Tornando in topic, mi sembra che ogni religione sia piuttosto esplicita riguardo il proprio posto nella gerarchia rispetto alle altre: il primo comandamento, il primo pilastro dell'Islam, il primo gioiello del triratna buddista, etc. lasciano poco spazio al relativismo e al «secondo me» dei fedeli.
Come ricordatoci indirettamente da paul11, mentre le costituzioni umane hanno necessariamente un limite geografico e possono essere modificate, quelle divine si (auto)presentano come ecumeniche e as-solute nel tempo. Con quale diritto dunque gli umani ministri del dio potrebbero proporre una "riforma costituzionale" dei comandamenti dettati direttamente dalla divinità? Può l'uomo metter la sua parola sopra quella del dio e forzare un'esegesi relativista del primo comandamento?
Il percorso (post)religioso mi sembra avere una direzione piuttosto chiara: nel tentativo di attualizzare le religioni, di renderle più compatibili con la globalizzazione culturale, se ne stanno indebolendo i fondamenti dottrinali (con annessa valenza veritativa), senza i quali la religione diventa un'(est)etica esistenziale.
Come ricordatoci indirettamente da paul11, mentre le costituzioni umane hanno necessariamente un limite geografico e possono essere modificate, quelle divine si (auto)presentano come ecumeniche e as-solute nel tempo. Con quale diritto dunque gli umani ministri del dio potrebbero proporre una "riforma costituzionale" dei comandamenti dettati direttamente dalla divinità? Può l'uomo metter la sua parola sopra quella del dio e forzare un'esegesi relativista del primo comandamento?
Il percorso (post)religioso mi sembra avere una direzione piuttosto chiara: nel tentativo di attualizzare le religioni, di renderle più compatibili con la globalizzazione culturale, se ne stanno indebolendo i fondamenti dottrinali (con annessa valenza veritativa), senza i quali la religione diventa un'(est)etica esistenziale.