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Messaggi - sgiombo

#1036
Citazione di: Ipazia il 09 Gennaio 2019, 07:55:38 AM
La differenza tra misticare e masticare è la mistificazione del dettato naturale che obbliga anche chi mistica a masticare. Superata tale mistificazione rimane a chi mistica l'unica via di redenzione, l'unica giustificazione, nel valore che il misticare aggiunge alla masticazione. Impegno mica da poco in un universo masticante dominato dal karma - specifico e specista - di un essere nello spazio in divenire nel tempo, la cui quantistica masticante non risparmia neppure i valori e rimane lontana anni-luce * dall'apeiron-Tutto, tanto agognato, che forse solo una casta eletta di scienziati-filosofi può fargli baluginare nel profondo vuoto del suo intelletto. Detto in parole povere
Citazione[meno male, perché quelle meno povere o più sofisticate precedenti sono per me incomprensibili]:
: leggete questo libro, è la mistica del futuro. Vi aiutera a trattare con maggiore filosofica saggezza il vostro karma nell'essere e tempo antropologici godendone, dal di fuori, nella leggerezza di una gravità azzerata, la relatività.
CitazionePer la cronaca (e per quel poco o nulla che può contare la mia opinione in proposito) segnalo che questa esortazione mi risulta molto poco convincente, dal momento che rifuggo la mistica (del passato, del presente e del futuro) e il karma non mi interessa (veramente non so nemmeno cosa sia); accolgo invece l' esortazione a una  maggiore filosofica saggezza perchè credo che non ne abbiamo mai abbastanza.

#1037
Citazione di: viator il 08 Gennaio 2019, 15:35:39 PM
Salve Sgiombo. Il Mondo consiste in due sole dimensioni le quali, interagendo, hanno tra l'altro prodotto il livello di complessità del quale noi umani siamo l'espressione.

Quindi abbiamo la materia, l'energia (l'oggettivo) e gli osservatori (il soggettivo).
Spazio e tempo rappresentano le due modalità con cui gli osservatori percepiscono gli effetti su di sè dell'esistenza di materia ed energia.

Così come materia ed energia sono reciprocamente convertibili, così per noi spazio (la dimensione e percezione psichica della materia) e tempo (idem, per l'energia) risultano egualmente convertibili all'interno della loro super-dimensione, cioè la velocità.

Più difficoltoso risulta il poter riconoscere la corrispondente super-dimensione che racchiude appunto congiuntamente la materia e l'energia. Secondo me potrebbe essere la gravità, ma mi (e ci-) mancano tuttora conferme e chiare ipotesi. Se così fosse il monismo fisico sarebbe appunto la forza di gravità. Chissà.

Accettando un modello come quello da me descritto risulterebbe - mi sembra - più vicina la soluzione della questione filosofica relativa al dualismo oggettivo-soggettivo.
Saluti.

Salve, Viator

Per quel che mi riguarda dissento.

Per me le cose stanno infatti in questi altri termini:

L' energia é una forma (o un genere o un tipo o una qualità, una variante, ecc.) di materia che continuamente si trasforma secondo proporzioni definite (determinate) nell' altra forma, che é la massa; e viceversa.
Non sono dimensioni, né "superdimensioni" (?).
Comunque é facilissimo riconoscere la materia astrattamente considerata come ciò che rimane in quantità costante nelle continue trasformazioni seocndo proporzioni determinate di massa in energia e viceversa.
Se così é il mondo fisico é (costituito da-) la materia (come "sostanza monistica", se vogliamo usare -con enormi pinze- un termine orrendamente "veterometafisico" e ambiguo).

Spazio e tempo sono due aspetti astraibili dal (astratti del) divenire del mondo fenomenico materiale naturale (il tempo anche di quello mentale).
In questo ambito sono in determinati reciproci rapporti reciprocamente condizionantisi nell' ambito del divenire che caratterizza il mondo fenomenico materiale naturale (e anche quello mentale, ma in assenza di spazio in questo caso).

Francamente non vedo come la tua proposta, che considera concetti unicamente materiali, fisici (materia in generale, che credo confonda con la massa, ed energia) potrebbe servire a cercare una soluzione a questioni come l' oggettività e la soggettività (o anche il dualismo coscienza-materia).
#1038
Sul tempo come "dimensione" o meno aggiungerei, soprattutto per Apeiron, che anche pretendere l' esistenza delle tre (o più) dimensioni spaziali non avrebbe senso in assenza di oggetti o cose che "vi si collochino" (ed eventualmente mutino, anche di "ubicazione"), del tutto esattamente (credo) come per la dimensione "tempo".

Se per il fatto che non ha senso pensarlo in assenza di mutamenti concreti di cose concrete, allora non si deve considerare una dimensione il tempo, allora per lo stesso motivo si dovrebbero non considerare dimensioni nemmeno quelle spaziali in assenza di oggetti estesi (ed eventualmente mutanti).

Ma allora che significato avrebbe la conoscenza del mondo fisico materiale, che non fosse quella di stabilire le misure (di talune caratteristiche) degli enti ed eventi costituenti il suo divenire?
#1039
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
08 Gennaio 2019, 11:30:42 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Gennaio 2019, 10:36:55 AM


Credo che, per mantenere l' intersoggettività dei fenomeni materiali, la possibilità di conoscenza e i rapporti di corrispondenza si debba postulare un'unica coscienza di natura impersonale (non la coscienza di Sari e di Sgiombo , ma bensì un'unica coscienza nella quale esistono Sari e Sgiombo...).
Anche a questo tipo di coscienza però si potrebbe credere solo fideisticamente, come nel caso di più coscienze appartenenti a più soggetti.
Ciao

Il problema, per me, é che esperisco (accade con immediata certezza empirica) unicamente la coscienza mia propria, "di Sgiombo" e, nient' altro.

E da quel che mi dicono il mio ottimo amico Sari e gli altri uomini che in questa unica "mia propria" coscienza mi é dato di sentire, posso credere (senza poterlo provare) che esistono anche altre coscienze singolarmente distinte fra loro.
Un' unica coscienza mia e tua e di tutti gli altri non riesco nemmeno a immaginarla: l' unica che esperisco o vivo comprende il corpo mio e di Sari, ma i (suoi) fenomeni di cui mi parla il Sari (in particolare quelli mentali, non intersoggettivi) sono diversi (altre cose; anche se quelli materiali li posso postulare essere intersoggettivamente corrispondenti - ma non uguali, non "le stesse cose" nemmeno essi- a quelli di "questa mia coscienza").

Ciao Sari!
Grazie di tutto!
#1040
Citazione di: Apeiron il 07 Gennaio 2019, 22:53:41 PM
Beh, a dirti la verità, io concordo con l'idea che il tempo non è una dimensione. Ovvero, non esiste una cosa chiamata 'tempo' nella quale avvengono i fenomeni. No, è stata una reificazione (errata). D'altra parte, se uno mi chiede se il tempo, inteso come 'flusso del tempo', 'mutamento' ecc è reale, risponderò in maniera affermativa. Il 'flusso del tempo' è una realtà. Il 'tempo' come dimensione no (vedo che anche @viator è d'accordo ;) ). Questo secondo me e sono contento che anche per Rovelli e per te sia così.
Citazione
Perfettamente d' accordo (ma non mi pare una conquista della fisica recente; mi pare piuttosto un' evidenza logica) che non esiste una cosa chiamata 'tempo' nella quale avvengono (o meno) i fenomeni (e che si pretenderebbe esistere, o sussistere, anche in assenza di fenomeni, di mutamento: assurdo!).

E naturalmente anche con l' affermazione cheil tempo, inteso come 'flusso del tempo', 'mutamento' ecc è reale (per quel che mi riguarda senza le per me vagamente inquietanti virgolette: nel senso in cui "da sempre" si intende questo concetto generalissimo, astrattissimo da qualsiasi determinazione concreta scientificamente rilevabile: relatività, ecc.).

In che senso il tempo non possa essere una dimensione, nell' ambito quadridimensionale (per lo meno) dello spaziotempo, proprio non lo capisco.




D'altro canto, c'è anche un altro discorso da fare. Cosa intendo con ciò? Rovelli ci viene a dire che, nelle equazioni fondamentali, la variabile 't' sparisce. Come interpretare ciò? Rovelli lo interpreta come abbiamo capito (ovvero la mia 'C'). Smolin, che secondo me è alla pari di Rovelli, dice che ciò implicherebbe che la dinamica, il mutamento ecc semplicemente è un'illusione. Perché? perché, in fin dei conti, l'innocente variabile 't' non fa altro che 'ordinare' in successione gli eventi. Non è necessario 'reificare'. Quindi, se non si può più scrivere le cose in termini di 't', cosa significa realmente?  :) Chi ha ragione: Smolin o Rovelli? Onestamente, se me lo chiedi oggi sono più propenso a dire che ha ragione Smolin. Tempo fa dicevo il contrario.
Citazione
Vagamente inquietante...








