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Messaggi - 0xdeadbeef

#106
Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2019, 19:42:23 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 12 Maggio 2019, 19:10:39 PM

Ciao Sgiombo
Io dico semplicemente che se Laplace afferma che "necessariamente" conoscerà in futuro ciò che
adesso è sconosciuto si pone esattamente sullo stesso piano dei "misteri della fede"; che appunto
non solo "rimandano" la conoscenza, ma che la rimandano ad un tempo o luogo nel quale essa avverrà
con necessità imprescindibile.
Citazione
Ma Laplace:

1) non afferma, ma anzi nega recisissimamente (leggiti bene tutta la mia citazione) che "necessariamente" conoscerà in futuro ciò che adesso è sconosciuto.
Ciao Sgiombo
In effetti avevo frainteso le affermazioni di Laplace (per cui non posso che scusarmene).
Sulle altre cose però sono sempre convinto che il determinismo, per così dire, "esageri"
con la pretesa di "sapere"...
saluti
#107
Tematiche Filosofiche / Re:L'immagine della realta'
14 Maggio 2019, 20:57:39 PM
Ciao Carlo
Un concetto della conoscenza come costituita da due fattori, e cioè il soggetto osservatore e
l'oggetto osservato, presuppone la conoscenza di entrambi questi fattori, e questo è impossibile.
O, per meglio dire, è impossibile dal punto di vista, oltre che di Kant, di C.S.Peirce ("già il
pensarlo inserisce il pensato all'interno di una catena segnica") o di G.Gentile ("l'oggetto, in
quanto pensato, non può essere una realtà indipendente dal soggetto che lo pensa").
Quindi, se si intende sostenere quel punto di vista, sono questi "fondamenti" che si devono
confutare (e per me è tutt'altro che facile)...
Come posso sapere se ciò che dico corrisponde a ciò che è senza conoscere ciò che è nella sua
più "pura" oggettività (cioè senza il "filtro" costituito dall'interpretazione soggettiva)?
L'amica Ipazia propone un criterio, l'intersoggettività, che può essere criticabile quanto si
vuole (e io infatti lo critico) ma che è pur sempre un criterio: qual'è il tuo?
saluti
#108
Tematiche Filosofiche / Re:L'immagine della realta'
14 Maggio 2019, 11:02:33 AM
A Viator (e a chi legge)
Io credo che in questo forum il radicalismo teista da una parte, ed anti-teista dall'altra
(certo questo secondo molto più numeroso del primo) non permetta di usare certi aggettivi (mi
riferisco ad "assoluto"), che invece sono fondamentali in una discussione filosofica.
Nota bene che dico "aggettivo" nel riferirmi ad "assoluto"; perchè esso è appunto da
intendersi, nel discorso filosofico, come aggettivo (non come sostantivo, come invece è
usato nel discorso teologico).
Come aggettivo, "assoluto" significa "sciolto", "prosciolto da vincoli"; vincoli che nel nostro
caso (stiamo parlando di fatti e di interpretazioni) potremmo individuare appunto nelle
(necessarie) interpretazioni soggettive.
Da questo punto di vista "assoluto" è dunque il fatto al netto dell'interpretazione (l'"oggetto-
primo", dice la Semiotica). E non è ovviamente conoscibile; non certo "per definizione"; ma
perchè il fatto ci è conoscibile solo attraverso l'interpretazione ("già il pensarlo è
inserire il pensato all'interno di una catena segnica", dice acutamente Peirce).
Ora, dobbiamo dunque rassegnarci a "vivere senza verità" (o con una verità intesa
intersoggettivamente), cioè a vivere potendo conoscere non il fatto ma solo l'interpretazione
("interpretazione" è, naturalmente, anche quella di una intera cultura, o civiltà, o "etnia"
laddove questa pensi che l'"altro-da se" vada escluso, cara Ipazia...)?
Non lo credo, ma non tanto perchè penso che il fatto, o "oggetto" che dir si voglia, abbia
almeno un minimo di conoscibilità; ma perchè penso che conoscibile sia la DIREZIONE della
verità circa quel fatto...
Ma come posso conoscerla, questa "direzione"?
Alla maniera che già l'antico empirismo ci indicava, e la filosofia stoica con il concetto di
"evidenza" (riprendendo il "realismo negativo" di Eco: con un "cacciavite" posso fare svariate
cose - non solo svitare o avvitare - ma certo non posso pulirmici le orecchie, è EVIDENTE).
Questo, in estrema sintesi, il fondamento su cui a parer mio è possibile costruire una teoria
oggettiva della conoscenza.
saluti
#109
Tematiche Filosofiche / Re:L'immagine della realta'
13 Maggio 2019, 21:29:44 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Maggio 2019, 10:30:49 AM
Direi che la tesi più che balzana è un po' fisicalistica, in senso ottico monoculare. Che noi ci rappresentiamo la realtà concordo*, ma ogni specchio coscienziale ha una sua angolatura per cui alla fine, corrette miopie dogmatiche, presbiopie illusionali e astigmatismi vari, la visione intersoggettiva è abbastanza stereoscopica da prestarsi a molteplici utilizzi pratici e stimolare molteplici indirizzi teorici. Le inversioni ci sono, ma anche le inversioni delle inversioni, per cui anche sul piano dei fondamenti si riesce ad edificare baracche soddisfacenti dopo aver bonificato i terreni più astrusi e contraddittori.

