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Messaggi - Garbino

#106
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Questa valanga di interventi mi pone seri problemi a prenderli tutti in esame e a rispondere. Anche perché mi sembra sempre di essere nella condizione di dover ricominciare da capo. E in merito a ciò chiedo scusa se a volte do per scontato cose di cui ho giàè argomentato e che ritengo siano state più o meno assorbite. 

X Green Demetr

Caro Grenn Demetr mi hai letteralmente scioccato ieri sera. E Se ti perdono è soltanto perché, spento il computer per riflettere, ho acceso il televisore e mi sono imbattuto sul canale 25 ( RAI 5 ) sulle prime note del Bolero di Ravel eseguito in Piazza Duomo dall' orchestra della Scala. Una coincidenza strana che mi ha provocato un' estasi che vale mille perdoni.

A parte gli scherzi, comunque volevo sottolineare che il tuo post mi ha veramente sorpreso. Sorpreso anche in ciò che tu affermi che io abbia detto. E' vero che a volte confondo la mia anima vitale con la volontà di potenza di Nietzsche, ma io non ho detto affatto che essa sia e corrisponda con la natura. Ma dove l' hai letto? A meno che bios non sia inteso come vita ma proprio come natura. Ma abbi un po' di pazienza che devo prima salutare e ringraziare qualcun altro.

X Jean

Caro Jean non sai quanto mi ha confortato il tuo post. Il Giullare. Una persona di me ha scritto, Garbino Vento di Tempesta che quando se ne va lascia in scia un sorriso. L' ironia è tutto nella vita. E' proprio ciò che abbatte montagne granitiche più di mille fulmini. Il fulmine annienta ma carica di elettricità e perciò di rancore il malcapitato. L' ironia no. L' ironia libera. Ciò non toglie che vi ho trovato anche interessanti spunti di riflessione e che ritroverai nei miei post se come hai detto continuerai a leggerci. E non aver paura o timore di esprimere le tue opinioni, anche se altri potrebbero intenderle come castronate. Questo è il primo passo per vincere il proprio pudore o vergogna di sé. A me ad esempio capita spesso, come quando ho inteso l' uomo originale di Nietzsche citato da Paul11 come l' uomo Greco o Romano. Non per questo però demordo. Cosa importa di me? Prima di tutto la conoscenza. Anche se proprio la conoscenza, afferma Nietzsche in Verità e Menzogna, sarà ciò che l' uomo maledirà quando questo pianeta deciderà ( retoricamente ) di espellerci dal mondo vitale o tutto finirà. Una conoscenza che nell' infinità dei mondi sarà durata un attimo, un fruscio leggero, un alito di vento, dopo di che tornerà il silenzio nell' Universo. Grazie ancora.

X Green Demetr.

Puntualizzo che abbiamo parlato di giusnaturalismo in merito alla discussione: Nulla è contro-natura aperta da Voltaire. Ma se intendere le macchine come non-natura per te dimostri il mio giusnaturalismo che sia.  Anche se non penso che la sua capacità di accecarmi sia così grande come ritieni. Anche se non escludo che in alcuni casi possa accadere, ciascuno è per sé stesso la cosa più lontana ( Nietzsche naturalmente ).

Quello che ho incominciato ad ipotizzare, caro Green, è che tu cerchi delle risposte e delle tematiche che forse in Nietzsche non esistono, o che comunque noi non riusciamo ad estrapolare dai suoi scritti. E allora non ti arrabbi con te stesso per questa presunzione, ma dai la colpa agli altri.

Comunque ricominciamo da capo e soprattutto parliamo di Nietzsche. Non è colpa mia se Nietzsche afferma quello che afferma. E come sai  non vado alla ricerca di motivi estranei per cui Nietzsche avrebbe affermato o non affermato quello che afferma. 

Sul Cristianesimo, in Ecce Homo nella parte finale del par. 8 del primo capitolo: Perché sono così saggio, trovo:
Al contrario, attaccare è, per me, una dimostrazione di benevolenza e, in determinate circostanze, di gratitudine ( ipotizzo si riferisca a Wagner e Schopenhauer, ma è possibile anche ad altri ). ............... Quando faccio guerra al Cristianesimo ne ho il diritto, perché non ho subito, da quella parte, né disgrazie né ostacoli, - i Cristiani più seri sono sempre stati ben disposti nei miei confronti. Io stesso, avversario di rigueur del Cristianesimo, sono ben lontano da volerne ai singoli per ciò che è una fatalità millenaria.-

Fatalità millenaria che avevo citato ieri e che a mio avviso determina che in Nietzsche la rivoluzione non è esterna al soggetto, non si fa con i fucili o con i mitra, ma, come ha affermato giustamente Paul11, avviene ( come unico logos di battaglia , di scontro ) a livello interiore.
Questo brano di Ecce Homo, che ho letto la prima volta non ti dico neanche quanti anni fa, ha determinato in me da subito una lettura di Nietzsche che seguo tuttora. Una lettura cioè che ha il suo logos dentro di me, non all' esterno.

Gli attacchi di Nietzsche agli anarchici o agli antisemiti o alla sinistra in genere, si basano proprio sul fatto che ciò che guida queste categorie, sempre secondo Nietzsche, è il reissentment. Il cercare cioè il colpevole di ciò che si è all' esterno e non interiormente. Ma se tutto si svolge a livello interiore, come si fa ad interpretare il Cristianesimo come male in sé. Anche se in più punti lo afferma. Al limite come male interiore, come ciò che acceca. Ed ecco perché mi permetto di determinare nell' attacco al Cristianesimo il suo esito interno, e cioè quegli effetti malefici sull' individuo.

Ma per un maggiore approfondimento dell' argomento ti rimando al par. 8 del capitolo:- I Quattro grandi errori -  di Crepuscolo degli Idoli. Paragrafo che già un' altra volta ho riportato quasi per intero ma che non può trovare posto in questo post.

La volontà di potenza e l' Eterno Ritorno. Mi trovo un po' a disagio nel difendere ciò che io ritengo sia la giusta interpretazione di questa metafisica di Nietzsche e su cui mi sento molto critico. Su tematiche dove Nietzsche stesso è molto criptico e assai scarno di approfondimenti.  Ho già detto altroive che mi sento in linea con l' interpretazione di Severino di cui ho già parlato e non mi sembra di dover ripetere all' infinito. L' unica cosa che voglio sottolineare è che tutta la costruzione nicciana è volta a svincolare la volontà di potenza da qualsiasi controllo o impedimento di sovranità sul tutto: passato, presente e futuro. Forse un giorno cambierò idea, ma per il momento questa è la mia opinione.

Inoltre non è colpa mia se Nietzsche afferma, in un brano che non riesco a ricordare dove si trovi e in ciò chiedo aiuto, che non considera suo lettore chi non intenda la volontà di potenza come la intende lui, se almeno fosse più chiaro?!!!!, una forza che attraversa tutta la vita e che per certi versi la rappresenta e si identifica con essa.

Ecco perché io interpreto la volontà di potenza come il modus stesso in cui la vita si manifesta. Non è nulla di esterno a qualsiasi soggetto esistente, ma è lo stesso pulsare della vita. Ripeto, le differenze sono determinate solo dalla complessità degli organismi in generale, e sulla diversità genetica individuale nel particolare.

Spero di aver risposto adeguatamente ai tuoi dubbi. Altrimenti non hai che da attaccarmi di nuovo. Ah dimenticavo un' ultima citazione, sempre da Ecce Homo, par. 9 del capitolo: Perché sono così accorto: ......la vera risposta alla domanda -come si diventa ciò che si è. Arrivo così al capolavoro nell' arte della conservazione - l' egoismo..... Ammesso che il compito ........sia molto al di sopra della media, nessun perivcolo sarebbe maggiore di vedere sé stessi di fronte a questo compito. Divenire ciò che si è presuppone che non si indovini neanche lontanamente ciò che si è.

Ti prego inoltre di chiarirmi cosa intendi non tanto sul tema del futuro ma cosa tu intendi con il tema degli amici.

Grazie a tutti per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.


 
#107
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Jean

Ti ringrazio per le sonore risate che mi hai suscitato con questo colloquio immaginario. Su di una cosa sono perfettamente d' accordo con te. Che bisogna avere il coraggio di manifestare le proprie opinioni, a qualsiasi costo.  - Cosa importa di me? - Questa una delle affermazioni di Nietzsche che condivido, specialmente quando c' è in gioco la conoscenza. 

X Green Demetr

Mi accusi di avere un livore nei confronti della Chiesa e di giusnaturalismo. Sinceramente, mio caro Green Demetr, sono dell' opinione che ti sbagli e che confondi il mio modo di esprimermi per ciò che sono e penso. Ma andiamo con ordine.
Non ritengo di avere un livore con la Chiesa, ma ciò non toglie che la Chiesa è proprio la portatrice del tu devi. E' il mio nemico naturale. A livello interiore. Come Nietzsche non posso avercela con ciò che è una fatalità millenaria. Ma è anche vero che non accetto che si tenti di defraudare Nietzsche e di stravolgere la sua filosofia per portalo dalla propria parte. O di scambiare lucciole per lanterne, come Nietzsche dimostra ampiamente sul sacerdote ascetico.  Affermo cose che non piacciono? Se sono veritiere, e ritengo che lo siano, né mi sento in colpa né me ne vergogno. Ma soprattutto è mia opinione che debba esprimerle.

Leggo che giusnaturalismo significa credere in un diritto naturale innato: falso. Io sono dell' opinione che l' innatismo esiste, ma che non vi è vincolato alcun diritto. Leggo che giusnaturalismo significa credere nella superiorità di tale diritto sul diritto positivo: falso. Sono dell' opinione che il primo non esiste e che il secondo, per quanto necessario, all' atto pratico sia molto poco positivo se non iniquo, con categorie che evidenziano privilegi assurdi, anche se il potere afferma che la Giustizia è giusta e il diritto uguale per tutti. Un' autentica utopia, specialmente in Italia. Ergo non mi ritengo un giusnaturalista. E spero di averti fatto nascere qualche dubbio. Per quanto riguarda la divinità non trovo nulla di strano nel porla nell' uomo invece che al di fuori. Ma questo sarebbe un discorso lungo. Comunque sono sempre qui.