@Sgiombo,


Poi arriva la Relatività Generale e...la curvatura dello spazio-tempo corrisponde alla gravità  ;D ah, non solo la 'cosa reale' è uno spazio-tempo quadridimensionale...è pure curvo! e più è incurvato, più la gravità è intensa  :o da cosa è incurvato? Dalla massa! quindi, in realtà, una sua proprietà sembra essere legata strettamente ad una cosa che, invece, è ben reale. Quindi, nella Relatività Generale non puoi nemmeno dire che lo spazio-tempo è un artifizio matematico, o almeno così sembra. D'altronde, la curvatura dello spazio-tempo è legata alla gravità che accelera le masse. Le masse incurvano lo spazio tempo! Quindi, la Relatività Generale sembra suggerirci che, in realtà, viviamo nello spazio-tempo. E, che dire, della nostra impressione di vivere nello spazio e nel tempo?  :o

Il punto è che se uno accetta la realtà di uno spazio-tempo curvo come dobbiamo vedere questa nostra realtà di spazio e tempo? Nello spazio-tempo non c'è divenire, giusto? D'altronde, nello spazio-tempo 'ci sono' anche il nostro passato e il nostro futuro, giusto? Quindi...cosa è lo 'spazio-tempo'? Come lo si deve interpretare?
Citazione
Non mi pare Che nello spazio-tempo non ci sia divenire, dal momento che le sue curvature non sono fisse ma mutano; o no?

Ma non dicevi poco sopra che Il 'flusso del tempo' è una realtà?

Evidentemente la potenziale spiegazione sta nelle virgolette; ma per ora, senza spiegazione di ciò in cui consiste l' improprietà dell' espressione, non posso non intenderla come un aspetto (misurabile, anche se variabilmente -ma in maniera determinata!- al variare dei riferimenti inerziali) del mutamento ordinato o "divenire" della natura.





Come vedi, potrei andare oltre. Da un punto di vista 'pragmatico', direi che la Relatività è stata capita. Ma concettualmente quanto è profonda la nostra comprensione della Relatività?

E per la Meccanica Quantistica non-relativistica? Beh, l'unico accordo tra gli scienziati è che è in ottimo accordo con gli esperimenti. Alcuni, ti dicono che è una perdita di tempo farsi troppe domande.
Citazione
Valutazione del tutto soggettiva: da filosofo ritengo tali domande quanto di più interessante possa darsi.




Tra quelli che se le fanno, trovi una varietà incredibile di comprensioni diverse. Così abbiamo che l'interpretazione di de Broglie-Bohm ha almeno tre differenti formulazioni. Bohm, Hiley ecc hanno sviluppata un'altra basandosi su quella interpretazione - quindi un'altra interpretazione. Non esista una 'interpretazione di Copenaghen'. Ma molte. Non esiste una interpretazione alla Everett. Ma molte, una delle quali è quella a Molti-Mondi. Ci sono le interpretazioni relazionali, tra cui quella di Rovelli.
Quindi, no, non c'è consenso. Se uno di questi ha ragione, vuol dire che, in un certo senso, gli altri hanno sbagliato, giusto? Quindi possiamo dire con certezza che qualcuno ha capito la Meccanica Quantistica? No, forse alcuni pensano di averla capita!
Citazione
Ma questo é ovvio per qualsiasi questione filosofica (non a caso i positivisti e gli scientisti, cui la filosofia non interessa e che spesso disprezzano presuntuosamente, le rimproverano sempre che i suoi problemi, contrariamente a quelli scientifici, non trovano mai soluzioni concordemente accettate da tutti, "a partire  dalla notte dei tempi").




Sgiombo,

Scrivo la risposta appena possibile  
Citazione
Ci mancherebbe!
Hai fin troppa pazienza con me.
Grazie!


#1041
Citazione di: viator il 07 Gennaio 2019, 21:14:27 PM
Salve Sgiombo. Citandoti : "almeno fintanto che qualcuno mi dimostri che può darsi mutamento senza tempo; o meglio, poiché questo é impossibile per definizione, che cosa intenda con tale locuzione"

Ovvio che non possa esistere (per la nostra percezione psichica) mutamento senza tempo.

Ugualmente ovvio che non possa esistere tempo privo di (mutamenti=eventi).

All'interno della coppia di termini data, se al mancare dell'uno risulta impossibile verificare, sperimentare,

percepire, concepire l'altro ...... la conseguenza sarà che i due termini sono rigorosi sinonimi.
Citazione
Certo che é ovvio, ma a quanto pare si danno interpretazioni (da parte di fisici; anche se poi almeno nel nostro caso autocorrette) di recenti sviluppi della scienza fisica che pretenderebbero di negarlo.

Cosa che trovo vagamente inquietante...




Infatti il mutamento rappresenta un evento dal punto di vista fisico, il tempo ne è la veste psichica.

Il mutamento-evento è l'oggettività, il tempo la soggettiva "velocità temporale" con la quale noi interpretiano l'evento. Se dei giudici stanno discutendo in Camera di Consiglio la condanna di Tizio impiegheranno magari tre ore. Ma se al posto di Tizio ci fossi tu, ti assicuro che a te sembrerà passare l'eternità.


E non mi si dica che esistano gli orologi, i quali misurano solamente il proprio tempo interiore (la regolarità dei loro meccanismi). Se gli orologi fossere la sede del tempo oggettivo, allora se si fermassero vorrebbe forse dire che il tempo si ferna?

Ritenere che il tempo, al di là dei modi dire, sia una dimensione fisica, è una palese assurdità.


Per il fisico, il tempo è semplicemente il bagaglio dell'osservatore contenente quanto necessario per compiere l'osservazione. Saluti.

CitazioneDissento radicalissimamente.

Il divenire, e dunque necessariamente anche la dimensione "tempo", é propria non solo dei fenomeni mentali o psichici, ma anche di quelli materiali o fisici.

il fatto, di una  banalità e ovvietà lapalissiana, che a seconda delle aspettative o degli stati d' animo la percezione soggettiva, psicologica degli oggettivi lassi di tempo sembri (ma non sia realmente) di ben diversa durata a seconda dei casi non inficia l' oggettività (o per lo meno intersoggettività) del tempo come caratteristica del mutamento (e il fatto che la relatività ne rilevi la dipendenza dai diversi sistemi di riferimento e la variabilità determinata e non arbitraria o disordinata o caotica secondo la variabilità di questi ultimi non cambia di una virgola i termini della questione: pretenderlo farebbe rigirare Einstein nella tomba).

Gli orologi sono strumenti d misura del tempo fisico oggettivo ("esteriore") e non di quello psichico ("interiore"); e ovviamente se si fermassero per dei guasti e non perché si ferma l' universo (?!), allora circa il tempo oggettivo non cambierebbe nulla.

Ritenere che il tempo, al di là dei modi dire, non sia una dimensione fisica, è una palese assurdità.

Saluti ricambiati.

Certo che
#1042
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
08 Gennaio 2019, 10:28:35 AM
Citazione di: viator il 07 Gennaio 2019, 21:36:54 PM
Salve Everlost. Citandoti : "Ma come dicono alcuni di voi, esiste una gradazione di facoltà negli esseri viventi, legata come si pensa a un maggiore o minore sviluppo neuronale, oppure a qualche fattore che per ora ci è ignoto."

Infatti. Quasi tutti trascurano questo aspetto nel valutare la struttura della vita.
No confini tra i suoi contenuti, le definizioni tenetevele pure per voi umani che tanto, a me Natura, mi fate tanto ridere nella vostra rozzezza, ignoranza, supponenza, attaccamento alla vostra autosupposta superiorità !.
Tutti presi come bambini a dirsi "io ce l'ho" "lui non ce l'ha" "ma ti sembra possibile che quello là ce l'abbia ?" "la mia è più lunga" "non è vero, la mia è più lunga della tua" e via dicendo.

Brava e saggia. Saluti.


Purtroppo, almeno per chi fra noi ama conoscere se stesso e il mondo in cui vive, é necessario distinguere, non si può fare di tutte le erbe un fascio, non ci si può accontentare di brancolare nel buio dell' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere".

Il che non implica affatto (non necessariamente, anche se ovviamente non lo esclude) un atteggiamento di presuntuosa e ridicola pretesa "superiorità" da parte nostra rispetto al resto della natura.
#1043
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
07 Gennaio 2019, 19:36:08 PM
A Sariputra
 
Concordo con te che tutti fenomeni, materiali e mentali sono nella coscienza.
 
E che dunque in articolare sono i cervelli ad essere reali nell' ambito delle coscienze e non le coscienze a trovarsi nei cervelli.
 
Però, posto che ciò di cui può esserci certezza immediata é la coscienza immediatamente accadente (esperita da ciascuno, ***se*** ne esistono più di una e ***se*** per ciascuna esiste un rispettivo soggetto, oltre che rispettivi oggetti): il solipsismo non é negabile con certezza, non é superabile razionalmente.
 
Tuttavia da quanto sento (o meglio: si sente, impersonalmente) dire dagli altri uomini (che potrebbero in teoria essere meri zombi) potrebbero esistere altre coscienze.
 
E inoltre postulare indimostrabilmente l' esistenza anche di soggetti e oggetti in sé mi consente di spiegarmi molte cose (fra cui l' intersoggettività dei fenomeni materiali, senza quale non può darsi conoscenza scientifica, e i rapporti di corrispondenza biunivoca fra determinati processi neurofisiologici cerebrali e gli stati di coscienza, così come rilevati dalle scienze neurologiche).
 
A tutto questo credo (non riuscirei a non credere nemmeno se mi ci sforzassi) fideisticamente, infondatamente (senza prove o fondamenti razionali, logici o empirici).
 
