Citazione di: Phil il 10 Settembre 2017, 15:52:33 PMCitazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMPosso quindi considerarmi assolto dall'indebita (solita?!) imputazione di sofismo? Torniamo a noi: se tale certezza ("io muoio/sto morendo") non è fondata su una verifica attendibile (spero tu abbia parametri vitali stabili, buona condizione di salute generale, etc.), ma si basa su una "visione intuitiva" (cit.), sul "sentire costante di vivere questo morire" (parafraso, ma correggimi se sbaglio), allora è fuori discussione interrogarsi sulla sua verità ponendo la domanda che hai rivolto: l'intuizione e la visione sono individuali, intime, persino spirituali se vogliamo, quindi metterle sul banco di prova della verità pubblica, assoluta o meno, è un gesto probabilmente fallimentare (cosa potrò mai dire della verità della tua intuizione/visione sul tuo
futuroprocesso in corso? Mi dici che ne sei certo; in base a cosa ti obietterò "no, il tuo intuire, il tuo sentire ti inganna!"?). Sono infatti d'accordo con te quando affermi:Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PML'esperienza della certezza del proprio morire non soffre del non essere insegnata ( ossia dichiarata come Verità). Non è parte necessaria del reale che essa debba essere conosciuta e dichiarata come tale.Dunque mi concederai che la tua domanda non può trovare risposta fuori di te, poiché ne ha, per adesso, trovata una quasi incomunicabile dentro di te..
Qualunque certezza esperienziale non può trovare dimostrazione al di fuori di colui che prova la certezza stessa. Proprio per questo non richiede di essere insegnata come verità. Ma su quella certezza si fonda l'agire e quindi la costruzione del "mondo". Però c'è anche la possibilità che, narrando la propria certezza, essa trovi sponda nella certezza maturata in modo analogo in un altro essere: "E' vero, anch'io provo la stessa certezza!". Tutto questo non richiede di essere insegnato come verità, ma viene accettato come vero sulla base di comuni certezze esperienziali, di vissuto e non di speculazione logica. Infatti io sono sicuro che , noi tutti abitanti dell'Hotel Logos, così diversi nella visione personale dell'esistenza e sul suo significato/non significato, siamo certi di morire. Chi non ammettesse questa certezza ( "Io non morirò mai") sarebbe considerato semplicemente un folle, sia dall'assolutista che dal relativista. Naturalmente l'assolutista dirà: "Ma la morte è solo un'illusione, c'è la vita eterna, ecc." e il relativista " Dipende dalla prospettiva storica, è vero un domani ma non è vero oggi, ecc." ma la certezza esperienziale fa provare ad entrambi la paura ( paura con cui si cerca sempre di non confrontarsi...) e questa fa sì che entrambi tentino sempre di proteggere la loro vita, nella certezza che è fragile e finirà.
Quindi: attento alla troppa logica , Phil! Che non diventi per te un assoluto...![]()
P.S. Ogni pensiero, che proprio perché pensiero vive di contrapposizione, rivendica per sé una certa "forza". E non può essere altrimenti. Infatti non si spiegherebbe se no per quale motivo i relativisti difendano con tanto ardore il loro relativismo...![]()
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Dubito assai che possa esistere, di fatto, un "pensiero debole"...
. Concordo anche quando affermi cheCitazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMUn essere limitato alla sfera fenomenica, come siamo noi, non può conoscere l'assolutezza del Reale, tutta il suo discorrere si svolge nelle e attraverso le categorie del pensiero, che sono necessariamente limitate.motivo per cui non possiamo concludere con assoluta certezza che sia vero cheCitazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMil reale è impersonale e la sua realtà non può essere determinata dal giudizio personale su di esso. Ossia è reale per tutti e per tutti i tempi.è tutta una questione di limiti "strutturali" e di ipotesi esplicative ...Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMIl reale non viene costituito dalla nostra conoscenza o non conoscenza di esso. Se fosse la nostra conoscenza a costituirlo, il reale sarebbe relativo alla persona che lo conosce e alle circostanze in cui viene conosciuto.E qui si (im)pone l'annosa questione dell'idealismo vs materialismo, il problema del noumeno e altre speculazioni troppo noiose...
Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMAccettare questo significherebbe accettare la massima che "L'uomo è la misura di tutte le cose", con tutte le sue implicazioni. Nulla, in questo caso, sarebbe falso,Attenzione, "essere misura" non significa misurare a piacimento, ma solo avere un metro personale: se uso il mio palmo come unità di misura, non posso affermare coerentemente che la mia gamba sia più lunga di un fiume... quindi, usare misure personali non comporta affatto che:Citazione di: Sariputra il 10 Settembre 2017, 14:38:51 PMqualsiasi conoscenza sarebbe vera per quella persona in quel determinato contesto.In fondo, è un dato di fatto che, come ricordava Pascal, basta attraversare un fiume che "il giusto" e "lo sbagliato" si invertono... e, chili o libbre che siano, la mia sedia pesa meno della mia lavatrice... verità assolute, o relative al contesto umano che imposta misure quantitative e divide il giusto dallo sbagliato?![]()
Le tue obiezioni sono tutte sul piano della logica. Se ... "è tutta una questione di limiti "strutturali" e di ipotesi esplicative"...perché poi usi questi limiti strutturali , che quindi sono i limiti stessi della logica, per invalidare una logica altrui? Per far questo devi dimostrare che la tua logica è un metodo valido in senso assoluto per il giudizio, cadendo in contraddizione in quanto tu stesso affermi che, essendoci limiti strutturali, ogni tipo di giudizio non può che essere relativo. Alle tue obiezioni logiche, che sono sensate intendiamoci, si può tranquillamente rispondere:"Ma Phil, tu stessi affermi che è tutto relativo! Perché dovrei abbandonare le mie posizioni per abbracciare le tue altrettanto relative? Non c' è alcuna reale necessità di farlo, in quanto il metro usato per valutarle è esso stesso relativo."
Pertanto la certezza "Io muoio" non può sottostare al giudizio della logica. La logica si dimostra strumento inadeguato, relativo per l'appunto, per il giudizio su questa certezza esperienziale. La logica , e qui lancio una sponda a Carlo Pierini, è strumento inadeguato anche per giudicare segni, simboli e archetipi umani, a mio modesto parere. Infatti , essendo un vissuto esperienziale, sfugge al dominio del ragionamento logico, a meno di voler fare di questo strumento un metro assoluto di valutazione...
La spiritualità, la simbologia, ecc non va valutata con la logica. Il giudizio sulla sua bontà o falsità non può che risiedere nel vissuto esperienziale soggettivo e nelle sue certezze o inganni...
Non senti i limiti di una prospettiva... "soffocante"?