* a tal proposito si potrebbe dire, mettendo insieme maestro e allievo, che non esistono fatti, ma solo rappresentazioni.

Ciao Ipazia
Nulla da eccepire, se non che allora (nel 1500) la "visione intersoggettiva" propendeva per
considerare "fatto" che gli Ebrei mangiassero bambini...
Ora, che sulla visione intersoggettiva si riesca ad edificare delle baracche è senz'altro
vero; molto meno lo è che siano "soddisfacenti".
Con ciò non che io mi illuda che su altri "fondamenti" si riesca ad edificare delle baracche
migliori...
Di una cosa sono però più che sicuro: che i fatti "esistono" (solo che non li conosciamo)...
saluti
#110
Tematiche Filosofiche / Re:L'immagine della realta'
13 Maggio 2019, 21:13:57 PM
Ciao Viator
No, non sto parlando di "verità assolute" o roba simile (dipendendo sempre da quel che si
intende con questi termini...). Sto parlando della "semplice" verità di un enunciato (nel
caso preso ad esempio, di Eco, essa era: "è vero che gli Ebrei mangiavano - o mangiano -
i bambini?").
Eco rispose così (ma era chiaramente una provocazione verso certo relativismo): "se allora
- nel 1500 - si diceva così vuol dire che era vero: la verità è ciò che si dice".
Ora, qual'è in questo enunciato (o meglio nella risposta ad esso) la "verità assoluta" e/o
la "verità relativa"?
Io credo che la verità relativa non possa che essere quella che veniva detta (e se veniva
detto che gli Ebrei mangiavano i bambini quella era la verità), mentre la verità "assoluta"
era per così dire la "cosa in sè", cioè la rispondenza di ciò che veniva detto al "fatto"
(se gli Ebrei effettivamente mangiavano o meno i bambini).
La, per così dire, "domanda da un milione di dollari" è quindi questa: come posso conoscere,
o almeno "quanto" posso conoscere, il fatto così da poter dire qualcosa di rispondente al vero
su di esso?
Cercare di rispondere a questo non mi sembra fanatismo...
saluti
#111
Citazione di: viator il 09 Maggio 2019, 21:24:29 PM
Il Tutto invece, è citabile, concepibile, ma pure materialmente esistente.
E' sufficiente postulare l'esistenza di qualcosa. Questo me lo concederai, vero ? Uno o più cosine materiali, anche minime minime. Se anche il regno della materia fosse limitato all'esistenza di un granello di sabbia e basta...........altro non esistendo quello sarebbe appunto il Tutto, no?
E poi l'esistenza di qualcosa giustifica, oltre al Tutto anche - come dissi nei giorni scorsi - la condizione per la quale le cause producono i loro effetti. L'Essere.


Energia, spirito, anima, pensiero, concettualità, sentimento sono solo la medesima immaterialità diversamente collocata nel tempo e nello spazio e destinata a suscitare una incomprensibile, irriconoscibile (a causa della vertiginosa complessità del mondo) varietà di effetti materiali.
Tutti i particolari della realtà possono da noi venir riconosciuti prima o poi, ma il problema è che la scena nel suo complesso presenterà i lati invertiti.

