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Messaggi - Jacopus

#1051
Ovvio che la malattia mentale ha una concausa sociale. Se la società crea i presupposti per il non-riconoscimento, una possibile via di fuga è la malattia mentale. Non tutti adottano questa strategia poiché interagiscono fattori sociali, fattori genetici e fattori casuali. Se la società crea i presupposti per la violenza, una risposta adattiva può essere la malattia mentale.
Nash era solo un esempio. La schizofrenia e la paranoia permettono il mantenimento delle funzioni cognitive generali, al punto che si possono architettare progetti lucidissimi,che però sono minati alla base dal delirio. È possibile anche la remissione dei sintomi, sia temporanea che permanente. Sull'accentuazione delle capacità digitali e del pensiero classificatore e tipologico negli schizofrenici , vedi anche Mc Gilchrist, "il padrone e il suo emissario."

Sull'autismo ho più dubbi, anche se è vero che autismo schizofrenia e paranoia hanno molti punti in comune. E tutte e tre le condizioni si muovono entro uno spettro di esperienze molto diverse fra di loro in termini di gravità e di espressioni. L'autismo però ha una origine molto più genetica e quindi organica rispetto a schizofrenia e paranoia.
#1052
Aridaje. Proprio non ce la facciamo. Che ci siano i profittatori è scontato, ma che i BF 109 fossero più performanti dei biplani è altrettanto scontato (per Ipazia).

La schizofrenia pura non implica alcuna degenerazione cognitiva ed anzi probabilmente accentua le capacità di pensiero matematico e digitale a discapito del pensiero emotivo. Pertanto si può perfino vincere un premio Nobel ed essere diagnosticati schizofrenici ( fatto vero, si chiamava J. Nash, se ricordo bene). (Per Socrate).
#1053
Anthonyi: Esatto. Questo è un altro aspetto molto rilevante. Il malato psichiatrico, soprattutto quello grave, ritiene che i pazzi siano gli altri (e qualche ragione spesso ce l'ha anche). E' per questo che oggi esiste il depot. Ovvero una iniezione a lento rilascio, che può essere fatta ad intervalli anche di due mesi, rendendo più vivibile la vita alle stesse persone che assistono il malato, che altrimenti devono combattere ogni giorno una battaglia per far assumere il medicinale al malato.
In ogni caso ripeto, la malattia mentale è un problema sistemico. Pensare di trattarlo solo con i farmaci è un sogno tecnologico controproducente e sintonico con questa società. Il farmaco agisce sull'emergenza oppure tratta una situazione cronica non altrimenti gestibile. In ogni caso ha quasi sempre migliorato la qualità della vita dei malati e ciò, pragmaticamente, va riconosciuto.
#1054
Mi sembra evidente che molti nemici degli psicofarmaci non sanno di cosa parlano o non hanno
 avuto esperienza della malattia mentale vera, non la depressione passeggera o il disturbo ossessivo-compulsivo (che non sono passeggiate ma insomma si possono affrontare), ma la schizofrenia o la depressione maggiore. Con questi disturbi senza alcuna terapia, ci troviamo poi i "titoloni" sui giornali: "depresso uccide l'intera famiglia, e i servizi sanitari non hanno fatto niente". A meno che di non voler prescrivere come terapia la preghiera, qualcosa bisogna fare e gli psicofarmaci, in questi ultimi anni hanno fatto passi da gigante, anche se ovviamente, come tutti i "farmakon", bisogna fare una giusta valutazione costi-benefici, poichè sono sempre farmaci altamente impattanti e con bugiardini che sono di solito delle dimensioni di un lenzuolo.

Evidentemente si può agire in diversi modi. Si possono rinchiudere i cosiddetti pazzi in centri appositi, come accadeva fino a 40 anni fa, rendendo in questo modo la malattia cronica, oppure si può investire la società del problema, investendo in strutture di accoglienza a metà fra il sociale e il sanitario, come prevedeva la legge Basaglia. La cura della malattia mentale presuppone la trasformazione degli stessi rapporti di potere all'interno della società, che sono i primi precursori della malattia mentale stessa. Ammesso che ciò possa avvenire, bisogna comunque fare qualcosa "qui ed ora". E gli psicofarmaci sono una delle armi a disposizione per evitare che alcuni soggetti perdano completamente la loro autonomia.
