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Messaggi - Sariputra

#1021
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2017, 15:52:33 PM
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMPosso quindi considerarmi assolto dall'indebita (solita?!) imputazione di sofismo? Torniamo a noi: se tale certezza ("io muoio/sto morendo") non è fondata su una verifica attendibile (spero tu abbia parametri vitali stabili, buona condizione di salute generale, etc. :) ), ma si basa su una "visione intuitiva" (cit.), sul "sentire costante di vivere questo morire" (parafraso, ma correggimi se sbaglio), allora è fuori discussione interrogarsi sulla sua verità ponendo la domanda che hai rivolto: l'intuizione e la visione sono individuali, intime, persino spirituali se vogliamo, quindi metterle sul banco di prova della verità pubblica, assoluta o meno, è un gesto probabilmente fallimentare (cosa potrò mai dire della verità della tua intuizione/visione sul tuo futuro processo in corso? Mi dici che ne sei certo; in base a cosa ti obietterò "no, il tuo intuire, il tuo sentire ti inganna!"?). Sono infatti d'accordo con te quando affermi:
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PML'esperienza della certezza del proprio morire non soffre del non essere insegnata ( ossia dichiarata come Verità). Non è parte necessaria del reale che essa debba essere conosciuta e dichiarata come tale.
Dunque mi concederai che la tua domanda non può trovare risposta fuori di te, poiché ne ha, per adesso, trovata una quasi incomunicabile dentro di te..

Qualunque certezza esperienziale non può trovare dimostrazione al di fuori di colui che prova la certezza stessa. Proprio per questo non richiede di essere insegnata come verità. Ma su quella certezza si fonda l'agire e quindi la costruzione del "mondo". Però c'è anche la possibilità che, narrando la propria certezza, essa trovi sponda nella certezza maturata in modo analogo in un altro essere: "E' vero, anch'io provo la stessa certezza!". Tutto questo non richiede di essere insegnato come verità, ma viene accettato come vero sulla base di comuni certezze esperienziali, di vissuto e non di speculazione logica. Infatti io sono sicuro che , noi tutti abitanti dell'Hotel Logos, così diversi nella visione personale dell'esistenza e sul suo significato/non significato, siamo certi di morire. Chi non ammettesse questa certezza ( "Io non morirò mai") sarebbe considerato semplicemente un folle, sia dall'assolutista che dal relativista. Naturalmente l'assolutista dirà: "Ma la morte è solo un'illusione, c'è la vita eterna, ecc." e il relativista " Dipende dalla prospettiva storica, è vero un domani ma non è vero oggi, ecc." ma la certezza esperienziale fa provare ad entrambi la paura ( paura con cui  si cerca sempre di non confrontarsi...) e questa fa sì che entrambi tentino sempre di proteggere la loro vita, nella certezza che è fragile e finirà.
Quindi: attento alla troppa logica , Phil! Che non diventi per te un assoluto... ;D 

P.S. Ogni pensiero, che proprio perché pensiero vive di contrapposizione, rivendica per sé una certa "forza". E non può essere altrimenti. Infatti non si spiegherebbe se no per quale motivo i relativisti difendano con tanto ardore il loro relativismo... ;D  ;D 
Dubito assai che possa esistere, di fatto, un "pensiero debole"...




. Concordo anche quando affermi che
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMUn essere limitato alla sfera fenomenica, come siamo noi, non può conoscere l'assolutezza del Reale, tutta il suo discorrere si svolge nelle e attraverso le categorie del pensiero, che sono necessariamente limitate.
motivo per cui non possiamo concludere con assoluta certezza che sia vero che
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMil reale è impersonale e la sua realtà non può essere determinata dal giudizio personale su di esso. Ossia è reale per tutti e per tutti i tempi.
è tutta una questione di limiti "strutturali" e di ipotesi esplicative ...
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMIl reale non viene costituito dalla nostra conoscenza o non conoscenza di esso. Se fosse la nostra conoscenza a costituirlo, il reale sarebbe relativo alla persona che lo conosce e alle circostanze in cui viene conosciuto.
E qui si (im)pone l'annosa questione dell'idealismo vs materialismo, il problema del noumeno e altre speculazioni troppo noiose... ;D
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMAccettare questo significherebbe accettare la massima che "L'uomo è la misura di tutte le cose", con tutte le sue implicazioni. Nulla, in questo caso, sarebbe falso,
Attenzione, "essere misura" non significa misurare a piacimento, ma solo avere un metro personale: se uso il mio palmo come unità di misura, non posso affermare coerentemente che la mia gamba sia più lunga di un fiume... quindi, usare misure personali non comporta affatto che:
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMqualsiasi conoscenza sarebbe vera per quella persona in quel determinato contesto.
In fondo, è un dato di fatto che, come ricordava Pascal, basta attraversare un fiume che "il giusto" e "lo sbagliato" si invertono... e, chili o libbre che siano, la mia sedia pesa meno della mia lavatrice... verità assolute, o relative al contesto umano che imposta misure quantitative e divide il giusto dallo sbagliato? ;)