Di Varela consento con la "pars destruens" contro il monismo materialistico, dissento con l' "olismo" e tutto il resto.
 
Quello del 10% del cervello mi sembra un articolo sensazionalistico.
Innanzitutto "a occhio e croce" dall' immagine di RM (per quel che aleatoriamente si può dire da un unico piano) sembrerebbe che ne rimanga intorno al 40%.
E poi non é che sia stato asportato il 90% (o più probabilmente il 60%)  del cervello, ma che l' idrocefalo ha compresso, riducendone l' estensione spaziale, "compattandone" (e certamente danneggiandone, ma non distruggendone proporzionalmente alla perdita di volume neuroni, assoni, sinapsi, ecc.).
Il fatto che quella persona non soffra di gravi sindromi neurologiche e psico-comportamentali resta abbastanza eccezionale (eccezionalmente fortunato), ma non inspiegabile.
 
 
 
 
A Davintro
 
Concordo: in questo caso hai detto meglio di e quello che anch' io penso.
 
 
 
 
A Ipazia
 
Non sono attaccato alle parole e quel che mi interessa nelle discussioni nel forum é il comprendere (e valutare se accettare o meno) le opinioni degli interlocutori.
 
Si può anche usare il termine "autocoscienza" per riferirsi al mero saper distinguere il proprio corpo e le sue membra da quelli altrui, capacità che é indubbiamente propria anche di vari altri animali diversi dall' uomo (basta mettersi d' accordo. "intertradursi" reciprocamente i vocaboli usati; con un po' di volontà ci si può intendere, se non perfettamente -poiché la perfezione non esiste- per lo meno in soddisfacente misura).
Inoltre ho sempre pensato che anche altri animali possono operare induzioni.
 
Ma solo l' uomo, come evidenziato anche da Davintro, può pensare complessivamente, astrattamente alla propria vita in generale al di là dell' immediatamente esperito-vissuto (anziché "autocoscienza" la si può chiamare -che ne so?- "personalità", ma la realtà delle cose non cambia).
 
Anche i cani che si lascino morire per la perdita dell' amico-padrone non mi sembra attendibile pensare che lo facciano in seguito a considerazioni astratte e globali sulle loro proprie vite, ma che avvertano (in maniera veramente ammirevole, che lascia a bocca aperta) un dolore assolutamente sovrastante e paralizzante qualsiasi altra istintiva aspirazione.
Con tutti i dubbi insuperabili del caso, evidenziati anche da me (e da Davintro) non mi sembra ragionevolmente verosimile pensare (anche se é almeno in certa misura opinabile) che pensino che sia per loro preferibile il morire al sopravvivere, ma piuttosto che non sentono più istinti e aspirazioni vitali (immediate).
 
 
La mia "firma l' hai completamente fraintesa.
Berkeley intende dire che tutto ciò che possiamo empiricamente conoscere non é reale se non unicamente in quanto insieme-successione di percezioni sensibili (fenomeni, se vogliamo usare un più fortunato termine kantiano).
E non che l' essere vivi é percepire la differenza fra il proprio corpo e gli altrui, ma invece che il proprio corpo e gli altrui e tutto il resto che esperiamo non é reale se non se e quando e in quanto lo percepiamo (per lui oltre a ciò esisteva Dio, mentre per me esiste il noumeno o cosa in sé completamente diverso dalle sensazioni fenomeniche delle quali può essere oggetto e/o soggetto. Ma questo é tutto un altro discorso da quello sulle differenza fra coscienza in generale e autocoscienza).
 
 
Si può benissimo essere coscienti di avere davanti a sé per esempio un bel panorama e "naufragar dolcemente nel mare" delle considerazioni che ci ispira, come Leopardi di fronte all' "ermo colle", dimenticandosi di tutto il resto, compresa la propria esistenza (== perdendo la coscienza di sé == l' autocoscienza; ma non la coscienza del panorama che si continua a vedere).
 
MI sembra del tutto evidente da tutto ciò che continuamente scrivo in questo forum che nemmeno io mitizzo minimamente la cultura umana, ma la considero parte integrante della natura, esattamente come il Wittgenstein che citi: non mitizzo proprio un bel niente!
 
Sinceramente credo che per pretendere di metterlo in dubbio (perché é questo che mi sembra reiteratamente faccia; se fraintendessi ne sarei ben contentio) mi sembra occorra darsi ad acrobatiche arrampicate sugli specchi degne di miglior causa.
 
 
 
 
A Everlost
 
Ti prego, per favore, di evitare di reiterare questa fastidiosissima (e falsa) attribuzione alla mia persona di un pessimo atteggiamento presuntuoso e "antipaticamente professorale" verso gli altri amici del forum e te in particolare.
 
Credo proprio di avere il diritto di programmare le mie letture secondo le mie preferenze (come tutti ovviamente fanno) senza che per questo si insinui da parte mia disprezzo presunzione, altezzosità, scarsa considerazione degli interlocutori (fra l' altro ho sempre affermato di non essere un "accademico" ma un medico che immodestamente si ritiene filosofo; sempre immancabilmente aggiungendo la precisazione: "cosa ben diversa che essere "professore di filosofia").
#1044
Citazione 
Caro Apeiron, ti ringrazio innanzitutto per la pazienza (senza celare una certa soddisfazione: se (senza volerlo) ti ho rifilato questa perdita di tempo -sia pure con il concorso di traduzioni non ottimali- penso che le mie considerazioni e i miei dubbi sono certamente ingenui, ma forse non tutti e/o non del tutto peregrini).
Continuo ad esporre quel che non mi quadra (soprattutto a livello logico).
 
 
 
Qui forse potrei deluderti, ma le teorie della relatività (sarà perché Einstein era chiaramente determinista?), e in particolare l' integrazione "inestricabile" (mi scuso per l' inappropriatezza-metaforicità del linguaggio) fra dimensione temporale e dimensioni spaziali nello spazio-tempo non l' ho mai trovata problematica (adesso mi fai venire il dubbio di non aver mai capito un c..., ma tant' é).
 
 
 
E' una questione del tutto secondaria, ma il concetto (ontologico, o come é più di moda ma per me meno appropriato dire, metafisico) di diversi "livelli" della realtà retti da diverse modalità di divenire dalla non semplice e immediata reciproca riducibilità (certe affermazioni sarebbero vere "a un certo livello" ma false "a un certo altro") mi fanno l' impressione del "misterioso", come se certe parti della realtà fossero tali (reali) in un modo o senso diverso da certe altre e a me poco chiaro.
Secondo me la realtà (l' oggetto dell' ontologia; filosofica) si può distinguere innanzitutto fra:
 
- realtà cogitativa: enti ed eventi reali unicamente in quanto "contenuti di considerazione teorica, di pensiero" (esempoio: l' ippogrifo; che mi porta tanta nostalgia del buon Maral col quale ne abbiamo discusso interminabilmente; dopo essere arrivati quasi alla nausea, ora rimpiango queste discussioni e spero di risentire al più presto questo interlocutore dalla correttezza veramente esemplare);
 
-realtà "in senso proprio": enti ed eventi accadenti realmente anche indipendentemente dall' eventuale accadere o meno di considerazioni teoriche (pensieri) su di essi (i cavalli effettivamente vissuti, viventi, vivituri; che qualcuno li pensi o no).
 
A sua volta la realtà in senso proprio a noi accessibile (da noi conoscibile; precisazione pleonastica: se ve n' é di inconoscibile -per lo meno in assoluto: integralmente tale- per definizione non se ne potrebbe sapere nulla) si può distinguere fra:
 
- fenomeni apparenti alla coscienza e
 
-(forse; poiché non é dimostrabile né tantomeno -per definizione- mostrabile esistere) realtà in sé non apparente (non fenomeni) ma solo congetturabile (noumeno).
 
La realtà fenomenica (i fenomeni) si distinguono in:
 
- materiali misurabili quantitativamente (postulabili -ma non dimostrabili essere) intersoggettivi (e conseguentemente conoscibili scientificamente a certe condizioni indimostrabili, come la causalità del loro divenire) e mentali o "di pensiero" meramente soggettivi (ovvero non postulabili essere intersoggettivi) e non misurabili quantitativamente (e dunque non conoscibili scientificamente; per lo meno in senso "stretto", quello delle scienze naturali). E
 
- mentali: reali non meno di quelli materiali (per quanto non intersoggettivi), non riducibili a, non emergenti da, non sopravvenienti a la realtà materiale stessa.
 
Esse divengono "parallelamente" su diversi, incomunicanti, reciprocamente trascendenti "piani ontologici".
 
La fisica si occupa della realtà fenomenica materiale (con le altre scienze naturali: chimica, biologia, ecc. ad essa in linea teorica -non di fatto, non in pratica- riducibili), la quale secondo me può essere distinta in vari "livelli" solo alla condizione della "perfetta" riducibilità degli uni agli altri (come nel caso della biologia riducibile alla chimica - fisica); se questo accade fra i diversi "livelli" della realtà fisica o materiale considerati dalla scienza fisica, non ho problemi.
 