E' evidente che di fronte al beneficio di alcuni psicofarmaci, vi possono essere degli abusi, che non devono però diventare la motivazione per buttare il bambino con l'acqua sporca (es: https://it.wikipedia.org/wiki/Olanzapina).
Che vi siano molte controindicazioni è accertato dalla stessa disciplina medica e quindi va sempre fatta una valutazione costi/benefici. Di fronte ad una persona leggermente psicotica che crede di ascoltare la voce di San Francesco che gli dice che prosciutto prendere si può anche evitare una farmacoterapia, ma se la stessa persona pensa di essere invasa da minuscoli alieni invisibili che hanno contaminato l'intera casa e così non riesce più ad uscire di casa e prende continuamente campioni di materiale da far esaminare ai laboratori di analisi, allora forse un farmaco può servire. Anche perchè il cosiddetto "malato mentale" funziona esattamente come il malato organico, ovvero possono esserci momenti di "acuzie" a cui seguono periodi tranquilli e di normalità o di gestione dell'anormalità. Anche gli psicofarmaci non sono tutti uguali, si passa dalle gocce per rilassare (Xanax) alle iniezioni di depot che possono costare fino a 1000 euro per singola somministrazione.
E' ovvio che questi medicinali non guariscono ma aiutano a guarire per un semplice meccanismo di interruzione delle manifestazioni più eclatanti del delirio. La non ripetizione del delirio, grazie al farmaco, permette una stabilizzazione del paziente, che magari continua a coltivare il delirio "privatamente", cosa che però gli permette di avere una vita "quasi" normale. Come molte situazioni umane, infatti, la ripetizione del comportamento è una costante sia in situazioni positive (ad esempio al mattino quando ci svegliamo per andare al lavoro) oppure negative (quando ad esempio apprendiamo come rubare al supermercato).
A mio parere, gli psicofarmaci andrebbero somministrati solo in casi evidenti di gravità e dovrebbero essere accompagnati da sedute di psicoterapia, oltre ad altri possibili interventi psicoeducativi (come gruppi di aiuto-aiuto, laboratori per attività collettive, centri ludici), ma questo si scontra con limiti di budget, in una situazione in cui a livello globale si tende a "privatizzare" la sanità. In Liguria, ad esempio, la situazione della psichiatria è a un passo dalla chiusura per mancanza di personale. In molti centri il Direttore è il direttore di sè stesso, poichè magari c'è solo lui come psichiatra. Una situazione molto grave che pone il personale ad un livello alto di stress e nella condizione di prendere decisioni sbagliate per sovraccarico di lavoro. Da ciò, però dire che la psichiatria non è una scienza o che gli psicofarmaci sono tutti da buttare, ce ne corre. Come al solito non si riesce a fare una valutazione equilibrata, in grado di distinguere gli abusi e i benefici di un processo che spesso non si conosce o si conosce solo per sentito dire.
#1055
@ Socrate. Vista la gravità delle accuse da te riportate ti chiedo, per rispetto a questo forum e a chi lo frequenta di linkare le tue gravi affermazioni, in modo tale che chiunque possa farsi un'idea più accurata delle fonti. Altrimenti sono affermazioni buone per Facebook.
#1056
Tematiche Filosofiche / Re: La morte della Scienza
31 Marzo 2023, 11:56:52 AM
Mi vien da dire, sinteticamente, che equiparare economia, scienza e religione è una mossa decisamente anti-storica, che non riconosce la presenza di una filosofia della storia, che si muove accanto (e più velocemente) all'evoluzionismo filogenetico della specie homo.
#1057
Percorsi ed Esperienze / Re: Le croci "magiche"!
30 Marzo 2023, 11:32:00 AM
Terza riga, seconda X da sinistra.
