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Messaggi - Sariputra

#1066
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
28 Luglio 2017, 23:09:24 PM
Cit.Phil:
Eppure, proprio se ci si identifica con lo stato d'animo della soddisfazione si è già nell'eccezione all'insoddisfazione perenne   

Io direi piuttosto che si è nell'illusione di essere soddisfatti . Attento che io non parlo di "perenne" ma di uno stato sotterraneo che "spinge" all'azione per cercare soddisfazione e non la trova. Per questo ho usato il termine di "sete". La sete non si prova sempre, ma sempre ritorna e non ci si libera da essa. E' la vita stessa questa "sete inestinguibile" di soddisfazione. Non siamo "noi" che proviamo la "sete" , è la "sete" che ci crea per potersi appagare. "Noi" è una panzana creata dal pensiero che si identifica con questo bisogno di soddisfazione. "Noi" è funzionale al manifestarsi di questa "sete". Pertanto...

Cit.Phil:
 per smascherarli, basterebbe guardare la vita pratica di questi sedicenti soddisfatti: fanno una fila di ore per acquistare l'ultimo modello di Iphone, pur avendo già in tasca il penultimo modello ancora in garanzia e perfettamente funzionante? Allora forse stanno bluffando... se invece non hanno davvero comportamenti che tradiscono insoddisfazione, allora... vuoi vedere che sono davvero soddisfatti di quello che hanno/sono (pur non avendo rinunciato al concetto di Io o Sé  )?

Ci sono insoddisfazioni molto più profonde e intime che non quelle che ci spingono a far la fila per l'ultimo gadget. La lista delle insoddisfazioni è talmente enorme che certamente non si può risolvere semplicemente osservando lo "stile" di vita  ( austero o consumistico che sia...) di una persona. Ci sono monaci insoddisfatti della loro ciotola per le elemosine. Ci sono quelli che provano insoddisfazione per il cibo elemosinato. Infinite forme di insoddisfazione, palesi od occulte. Proprio l'uomo che più sembra distaccato dall'andazzo può covare una profonda insoddisfazione, che va e viene, come un prurito che ti tormenta , che sembra sparire, quindi ricomincia...legata a molteplici cause ( come gli esempi che porta Altamarea...). 
Quindi ritengo che non sia possibile essere davvero soddisfatti senza rinunciare all'attaccamento al concetto di Io o Sè. Perché no? Perché l'attaccamento al concetto di Io o Sè è la causa basilare del manifestarsi degli stati insoddisfacenti. :)
#1067
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
28 Luglio 2017, 20:59:20 PM
Mi sembra che siamo esseri che parlano un linguaggio diverso e, per molti aspetti, incomprensibile uno all'altro ;D . Intanto stiamo parlando dello stato di insoddisfazione che spinge continuamente l'uomo a cercare qualcos'altro che lo soddisfi. Non stiamo certo parlando di  "di cancellare gli eterni momenti di gioia, o di dolore, vissuti".  Quindi la gioia e il dolore sono sempre presenti, sono la nostra condizione esistenziale corrente, ma l'insoddisfazione è qualcos'altro ed ha a che fare con la nostra errata concezione del mondo che ci spinge ad afferrarci alle cose ritenendo che possano darci felicità duratura. Pertanto le "giornate nere" e "quelle di grazia" si rincorrono ma noi ci identifichiamo con lo stato d'animo che vive questi momenti, ossia riteniamo che "siamo noi" che viviamo giornate nere e di grazia, che c'è "qualcuno" che si ritiene soddisfatto o insoddisfatto dalla vita.

Cit.Phil:
Davvero l'assioma "è impossibile essere soddisfatti di ciò che si è/ha, si desidera sempre altro" non concede eccezioni?

Io sono convinto che, sì, l'assioma non conceda eccezioni finchè ci si identifica con gli stati d'animo della soddisfazione e dell'insoddisfazione e sono addirittura convinto che quelli che sostengono di essere soddisfatti dalla vita ( e sono volutamente provocatorio...) mentono a se stessi per paura di confrontarsi con la propria insoddisfazione ( questo mette in discussione molte cose ovviamente...). Anzi, ancor più provocatorio perché fa caldo e quindi...,  ritengo che non sia "normale" sentirsi soddisfatti della propria vita  :) . "Normale" è sentirsi insoddisfatti perchè è la natura stessa dell'esistenza condizionata, a mio parere, é la "fame" stessa di questa natura, che chiede sempre di più.