Si tratta della umana sindrome che ci porta a confondere (invertire tra loro) le CAUSE e gli EFFETTI. Pochi se ne accorgono, ma essa è costantemente in agguato.

Pensa a quante migliaia di situazione di questo tipo hanno infarcito la storia dell'umanità ! In questo stesso thread leggo di concezioni che affermano che Dio sicuramente esiste altrimenti l'Uomo non avrebbe avvertito il bisogno della sua esistenza.


Ciao Viator
L'argomento è davvero di grandissima complessità...
Condividi che il "Tutto" sia in ogni caso un "universale"? Cioè un "insieme" che non si riferisce
ad una "unità" particolare (ammesso si possa definire una cosa del genere...) dalle precise
dimensioni spazio-temporali?
E', insomma, un pò come se io dicessi "Italia", o "Milano": si tratta di un "segno" che appongo
ad un qualcosa per definirlo "convenzionalmente".
Ora, è difficile stabilire quali cose hanno una dimensionalità spazio-temporale e quali no.
Ad esempio, quando parlo di una "casa" essa è senz'altro dimensionata materialmente, ma allo
stesso tempo non si tratta di una "unità particolare e indivisibile", bensì si tratta pur
sempre di un "universale" (è infatti formata da muri, tetto, porte, finestre etc.).
Insomma, a rigor di logica solo le unità più semplici ed elementari (gli atomi?) sarebbero
dotati di "materia", mentre tutto il resto sarebbe solo un "universale"...
Già Platone, nel "Sofista", affrontava l'argomento in questi termini: "i figli della terra
- i materialisti - devono dire cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle incorporee,
visto che di entrambe si dice che sono".
In realtà, io credo, aveva ragione C.S.Peirce quando affermava che già il pensare è inserire
il pensato all'interno di una "catena segnica" (significante-significato).
Per cui anche l'affermazione circa il materiale e l'immateriale, essendo un pensato, si situa
necessariamente all'interno di UNA CERTA catena di significati convenzionali.
Dunque il materiale e l'immateriale dipendono da una mera convenzione? Forse sì, anche se,
diciamo, "ci deve essere" (da qualche parte...) differenza fra ciò che posso toccare e ciò
che posso solo pensare...
saluti
(su questo "dove è la differenza" ti rimando ad Eco, sull'altra discussione)
#112
Tematiche Filosofiche / Re:L'immagine della realta'
12 Maggio 2019, 19:32:39 PM
Ciao Viator
Credo tu stia troppo sottovalutando l'argomento di Eco (che invece ha a parer mio grande profondità).
Dicevi precedentemente che la "cosa in sè" può essere conosciuta solo come "fenomeno" (questo nei
termini di Kant, visto che tu parlavi di "preclusione della realtà vera" e di "conoscenza solo della
sua immagine" - ma è la medesima cosa).
Mi dici come fai su questa base a riconoscere la verità di un enunciato?
Presumibilmente, come dire, alzi bandiera bianca ed equipari l'opinione di un saggio alla
esternazione di un pazzo...
"La verità è ciò che si dice", afferma provocatoriamente Eco (ci ho fatto anche un post, tempo fa),
quindi qualsiasi cosa si dica è quella la verità?
Ecco, diciamo allora che per evitare di cadere nel più radicale relativismo è necessario trovare
qualche "punto fermo" cui appoggiarsi. E a me sembra che la strada indicata da Kant poi proseguita
dalla Semiotica possa rappresentare un qualcosa di molto "concreto" al riguardo.
saluti
#113
Citazione di: sgiombo il 12 Maggio 2019, 10:05:51 AM
I "misteri della fede" celebrati dalla liturgia cattolica sono palesemente autocontraddittori, assurdi (1 == 3; immortale ovvero divino == mortale ovvero umano), mentre il determinismo é perfettamente (senza virgolette: di arbitraria, "insindacabile" ipotizzazione umana trattandosi) logico, coerente, sensato.

Ma come fai a non vedere una differenza talmente COLOSSALE ? ! ? ! ? !