Ma torniamo a Nietzsche. Faresti bene a leggere gli aforismi che ho indicato a Memento. La destrutturazione della volontà in essi è completa da parte di Nietzsche. Perciò quando lui parla di volontà di potenza è soltanto il modo in cui lui intende il suo modo di manifestarsi. Non una volontà vera propria, nel senso in cui di solito intendiamo significare il vocabolo. 
Sul fatto che tu mi imputi di aver affermato che la volontà di potenza è esterna all' individuo, ritengo che non sia vera. L' individuo non corrisponde alla psiche. E' tutto il corpo che è attraversato dalla volontà di potenza e trasmette i suoi impulsi alla psiche. E proprio per la caratteristica che noi  conferiamo alla psiche, e cioè quella di avere una complessità notevole, ciò che risulta essere l' influenza della volontà di potenza sia quanto varia e imprevedibile. La volontà di potenza perciò, sempre a mio avviso, contraddistingue secondo Nietzsche il modo stesso in cui la vita si manifesta. Tanto da coincidere con essa. In ogni soggetto vitale. Come mi sembra interpreti anche Maral.

Il male non è incarnato nel Cristianesimo. Sono i suoi influssi ad essere malefici e fatali. E non è la stessa cosa. Nietzsche si pone sempre al di là del bene e del male e perciò fondamentalmente non esistono.

L' eterno ritorno è soltanto il modo in cui Nietzsche vede possibile per la volontà di potenza divenire l' arbitro assoluto del momento storico in cui si vive. Rendendola cioè padrona anche del passato su cui dovrebbe altrimenti manifestare la sua completa impotenza. Ho già più volte affermato la mia criticità su quanto riguarda l' argomento e ritengo sia meglio perciò fermarmi qui.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta
#108
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Bene. Pare che ci siamo. Grazie a tutti per i vostri post ed anche per le critiche che sono fautrici di nuovi germogli e nuovi frutti.

X Donquixote

Infatti io non mi riferivo a ciò che appare nella biografia che possiamo trovare nelle prime pagine di ogni sua opera. Ma ai diversi riferimenti biografici sparsi in ogni opera ( o quasi ). Tra i quali cito il suo passare intorno ai sedici anni le notti a traduzioni da e in latino pieno di alcool. Per quanto riguarda il vitalizio, non è che il suo mentore riuscì a farglielo avere soltanto grazie alla sua influenza, ma soprattutto per il grande lavoro svolto per l' Università a livello culturale. Denaro che poi usò quasi interamente per pubblicare le sue opere, visto che doveva ricorrere spesso a prestiti presso la sorella ed amici.

X Paul11

Sono d' accordissimo con te che il punto cruciale è la rivolta dello spirito nei confronti del tu devi morale. Mentre lo sono un po' meno sul fatto che la volontà di potenza corrisponda al leone.
Ma andiamo per ordine. Lo spirito che diventa cammello lo può soltanto se si inginocchia e aspira la sua forza. Il cammello vuole un carico pesante. E questo carico è a mio avviso la conoscenza. Una conoscenza possibile soltanto con l' umiltà a discapito del proprio orgoglio.
- Oppure è questo: nutrirsi di ghiande ed erbe della conoscenza ed essere affamati nell' anima per amore della verità?
Oppure è questo: entrare nell' acqua sporca, se è l' acqua della verità e non respingere da sé rane fredde e rospi caldi?

Ma questo spirito perciò non è uno spirito qualunque, ma uno spirito che può assorbire un alto grado di conoscenza. E' grazie a questo carico cioè che infine può crearsi il suo deserto. Ed è sempre questo deserto se vasto e profondo che gli può dare la forza di diventare leone ed affrontare il tu devi.
E sempre, a mio avviso, nel momento stesso in cui trionfa sul tu devi e getta alle sue spalle tutto il suo passato che avviene la metamorfosi in fanciullo. Ma tutto il processo di metamorfosi è possibile se si è in possesso della grande salute e della possibilità di poter assorbire la conoscenza. Solo così lo spirito umano può trasformarsi in oltreuomo.  
Per quanto riguarda il resto trovo tutto alquanto condivisibile. Specialmente che tutto si svolge a livello introspettivo, in quell' abisso dove vive anche il fanciullo ma in compagnia di molti altri mostri, sia naturali che creati da millenni di asservimento morale.

Ti ringrazio inoltre per lo spunto sulla simbologia della vacca pezzata che non conoscevo. Ho trovato infatti due riferimenti possibili: la vacca pezzata di una fiaba dei fratelli Grimm e quella della religione Indù. E che riappare più avanti con l' aggettivo variopinta con l' affermazione che è quella che ama di più. La vacca con tutti gli dei. Simbolismo che molti intendono come un attacco profondo al monoteismo, ma su cui per il momento non mi espongo.

X Maral.

Trovo tutto molto condivisibile tranne un aspetto. La volontà di potenza essendo irrazionale e indifferenziata né vince né perde. E' il soggetto attraversato da essa che in virtù delle differenze biologiche e genetiche va a ricoprire questo o quell' altro ruolo. Se è vincente il sacerdote asceta certo non lo è il gregge che ad esso si aggrappa e segue ciecamente nella sua follia. 
Nietzsche continuamente assolve qualsiasi individuo da qualsiasi colpa che la morale lo costringe ad incarnare. Compreso il massimo del debito come il peccato originale. Nessuno è colpevole di ciò che è, ma esistono le leggi degli uomini e il loro continuo giudicare. L' oltreuomo non ha bisogno né di amare né di perdonare il prossimo perché sa benissimo che tutti sono innocenti. E che la colpa è del tu devi ancestrale di carattere morale. Accetta la diversità non per compassione ma per un eccesso di forza. Non può ricevere ma può soltanto donare ( La virtù che dona e il Canto notturno ).  Il suo ruolo è quello di essere l' individuo che è riuscito ad evolversi e a raggiungere la sponda che ha l' esser ponte alle sue spalle. 

Sulla Morte di Dio abbiamo opinioni diverse, ma ci può stare tranquillamente.

Ringrazio nuovamente tutti per il vostro contributo.

Garbino Vento di Tempesta.
#109
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Paul11

Ah, ah, ah!! Che svista!!!! Scusa l' errore che comunque mi sembra tu l' abbia preso alquanto ironicamente e di ciò te ne sono grato.

Nietzsche, per sua stessa ammissione, da giovane si è dilettato nel ruolo di filologo. Un ruolo che, sempre secondo sua ammissione, prevede la lettura di una decina di testi al giorno, se non ricordo male ( Ecce Homo ). Comunque legge moltissimo. Da qui la sua profonda cultura, anche se in seguito dette un tronco netto a questa attività dedicandosi soltanto a ciò che poteva interessarlo. Tranne che nei momenti in cui scriveva le sue opere perché  in quei frangenti riteneva la lettura di altri autori una distrazione evitabile.

L' uomo originario. Sì, ritengo che il suo sguardo, ma non mi sembra poi una cosa tanto strana e di difficile rilevamento, era rivolto sia alla grecità che alla romanità. All' istinto fanciullesco dei Greci che permise loro di superare il pessimismo e al pragmatismo romano che li portò a generare uno schema sociale che avrebbe potuto continuare ad esistere anche dopo la caduta dell' impero.

Un uomo originario però che per evolversi ha bisogno di passare attraverso le tre metamorfosi che troviamo nello Zarathustra: cammello, leone e fanciullo per diventare oltreuomo. Un' identità che, sempre a mio avviso, necessita sì del Caos rappresentato da Dioniso ma anche dell' ebbrezza del sogno rappresentato da Apollo. Non è un caso che abbia scritto La nascita della tragedia, che poi avrebbe più tardi desiderato di intitolare Grecità e Pessimismo. Questo mondo della mediocrità dovrebbe appunto riportare Il Caos e renderlo gestante di un nuovo vivere anche grazie al sogno che rende innocente qualsiasi pensiero.

X Memento.

Caro Memento, capisco benissimo i tuoi dubbi ( ci sono passato anch' io ), ma per comprendere a fondo il significato stesso della volontà di potenza è necessaria un' attenta lettura dell' aforisma 19 proprio di Al di là del bene e del male, dove appunto la volontà viene destrutturata ed annullata da Nietzsche  ( e se puoi, anche l' aforisma n. 3 Errore di una falsa causalità nel capitolo I Quattro Grandi Errori di Crepuscolo degli Idoli ). La volontà di Nietzsche è qualcosa di molto diverso da ciò che comunemente si intende. Anzi proprio le caratteristiche che Nietzsche le assegna invece di escludere gli organismi semplici li rende i principali soggetti dove la volontà di potenza è sovrana e coincide con il soggetto stesso. Ma non è una volontà che agisce, è una forza irrazionale che spinge l' organismo verso il suo maximum di potenza.
Anche se questo aspetto significa appunto un bruciare le proprie energie senza limiti e portandolo ad una celere fine della sua vita.

Che poi si tratti di una caratteristica di stampo metafisico dipende appunto dal fatto che Nietzsche la pone come data. Anche se non è identificabile, accertabile, raggiungibile dai nostri sensi, dalla nostra esperienza. E' un dogma che necessita di fede.
Nell' aforisma 36, è sufficiente andare alle ultime righe per rendersi conto della possibilità che la mia interpretazione sia accettabile, anche se poi ciascuno interpreta il suo pensiero come meglio crede. Parte finale che dice: ...definire chiaramente ogni forza agente come: volontà di potenza. Il mondo visto dall' interno, il mondo definito e designato secondo il suo carattere intellegibile - esso sarebbe appunto " volontà di potenza" e nulla oltre a questo. - Come puoi constatare non parla di uomo o di organismi superiori, parla di mondo. Tutto il mondo vitale: dal microorganismo all' uomo. Questo il modo in cui interpreto l' argomento: volontà di potenza.