Cit.Baylham
Del buddismo apprezzo proprio l'ìmpermanenza, purché sia coerente sino in fondo, permanente, senza eccezioni per il dolore, il nirvana o il vuoto. 

Per il buddhismo tutto ciò che ha origine dipendente è impermanente ( quindi anche il dolore). Il Nirvana, essendo uno stato che non ha origine dipendente non può giocoforza essere impermanente. Il vuoto è la natura stessa di tutte le cose che hanno origine dipendente, secondo questa concezione.

Cit.baylham
Evito di pormi fini impossibili

Perché impossibili? E' possibile liberarsi dagli stati di insoddisfazione, non richiede particolare intelligenza, non serve essere filosofi, è alla portata di tutti. Certo bisogna volerlo e aver fede che sia possibile ... :)
#1068
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
28 Luglio 2017, 15:37:37 PM

cit.da Apeiron:P.S. Nemmeno Leopardi (!) era triste sempre: l'Infinito mi sembra una poesia che nasce dall'Estasi e non le era quando era innamorato di Silvia o Fanny. Ma questi momenti di gioia non li hanno impedito di sviluppare una filosofia "pessimista". Idem vale per lo stesso Schopenhauer. Per Angelo: nemmeno Schoppy diceva che "tutto è male". Anche per lui con l'arte, la compassione e con la "noluntas" (che ricorda l'assenza di tanha) si può essere "gioiosi" o addirittura "liberi". Nemmeno io dico che "tutto è male". Anzi ho come l'intuizione che l'Incondizionato ci sia e sia tipo "lo stato naturale" ma non posso provarlo ma posso solo constatare quanto noi siamo lontani da questo "stato".


L'infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio.

Se non è un'esperienza estatica messa in poesia questa...
Ma la difficoltà  della mente e il suo attaccamento si manifestano quando, mentre siamo presi con tutto noi stessi da questo rapimento, da questa profona riflessione che ci riempie l'animo...ecco! Nostra madre ci ordina di andare a spazzare le foglie secche che il vento ha deposto nel giardino. Ma come!...Sto riflettendo e assaporando l'incondizionato; sento questa profonda intuizione...mi sento così spirituale e...devo andare a spazzare le foglie...Nooo! Ecco la frustrazione e subito l'insoddisfazione! Ma perché devo fare una cosa così banale? Sto scrivendo pagine e pagine di riflessioni...non posso adesso...aaaahh, come mi sento insoddisfatto!...Ecco subito l'avversione. Se coltiviamo la presenza mentale però possiamo imparare da questa insoddisfazione; possiamo vedere come l'istintiva  tendenza della mente ad aggrapparsi a tutto sia all'opera anche mentre stiamo riflettendo sull'attaccamento della mente alle cose, pensando di essercene liberati per qualche momento...così finiamo per aggrapparci e attaccarci pure al "tra questa immensità s'annega il pensier mio".
Riusciamo invece a vedere la profonda bellezza dello "spazzare le foglie secche nel giardino"?  :)
#1069
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
28 Luglio 2017, 09:52:47 AM
cit.da Apeiron:
Dimenticavo: "La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti significanti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della commedia. Imperocchè l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene da commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia. (§ 58)" (Schopenhauer) - (credo che anche Sariputra sia d''accordo con questa particolare citazione del controverso filosofo di Danzica)

E' così, Apeiron! Anch'io, se osservo il dolore , le difficoltà, l'impermanenza e la tragicità delle vite umane provo una grande compassione  e quel senso di mono-no-aware delle cose che così bene e poeticamente descrivi. Ma d'altro canto, se osservo le umane vicissitudini con l'occhio distaccato, non posso fare a meno di trovarle ...esilaranti! Labile è il confine tra la tragicità e il grottesco delle nostre esistenze che ci rende proprio dei  "goffi tipi da commedia" ( confesso...ma che resti tra noi s'intende...che provo netta quest'impressione riflettendomi nel grande specchio barocco che riempie una parete di Villa Sariputra...e allora mi esercito in smorfie e boccacce da buffone).
Al soddisfatto Baylham vorrei applicare, se fosse possibile e se esistesse, l'insoddisfanometro per verificare , come con quegli aggeggi che chiamano "macchine della verità", l'autentico grado di soddisfazione raggiunta e...se ha detto la verità  ;D ( scherzo, ovviamente ma...facile a dire o scrivere che siamo soddisfatti della vita...difficile convincere veramente il nostro cuore...tant'è che io, onestamente , devo dire che, in vita mia, non ne ho ancora incontrato nessuno che lo fosse realmente... :( ).
L'equazione fede nel trascendente=soddisfazione opposta ad ateismo=insoddisfazione l'ho già rigettata quando, nell'apertura della discussione, ho parlato di sacerdoti e monaci insoddisfatti. Nello stesso tempo sono da rigettare le equazioni fede nel trascendente=insoddisfazione e ateismo=soddisfazione. L'insoddisfazione, a mio parere, ha radici ben più profonde delle convinzioni che ci costruiamo  ed è legata a quella "sete d'esistere" ( tanha) sotterranea che ci sferza in continuazione e che si manifesta nel desiderare e nell'attaccamento continuo alle persone e alle cose.

