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Messaggi - sgiombo

#1021
Citazione di: paul11 il 12 Gennaio 2019, 01:22:55 AM
Sgiombo, visto che continui a sostenere delel tue tesi diverse dalle mie(spacciandole per "inventate" o chissà cosa) sono costretto a chiamare in causa citazioni di filosofi

Cominciamo con Giovanni  Reale "David Hume: il pensiero etico, la religione, il fondamento arazionale dell'esperienza umana e il problema dell'induzione"
"Lo scetticismo di Hume è riconducibile alla negazione empiristica della valenza ontologica del principio di causa effetto.Il principio di causa effetto è il presupposto del principio di sostanza e del principio di induzione:come sostrato permanente la sostanza è la causa della conservazione della unità e coesione delle cose; come principio della conclusione della conformità del futuro al passato il principio di induzione è legato al principio della uniformità della natura, il quale prevede la natura regolata da leggi esprimenti determinazione dei fatti del mondo secondo la necessità della connessione causale tra gli eventi"

Citazione
Bene.

Mi permetto in tutta tranquillità di dire che anche Reale non ha capito  e confonde due cose ben diverse come:

Asserzione di indimostrabilità (sinonimo di sospensione del giudizio)

e

Asserzione di falsità (giudizio negativo).

Ti consiglio di leggere Hume direttamente sui suoi scritti, come sta facendo con mia soddisfazione GreenDemetr, prima di credere a quel che ne dicono sostenitori di tesi opposte (non tanto a tesi perentorie sue, quanto al suo scettico sospendere il giudizio, dubitare).


...
"Solo le relazioni logico-matematiche si basano sulla ragione; invece le scienze empiriche si fondano sulla esperienza sensibile,la morale sul sentimento, l'estetica sul gusto, la religione sulla fede e la rivelazione"
Citazione
Questo "invece" é una colossale sciocchezza:

le scienze empiriche (reali; non quelle farneticate dagli irrazionalisti negatori della scienza) sia basano sia sulle evidenze sensibili (che da sole non dicono nulla, non sono conoscenze) sia sulla ragione ad esse applicata (e non ad aprioristici postulati arbitrari, magari infondatamente suggeriti da morale, sentimento, estetica, gusto, religione, fede, rivelazione, perfino superstizione, come fanno invece i filosofi idealisti e antiempiristi, i quali sono degli irrazionalisti, checché dicano di se stessi).
#1022
Citazione di: Ipazia il 11 Gennaio 2019, 18:45:02 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Gennaio 2019, 16:38:55 PM
Non ho mai negato quanto scrivi qui, con cui concordo (malgrado non mi piaccia l' espressione "costante antropologica" che varia in funzione del sacrificio contenuto nel "tempo antropologico"; che preferisco chiamare "tempo soggettivo" o "mentalmente, e dunque soggettivamente percepito"). SE vai a rileggerti con attenzione quanto da me scritto a cui qui pretenderesti di obiettare, troverai che non ho mai negato la realtà del tempo soggettivo mentale stesso ma ne ho solo evidenziato le differenza dal tempo fisico - materiale intersoggettivo, confonderlo col quale é un grossolano errore e porta a credenze false. Non riesco proprio a capire in che senso "non ci saremmo proprio"!

Perchè non si tratta di correggere un errore da maestrina ma proprio di differente prospettiva ideologica. Ridurre il tempo antropologico a tempo soggettivo significa ricacciare l'umano nel divide et impera del tempo cronometrato del marcatempi padronale. La "costante temporale antropologica" corregge questa impostanzione del tempo parametrato solo sullo sfruttamento umano. E venne applicata molto empiricamente dai bolscevichi nelle forme che ho detto e pure in quelle che tu hai riportato:
Citazione
Io conosco solo il tempo intersoggettivo studiato dalle scienze naturali e il tempo soggettivo avvertito interiormente.
Per farmi capire la tua diversa prospettiva ideologica dovresti spiegarmi che cosa sono il "tempo antropologico" (di diverso dal tempo  intersoggettivo delle scienze naturali e dal tempo "psicologico" meramente soggettivo avvertito da ciascuno diversamente a seconda delle circostanze) e la
"costante temporale antropologica" che se ben capisco consentirebbe di calcolare il primo dal secondo e viceversa (fra l' altro non é che abbia letto più di tanto, ma negli scritti di nessun bolscevico ricordo di aver trovato questo concetto).

Anche cosa c' entri con la mia distinzione fra tempo intersoggettivo e soggettivo il divide et impera del marcatempo dei padroni (che mi pare sia uguale per tutti i proletari dipendenti -segnando il tempo fisico intersoggettivo- e quindi casomai oggettivamente tenda ad unirli) non lo capisco proprio per nulla.






Citazione
Non ho documentazione sottomano e non ho tempo e voglia di mettermi a scartabellare, ma a me risulta invece che (salvo forse nella breve parentesi del "comunismo di guerra", rapidamente superata) i Bolscevichi cercassero di applicare quanto meglio possibile il principio socialista "da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro i suoi bisogni", attribuendo al lavoro stesso tanto maggiore valore quanto più fosse complesso (di fatto quasi sempre questo é il caso di lavori richiedenti piuttosto intelligenza, ragionamenti, pensiero, conoscenze tecniche che "forza bruta" o capacità di faticare fisicamente), in quanto ceteris paribus richiedente in ultima analisi più tempo la realizzazione - ripristino della forza-lavoro necessaria per erogarlo.
Ho corretto la tua citazione di Marx perchè il travisamento ne nascondeva il significato: i bisogni sono uguali, all'incirca, per tutti. Le capacità e il lavoro invece sono diversi. Ma sono diversi anche da come li intende la (non)etica capitalistica che nel calcolo del valore quantifica le capacità e il lavoro in maniera che non può essere la stessa di una società socialista. Altrimenti non vedo che differenza ci sarebbe tra i due modelli sociali. In effetti i lavoratori "professionali" sovietici si lamentavano di questa loro omologazione retributiva ai lavori ritenuti più umili, ma più faticosi e pericolosi. Dimostrando con ciò che una società comunista richiede davvero livelli assai avanzati di sviluppo tecnoscientifico lavorativo per essere digeribile per tutti, riducendo la componente sacrificale ed aumentando quella partecipativa intellettuale.
Citazione
Qui il maestrino tocca farlo a me, sia pur controvoglia (e mi sento imbarazzatissimo).
Marx, nella critica del Programma di Gotha; e anche Lenin in Stato e rivoluzione) parla sia del principio distributivo "da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro", sia di quello "da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni"
E afferma che il primo é proprio della prima fase della società comunista "quale sorge sulla base dei precedenti rapporti sociali capitalistici", nella quale lo Stato (dittatura del proletariato) inizia appena ad estinguersi, mentre il secondo é proprio della società comunista avanzata, "quale si sviluppa sulla sua propria base" dopo la completa estinzione dello Stato.
E mi sembra del tutto evidente che nell' URSS non si sia mai andati molto lontano nemmeno nella prima fase (quella di "...a ciascuno secondo il suo lavoro") come da me correttamente affermato (l' estinzione dello Stato e l' "...a ciascuno secondo i suoi bisogni" non é mai stato all' ordine del giorno, ma era qualcosa di decisamente avveniristico).

Inoltre Marx afferma chiaramente che i bisogni non sono uguali per tutti ma diversi, soprattutto nella prima fase meno avanzata ("inoltre un operaio é ammogliato, l' altro no; uno ha più figli, ecc.").

Citazione
Gli stessi stakanovisti erano apprezzati e premiati moralmente e materialmente non tanto in proporzione alla la fatica fisica che facevano quanto all' ingegnosità delle innovazioni tecniche in grado di aumentare la produttività del lavoro che realizzavano. Anche se ovviamente i Bolscevichi cercavano anche sempre di tener conto pure della fatica fisica, come in generale dei "sacrifici", della "durezza" del lavoro (non necessariamente di tipo "materiale", ma anche per esempio il fatto di svolgerlo in località remote e dal clima inclemente, la necessità di comprendere turni notturni e festivi, ecc. indipendentemente dal carattere prevalentemente manuale o mentale del lavoro stesso).

Tutto giustissimo. Infatti alla fine, oltre allo stato, dovrebbe scomparire pure la distinzione tra lavoro manuale e intellettuale. Engels dice che dovremmo essere tutti un po' carrettieri e un po' architetti. L'umanizzazione del lavoro manuale implica anche la valorizzazione intellettuale del lavoratore che diventa progettista di ciò che produce e, d'altro canto, anche il lavoro intellettuale tradizionale ha i suoi carichi di routinaria fatica. Basti pensare allo stress di medici e insegnanti. Quindi direi che la correzione del tempo antropologico da applicarsi al sacrificio fondante del lavoro richiede grande abilità scientifica. Ma ne vale la pena nel mondo liberato dell'homo faber, anche se è più complicato che inventare titoli tossici e fare previsioni borsistiche.