Su Ecce Homo, tutti i primi capitoli rappresentano un' apologia di sé stesso e di come lui si ritenga un genio ( un genio largamente incompreso dai suoi contemporanei contro cui si scaglia ardentemente nella Prefazione ). E di come è riuscito a rinascere e ad elevarsi proprio grazie alla sua decisione di allontanarsi dalla Germania per raggiungere luoghi dove si mangia, si dorme e si respira meglio. In Italia e Francia. Per altro nel par.2 del capitolo Perché sono così accorto, fa proprio riferimento ai luoghi dove il genio in potenza è più avvantaggiato nella possibilità di diventare genio ( Firenze, Atene, La Provenza ). Comunque siamo sempre a disposizione.

Garbino Vento di Tempesta
#110
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Phill

Grazie per il post che trovo alquanto condivisibile. Una delle cose su cui ho qualche dubbio se non in disaccordo è quando affermi che la volontà di potenza è l' uomo divino.  Nel post precedente infatti ho precisamente affermato:
La volontà di potenza in definitiva non ha bisogno dell' uomo, essa può farne tranquillamente  ( retoricamente ) a meno. E' l' uomo ( sintetizzo ) che necessita dell' arte infusa nella volontà di potenza e che può tornare a usufruirne attraverso la liberazione dal suo passato e dalle menzogne che fin qui ha accettato. La volontà di potenza non è un valore né crea valori ( e non è neanche Dio ). E' l' uomo, l' essere valutante, che può tornare a creare valori e raggiungere l' Olimpo dei Greci. E' l' uomo che diviene Dio grazie alla volontà di potenza finalmente liberata. 
In altre parole la volontà di potenza è una forza creante assolutamente irrazionale che è infusa in tutta la vita. Questa la mia opinione.

X Maral

Il ragionamento di Cacciari, ho visionato per intero tutti i video, sembra il confronto dialettico di stampo Hegeliano tra il Cristianesimo, ma sarebbe meglio dire tra la figura di Cristo e l' oltreuomo di Nietzsche. Tesi e antitesi da cui scaturisce la sintesi di un Cristo che non ha più bisogno di redimere in un tempo e in un attimo che è siglato dall' Eterno Ritorno e che viene a coincidere con l' oltreuomo, amando il suo prossimo di degenerati e pezzi sparsi di umanità. Per altro riporta in vita l' ontologia, assente in Nietzsche, resuscitando l' ente. Il superamento del Nichilismo? Questo è tutt' altro. Anzi è la vittoria, ma che dico?!!, il trionfo assoluto di Platone e del Nichilismo.

Non nascondo che, per molti versi e per un certo ambiente sociale culturalmente Cristiano, questo potrebbe considerarsi come uno degli epiloghi meno traumatici alla diatriba sull' argomento. Ma mi sembra che si tratti del tradimento di entrambe. Sia della filosofia di Nietzsche che della cultura o morale Cristiana, anche ammesso che noi liberassimo la figura del Cristo e ne riscoprissimo il valore evangelico, e che secondo Nietzsche è morto con Lui sulla Croce.  

Per quanto riguarda l' aforisma 125 della Gaia Scienza, torno a confermare che, a mio avviso, non è un caso che lui si reca presso gli atei. Gli atei che dovrebbero trovarsi nelle condizioni di crisi a cui li ha portati l' uccisione di Dio. Ma rimane stravolto, sconvolto ed interdetto nel constatare che essi non hanno ancora, e forse non lo faranno mai, interiorizzato il significato dell' evento della Morte di Dio. Né se ne preoccupano. E questo a mio avviso dipende proprio dal fatto, come poi affermerà ampiamente proprio nei paragrafi dedicati alla scienza di Genealogia della morale, che hanno soltanto sostituito Dio con un' altra fede. La fede nella scienza.

Ed è proprio perché non possono comunque fare a meno di una fede che non sentono mancare il terreno sotto i loro piedi. Non che muore l' uomo, ma che non si rendano conto che con la Morte di Dio vengono a mancare quei riferimenti che gli diano una dimensione, un senso. In quella condizione infatti gli uomini dovrebbero diventare dei per essere degni di questa azione. Dell' azione di aver ucciso Dio, della Morte di Dio.

Naturalmente questa è la mia interpretazione e possono essercene altre. 
Comunque la Morte di Dio non è l' avvento del Nichilismo annunciato da Nietzsche. Rappresenta solo il suo passaggio dalla Cristianità alla scienza o tecnica o altro. Anche il credere nel Dio Cristiano cioè è già Nichilismo. Se mai appunto c' è da chiedersi come mai non accade nulla dopo la Morte di Dio. Ed è proprio perché, come Nietzsche afferma in Genealogia della morale, che la scienza non è un' antitesi della religione ma il suo nocciolo. Scienza e religione vanno sempre affrontati assieme e non separatamente.

Commento a Genealogia della morale.

Trovo l' opera, dopo averla così lungamente presa in considerazione, di una costruzione quasi perfetta. Nulla è lasciato al caso. Specialmente il secondo saggio, che mi sono reso conto di non averne capito in precedenza la funzione nel tutto, per molti versi lotta alla pari con il terzo che rappresenta la più grande denuncia di ciò che anima il sacerdote ascetico e ciò che in lui si agita e diviene potenza.

Molte sono le impressioni che questo studio dell' opera mi ha suscitato e piano piano le svelerò. Lo spazio è quello che è e sono molto più importanti le risposte ai vostri interventi che non il commento stesso.

Un argomento che rimane tutto da svelare è quello della crudeltà umana e delle sue radici, che Nietzsche ritiene innate. Io ho una diversa opinione. Ritengo infatti che sia la natura, ciò che rappresenta l' aspetto naturale dei luoghi in cui l' uomo è vissuto che ha influito enormemente nei millenni al suo evolversi. 

Mi rimaneva un dubbio. E questo dubbio riguardava le società organiche contemplate in quell' opera favolosa e che consiglio a tutti: L' Ecologia della libertà, di Murray Bookchin e che fa parte della letteratura utopica della sinistra ecologica. La sua risposta a ciò che infine abbia determinato, lui la chiama cattiveria non crudeltà, l' apparire della cattiveria nelle società organiche ( tipo gli Hopi ) del periodo preculturale è stato il sempre maggiore peso del ruolo degli anziani, che un tempo venivano spesso abbandonati a sé stessi nel nomadismo, e che con il suo tramontare o diminuire spesso si ritrovarono a ricoprire il ruolo di sciamano. Ad acquisire una certa potenza e a determinare appunto un influsso deteriorante nel corpo sociale di livello consociativo. ( Negli Hopi ogni donna sembra ricoprire il ruolo di madre per gli infanti ).

Per quanto riguarda l' assurdità del comportamento del sacerdote ascetico e sugli influssi nefasti su popolazioni pacifiche e naturalmente atee come quelle che si trovavano in certe zone della Polinesia, mi sovviene sempre un aneddoto su alcuni missionari che si spinsero in quei luoghi. Missionari che si resero conto che questi gruppi umani si cibavano del frutto di un albero che nasceva spontaneo e che aveva le stesse caratteristiche del nostro pane. Una manna che questi missionari ritennero blasfema e svincolante dalla verità rappresentata da Dio e dalla sua condanna per l' uomo, e che passarono follemente alla distruzione di ogni pianta di quel tipo. Non ritengo ci sia neanche da commentare un' azione che è blasfema  ancor di più della blasfemità che ne sarebbe secondo loro la causa.

Grazie per la cortese attenzione

Garbino Vento di Tempesta.
#111
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

X Maral

Ringrazio sia te che Eutidemo per la segnalazione dei video di Cacciari, ma sono piuttosto in antitesi con ciò che Cacciari afferma, e anche un po' deluso da questa figura che ho sempre ammirato, anche se non sempre mi sono trovato d' accordo con ciò che esprimeva. Ho visionato la prima e quasi per intero la seconda parte della conferenza e mi riprometto di seguire anche le altre e commentarle.

Se ben ricordi, rimasi molto colpito dalla genialità della interpretazione di Severino sulla volontà di potenza e sull' eterno ritorno. E non è che ho cambiato idea. Ma Severino ha affermato cose diverse e l' interpretazione di Cacciari non è il continuum logico, ma un itinerario e interpretazione diversi del pensiero nicciano che sempre a mio avviso sono poco fondati.

Per chi non ne fosse al corrente, ricordo che, a mio avviso, Nietzsche dopo aver distrutto la metafisica platonica e tutta quella che l' ha seguita, le ha ridato vita determinando un ulteriore credo: la volontà di potenza. Invece cioè di comportarsi Socraticamente ipotizzandola, l' ha determinata come verità immanente a tutta la vita, tradendo in fondo che anche in lui il bisogno metafisico aveva una certa rilevanza, spessore, profondità.
Per molti versi sono costretto ad ammettere che in fondo, contrariamente a ciò che pensavo, Heidegger aveva ragione nell' affermare che Nietzsche era l' ultimo Metafisico.

D' ora in poi eviterò di ripetere la locuzione: a mio avviso, premettendo in via definitiva che tutto ciò che seguirà è la mia opinione su questo controverso e difficilissimo argomento trattato principalmente in Così parlò Zarathustra ma che attraversa tutte le sue opere. 