 
 
Su determinismo-assenza del tempo.
Credo che le scelte di ciascuno siano deterministiche, ma che il saperlo o meno (illudendosi circa il libero arbitrio) non le influenzi minimamente: nello scegliere deterministicamente oppure indeterministicamente (liberoarbitrariamente; o anche in quella specie di "condominio" fra l' uno e l' altro caso che é il causalismo probabilistico), non ha comunque alcun effetto sulle scelte stesse il credere al determinismo o al libero arbitrio (non scelgo quel che scelgo -in particolare eventualmente la "passività fatalistica", oppure l' "attivismo sfrenato" perché sono convinto del determinismo oppure dell' indeterminismo), ma invece compio queste scelte per cause deterministiche (del tutto indifferentemente al fatto che ci creda o meno) oppure casualmente, indeterministicamente, caoticamente, senza seguire alcun ordine del divenire (per libero arbitrio; del tutto indifferentemente al fatto che ci creda o meno).
 
Diversa mi sembra la questione del credere nell' inesistenza reale, ma solo illusoria, del tempo (e dunque -concordo perfettamente con te- del mutamento dinamico; almeno fintanto che qualcuno mi dimostri che può darsi mutamento senza tempo; o meglio, poiché questo é impossibile per definizione, che cosa intenda con tale locuzione, quali significati diversi da quelli "soliti" attribuisca a tali parole).
Se il mutamento é illusorio, allora é illusoria qualsiasi mia attività onde raggiungere qualsiasi fine. Se credo di pormene e di agire per conseguirli, allora in realtà non cerco di pormene e di agire, ma solo mi illudo di farlo. E allora secondo me un' illusione vale l' altra: se scelgo deterministicamente (mi illudo che ciò accada) potrei (illudermi di) deterministicamente decidere in base al lancio di una moneta: drogarmi se esce testa, vivere le allucinazioni non farmacologiche se esce croce; se (sembra falsamente che) scelga indeterministicamente in realtà (contrariamente a quanto da me sostenuto in precedenza) potrei (apparentemente) fare qualsiasi cosa o qualsiasi altra (drogarmi o meno) del tutto a casaccio, senza motivo alcuno: il credere all' inesistenza del tempo (come qualsiasi altro evento reale) in caso di indeterminismo non determinerebbe in alcun modo le mie scelte (rimarrebbe l' assenza di motivi per -apparentemente- scegliere fra drogarsi o meno solo se vigesse il determinismo; come peraltro credo).
 
 
 
Su logica, ontologia e terzo escluso (in riferimento alle interpretazioni indeterministiche ontologiche della MQ).
L' interpretazione n° 2 che consideri nell' intervento #9 (quella che consideri meno problematica, mi pare) a ma sinceramente sembra una parafrasi dell' opposta (a "Copenhagen") interpretazione deterministica ontologica (indeterministica epistemica) "a variabili nascoste": se avessimo le necessarie informazioni (appunto realmente esistenti ma nascoste) su queste ultime il problema immediatamente sarebbe risolto.
 
Circa la n° 3, mi sembra che anche per il determinista de Broglie l' onda sia qualcosa di reale -un "oggetto (o evento) fisico"- che "guida" la particella cui é "connessa".
Ma dire, contrariamente a de Broglie, che l'oggetto quantistico non ha valori definiti di grandezze fisiche masolo 'potenzialità' di assumere valori definiti di grandezze fisiche per me può avere un unico senso, e cioé che non é nulla di reale fintanto che non assume -deterministicamente: inevitabilmente nel caso si trovi in determinate circostanze!- qualche valore definito di grandezze fisiche; altri non ne riesco proprio a "vedere".
 
Ma non trovo un problema se prendo sul serio (sottolineo il "se"; potrei non riuscirci) la realtà dello spazio-tempo.
I fenomeni che vediamo sono nello spazio e nel tempo i quali apparentemente sono reciprocamente indipendenti, irrelati Eppure, la gravità, nella Relatività Generale, è legata alla curvatura dello spazio-tempo. Il che per me significa semplicemente che lo spazio-tempo è qualcosa di reale, ovvero che le tre dimensioni spaziali non si possono considerare senza tener conto dei loro rapporti con la dimensione temporali, contrariamente a quanto "superficialmente" appare; ma la realtà é una sola, sempre quella, anche se appare più veracemente come diveniente nello spazio-tempo integralmente inteso.
 
 
 
Credo di comprendere bene e di condividere quanto scrivi su relatività e MQ (e reciproco presunto -?- contrasto).
 
Però francamente non riesco a comprendere come gente seria e razionalista à- o sedicente tale- possa prendere in seria considerazione la cosiddetta "interpretazione a molti mondi" (che fa rigirare nella tomba Guglielmo di Ockam se non come una particella dotata di spin, visto il carattere allusivo e non letterale del concetto di rotazione in questo caso, sicuramente come una trottola vorticosissima).
Le elucubrazioni e i "misteri" delle peggiori teologie religiose non mi sembrano sgangheratamente fantasiosi, infondati-infalsificabili, irrazionalistici.
Questo veramente mi fa sempre tornare in mente il famoso passo del grande Friederich -Engels- da me più volte citato nel forum sui gli scienziati positivisti che pretenderebbero di trattare la filosofia come un "cane morto", che a-ri-cito:
 
"Gli scienziati credono di liberarsi della filosofia ignorandola od insultandola. Ma poichè senza pensiero non vanno avanti e per pensare hanno bisogno di determinazioni di pensiero, essi accolgono queste categorie, senza accorgersene, dal senso comune delle cosiddette persone colte, dominato dai residui di una filosofia da gran tempo tramontata, o da quel po' di filosofia che hanno ascoltato obbligatoriamente all' Università (che è non solo frammentaria, ma un miscuglio delle concezioni delle persone appartenenti alle più diverse, e spesso peggiori, scuole), o dalla lettura acritica ed asistematica di scritti filosofici di ogni specie; pertanto essi non sono affatto meno schiavi della filosofia, ma lo sono il più delle volte, purtroppo, della peggiore; e quelli che insultano di più la filosofia sono schiavi proprio dei peggiori residui volgarizzati della peggiore filosofia..."   (F. Engels, Dialettica della natura).
 
 
 
Sulle due fenditure e il terzo escluso.
Nei casi di possibilità (che l' elettrone sia passato nella fenditura A e anche che l' elettrone sia passato nella fenditura B il pr. del terzo escluso vale perché le due possibilità sono reciprocamente alternative, non sono correlate dall' "and" ma dal "not".
 
 
 
Tu dici:
 
Proposizione P: l'elettrone è passato attraverso la fenditura A.
Se applichiamo l'operatore 'NOT', ovvero se neghiamo P, otteniamo:
NOT-P: l'elettrone non è passato attraverso la fenditura A.
(quindi è passato per B)
Tuttavia, se nonsi effettua la misura non possiamo dire che 'P' è vera. Ma che, in realtà, è possibile. Quindi diciamo che è "possibile che l'elettrone sia passato attraverso la fenditura A".
 
Ma allora -in questo caso possibile di passaggio da A- non possiamo dire che é "possibile anche che l' elettrone é passato dalla fenditura D e viceversa: non é possibile che siano vere entrambe le proposizioni insieme contemporaneamente, ma lo sono entrambe alternativamente, disgiuntamente.
Il valore terzo logico, il possibile si aggiunge al certamente vero e al certamente falso; ma questi ultimi hanno senso solo in reciproca esclusione o disgiunzione (sia il vero che il falso si possono pensare nel senso che -in modo logicamente corretto, sensato- di una proposizione si può pensare che sia vera ma senza congiuntamente pensare che sia anche falsa, e pure si può pensare che sia falsa ma senza congiuntamente pensare che sia anche vera.
 
Nel "mondo dei contenuti di pensiero" (potenzialità, ecc.) può stare sia che (il pensiero) che l' elettrone passi per A sia -disgiuntamente: aut aut- il pensiero che passi per B (nel mondo reale nemmeno questo).
 
 
 
 
Ancora su Rovelli e il tempo (#11).
Che non ci possa essere una dimensione tempo indipendentemente dall' esserci degli eventi e del cambiamento (ovvero una totale impossibilità del divenire in assenza del -che non implichi il- tempo) mi sembra del tutto ovvio (e anche alquanto banale, a essere sincero).
Ma ciò non significa che non ci sono eventi con (fra l' altro) la dimensione tempo.
 
#1045
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
07 Gennaio 2019, 08:30:32 AM
Citazione di: everlost il 06 Gennaio 2019, 21:19:26 PM

Potrebbe sembrare un problema da fricchettoni, però  se riconosciamo l'esistenza di una coscienza vegetale vacilla anche l'assunto che la coscienza sia una funzione umana legata al  cervello ed eminentemente nostra per via di una particolare fisiologia che consideriamo superiore  a quella degli altri viventi.
Non mi sembra una questione filosofica di poco conto.

Ve lo consiglio senza riserve:

Le piante sentono

Vedendo quant'è raffinata e complessa la strategia riproduttiva di certi vegetali, viene da chiedersi come tutto ciò possa dipendere solo da reazioni chimiche o da una somma di mutazioni favorevoli accumulate ed  ereditate dai progenitori.
Viene da pensare che forse Giordano Bruno e Baruch Spinoza non erano poi tanto visionari, forse avevano capito qual è la vera essenza del mondo (disgraziatamente troppo in anticipo sui loro contemporanei).

Leggerò (senza fretta perché ne ho altri che mi interessano di più) l' articolo che consigli.

Per ora rilevo che "reagire" (non semplicemente subire semplici effetti da semplici cause) in modi determinati agli stimoli esterni é proprio di ogni vivente (a partire dai batteri) e può essere considerato un criterio di "vita" e non di comportamento cosciente.