Ritornerei ai contenuti del libro che limita la questione tempo alla fisica laddove, come spiegava chiaramente Apeiron, non esistono rette euclidee e tempi cronometrici, ma linee curve e tempi relativistici che scompaiono del tutto in certi fenomeni quantistici. In particolare in vicinanza dello 0 K, laddove la tecnoscienza ci permette di vedere immagini di bellezza assoluta come questa, con i suoi atomi, legami e nubi elettroniche in bella evidenza. C'è molto trucco, ma non inganno. Oltre al sognante Kekulè, penso che anche il Platone di Apeiron sarebbe soddisfatto di vedere finalmente le sue forme geometriche ideali. Ma basta allontanarsi di poco dalla morte termica perchè scompaiano. E la realtà torni, col suo divenire, ad apparirci tanto diversa.
.
Citazione
Ergo: il tempo fisico é reale (anche se non per così dire "ubiquitario", né assoluto).
#1023
Attualità / Re:La giustizia è misura
11 Gennaio 2019, 17:20:19 PM
Io mi auguro che la ditta Cdiu fallisca quanto prima e il più miseramente possibile e che i suoi dipendenti trovino lavori migliori (ma é una assai flebile speranza: nella società attuale la Cdiu ha ottime chances di prosperare e i suoi dipendenti pessime di trovare di meglio).
#1024
Citazione di: Ipazia il 11 Gennaio 2019, 11:40:10 AM
Citazione di: sgiombo il 11 Gennaio 2019, 08:55:09 AM
Non credo proprio che costituisca una caduta nei lacci e lacciuoli dell' ideologia dominante il rilevare che la sensazione soggettiva dell' "ora" degli impazienti in sala d'attesa sia reale solo e unicamente in quanto valutazione soggettiva errata e falsa del tempo da loro trascorso in tale ubicazione fisica-materiale da meno di dieci minuti veri, reali, rilevati dagli orologi, compresi eventualmente quelli obsoleti a pendolo; ovvero che si tratta di "un' ora" meramente apparente, reale solo come apparenza e in nessun altro senso, e non effettivamente, non come aspetto veramente attribuibile alla realtà intersoggettiva dell' universo materiale alla quale comunque si riferisce (almeno nel caso -di fatto generalizzato- nel quale intendono non che nel loro vissuto soggettivo sono lì da un tempo non misurabile quantitativamente ma comunque avvertito come lungo, ma invece che é passata intersoggettivamente un' ora nel sistema di riferimento inerziale costituito dalla sala d' attesa nell' ambito del mondo materiale reale; e infatti spesso e volentieri se la prendono indebitamente con i proletari, magari alla dipendenza dello Stato borghese ma in altri casi pure di privati capitalisti, della cui opera necessitano, che attendono).

Non ci siamo proprio. Il tempo antropologico ha ben poco da spartire col tempo fisico temperato equalmente da qualsiasi tipo di orologio, inclusi gli atomici. Ragionare in termini di tempo antropologico significa contemperare la differenza di valore di tempi cronologicamente uguali. Significa che ogni tempo cronologico va corretto da una costante antropologica che varia in funzione del sacrificio in esso contenuto.
Citazione
Perché io "invece" cos' avrei mai scritto?
Non ho mai negato quanto scrivi qui, con cui concordo (malgrado non mi piaccia l' espressione "costante antropologica" che varia in funzione del sacrificio contenuto nel "tempo antropologico"; che preferisco chiamare "tempo soggettivo" o "mentalmente, e dunque soggettivamente percepito").

SE vai a rileggerti con attenzione quanto da me scritto a cui qui pretenderesti di obiettare, troverai che non ho mai negato la realtà del tempo soggettivo mentale stesso ma ne ho solo evidenziato le differenza dal tempo fisico - materiale intersoggettivo, confonderlo col quale é un grossolano errore e porta a credenze false.

Non riesco proprio a capire in che senso "non ci saremmo proprio"!





Tralasciando il tempo della sala d'attesa, che è comunque tempo di vita perso, quantomeno da ridurre, occupiamoci di un tempo di vita "sacrificale" non azzerabile: il lavoro. I bolscevichi, che ci capivano qualcosa di tempo antropologico, pagavano di più il tempo-lavoro manuale di quello intellettuale perchè contiene un livello di sacrificio maggiore, benchè riconoscessero il grande valore sociale di entrambi. Ma se il secondo poteva essere considerato una Grazia divina umana fornita dalla natura (e riconosciuta dallo stato socialista attraverso il diritto allo studio e alla professione), etimologicamente gratis come tutte le grazie, il lavoro manuale non poteva essere equiparato ad alcun tipo di grazia ma derivare solo dalla necessità sociale del suo svolgersi.
Citazione
Per parte mia non "perdo" quasi mai ma impiego quasi sempre più o meno proficuamente e/o in maniera divertente il tempo che passo in sala d' attesa (e questo mi aiuta ad evitare di non avanzare indebite pretese schiavistiche verso i lavoratori della cui opera sono in attesa).

Non ho documentazione sottomano e non ho tempo e voglia di mettermi a scartabellare, ma a me risulta invece che (salvo forse nella breve parentesi del "comunismo di guerra", rapidamente superata) i Bolscevichi cercassero di applicare quanto meglio possibile il principio socialista "da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro", attribuendo al lavoro stesso tanto maggiore valore quanto più fosse complesso (di fatto quasi sempre questo é il caso di lavori richiedenti piuttosto intelligenza, ragionamenti, pensiero, conoscenze tecniche che "forza bruta" o capacità di faticare fisicamente), in quanto ceteris paribus richiedente in ultima analisi più tempo la realizzazione - ripristino della forza-lavoro necessaria per erogarlo.
Gli stessi stakanovisti erano apprezzati e premiati moralmente e materialmente non tanto in proporzione alla la fatica fisica che facevano quanto all' ingegnosità delle innovazioni tecniche in grado di aumentare la produttività del lavoro che realizzavano.
Anche se ovviamente i Bolscevichi cercavano anche sempre di tener conto pure della fatica fisica, come in generale dei "sacrifici", della "durezza" del lavoro (non necessariamente di tipo "materiale", ma anche per esempio il fatto di svolgerlo in località remote e dal clima inclemente, la necessità di comprendere turni notturni e festivi, ecc. indipendentemente dal carattere prevalentemente manuale o mentale del lavoro stesso).





La sintesi dialettica tra i due lavori sta nell'umanizzazione del sacrificio attraverso la sua intellettualizzazione tecnica. Quindi il "progresso", non come chimera teologica rivolta all'aldilà, ma liberazione umana dalla schiavitù del lavoro e congruo riconoscimento sociale dei residui irrisolti o irrisolvibili di tale processo di liberazione.
Citazione
Malgrado la sgradevolissima impressione complessiva da maestrina con la penna rossa e blu ("non ci siamo proprio": erroraccio blu!), che da non-ipocrita mi sento di rilevare, qui sono sinceramente lieto di concordare.

#1025
Citazione di: Ipazia il 11 Gennaio 2019, 07:58:22 AM
Citazione di: sgiombo il 10 Gennaio 2019, 18:33:38 PM
La realtà fisica certamente no.
appunto  :D

Citazione
Ma quando ricercatori di vaglia parlano (evito un altro termine recentemente da me rivolto a un altro amico del forum in un altra discussione per non essere troppo provocatorio) di "interpretazione a Molti Mondi (MWI dall'inglese Many-worlds interpretation)" della MQ o di possibili "viaggi nel tempo" mi pare che il loro misticismo (il misticismo proprio delle loro teorie fisiche) raggiunga livelli che neanche le religioni più sperticatamente irazionalistiche...

La scienza, tra le tante cose che è, è pure una nuova religione universale di grande successo.
Citazione
(Benissimo,) fin qui siamo perfettamente d' accordo!

Per parte mia aggiungerei che la  (pseudo-) scienza è pure una nuova religione universale di grande successo di solito perfettamente funzionale all' ideologia dominante; soprattutto quando in generale indulge all' irrazionalismo e in particolare quando nega la realtà del tempo e dunque del mutamento.







Citazione
Ma non avevi sostenuto che nella fisica odierna il tempo non scompare ma invece si relativizza?

Si relativizza a livello applicativo, galileiano, ma esistono livelli nei quali, dice Rovelli, si può prescindere totalmente da f(t).
Citazione
Credo quindi di comprendere che che per te (e per Rovelli) nella realtà fisica - materiale  (per voi identificantesi con la realtà in toto) in generale il tempo (e dunque il mutamento) esiste (o meglio accade) realmente, e non in maniera meramente apparente.







