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Messaggi - Sariputra

#106
Racconti Inediti / Re:Fortuna, sfortuna, chi lo sa?
21 Febbraio 2020, 11:19:40 AM
Sì, ma la pagherò Anthonyi...come la pagherò se vivrò abbastanza!... :'(
#107

Il 'peccato originale' non è un senso di colpa , è la concezione ebraica della nascita dell'essere umano con una inclinazione al male. Per loro però il male lo si compie dall'adolescenza in poi. Il bambino non è responsabile.
Secondo la Jewish Encyclopedia: "L'uomo è responsabile del peccato perché è dotato di libero arbitrio ("behirah"); egli è per sua natura fragile, e la tendenza della mente sarebbe verso il male: «perché l'istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza» (Genesi 8.21; Yoma 20a; Sanhedrin 105a)
L'Ebraismo insegna che gli esseri umani nascono dotati di libero arbitrio e moralmente neutrali, con una "yetzer hatov", (letteralmente "buona inclinazione", secondo alcuni una tendenza verso la bontà, secondo altri una tendenza verso una vita produttiva e a preoccuparsi del prossimo), oltre ad una "yetzer hara", (letteralmente "l'inclinazione al male", secondo alcuni una tendenza verso il male, e secondo altri una tendenza verso il comportamento cattivo ed egoista).
Quando si parla di peccato originale s'intende quindi questa "yetzer hara", questa inclinazione all'egoismo, ma non una 'colpa', perché si nasce 'neutri'.  Fortunatamente c'è anche una "yetzer hatov", una buona inclinazione, ossia una tendenza anche verso la bontà.
Nel conflitto tra le due tendenze si forma la personalità.
L'implicazione è che queste due 'yetzer' (hatov e hara) si comprendono meglio non come delle categorie morali del bene e del male, ma come degli orientamenti altruistici in opposizione ad altri egoistici. Gli ebrei però, a differenza per es. del Buddhismo, in cui da ciò che non è salutare non può mai nascere qualcosa di salutare, ritengono che ambedue queste tendenze possano servire la "volontà divina", se utilizzate correttamente.
Il vecchio rabbino Hillel le riassunse così:
Se non sono per me stesso, chi sarà per me?
Se sono per me stesso soltanto, che cosa sono?
Se non ora, quando?

Dalla visione classica tradizionale ebraica prende origine anche quella cristiana sul 'peccato originale':
405 Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, 538 in nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale. Consiste nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è chiamata « concupiscenza »). Il Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo l'uomo verso Dio; le conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e incline al male rimangono nell'uomo e lo provocano al combattimento spirituale. (Catechismo della Chiesa Cattolica-Vatican)


A riguardo della creazione "ex-nihilo"...
Come ebbe a spiegare un padre domenicano, il nulla non è qualcosa, ma è solo una parola da noi escogitata per esprimere un concetto di per sé assolutamente inesprimibile e che, anche volendo, neanche potrebbe essere pensato se non "cosificandolo". Dunque, nel momento in cui diciamo che Dio creò "ex nihilo", siamo tentati a pensare al nulla come a un qualcosa, o come a una borsa dalla quale estrarre degli oggetti oppure come al cilindro di un prestigiatore dal quale far uscire un fazzoletto o una colomba. Il reverendo Angelo Bellon, a riguardo, disse: - Il nulla, secondo il nostro modo di dire, è il punto di partenza dell'azione creatrice. Ma va precisato subito che si tratta davvero del nulla e non del vuoto. Noi siamo tentati di cosificare il nulla, di dargli un'esistenza. Diciamo infatti:  "prima della creazione c'era il nulla". "C'era", che equivale ad "esisteva". Ecco la cosificazione! Dire "prima c'era il nulla" è una contraddizione alla quale nel nostro linguaggio quasi non riusciamo a sfuggire, ben sapendo che si tratta di una contraddizione .