Il determinismo non lascia alcuno spazio ad alcuna pretesa domanda sui alcuna pretesa causa prima, dal momento che non consente alcun inizio (né alcuna fine) dell' universo naturale materiale in quanto ciò che lo precederebbe, l' eterno nulla o l' eterna esistenza di un creatore meramente potenziale, non attualmente reale in quanto tale, non comprendendo (essendovi inesistente) il tempo, non potrebbe in alcun modo mutare (in generale; e in particolare non potrebbe mutare né nella creazione divina realmente in atto, né nell' inizio dell' esistenza increata dell' universo stesso in divenire deterministico).

Determinismo == divenire  secondo regole o "leggi" universali e costanti (ovvero valide sempre e ovunque)".

Non di generica metafisica si tratterebbe ma di metafisica teista, che credo di aver dimostrato ineccepibilmente (anche a Ipazia, che pure paventava questo "baco") non ha alcuna possibilità di rientrare da nessun pertugio.

Ciao Sgiombo
Io dico semplicemente che se Laplace afferma che "necessariamente" conoscerà in futuro ciò che
adesso è sconosciuto si pone esattamente sullo stesso piano dei "misteri della fede"; che appunto
non solo "rimandano" la conoscenza, ma che la rimandano ad un tempo o luogo nel quale essa avverrà
con necessità imprescindibile.
Diverso sarebbe stato se avesse affermato la "possibilità" della conoscenza, ma così non è per
Laplace e per tutti i "deterministi", che affermando la "necessità" (e del resto se affermassero
la "possibilità" non si potrebbe parlare di "determinismo") si pongono in un piano
metafisico (dicevo appunto che la metafisica accompagnata alla porta rientra dalla finestra).
Ora, non è che il determinismo intenda intenzionalmente occuparsi di una "causa prima", ma io
credo che questo, per così dire, rientri come conseguenza inintenzionale del muovere da una
posizione che ha al centro il principio aristotelico di causa-effetto.
Cos'è, in fondo, il "determinismo"?
Tu lo definisci come: "divenire  secondo regole o "leggi" universali e costanti (ovvero valide
sempre e ovunque)", cosa cui io premetterei il riconoscimento del principio di causa-effetto,
sul quale il "divenire secondo regole o leggi universali e costanti" non può non basarsi.
Ecco che allora, come giustamente annotato nel post di apertura, il problema della "causa prima"
come "non causata" (casuale?) si pone in tutta la sua, diciamo, "drammatica logicità"...
saluti
#114
Citazione di: sgiombo il 11 Maggio 2019, 19:21:03 PM
"Tutti gli eventi, anche quelli che per la loro piccolezza non sembrano ubbidire alle grandi leggi della natura, ne conseguono necessariamente, come ne conseguono le rivoluzioni solari. Non conoscendo i legami che uniscono tali eventi allo intero sistema dell' universo, li si è considerati come dipendenti da cause finali o dal caso, a seconda che accadano e si succedano con regolarità oppure senza ordine apparente; ma queste cause immaginarie hanno subito un graduale regresso con l' estendersi dei limiti della nostra conoscenza, fino a scomparire completamente di fronte a una sana filosofia, che non vede in esse altro che l' espressione della nostra ignoranza delle vere cause.(omissis)

