo, ossia la Storia della Liberazione, del Dhamma... ignorare questo aspetto a mio giudizio è come cercare di capire la civiltà greca senza considerare la mitologia del Fato perchè "superstizione". Fallisce, ne da un'immagine distorta proprio perchè non ti fa sentire "all'interno" di una Storia e quindi non da quel "significato in più" soteriologico alla pratica. Per come la vedo io il problema della scienza e della filosofia è anche questo: non fanno "vivere nella Storia". Ho quasi l'impressione che il tempo dell'oblio del Dhamma sia già arrivato (così come la Kali Yuga), non a caso in ogni tradizione il declino della spiritualità si manifesta con un "accorciamento" dell'orizzonte. Analogamente coloro che dicono che il Nibbana=Non-Esistenza non afferrano proprio questa storicità del buddismo. E già il theravada che sembra ignorare l'aspetto "cosmico/storico" al giorno d'oggi lo vedo meno coerente (mentre nei tempi che furono era più coerente proprio perchè le persone erano già "inserite" nella Storia - quindi di fatto non c'era) del mahayana in quanto quest'ultimo mette in luce l'aspetto "Storico" in modo maggiore. Per esempio nel Mahaparinibbana sutta si dice che il Buddha poteva rimanere un eone in vita ad aiutare se Ananda lo avesse chiesto "con cuore puro", ma Mara lo ha distratto. Ora a noi ci sembra un assurdo che il maestro della compassione abbia fatto una cosa simile solo perchè il suo discepolo prediletto era distratto dal Nemico, ma per chi è inserito nella Storia questo è solo un evento di "Mistero" e non assurdo, un evento che si accetta. La demitologizzazione delle religioni, buddismo compreso, rischia proprio di far perdere questi significati, di far uscire le persone dalle "storie cosmiche" e così via. Il risultato forse è anche quello che tu trovi nel lamaismo (anche se devo dire che certe cose del buddismo tibetano, specie Dzogchen, Jonang e "vacuità come trasparenza/apertura" le ammiro molto). Il rischio di "praticare e basta" è proprio, secondo me, quello di non progredire nell'apertura degli orizzonti perchè non "viviamo la storia della liberazione", il "mito" ecc P.S. Una cosa simile oggi la si vede nel cristianesimo. Per esempio il motivo dell'agnello (legato al fatto che nelle tradizioni pastorali si sacrificava un agnello per proteggere il gregge dai lupi...).
Credo di capire cosa vuoi dire. Personalmente non sento il bisogno di sentirmi all'interno di una storia, che in questo caso è millenaria, con tutte le sue contraddizioni. Il western buddhism, se fallisce, non è per questo aspetto, a mio parere, ma perché tende ad ottenere un riconoscimento "scientifico" e facendo così rischia di cadere nello psicologismo e di snaturare l'aspetto fondamentale, la pietra angolare su cui è basato l'intero edificio: la liberazione dalla sofferenza tramite la realizzazione del Nirvana.
I testi mahayanici e vajrayanici sono ricolmi di elementi agiografici ( diz.:Biografia di un personaggio arricchita di elementi favolosi o leggendari a scopo celebrativo) che non devono mettere in secondo piano l'Insegnamento o che lo riducano ad una serie infinita di eventi "miracolosi" tesi ad andare incontro alle istanze fideistiche delle masse .
La tradizione theravada detta "della foresta" ha tentato e tenta di riportare il buddhismo alla sua antica essenzialità, quasi austerità filosofica e pratica. L'"essenzialità", da individure e introiettare in noi, mi sembra che vada cercata con un'opera quasi di scavo, che si faccia strada tra un'immensità di cose posteriori, appiccicate al Dhamma dai secoli e dalle culture diverse con cui è venuto a contatto.
Io lo vedo come un tornare all'interno di una storia, dalla quale , per il bisogno di credere in qualcosa di "divino" nel Dhamma di Siddhartha, ci si è allontanati.
Se leggo, per esempio, un romanzo di Dostoevskij, trovo senz'altro interessante la descrizione della vita moscovita o della campagna russa dell'ottocento, ma quel che rimane e che va ponderato è la sua visione del significato essenziale del cristianesimo che troviamo in forma palese od occulta nel testo. Dopo molti anni che leggo dei testi sul buddhismo ( da giovane molto di più confesso...) ho sviluppato quasi una "sensibilità" immediata nel riconoscere ciò che è Dhamma e ciò che è agiografia, proprio perché confronto l'insegnamento con il mio vissuto, con la pratica stessa.
C'è sempre il rischio che una cosa diventi "la mia cosa". E' un pericolo reale...il mio buddhismo, il mio cristianesimo, il mio ateismo, ecc. Il confronto con i testi è quindi importante, ma non possiamo sfuggire alla responsabilità di "battere l'oro" e farne una corazza "per noi" . E' sicuramente una sfida, che a volte si preferisce evitare e allora...si pensa che "l'incommensurabile compassione del Buddha ci porterà automaticamente alla Liberazione, noi e l'intero chiliocosmo, deva ed asura e naga compresi". Non funziona purtroppo così, altrimenti Gotama non avrebbe mai pronunciato quelle parole. "Siate luce a voi stessi, non abbiate altra luce" e "Lottate senza tregua"....
Non so che traduzione del Mahaparinibbanasutta stai leggendo , probabilmente un versione mahayana. Nella mia del De Lorenzo, sul testo di K.E.Neumann, non è riportato quell'aneddoto che citi. E' riportato invece che Siddhartha, durante la questua , fece ammirare ad Ananda la bellezza di Vesali e dei suoi incantevoli giardini ( Liberazione non significa quindi non percepire o apprezzare più la bellezza...) e, contemplando simile bellezza, sorse in lui il pensiero che forse valeva la pena di continuare ancora per un pò la sua opera, per la salute di molti, per utile e compassione del mondo ( la Liberazione quindi non dà insensibilità o freddezza verso l'altrui dolore...). Ma questo gli apparve subito come un'attrazione dello "spirito del mondo" (spirito che prende il nome nella tradizione di Mara), come una seduzione della natura, ed egli respinse quel pensiero della durata, decidendo che, non più tardi di tre mesi si sarebbe estinto.
Sul fatto che ci si avvicina al Dhamma perché "schifati" dal mondo, che si ha questo desiderio inconscio di non esistere, di sparire, di sfuggire al divenire di tutte le cose e di noi stessi trova il suo significato nel desiderio. In questo caso è un desiderio che prende la forma di un'urgenza, di un confronto con la sofferenza e con la visione della stessa ( i famosi incontri , fuori dal palazzo paterno, dello stesso Siddhartha...). Il giudizio sul "mondo" (inteso come creatura dell'incontro tra noi, pensiero e coscienza, e gli oggetti sensibili) a mio parere resta negativo. Questo "mondo" è però qualcosa che, per il buddhista, è nato, divenuto, composto, soggetto al crescere e diminuire, ecc.ma , proprio per questo, può permetterci di attingere al non-nato, non-divenuto, non composto, ecc.. Il mondo non è "male", nel senso abramitico, per un buddhista, ma, per la stessa ragione, non è nemmeno "un bene". Si tenta quindi, a mio avviso, di "trascendere il "mondo" usando il "mondo"...

P.S. Però! Hai visto?...1849 visite...niente male


P.S. Mi piace tantissimo leggere testi mahayanici, non fraintendermi! Anche solo per l'aspetto letterario, per la musicalità e per le profonde riflessioni ( Vimalakirtinirdesasutra su tutti...)