Quasi invincibilmente, quando si parla di creazione, si situano le cose nel modo seguente: da principio, non c'è nulla, eccetto Dio, che è sempre esistito; e questo sempre significa una durata interminabile, nel corso della quale, a un momento dato Dio ha posto l'azione creatrice, e il mondo è stato tratto dal nulla, che si trovava come anteriore al mondo e come soggiacente a Dio. Ora tutto ciò, se vi si riflette, non è che una serie di manifeste aberrazioni, almeno quando si prendono le parole nel loro senso proprio. Si parla come si può; il linguaggio non è stato fatto per questi alti usi, ma bisogna tuttavia discernere ciò che è verità dei fatti da ciò che è manchevolezza di linguaggio. Dire: da principio non c'è nulla, è un dir niente; perchè il nulla non ha posizione; non è nel tempo, soprattutto, quando non c'è tempo, ed ecco una prima finzione da scartare, per quanto costi l'immaginazione spaziale. Dire che durante questo nulla d'esistenza del mondo vi era Dio perpetuamente esistente, è aggiungere una seconda finzione alla prima, e per di più una inconscia bestemmia, perchè durante ciò che non è, niente può esistere, neppure Dio, e abbiamo detto che non c'è durata anteriore al mondo. Ci sarebbe forse la durata di Dio? Qui appunto interviene l'innocente bestemmia: non c'è durata di Dio anteriore al mondo; la durata di Dio è Dio, e niente altro; è Dio concepito da noi sotto l'aspetto del tempo. Ma questa umana concezione non fonda nulla nel reale; la durata di Dio è una durata che non dura, che non si estende; essa raggia certo su ogni durata temporale, e la contiene; ma non può contenere ciò che non esiste, e Dio non può vivere, come noi immaginiamo che viva, in non so quale aspettativa, attendendo che il mondo sia. Quando si parla in seguito di azione creatrice, s'immagina un qualche cosa di vago, uno sforzo, una parola, un soffio, e anche ciò è fittizio; non c'è azione di Dio distinta da Dio; Dio è perfettamente immutabile; niente cambia in lui per il fatto della creazione, e niente cambia fuori di lui, che non faccia parte della creatura stessa. Dio è, e i suoi effetti sono; tra i due non v'è intermediario, non conatus, non spinta, che non saprebbe del resto a che applicarsi, dove situarsi, quando e come; poiché nel nulla non c'è né punto di applicazione, né situazione, né momento, né modalità possibile, perchè il nulla non è. Infine come trarre dal nulla qualcosa? Strana tradizione o estrazione, come se il nulla fosse un'alzaia, o un recipiente, o un confine. S. Tommaso confessa che il nulla è qui concepito come un punto di partenza; ma aggiunge che ciò deve prendersi in senso negativo, per indicare che non c'è qui materia preesistente. La creazione non è un divenire; non è un cambiamento; non è una sostituzione dell'essere al nulla; non è un passaggio del nulla all'essere; non è un avvenimento o un avvento all'essere. La creazione non è un colpo di teatro. Che cosa è dunque? In quale compartimento la collocheremo? Quale delle nostre categorie potrà convenirle? Non si può sistemarla nella categoria dell'azione o della passione, poiché non c'è qui cambiamento, attivo o passivo; ciò nondimeno il linguaggio la colloca in questa categoria, ma bisogna correggere il linguaggio, e poiché si parla qui di un'azione che non produce moto, di una passività che non implica cambiamento, che ne resta? ... Che la creazione è una pura relazione della creatura al suo Creatore: relazione d'origine dalla parte della creatura, relazione di causalità dalla parte del creatore" (Il cristianesimo e le filosofie, vol. I, pp. 243-244).
#108
Racconti Inediti / Fortuna, sfortuna, chi lo sa?
21 Febbraio 2020, 01:39:20 AM

FORTUNA , SFORTUNA, CHI LO SA?