Citazione
NOn capisco bene come il "tempo antropologico" (suppongo la soggettiva percezione dello scorrere del tempo, per la quale un amplesso "é stato bellissimo, peccato che sia già finito" mentre in una sala d' attesa tutti gli utenti impazienti -solitamente il 95% del totale, improvvidamente non munitisi di libri o giornali- "é da un' ora che aspettano" già dopo dieci minuti scarsi che ci sono arrivati) possa decidere come é (anziché come sembra) la realtà (a meno che si tratti di quel peculiare caso di realtà -anzi realtà meramente costituito dalla- apparenza soggettiva limitata al "tempo antropologico" della realtà intersoggettiva del tempo cronologico). Ma forse anche stavolta parli in senso metaforico (basta precisarlo, per lo meno a beneficio di un "iper-razionalista" -lo so, é un deliberato ossimoro- come me, che tende spiccatamente a prendere tutto in senso letterale "fino a precisazione contraria")

Perchè dovrebbe essere meno "vera" la relatività del tempo antropologico rispetto alla relatività del moto di un pendolo. Forse è arrivato il tempo di prendere coscienza del tempo umano liberandolo da tutti i lacci e lacciuoli dell'ideologia dominante e delle sue "verità oggettive" scientisticamente camuffate. Girando attorno alle quali ci perdiamo del tutto il senso della gravitazione universale umana, dei suoi centri di gravità reali, altri da quelli della realtà come la ci si vuole far apparire laminando il tutto nel marcatempi della produzione capitalistica.

CitazioneNon credo proprio che costituisca una caduta nei lacci e lacciuoli dell' ideologia dominante il rilevare che la sensazione soggettiva dell' "ora" degli impazienti in sala d'attesa sia reale solo e unicamente in quanto valutazione soggettiva errata e falsa del tempo da loro trascorso in tale ubicazione fisica-materiale da meno di dieci minuti veri, reali, rilevati dagli orologi, compresi eventualmente quelli obsoleti a pendolo; ovvero che si tratta di "un' ora" meramente apparente, reale solo come apparenza e in nessun altro senso, e non effettivamente, non come aspetto veramente attribuibile alla realtà intersoggettiva dell' universo materiale alla quale comunque si riferisce (almeno nel caso -di fatto generalizzato- nel quale intendono non che nel loro vissuto soggettivo sono lì da un tempo non misurabile quantitativamente ma comunque avvertito come lungo, ma invece che é passata intersoggettivamente un' ora nel sistema di riferimento inerziale costituito dalla sala d' attesa nell' ambito del mondo materiale reale; e infatti spesso e volentieri se la prendono indebitamente con i proletari, magari alla dipendenza dello Stato borghese ma in altri casi pure di privati capitalisti, della cui opera necessitano, che attendono).
#1026
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
11 Gennaio 2019, 08:22:43 AM
Citazione di: davintro il 10 Gennaio 2019, 23:33:31 PM
Questo del resto sarebbe lo stesso errore in cui ricade un certo materialismo, che confondendo l'accezione universale e esaustiva dell'idea di "coscienza" con quella empiricamente determinata come "coscienza umana" (una determinazione nella quale la coscienza è legata a vincoli di dipendenza con il corpo e la sensibilità) pretende di dedurre l'impossibilità di una vita cosciente puramente spirituale in una dimensione sovrumana e sovramondana, prendendo un aspetto accidentale del concetto di coscienza (la situazione storica in cui si dà come coscienza umana) e trattandolo come fosse un dato essenziale.

Ho tagliato ciò con cui concordo, mentre ritengo errata questa critica di un certo materialismo (pur non essendo monista materialista).

Credo che di fatto nessun materialista si ponga il problema astratto (privo di interesse se non puramente logico - speculativo anche per me) se, oltre a quella empiricamente determinata (e soprattutto rilevata) come "coscienza umana" ne potrebbero, in linea teorica esistere altre "disincarnate" a noi inaccessibili.

Dando briglia sciolta alla fantasia si possono immaginare le cose più disparate purché non autocontraddittorie, dagli ippogrifi e altre chimere mitologiche a Superman o Biancaneve e i sette nanai in qualche pianeta di qualche remota galassia, alla teiera interplanetaria di Russell, e chi più ne ha più ne metta).

Ma credo che giustamente i materialisti (salvo casi eccezionali) non si pongano nemmeno questi problemi che possono ben denominarsi "astrusi", e si limitino a cercare di conoscere la realtà effettivamente disponibile alla nostra osservazione (errando a parer mio, a seconda dei diversi casi, nel pretendere di eliminare da ciò che è reale la mente cosciente, oppure nell' identificarla col cervello, o ridurla al cervello, o farvela sopravvenire, o farvela emergere).
#1027
Citazione di: Ipazia il 10 Gennaio 2019, 08:47:57 AM
La realtà antropologica è ancora più ingannevole di quella fisica, che non conosce il mistico e il mistificato.
Citazione
La realtà fisica certamente no.

Ma quando ricercatori di vaglia parlano (evito un altro termine recentemente da me rivolto a un altro amico del forum in un altra discussione per non essere troppo provocatorio) di "interpretazione a Molti Mondi (MWI dall'inglese Many-worlds interpretation)" della MQ o di possibili "viaggi nel tempo" mi pare che il loro misticismo (il misticismo proprio delle loro teorie fisiche) raggiunga livelli che neanche le religioni più sperticatamente irazionalistiche...



Nell'umano il tempo gioca un ruolo fondamentale tanto nell'essere che nel narrare. Nell'essere perchè lo racchiude in uno spaziotempo limitato, nel narrare perchè la trascendenza umana è assai fantasiosa. Ma proprio nel narrare si dilata il tempo umano facendosi storia. Così, mentre nella fisica il tempo scompare, e l'ideologia ci mistifica sopra decretando la fine della storia e l'annichilimento del tempo di lavoro umano, il tempo antropologico si prende la sua rivincita in ogni attimo della nostra vita decidendo lui come appare è la realtà. Così diversa nel tempo umano di un amplesso, di una sala d'attesa, di una catena di montaggio, checchè ne dica il tempo cronologico.
Citazione
Ma non avevi sostenuto che nella fisica odierna il tempo non scompare ma invece si relativizza?

NOn capisco bene come il "tempo antropologico" (suppongo la soggettiva percezione dello scorrere del tempo, per la quale un amplesso "é stato bellissimo, peccato che sia già finito" mentre in una sala d' attesa tutti gli utenti impazienti -solitamente il 95% del totale, improvvidamente non munitisi di libri o giornali- "é da un' ora che aspettano" già dopo dieci minuti scarsi che ci sono arrivati) possa decidere come é (anziché come sembra) la realtà (a meno che si tratti di quel peculiare caso di realtà -anzi realtà meramente costituito dalla- apparenza soggettiva limitata al "tempo antropologico" della realtà intersoggettiva del tempo cronologico).

Ma forse anche stavolta parli in senso metaforico (basta precisarlo, per lo meno a beneficio di un "iper-razionalista" -lo so, é un deliberato ossimoro- come me, che tende spiccatamente a prendere tutto in senso letterale "fino a precisazione contraria").
#1028
Citazione di: green demetr il 10 Gennaio 2019, 10:58:27 AM
Citazione di: Socrate78 il 19 Novembre 2018, 18:39:22 PM
Hume, filosofo del Settecento, sosteneva che i rapporti di causa e di effetto sono una costruzione della nostra mente, che vedendo come, in un rapporto temporale, all'evento X segue spesso la conseguenza Y, allora deduce che Y è causa di X. L'origine della causalità sarebbe quindi il fatto che la nostra mente si abitua a vedere sempre un determinato effetto dopo la presunta causa, e quindi generalizza postulando l'esistenza delle leggi fisiche della natura, che per il filosofo non avrebbero nessun fondamento obiettivo. Lo scetticismo di Hume, però, ha un forte punto debole. Infatti il problema sta nel fatto che si può notare come nella causa ci sia già in embrione l'effetto che essa poi produce: ad esempio un corpo, esposto al calore di una fiamma, finisce per incendiarsi (produce calore appunto) e questo non può affatto essere una conseguenza puramente casuale, ma è semplicemente lo sviluppo logico della causa. Lo stesso si può dire per quanto riguarda altri aspetti, ad esempio i virus come causa di malattie: la cosa non può essere una mera coincidenza che si ripete, poiché il virus ha caratteristiche tali da causare il danno, caratteristiche sperimentabili in laboratorio. Quindi a questo punto si può dire chiaramente che Hume si sbagliava e che non teneva conto del legame molto forte tra la causa e il suo effetto? Oppure secondo voi la tesi di Hume può in parte essere ancora valida?

Il punto caro Socrate è che tu descrivi come farebbe uno scienziato cosa avviene davanti a te, dando per scontato un osservatore ed un osservato.