Ma torniamo a Severino. Severino mettendo in rapporto tre capitoli di Così parlò Zarathustra indicò le difficoltà di Nietzsche nei confronti della volontà di potenza e di come le risolse. Per far sì che la volontà di potenza fosse libera da ogni controllo esterno, nel capitolo Sulle Isole Beate si liberò di Dio, ma a questo punto gli rimase il problema del già-fù su cui la volontà di potenza non poteva intervenire. E nel capitolo Della Redenzione determinò l' - Io volli - e cioè l' io volli della volontà di potenza che volle il passato così com' è, ma non gli fu sufficiente ( sia chiaro che si tratta sempre di un io volli irrazionale ).  E nel capitolo Della Visione e dell' enigma, determinò l' esistenza dell' Eterno Ritorno che permetteva alla volontà di potenza nella confluenza nell' attimo di passato presente e futuro il controllo anche e soprattutto proprio sul già-fù. Un già-fù cioè che ripresentandosi sempre nell' attimo rimaneva nelle mani della volontà di potenza.

Questa l' analisi di Severino e con cui concordo largamente. Ma Cacciari non dice questo. Cacciari dice altro. Cacciari afferma che l' annuncio della Morte di Dio porta a compimento il Nichilismo. E ciò è falso. O almeno molto discutibile.
Il Nichilismo, come ad esempio anche Sini afferma, ha il suo principio, inizio, nascita con la filosofia di Platone e trova il suo compimento nella religione Cristiana o Cattolicesimo. E cioè il rifiuto dell' egoismo e l' incedere pericoloso e fatale della nausea e della compassione per l' uomo. Battaglia, che in Genealogia della Morale,  Nietzsche afferma non essersi ancora conclusa visto che - non è passato molto tempo, cito dal testo, da quando non era possibile pensare a matrimoni o feste principesche senza esecuzioni capitali -. Un tributo di sangue che dà l' idea di quanto ancora allora fosse presente la gioia della crudeltà in antitesi alla bonarietà e alla compassione.

La Morte di Dio ha soltanto dato spazio ad un' altra forma di credo, presente negli atei: la fede nella scienza, e allo stesso tempo di Nichilismo, di cui abbiamo largamente parlato proprio affrontando gli ultimi paragrafi del terzo saggio di Genealogia della Morale. E come afferma Nietzsche alla forma di credo e di Nichilismo più infide perché più nascoste.

Un' altra imprecisione che ho riscontrato è la possibilità che la volontà di potenza possa rimanere angosciata da qualcosa quando, per quanto di livello Metafisico e cioè data come verità, rimane comunque una forza irrazionale, non in grado di provare il benché minimo sentimento o sensazione ( non può in altre parole vedere la rovina dietro di sé come Cacciari afferma ). L' angoscia della volontà presente nel capitolo Della Redenzione non si riferisce alla volontà di potenza ma alla volontà umana che trova sgomento nella rovina del già-fù e che non può cambiare. Ma l' uomo è un ponte. L' uomo non è il metro delle cose. Ed ogni specie vivente rappresenta la perfezione che l' uomo non ha ancora raggiunto a causa delle difficoltà e delle menzogne che la ragione ha costruito a livello Metafisico per poter accettare il dolore, la sofferenza, per dare un senso alla vita che proprio il sacerdote asceta gli ha costruito attorno. Linee che lo hanno chiuso in un raggio d' azione deprimente ma per lui accettabile perché comunque gli ha fornito e gli fornisce un senso. Qualsiasi menzogna cioè è più accettabile del non senso della sofferenza e del dolore. Povero uomo! Questa terra per lungo tempo è stato e rimane un manicomio.

La volontà di potenza in definitiva non ha bisogno dell' uomo e può farne tranquillamente ( retoricamente ) a meno. E' l' uomo che attraverso la liberazione dal suo passato e delle menzogne fin qui accettate ha bisogno di ricongiungersi con la volontà di potenza e grazie all' arte infusa nella volontà di potenza tornare a creare valori e divenire Dio. La volontà di potenza non è un valore né ne crea. E' l' uomo, l' essere valutante, l' unica specie che può raggiungere l' Olimpo dei Greci.
 
Questo è quanto, e comunque come ben sai sono sempre pronto a rispondere ad eventuali critiche o divergenze d' opinione che tu volessi contestarmi. E comunque sempre grazie, anche per la lode che penso, e non credo di peccare di modestia, di meritare se non altro e soprattutto per l' impegno che è stato necessario per la stesura dello studio di Genealogia della Morale.

Nel rileggere il precedente post mi sono accorto che non ho sviluppato il commento su Genealogia della Morale che mi ero ripromesso di fare e che a questo punto rinvio ad altro post.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#112
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Pochi giorni fa, mentre mi trovavo a Bardolino sul Lago di Garda, in una splendida giornata di questo Marzo più pazzo che mai, sul pontile passeggiata che porta verso Garda, mi sono ritrovato a riflettere sulle stranezze della natura, su cui Nietzsche indugia diverse volte in Genealogia della Morale. E tra queste, tanto per alleggerire un po' il pathos causato dagli argomenti scottanti trattati nell' opera, quella che mi incuriosiva di più era la casualità che aveva fatto nascere nello stesso paese, nel breve giro di pochi anni, Don Curzio Nitoglia, noto e eminente teologo, che saluto cordialmente anche se penso che stenterebbe a riconoscermi, e il sottoscritto. Due figure di un elevato ascetismo, come deve essere almeno un pensatore a partire da un livello medio, ma agli antipodi in quanto a fede. Per quanto riguarda la fede, mi sembra necessario ripetere per chi non fosse a conoscenza, che a mio avviso dipende dal bisogno metafisico che viene trasmesso geneticamente e che pesa come un macigno su molte scelte intellettive e di vita. 

Ciò mi porta naturalmente ad essere d' accordo con Nietzsche quando nel par. 24 afferma che è diventato sempre più diffidente nei confronti di qualsiasi tipo di credente. E che quando la forza di una fede appare troppo in primo piano ne deduce una certa debolezza di dimostrabilità, se non addirittura l' improbabilità di ciò che si crede. Non nega la possibilità che la fede renda beati, ma che è proprio questa beatitudine che fonda una certa verosimiglianza con l' illusione. 

Esaurito questo breve capitolo autobiografico, come promesso a Green Demetr e Memento, passo all' argomento volontà di potenza.

X Green Demetr.

Mio caro Green Demetr sinceramente io non capisco a volte certi tuoi interventi, anche perché tiri in ballo argomenti che mi lasciano molto perplesso. Rovina? Hegel? Nulla però è più lontano dell' idealismo di Hegel dalla filosofia di Nietzsche. Ed anche la Rovina può essere un effetto, o meglio uno degli effetti della volontà di potenza, ma come fatto marginale e comunque come un qualcosa che segue e che non ha luogo né prima né durante il soddisfacimento della volontà di potenza, di qualsiasi specie si stia parlando. A questo riguardo vorrei riportare come esempi sia la tragica fine a cui va incontro il maschio della mantide che nell' accoppiamento perde appunto la sua vita a causa di una partner fin troppo aggressiva, sia quello del polipo gigante che trova la morte per stenti nell' accudire e covare le uova. Ma anche la sorte di molti uomini famosi quando non capiscono e soprattutto non accettano un ritorno alla normalità dopo aver vissuto gli apogei della vita.

Nietzsche nel par.7 del terzo saggio parla di via all' infelicità, ed io aggiungo all' inquietudine, inquietudine che si manifesta ad esempio in ogni maschio dominante con un harem, provocata dalla necessità di controllo e difesa dello stesso harem dai furbetti che si accontentano di un  accoppiamento occasionale e dagli altri maschi che vogliono prendere il suo posto. Nel campo umano troviamo nel terzo saggio diversi riferimenti su questo argomento. Sulla necessità sia per gli atleti, per i fantini e per gli artisti di evitare soddisfacimenti sessuali prima delle gare o durante il periodo di massima ispirazione e gestazione per un artista. Il soddisfacimento della volontà di potenza per questi individui molto esposti porta stati d' animo estatici e d' estasi in caso di vittoria o comunque buona riuscita complessiva, ma di profondi stati d' abbattimento, sconforto e di grande delusione in caso di fallimento o parziale riuscita complessiva. A mio avviso, ripeto la Rovina mi sembra un aspetto marginale di ciò che secondo Nietzsche accompagna le vicissitudini legate alla volontà di potenza.  Comunque siamo sempre qui.

X Memento.

Se ricordi ho affermato che avevo dei dubbi sul fatto che la volontà di potenza corrispondesse all' individuo. Ed adesso cercherò di far luce su ciò che intendevo. Val la pena riportare che la volontà di potenza, secondo Nietzsche, è una forza irrazionale, noi la chiamiamo anima vitale, che fornisce e rappresenta l' energia stessa di ogni essere vivente, l' energia che stimola la vita e che per molti versi rappresenta la vita stessa. Ricordo inoltre che Nietzsche ne parla e la delinea in opposizione alla volontà di volontà di Schopenhauer. A questo punto posso affermare che posso essere d' accordo con te per le cellule e per tutti gli organismi minori che possiamo trovare in natura ( sulla flora non mi espongo perché non ho riflettuto a sufficienza su di essa ). Ma le cose cambiano, sempre a mio avviso, per tutti gli organismi  a mano a mano che si sale nella scala di complessità degli stessi. E a riguardo vorrei porre l' attenzione sull' argomento genio che Nietzsche tratta a lungo in Ecce Homo.

Infatti lui afferma che coloro che hanno in potenza la possibilità di diventare genio non è detto che riescano a diventarlo a causa dell' ingerenza di numerose variabili come il clima, l' alimentazione e il dormire. Ciò, sempre a mio avviso, significa che la volontà di potenza di tali individui nulla può per il soddisfacimento del diventare genio né tanto meno coincidere con l' individuo nel caso di variabili che influiscano negativamente sul processo. Quello che in definitiva intendo affermare è che le possibilità che la volontà di potenza coincida con l' individuo appartenente a qualsiasi specie sono inversamente proporzionali alla sua complessità. Senza dimenticare che le variabili a livello umano sono tantissime e molto determinanti. Se hai dei dubbi sono come sempre disponibile a discutere qualsiasi opinione contraria.