Ciao Sgiombo
Queste considerazioni mi sembrano francamente del tutto equivalenti ai "misteri della fede" celebrati
dalla liturgia cattolica...
In realtà. a me sembra, questo genere di osservazione nasce da una troppo rigorosa (ed acritica,
aggiungerei) assunzione del principio aristotelico di causa-effetto; che però se, appunto, assunto
troppo rigorosamente scopre pericolosamente il fianco (diciamo così...) alla "domanda delle domande:
quella circa la causa "prima"....
Non so, mi sembra che quella metafisica che si accompagna alla porta porta rientri dalla finestra...
saluti
#115
Ciao Carlo
Sono sistanzialmente d'accordo, senonchè a me sembra che questa "ricostituzione" della divinità
si palesi soprattutto nel fideistico assenso dato alla scienza.
E.Severino, molto acutamente, afferma che la "Tecnica" nasce come tentativo di rimediare all'
angoscia suscitata dal "divenire" (cioè dal provenire dal nulla delle cose per poi al nulla
tornare).
In parole povere l'essere umano è troppo debole per sopportare con consapevolezza l'indeterminatezza
radicale della vita, per cui come ieri riveriva una divinità tradizionalmente intesa, oggi riverisce
una scienza completamente stravolta e diventata, essa, divinità.
saluti
#116
Tematiche Filosofiche / Re:L'immagine della realta'
11 Maggio 2019, 21:07:30 PM
Citazione di: viator il 11 Maggio 2019, 15:05:09 PM
Salve. Vedo tanti utenti che si sono affannati nell'indagare sulla realtà.
Questa ossessione circa il reale non la capisco. Cosa mai ci sarebbe da scoprire circa il reale ?
Nulla, mi sembra, poichè la realtà "vera", "oggettiva", ci è ovviamente preclusa.
Non possiamo conoscere nulla di essa, essendo costretti dal soggettivismo alla esplorazione o contemplazione solo della nostra IMMAGINE della realtà.


Ciao Viator
Stai in pratica facendo il medesimo ragionamento che molti attribuiscono a Kant (la sola cosa
che possiamo conoscere dell'oggetto è il fenomeno, visto che l'oggetto come è in sé non è
conoscibile).
Però non è proprio così; perchè, dice Kant, possiamo comunque andare "verso" l'oggetto in un
"movimento" che egli definisce "trascendentale" (che nulla ha a che vedere con la "trascendenza"
intesa in senso religioso), che mutua dall'empirismo antico, e soprattutto dal concetto stoico di
"evidenza".
Questo, in scandalosa sintesi, il fondamento che porta certi semiologi ad affermare una realtà/verità
"negativa", cioè la possibilità di affermare NON ciò che l'oggetto "è" (impossibile, per i motivi che
appunto dici), ma ciò che non è (ad esempio in U.Eco, il quale afferma che un cacciavite può essere,
sì, adoperato in vari modi, ma CERTAMENTE NON può essere adoperato per pulirsi le orecchie - cioè
NON può essere un oggetto per pulire le orecchie).
A me sembra molto interessante...
saluti
#117
Ciao Viator
Ma come fa il "Tutto" ad essere una realtà materiale? Trovo sia indifferente che sia fuori o
dentro di noi (certo l'idea della tastiera su cui sto scrivendo è dentro di me, però è
anche un oggetto fuori di me): dirimente è se questo "Tutto" possieda o meno "materialità".
E non la possiede perchè non la può possedere: perchè è un'idea che non corrisponde ad
un "oggetto".
A parer mio è infatti necessario distinguere fra il concetto e il concetto di qualcosa...
Voglio dire, se io, adesso, penso ad un cavallo e ad un ippogrifo, ci sarà pure una
differenza fra queste due idee, o no?
Ma a questo proposito trovo molto interessante il tuo riferimento all'energia.
Non ho problemi a dichiarare la mia incompetenza su temi come questo, per cui spero mi
scuserai se dirò cose inesatte.
Ma com'è possibile che l'energia sia immateriale? Vuoi dire che l'energia è o può avere
la medesima "materialità" dell'idea dell'ippogrifo (o dell'idea di Dio)?
Dici molto bene quando affermi che i pensieri possono agire sulla "macchina corporale".
(pensiamo del resto proprio all'idea di Dio; a quanto essa sia stata importante di una
importanza "concreta" nella storia umana). Però l'idea, pur "agente", rimane immateriale
(materiale è semmai l'effetto).
In ogni caso esprimi concetti di notevole interesse (addirittura una rilettura dell'Essere
parmenideo alla luce del concetto aristotelico di causa effetto), complimenti.
saluti
#118
Citazione di: odradek il 05 Maggio 2019, 13:48:10 PM

La volontà di potenza che fonda la moralità non l'avevo davvero mai sentita; la volontà di potenza distrugge morali, non ne crea.