Essere un escluso dal mondo produttivo ha anche dei grandi vantaggi. Infatti il mio cervello non è sottoposto al multitasking continuo che richiedono oggi i datori di lavoro. Come ogni cosa nella vita c'è il lato positivo e quello negativo. La famosa e mai a sufficienza capita: "Fortuna, sfortuna chi lo sa?"...
Se sono 'sfortunato' perché dispongo di un reddito molto inferiore a quello della maggior parte degli uomini della mia età,e questo comporta il non poter viaggiare, cambiare auto, cenare in un bel ristorante, fare shopping continuo, ecc., sono invece 'fortunato' perché dispongo di un bene preziosissimo che a loro difetta: Il tempo. Ho tempo per pensare, per scrivere, per fare satipatthana e vipassana,per fare giardinaggio, per accudire agli animali, per preparare piatti gustosi e apprezzati, per starmene in pace ad osservare i bei tramonti aranciati di queste sere di fine inverno. Il tutto con molta calma. Nessuno mi ringhia alle spalle. Nessuno pretende qualcosa da me. Non ho obiettivi da raggiungere.
Sono un escluso che si è escluso. In realtà avevo capito come sarebbe andata a finire già qualche anno fa,quando ho dovuto chiudere il mio laboratorio artigianale ormai non più 'adeguato' ai tempi.  Non avevo più voglia di lottare per il lavoro. Non mi interessava più. Sono scelte che fai tra l'incosciente e il razionale, in quella zona grigia della mente dove il cervello ti dice:"Sei pazzo!" e l'intuito invece:"Fallo!"...
Sono 'povero', relativamente, esteriormente  , ma penso e sento di essermi arricchito molto dentro, in questi ultimi anni passati nella libertà dal lavoro. L'impegno con i malati e i sofferenti, iniziato prima per accudire alle necessità dei miei vecchi e poi , per inerzia quasi, con altri, come attualmente il mio amico L., malato di cancro che aspetta un nuovo intervento al fegato proprio in questi giorni. Anche lui non lavora più, non ce la fa...è ormai un dalit come me...Ha provato a riprendere dopo un due anni passati tra una chemio e l'altra, ma si è reso subito conto che era finita. Non era più 'produttivo', non più adeguato all'investimento di energia necessario oggigiorno nel mondo , sempre più frenetico e parossistico, del lavoro...
Quando vado a trovarlo mi parla delle sue raccolte di fumetti che, ancor a oggi, prosegue imperterrito: Tex Willer, Dylan Dog, Zagor te-nay, i classici erotici di Crepax. Ci facciamo un caffè, anche se è tardi al mattino. A volte mi parla della paura, altre volte del "bisogna farlo, capisci Sari? Bisogna farlo!".
Se fossi al lavoro non potrei fare questa vita. Magari una visita alla sera, veloce, ogni tanto...Ma come fare a dare quel tempo necessario perché l'altro, perché l'amico si 'apra', possa dare voce finalmente alla propria sofferenza?...
La 'sfortuna' ritorna però sotto forma di un  sorriso un pò beffardo di qualche parente o di quel vecchio compagno di scuola trovato al bancomat che ti dice:" Non lavori' Ma come fai? hai vinto qualcosa? A me i soldi non bastano mai.Neanche per arrivare a fine mese". Torna con l'aspetto malridotto di una casa bisognosa di cure costose che non puoi sostenere; di una figlia che ti dice:"A scuola mi hanno chiesto che lavoro fai e non sapevo cosa rispondere...". Di due occhi che non riescono quasi più a fare quello che amavi, cioè dipingere...
Ma poi, per 'fortuna', ecco il tempo necessario per fare una lunga vacanza insieme, in uno sperduto paesetto della Carnia, spendendo poco o niente, un centocinquanta euro in tutto, ospitati in una vecchissima, fatiscente, ma divertentissima casa tipica di montagna, da dei parenti della piccola massaggiatrice shiatsu. Giorni in cui ogni attimo si riempie di luce, di condivisione, di quei silenzi senza solitudine, del rumore dell'acqua...
Essere straniero per un mondo e cittadino per un altro. Però mi informo, sento i lamenti di quelli che ancora lavorano. Mi raccontano che gli si chiede sempre di più,che  gli si dice che devono mettersi continuamente in gioco, che devono cambiare approccio, che devono ascoltare un giovanotto venuto da lontano a parlare di brainstorming, che devono aprirsi, che presto temono di essere lasciati a casa lo stesso, anche se si sforzano di aprirsi, ma il cervello con gli anni preferisce la quiete alla 'tempesta'...
Ho persino 'infettato' con il mio virus un vecchio amico , che si è licenziato da una multinazionale farmaceutica , per  acquistare del tempo, finalmente. Ha lasciato il paese estero dove lavorava ed è ritornato. Si è comprato un maxi televisore che riempie una parete, per vedere in santa pace tutti i film di fantascienza che si è comprato...ha lasciato anche la compagna teteska: "Sono più brutte di un uomo, ma  a letto sono..." mi racconta
Fortuna, sfortuna ? ...Mah! Chi lo sa veramente?
#109
cit."Autori come Nietzsche e altri hanno diffuso l'idea che il sentimento di colpevolezza verso il mondo sensibile e l'esistenza fisica ci vengano dalla tradizione giudeo-cristiana. Ebbene, questo è un completo controsenso. È vero proprio il contrario. Se da qualche parte nella storia del pensiero umano sono apparsi l'idea della radicale eccellenza dell'esistenza fisica, cosmica, sensibile, materiale e il giubilo dell'esistenza creata, se da qualche parte l'ottimismo fondamentale è apparso nel pensiero umano, lo è presso gli Ebrei. Confrontate con quello che insegnano l'India o l'antica Grecia e potrete constatarlo."