Le tue obiezioni sono tutte sul piano della logica.  Se ... "è tutta una questione di limiti "strutturali" e di ipotesi esplicative"...perché poi usi questi limiti strutturali , che quindi sono i limiti stessi della logica, per invalidare una logica altrui? Per far questo devi dimostrare che la tua logica è un metodo valido in senso assoluto per il giudizio, cadendo in contraddizione in quanto tu stesso affermi che, essendoci limiti strutturali, ogni tipo di giudizio non può che essere relativo. Alle tue obiezioni logiche, che sono sensate intendiamoci, si può tranquillamente rispondere:"Ma Phil, tu stessi affermi che è tutto relativo! Perché dovrei abbandonare le mie posizioni per abbracciare le tue altrettanto relative? Non c' è alcuna reale necessità di farlo, in quanto il metro usato per valutarle è esso stesso relativo."
Pertanto la certezza "Io muoio" non può sottostare al giudizio della logica. La logica si dimostra strumento inadeguato, relativo per l'appunto, per il giudizio su questa certezza esperienziale. La logica , e qui lancio una sponda a Carlo Pierini, è strumento inadeguato anche per giudicare segni, simboli e archetipi umani, a mio modesto parere. Infatti , essendo un vissuto esperienziale, sfugge al dominio del ragionamento logico, a meno di voler fare di questo strumento un metro assoluto di valutazione...
La spiritualità, la simbologia, ecc non va valutata con la logica. Il giudizio sulla sua bontà o falsità non può che risiedere nel vissuto esperienziale soggettivo e nelle sue certezze o inganni...
Non senti i limiti di una prospettiva... "soffocante"? 



#1022
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 15:30:08 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Settembre 2017, 12:57:13 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 10 Settembre 2017, 12:01:04 PM
Citazione![/size][/color]
E' una storia molto lunga che io ho iniziato a raccontare, ma che, a quanto pare, non interessa a nessuno, nemmeno a Sariputra, visto che nessuno è intervenuto con obiezioni o con domande di chiarimento in proposito. In questo NG (e non è il solo) ho trovato solo (o quasi) "filosofi" interessati a negare che qualcuno (tranne loro) possa mai aprire la bocca per dire qualcosa di vero, piuttosto che a cercare di capire cose "complicate" come gli archetipi.
Non è vero, Carlo che non mi interessa. In realtà ho letto tutti i tuoi scritti che hai postato ( e non erano pochi... :) ) e su molte cose , tipo la preminenza delle "verità" ( verità è un termine che, come avrai sicuramente notato, provoca reazioni allergiche impetuose agli utenti di questo forum... ;D ) diciamo concrete, esperienziali su quelle puramente speculative-astratte  mi trovo abbasatanza in sintonia ( magari non alle conclusioni a cui pervieni tu, ma questa è un'altra faccenda...). Se non sono intervenuto è perché non dispongo di nessuna competenza per parlare di simboli e archetipi. E' una visione della spiritualità molto diversa da quello che sento più congeniale al mio percorso/non percorso e quindi non sento la possibilità di "entrarci" in modo serio e approfondito.
Hai sicuramente il merito di aver scosso le acque, un tantino stagnanti a volte, del forum... :D
#1023
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2017, 12:58:46 PM/quote] La domanda perentoria e imperitura sul perire perenne :) Questo interrogativo (con le doverose precisazioni sulla definizione di "morire corporeo", come ci ricorda puntualmente Carlo) tira in ballo la temporalità e pone lo sguardo nel futuro, costituisce quindi una previsione... la meta-domanda è: ha senso parlare di verità assoluta di un evento futuro? Ritorniamo dunque al classico problema dell'induzione (finora ho visto solo corvi neri, quindi tutti i corvi saranno sempre neri) e alla tua reagionevolissima osservazione sulla necessità di una ragionevolezza pratica nell'agire quotidiano: c'è spesso bisogno di prendere per vera una consuetudine ricorrente come se fosse una verità assoluta (anche se epistemologicamente, ad essere precisi, non lo è). La consapevolezza della propria morte non fa eccezione: è un evento mai accaduto (suppongo ;D ), ma lo riteniamo ragionevolmente sulla lista delle cose che accadranno certamente in futuro... ma su cosa si basa la consapevolezza della propria mortalità? Sulla confermata constatazione della morte altrui... ciò, da un punto di vista pedantemente (epistemo)logico, non è esattamente un'argomentazione inoppugnabile ("fallacia della generalizzazione indebita"), per quanto, appunto, estremamente ragionevole. Ad esempio, sostenere che "un giorno pioverà" è una "verità assoluta" basata sull'osservazione che, fino ad oggi, ogni tanto c'è stata una pioggia (come quella inclemente che batte anche qui...). Eppure, una verità può essere ritenuta davvero assoluta anche se parla del futuro, di un evento individuale non ancora verificatosi? Possiamo parlare di probabilità al 99%, ma per essere una verità indubitabile andrebbe verificata (e ti auguro di verificarlo solo quando ti sentirai davvero pronto a farlo, senza fretta ;D )
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 11:31:57 AMspaccatori in quattro di capelli, addormentatori di fanciulle in fiore:
Quando un filosofo incontra un filosofo, spacca il capello; quando un filosofo incontra una fanciulla, lo accarezza... anche prima del bacio della buonanotte ;)