#1058
Percorsi ed Esperienze / Re: Le croci "magiche"!
30 Marzo 2023, 11:01:38 AM
esperimento fatto.
#1059
A proposito della Segre e della sua capacità di resilienza. La medicina è anche un discorso statistico, applicato alla grande e giustamente anche per il covid. Idem per le malattie mentali. Non a caso i primi studi sul trauma furono successivi alla prima guerra mondiale, quando si dovette fare i conti con i tanti reduci di guerra che avevano perso qualche rotella. Di sicuro non tutti, ma una grande percentuale, tale almeno da creare un nesso fra malattia mentale e violenze agite e subite. A Segre potrei facilmente replicare con Primo Levi, morto suicida e con addosso il grandissimo senso di colpa di essere sopravvissuto ai tanti che invece erano morti senza alcuna colpa. E ciò nonostante fosse consapevole ed appagato dal grande successo come scrittore, conscio di essere entrato nella storia della letteratura italiana.
Infine, oltre a situazioni di disagio familiare che spesso si tramandano di generazione in generazione attraverso pattern comportamentali, la malattia mentale è profondamente condizionata e causata dalla struttura sociale. Esempio: una cultura patriarcale estrema può rendere asfissiante la vita a certe donne della famiglia a cui viene attribuito un ruolo di vittime (vedi ad esempio gli studi di Selvini sui ruoli psicotici familiari). Il loro ruolo di pazze preserva la sanità mentale degli altri che possono dirsi sani, distinguendosi da chi hanno, loro stessi, relegato nel ruolo di malati mentali. Questo per dire che una società più sana non ha bisogno di "psicoterapia per tutti" (un ideale del genere lo aveva Reich, ma non riuscì nel suo intento a causa dell'avvento di un altro tipo di Reich), ma di diversi assetti sociali. Ad esempio non ci rendiamo conto a sufficienza di quanto disagio mentale stiamo coltivando fra i migranti, attraverso politiche di esclusione e non riconoscimento.
P.S. Le malattie mentali non sono affatto democratiche e colpiscono molto più pesantemente le classi povere.
#1060
Claudia. Non so a quali testi fai riferimento, ma la deprivazione materna e i genitori maltrattanti continuano ad essere tuttora, anche nei testi neuroscientifici, come elementi di primaria importanza nella eziogenesi delle malattie mentali. Ovvio che vi sia anche una incidenza genetica e pertanto si possono verificare situazioni di orfani felici e figli di mammà, malati. A livello statistico in ogni caso credo che sia il motivo principale dei disturbi psicologici. 
#1061
Claudia. Il paragone con il diabete è fuorviante. Il Snc non è paragonabile ad alcun altro organo, altrimenti non ci saremmo dotati della psichiatria. Sarebbe stata sufficiente la neurologia, non ti pare?
#1062
Inizio dalla fine. Socrate: i neurotrasmettitori implicati nelle psicosi sono dopamina (troppa) e serotonina (poca). Se non ricordo male hanno anche individuato i settori del cervello mal funzionanti che sono connessi alla psicosi, localizzati più sull'emisfero sinistro, ma vado a braccio. Il discorso però non può essere organico, poiché il mal funzionamento del cervello dipende dall'ambiente. Ad esempio il cortisolo viene prodotto di più in situazioni di pericolo e di stress e se lo stress è continuo il livello di cortisolo diventa cronicamente elevato, anche in condizioni di relax, causando una situazione di disagio o di malattia cronica e il cambiamento radicale dell'intero Snc (visto che il Snc cambia per il semplice fatto di leggere questo forum, immagina il cambiamento (in peggio) in una situazione di stress.).
Insomma vi è una interazione continua up-down e down-up con continui feed-back fra ambiente e patrimonio genetico individuale. Oltre a ciò intervengono fattori culturali a rendere più complessa la cura o la cronicizzazione della malattia mentale. Una società non stigmatizzante verso la malattia mentale rende possibile maggiori livelli di guarigione, ad esempio.