X Phill, Paul11 e Maral

Spero di aver risposto nel corso della trattazione ai vostri dubbi, suggerimenti e perplessità. Se non siete soddisfatti o avete qualcosa da aggiungere o da porre in evidenza saremo ben contenti di affrontare qualsiasi argomento da me esposto nella stessa trattazione o di altro tipo.

Si ringrazia per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#113
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

L' ideale ascetico nelle mani sacerdotali ha corrotto profondamente l' anima, e di conseguenza anche il gusto in moribus et artibus a tutti i livelli. Ed anche noi ( leggi io ) per molti versi siamo ancora invischiati nella sua tela. Ma ciò non ci impedisce di esprimere il coraggio del nostro gusto, e cioè del nostro disgusto nei confronti di un' opera apprezzatissima e sopravalutatissima come il Nuovo Testamento. Al Vecchio tutto il mio rispetto. In esso mi imbatto in grandi uomini, in un paesaggio eroico, in un cuore ingenuamente forte, e soprattutto trovo un popolo. Nel Nuovo soltanto piccoli uomini che fanno apologia delle loro vicenducole, un' atmosfera da conventicola, un gestire sgradevole, passionalità senza passione ed un continuo anelito ad un rapporto diretto con Dio ed all' eternità. Un Pietro immortale chi lo sopporterebbe? Neanche Dio, che saggiamente volge lo sguardo altrove. Eppure non esitano ad affermare, in un' epoca ricca di libri che ancora oggi verrebbero scambiati per mezze letterature, che finalmente anche loro dispongono di una letteratura classica, che non hanno più bisogno di quella dei Greci. Si può essere più insulsi e privi di gusto di così?

L' ideale ascetico esprime una volontà ed ha uno scopo ben preciso. Ed è per questo che ho messo in primo piano i suoi effetti, soprattutto i suoi fatali effetti. La sua tela di ragno tende al dominio assoluto sulla vita. Interpreta tutto in funzione della sua interpretazione e fa sembrare ogni altro interesse dell' esistenza umana, commisurato ad esso, meschino e limitato. Esso interpreta spietatamente uomini, popoli ed epoche e non tollera nessun' altra interpretazione, distorcendo tutto ciò che si profila all' orizzonte. Crede nella sua potenza e che non vi possa essere nessuna potenza che non debba ricevere da parte sua un significato, un diritto all' esistenza ed un valore. Una tela di ragno praticamente quasi perfetta e a cui nulla sfugge.

Ed allora sorge spontanea una domanda. Perché gli è stata concessa tanta potenza. Perché non gli si è opposta maggiore resistenza? Qual' è il suo antagonista, il suo avversario ideale, che possa ridimensionare il suo strapotere? Perché, anche ammesso che esista, non è entrato in azione?
Eppure mi dicono che esso esiste. Che da lungo tempo conduce una guerra vittoriosa contro l' ideale ascetico e che si tratta della scienza moderna. E ci sarebbe da ridere se non fosse tutto così tragico. Ci sarebbe da ridere al cospetto di questi trombettieri dello spirito senza spirito, senza profondità, o meglio senza l' abisso che la scienza moderna rappresenta. Dovunque volgiamo lo sguardo non vediamo che tisici che inneggiano alla loro libertà, al loro sentirsi ed essere spiriti liberi. Anche se dobbiamo confessar loro che tutt' altro sono che liberi. Figuriamoci se addirittura spiriti liberi!!! E il motivo è molto semplice: anche loro credono ancora fermamente nella verità. E dobbiamo rivelar loro che la scienza non può essere considerata come l' avversario (*) ideale dell' ideale ascetico ma la sua forma ultima e più aristocratica.

Nessuna scienza può esistere senza presupposti. Ed è la fede in questi presupposti che determina una linea, una filosofia, non il contrario. E perciò tutto si basa sul credere ancora nella verità, o meglio sulla stessa sopravvalutazione della verità espressa dall' ideale ascetico, e più precisamente sulla stessa fede nell' impossibilità di valutare e criticare la verità. E' Platone che risuona nell' ideale ascetico della cristianità. Ed è la stessa voce che risuona nella scienza odierna. Dio è la verità e la verità è divina. E' questo pensiero che ha dominato nei secoli in ogni filosofia, anche se Dio stesso si manifesta come la nostra più lunga menzogna. E come abbiamo esortato a mettere in dubbio il valore della morale, esortiamo anche a fare la stessa cosa sul valore della verità. E a tal riguardo mi sovviene il motto dell' ordine degli Assassini contro cui cozzarono i Crociati: Nulla è vero, tutto è concesso. In questo modo si liquida la fede nella verità e si determina uno spirito libero. Ma chi dei nostri spiriti liberi si è mai smarrito in questa proposizione e nelle sue labirintiche conseguenze? Chi conosce per esperienza il Minotauro di questa caverna? 

Platone istintivamente si schierò contro l' arte, ed è proprio l' arte che si contrappone molto più radicalmente all' ideale ascetico.  In altre parole Platone contro Omero. Da una parte il diffamatore della vita, che sta nella trascendenza e dall' altra il suo divinizzatore involontario, la natura aurea. Ed è per questo che un servaggio artistico che si pone al servizio dell' ideale ascetico è la forma di corruzione artistica più autentica, anche se purtroppo tra le più comuni, perché nulla è più corruttibile di un' artista. 

Ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma che raramente viene preso in considerazione, è il continuo depauperamento dell' uomo, del suo continuo autodiminuirsi. E tutto da Copernico in poi. L' uomo che si riteneva quasi Dio. Ma guardiamoci attorno. La preponderanza di mandarini non è mai un buon segno. E' sempre un sintomo di una vita che lotta che si affatica di più. Come lo è l' avvento della democrazia, di una religione della compassione. Senza poi parlare di ogni canagliume anarchista o antisemita, di cui l' Europa e soprattutto la Germania si va arricchendo con il suo vomitevole Deutschand Dautschland uber alles. Non c' è dubbio che sarebbe difficile valutare quanto canagliume si dovrebbe esportare dall' odierna Europa perché l' aria torni respirabile. Anche se forse qui c' è bisogno solo di una mano disinvolta, molto disinvolta....

E in conclusione, l' ideale ascetico ha dato una risposta alla domanda: perché soffrire? L' uomo in definitiva non accetta di non avere un senso. Se gli si da un motivo, uno scopo, non solo accetta la sofferenza ma la va addirittura a cercare. E a ciò ha supplito l' ideale ascetico. Anche se ciò portò con sé nuovo dolore, più profondo, più tossico, più corrosivo per la vita. Nonostante appunto che l' ideale ascetico esprima - ' un odio contro l' umano, contro tutto ciò che è animale, più ancora contro ciò che è materia, questo orrore per i sensi, per la ragione stessa, il terrore della felicità e della bellezza, una volontà del nulla, un' avversione alla vita, un' opposizione ai presupposti fondamentali della vita, ciò nonostante essa è e resta una volontà!... E per dire quello che ho detto agli inizi: l' uomo preferisce ancora volere il nulla, piuttosto che non volere...' -

Ho riportato le frasi finali perché lapidarie, geniali e del tutto rapportate all' opera. Difficilmente avrei potuto esprimere più compiutamente ciò che Nietzsche ha espresso in esse. 
Sembra che finalmente siamo arrivati all' epilogo di questo lavoro. La mia intenzione è di far seguire un post con un commento e un insieme di proposte di discussione, ma ciò non toglie che chiunque intenda farlo possa intervenire a suo piacimento dal momento che la continuità dell' opera è ormai salva. Grazie a tutti per la vostra pazienza e per la vostra cortese attenzione.

(*) Altro errore sul mio testo: l' ideale di quell' ideale ascetico  (par. 23)

Garbino Vento di Tempesta.
#114
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Ringrazio Memento e Green Demetr per i loro interventi, ripromettendomi di affrontare la volontà di potenza appena possibile. Riprendiamo invece il nostro itinerario sul sacerdote asceta e a tutti buona lettura.

Oltre a questi metodi per raggiungere l' ottundimento ipnotico dell' individuo, che però presuppongono individui dotati di particolari caratteristiche tra le quali il coraggio e lo stoicismo intellettuale, perché comunque sempre di ottundimento si tratta, esistono altri training più leggeri per combattere gli stati depressivi usati usualmente dal sacerdote asceta. I più diffusi sono l' attività macchinale e l' amore per il prossimo. 
Il primo, così detto odiernamente ' benedizione del lavoro ', raggiunge il suo obiettivo, di far allontanare dalla coscienza il dolore, attraverso un impulso a fare, legato all' obbligatorietà degli orari e ad una certa regolarità assoluta, che distoglie l' interesse di chi soffre proprio dalla sofferenza. E il suo colpo di genio è quello di mutare il ruolo di schiavo in un modo positivo ribattezzando le cose odiate ponendole in un' ottica benefica ( l' insoddisfazione dello schiavo per il proprio destino comunque non ha un' origine pretesca ). Il secondo consente una eccitazione, se pur minima, della volontà di potenza.  La felicità della superiorità minima che subentra nell' aiutare e o generalmente nel fare del bene è una terapia fortissima per gli inibiti. Nel caso contrario, se mal consigliati, tenderanno a farsi del male.

Nei deboli ritroviamo, a partire probabilmente dai primi vagiti del cristianesimo, il gioire nella partecipazione stessa. Il gregge è stato sempre un altro colpo di genio del sacerdote asceta. Mentre nei forti l' aggregazione è contrastata dalla stessa forza che contraddistingue tutti gli individui coinvolti. Tutte le oligarchie infatti tremano continuamente per il richiamo di ogni forte alla sua voluttà di tirannide.