Ma questa non è filosofia.

Ricordiamoci che la filosofia si interroga proprio sulle cose che agli altri sembrano ovvie.

Ho appena iniziato a leggere Hume, o meglio l'introduzione che il curatore ha preparato.

Già da questa prima introduzione di carattere storico, ho capito che ANCHE HUME è stato mal interpretato.

(e comincio a innervosirmi, a che serve andare al Liceo se poi quello che si legge è TUTTO SBAGLIATO....)

LUI STESSO AVEVA UNA GRAN PAURA DI NON ESSERE CAPITO, UNA PAURA CHE GLI HA IMPEDITO DI SVILUPPARE APPIENO LE SUE IDEE PER BENE QUARANTANNI PRIMA DI DARE FINALMENTE ALLE STAMPE UNA VERSIONE IPER-AUTO-CENSURATA, DELLA SUA VISIONE GLOBALE.( e testimoniando quindi di essere vittima del fantasma paranoico, e perciò nello sviluppo del suo pensiero, i giudizi andranno riletti a confronto con questa paura).

Quello che tentata di fare era di mostrare come l'ordo naturalis fosse tutt'altro che un ordine e tutt'altro che una naturalità.

Per primo gli venne in mente che tutto era solo questione di METODO.

E allora perchè non ragionare sulla formazione stessa del metodo, e questo ERA il suo METODO.

Ossia Hume cercava, e a suo dire trovò, il META-METODO.

Il metodo con cui ragioniamo, in effetti non è lapallisianamente un hackeraggio della realtà che ci circonda????

Oh ma i greci lo sapevano bene! Sapevano bene di essere degli STRONZI.

Non so chi sia il curatore degli scritti di Hume che stai leggendo.
Dubito che si tratti di Eugenio Lecaldano, che ha curato l' edizione Laterza degli Scritti filosofici che almeno fino a qualche anni fa andava per la maggiore ed é quella letta anche da me, o in alternativa che tu l' abbia bene inteso.

Hume non era quello che si dice una "tempra di eroe", non aveva la vocazione del martire, e fu molto cauto nella pubblicazione di alcuni suoi scritti, soprattutto di argomento etico e circa la religione, per cercare di evitare, o meglio di limitare, le critiche e l' ostilità del clero anglicano e dei benpesanti in generale (pubblicò in vita la Ricerca sui principi della morale e la Storia naturale della religione che gli procurarono vari grattacapi, ma invece i suoi Dialoghi sulla religione naturale uscirono postumi, e così pure i due saggi Sul suicidio e Sull' immortalità dell' anima che avrebbero dovuto aggiungersi, secondo le sue originarie intenzioni, alle Quattro dissertazioni edite nel 1757).
Ma sul piano della gnoseologia (e dell' ontologia, per quanto trattata da lui sempre in stretta relazione con la teoria critica della conoscenza e quasi come suo inevitabile corollario) non ebbe modo di temere "rappresaglie", ma solo lamentò "a posteriori" un' incomprensione e un insuccesso ("di critica e di pubblico") da lui inattesi e che molto lo delusero; ragion per cui rielaborò in varie opere successive (dal Trattato sulla natura umana alla Ricerca sull' intelletto umano) le sue concezioni in materia, tuttavia senza autocensure o "edulcorazioni" di sorta in proposito, senza sostanziali variazioni nei contenuti teorici (decisamente coerenti fra i vari scritti); ebbe invece subito molta fortuna come storico della Gran Bretagna (con la sua History od England in vari volumi cui personalmente teneva molto meno che ai saggi filosofici).

Non capisco bene che cosa tu intenda per "metodo", ma di certo non negò l' ordine naturale scientificamente studiato da Newton, di cui fu sempre grande ammiratore e a cui si ispirò nella sua profonda aspirazione a realizzare un' analoga conoscenza scientifica della natura umana.
Semplicemente la sua "implacabile", conseguentissima critica razionale della conoscenza lo condusse a rilevare l' indimostrabilità, la dubitabilità in linea di principio dell' ordine causale del divenire naturale (ma essere consapevoli dell' indimostrabilità-dubitabilità di qualcosa =/= affermarne la falsità, negarla).
#1029
Citazione di: paul11 il 10 Gennaio 2019, 01:40:37 AM
Citazione di: sgiombo il 07 Gennaio 2019, 08:21:36 AMSGIOMBO:
Excursus di storia della filosofia sul quale non mi soffermo sia perché non di mio precipuo interesse, sia perchè da me grossolanamente, "tutto sommato" per lo meno in larga misura condivisibile, fino all' accenno ad Hume escluso.

PAUL11:
Prima dell'empirismo c'è il razionalismo di Cartesio, Spinoza, Leibniz che filosoficamente ha un atteggiamento ontologico e gnoseologico diverso.

SGIOMBO:
Non colgo proprio alcun senso in questa osservazione (peraltro errata: le correnti empiristita, per lo meno da Bacone a Hume, e razionalistica, da Cartesio a Leibniz, si sono in larga, sostanziale misura "temporalmente sovrapposte" e non succedute, contrariamente a quanto pretenderesti).




SGIOMBO:
Anche se le mie (non poche; e attente) letture risalgono ormai a diversi anni fa, credo di conoscere bene Hume e non mi sembra proprio che limiti la conoscenza alle sensazioni; casomai considera queste ultime la fonte certa, o meglio incontrovertibile, della conoscenza, alla quale sottoporre le ipotesi e i pensieri che la costituiscono (o cercano di ottenerla: cosa che non ha mai negato).

PAUL11:
Non le limita alle sensazioni, ma ha creato una gerarchia, si fida più delle percezioni e impressioni che della ragione

SGIOMBO:
A parte l' imprecisione e grossolanità del concetto di "gerarchia", afferma giustamente che le ipotesi razionali non bastano per avere conoscenza (possono essere perfettamente coerenti dal punto di vista logico e tuttavia false, non conformi alla realtà che pretendono di descrivere), e pertanto  devono essere sottoposte alla verifica/falsificazione empirica.




SGIOMBO:
LO scettico non é affatto contraddittorio in termini perché non afferma affatto che nulla é conoscibile o che qualsiasi enunciato é falso ma si limita invece a rilevare che é dubbio; ovvero sospende il giudizio, non emette proposizioni (per l' appunto tace, contrariamente a quanto falsamente gli attribuisci). E senza proposizione non può darsi proposizione contraddittoria (oltre che coerente, logicamente corretta, sensata).

PAUL11:
Il dubbio non è scetticismo.Lo scettico asserisce, il dubbioso tace,.
Nel momento in cui Hume ASSERISCE l'indimostrabilitò della causalità, DECIDE e non è dubbioso quindi.


SGIOMBO:
Lo scetticismo di cui qui farnetichi non ha proprio nulla a che vedere con l' autentico scetticismo che non asserisce affatto (perentoriamente, come certo) alcunché, ma invece sospende il giudizio (epochè).

Nel momento in cui Hume rileva rileva l' indimostrabilità della causalità, ne asserisce l' incertezza, la dublitabilità, sospende il giudizio sulla sua verità.




SGIOMBO:
Hume non ha affatto mai negato la casualità.
Invece ne ha semplicemente (ben diversa cosa!!!) rilevato l' indimostrabilità, il carattere insuperabilmente dubbio.
Né ha mai negato l' esistenza (?) in generale (=affermato il nulla).

PAUL11:
Ha negato eccome la causalità, tant'è che per coerenza ha DECISO che anche la sostanza fosse indimostrabile.
Negare causalità e sostanza signifca ontologicamente che "non c'è una realtà".Ovviamente non può negare il tautos, l'evidenza che viviamo in un mondo, quindi da una parte dice che c'è come umano che vive in un pianeta  Terra, ma nega filosficamente quelal stessa realtà in cui vive.
La chiave è il concetto di indimostrabilità.L'empirismo èssendo più attento all'aspetto gnoseologico che ontologico, diversamente dai razionalisti che li hanno preceduti, DECIDE  che la ragione non è in grado di dimostrare la realtà, in quanto la ragione è limitata(secondo gli empiristi) .
In realtà fidandosi dei sensi ,la ragione diventa un suppellettile al servizio dei sensi .
Hume crede più alla "verità di fatto",come gli empiristi, che alla"verità di ragione"(a cui credevano invece i razionalisti).
Quindi gli empirsti e specialmente Hume che radicalizza la problematica della causalità,fidandosi più delle sensazioni che della ragione negando le argomentazioni razionali della ragionee decide l'indimostrabilità.
Semplicemnte perchè i razionalisti argomentano deduttivamente e gli empiristi induttivamente, ma con una contraddizione degli empiristi.
Se le sensazioni sono affidabili e la ragione meno, come può la ragione di Hume postulare un'indmostrabilità? Sono i sensi o ilcervello di Hume che postulano?