#1063
Il dilemma fra correlazione ambientale o correlazione genica e malattia mentale è simile, per quanto riguarda alla soluzione, al dilemma fra determinismo e libera volontà. Ormai si sono appresi molti meccanismi attraverso i quali la struttura genetica si modula attraverso l'espressione genica anche durante la vita del fenotipo e non solo del genotipo, che sono riassunti nello studio dell'epigenetica. Ciò ovviamente a maggior ragione quando si parla di comportamento, poichè è difficile, epigeneticamente, che ci spunti un sesto dito.
Di solito affermare la predominanza genica ha un effetto a catena piuttosto deleterio, ovvero fa presumere la possibilità di curare questi disturbi solo con la farmacoterapia. Una soluzione molto meno dispendiosa e molto più tecnica di un altra che invece produrrebbe un livello più alto di sanità mentale, ma intaccherebbe inevitabilmente la forma di produzione dominante, ovvero il capitalismo e il suo correlato individualistico e antisociale. Quello che voglio dire è che certe forme di alienazione e di dominio dell'uomo sull'uomo e ancor di più dell'uomo sulla donna o su minoranze o su soggetti ritenuti comunque diversi, sono le cause dirette di svariati tipi di patologie mentali. La patologia mentale per eccellenza, ovvero la psicosi, è semplicemente un modello di fuga rispetto a situazioni intollerabili. Esempio: un genitore che usa sessualmente la figlia. In questo caso una certa predisposizione genetica è necessaria per l'insorgenza della malattia, ma il fattore destabilizzante è il trauma, che incide ancor di più a seconda della sua reiterazione nel tempo, così come condizionano lo sviluppo della malattia, i successivi fattori protettivi o di rischio nella storia individuale della persona (che magari ha uno zio che ammira, oppure un amico con cui si confida, o una squadra di calcio che lo sostiene, e così via). Il delirio serve così a mascherare un dolore così forte, che se venisse alla luce potrebbe comportare fortissime motivazioni autolesive, fino al suicidio. Il soggetto per salvarsi da questo rischio, inventa un suo mondo. In forme attenuate questo meccanismo traumatizzante proveniente dall'ambiente è ripetibile per ogni forma di patologia, comprendendo nel discorso del trauma, anche quello, ad esempio di assenza di contenimento genitoriale (i famosi "no che aiutano a crescere"), che contribuiscono a generare caratteri narcisistici.
Tutto ciò ovviamente in assenza di alterazioni organiche, che però non sono di competenza psichiatrica ma neurologica.
#1064
Per Anthonyi. Dal punto di vista psicodinamico (psicoanalisi), consigliare e sconsigliare è sempre rischioso, poichè pone in atto un atteggiamento valutante e giudicante che inficia il processo di analisi stesso, che deve essere il più neutrale possibile. Il cambiamento e quindi la guarigione, se avviene, avviene per un processo interno lento e individuale, nel quale il terapeuta svolge solo il compito di traghettatore e non certo di mentore, per il quale servirebbe un'altra disciplina, ovvero la pedagogia. Forse un lacaniano potrebbe lanciare un consiglio o addirittura un obbligo o un divieto, ma in chiave paradossale, così come la psicologia sistemico-relazionale. E' per questo che la psicoanalisi implica percorsi che durano molti anni con sedute anche tre o quattro volte alla settimana.

CitazioneQuesta, però, è la visione classico-romantica, figlia dei tempi in cui era impossibile studiare il cervello vivente, nonchè indagare sulle dinamiche di interdipendenza funzionale tra l'organo cervello e tutti gli altri organi.
Claudia k. Potrei risponderti dicendo che la tua visione è la visione di una parte della neuroscienze e non certo di tutta la disciplina neuroscientifica, e di quella parte ovviamente più scientista di tutte (fai riferimento ad esempio a Churchland). Ma gran parte delle neuroscienze è invece propensa a collegare gli effetti organici e la produzione di ormoni nell'asse surrene-ipofisi-ipotalamo, con gli avvenimenti esperenziali dell'individuo, poichè il nostro cervello con la sua plasticità e la sua capacità di identificarsi e collaborare con gli altri suoi simili, è un cervello esteso, collegato con quelli degli altri e con la storia della civiltà umana. Pertanto voler ridurre tutto a funghi somministrati dal Brucaliffo di turno mi sembra alquanto pericoloso e non rispondente neppure all'evidenza di una parte delle stesse neuroscienze.