Ecco, ora l'hai sentita. La volontà di potenza crea morali perchè lo dico io (ricorda che io sono
l'oltreuomo che dice: "così dev'essere").
Hai mai sentito nulla di più nietzscheiano?
saluti
(PS. Per la disperazione di chi legge non ci sarà una "parte 2"...)
#119
Ciao Phil
Beh, mi sembri ottimista per i motivi che ho descritto a seguito di quella affermazione,
naturalmente (e cioè che la "necessità della convivenza sociale" è molto più verificabile
negli animali che nell'essere umano).
Proseguendo, per così dire, nella mia personale "narrazione del mondo" io vedo infatti
individualità dove tu vedi socialità; vedo  utilità dove tu vedi etica; e vedo "contratti"
dove tu vedi leggi...
Insomma: vedo queste cose dopo aver visto (o per meglio dire "saputo di"...) nefandezze
inenarrabili ed impensabili nel regno animale.
Quanto al richiamo che ho fatto alla democrazia, volevo dire (onestamente non era molto
chiaro...) che il tuo riferirti a "legislatori rappresentanti del volere/valore popolare"
quali continuatori del concetto di "autorità" nell'emersione della natura convenzionale
del valore morale, si scontra con la attuale tendenza al declino proprio di quel tipo
di autorità (cioè dell'autorità che risiede nell'essere espressione di una "maggioranza").
Il sempre più pervasivo potere "tecnico" è infatti null'altro che l'espressione di un
"razionalismo" che, rifiutando il principio di convenzionalità (cos'è, in fondo, una "convenzione"
se non l'accordo fra tutti o almeno fra il maggior numero di persone?), ripropone una
visione dell'autorità fondata proprio su una "legittimità" da ricercarsi, appunto, NON
nella "convenzione" espressa da un voto, ma su una presunta "competenza"....
E dunque, cercando di tornare un pò sull'argomento originario della discussione, ecco allora
che si ripropone il problema di una legittimità che il "sistema operativo neurologico"
non può riferire a se stesso (pena la perdita di credibilità, ovviamente, perchè emergerebbe
troppo chiaramente che la "radice causale" è l'utile particolare), ma deve riferire ad una
realtà-altra ove poter acquisire "oggettività" (una oggettività che, come dicevo, non può
essere altro che mera finzione).
In definitiva, parafrasando Severino io penso che la modernità "ricostituisca" tale
oggettività (cioè tale finzione di oggettività) nell'uso improprio e strumentale dei principi
scientifici, "piegati" a vantaggio della volontà di potenza dominante ed usati artatamente per
coprirne la "vera" natura.
Sono convinto che, se coerentemente sviluppato, il materialismo non possa portare che all'
affermazione della volontà di potenza ("la natura è matrigna", come diceva Leopardi).
E forse è davvero questa la verità ultima...
saluti
#120
Citazione di: Ipazia il 04 Maggio 2019, 21:17:52 PM
Concordo pienamente sulla chiarificazione finale (sull'illusione) . Meno sulla prima parte (arbitrarietà) che mi pare finisca col rendere fiacca la moralità laica e la sua capacità di individuare una gradazione nei valori su cui costituire l'impalcatura etica intersoggettivamente intesa.


Ciao Ipazia
Probabilmente (anzi certamente...) mi ripeto, ma la tua "moralità laica", il tuo "ethos", è
filosoficamente il medesimo di quello della religione tradizionale.
Lo è magari non sotto l'aspetto qualitativo (migliore, peggiore...), ma sicuramente sotto
l'aspetto teoretico è identico (diciamo che almeno così a me pare).
Quanto la religione tradizionale, hai infatti bisogno di riferire quel "sistema operativo
neurologico" di cui si parlava ad un riferimento "altro", cioè che non è se stesso.
Ovviamente la tua intelligenza ti fa intuire questo "rischio", ed infatti cerchi un modo
affinchè esso, il "sistema operativo neurologico", possa riferirsi a se stesso, ma il
risultato cui pervieni e a parer mio assolutamente insoddisfacente.
Sei infatti costretta a teorizzare la "naturale" bontà dell'essere umano, in maniera del
tutto analoga a quella di certa filosofia anglosassone (in particolare la teoria morale
di A.Smith, che è a fondamento del liberalismo politico).
Con tutto quel che ne consegue, naturalmente (coerentemente dovresti ad esempio pervenire
al sostenere quello che negli USA viene chiamato "anarcoliberismo").
saluti