P.S. Leggo adesso l'ultimo post di Angelo Cannata e devo dire che non era mia intenzione fare dell'insoddisfazione un assoluto. Nonostante non abbia pregiudizi verso qualcosa di "assoluto" ovviamente...
E' come se , discutendo del comportamento dei cani, riflettessimo sul fatto che tutti scodinzolano e ci domandassimo il perché. Similmente volevo "provocare" una riflessione sul perché gli esseri umani appaiano sempre così "agitati" e insoddisfatti della loro vita... :)
#1070
Percorsi ed Esperienze / Re:L'insoddisfazione
27 Luglio 2017, 10:52:06 AM
Cit. da Apeiron:
Con l'avanzare della tecnologia il mondo umano sta diventando un "reame di devas" (per chi non sa cos'è un deva, è la "divinità impermanente" del buddismo e dell'induismo), ossia un mondo che sprofonda nel samsara anche se sembra che non lo faccia.

Un regno di devas senza volto a cui è stato appiccicato un numero che non conoscono, mentre il soma scorre a fiumi. Tecnologia per asservire il mondo all'uomo e l'uomo che finisce asservito alla tecnologia stessa...tutto perché...non sappiamo fermarci! L'insoddisfazione ci pungola continuamente, ci risveglia nel cuore della notte, ci riempie d'ansia. Sogniamo una vita diversa, un mondo migliore ma, alla fine, non sappiamo come dovrebbe essere questa vita e questo mondo diversi e allora... ci inebetiamo di oggetti e gadget inutili, tutti disciplinati in lunghe file davanti a porte automatiche di ipermercati. Perché no? Se la vita è tutta qui...tante vale cercare di godercela più che possiamo ma...perché non funziona? Cosa c' è che non va in me? Ci chiediamo...gli altri ci sembrano soddisfatti del loro ultimo gadget, succhiano gelati con volti sorridenti, ci osservano, valutano i nostri vestiti...che siano insoddisfatti dei propri? Non ci sentiamo soddisfatti veramente dei nostri vestiti...Perché diavolo non funziona? E sì che stiamo facendo tutto quello che vediamo fare agli altri per essere felici! Che dubbio atroce...che anche gli altri fingano di essere felici? Stanno recitando come me?  A ben guardare...quei sorrisi...sembrano più dei ghigni...Dio! Son finti anche loro!...Che vuoto spaventoso! Dio , aiutaci...ma non puoi, sei morto!...Ma...questi esseri insoddisfatti come noi...possono aiutarci? E come? E' impossibile...son più scemi di noi!
Dateci ancora del soma, preghiamo, ci aiuta a dimenticare che Dio è morto. Vogliamo inebriarci fino alla morte!...Ma...Dio! Non funziona più nemmeno questo! Com'è possibile?Siamo insoddisfatti pure del soma...sta perdendo sapore...Nooo!!
Fermati! Fermati! Il mondo ci implora, ma noi non vogliamo ascoltarlo. Dove devo andare oggi per essere soddisfatto? Cosa devo fare? Cosa comprare? Non posso fermarmi a pregare, non posso...Dio è morto!...
#1071
Citazione di: Lou il 26 Luglio 2017, 18:38:49 PMPer soddisfare la necessità di quiete e lentezza e il tempo necessario per soffermarsi in modo adeguato e non frenetico è proposto, per l'appunto lo "Slow Travel" (i cui parenti prossimi sono lo "Slow Food" ad. es. ) Pare che l'industria del turismo sappia rispondere in modo opportuno ai bisogni dei suoi potenziali fruitori.