Nel tuo intervento leggo quello che molti neuroscienziati pongono come critica alla loro disciplina, ovvero a considerarla come l'ultima e indiscutibile teoria veritativa, che finisce per sostituire, in campo psicologico, proprio quella teoria per molto tempo indicata come veritativa ed oggi in declino, che era la psicoanalisi. In questo senso la lettura della filosofia è invece un validissimo antidoto a questa deriva scientista e non a caso esiste una sottodisciplina molto interessante su questi argomenti che si chiama neurofilosofia (Northoff). Se vuoi avere invece un quadro ancora più affascinante su questi argomenti ti consiglio un piccolo capolavoro che ho recentemente letto, Mc Gilchrist, Il padrone e il suo emissario, che esemplica in modo esemplare il nesso cervello/mondo. Per non parlare del fatto che gli scompensi ormonali che provocano le malattie mentali sono un mix di cause ambientali e organiche, le quali a loro volta sono spesso ereditate da cause ambientali che vengono trasmesse attraverso processi epigenetici. Cose scoperte proprio grazie alle neuroscienze, che quindi rimettono in causa esattamente quei processi patologici ambientali che altre correnti delle neuroscienze tendono a trascurare o svalutare.
#1065
CitazioneTi ringrazio della notazione, peró non capisco come possa essere coerente con quanto dici.
Se una persona ha problemi con il suo pensiero, qualcosa che genera pensiero come la filosofia può interferire in un itinerario di cura di quel pensiero. E come la persona malata di cuore che si mette a fare esercizio fisico, che normalmente fa bene alla salute ma nel suo caso comporta il rischio di un infarto.
Ciao Anthonyi. Il paragone non regge per il fatto che la mente/cervello non è un organo come gli altri, per i quali può essere applicato (parzialmente) il modello della cura tradizionale, diagnosi-prognosi-terapia farmacologica o altro.
La cura della parola, come declinata dalla psicologia è un'altra cosa, poiché non può essere fondata su un rapporto gerarchico fra medico/paziente. Un modello del genere potrebbe funzionare solo su persone particolarmente sottomesse e dotate di un falso sè, condannandole però a organizzarsi attorno al loro falso sè.
Tornando all'esempio. Se in un colloquio il paziente dicesse "sto leggendo dei libri di filosofia e ciò mi rende confuso", il terapeuta dovrebbe indagare questi processi e capire cosa significano per il paziente. Arrivare a sconsigliarne la lettura (e non il divieto, che è una semplice aberrazione), può essere un obiettivo dei colloqui ma per arrivarci occorre tempo e fiducia reciproca.
Il modello gerarchico fu applicato inizialmente dallo stesso Freud (che era anche medico, come quasi tutti i più noti psicoanalisti), ma ad un certo punto si accorse che il modello non funzionava. Per ottenere la guarigione, oltre a scoprire la causa della malattia psichica, occorreva l'alleanza terapeutica, che descrisse come transfert e controtransfert. E questo poneva medico e paziente in una relazione diversa e meno gerarchica.
Precisazione finale. La psicologia dinamica cura prevalentemente disturbi non gravi o medi, mentre per le psicosi e i disturbi depressivi maggiori la psicoterapia è di supporto a cure farmacologiche che hanno la prevalenza. In ogni caso aiutano anche in queste situazioni di disagio più grave. Altra precisazione. Quasi tutti gli psichiatri sono anche psicoterapeuti poiché ormai è dimostrato che i maggiori successi di guarigione avvengono in caso di terapia integrata farmaco/psicoterapia. Terza ed ultima precisazione. La psicoanalisi sta alla psicologia come la categoria "Renault" sta alla categoria "automobile".