 SGIOMBO:
Quelli di cui continui a farneticare sono uno Hume e un empirismo pressocché interamente immaginari.

Hume non ha negato ma posto in dubbio la causalità (se non sai cogliere la notevole differenza fra questi due concetti, mi dispiace ma non so proporio che farci), e men che meno ha "deciso" alcunché (casomai ha evidenziato l' astrattezza e l' inutilità gnoseologica del concetto metafisico di "sostanza").  E non é affatto caduto nelle penose contraddizioni che indebitamente gli attribuisci.

Negare causalità e sostanza non  significa affatto ontologicamente che "non c'è una realtà".

L' empirismo, contrariamente al razionalismo che gli é stato in larghissima, sostanziale misura contemporaneo, non decide alcunché arbitrariamente, ma invece critica razionalmente la conoscenza umana rilevandone i limiti, precisandone i fondamenti e le condizioni di validità.

Che "
In realtà fidandosi dei sensi ,la ragione diventa un suppellettile al servizio dei sensi" mi sembra una sciocchezza che si commenta da sé.

Hume critica conseguentemente (come il razionalista Cartesio, ma più conseguentemente di lui) la conoscenza, esaminando il ruolo che in essa svolgono i sensi e i ragionamenti.

Non decide arbitrariamente proprio nulla ma invece si rende conto della dubitabilità della causalità.

Credere che sia il cervello a pensare é materialismo "molto volgare" che non condivido.

Lo Hume di cui continui a farneticare, che cadrebbe in contraddizione usando la ragione (che sarebbe) da lui negata (sic!) per parlare delle sensazioni esiste unicamente nella tua irrealistica e del tutto falsa fantasia.

Lo Hume reale era tutt' altro!




SGIOMBO:
L' empirismo, secondo me del tutto a ragione, ritiene che le sensazioni (sia naturali-materiali che interiori-mentali!) siano   l' unico terreno di indagine gnoseologico da cui costruire conoscenza per l' uomo (indagine e costruzione di conoscenza operate dal pensiero).

PAUL11:
Daccapo, scrivi con i sensi o con la ragione? Il pensiero sta nella ragione o nelle sensazioni?

SGIOMBO:
Daccapo.  (le sensazioni mentali costituenti) il pensiero e i ragionamenti stanno (accadono) nella coscienza (l' insieme di tutte le sensazioni di ciascuno) acanto alle sensazioni esteriori e materiali, sulle quali (e sulle mentali stesse) predicano, eventualmente conseguendone la conoscenza.  




SGIOMBO:
Indimostrabile significa che il crederlo potrebbe anche essere falso.
E credere qualcosa nella consapevolezza della sua indimostrabilità-possibilità di essere falso consente di conoscere l' uomo e la realtà in generale negli unici termini, alle uniche condizioni, entro i limiti invalicabili nei quali ciò é umanamente possibile (come ci ha insegnato e ha egregiamente praticato David Hume).

PAUL11:
Indimostrabile signifca non-dimostrabile, ed è un presa di posizione.
Questa è la filosfia di un animale con un barlume accennato di intelligenza.Nemmno la scienza, per sua fortuna, applica un processo dimostrativo di questo genere.Perchè è obbligata RAZIONALMENTE e deduttivamente se vuol costruire leggi ad una forma logica per enunciare, postulare o assiomatizzare.
Non esiterebbero nemmno matematia e geometria senza fondativi .Quindi è obbligata gnoseologicamente a costruire un procedimento conoscitivo logico, in cui le cose, le sostanze, gli oggetti, esistono.Quindi deve accettare l'episteme conoscitivo(epistemologia) se vuol dichiarare una verità e le cose dismostrate sono ontologiche in quanto  o "sono" o "non-sono", esistono o non-esistono.

SGIOMBO:
Un barlume -scarsissimo- di intelligenza é casomai quella di che crede illusoriamente, falsamente che l' indimostrabile sia dimostrabile!

La scoperta del' acqua calda (da parte tua) che la scienza usa la ragione non dimostra affatto i presupposti indimostrabili della conoscenza scientifica, fra cui la concatenazione causale degli eventi fisici.

Infatti le teorie che la scienza elabora razionalmente e sottopone alla decisiva  verifica/falsificazione empirica sono dimostrate a partire da postulati fra i quali "spicca" l' indimostrabile concatenazione casuale degli eventi naturali.
#1030
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
09 Gennaio 2019, 20:57:34 PM
Citazione di: Lou il 09 Gennaio 2019, 18:33:43 PM
Citazione di: sgiombo il 08 Gennaio 2019, 11:30:42 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Gennaio 2019, 10:36:55 AM


Credo che, per mantenere l' intersoggettività dei fenomeni materiali, la possibilità di conoscenza e i rapporti di corrispondenza si debba postulare un'unica coscienza di natura impersonale (non la coscienza di Sari e di Sgiombo , ma bensì un'unica coscienza nella quale esistono Sari e Sgiombo...).
Anche a questo tipo di coscienza però si potrebbe credere solo fideisticamente, come nel caso di più coscienze appartenenti a più soggetti.
Ciao

Il problema, per me, é che esperisco (accade con immediata certezza empirica) unicamente la coscienza mia propria, "di Sgiombo" e, nient' altro.

Nell'esperire incontro unicamente me stesso, ritengo che proprio per questo l'io-cosciente è la cosa di coscienza par excellence.

Salve!

Per me é un po' diverso.
La mia propria coscienza empirica é ciò di cui sono immediatamente certo oltre ogni dubbio.
Però credo, sebbene invece questo non lo possa empiricamente rilevare nè dimostrare con certezza assoluta, che esistano anche altre esperienze coscienti, umane e animali.
E credo che per giungere all' autocoscienza, cioé alla coscienza in particolare di me stesso come soggetto-oggetto di coscienza (oltre che di ogni sensazione che vi accade) devo innanzitutto credere che esistano anche altre coscienze oltre a "questa mia propria", in modo che esse prossano reciprocamente essere distinte le une dall' altra.
#1031
Citazione di: Apeiron il 09 Gennaio 2019, 18:00:17 PM
@Sgiombo,

Ti rispondo, oggi, alla parte dello spazio-tempo in Relatività.

Se prendi molto seriamente l'analogia del tempo come dimensione spaziale aggiuntiva, questo significa che lo spazio-tempo lo si deve visualizzare come uno spazio di quattro dimensioni anziché 3. Dunque, la variazione della coordinata temporale NON è praticamente considerabile diversa da una variazione della coordinata spaziale. Ovvero, quelli che vengono definiti istanti sono da considerare alla stregua di punti spaziali.
Citazione
Perché "uno spazio" con quattro dimensioni spaziali" e non "lo spaziotempo" con tre dimensioni spaziali e una temporale?

Com' é arcinoto (e meno universalmente bene inteso), esistono teorie che considerano spazi con più di tre dimensioni; dunque evidentemente lo spaziotempo della relatività speciale (se non mi inganno) con quattro dimensioni in tutto é diverso dalle quattro dimensioni spaziali di uno spazio (considerate astraendo da quella temporale) a cinque dimensioni complessive di cui quattro spaziali.



In altre parole, se ci fosse solo lo spazio tridimensionale senza il tempo, lo spazio sarebbe immutabile. Ciononostante, sarebbe composto da punti distinguibili a cui posso associare tre coordinate (una per ogni dimensione). Se considero due punti diversi, P e Q, questi avranno almeno una delle tre coordinate diverse.
A questo punto chi prende molto sul serio l'analogia del 'tempo come dimensione spaziale', vede lo spazio-tempo come uno spazio quadridimensionale. Questa volta i punti hanno quattro coordinate. Tempi diversi corrispondono a valori diversi della coordinata temporale.
Citazione
Per far comprendere il mio dissenso penso basti l' evidenziazione in grassetto.




Chiaramente, lo spazio quadri-dimensionale è immutabile e contiene tutti i punti di questo spazio di quattro dimensioni.
CitazioneSecondo me può essere inteso come "immutabile" unicamente nel senso che contiene in sé tutto il mutamento (reale) e fuori di esso, oltre ad esso non si dà mutamento alcuno e dunque né dimensione saziale né temporale alcuna.




(inoltre, è proprio quando l'analogia viene presa troppo seriamente che si cominciano a ritenere possibili i 'viaggi nel passato'...d'altronde, secondo me, i 'viaggi nel passato' implicherebbero proprio che il divenire è illusorio...)
Citazione
Eviterei di sbandare verso elucubrazioni irrazionalistiche.