Ho seri dubbi sul presunto pampsichismo di Spinoza (Bruno purtroppo lo conosco solo per sentito dire).
#1046
Citazione di: paul11 il 06 Gennaio 2019, 23:24:59 PM

Se si riesce ad argomentare invece dei "botta" e "risposta" come se si giocasse ad una partita a ping pong, forse sarebbe meglio.
Ritengo sempre importante capire il perchè ad un certo punto storico emergono certe modalità di pensiero, in questo caso l'empirismo

Il grande avvenimento è dato da Galileo, contemporaneo di Cartesio, e Newton(nasce quando Galileo muore) contemporaneo di Locke.
Hume viene dopo. Lemodalità scientifiche in cui sia Galileo e Newtono spiegavano appunto il metodo porto la filosfia a schiacciarsi sul quel metodo.
Spero prossimamente di spiegare meglio similitudini e convergenze del pensiero di Locke, Berkeley e Hume, per poi arrivare al criticismo kantiano.
Newton in Philosophie naturalis principia mathematica ritiene che le deduzioni non possono essere astratte, intendedo che dovesser iniziare
dall'osservazione sensibile e poi approcciarsi alla verificazione sperimentale.
Quì  c'è un elemento gnoseologico esatto e uno sbagliato. E' esatto il processo gnoseologico che la natura è comunque fonte di conoscenza.
Hume prende quello sbagliato.
Perchìè comunque sempre il ragionamento e non l'impressione empirista ol'osservazione, a definire, a descrivere linguisticamente, a calcolare, qualificare,quantificare e fino ad arrivare ad una legge fisica, o ad un postulato, enunciato che decide come e cosa la natura stessa "funziona".
Lo scettico è contraddittorio in termini perchè dovrebbe tacere.nel momento in cui professa una tesi è il suo modo di vedere il mondo che prevale sul mondo stesso.L'antitesi è sempre parte gnoseologica seppur concludendo in maniera opposta un ragionamento.

Per quanto concerne la causalità Locke negava l'essenza, non l'esistenza; Hume nega l'esistenza..Berkeley, esendo vescovo anglicano ,difendeva la sua posizione, negando la causalità materiale, ma non spirtuale.Hume nega entrambe.

Hume,ribadisco, ha il merito solo di essere stato un pioniere del processo conoscitivo umano.La sua filosfia è fondata sulla natura umana.

Se la metafisca astratta(che non è tutta la metafisca) aveva dimenticato la natura fisica o la faceva dipendere interamente dall'astrazione, l'empirsmo ne è antitesi ritendeno che la natura fosse ilterreno di indagine gnoseologico da cui costruire conoscenza.

Ora un umano , come Hume, che ritiene indimostrabile ( COSA VUOL DIRE DIMOSTRABILE E COSA VUOL DIRE QUINDI INDIMOSTRABILE?).
la realtà,  per cui ne deriva altrettanto indimostrabile la causalità ,quindi la natura stessa, come può fare ragionamenti sulla natura umana?

Excursus di storia della filosofia sul quale non mi soffermo sia perché non di mio precipuo interesse, sia perchè da me grossolanamente, "tutto sommato" per lo meno in larga misura condivisibile, fino all' accenno ad Hume escluso.

Anche se le mie (non poche; e attente) letture risalgono ormai a diversi anni fa, credo di conoscere bene Hume e non mi sembra proprio che limiti la conoscenza alle sensazioni; casomai considera queste ultime la fonte certa, o meglio incontrovertibile, della conoscenza, alla quale sottoporre le ipotesi e i pensieri che la costituiscono (o cercano di ottenerla: cosa che non ha mai negato). 

LO scettico non é affatto contraddittorio in termini perché non afferma affatto che nulla é conoscibile o che qualsiasi enunciato é falso ma si limita invece a rilevare che é dubbio; ovvero sospende il giudizio, non emette proposizioni (per l' appunto tace, contrariamente a quanto falsamente gli attribuisci). E senza proposizione non può darsi proposizione contraddittoria (oltre che coerente, logicamente corretta, sensata).

Hume non ha affatto mai negato la casualità.
Invece ne ha semplicemente (ben diversa cosa!!!) rilevato l' indimostrabilità, il carattere insuperabilmente dubbio.
Né ha mai negato l' esistenza (?) in generale (=affermato il nulla).

L' empirismo, secondo me del tutto a ragione, ritiene che le sensazioni (sia naturali-materiali che interiori-mentali!) siano   l' unico terreno di indagine gnoseologico da cui costruire conoscenza per l' uomo (indagine e costruzione di conoscenza operate dal pensiero).

Indimostrabile significa che il crederlo potrebbe anche essere falso.
E credere qualcosa nella consapevolezza della sua indimostrabilità-possibilità di essere falso consente di conoscere l' uomo e la realtà in generale negli unici termini, alle uniche condizioni, entro i limiti invalicabili nei quali ciò é umanamente possibile (come ci ha insegnato e ha egregiamente praticato David Hume).
#1047
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
06 Gennaio 2019, 20:36:17 PM
Citazione di: Ipazia il 06 Gennaio 2019, 15:05:02 PM
Che ne sappiamo noi di cosa pensano e progettano i viventi di specie diverse dalla nostra ? L'etologia e psicologia animale sono ancora agli albori. Quando un predatore caccia sta progettando il suo futuro. Quando un cane riconosce un umano é cosciente del suo passato. Dimostra di possedere una storia esistenziale.
Citazione
NO, quando un predatore caccia sta solo provvedendo al soddisfacimento della sua presentissima fame (non é oggettivamente pericoloso -anche se non lo farei mai- passare accanto a un leone ben sazio).
Invece per un leone é pericolosissimo passare accanto a un bracconiere presentemente ben sazio, ma che, essendo autocosciente (nel senso comunemente attribuito all' autocoscienza umana) non pensa solo ai suoi bisogni immediatamente presenti e sa che in futuro la vendita della carcassa del leone potrebbe contribuire a sfamarlo (anche i cani ripongono resti di cibo per il futuro, se presentemente gliene avanzano, ma non programmano un tempo di caccia nelle loro giornate, magari diverso dall' una all' altra giornata a seconda di altre loro esigenze: cacciano -allo stato selvaggio; quelli domestici di regola mai- quando presentemente hanno fame o presentemente gli capita l' occasione e non sono troppo sazi). 

E un cane possiede senz' altro una storia, ma non credo proprio (per quanto ragionevolmente ipotizzabile: che ci sia in questo un ineliminabile margine di incertezza l' ho scritto io per primo) che ripensi mai al passato, compiacendosi di qualcosa e pentendosi di qualcos' altro (se non forse, presentemente, al momento di subirne le conseguenze).




Trovo abbastanza scolastica e convenzionale, forse funzionale, ma non scientifica sul piano ontologico, la distinzione tra autocoscienza e coscienza, la cui dissociazione é rintracciabile solo in situazioni di grave alterazione chimica o psicopatologia dello stato cosciente. Persino nella condizione particolare del sogno la distinzione tra io e non-io si riconferma.
Citazione
Qualsiasi distinzione (di fatto) si fa secondo criteri convenzionali (arbitrariamente convenuti).

Ma io invece trovo interessantissima questa dei diversi gradi di coscienza; e la ritengo riscontrabilissima nella comparazione dei comportamenti (fisiologici) umani con quelli degli altri animali (indipendentemente da eventuali patologie; e anche indipendentemente dai sogni).
Ma la distinzione fra io e non io é altra cosa dalla consapevolezza di vivere una vita, con un passato e un più o meno lungo futuro, salvo "in punto di morte", della quale complessivamente (e non soli dei propri bisogni immediatamente presenti) si può essere più o meno soddisfatti a seconda dei casi.

Comunque qui non si tratta di imporci reciprocamente le parole con le quali affrontiamo la questione, ma di intenderci sulla natura delle cose reali di cui parliamo (nella fattispecie le differenze fra la coscienza umana e la coscienza di qualsiasi altra specie animale; differenze che credo di poter dire innegabili; che altrimenti non siamo per nulla sintonizzati su una lunghezza d' onda atta a comunicare e a farci reciprocamente capire e tanto varrebbe smetterla di discutere).
#1048
Citazione di: and1972rea il 06 Gennaio 2019, 16:22:31 PM
Citazione
sarei ben lieto di fare anche solo un buon tratto di strada in sicurezza (fuor di metafora: di sapere che dispongo di svariati giudizi analitici a priori certamente veri).
Se l'obbiettivo è raggiungere la meta, e non quello di godersi la passeggiata, esaurire  soltanto un buon tratto di strada diventa del tutto irrilevante e quasi una perdita di tempo...
Citazione
Ma non così se grazie a quel limitato pezzo di strada raggiungo la meta (non ponendomi mete a distanza infinita: non soffro di delirio di onnipotenza).

Fuor di metafora, la meta é sempre stata in questo caso per me, dimostrare che esistono giudizi analitici a priori certamente veri, anche se gnoseologicamente sterili (circa come é o non é la realtà, "in sé", ovvero non solo in quanto mero oggetto di pensiero).





