Non credo sia un caso qualche accadimento di troppo intervenuto nei miei confronti dopo la pubblicazione del tema di questa discussione. Ebbene io spesso ho incontrato biechi personaggi che intendono la fede in Cristo quale una forma di devozione verso un uomo e che vogliono fingere la pazzia di chi li smentisce. Allora accludo una spiegazione, per sicurezza ed anche per smascherare un errore non cristiano e una prepotenza anticristiana, la cui origine è dai tempi di un certo umanesimo rinascimentale (non di tutto esso, si badi).
Per l'avvio della discussione il titolo sopperisce al racconto, verso cui è difficile rapportarsi; ma nessuno ha risposto.
Forse a sembrare assurdo è l'assunto che Gesù di Nazareth non sia proprio Cristo.
Lo studioso che citavo, D. Stuhlmacher, recava in un suo libro due curiose ma illuminanti espressioni:
"Gesù di Nazaret - Cristo della fede";
"Gesù di Nazaret come Cristo della fede".
La prima costituisce il titolo effettivo di una sua pubblicazione, che reca dentro anche la seconda.
Questa descrive chi incontrava l'uomo detto Gesù e a sèguito dell'incontro comprendeva l'oggetto di fede cristiana, cosa che avviene oggi tramite la memoria di lui. Si tratta di un conto dei fatti, ma non di identificazione. L'altra col trattino invece indica che i fatti non sono in discontinuità con la fede, ma restano disuniti. L'atto di fede si profila necessariamente come salto, secondo una continuazione per gradi diversi anzi differenti, insomma come un uomo che camminando poi continua proprio con un salto.
Forse iniziativa editoriale, forse no, nella copertina del libro c'è quest'altra espressione: "Gesù di Nazaret Cristo della fede". Si sa che per il titolo dell'opera bisogna guardare l'interno e solo se manca rifarsi alla copertina; se il titolo interno è diverso, è quello autentico. La copertina a volte serve per avvicinare. Appunto, giustapponendo i due riferimenti, Gesù di Nazareth e Cristo della fede, ci si introduce soltanto all'argomento.
Il libro consta di tre scritti e il titolo mostra la conclusione dello storico e teologo: nonostante vi sia un salto tra fede e storia, esiste una continuità. Tale salto è dimostrato dal come: una analogia tra personaggio storico e figura teologica, non una identità! Gesù stesso rappresentava altro da sé, questa volontà di alterità reca il segno di una sua effettiva possibile missione per il cristianesimo, cioè di una relazione nonostante tutto... anche se questo è il parere storico-critico, non la descrizione del cristianesimo quale si presenta oggi. Nel testo tradotto in italiano si trova anche un indugiare eccessivo sulla prospettiva storica, cioè senza tirare le somme per quel che si sarebbe potuto. Sembra cioè che una altra parte critica si poteva aggiungere.
Rituale ebraico gesuano e rituale apostolico cristiano della Santa Cena sono scoperti in opposizione storica! L'uno rivolto al passato, l'altro al futuro (era già risaputo, al di fuori degli studi storici). Questa direzione viene scoperta per non unica, emergendo implicitamente anche una grecità non dipendente dalla missione del Nazareno - questo la bibbia lo lascia intendere anche direttamente.
Stuhlmacher non riflette sui risultati raggiunti, limitandosi all'assunto, che espongo secondo terminologia diversa da quella principale del libro: v'è relazione tra il Gesù storico e il Cristo dell'annuncio, secondo non omogeneità e non omologia. Dico io: il parere dello storico, su una priorità della vicenda del Nazareno, può essere inteso solamente come interno a una ricerca sulla storia dei Vangeli, insomma una priorità di tale studioso di storia; difatti il senso della ricerca condotta porta alla conclusione opposta, per ciò che riguarda l'esistenza e la libertà concreta dei cristiani.
P.S.
Riguardo alla distinzione semantica tra Gesù e Cristo, questa è innanzitutto glottologica, a prescindere da ideologie religiose o non religiose.
MAURO PASTORE
Per l'avvio della discussione il titolo sopperisce al racconto, verso cui è difficile rapportarsi; ma nessuno ha risposto.
Forse a sembrare assurdo è l'assunto che Gesù di Nazareth non sia proprio Cristo.
Lo studioso che citavo, D. Stuhlmacher, recava in un suo libro due curiose ma illuminanti espressioni:
"Gesù di Nazaret - Cristo della fede";
"Gesù di Nazaret come Cristo della fede".
La prima costituisce il titolo effettivo di una sua pubblicazione, che reca dentro anche la seconda.
Questa descrive chi incontrava l'uomo detto Gesù e a sèguito dell'incontro comprendeva l'oggetto di fede cristiana, cosa che avviene oggi tramite la memoria di lui. Si tratta di un conto dei fatti, ma non di identificazione. L'altra col trattino invece indica che i fatti non sono in discontinuità con la fede, ma restano disuniti. L'atto di fede si profila necessariamente come salto, secondo una continuazione per gradi diversi anzi differenti, insomma come un uomo che camminando poi continua proprio con un salto.
Forse iniziativa editoriale, forse no, nella copertina del libro c'è quest'altra espressione: "Gesù di Nazaret Cristo della fede". Si sa che per il titolo dell'opera bisogna guardare l'interno e solo se manca rifarsi alla copertina; se il titolo interno è diverso, è quello autentico. La copertina a volte serve per avvicinare. Appunto, giustapponendo i due riferimenti, Gesù di Nazareth e Cristo della fede, ci si introduce soltanto all'argomento.
Il libro consta di tre scritti e il titolo mostra la conclusione dello storico e teologo: nonostante vi sia un salto tra fede e storia, esiste una continuità. Tale salto è dimostrato dal come: una analogia tra personaggio storico e figura teologica, non una identità! Gesù stesso rappresentava altro da sé, questa volontà di alterità reca il segno di una sua effettiva possibile missione per il cristianesimo, cioè di una relazione nonostante tutto... anche se questo è il parere storico-critico, non la descrizione del cristianesimo quale si presenta oggi. Nel testo tradotto in italiano si trova anche un indugiare eccessivo sulla prospettiva storica, cioè senza tirare le somme per quel che si sarebbe potuto. Sembra cioè che una altra parte critica si poteva aggiungere.
Rituale ebraico gesuano e rituale apostolico cristiano della Santa Cena sono scoperti in opposizione storica! L'uno rivolto al passato, l'altro al futuro (era già risaputo, al di fuori degli studi storici). Questa direzione viene scoperta per non unica, emergendo implicitamente anche una grecità non dipendente dalla missione del Nazareno - questo la bibbia lo lascia intendere anche direttamente.
Stuhlmacher non riflette sui risultati raggiunti, limitandosi all'assunto, che espongo secondo terminologia diversa da quella principale del libro: v'è relazione tra il Gesù storico e il Cristo dell'annuncio, secondo non omogeneità e non omologia. Dico io: il parere dello storico, su una priorità della vicenda del Nazareno, può essere inteso solamente come interno a una ricerca sulla storia dei Vangeli, insomma una priorità di tale studioso di storia; difatti il senso della ricerca condotta porta alla conclusione opposta, per ciò che riguarda l'esistenza e la libertà concreta dei cristiani.
P.S.
Riguardo alla distinzione semantica tra Gesù e Cristo, questa è innanzitutto glottologica, a prescindere da ideologie religiose o non religiose.
MAURO PASTORE