A me sembra che tu stia facendo del sofismo, Phil. Io non ho affermato che prevedo di morire in un futuro, ma affermo l'intuizione, qui e ora, osservando che tutto muore, che morirò. E' una certezza che riguarda l'adesso , non il futuro. Sei tu che introduci la categoria mentale temporale del futuro. Io non ho detto "Prevedo che in fututo morirò", ma "Io morirò". La certezza è qui e ora , nell'attimo intuitivo che l'afferro. In un certo senso bypasso il pensiero che vive di passato e futuro.  L'intuizione è immediata. La certezza riguarda l'intuizione immediata e non un pensiero , una riflessione filosofica sul futuro o un ragionamento logico . Quando intuisco che "Io morirò" non rifletto certo sul fatto che Popper ha detto che, se anche tutti sono morti sino ad adesso, non posso dimostrare che qualcuno non morirà in futuro. Questo è già un proiettarsi in avanti senza senso reale. La mia certezza vive di quel  che c'è , non di quello che non c'è ( il futuro).
La certezza del morire non è una banale previsione mentale ma è una visione intuitiva che si pone su un piano diverso del puro speculare linguistico-logico. Tu non prevedi di morire perché hai semplicemente osservato che tutto quanto intorno a te muore, ma Sai che morirai perchè senti questo morire "vivere" attimo dopo attimo in te. Questo è porsi su un piano superiore a quello logico-discorsivo  e passare a quello esperienziale, di cui parlavo altrove. La certezza di questa piano esperienziale non è un concetto che si alimenta di opposti ( come assoluto-realtivo), rompe questa fittizia dualità, non ha alcun interesse di convincere altri della sua bontà, perché è convincente per il soggetto che lo vive e ne plasma l'esistenza.
La mia esperienza del morire, attimo dopo attimo, che mi dà l'assoluta certezza che Io morirò non ha bisogno di essere dichiarata come tale ( assoluta certezza). Il reale non viene costituito dalla nostra conoscenza o non conoscenza di esso. Se fosse la nostra conoscenza a costituirlo, il reale sarebbe relativo alla persona che lo conosce e alle circostanze in cui viene conosciuto. Accettare questo significherebbe accettare la massima che "L'uomo è la misura di tutte le cose", con tutte le sue implicazioni. Nulla, in questo caso, sarebbe falso,e qualsiasi conoscenza sarebbe vera per quella persona in quel determinato contesto. Ma il reale è impersonale e la sua realtà non può essere determinata dal giudizio personale su di esso. Ossia è reale per tutti e per tutti i tempi. L'esperienza della certezza del proprio morire non soffre del non essere insegnata ( ossia dichiarata come Verità). Non è parte necessaria del reale che essa debba essere conosciuta e dichiarata come tale.
Un essere limitato alla sfera fenomenica, come siamo noi, non può conoscere l'assolutezza del Reale, tutta il suo discorrere si svolge nelle e attraverso le categorie del pensiero, che sono necessariamente limitate.