Citazione
Col che mi sembra di avere dimostrato l' esistenza reale di cause lontane nel tempo dai propri effetti, anche se tale causazione é simmetrica, e se quelle cause finiscono proprio nel luogo ove iniziano gli effetti, ma anche di cause di effetti lontani istantanei (e anche di causazione lontana sia nel tempo che nello spazio).
Invece quello di cause ed effetti che occupano, sovrapponendosi, la stessa porzione di spazio e tempo mi sembra uno pseudoconcetto autocontraddittorio, senza senso.
Be', invece mi pare piuttosto banale constatare il contrario, cioè che un nesso escluda l'altro; essi non possono coesistere paradossalmente in una unica affermazione: o è il ghiaccio a sciogliersi o è l'acqua a solidificarsi (fino all'ultimo microstato osservabile) o "a" correlato a "b" cambia "b" o viceversa, delle due l'una, e se si ammettono paradossalmente istantaneamente entrambi ,in quello stesso paradosso devono escludersi a vicenda; vuol semplicemente dire che fra a e b non può sussistere logicamente alcun nesso immaginario di causa ed effetto, e il fatto che cambino istantaneamente rimane inspiegato.
Citazione
Mi dispiace, ma da quanto qui scrivi devo dedurre che non sono proprio riuscito a farti capire per nulla ciò che ho inteso dire (anche nei precedenti interventi).

E cioé che il fatto che la causazione istantanea nel caso dell' entanglement quantistico sia simmetrica (il cimento osservativo sulla particella A causa istantaneamente il mutamento nella particella B, ma anche -in alternativa- il cimento osservativo sulla particella B causa istantaneamente il mutamento nella particella A non é un problema, come dimostra il fatto che anche la per niente problematica causazione non istantanea della fusione del ghiaccio da parte per aggiunta di calore é parimenti simmetrica (alla causazione non istantanea della solidificazione dell' acqua per sottrazione di calore).





Dunque, una volta assodato che tali e tutte le trasformazioni( compresa quella di stato fra acqua e ghiaccio) sono causalmente spiegabil solo nella loro cronicità e spazialità, cioè che procedono gradualmente nel tempo e nello spazio, per cui dalla causa si procede verso l'effetto attraverso tempi e spazi determinati ( anche se non determinabili ...), bisognerebbe poi rendersi conto anche che ad un verso della trasformazione non è classicamente associabile lo stesso nesso causale della trasformazione inversa ( "A" che cambia il proprio stato e conduce a mutare lo stato di "B" è logicamente diverso dall' affermare l'inverso, quindi il nesso causale non si può dimostrare essere lo stesso,
Citazione
Infatti me ne sono reso conto "da sempre".





anche se nel caso della correlazione quantistica questo non appare evidente), quindi , o è "a" causa di "b" o è l'inverso, ma confondere entrambi i nessi in uno solo non è una banale semplificazione ,è una contraddizione(insisto ad essere banale; ma la causa che fa sciogliere il ghiaccio non è quella che permette all'acqua di solidificarsi, perchè il fornire calore non equivale a sottrarlo, perchè formare cluster e reticoli cristallini non è lo stesso che disgregarli, perchè montare non è smontare etc...etc..
Citazione
Ma quando e dove mai avrei sparato simili sciocchezze ? ? ?





Quindi,tutta la fisica sembra davvero dover ripartire da Hume, perchè se decido di mutare "a" in un certo punto dello spaziotempo e contemporaneamente a questo atto vedo mutare istantaneamente anche "b" in un altro , non posso logicamente affermare di aver trovato alcun nesso causale fra il cambiamento di a e quello di b, a meno di non ammettere che ogni cosa che accade o sia accaduta o accadrà nell'universo in un certo luogo ed in uno certo spazio possa essere immediatamente relazionata a qualsiasi altra posta in qualsiasi altro punto nello spazio e nel tempo.
Citazione
E perché mai sarebbe vietato farlo ?

La fisica non può eludere la critica filosofica della causalità di HUme, certo !
Ma non ha mai potuto farlo: non é una "ripartenza".





Se, invece, (salvando la relazione causale anche per l'entaglement q.)la difficoltà si trova soltanto nello spiegare come vi possano essere informazioni che coprono spazi più grandi di quello che il tempo concede loro per farlo, bè, Einstein dimostrò che spazio e tempo sono relativi, quindi, chi ci impedisce di immaginare che l'enorme distanza che separa due sistemi fisici correlati non sia più corta di quel che sembri? I'immaginario nesso causale con cui è cucita la realtà fenomenica sembra concretizzarsi necessariamente nelle nostre menti soltanto nel graduale dispiegarsi dei fenomeni attraverso un prima e un dopo  , un qui ed un là.
Citazione
I casi sono due: o ha ragione Einstein oppure ha ragione l' entanglement quantistico.
Ma in entrambi i casi:

Sia vale comunque la critica razionale (filosofica) di Hume della casualità,

sia ha senso la conoscenza scientifica (alla condizione indimostrabile che la causalità sia reale).

POi naturalmente si può sempre liberamente immaginare quel che ci pare (ma i contenuti di immaginazione sono ben altra cosa che i fatti reali).
#1049
Citazione di: Apeiron il 06 Gennaio 2019, 11:42:51 AM
CONTINUAZIONE

Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PM
Perché io creda che la realtà non é come appare, penso che mi si dovrebbe spiegare attraverso quali ragionamenti e osservazioni si dimostra che mi appare come mi appare essendo diversa (altrimenti, se sono razionalista e non un fideista credulone, piuttosto sospendo il giudizio). Come infatti é successo per la sfericità della terra, l' eliocentrismo, le varie successive teorie atomiche della materia, ecc., tutte spiegate senza ricorrere ad affermazioni (il-) logicamente contraddittorie come questa "il 'futuro [= quello che non esiste ancora] esiste già' (teoria dell'universo a blocco, o block-world)". A meno che mi si spieghi logicamente in che senso non contraddittorio il "futuro" (che evidentemente non può essere quello che non esiste ancora: e allora cos' é? Se é ciò che esiste già si tratta di una mera tautologia) esiste già.

CitazioneAPEIRON
A parte il linguaggio non ottimale usato, cos'è che non ti torna? Se il divenire è illusorio e il 'presente' (in un qualche senso) 'è reale', uno deve accettare che passato e futuro siano tanto 'reali' quanto il presente (indipendentemente dalla definizione di realtà che uno ha).
Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PMIn particolare sul "dualismo potenza - atto" l' unico senso che so darvi é il mero determinismo ("forte" ovvero meccanicistico oppure "debole" ovvero statistico"): che una cosa A é in potenza una diversa cosa B per me non può significare altro che se e quando si danno determinate circostanze (non presenti; ovvero eventualmente in un qualche tempo -reale, non meramente apparente- futuro), allora cessa di essere -realmente e non apparentemente- A per essere invece -realmente e non apparentemente- B. Ovvero ora, nella realtà (e non nell' immaginazione) é reale A e non é reale B (in alcun altro senso che quello di "oggetto di pensiero, di immaginazione"; ma come ben sapeva il buon Gaunilone, c' é una bella differenza fra una tavola imbandita reale e il reale concetto -pensiero- di una tavola imbandita). (Per la cronaca, non mi stupisce che uno come Emanuele Severino, con tutto ciò ci vada a nozze).