I mezzi usati dai sacerdoti asceti, che in chiave moderna vengono considerati innocenti, se li poniamo nell' ottica della ricerca ostentata di una certa o totale perversione del sentimento devono essere reinterpretati sicuramente come colpevoli. E' inutile continuare a nascondersi, come fa la morale odierna di tutti i dotti ( tra cui ricordiamo i farisei colti, prima Inattuale ) in una sconsiderata e continua menzogna disonesta su sé stessi e ciò che li circonda. Costoro non sono assolutamente capaci di una menzogna onesta perché presupporrebbe una cosa che per loro è impossibile: la coscienza di sé stessi.

Quello che deve essere chiaro è che il sacerdote ascetico, nonostante la moralità di questa epoca sconsideratamente mendace, usa l' ideale ascetico costantemente al servizio di un' intenzionale perversione del sentimento. E tutto questo grazie alle grandi passioni: ira, vendetta, terrore etc. Il sacerdote asceta le tiene tutte al guinzaglio, liberando scaltramente ora l' una ora l' altra. E tutto per 'scardinare l' anima umana dalle sue commessure, immergerla in terrori, gelo, fiamme e delizie, tanto da farla staccare, come per un colpo di fulmine, da tutte le piccinerie e le meschinità della insoddisfazione...'. E sempre con la coscienza tranquilla, tutto indorato da giustificazioni religiose, e soprattutto con una fede profondissima sulla indispensabilità e massima utilità del suo agire, anche se spesso si è ritrovato a pezzi nei confronti del dolore che procurava.

E a questo punto torna utile ciò di cui abbiamo discusso nel saggio precedente. Di quel senso di colpa, o cattiva coscienza, che ci veniva incontro come fatto naturale, naturalmente animalesco, e su cui il sacerdote asceta compie il suo Colpo da Maestro. L' invenzione del peccato. Addirittura del Peccato Originale. Un qualcosa di cui l' individuo è colpevole, responsabile, senza che vi abbia partecipato. Il sofferente ha chiesto aiuto a chi scava nell' ignoto, al sacerdote asceta, e si è ritrovato con risposte che hanno tracciato intorno a lui dei cerchi, delle linee da cui il sofferente non riesce più ad uscire. Linee, cerchi, come una gallina. 

Il malato è diventato un peccatore. E da ogni angolo risuona il grido: ' più dolore, più dolore!'. Ogni angolo d' Europa ha risuonato in diversi periodi di tali atrocità. Di una tale perversione del sentimento. Ma lui, il sacerdote asceta, ripeteva: ' Il regno non è di questo mondo'. E sinceramente si ci può chiedere con quale diritto possa solo pensare di affermare una menzogna così grande.

Ad ogni modo nulla è più falso di affermare che questi metodi, questa perversione del sentimento abbiano giovato all' uomo. Forse qualcuno potrebbe affermare che l' hanno migliorato. Anche se noi vediamo in questo miglioramento un uomo addomesticato, indebolito, scoraggiato, raffinato, rammollito, castrato ( cioè quasi lo stesso che danneggiato ). Ma in ogni caso ha reso il malato più malato, anche ammesso che lo abbia reso migliore. Non c' è che da chiedere agli psichiatri quali possano essere le conseguenze di tali pratiche espiatorie. Ma cosa più della Storia ci può illuminare su queste conseguenze? Epidemie epilettiche, i fenomeni del Ballo di San Vito, delle streghe, di ondate di idiosincrasie ora lussuriose ora furiosamente distruttive spesso accompagnate da grida terribili di inneggiamento alla morte. Tutto questo è storia e c' è da aggiungere che anche l' alcool ( noi tedeschi cosa non dobbiamo alla Storia!!?? ) e la sifilide, per quanto deleteri, non raggiungono la sua dannosità. La dannosità dell' ideale ascetico nelle mani sacerdotali. 

Ci fermiamo qui. Alla prossima la parte finale. A tutti un grazie per la cortese attenzione. 

Garbino Vento di Tempesta.
#115
Tematiche Filosofiche / Re:La giustizia e il caso
18 Febbraio 2017, 14:05:36 PM
La giustizia e il caso.

Sinceramente avevo l' intenzione di aggiungere un mio intervento, ed ho anche provato, ma poi vi ho rinunciato per varie ragioni. Ma a questo punto prendo lo spunto della menzione di Maral, che ringrazio, sulla mia riflessione intorno a Genealogia della morale per consigliarvi la lettura in seconda pagina di Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro, degli interventi n. 8 ( verso la fine ), 10 e 12. Ritengo infatti che il modo in cui Nietzsche parla della Giustizia possa essere di molto aiuto per chiunque, come lo è stato per me. Il fatto è che sull' argomento si danno tante cose per scontate mentre invece non lo sono affatto. Ed inoltre che vi regna una grande confusione.
Per non dilungarmi, effettuerò questo mio intervento partendo dal presupposto che chi è interessato li abbia almeno letti.

Fondamentalmente nella Giustizia si devono scindere l' atto, il rituale, che varia ma non di molto da situazione a situazione e da un momento storico ad un altro, e il significato della pena che è talmente vario e fluido che difficilmente si può stabilire quale sia il vero motivo per cui si applica.
Come dice giustamente Maral, non è nei penitenziari dove ci si può imbattere nel pentimento, mentre è molto più accreditato comunque che la pena valga come deterrente per gli altri, per impedire un propagarsi dei reati.

La Giustizia comunque ha avuto in origine proprio lo scopo di annullare la vendetta. E' in origine un accordo tra i potenti di uno stato per risolvere diversamente le crisi determinate proprio dal sentimento di vendetta da parte di chi subiva un danno. Crisi che potevano destabilizzare le già precarie condizioni di convivenza in quei periodi della storia che a noi risultano totalmente oscuri per ignoranza e incapacità di effettuarne un' attenta valutazione psicologica. Nel momento in cui è sorta la legge, la Giustizia è diventata impersonale. Si punisce chi effettua il danno e per la pena si stabilisce un metro in rapporto all' entità del danno. Metro che diventa sempre meno punitivo in rapporto alla crescita di potenza di una società, ma che può anche subire una contromarcia nel caso che la potenza diminuisca. Come avviene ad esempio nei periodi di dittatura.

Perciò la valutazione della pena è sempre ancorata, e deve esserlo, all' entità del danno. Cioè, nel caso specifico, c' è una determinata pena per colui che comunque passa con il rosso ad un semaforo, e varie aggravanti in rapporto al danno che questa  violazione del codice abbia comportato.

Ringrazio per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta.
#116
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Ringrazio Memento per il suo post e confido nella sua pazienza se dovrà aspettare ancora un po'. Comunque di sicuro l' autoconservazione e la volontà di potenza sono antitetici, mentre ho qualche dubbio che quest' ultima coincida con l' individuo, ma chiariremo tutto in seguito. Prego Memento di accogliere queste mie anticipazioni come spunto di riflessione, poi si vedrà. Ecco a voi il sacerdote asceta. Buona lettura.

Non c' è dubbio che chi intenda rivaleggiare con l' ideale ascetico, se si dovesse imbattere in un sacerdote asceta, avrebbe in costui un avversario terribile. E il motivo è semplice: il sacerdote asceta ha nell' ideale ascetico la sua fede, il suo interesse, la sua potenza, in altre parole tutto sé stesso e la sua stessa vita. Quella vita che lui intende come ponte per un' esistenza al di là della morte. Egli si manifesta ogni dove e in ogni classe sociale e non grazie alla ereditarietà, dal momento che un profondo istinto lo sottrae alla riproduzione. E sembra che la vita stessa abbia stranamente un profondo interesse a che la sua genìa non si estingua.  Infatti una vita ascetica è una contraddizione, qui domina un reissentment senza pari, un odio profondo per la grande salute, la gioia, la bellezza. E un profondo interesse e godimento per l' insuccesso, il dolore, il brutto, l' autoflagellazione e il sacrificio di sé.

A livello filosofico, una tale volontà si schiera contro ciò che l' autentico istinto vitale pone come verità. E cioè ridurrà ad errore il dolore, la molteplicità e la stessa contrapposizione tra soggetto e oggetto. E si scaglierà soprattutto contro la ragione: Esiste un regno della verità e dell' essere, ma proprio la ragione ne è esclusa ( anche nel Kantiano 'carattere intellegibile delle cose' si nasconde questa disarmonia da asceta: l' intelletto capisce che vi è una modalità delle cose che per l' intelletto stesso è in tutto e per tutto incomprensibile ). E in fondo, noi filosofi, dobbiamo essere grati se una tale ottusità ( l' intuizione disinteressata ) ha filosofato. Guardiamoci da concetti come ragion pura, spiritualità assoluta, conoscenza di sé. Qui si presuppone un occhio che non può essere pensato. Esiste invece soltanto una conoscenza prospettica, e quante più prospettive riusciamo ad avere di uno stesso oggetto tanto più ci avvicineremo alla sua conoscenza.

Da un punto di vista fisiologico e non più psicologico, la vita contro vita del sacerdote ascetico non può essere che apparente. Mentre è palese che l' ideale ascetico nasce dall' istinto di salvezza di una vita in degenerazione. E se esso ha poi sempre più dominato sull' uomo è la riprova che la condizione dell' uomo è malata. Egli rappresenta il ponte per l' altra vita, un essere altrove a cui tutte le pecorelle si accodano come ad un pastore. E qui giunge imperativa la necessità di porre al riparo i forti e i ben riusciti da coloro che sono malati. Perché anche costoro non giungano alla conclusione che c' è troppo dolore nel mondo, che rinuncino alla gioia e alla felicità. Perché soprattutto in costoro che rappresentano il futuro dell' umanità, non si insedi il disprezzo per l' uomo e una grande compassione per l' uomo, in altre parole il Nichilismo.