Ti risponderò il prima possibile sul resto con l'eccezione di una cosa che interessa, forse, anche ad @Ipazia:

La contesa sullo 'svanimento' della variabile 't' è da considerarsi in questi termini. In alcune teorie di gravità quantistica, da quanto ho capito, nelle equazioni non interviene più la variabile 't', ovvero la coordinata temporale. Quindi, queste equazioni sono indipendenti dal tempo o stazionarie. In queste equazioni, perciò, non ci sono termini che mostrano una dipendenza dal tempo.

Mi sembra che per alcuni, tra cui Rovelli, questo significa che, a livello fondamentale il tempo è da pensarsi come legato al mutamento. Ovvero, che in assenza di processi fisici, il 'tempo' non esiste - piuttosto il tempo rimane come misura nostra del mutamento (ovvero, il mutamento è reale). Per altri, tra cui Smolin (con cui non concordo su altre cose legate alla questione del tempo), questo significa che, a livello fondamentale non c'è mutamento. Questo (sempre da quello che ho capito io) perché se vi è il mutamento come qualcosa di 'reale', allora deve essere sempre possibile introdurre una coordinata temporale che descriva il mutamento. In altre parole, per loro, ogni mutamento da uno stato A ad uno stato B può essere 'descritto' introducendo una variabile temporale e, quindi, rimuovere la variabile temporale dalle equazioni significa che anche il mutamento non può più essere reale.
Citazione
(Riseco a comprendere solo con l' aggiunta della precisazione) per quanto riguarda (limitatamente a) quelle "fette" di realtà considerate astrattamente dal resto (prescindendo dal resto nell' ambito del pensiero) nelle quali non si ha mutamento.




@Ipazia (forse anche a @sgiombo interessa),

non ho nulla contro la grandezza attribuita a Democrito. Riconosco che la sua intuizione della 'granularità' della materia era corretta (idem per Leucippo, Epicuro ecc). Ma sarei molto cauto a prendere troppo seriamente il paragone tra le particelle quantistiche con gli atomi di Democrito (le quali possono considerarsi effettivamente analoghe alle particelle della teoria di de Broglie-Bohm, con l'importante differenza che quest'ultima prevede però anche la non-località...). Gli atomi (gli 'esseri') di Democrito sono indistruttibili e, addirittura, immutabili (la loro esistenza perciò è non contingente). Si muovono nello spazio vuoto ('non essere'). Le particelle quantistiche sono anche loro considerabili 'grani' (o 'quanti') ma al tempo stesso a meno che non si accetta l'interpretazione di de Broglie-Bohm (dBB) le loro caratteristiche sono ben diverse. Inoltre, tutte le particelle subatomiche sono tutte, almeno in linea di principio, distruttibili e quindi contingenti (non so come questo 'fatto' della 'distruttibilità' venga 'tradotto' nelle estensioni della dBB).
Ad ogni modo, è anche vero che teorie atomiche esistevano ad esempio anche in India, ma, in genere, Democrito viene visto, spesso, come l'unico ad avere pensato agli atomi nell'antichità (Platone proporrà anche lui la sua versione della teoria atomica, apprezzata, ad esempio, da Heisenberg. Si dà il caso che, sfortunatamente, Diogene Laerzio ci dice che Platone non sembra aver dato il giusto 'riconoscimento' a Democrito, per usare un eufemismo, vero sgiombo  ;D )

D'altro canto, nessuno più dei Platonici e dei Pitagorici (ma anche Aristotele...) ha dato importanza all'applicazione della matematica nello studio della Natura (forse hanno 'esagerato', ma ritengo impressionante l'intuizione...). E, a differenza di quanto dice Feynman (secondo cui la scoperta più importante era la teoria atomica), e, invece, come Wigner (che scrisse un articolo sulla 'irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali') ritengo che la scienza in generale, ma principalmente la fisica, si fonda proprio sull'intuizione Pitagorico-Platonica che la matematica può essere applicata allo studio della Natura per ottenere conoscenza. Quindi, per quanto mi riguarda, anche se Democrito ha correttamente intuito la 'granularità' della materia, altri hanno capito l'importanza dell'applicazione della matematica. Sempre, per quanto mi riguarda, ritengo più vicina la 'visione del mondo' pitagorico-platonica alla attuale comprensione del mondo Naturale rispetto a quella democritea.
Ma, ovviamente, questa è solo la mia (profondamente errata?) opinione. Altri dissentono profondamente da me.

Ciao!
Citazione
Personalmente trovo geniale (e filosoficamente di interesse intramontabile; non così scientificamente com' é ovvio) l' intuizione di Leucippo e Democrito di considerare la realtà (fisica; aggiungo io: loro erano sostanzialmente "monisti materialisti") costituita da "vuoto" più "pieno di estensione limitata, pluralistico, discreto".
Questo permetteva loro di superare le critiche parmenidee circa (-la presunta contraddittorietà del) mutamento (eracliteo), riducendo ogni altro mutamento alla per nulla problematica traslazione spaziale
...Ed effettivamente, a quanto ci dice Diogene Laerzio, Platone reagì alla argomentata critica democritea in modo poco o punto filosoficamente e scientificamente corretto.

Ti saluto anch' io cordialmente!
#1032
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2019, 13:57:10 PM

Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2019, 12:20:07 PM
Ma mi sembra che quanto qui affermi, lungi dal negare la realtà del tempo, casomai la confermi (qui mi rivolgo più ad Apeiron, che trovo un po' ambiguo in proposito, che non a te che se non sbaglio non neghi la realtà del tempo ma ne affermi la relatività: Il precipitato filosofico della fisica moderna è l'inesistenza di una dimensione assoluta del tempo"


Certo non lo nego nella sua relatività, ma anzi lo valorizzo: se esiste un campo del vivente, il divenire temporale è il suo quanto fondamentale. In esso si svolge la saga evoluzionista che alla fine ha prodotto una sua (imperfetta, ma perfettibile) autocoscienza. Hegel alla grande, direi. Senza togliere il dovuto ad Eraclito. E a Democrito, che anche se non aveva studiato Planck, aveva intuito la natura granulare, discreta, del reale. Che si accompagna coerentemente con la finitudine dell'infinito reale. Non so se questa cosa farà felice il nostro Apeiron, ma penso che anche quello di Anassimandro, dovendo riscuotere i debiti, alla fine si sarebbe stancato di un debito infinito. I nostri debiti col sapere vanno dal (in)finitamente piccolo al (in)finitamente grande. E non abbiamo nient'altro che la scienza per poterlo saldare. Intesa, al netto di ogni specialismo, come teoria del Tutto. Con la quale siamo tornati alla pietra filosofale. Materica, ma capace di riempire di senso (trascendentale) il nostro esserci nel nostro tempo.

Seguendo le mie inclinazioni sono sempre qui a fare come al solito il pignolissimo rompiballe, sorvolando su ciò con cui concordo per precisare i persistenti motivi di dissenso (ovviamente non nell ' ingenua speranza di superarli, se non in parte, ma perché credo sia utile e interessante conoscere al meglio e prendere in considerazione le convenzioni degli altri; che in fondo credo sia "lo spirito" del forum).
"Detto ciò", come son soliti affermare ipocritamente i politicanti alla più o meno fondata ricerca di captatio benevolentiae (contrariamente a me), mi sembra di capire che qui, come fai spesso mettendomi in una certa difficoltà di comprensione, intendi il "campo del vivente" di cui parli metaforicamente: é altra cosa dei campi come intesi dalla fisica.
 
L' ho già scritto più volte e mi scuso dell' ulteriore ripetizione, ma secondo me l' evoluzione biologica si svolge tutta all' interno del mondo materiale naturale (e per questo in linea teorica, di principio é "perfettamente" riducibile alla fisica-chimica) e per essa l' esistenza (o meno) delle esperienze fenomeniche coscienti (che sono ben altre cose dai cervelli, anche se con essi necessariamente coesistenti) é del tutto irrilevante.
Se gli animali (e le piante, per chi ci crede), nella loro totalità o in parte, non fossero che meri aggregati di macro- e micro- molecole in sospensione acquosa (complessi fin che si vuole) a cui non "si accompagnasse" (o meglio: in corrispondenza di determinati eventi fisiologici dei quali non fosse reale; come invece credo accada nel caso di molte specie di animali) esperienza cosciente, tutto sarebbe accaduto e accadrebbe nel mondo fisico materiale, e dunque anche biologico, esattamente così come é accaduto e accade.
Non sono un sostenitore dell' epifenomenismo, ma per dare un' idea delle mie convinzioni posso dire che per certi aspetti sono affini al' epifenomenismo stesso, secondo il quale "il pensiero si aggiunge alla materia -cerebrale- come il fischio della locomotiva sia aggiunge alla corsa del treno" (Huxley), e cioé senza influenzarla minimamente, in maniera del tutto irrilevante: per quel che riguarda la corsa del treno é come se non ci fosse affatto (qui ovviamente si tratta di una metafora esplicativa e sarebbe del tutto fuori luogo considerare i minimi effetti fisici delle onde sonore sul convoglio). La differenza sta nel fatto che secondo me materia e coscienza (e in particolare pensiero) sono del tutto parimenti fenomeniche: l' una, per il fatto di essere (postulabile essere) intersoggettiva mentre l' altro no (potendo essere soltanto meramente soggettivo), non ne é per niente più reale.
 