Ho il vago sospetto che tu apprezzerai il discorso della 'potenzialità' anche se ti traducessi l'intero articolo in Italiano  ;D ma, in ogni caso, provo comunque a fare una spiegazione concisa ma quanto più chiara possibile  ;) . Il discorso, bene o male, è questo: gli oggetti quantistici prima di essere misurati non sono 'reali' allo stesso modo della 'realtà classica' (quella a noi familiare) ma sono pur sempre 'reali'. L'idea di base è che ci possano essere diversi modalità in cui le 'cose' 'esistono'. Prima della misura, gli oggetti quantistici possiedono solo potenzialità di avere determinati valori di grandezze fisiche. Per esempio, nell'esperimento della doppia fenditura l'elettrone, non sottoposto a misura, possiede la potenzialità di passare per entrambe le fenditure, chiamate A e B. Questa non è una vera violazione del Principio del Terzo Escluso ('Tertium non datur') perché di fatto esso non si può applicare alle proposizioni che esprimono una possibilità/potenzialità:
(1) è possibile che l'elettrone sia passato per A;
(2) è possibile che l'elettrone non sia passato per A
pur essendo due affermazioni contrarie, è possibile dichiararle entrambe vere (nella logica si direbbe che anche (1) AND (2) rimane vera, con AND indico l'operatore logico - nel linguaggio degli operatori logici, (2)=NOT(1), ovvero (2) è la negazione di (1)).
Perciò, gli oggetti quantistici non misurati non esistono allo stesso modo di quelli classici. Negli oggetti classici, le grandezze sono attualizzate, nel senso che gli oggetti hanno valori delle grandezze fisiche ben definiti.  Non così (secondo questa interpretazione, ovviamente) gli oggetti quantistici. Si tratta di accettare che ci possano essere diverse modalità di 'esistenza' (o di 'realtà' o 'essere' - a seconda di quale termine sia ritenuto più generico).
En passant, credo, come gli autori dell'articolo, che questo riesca a sostenere sia che gli oggetti quantistici abbiano proprietà non-locali ma che, al tempo stesso, la località voluta dalla relatività sia preservata. Infatti, quando avviene una misura alcune potenzialità vengono meno ma questo non implica alcuna trasmissione di segnali.
Una possibile analogia è la seguente (più o meno quella usata nell'articolo): se Tizio e Caio decidono di incontrarsi, il giorno dopo, al bar di Sempronio a bere un caffè prima di arrivare là, c'è una potenzialità che Tizio e Caio il giorno dopo si incontreranno al bar di Sempronio a bere il caffè. Per qualche motivo, Sempronio, però, decide che il bar non verrà aperto. Dunque, la potenzialità viene meno e, quindi, Tizio e Caio (che in tale momento si trovano altrove) non potranno più bere il caffè nel bar di Sempronio. Questo 'venir meno' della potenzialità è istantaneo, nel senso che avviene quando Sempronio decide di chiudere il bar. Però, questo non implica che a Tizio e Caio arrivi un segnale di velocità istantanea.
Citazione
Non riesco a concepire che due fondamentali "differenti modi di essere reale": quello della "realtà quale è/diviene indipendentemente dall' essere eventualmente pure pensata o meno" e quello della "realtà quale é/diviene unicamente in quanto oggetto o 'contenuto' di (reale) pensiero".
Per me queste sono le uniche e sole modalità in cui (in reciproca alternativa) le cose esistono. Altre non ne vedo.
Di conseguenza l' affermazione "gli oggetti quantistici prima di essere misurati non sono 'reali' allo stesso modo della 'realtà classica' (quella a noi familiare) ma sono pur sempre 'reali'." Per me non può significare altro (altro significato non ci riesco a vedere) che "gli oggetti quantistici prima di essere misurati sono reali unicamente in quanto possibili oggetti o 'contenuti' di pensiero", cioè che possono essere realmente pensati (o meno), esattamente come quelli della realtà classica a noi familiare: esiste la potenzialità che li troviamo (se si danno determinate circostanze osservative "appropriate"), anche se, contrariamente a quelli della realtà classica a noi familiare, non ci é possibile sapere (calcolare indirettamente, e dunque pensare come fatto certo) dove e come (grossolana allusione al pr. di ind. di Heisenberg che credo comunque chiara) sono senza osservarli direttamente; e questa é l' unica differenza ontologica (o meglio, secondo me, gnoseologica o epistemica) cui riesco a dare un senso della realtà degli oggetti della meccanica quantistica rispetto alla realtà degli oggetti del mondo classico a noi familiare.
O, come mi sembra affermino le versioni indeterministiche ontologiche "danesi" correnti, le caratteristiche non (ancora) osservate: o non esistono realmente (ancora) tout court (ma eventualmente esistono solo come meri "ipotetici contenuti di pensiero indeterminati") prima del famoso (per me famigerato) collasso della funzione d' onda (per ironia della sorte, l' onda del determinista Scroedinger); oppure (già) esistono realmente (e non come meri eventuali "contenuti di pensiero") anche se non si possono (ancora) conoscere (pensare con certezza) non solo in pratica ma anche in linea puramente teorica, come invece sostengono i deterministi ontologici-indeterministi epistemici "delle variabili nascoste".
Se riesci a spiegarmi e a farmi (sensatamente) concepire un tertium ti sarò infinitamente grato.
 
Negli esperimenti "delle due fenditure" prima dell' osservazione empirica riesco a pensare sensatamente, in modo non contraddittorio, logicamente coerente con tutto ciò che ci é noto, che l' elettrone passi per l' una e anche in alternativa (cioè: oppure) che passi per l' altra fenditura (e che l' onda di probabilità che descrive la nostra conoscenza sulle potenzialità di trovarlo se "la facciamo collassare" subisce una diffrazione fra le due fenditure).
Pensare (o meglio: immaginare per assurdo di poter pensare) che passi in una certa percentuale di esistenza (di realtà) -???- in una fenditura e che contemporaneamente passi anche nella complementare percentuale di esistenza (di realtà) -???- nell' altra per me é esattamente come pensare (o meglio: immaginare per assurdo di poter pensare) che Dio (esiste ed) é uno e contemporaneamente sono tre o che Gesù Cristo (é esistito ed) é (per sempre) Dio (immortale, onnipotente, ecc.) e contemporaneamente era (per 33 anni) uomo (mortale, di potenza limitatissima, ecc.).
 
Nemmeno in fatto di logica sono un addetto ai lavori, ma credo che anche nelle possibilità/potenzialità (nel pensiero, e non solo nella realtà) valga il principio del terzo escluso: due affermazioni contrarie si possono pensare sensatamente come vere entrambe, ma in reciproca alternativa; ovvero sia la affermazione A che la contraria affermazione B, ma o l' una oppure l' altra, mai entrambe insieme.
In particolare le due affermazioni:
(1) è possibile che l'elettrone sia passato per A;
(2) è possibile che l'elettrone non siapassato per A;
pur essendo due affermazioni contrarie, è possibile dichiararle entrambe vere ma solo come alternative: é possibile dichiarare vera (1) ma a patto che allora non si dichiari vera anche (2); ed é anche possibile dichiarare vera (2) ma a patto che allora non si dichiari vera anche (1).
Altrimenti sarebbe anche possibile non solo ipotizzare una figura geometrica avente un unico perimetro che sia quadrata e anche (in alternativa: oppure) una figura geometrica avente un unico perimetro e che sia circolare, ma anche una figura geometrica avente un unico perimetro che sia quadrata e che sia anche circolare.
 
Nell' esempio di Tizio, Caio e Sempronio, in precedenza si può pensare (é reale ma solo come mera ipotesi mentale) che l' indomani T. e C. si prendano un caffè da S.; quando S. chiude il bar non lo si può più pensare (non é più reale nemmeno come mera ipotesi mentale, unitamente all' ipotesi della persistente chiusura del bar stesso anche all' indomani) che T. e C. si prendano colà il caffè.
A T. e C. non arriva nessun segnale istantaneamente, a velocità infinta al momento della chiusura del bar da parte di S., semplicemente perché allora non accade assolutamente nient' altro di (autenticamente) reale (ma tale casomai solo e unicamente come mero "contenuto di eventuale pensiero") oltre alla chiusura del bar da parte di S. (assolutamente nient' altro di in un qualche modo o senso pertinente ciò di cui stiamo parlando, ovviamente).




D'altro canto, un qualche tipo di apertura a pensare a 'livelli di realtà' o di 'livelli di comprensione della realtà' è presente, secondo me, anche nel caso in cui uno accetta questo tipo di interpretazione della Meccanica Quantistica:

CitazioneAd ogni modo, anche nelle interpretazioni alla de-Broglie/Bohm (anche qui lo stesso discorso di prima sulla molteplicità delle sotto-interpretazioni) c'è una forma di dualismo. Anche in quella minimalista, dove la funzione d'onda è trattata alla stregua di una 'legge', comunque la posizione di una singola particella dipende dalle posizioni di tutte le altre (le 'interazioni' tra di esse non dipendono dalla distanza) - questo, certamente, è qualcosa di ben diverso dalla nostra usuale realtà dove le distanze contano.

(perdonate l'auto-citazione)
In questo caso direi che i 'livelli' sono epistemologici. D'altro canto, questa interpretazione ci dice che, mentre per noi le distanze spaziali sono importanti, in realtà non è vero. Di fatto, almeno che uno non abbracci il super-determinismo (ovvero, se uno non crede che ci sia una contro-intuitiva correlazione tra le varie cose che mi fa credere che ci siano 'interazioni' non-locali - in pratica, un pre-determinismo) deve comunque accettare la non-località quantistica se accetta che ci siano 'variabili nascoste' e che, quindi, il formalismo della Meccanica Quantistica (non-relativistica) debba essere per forza 'completato' in qualche modo (ad oggi, non percepisco una necessità di correggere il formalismo della Meccanica Quantistica (non-relativistica)). Se si accetta tale formalismo così come è, ad oggi, ritengo che l'interpretazione di cui parlavo prima è la 'migliore'... ovviamente, opinione mia.
Citazione
A questo proposito mi sembra che si ponga una questione.
Da profano di media cultura (potrei più o meno gravemente fraintendere), mi sembra di rilevare che da ormai poco meno di cent' anni (!), malgrado indubbie nuove scoperte "di dettaglio" (absit iniuria verbis) anche con conseguenti applicazioni tecniche-pratiche interessanti e utilissime (e pure pericolose, inevitabilmente), sulle "questioni fondamentali" la fisica si dibatta in una contraddizione al momento insuperata, sulla quale i migliori ricercatori continuano a "sbattere la testa" inutilmente, fra il determinismo (anche epistemico, in linea teorica o di principio) e la località (o finitezza delle velocità delle interazioni) della Relatività e l' indeterminismo (per lo meno epistemico) e la non-località (o infinitezza delle velocità delle interazioni) della Meccanica Quantistica.
Dato che un secolo di "crisi permanente" della fisica non mi sembra si sia mai avuto da Galileo in poi, mi chiedo se un atteggiamento euristico più ragionevole di quello corrente non dovrebbe indurre per lo meno ad affiancare ai continui (e finora inani) tentativi di superare queste contraddizioni la ricerca, attraverso osservazioni nuove, più precise, ecc., di eventuali "peli nell' uovo" teorici nelle due teorie attualmente accettate con "scarsa reciproca complementarità" (non potrebbe essere che almeno una non sia da rivedere profondamente o addirittura da superare "rivoluzionariamente"? Non vale la pena spendere risorse umane a materiali per appurare queste ipotesi?).
 