P.S. Per far comprendere meglio quello che intendo sarebbe stato più adeguato scrivere "Io muoio" che non "Io morirò". cercando così di eliminare il fattore tempo. Limiti del linguaggio umano... :)
#1024
O voi filosofi!...Mentre una pioggia battente e un cielo di piombo incombe su Villa Sariputra, osservando con il naso all'insù il volo d'uccelli neri a sfidare il grigiore, mi è sorta una profonda consapevolezza.
Ora, sappiamo tutti che dovremo morire, ma averne un'acuta consapevolezza, tipica di quei giorni in cui si percepisce il morire della bella stagione, è una cosa assai diversa. Intendo sentirlo con tutto l'animo e non semplicemente con la ripetizione di una formuletta verbale, come un luogo comune ripetuto per noia o per abitudine. Riflettendo su questo mi son chiesto, e giro a voi ,spaccatori in quattro di capelli, addormentatori di fanciulle in fiore:
- Io morirò!- E' una verità assoluta ? A me pare proprio una verità assoluta  , impossibile da relativizzare, se non ricorrendo ad argomentazioni capziose, fantasiose ( tipo: Un domani la scienza ci darà l'immortalità- Morirà il corpo ma noi non moriremo- Non siamo veramente vivi e pertanto la morte è illusoria- e via dicendo, tutte affermazioni indimostrabili, probabili proiezioni del nostro desiderio di durare in eterno).
Ma la ferma e precisa presa di consapevolezza della coscienza: "Io morirò". Non tu morirai, egli morirà, voi morirete ma proprio l'assoluta certezza "Io morirò" è assoluta o relativa? E non venitemi a dire che è relativa perché "Io morirò" non significa che voi morirete. Ho specificato infatti che si tratta solamente del puro" Io morirò" senza riferimento o relazione con qualcos'altro.
Non so se è interessante per il tema in discussione ma la getto là, incurante se in essa appare la mia nota ingenuità filosofica, ma profondamente consapevole , dentro di me, della risposta... :)
#1025
Citazione di: Carlo Pierini il 08 Settembre 2017, 14:03:42 PM
Citazione di: Sariputra il 08 Settembre 2017, 13:54:33 PM
Citazione di: sgiombo link=topic=777.msg15055#msg1quote]E' vero che essa non sta né in cielo né in terra, dal momento che sono invece il cielo e la terra a stare (insieme al pensiero) nell' esperienza fenomenica cosciente (di chi li esperisce): "esse est percipi"! (Berkeley). Secondo me per comprendere correttamente i rapporti mente-cervello (e coscienza materia) bisogna cominciare dal compiere questa "rivoluzione copernicana" (leggermente diversa da quella kantiana) consistente nel rendersi conto con Berkeley (e sopratutto con Hume) che non il pensiero e la coscienza in generale sono nei cervelli, ma invece i cervelli sono nella coscienza.
"La mente precede le cose, le domina, le crea." (cit. da un detto buddhista :)). CARLO ...La mente di chi? :)

La mente che percepisce la realtà e costruisce il "mondo",  e costruisce anche il "chi" . La mente come specchio dove tutto si riflette, anche il "chi"... :)
#1026
Citazione di: sgiombo link=topic=777.msg15055#msg1
quote]E' vero che essa non sta né in cielo né in terra, dal momento che sono invece il cielo e la terra a stare (insieme al pensiero) nell' esperienza fenomenica cosciente (di chi li esperisce): "esse est percipi"! (Berkeley). Secondo me per comprendere correttamente i rapporti mente-cervello (e coscienza materia) bisogna cominciare dal compiere questa "rivoluzione copernicana" (leggermente diversa da quella kantiana) consistente nel rendersi conto con Berkeley (e sopratutto con Hume) che non il pensiero e la coscienza in generale sono nei cervelli, ma invece i cervelli sono nella coscienza.  
[/quote] [/quote]