Verifica della robustezza delle nostre suola sulle terga dell'industria del turismo. Si va lenti da soli... ;D
#1072
Percorsi ed Esperienze / L'insoddisfazione
26 Luglio 2017, 10:04:20 AM
Una delle caratteristiche basilari dell'essere umano è la sua continua insoddisfazione. L'uomo non riesce a soddisfarsi. Ci prova continuamente, per tutta la vita ma...non ci riesce proprio! Se sta mangiando, per esempio, a volte è insoddisfatto dalla quantità di cibo, altre dalla qualità, altre ancora, se la quantità e la qualità sono adeguate...dal fatto di aver mangiato troppo e dal sentir la panza spingere sulla cintura delle braghe. Se va con una donna è insoddisfatto del momento, a volte del luogo, più spesso dell'esito. A volte , proprio nel momento dell'estasi amorosa, si ritrova a dover immaginare di essere con un'altra...per riuscire nell'intento! Poi è insoddisfatto del fatto che il partner è rimasto insoddisfatto e ciò lo rende ancor più insoddisfatto. Quando vuol predicare qualcosa agli altri, ai familiari o agli amici, la frustrazione lo assale immediatamente quando realizza che gli altri sono disinteressati o insoddisfatti della predica. Il fatto che il prossimo non lo soddisfi è ancor più pungente; sembra che nessun essere con cui intavoliamo una relazione, alla fine, chi prima chi dopo, ci soddisfi pienamente. Il fatto poi di dover realizzare che noi stessi siamo fonte di insoddisfazione per gli esseri che ci stanno attorno, ci rende malinconicamente...insoddisfatti! Per non parlare dell'insoddisfazione rapida che proviamo verso i beni materiali che ci prodighiamo di acquistare e consumare in gran quantità.  Che profonda insoddisfazione si prova nel constatare che, l'auto nuova appena acquistata, oltre a palesare difetti incompatibili con l'assegno che abbiamo dovuto staccare, è rapidamente sovrastata dal maestoso Suv che nostro cognato , due giorni dopo il nostro acquisto, viene prontamente a farci vedere...Come siamo rapidi nel nascondere il  telefono appena acquistato ( e di cui siamo per un attimo orgogliosi...) mentre il nostro più caro amico tira fuori il suo nuovo Iphone per farci vedere le foto del suo ultimo weekend a Mikonos...
Anche gli esseri che si credono più spirituali degli altri provano continuamente l'insoddisfazione di ritenersi spirituali e di non vedere però alcun aumento di felicità. Alla fine vedi vecchi sacerdoti che discutono aspramente con la perpetua perché sono insoddisfatti della pulizia della chiesa o del pranzo preparato e giovani bonzi buddhisti con la cicca tra le labbra, occhiali da sole e la prima fila del vagoncino del tagadà prenotata ( con tanto di selfie naturalmente...). Ah, l'insoddisfazione!...Alcuni saggi dicono che,  proprio perché è perennemente insoddisfatto,  l'uomo è progredito così tanto nella storia e ha creato così tante civiltà ( di cui però era insoddisfatto...). Ma...qual'è l'esito? L'insoddisfazione! Non si riesce a placarla. Attualmente siamo gli esseri più goduriosi della storia e...siamo sempre insoddisfatti! Anzi...sembra quasi che, più ci diamo da fare per soddisfarla, più l'insoddisfazione con annessa nevrosi ci assale continuamente e , siccome disponiamo di un ammasso di beni e di relazioni ( beh! più o meno naturalmente...) enorme, ecco pure l'enormità della nostra insoddisfazione attuale. Se il contadino della campagna latina di duemila anni fa era principalmente insoddisfatto della moglie e della zappa, ora dobbiamo stilare una lista senza fine di cose che ci rendono insoddisfatti. Progresso?...Mah!  :(
#1073
Citazione di: Apeiron il 24 Luglio 2017, 12:43:11 PMSì il Tao Te Ching è una miniera di saggezza anche se su certe cose non sono per niente d'accordo (come si fa a dire di abbandonare lo studio se per capire la wu-wei ecc serve studiare? ;D poi mi sembra troppo utopico.). In ogni caso torno In Topic ma in modo un po' particolare, ossia indagando la causa psicologica che ci fa "viaggiare". C'è secondo me da considerare la componente mentale in tutto questo. La dissociazione in psicologia la si può vedere come un "viaggio" dovuto a (1) una situazione che crea forte ansia o depressione, (2) quando la vita "non basta più" la dissociazione crea la fantasia ecc. Chiaramente il tipo (2) può essere dovuto a una situazione brutta come (1) ma non è necessario: uno può essere "dissociato" e felice allo stesso tempo, come d'altronde ritengo che siano gli scrittori. Ora non credo che ci sia vera differenza tra un "viaggio fisico" e uno "mentale": d'altronde se vado in vacanza perchè non ne posso più di stare a casa certamente non c'è molta differenza con l'essere dissociato. La prospettiva del Tao Te Ching è in verità interessante perchè contrasta anche il tipo "2": infatti questo tipo di "dissociazione-viaggio" è causato dal desiderio quando il saggio "desidera di non desiderare" (capitolo 64), sa che "l'ecessivo desiderio è il più grande crimine" (cap 46), "senza desideri possiamo vedere il Mistero" (cap 1) ecc. Ancora peggio per il buddismo e l'induismo. Quando da noi l'eroe è quello che fa tanti viaggi, tante avventure ecc per il Tao Te Ching (e simili) "vive chi ha coraggio di non osare". Quello che sembra suggerire la sapienza "rinunciante" è che il viaggio inteso come "cercare esperienze nuove" (anche solo vagare con la fantasia...) non è MAI utile, anzi bisogna imparare a perdere il desiderio di "fare esperienze nuove". Questo contrasta la nostra tradizione nella quale il viaggio di tipo "2" è necessario per la creatività e l'originalità.Secondo me la prospettiva "rinunciante" è TROPPO estrema, ma noi siamo immersi nell'estremo OPPOSTO. A mio giudizio quindi dovremo solo viaggiare per imparare "qualcosa di importante", o per "stare meglio", magari meditando cosa non va nella nostra vita. Quindi secondo me prima di metterci in viaggio dobbiamo stabilire il nostro scopo (quindi stabilire anche se vale la pena mettersi in viaggio) e impegnarci a raggiungerlo.