#1050
Citazione di: Apeiron il 06 Gennaio 2019, 11:42:51 AM
Citazione di: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 19:00:14 PM


Cercando di evitare di entrare in una materia complessa che richiede competenze che non ho, cercando di restarne "ai margini" per me non infidi, ho ritagliato queste affermazioni per evidenziare le enormi difficoltà a comprendere per un non specialista (a occhio e croce il 99,99...% dell' umanità) il senso di importanti affermazioni scientifiche, e per chiedere all' amico specialista (per lo meno relativamente tale) Apeiron ulteriori spiegazioni (se ve ne sono; dato che anche lui a tratti sembrerebbe dichiarare di non capire ...cosa che trovo assai poco rassicurante).

Il punto è che la mia formazione non comprende le teorie proposte riguardanti la Gravità Quantistica. Gente più preparata di me (Rovelli incluso) sostiene che nell'ambito di questa teoria le equazioni non si esprimono più secondo la variabile 't'. Quello che personalmente non mi torna, è il significato di tutto ciò. Se a livello fondamentale 't' sparisce, secondo la mia incompleta preparazione, non si ha più dinamica e cinematica. Non ha più senso, perciò, parlare di moto, oscillazioni, interazioni ecc perché tutto ciò quanto meno richiede che si possa utilizzare il 'tempo'. Ciononostante, Rovelli dichiara che questo non implica che il mutamento non esista. Anzi, mi sembra ben contento di parlare di 'eventi', 'processi' e così via - ovvero ad usare un linguaggio 'temporale', per così dire. Quindi, non capisco se lui ritiene (e ho pure letto un suo libro, anche se era di divulgazione!  ;D  forse dovrei rileggerlo...) che:
A) che 'eventi', 'processi' (come 't') ecc emergono da qualcosa di più fondamentale;
B) che a livello fondamentale 't' sparisce ma comunque ci sono 'eventi', 'processi' ecc;
C) una determinata concezione di 'tempo', ovvero di 'tempo' come realtà autonoma, non può essere più accettata.
Se sostiene 'A' o 'C', va bene. Non trovo nulla di logicamente sbagliato. Se sostiene 'B', invece, non ho idea di come sia possibile parlare di tali cose senza poter introdurre una variabile 'temporale'.

(la critica di Smolin e colleghi mi fa propendere che sia vera la 'A'. Quello che dice Rovelli può essere interpretato in tutti e tre i modi, secondo me...)
Citazione
Da semplice persona di buon senso concordo che Non ha più senso, perciò, parlare di moto, oscillazioni, interazioni ecc perché tutto ciò quanto meno richiede che si possa utilizzare il 'tempo' (secondo me tutto ciò non può non accadere nel tempo per definizione).
Se Ciononostante, Rovelli dichiara che questo non implica che il mutamento non esista, allora secondo me dovrebbe chiarire (per lo meno a noi, se non anche a se stesso -!-) come, in che termini, in quale senso il "suo" mutamento (il "mutamento" come da lui inteso) differisce dal mutamento "nostro", come inteso dal senso comune.
Ora, che non solo un qualsiasi Sgiombo, che di mestiere fa il medico e nel tempo libero coltiva soprattutto la filosofia e molto limitatamente, a livello puramente ed elementarmente divulgativo, la scienza fisica, ma anche un Apeiron, che di professione é fisico ricercatore (anche se in un'altra specializzazione), non sa dare un' interpretazione univoca e non ambigua al senso (non implicante il fattore "tempo") che un suo collega (anche se non di "superspecialità") attribuisce a concetti come "mutamento", "processo" ed "evento", (ma forse innanzitutto a quello di "fondamentalità") beh, innanzitutto lo trovo qualcosa di vagamente preoccupante, e inoltre mi induce a dubitare che perfino quel suo collega possa avere qualche problema di comprensione di ciò di cui parla (sic!); perché altrimenti non vedo come mai mai abbia serie difficoltà a farsi intendere nel comunicarlo anche solo a una cerchia assai ristretta di uditori, di poco eccedente il laboratorio o la facoltà dove lavora e qualche decina o poco più di analoghe istituzioni sparse per il mondo (salvo qualche centinaio di persone a essere ottimisti, il meglio che tutta la restante popolazione mondiale riesce a fare mi sembrerebbe ritenere interpretabili in ben tre diversi modi le sue tesi).
Non mi sembra che siamo molto lontani dal "linguaggio privato" negato da Wittgenstein.
 
Se mi é consentita una battutaccia (provocatoria ma che assolutamente non intende essere offensiva) che bene esprime il mio stato d' animo di sostanziale insoddisfazione, in queste tue parole il concetto di "qualche livello della realtà fondamentale (più o meno rispetto a quella esperibile empiricamente)" mi ricorda molto la conclusione cui portavo da bambino preti e catechisti quando discutevo con loro circa i "misteri della fede": l' intelligenza divina, essendo infinitamente superiore alla nostra umana, può capire (anche) cose che noi non capiremo mai.





Beh, onestamente, tali domande le farei io ad un sostenitore, come te, del 'normale' determinismo  ;D  d'altronde sia tu che un sostenitore dell'illusorietà del mutamento siete d'accordo che ogni azione che facciamo è inevitabile.  
Quindi, in un immaginario dialogo tra tre personaggi morigerati ovvero un indeterminista che crede nel libero arbitrio (L), un determinista D e uno che crede che lo scorrere del tempo sia illusorio (E*) si potrebbe avere questo dialogo:
L e D) Ascolta E, ma se tu ritieni che lo scorrere del tempo sia illusorio come questa tua credenza si applica alle scelte della vita quotidiana?
E) personalmente, accetto che ci sia l'illusione dello scorrere del tempo e, quindi, so che tali scelte sono mere illusioni. Però, le faccio comunque. L) Un po' come D accetta l'illusione del libero arbitrio e, comunque, non fa il 'fatalista' e non si dà alla 'pazza gioia'.
E) esatto, la differenza tra me e D è che io accetto che anche lo scorrere del tempo sia illusorio.
D) Ma è evidente che il tempo scorra, come fa ad essere illusorio?
L) Così come è evidente che le nostre azioni sono, in parte, libere come fa il libero arbitrio ad essere una illusione?  ;D


Seriamente, dipende da quanta importanza dà questo tizio alla sua credenza che il tempo è illusorio. Se, per esempio, ritiene che sia una verità da 'realizzare' e/o da 'contemplare' difficilmente si immergerà completamente nelle illusioni ma ne resterà distaccato. Oppure potrebbe ritenere che siccome tutto è illusorio, non è importante come ci si comporta...e così via  ;D  è sempre difficile capire che risvolti 'etici' (o 'esistenziali' se ad uno fa 'schifo' la parola 'etica') possa avere una credenza su 'come è la realtà' - a meno che il soggetto non ritenga che quella che lui ritiene essere una 'verità' abbia risvolti esistenziali e in che modo  ;)  
Citazione
Il determinista (o almeno quel determinista che sono io) non accetta l' illusione del libero arbitrio ma sa benissimo che le sue (e altrui) azioni non sono liberoarbitrarie ma determinate; non agisce come se fossero liberoarbitrarie, bensì ben sapendo che sono necessitate dal determinismo: non si illude di essere libero (da determinazioni intrinseche) nel fare ciò che fa ma sa benissimo di farlo necessariamente (e questo non gli fa né caldo né freddo, come si suol dire). Non ammette che "è evidente che le nostre azioni sono, in parte, libere", se non eventualmente in qualche misura da determinazioni estrinseche.
Se ha ragione Il negatore del tempo ognuno crede di agire (ma non agisce) come crede di agire illusoriamente indipendentemente da quanto crede in proposito (anche nell' ulteriore illusione della non illusorietà del mutamento nel caso di chi creda nella realtà del tempo), così come se ha ragione il determinista ognuno agisce come agisce non liberoarbirariamente (anche chi lo facesse nell' illusione del libero arbitrio).
Dunque mentre se é vero il determinismo, accorgersi dell' illusorietà del libero arbitrio non comporta (per lo meno non necessariamente) alcun mutamento nelle proprie scelte (comunque deterministiche, che lo si sappia o meno), invece nel caso dell' illusorietà del tempo e dunque del mutamento il sapere che non sono reali (se non alucinatoriamente) le proprie azioni, i propri scopi e aspirazioni, e dunque in particolare che esse, quali che siano, non lo sono più (o non più "fondamentalmente", se vogliamo) del vivere in un mondo onirico prodotto dall' uso di stupefacenti, dovrebbe secondo me comportare (deterministicamente come credo o anche indetrministicamente: non fa differenza) la messa sullo stesso piano delle (meramente apparenti, non reali) due opzioni fa le quali (deterministicamente oppure liberoarbitrariamente) illudersi di scegliere: sempre di (illudersi di) vivere nella mera illusione si tratterebbe.
 
Mi sembra che quanta importanza ciascuno dà alla (sua eventuale) credenza che il tempo é illusorio non possa che dipendere dalla convinzione con cui l' abbraccia, posto che, almeno per chi non viva alla giornata ma si ponga scopi (più o meno "elevati"), fa una bella differenza sapere che ci si batte contro donchisciotteschi mulini a vento (reali solo in qualche "livello più o meno fondamentale" -?- dell' esistente), oppure contro reali (nel mondo empiricamente praticabile) "storture del mondo empirico stesso da raddrizzare".



CONTINUA