cit."Ipazia:Il senso di colpa deriva dal peccato originale, esacerbato dalla demonizzazione cristiana di questo mondo e dal millenarismo apocalittico tutto proteso verso un altro mondo. In ció Nietzsche ed altri hanno visto giusto e il focus della loro critica riguarda la lettura cristiana della bibbia vissuta sulla loro e nostra pelle assai più di quella ebraica. La quale comunque condivide l'idea originaria della colpa e del peccato."


La pensate in modo diverso.  :)
#110
@Viator
Non -esistenza (inesistenza) qui intesa come nell'idea orientale dell'esistenza come illusione, irrealtà, fantasmagoria (Velo di Maya).  Affermazione quindi della bontà fondamentale dell'essere, dell'esistere contrapposta al desiderio di non-essere, di non esistere più...Per l'ebreo il mondo è reale, fisico e buono perché voluto da YHWH, che è Padre...
#111
Nella visione biblica, in Genesi, mai si dice che la creazione era "perfetta". Si  dice invece che era "buona" (per Dio).

31 Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.

non credo che il concetto di perfezione inteso in senso filosofico, ossia:

il valore assoluto proprio sia di una totalità non mancante di nessuna parte (p. quantitativa) sia di una realtà che risulti pienamente conforme alle esigenze della propria natura (p. qualitativa) (cit.Dizionario Treccani)

sia riferibile come significato al concetto ebraico di "buono" così come lo troviamo in Genesi. La tradizione teologica ebraica mette pesantemente l'accento sulla bontà della creazione e della vita:

" L'idea della creazione, nella tradizione biblica, significa che Dio, per dare l'essere al mondo, non è partito da una materia preesistente, né da un caos originario. Questo mito del caos originario, i teologi ebrei lo conoscevano molto bene e l'hanno espressamente e totalmente respinto. Notiamo che l'espressione tohou wa bohou, dal secondo versetto del primo capitolo della Genesi, non significa per niente caos originario ma semplicemente: quando Dio ha creato il cielo e la terra (cioè l'universo intero), la terra, prima che egli la coprisse di piante e di animali, non aveva nulla, era deserta, era vuota. Tohou e bohou significano appunto il deserto e il vuoto e non il caos originario delle antiche mitologie egiziane e assiro-babilonesi.
L'idea della creazione significa ancora che gli esseri che costituiscono il mondo sono creati quale dono benevolo di Dio, per un atto di generosità, di liberalità, in modo che Dio, il creatore, potrà essere chiamato "padre", poiché egli dà la vita liberamente e per bontà. Il mondo è stato creato non per una necessità e nemmeno per una successione di tragedie. Il Dio degli Ebrei è invece pace in sé, shalom. Per questa ragione nella tradizione ebraica, la creazione fisica è sempre considerata eccellente, stupenda, meravigliosa. Al contrario nelle metafisiche dell'oriente e della Grecia antica l'accento è in genere messo sul carattere illusorio e desolante del mondo, la liberazione è vista come fuga dal mondo sensibile, la stessa esistenza sensibile è considerata come cattiva, colpevole, penosa. Nella tradizione ebraica, al contrario, l'esistenza cosmica, fisica, biologica, è considerata come giubilo. Tutti gli esseri creati esultano a causa della loro esistenza e lodano l'unico Creatore. L'esistenza è sempre considerata un bene e la non esistenza un male. L'esistenza è amata, approvata e non disprezzata. Ed è amata perché il Creatore stesso la ama e la vuole. L'esistenza degli esseri è dichiarata a più riprese molto bella e molto buona: tov in ebraico significa contemporaneamente bello e buono.