Il sacerdote asceta ha il dominio su chi soffre. E non solo, quando si ferisce la stessa ferita lo costringerà a vivere, ma  quando ferisce, nel curare infetta la ferita stessa. Ed uno dei suoi presupposti è quello di modificatore di rotta del reissentment, Nessuno è colpevole del tuo dolore, del tuo stato ( così si rivolge subdolamente ai deboli che cercano un capro espiatorio del loro stato ), sei tu il colpevole, il peccatore, il depravato, il dannato. E con questa sua 'verità' induce gli scontenti, i cercatori di un colpevole al di fuori di sé, a cercarlo dentro di sé e così il senso del reissentment è mutato. Il sacerdote asceta che si sente un salvatore e ama farsi venerare come tale, è in verità un pessimo dottore. Egli combatte il malessere e non la causa che risiede invece in problemi di carattere socio-genetico. In altre parole egli diventa imbattibile nei periodi di grandi crisi genetiche che possono risalire a diversi fattori, come guerre, pestilenze, cambiamenti di clima o fenomeni di migrazione verso luoghi incompatibili con le popolazioni per gli aspetti climatici, l' alcoolismo ed altro ancora. Imbattibile e un pessimo dottore perché la sua terapia porta ed ha portato sempre a grandi suicidi di massa. Mentre una cosa sola è necessaria in queste condizioni: il letargo, In altre parole il buddhismo. O in modo non molto dissimile il Brahmanesimo: dove l' assenza di dolore rappresenta il bene supremo e perciò valutato positivamente.

Ringrazio per la cortese attenzione e alla prossima ( continuazione sacerdote ascetico ).

Garbino Vento di Tempesta.
#117
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Che significato hanno gli ideali ascetici?   ( parte 2 )

Il nostro Kant, che indugia nell' insegnare le caratteristiche del tatto con un' ingenuità da parroco di campagna, ritiene di rendere onore all' arte mettendo in primo piano ciò che forma il vanto della conoscenza: impersonalità e validità universale. Al di là del fatto se ciò non sia, in fondo, un errore, come tutti i filosofi, invece di mettere a fuoco il problema estetico dal punto di vista dell' artista, lo fa con gli occhi dell' osservatore, senza rendersi conto di includere lo stesso osservatore nella sua definizione del bello: Bello è ciò che piace disinteressatamente.

Schopenhauer, dal canto suo, si infatua della definizione Kantiana del bello interpretando il termine disinteressatamente in un modo curioso e del tutto personale. Infatti di poche cose dimostra tanta certezza come del fatto che il bello, e soprattutto la contemplazione estetica che ne deriva, abbia una funzione antagonista nei confronti dell' interesse sessuale.
La liberazione della volontà che in lui scaturisce dalla contemplazione estetica, per altro, può indurre a pensare che ciò che afferma in Volontà e Rappresentazione, sulla redenzione della volontà solo attraverso la rappresentazione, sia originata da una generalizzazione di questa sua esperienza sul sesso ( Freud!! ).
Ed inoltre non si deve assolutamente escludere la possibilità che ciò che è tipico dello stato estetico in Schopenhauer possa trarre origine proprio dall' ingrediente sensualità, e che con ciò non viene meno in sua presenza ma si trasfigura e non entra più nella coscienza come stimolo sessuale ( Freud!!!! ).

Ma al di là di tutto, anche se Schopenhauer avesse mille volte ragione su questa sua esperienza, ciò non aggiungerebbe nulla alla nostra conoscenza del bello. Stendhall, un vero artista e un' anima altrettanto sensuale ma più armoniosa di Schopenhauer, ci dice qualcosa di diverso: Il bello è un preludio, una promessa di felicità. E il dato di fatto che risulta è proprio un' eccitazione della volontà, e perciò dell' interesse, per mezzo del bello. Siamo così in grado di affermare che nei filosofi, o almeno nel caso di Schopenhauer ( molto, ma molto ironicamente ) l' omaggio reso da un filosofo nei confronti dell' ideale ascetico dipende non da un disinteresse ma da un fortissimo interesse: egli vuole liberarsi da una tortura!!

Riprendendo seriamente il nostro cammino, il caso Schopenhauer ci fornisce, al di là del suo modo di essere, un aspetto più generale che riguarda il filosofo: un rancore nei confronti della sensualità ed una certa predilezione dell' ideale ascetico. L' assenza di una queste due caratteristiche non può che indurci a parlare solo di un cosìddetto filosofo. Ciò è spiegabile se notiamo che in natura tutti gli animali istintivamente hanno in onore di turbarsi per tutti gli ostacoli (*1) che gli impediscano o possano impedirgli il cammino verso l' optimum ( ad un agire più potente e che spesso più che alla felicità rappresenta proprio la via all' infelicità). Ogni animale e perciò anche la bestia filosofica tende parimenti al raggiungimento di quell' optimum di condizioni favorevoli che gli permetta di raggiungere il maximum di potenza.

Ai filosofi cioè non interessa proprio niente del sacro, l' ideale ascetico rappresenta per loro la strada per l' indipendenza. Tutti i grandi, ad esempio, hanno evitato il matrimonio ( ad eccezione del maligno Socrate che probabilmente lo ha fatto ironice, proprio per dimostrare questa teoria). Anche Buddha, una volta natogli il figlio, pensò che libertà è abbandonare la casa, e pensandolo abbandonò la casa.  L' ideale ascetico rappresenta mille ponti per un deserto, il deserto dove trovano quelle condizioni ottimali di solitudine, di chiarezza o quant' altro che gli consentano di passare al di sopra della vita più che posarvisi. E più si fa buio e più questi amanti dell' ombra diventano grandi. Ed inoltre voglio puntualizzare che nel filosofo tutto ciò che concerne il raggiungimento di questo optimum non figura mai come virtù, ma come il comando del suo signore, della bestia filosofica che è in lui. Non ha scelta. 
E tornando alle nostre ipotesi iniziali è ovvio che mentre per i filosofi l' ideale ascetico rappresenta veramente una promessa per un' alta spiritualità, per i dotti questa non è che un' illusione perché sono loro stessi il deserto.

A livello storico ciò che oggi rappresenta per noi il nostro orgoglio, per i Greci sarebbe soltanto hibris ed empietà. Come testimonia la violenza nei confronti della natura grazie alle macchine, la nostra posizione verso Dio e ancora la violenza verso noi stessi. noi, autentici schiaccianoci dell' anima. E il colmo è che proprio il nostro orgoglio non ci consente di liberarci dei nostri errori.
Non dimentichiamo infatti che per i Greci tutto era rovesciato: soffrire era virtù, crudeltà virtù, la falsità virtù, la negazione della ragione virtù, il benessere, la pace e la sete di sapere pericolo, l' essere compassionati e il lavoro un insulto, la follia divinità, la mutazione mancanza di eticità e realtà gravida di rovina.

Ma ciò ci porta a considerare anche che queste sono le condizioni in cui nacque il tipo filosofo. E che in queste condizioni etiche lui si trovò a sentirsi fuori posto. E che l' ideale ascetico rappresentò per lui la salvezza. L' ideale ascetico gli mise a disposizione l' unica veste che lo potesse rendere possibile sia a sé stesso che al suo ambiente. Senza un ascetico fraintendimento di sé il filosofo non sarebbe stato possibile. Doveva incutere paura ed ammirazione come ogni sacerdote ascetico, la forma larvale più disgustosa e oscura che abbia solcato la terra. Ma anche l' unica su cui fosse concesso alla filosofia di vivere e di camminare strisciando....

(*1) Assurda ed inesatta la versione del mio testo, Newton Compton, che in definitiva afferma l' esatto contrario del concetto che qui Nietzsche vuole esternare, par7: tutti gli animali hanno in onore ogni specie di turbamento e di ostacolo che.....

Qui termina la parte dedicata ai filosofi per passare al sacerdote ascetico. Grazie per la cortese attenzione

Garbino Vento di Tempesta.
#118
Nietzsche: l' uomo e il suo diritto al futuro.

Avendo all' orizzonte la lettura del terzo saggio 'Che significato hanno gli ideali ascetici?',  mi sembra necessario ricordare che lo stesso è il commento-studio dell' aforisma che appare nel par. 1: Il dato fondamentale della volontà umana, e che rappresenta il suo horror vacui, è che essa ha bisogno di una meta - e preferisce volere il nulla piuttosto che non volere.

Inoltre volevo mettere in evidenza che, pur mantenendo il solito inizio ironico e accattivante, i primi paragrafi sono destinati, con l' arco così tirato dai precedenti due saggi, allo scoccare di frecce tremende nei confronti di Wagner, di Kant ( cosa non nuova), e di Schopenhauer, su cui per molti versi fa ricadere pesantemente la colpa del mutamento di Wagner negli ultimi anni di vita. Per chi fosse poco informato, ricordo che Wagner e Schopenhauer sono state due grandi figure nella gioventù di Nietzsche. A Schopenhauer ( ma anche a Wagner ) dedicò addirittura un' inattuale con il titolo: Schopenhauer come educatore. Cosa che in seguito criticherà rilevando che ogni volta che in quell' inattuale aveva nominato Schopenhauer si poteva e doveva tranquillamente sostituirlo con Nietzsche. 
A questo punto non resta che iniziare; a tutti buona lettura.

In fondo gli ideali ascetici negli artisti significano nulla o poco più; nei filosofi e nei dotti la promessa di un' alta spiritualità; nelle donne un fascino supplementare; per i poco armonici ( la maggioranza degli uomini ) una forma di depravazione per superare il dolore e la noia; nei santi la loro forma di follia nel perdersi nel nulla ( Dio ); mentre per i sacerdoti - il loro miglior strumento di potenza, e inoltre la ( loro ) legittimazione suprema della potenza -. Il fatto che gli ideali ascetici abbiano significato tanto per gli uomini, si evidenzia il dato fondamentale della volontà umana, che preferisce volere il nulla piuttosto che non volere. Sono stato compreso? Per niente, signore! Allora cominciamo dall' inizio.