Sono d'accordo con quello che scrivi e soprattutto sul fatto che il viaggio ha significato se stabiliamo uno scopo al nostro viaggiare ( che non sia ovviamente solo quello di non sentirsi "inadeguati" rispetto a colleghi e amici, ossia al conformismo). Per es. , dopo il lutto che ha colpito la nostra famiglia, ho sentito l'esigenza di viaggiare verso le montagne, ma non un posto nuovo da visitare , per fare del turismo e scattare qualche foto, ma montagne che conoscevo bene per quello che potevano darmi in quel momento e in quello stato d'animo. Il mio scopo era di "ricaricarmi" dopo un periodo particolarmente difficile e doloroso. Ovviamente per far ciò dovevo isolarmi dal mondo e dalle persone. Quindi niente internet, niente cellulare, sms, foto, ecc.
Il risultato non è stato del tutto soddisfacente in quanto questo tipo di viaggio, per funzionare realmente, ha bisogno di un tempo più dilatato di quello che potevo permettermi economicamente. Il vero viaggiare ha bisogno del fattore "tempo" per produrre qualche risonanza , qualche ispirazione spirituale o beneficio fisico in noi. Trovo assurdo il viaggio "mordi e fuggi" tipico dei nostri giorni. "Londra nel weekend", "Una giornata a Parigi", e roba simile che riempie le agenzie di viaggio e la pubblicità online, che è un pò lo specchio del nostro tempo frenetico, in cui si procede a "singhiozzo", lascia veramente poco o nulla in noi...giusto delle foto da inviare agli amici e conoscenti per dire:" Ecco, anch'io sono come gli altri, anch'io sono adeguato al mondo e ai tempi"...
Io amo le montagne , ma capisco perfettamente che, per poterle vivere appieno, ho bisogno di passare su di esse delle stagioni, vedere il mutare dell'estate nei colori dell'autunno e poi l'arrivo della neve. In questo posso sentire anche il mio mutare, il mio approfondire il senso di appartenenza a quei luoghi.
Andare tre giorni in un luogo per me non ha alcun significato. Ed infatti evito... :)
#1074
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
22 Luglio 2017, 15:53:11 PM
MARTEDI'

Mattino

Solo sulle alte cime si può ascoltare la vera voce del vento. Quando tutti i rumori si attenuano, quasi a scomparire ( e in particolare la voce dell'uomo si perde in lontananza...), il vento ti colpisce con la sua musica che nessun strumento può riprodurre. Voce che ha la capacità di placare la corsa frenetica della mente, il suo continuo ricordare e creare aspettative per il domani. Stare in questa dimensione, nel tempo presente, al di là del passato e del futuro, non viene naturale. Naturale è il chiacchericcio interiore continuo, il perdersi in mille bolle, fatte di abitudine radicate in noi, create dal nostro vissuto. Ma se ci siamo solo noi, nudi e indifesi, cosa può dirci questa voce che sale dalle valli, senza una meta? La voce del vento è anche la stessa voce con cui ci parla l'impermanenza?