Autori come Nietzsche e altri hanno diffuso l'idea che il sentimento di colpevolezza verso il mondo sensibile e l'esistenza fisica ci vengano dalla tradizione giudeo-cristiana. Ebbene, questo è un completo controsenso. È vero proprio il contrario. Se da qualche parte nella storia del pensiero umano sono apparsi l'idea della radicale eccellenza dell'esistenza fisica, cosmica, sensibile, materiale e il giubilo dell'esistenza creata, se da qualche parte l'ottimismo fondamentale è apparso nel pensiero umano, lo è presso gli Ebrei. Confrontate con quello che insegnano l'India o l'antica Grecia e potrete constatarlo.
Un'ultima osservazione legata alla creazione. Parlando di creazione non si può non parlare del tempo. Ebbene, il pensiero ebraico biblico intende la temporalità come irreversibile. Essa rifiuta l'idea del ciclo cosmico continuo ed eterno, tipico di molte altre culture orientali. Sono gli ebrei che hanno inventato, se così può dirsi, l'idea a noi familiare del tempo suddiviso nelle tre dimensioni di passato, presente e futuro. La creazione è irreversibile e lo è, quindi, anche il tempo poiché il tempo è solo una nozione astratta per indicare il progresso della creazione, irreversibile e diretta verso un termine definitivo. "  (Ernesto Riva - La filosofia ebraica)
#112
Ma in questo topic aperto da @Dubbioso non si discute se le religioni siano "reperti storici"  o quanto siano stupidi quelli che ci credono ancora. La domanda posta da @Dubbioso è ben specifica :

"bhe ... il peccato originale e' centrale nella dottrina della Chiesa Cattolica....sarei molto grato se potessi ricevere dei lumi in merito. Grazie"...Cit.

Quindi spetterebbe a chi ha aperto questa discussione valutare se è necessario discutere nell'insieme della validità della religiosità, nel suo complesso, o se il suo interesse era specifico verso una discussione "nel merito" della questione, che è teologico ed esegetico...e de vari aspetti implicati in questa posizione.
Direi che spetta a lui decidere..."sorriso" (visto che non mi funziona più nulla e non riesco ad inserire niente che non sia solo testo..).
#113
"La Genesi, l'intera Bibbia e le religioni relative andrebbe considerate come relitti storici." cit.@Baylham
Con questa perentoria premessa si "porta del rispetto alle altrui opposte convinzioni " ? cit. @Viator
Su questa premessa si può costruire un " vero confronto su questi temi" ? cit. Baylham
La premessa stessa nega il reale interesse a discuterne...
#114
Penso che la 'verità' non sia mai aggressiva. Può esserlo invece la volontà di imporre una sua interpretazione soggettiva. Dire Infatti: " Non è verità l'esistenza di Dio", è profondamente diverso dal dire:" Non è verità l'esistenza di Dio e TUTTI devono crederci". Quindi più che ambiguità del termine direi che può diventare ambiguo l'uso che viene fatto di un termine, al di fuori del suo contesto. Per questo parlavo dell'ambiguità interpretativa e non del fatto in sé, come evidenziato dalla Arendt. Il linguaggio è per sua natura ambiguo. E' solo uno strumento in fondo.
Già 2.000 anni fa Yeoshwa raccomandava: "il vostro dire sia  sì sì, no no, tutto il resto viene dal...E infatti oppose il nobile silenzio alla domanda pragmatica di Pilato: "COSA è la verità?"
Evidenziando come la 'verità' non sia una categoria del linguaggio, molto saggiamente direi.