Non c' è dubbio che noi ( Nietzsche ) avremmo desiderato un epilogo diverso della vita, anche a livello artistico,  di Wagner. Avremmo desiderato che al posto dei Maestri Cantori ci fossimo trovati al cospetto di Le Nozze di Lutero. Si sarebbe trattato comunque di un elogio alla castità ma anche alla sensualità, o libertà evangelica, come Wagner ha sempre fatto. In fin dei conti infatti tra la castità e la sensualità non esiste una contraddizione dal momento che ogni buon matrimonio la supera. Ed anche se contraddizione vi fosse, non sarebbe comunque di tipo tragico. Tra i molti anche Goethe afferma che l' equilibrio tra bestia ed angelo nell' uomo rappresenta una seduzione in più al vivere e non il contrario.
A meno che non si sia in presenza di porci, ma a noi e a Wagner che cosa importa dei porci?

Noi vorremmo augurarci che il Parsifal che viene sedotto alla conversione sia interpretabile come un epilogo satiresco del grande artista che Wagner è stato, il suo commiato ironico su tutta la tragedia del vivere e soprattutto sulla forma antinatura rappresentata dagli ideali ascetici. Se così non fosse infatti ci troveremmo di fronte ad un ritorno al Medio Evo, ad una cancellazione di sé stesso, sia come uomo che come artista, ad un odio folle contro conoscenza, spirito e sensualità in favore di ciò che di più oscurantista si vela dietro il Cristianesimo. Del Wagner che con Feuerbach aveva elogiato la sana sensualità, adesso non v' è più traccia. Non solo dagli ottoni del Parsifal ma anche dai suoi ultimi scritti, trapela purtroppo questa amara realtà. 

Comunque val la pena sottolineare che per godere dell' arte bisogna separare l' artista dalla sua opera. L' artista non è che il grembo e il terreno e a volte il fertilizzante e il concime su cui e da cui essa nasce, e perciò qualcosa da dimenticare. Anche perché nel caso di Wagner tutto tende a dimostrare che ha commesso un errore di vanità, separandosi dal suo pubblico con un' opera equivoca in rapporto al suo volere. La avremmo voluta meno schopenaueriana, meno nichilistica.

Come avevamo premesso gli ideali ascetici in un artista significano niente o molte cose e perciò niente lo stesso. E questo perché l' artista non si sorregge abitualmente da solo, ha quasi sempre bisogno di un sostegno e della protezione dei potenti, sempre pronto a mutare sensibilmente opinioni proprio per restare nelle grazie di chi lo sorregge. E non è un caso che Wagner negli ultimi anni di vita scelse Schopenhauer come sua guida. Schopenhauer che in quel periodo stava prendendo il sopravvento.
E questo accadde proprio in rapporto a ciò che Schopèenhauer affermava sull' arte e soprattutto sulla musica. La musica che era ritenuta come il maximum dell' arte perché proveniva dal profondo e rappresentava la voce stessa della volontà. Il musicista in tal modo si elevava di valore, un megafono dell' in sé delle cose. Come stupirsi se poi questo ventriloquo di Dio ( Wagner ) un giorno si sia messo a parlare di ideali ascetici?....

Da qui in avanti si apre il capitolo Schopenhauer-Kant. A tutti un grazie per la cortese attenzione.

Garbino Vento di Tempesta
#119
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
07 Gennaio 2017, 16:40:22 PM
Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.

Ho letto con piacere la lunga dissertazione e probabilmente la lettura di Nietzsche ti resterebbe sgradita ed insopportabile. Io stesso mentre leggevo per la prima volta Umano troppo umano fui tentato più volte di gettare il libro dalla finestra. Ciò era causato dall' atteggiamento critico che ha sempre contraddistinto il mio modo di pormi nei confronti di qualsiasi cosa leggessi. Ma tenni duro e passai oltre, e piano piano sono entrato, o spero di essere entrato nell' universo Nietzsche. E scoprii molte cose, soprattutto errori, che provenivano dall' impostazione culturale che mi era stata tramandata. Il tuo pensiero invece è talmente radicalizzato che difficilmente Nietzsche, come hai supposto, potrebbe avere lo stesso effetto che ha avuto su di me.
Mentre invece penso che potrebbe interessarti e molto, se non l' hai letto già, L' Ecologia della Libertà di Murray Bookchin.

Tutto comunque è cominciato all' università quando ebbi la fortuna, almeno io la considero tale, di seguire un corso su Freud tenuto da  Meghnagi David, uno dei più grandi intellettuali e conoscitori dell' Universo Freud. Tutt' ora docente, a quanto mi risulta, presso l' Università di Roma. Per altro il docente della cattedra di Lettere era il Prof. Samonà un eminente intellettuale di fede Trotskysta.

Questo mi portò alcuni anni dopo a leggere l' opera omnia di Freud, seguito da Fromm, Platone,  Organon di Aristotele, Opus Postumum di Kant ed infine a rivolgermi  all' opera omnia di Nietzsche.
Un excursus, come puoi constatare, completamente differente dal tuo, con qualcosa di Russel, Einstein, Bookhin, Ghandi, e venti pagine di Fenomenologia dello Spirito di Hegel, giuro che non avrei potuto reggerne di più.

Tornando a Nietzsche, c' è molto di vero in quello che dici, ma naturalmente chi te ne ha parlato nei modi in cui descrivi penso proprio che di lui non abbia capito niente. Lui attacca continuamente sia gli antisemiti che gli Ebrei, gli anarchici come i socio-comunisti, i tedeschi, la maggior parte dei filosofi, alla fine non se ne salva nessuno, e tutto questo perché riesce a mutare continuamente prospettiva.

Heidegger diceva ( nel Mio Nietzsche ) che il limite umano è quello di guardare da un angolo, da un determinato punto prospettico il mondo, non accorgendosi se non forse tardivamente, che Nietzsche aveva superato questa empasse umana. 

Comunque io non disprezzo né le tue convinzioni né le tue idee politiche. Anche se le mie differiscono in modo sostanziale dalle tue ( mi ritengo figlio di un pensiero trasversale ). Anche se considero quella di Cuba la rivoluzione per eccellenza di stampo comunista. Anche se a mio avviso, con la morte di Fidel Castro il destino di Cuba tornerà ad essere incerto e la rivoluzione probabilmente un ricordo. 

Infine sull' etica ci divide una profonda differenza di opinione su ciò che è l' uomo, e questo l' abbiamo mi sembra già appurato. Ed è proprio su questa differenza di opinione che si basa anche la sostanziale differenza di valore tra ciò che è giusto e sbagliato e su ciò che sia bene e male.
L' argomento è comunque talmente vasto e particolare che merita altra collocazione.

Ringrazio cortesemente per l' attenzione e la pazienza.

Garbino Vento di Tempesta.
#120
Tematiche Filosofiche / Re:pensieri sull'inconscio
03 Gennaio 2017, 12:20:35 PM
Pensieri sull' inconscio.

X Sgiombo.

Oh no! Mi dispiace, ma contrariamente a quanto hai supposto, io sono grato a Nietzsche per avermi fatto riflettere a livello filosofico sia sull' importanza vera o presunta della verità e su ciò che costituisce la base di tutte le morali ed etiche passate. E se soprattutto la morale corrente, la ricerca cioè comunque del bene, non viva a spese del futuro. Chiedersi questo comporta automaticamente un porsi al di sopra di tutto il passato e la spinta propulsiva per un eventuale liberazione dell' uomo dai suoi condizionamenti e soprattutto un porsi Al di là del bene e del male.
Questo ripeto a livello filosofico. A livello etico ciò comporta una sempre maggiore considerazione e serietà su ciò che si ritiene debba essere il nostro codice di comportamento sia individuale che sociale.

 Mentre invece sono compiaciuto del fatto che forse Maral ed il sottoscritto abbiano incominciato a farti venire dei dubbi su ciò che solitamente e in modo erroneo viene ritenuto e passato ( a volte volutamente da chi si sente minacciato dalla sua esplosività ) come il pensiero di Nietzsche. 

X Davintro

Scusa se mi inserisco ma al pari di Maral concordo con quello che affermi nell' ultimo post. Al di là perciò dell' importanza storico-filosofico di ciò che ha espresso nelle sue opere, la critica a Freud si incentra sull' eccessiva schematizzazione della psiche, sull' irremovibilità da lui dimostrata nei confronti della pulsione sessuale come unica pulsione vitale e proprio sul non rendersi conto che chi cura è al tempo stesso un uomo con gli stessi problemi, se a volte non maggiori, del paziente che si presenta al suo cospetto.

A questo riguardo sottolineo che in precedenza avevo affermato che le caratteristiche dello psicanalista erano fondamentali per la riuscita o il fallimento della terapia. Anche perché il transfert tra paziente e psicanalista può diventare proficuo soltanto quando raggiunge una certa profondità. E ciò naturalmente pone dei problemi a livello di standardizzazione del tipo psicanalista, e cioè di chi poi fa l' analisi sul paziente. 

Per quanto riguarda la contraddizione che mina la psicoanalisi tra una razionalità che viene dominata dai propri istinti o irrazionalità, e che naturalmente riconduce automaticamente la psicoanalisi nel non scientifico, mi ero già espresso precedentemente affermando che la psicoanalisi non poteva essere considerata scienza ma che del resto rimaneva un' ottima terapia per determinati problemi psichici. 

Ciò su cui può intervenire la psicoanalisi non è ciò che è alla base delle nostre pulsioni desideranti che possono ritenersi caratteriali e troppo profonde per qualsiasi analisi e quasi tutte di origina genetica, ma su ciò che impedisce il flusso armonico di questi istinti e che è rappresentato dalle rimozioni causate da traumi infantili. Il riportare alla memoria questi episodi e riuscire a conviverci porta quasi sempre ad una migliore condizione psichica del paziente.

Garbino Vento di Tempesta.