"La mente precede le cose, le domina, le crea." (cit. da un detto buddhista  :)).
#1027
Tematiche Filosofiche / Re:Essere o non essere
07 Settembre 2017, 16:46:28 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 07 Settembre 2017, 12:02:02 PMNon hai mai pensato che ciò che distrugge l'Incanto non sia la Conoscenza, ma una conoscenza primitiva, grossolana, distorta o inadeguata? Per quale ragione la facoltà del conoscere - che è un dono, al pari della facoltà di amare - dovrebbe distruggere l'Incanto? Non ti sembra strano che, nel mito cristiano, "il serpe della conoscenza" si trovi proprio nel centro del Paradiso terrestre, cioè, nel centro di ciò che il mito universale sempreidentifica simbolicamente come la dimora terrena del Divino? ...E come dovremmo intendere il concetto di "Sapientia Dèi"? Come la "distruzione divina dell'Incanto"? E' un grosso limite guardare alla spiritualità con gli occhi di una sola tradizione, e buttare a mare tutte le altre. La Fonte dell'Illuminazione è una per tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro razza e cultura.

Ti ringrazio per il commento
Vorrei tranquillizzarti sul fatto che , di solito, non butto a mare nessuna tradizione. Anzi, proprio in questi giorni mi sto rileggendo "Il dramma è Dio" di D.M.Turoldo, telogo, filosofo e poeta che apprezzo molto e che mi fornisce sempre stimoli di riflessione. Il fatto di non condividere alcune posizioni di fede non mi impedisce certo di apprezzare le persone che dimostrano intelligenza , cultura e umanità.
E' di gran lunga preferibile l'amicizia o la lettura di un cristiano intelligente a quella di un buddhista stupido ( e purtroppo la quasi totalità del Western Buddhism rientra in questa categoria...).  :)
Nella visione biblica della Genesi la conoscenza distrugge l'incanto perché allontana da Dio. Prima di mangiare dell'albero, Dio passeggiava nel giardino dell'uomo. Trovo molto importante , e assai scarsamente evidenziato, questo fatto, questa amicizia che porta Dio e l'uomo a passeggiare insieme, e proprio questo "stare insieme con Dio" è l'Incanto. Dopo aver mangiato, l'uomo si nasconde. E' la separazione, il tradimento dell'amicizia e infatti Dio chiede:" Perché ti nascondi?". La conoscenza ci porta alla separazione e al nascondimento, all'opposizione e al rifiuto di questa amicizia, che viveva nella totale nudità dell'essere. Infatti conoscere è separare, distinguere. 
Cosa fa il serpente nel giardino? E' necessario alla libertà del'uomo...
Se Dio ha creato l'uomo libero non può privarlo della possibilità di fare il male, altrimenti non sarebbe veramente libero. La radice del male sta in un certo uso di questa libertà. Chi determina la libertà? A determinare la libertà non può essere Dio: se lo facesse non saremmo più liberi. E, di fatto, non lo fa, essendo lui stesso libertà. Proprio della libertà è determinare se stessa, diversamente non sarebbe più libertà. In un altro modo, secondo la visione biblica, non sarebbe stato un uomo. Non sarebbe stato una coscienza capace di scegliere e di decidere di se stessa.
#1028
Tematiche Filosofiche / Re:Essere o non essere
06 Settembre 2017, 23:39:11 PM