Inoltre secondo me la geniale intuizione dei filosofi atomisti antichi che la materia é costituita da entità granulari finite "piene" e da "vuoto" non implica necessariamente la finitezza temporospaziale dell' universo fisico.
 
Il mio dissenso é poi totale con la tua conclusione di questo intervento, dal momento che secondo me I nostri debiti col sapere eccedono non poco l' (in)finitamente piccolo e 'l (in)finitamente grande del mondo materiale naturale, in quanto esiste e ci é (pur essa limitatamente, com' é ovvio) conoscibile anche la res cogitans, non eliminabile, non riducibile a-, non emergente da-, non sopravveniente a -la materia (res extensa) .
E inoltre per me non abbiamo solamente la scienza per poterlo saldare, ma per fortuna anche la filosofia; senza la quale la scienza non ha fondamento, nel senso letterale che solo una critica filosofica razionale (e non un' adesione tout court, non giustificata razionalmente, ovvero acritica) può ricercarne e se fortunata individuarne e valutarne limiti, condizioni di validità senso, "portata teorica" (contrariamente alla "portata pratica", al fatto che "funziona", che mi pare evidente di per sé, non necessitante di fondamento critico razionale; ovviamente intendo "necessitante" unicamente per chi senta la soggettiva, arbitraria esigenza, che non pretendo debba essere universalmente diffusa, di sottoporre a "spietata" critica razionale ogni sua credenza).
E questo evidentemente anche Intendendo la scienza, al netto di ogni specialismo, come teoria del Tutto [tutto il solo mondo fenomenico materiale, che per me non esaurisce il reale].
#1033
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2019, 11:04:29 AM
Citazione di: sgiombo il 09 Gennaio 2019, 10:44:14 AM
Incomprensione totale da parte mia: perchè mai se uno ritiene che lo spazio-tempo è 'totalmente reale' allora, chiaramente, non ci può essere un vero 'cambiamento' (ovvero se si ritiene reale tutto lo spazio-tempo...)?
La totalità comprende e non nega il prima-inqualcheluogo e il dopo-inqualcheluogo, esattamente come il sempre-intuttiiluoghi.

Il punto della questione è che una particella, una galassia e un vivente sul pianeta terra esperiscono tempo e spazio in maniera completamente diversa. Basta un mutamento di ordine gravitazionale per modificare il tempo degli orologi, probabilmente anche biologici, e cambiare lo spazio esperito nel movimento anche di un umano.
Citazione
Salvo il "completamente", concordo (in maniera di fatto per lo meno quasi sempre a noi percettibile solo attraverso sofisticatissimi strumenti: conseguentemente pratiche assai scarse, ma amo la teoria).

Ma mi sembra che quanto qui affermi, lungi dal negare la realtà del tempo, casomai la confermi (qui mi rivolgo più ad Apeiron, che trovo un po' ambiguo in proposito, che non a te che se non sbaglio non neghi la realtà del tempo ma ne affermi la relatività:Il precipitato filosofico della fisica moderna è l'inesistenza di una dimensione assoluta del tempo", #13).







La scienza corrisponde all'esperienza mistica di vedere la realtà al di là di come ci appare e nel far ciò fornisce gli strumenti ontologici per sconfiggere qualsiasi misticismo illusionale. A te che ci capisci qualcosa di scienza consiglio vivamente di leggere questo libro perchè permette di fare il punto della ricerca scientifica di punta senza la necessità di possedere il sapere matematico richiesto a chi la fa. Lo scienziato filosofo è chi sa tradurre il sapere specialistico in sapere universale. Per questo è lui il signore del futuro. Se non vuoi chiamarlo mistico, chiamalo come vuoi. Ma se non vuoi confrontarti con la trascendenza umana, sarà la trascendenza inumana a dilagare. Perchè la natura, e la quantistica lo ha riaffermato, aborre il vuoto.
Citazione
Da filosofo (naif) aspiro più che a qualsiasi altra cosa a confrontarmi con la realtà (trascendente, se c'é e ammesso che ossa averne accesso, e no).

Le mie convinzioni sui rapporti fra scienza e filosofia differiscono dalle tue.
Per esempio nego che la filosofia possa essere limitata a sapere specialistico tradotto (ammesso che lo si possa fare) in sapere universale (ma casomai credo sia sapere universale che non può ignorare -e "inquadrare"- ma necessita di conoscere almeno in buona misura vari importanti saperi specialistici).

Avendo compreso che il temine "mistico" lo impiegavi e impieghi in senso metaforico (infatti lo dici "non illusionale"), penso proprio che leggerò il libro in questione, come suggerisci (grazie per la segnalazione; anche a Iano che ha iniziato la discussione, ovviamente).

#1034
Citazione di: Apeiron il 08 Gennaio 2019, 23:30:03 PM
Citazione
APEIRON
Il mutamento di una curvatura spazio-temporale sarebbe un evento temporale, giusto?  
Come fa a variare il continuum che unisce le tre dimensioni spaziali e la dimensione temporale? Se il tempo è incluso nello spazio-tempo, come posso parlare di mutamento dello spazio-tempo?

Vedi il paradosso?   (ovviamente, il paradosso si crea se intendi lo spazio-tempo come qualcosa di totalmente reale, per così dire...)

Qui intendevo dire che se uno ritiene che lo spazio-tempo è 'totalmente reale' allora, chiaramente, non ci può essere un vero 'cambiamento' (ovvero se si ritiene reale tutto lo spazio-tempo...)... tuttavia, l'universo-blocco non è l'unica interpretazione possibile della Relatività anche se si ritiene che lo spazio-tempo sia qualcosa di fisico.

In pratica sgiombo alla prima domanda si può rispondere 'sì' o 'no' a seconda di quanto si prende seriamente l'analogia del tempo come dimensione spaziale. Se la si prende molto seriamente non ci può essere divenire (ma questo lo si capisce anche senza necessariamente tirare in ballo la curvatura)... :)
Incomprensione totale da parte mia: perchè mai se uno ritiene che lo spazio-tempo è 'totalmente reale' allora, chiaramente, non ci può essere un vero 'cambiamento' (ovvero se si ritiene reale tutto lo spazio-tempo...)?
La totalità comprende e non nega il prima-inqualcheluogo e il dopo-inqualcheluogo, esattamente come il sempre-intuttiiluoghi.
#1035
Citazione di: Apeiron il 08 Gennaio 2019, 22:55:06 PM
Risposta a sgiombo:

Citazione- realtà cogitativa: enti ed eventi reali unicamente in quanto "contenuti di considerazione teorica, di pensiero" (esempoio: l' ippogrifo; che mi porta tanta nostalgia del buon Maral col quale ne abbiamo discusso interminabilmente; dopo essere arrivati quasi alla nausea, ora rimpiango queste discussioni e spero di risentire al più presto questo interlocutore dalla correttezza veramente esemplare);

Questo livello di realtà io lo includo nei fenomeni mentali.

Non mi metto a 'discutere' il tuo sistema ontologico, altrimenti la discussione non finisce più  ;D
Piuttosto, mi limito ad osservare che trovo la tua assunzione su come deve essere la 'res extensa' troppo restrittiva. Infatti, quello che sto proponendo io è che ci sia un'altra classe di 'fenomeni materiali' data dagli oggetti quantistici. Questi 'oggetti' non sono caratterizzati da avere valori delle grandezze quantitative definite ma da potenzialità di avere valori di grandezze quantitative definiti. Mentre, la sedia nella mia stanza ha una posizione ben definita, un oggetto quantistico ha una potenzialità di avere una posizione (faccio notare che questa è una idea che ho esplorato recentemente...e di dà il caso che è abbastanza minoritaria. Tuttavia, idee simili si trovano - ho letto - nel pensiero di Popper, Margenau, Heisenberg...quindi almeno non sono l'unico  ;D ).
Citazione
(Te lo aspetterai, dal momento che ho sempre affermato di seguire, in quanto razionalistiche, le minoritarie interpretazioni "indeterministiche epistemiche-deterministiche ontologiche" della MQ, ma non posso che affermare che):

Se gli oggetti quantistici di cui parli non sono caratterizzati da avere [reali] valori delle grandezze quantitative definite ma da potenzialitàdi avere valori di grandezze quantitative definiti, allora non vedo in cosa potrebbero differenziarsi da quelli che (e qui concordo) chiami "fenomeni mentali": sono reali unicamente in quanto pensieri del fatto che se si danno determinate circostanze accadono determinati eventi (e se non si danno non accade nulla di reale oltre a tali pensieri), questa é l' unico loro modo ("cogitativo") di essere reali.