A riguardo di Noudelmann, quello che trovo interessante della sua riflessione è il fatto che spesso,a suo parere, nel costruire una teoria filosofica si cerca anche di costruire una sorta di alter-ego diverso da quello che si è in vita, e la teoria proposta si alimenta costantemente di questo sforzo di "uscire da sé" concettualmente. Spesso fa notare che l'alter ego filosofico, che non è necessariamente un 'falso', ma solo un sè "ideale", teorizza e afferma l'opposto di quello che il filosofo fa  effettivamente nella vita.
Per dirla: io non sono un filosofo, ma continuo a scrivere in questa sezione, senza averne la competenza, creando un "Sariputra" ideale che discute di filosofia, magari perché desidero esserlo senza ammetterlo. La 'menzogna'  in questo caso è data non da quello che scrivo, ma piuttosto dalle motivazioni del perché lo faccio...
#115
Che senso ha commentare se non si è minimamente interessati ai temi di spiritualità, anzi li si avversano violentemente? Questa è la sezione "Tematiche Spirituali"...
#116
Ho dimenticato di scrivere qual'era la menzogna che ha fatto irruzione nel mondo, secondo la visione biblica:

"Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; 5 ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male». (Genesi)
#117
Il peccato è « amore di sé fino al disprezzo di Dio ».  Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù (Yeoshwa -nota del Sari..), che realizza la salvezza. (Catechismo della Chiesa cttolica).
Il peccato è quindi "separazione" della creatura dal creatore. Il centro della 'caduta' è l'uomo. Infatti YHWH dà all'uomo il potere di 'nominare' le cose, gli animali e le piante:
"Dio, il SIGNORE, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all'uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l'uomo gli avrebbe dato. L'uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi; ma per l'uomo non si trovò un aiuto che fosse adatto a lui" (Genesi 2:20-21).
Quindi nella teologia è l'uomo che forma il 'mondo' (non lo crea , ma lo definisce). Nella sua 'caduta', nella separazione cioè dal suo creatore, trascina con sè il 'mondo' da lui definito.
Nell'Ebraismo "dare il nome" è molto importante, fondamentale. In tutto l'AT e anche nel NT risuona infatti il significato dei nomi ("Che significa..."). Dare il nome è esercitare un 'potere' sul  nominato. Il genitore impone il nome al figlio, ecc. Questo non significa che, prima dell'uomo, i dinosauri carnivori pascolassero insieme con gli erbivori, ma simbolicamente segna la 'rottura' dell'armonia naturale del creato. L'irruzione della menzogna ...
Nella sua caduta l'uomo trascina con sè il mondo da lui denominato, rompendo questa armonia, in cui la morte non s'opponeva alla vita, in cui non c'era sopraffazione, ma interdipendenza armonica tra le creature...
Nella visione biblica non c'era la sofferenza. Infatti la condanna per questa 'esaltazione di sé" è la sofferenza:

«Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli.
Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà».
17 All'uomo disse: «Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua!
Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita.
18 Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba campestre.
19 Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in polvere tornerai!».

Interessante notare coma anche nel Buddhadhamma la menzogna, il mentire a se stessi e agli altri, è una forma di dukkha (sofferenza).


Non c'era l'"affermazione di sé" ma l'unione di creato e creatore.
E' naturalmente una visione simbolica. Questo va sempre ricordato. Ma il simbolismo indica una dinamica interiore  all'uomo...

Ciao. Ben trovato!
#118
Se si studiano le vita di praticamente tutti i filosofi si nota uno 'scarto' importante, una contraddizione vivente tra le loro affermazioni e la loro vita. Partendo da ciò, un grande studioso della 'menzogna',François Noudelmann,  fa notare come la menzogna filosofica, il mentire, voluto o inconsapevole, anche a se stessi, sottostà a tre regimi diversi di "economia psichica":  nel primo caso, fa leva sull'opposizione binaria vero/falso e mette in scena una drammatizzazione che punta alla vittoria finale della luce sulle tenebre; nel secondo, ribadendo il diniego, rilancia una verità, a partire dalla resistenza che essa gli oppone; nel terzo, infine, sospendendo l'antitesi vero/falso, inventa delle nuove verità che presentano la bellezza della coerenza intellettuale...