Se l'Essere ( maiuscolo)  è, esiste, vive ...dove lo possiamo trovare? Beh...io ho il sospetto che si trovi nascosto in una conchiglia. Perché in una conchiglia?...La conchiglia ha un guscio duro, come dura, spietata è la vita, ma all'interno nasconde una perla di gran valore. Sentimentalismo? No...attenzione...non è la perla la cosa più importante, è...cioè.... prendi questa conchiglia svuotata, fai spazio al suo interno e la porti all'orecchio e cosa senti?...L'Abisso...il suono degli abissi marini. E' un richiamo dell'abisso dove abita l'essere, che è l'abisso stesso dove abita il Nulla, il non essere che noi siamo. Ma l'Essere è l'abisso? Per me il vero abisso è il male, il non essere, il nulla. Ma è quello che desideriamo , no? In fondo in fondo forse desideriamo proprio non essere, nasconderci in un nulla invincibile, fatto di concetti e mappe e territori. Si potrebbe quasi dire: il miracoloso, il prodigioso, lo straordinario è l'essere; il mistero, nel suo significato di oscurità almeno, è il nulla, il non essere. E' perché siamo esseri astuti che abbracciamo il non essere per conoscere, ma non per conoscere l'essere, quello lo lasciamo nascosto nella conchiglia pestata sul bagnasciuga, ma per nasconderci alla sua vista.
Siccome desideriamo distruggere ogni gioia e ogni bene...forse sarebbe più giusto dire che odiamo in cuor nostro l'Incanto, allora diamo inizio ad un altro incanto, quello distruttore, devastatore di ogni gioia: la Conoscenza, la distruzione dell'incanto cosmico. Proprio così, contro all'appena intravista gioia di esistere, di essere ( anche se di un'esistenza che non sarà mai un essere, però sempre affascinata e attratta dalla "volontà d'essere"), contro questa si para insidioso il serpe della Conoscenza, del tradimento dell'incanto.
Simboli? Reminiscenze cristiane? Non so. Però il serpe si insinua dappertutto, anche nelle più sottili crepe del muro , e sta in agguato...diventa questa conoscenza che si fa tecnica, che si fa involucro di plastica corrosiva, che corrode l'essere, che corrode tutta la vita, la vita stessa degli abissi marini. Plastica simbolica di un mondo che ci priva della gioia e del bene dell'incanto, che ci pone sul viso una maschera sorridente, che in realtà è un ghigno.
#1029
Citazione di: giona2068 il 05 Settembre 2017, 00:09:46 AM
Citazione di: Freedom il 04 Settembre 2017, 20:31:47 PM
Citazione di: giona2068 il 04 Settembre 2017, 19:06:40 PMPer eliminare il piacere dalla propria vita occorre innanzitutto scoprire che esso non procede dal bene ma dal male.
Il piacere che si prova nel mangiare? Hai abbandonato anche questo?
Il piacere del cibo è il più insidioso dei piaceri perché si abbina ad una necessità giornaliera dell'essere umano. Attenzione ! Se una cosa è piacevole da mangiare non posso dire che fa schifo o esercitarmi a dire che fa schifo. Se un cibo è buono è buono e basta. Il problema nasce nel momento in cui divento adoratore del piacere e cerco di soddisfarlo con l'alcool, la droga, il fumo, la pigrizia, il sesso e/o il cibo. Se in me entra la luce che il piacere non piace alla mia anima, che non è carne, quando mangio un cibo buono, o bevo un bicchiere di buon vino ecc.. le papille gustative sentono qualcosa ma il cuore non viene interessato. Per questo San Paolo, parlando dei romani dice: Il loro ventre è diventato il loro "dio". Le conseguenze le conosci già! Il danno più grave che crea il piacere è l'anestesia satanica che va vivere la persona da indifferente come un robot. L'indifferente non si preoccupa neanche di se stesso. Esempio: Su ogni pacchetto di sigarette è scritto che il fumo uccide, ma si continua a fumare.