Anche la sedia, se mi trovo in un' altra stanza e so che qualcuno può averla spostata, non ha nei miei pensieri su di essa una posizione definita.





Personalmente, ritengo che tu fai una distinzione troppo grossa tra i due casi. Non è vero che 'libero arbitrio=caos'. Quello che un teorico del libero arbitrio ti direbbe è che siamo certamente influenzati da diversi fattori - esterni ed 'interni' - nelle nostre scelte ma, comunque, un po' di 'autonomia' la abbiamo (anche perché il 'libero arbitrio', secondo me, è una realtà della mente e non della materia - siccome, però, accetto che mente e materia interagiscono (so che violo la 'chiusura causale'...), questa 'autonomia' influenza anche i fenomeni materiali ). Certamente, non puoi mettere questo concetto in un'equazione matematica predittiva. Ma questo non significa che sia 'caos'. Se vuoi, è una forma di determinismo 'debole'.
Ad ogni modo, siccome io non vedo una vera 'evidenza' che non ci sia questa autonomia di cui parlo, negarla per me significa dire che sono in preda ad una 'illusione': ovvero che è vero che sembra che ci sia una limitata 'autonomia' ma, in realtà, è falso. Chiaro che, negare l'esistenza del divenire è ben di più che negare il libero arbitrio. Però, per esempio, che ci sia questa autonomia mi sembra una cosa vera (e, in realtà, se non erro molti deterministi parlano dell'illusione del libero arbitrio...quindi che ci sia almeno l'illusione, mi pare che non sono certo il solo a pensarlo  ;) ).
Citazione
Per me la violazione della chiusura causale del mondo fisico é incompatibile con la sua inconoscibilità scientifica: questa é l' evidenza di cui disponiamo; dunque, poiché credo alla conoscenza scientifica, ritengo la coscienza e in particolare il pensiero non interagente con la materia).

Concordo che non sia caos ma divenire ordinato, ma per me il determinismo "debole" (ovvero indeterminismo "debole", a seconda dei gusti) non é che indeterminismo dei singoli eventi e determinismo delle proporzioni fra i casi alternativi dei singoli eventi.
Ma che ci sia l' illusione del libero arbitrio (che non so chi potrebbe negare) significa che in realtà il libero arbitrio non é reale, e considerandolo tale si crede il falso.






Nel caso dell'illusione del tempo...'illusione' significa, in pratica, valutazione sbagliata. A livello provvisorio, si può ancora parlare di 'presente', 'passato' e 'futuro'. Infatti, noi percepiamo i fenomeni nel 'flusso del tempo'. Questo ci suggerisce che la realtà sia nello 'spazio' e nel 'tempo'. Se, invece, noi diciamo che la realtà è il 'blocco' quadri-dimensionale, dobbiamo ammettere che 'spazio' e 'tempo' non sono reali ma sono illusori.

Caso analogo: se io sogno che vado a New York, al risveglio so che non sono in realtà mai andato a New York. Ciò, tuttavia, non significa che il sogno era qualcosa di completamente irreale.
Lo stesso viene detto nel caso dell'illusione del divenire. In realtà non c'è il divenire. Però, lo si prende, per errore come reale. Così come durante un sogno prendiamo per reale quanto 'avviene' nel sogno (anche se nel sogno, in un senso importante, nulla accade).
Citazione
Le caratteristiche della realtà considerabili astrattamente del pensiero non sono illusorie ma reali.
Come il colore rosso che astraggo col pensiero da una reale palla rossa (distinguendolo dalla sua forma e dal suo volume é realissimo (non é che la palla realmente non ha colore), così lo é anche il tempo che astraggo col pensiero dal 'blocco' quadri-dimensionale.

La confusione fra illusione e realtà dell' illusione é antichissima (risale almeno a Parmenide e percorre riaffiorando spesso come un fiume carsico, tutta la storia della filosofia.
Ma resta una confusione, un errore, una pretesa falsa.

Però a questo punto non riesco più a capire se pensi che il tempo esista (realmente), come hai ripetutamente affermato, o no, dal momento che ora neghi (la realtà de-) il divenire.

(nell' intervento #3:Sulla posizione di Carlo Rovelli, secondo cui il 'tempo non esiste a livello fondamentale', credo di dissentire. Anche se, probabilmente, è vero che il tempo non può essere considerato una dimensione fisica separata dal mutamento - è anche vero che se si toglie il tempo dalle equazioni abbiamo una realtà a-dinamica (...)
Dunque, se accettiamo che la dinamica è una 'vera' proprietà della Natura e non solo apparente, dobbiamo, secondo me, introdurre il concetto di 'tempo'. Rovelli suggerisce che in assenza della coordinata 't', è comunque possibile parlare di 'mutamento', di 'cambiamento', di 'eventi', di 'processi' e così via. Personalmente, ho problemi con questa sua opinione. Come, infatti, è possibile trattare come reale il 'cambiamento' in una realtà dove il tempo scompare? Per non appesantire evito altre citazioni dal #5).






CitazioneEppure, la gravità, nella Relatività Generale, è legata alla curvatura dello spazio-tempo. Il che per me significa semplicemente che lo spazio-tempo è qualcosa di reale, ovvero che le tre dimensioni spaziali non si possono considerare senza tener conto dei loro rapporti con la dimensione temporali, contrariamente a quanto "superficialmente" appare; ma la realtà é una sola, sempre quella, anche se appare più veracemente come diveniente nello spazio-tempo integralmente inteso.

ma se lo spazio-tempo è reale dobbiamo ammettere che tutto lo spazio-tempo è reale, non solo quello che stiamo sperimentando ora, nel presente. Nella Relatività Generale, lo spazio-tempo è definito come l'insieme di tutti gli eventi, ovvero tutti i punti dello spazio e tutti i momenti.
Citazione
In questo non vedo alcun problema: nel pensiero (anche la teoria della R G é pensiero) si può considerare istantaneamente la totalità dello spazio-tempo, ma ciò non significa certo che l' istantaneità dello spazio-tempo in toto sia reale.





Cosa ne pensi però della formulazione nella Risposta 12?
Citazione
Francamente non ho colto differenze (per questo non vi avevo esplicitamente risposto).




Citazione
In che senso il tempo non possa essere una dimensione, nell' ambito quadridimensionale (per lo meno) dello spaziotempo, proprio non lo capisco.

Per Newton non era così ovvio  ;D e fino ad Einstein tutti erano convinti che il tempo fosse una sorta di 'entità' indipendente  ;D

Lo spazio-tempo, invece, se si prende molto sul serio la Relatività Generale sembrerebbe una vera e propria 'identità' che addirittura 'interagisce' con le masse (la curvatura dello spazio-tempo accelera le masse - le masse incurvano lo spazio-tempo...non a caso c'è anche una dilatazione dei tempi gravitazionale, per esempio!)  ;D
Citazione
Però in che senso il tempo non possa essere una dimensione nell' ambito quadridimensionale dinamico, interagente con le masse, dello spazio-tempo continuo a non capirlo.

E cosa potrebbe mai dilatarsi se non una dimensione?




CitazioneNon mi pare Che nello spazio-tempo non ci sia divenire, dal momento che le sue curvature non sono fisse ma mutano; o no?

Ma non dicevi poco sopra che Il 'flusso del tempo' è una realtà?

Evidentemente la potenziale spiegazione sta nelle virgolette; ma per ora, senza spiegazione di ciò in cui consiste l' improprietà dell' espressione, non posso non intenderla come un aspetto (misurabile, anche se variabilmente -ma in maniera determinata!- al variare dei riferimenti inerziali) del mutamento ordinato o "divenire" della natura.


Il mutamento di una curvatura spazio-temporale sarebbe un evento temporale, giusto?  :)
Come fa a variare il continuum che unisce le tre dimensioni spaziali e la dimensione temporale? :) Se il tempo è incluso nello spazio-tempo, come posso parlare di mutamento dello spazio-tempo?

Vedi il paradosso?  ;) (ovviamente, il paradosso si crea se intendi lo spazio-tempo come qualcosa di totalmente reale, per così dire...)
Citazione
Francamente no.
Non vedo alcun problema a parlare di mutamento dello spazio-tempo per il fatto del variare del continuum che unisce le tre dimensioni spaziali e la dimensione temporale.

Scusami, ma non posso trattenermi dal rilevare che il concetto di "qualcosa di [non] totalmente reale, per così dire" é per me dello stesso genere di quello del "Dio uno e trino, onnipotente, infinitamente buono e coesistente col male".