[«Quest'ultima menzogna impegna un'economia dissipativa e non compensativa. L'affermazione non è più il contrario della negazione, sfugge al controllo»

Così, a riguardo di un'affermazione teorica, questa, nel caso di una filosofia, non si limita a enunciare una 'verità' (per es. la "verità di Dio" o la "verità che tutto è relativo"), ma, dal punto di vista dell'investimento psichico attuato dal filosofo, o dal pensatore, comporta l'assumere una varietà di forme che implicano processi di identificazione, di fissazione e di ripetizione a riguardo di una determinata tesi...

«un'intenzione affermativa è sempre richiesta [dalla filosofia] per fondare la legittimità del suo discorso»

Ora, la forza con cui affermiamo qualcosa è sempre commisurata al diniego del suo contrario. Così, nel momento in cui si costruisce una 'menzogna', diamo inizio ad una controverità che è , per la menzogna, una risorsa infinita.
La menzogna così può proliferare e andare verso una deriva senza limiti. Avanzando, senza alcuna barriera, può così moltiplicare le sue forme.
Naturalmente la menzogna filosofica è anche una forma di libertà del pensiero da un 'verità senza ombre', che potrebbe imporsi come una specie di tirannia. Naturalmente restando sempre menzogna filosofica...

P.S. Ovviamente sto andando OT, ma la discussione iniziata da @Vito Ceravolo mi sembra arenata...

#119
Tematiche Spirituali / Re:Perchè la vita è bella?
19 Febbraio 2020, 10:19:49 AM
Mah!...La prima Nobile Verità nel Buddhismo è la verità della sofferenza. Indubbiamente è vero che , prima o dopo, chi più e chi meno, saremo in balìa di essa. Oltre alla sofferenza fisica c'è anche un altro tipo di sofferenza, più profonda e subdola: l'insoddisfazione continua, il desiderare continuamente altro. Sono un uomo che vede sfiorire gli anni in cui il fisico crea, di solito, meno problemi di salute.Adesso infatti problemi di questo tipo ne ho parecchi. Non sono però ancora un nonno. "C'è ancora tanta forza in te", mi ripete spesso la mia piccola massaggiatrice shiatsu ... ricordandomi un passo di "Jane Eyre" della Bronte e facendomi morire dal ridere. Credo però che, gettando uno sguardo all'"indietro", alla mia vita, e applicando un pò di 'sati' ad essa,  provo consapevolezza profonda degli infiniti momenti di bellezza che ho potuto assaporare. "Sati" è un termine buddhista che indica la "consapevolezza", ma ha un significato più ricco, in quanto intende anche 'fare memoria' usando la consapevolezza stessa. Sono grato perciò di questi  momenti di bellezza che ho vissuto interiormente. Di questo però non sono grato alla 'vita', ma alla mia mente, o qualunque termine usiamo per definire "quella cosa" che 'vede'. Le sono grato e così , qualche volte, dico anche a lei :"Ti voglio bene ". E' un pò da scemi...in effetti suona strano...ma fa anche molto bene al nostro 'citta' (mentecuore)....La benevolenza (metta) non fa bene solo donarla agli altri, ma anche rivolgerla verso se stessi, visto che ne siamo tutti così bisognosi. Nella meditazione di metta infatti, prima si visualizza interiormente una persona bisognosa di benevolenza...poi altri...poi altri ancora...allargando come cerchi prodotti da un sasso nell'acqua...infine la si rivolge a se stessi, visualizzando tutti i "groppi", le angosce, le sofferenze che ci portiamo appresso. Così , alla fine, si comprende che anche noi siamo, come esseri immersi nella sofferenza della vita, degni d'amore.
#120
cit.@Ipazia:"...In assenza di fondamenti il vento del pensiero puó muovere solo canne nel deserto. E i fondamenti veri li possiamo trarre solo dall'immanenza della vita umana incarnata nella natura..."


Sì , è necessario che ci siano dei 'fondamenti'. Quali poi, sarà la riflessione, l'esperienza esistenziale e la coscienza di ognuno stabilre come 'verità' o 'falsità'...Com'è necessaria la condivisione con l'altro del 'fondamento'.