Ciao Giona ben ritrovato!
Posto un breve dialogo tra il monaco Nagasena e il re Milinda ( forse il greco Menandro...) sull'argomento nutrimento:

"Nagasena, qual'è la differenza tra l'uomo appassionato e l'uomo senza passioni?"
"Uno è legato, l'altro è distaccato."
"Che cosa intendi dire?"
"Uno desidera, l'altro non desidera."
"Ecco come capisco la cosa: l'uomo appassionato e l'uomo senza passioni desiderano entrambi ciò che è buono (per esempio il nutrimento), ma non ciò che è cattivo."
"L'uomo appassionato, oh re, quando mangia, gusta il sapore e la passione del sapore; l'uomo senza passioni gusta il sapore, ma non la passione del sapore".
(tratto dal Milindapanha).

Forse intendevi anche tu, con parole diverse e con riferimento ad una visione cristiana, lo stesso concetto?
#1030
Citazione di: baylham il 05 Settembre 2017, 11:20:43 AM"Qui e ora Il Sole gira intorno alla Terra" C'è qualcuno che è in grado di dimostrare la falsità di questa verità assoluta?

Mi sembra abbastanza semplice. Dall'osservazione sembrerebbe che sia la Terra a girare intorno al Sole... ;D  Scherzo ovviamente. Hai invertito i termini...
#1031
Tematiche Filosofiche / Re:Essere o non essere
05 Settembre 2017, 10:44:15 AM
Vorrei introdurre il concetto di "ragionevolezza"...non è filosofico ma "sapienziale", vabbè!... :)
Se lo scetticismo appare razionalmente insuperabile, come afferma secondo me coerentemente Sgiombo, la ragionevolezza ( non la razionalità pura e astratta) ci induce a mitigare questo scetticismo totale iniettando un certo grado di certezza dovuto alla continuità del ripetersi dell'esperienza. Se , come afferma Popper, la razionalità ci dice che, se anche verifichiamo che una data cosa avviene sempre allo stesso modo, nulla ci dà la certezza che non possa avvenire in un altro, la ragionevolezza ci induce a ritenere che non succederà "nella realtà" ( non vedremo mai, per esempio, un uomo mettersi a volare come un uccello anche se la razionalità non lo può negare in assoluto...). Questa ragionevolezza è quella iniezione , secondo me necessaria, di "fede" o fiducia che dir si voglia della quale mi sembra parli Sgiombo ( se ho ben compreso...). Quindi, se lo scetticismo è insuperabile sul piano della pura speculazione astratta, esiste una dimensione attingibile dall'esperienza percettiva, che ho definito, forse in maniera approssimativa, come "sapienza" che ci rimette sul piano di un'interagire fruttuoso con la "realtà vera".
Spero di essermi spiegato ( non sono un filosofo...) :)
#1032
Tematiche Filosofiche / Re:Essere o non essere
04 Settembre 2017, 10:36:32 AM
Mah!...Non so se ho capito bene ma, a parer mio:
Se facciamo gli occidentali siamo occidentali.
Se facciamo i materialisti siamo materialisti.
Ossia , la pratica determina quello che sei. Posso infatti pensare, per esempio, di essere generoso ma non praticare la generosità. Se viceversa pratico la generosità, anche senza pensare di essre generoso, sono generoso.
"La mappa non è il territorio" ma senza territorio dov'è la mappa?
#1033
Tematiche Spirituali / Re:spiritualità e ascetismo
31 Agosto 2017, 16:08:31 PM
Citazione di: Apeiron il 31 Agosto 2017, 15:14:13 PMAggiungo questo: la filosofia in genera porta ad una maggiore comprensione delle cose e di sé stessi. Ora l'"ascetismo" filosofico a differenza dell'ascetismo "disonesto"/"per costrizione" nasce dalla realizzazione che una vita "povera e semplice" è migliore di una vita di lussi e fasti. Ad esempio il filosofo può capire che la ricchezza, l'alcol, i vari piaceri mondani ecc finiscono per creare attaccamento (o dipendenza) e avversione (quando magari le eventualità della vita ci costringono a separarci da ciò che ci da piacere). Capito questo l'"asceta" filosofico finisce quanto meno per "moderarsi" (o almeno cercare di farlo), risultando quindi di fatto ascetico. L'asceta "disonesto" invece condanna il mondo e quindi ironicamente invece di "distaccarsi" si attacca alle cose in modo patologico: le odia. L'asceta "filosofico" riesce ancora ad apprezzare una buona torta, un bel paesaggio, una bella vista ecc ma non ne rimane attaccato e quindi in un certo senso "rinuncia".

Quello che ho scritto non mi convince. Chiedo scusa ai moderatori.
#1034
@ Jacopus

mi sembra veramente riduttivo affermare che il...
"cristianesimo che è una religione ma anche un'etica ed è fondata in via principale sul senso di colpa e sul sacrificio".
L'etica cristiana è fondata sull'agape (amore/dono). Molti suoi seguaci, trovando difficile e fastidioso praticare autenticamente l'agape, si sono risolti a far notare agli altri che non lo stavano praticando ( distogliendo l'attenzione da se stessi...). L'etica fondata sul senso di colpa e sul sacrificio è farina del sacco bucato dei cristiani, non del cristianesimo autentico... ;D
#1035
Ciao Patrick
Mi piacciono i toni e i colori che usi, ma mi piacerebbe vederti meno "ingessato". Ossia più libero di usare le potenzialità della tua tavolozza, magari "osando" uscire da un disegno che rischia di diventare troppo descrittivo,  quindi a scapito della poesia dell'insieme ( poesia che, a mio modesto parere, tu senti...la poesia del colore intendo ).
Quindi io darei meno importanza al disegno lasciando "libero" il colore di descrivere gli stati d'animo .
Questo fu il consiglio che mi diede, quando avevo sedici anni, mio padre: rompere gli schemi descrittivi e lasciar parlare il colore...
Ciao e  buon lavoro!  :)
P.S. scusa per il tono da consigliere. Si sa...""dà buoni consigli chi non può più dare cattivo esempio""... ;D