-Posso buttare le ossa delle pesche nell'erba?-
-Le ossa delle pesche?-
-Sì, quello interno, non mi ricordo più come si chiama...-
-Il nòcciolo...-
-Ecco...il nòcciolo della questione è che qui non ci sono cestini per i rifiuti...-
-Gettali...non inquinano.-
-Li lancio nell'orrido. Pensi che nasceranno dei peschi laggiù?-
-Siamo troppo alti per i peschi. Si consumeranno col tempo.-
-Anche noi siamo troppo alti, vero?-
-Sì...tocca scendere se vogliamo dar frutto. Ogni cosa ha bisogno della sua giusta altezza...-
 
Pomeriggio

Continuare a parlare di caducità, in un mondo che vuole bandirla, che non ne vuol sentir parlare, che si aggrappa con tutte le forze all'idea della continuazione, del durare, dei selfie ricordo, che senso ha?
Però, nella mia caducità, nella mia possibilità di cambiare, vedo la possibilità che concedo anche agli altri di cambiare a loro volta...creo una relazione più autentica e vera, un amore che si dispiega nell'accoglierci proprio là dove finiamo, dove il dolore che porta il cambiamento è più profondo e intenso...
Amare le persone che mi circondano è, innanzi tutto, amare la loro caducità, che si manifesta a me in una struggente fragilità. 
Senza questa fragilità come avrei potuto amare veramente? Quanto il mistero dell'amore è legato a questo eterno morire di tutte le cose che mi circondano?

Tranquilla discesa dalla cima del Tognola, con il sole che ci bacia timidamente, mentre nuvole pacifiche si rincorrono.
Che silenzio riposa tra queste abetaie infinite! C'è quasi del sacrilegio nel nostro chiaccherare leggero, frizzante come l'aria tersa.
Mi abbracci nei tuoi ricordi...che sono anche i miei.

Sera

Trovare un linguaggio spirituale nuovo, in grado di ridare luce ad un'umanità annichilita, ormai dipendente dal soma del consumismo...che sfida immane ( e forse inutile, troppo tardivo...?)
Uscire dalla trappola mortale dell'antropocentrismo che, come cavalletta, tutto divora e tutto trasforma in sterilità.
Superare la "morte di Dio", superare il passato, non restare ancorati a queste sabbie nere nichiliste dove sprofondiamo.
Cercare un nuovo "Dio" sui monti, non per farci, ancora una volta, servi ma per avere, di nuovo, un Amico.
Importanza inaudita di ancorare questa rinnovata amicizia ad una concezione nuova del divenire, ad una sacralità dello stesso.
Superare l'inimicizia tra l'umanità e il passare del tempo e delle cose...
Importanza del Dharma buddhista ( sfrondato da ogni sovrastruttura culturale e secolare ) per aprire a questa nuova percezione del mutare, a questa Bellezza nascosta.
Importanza dell'accettazione del dolore.

Il sole ora dipinge di rosa le rocce. Sono niente...eppure questa Bellezza vuole essere mia compagna...Perché?
#1075
Citazione di: Hybris il 22 Luglio 2017, 10:26:20 AMC'è di più: avevo letto un articolo a riguardo che esponeva un punto di vista simile al mio, con la differenza che il sito in questione è molto più importante del mio blog ;D Ebbene, lì ho avuto modo di verificare le reazione dei lettori: letteralmente, sono andati su tutte le furie! E' praticamente impossibile provare a sostenere che un viaggio a Parigi tra selfie e Torre Eiffel non ti rende più arricchito, ma solo più vanitoso. E' un vero e proprio tabù insomma: chi non viaggia tanto quanto questi "cittadini del mondo" e che non mostri attacchi di dromomania è automaticamente chiuso di mente, infelice e provinciale. Tutti guardano agli i-Phone come emblema dello status symbol. Io ci metterei tranquillamente anche (un certo tipo di) viaggio.

Caro Hybris, che l'uomo sia un essere fondamentalmente ridiculus è una constatazione ampiamente condivisa già nell'antichità. Chiaro poi che, in un'epoca in cui tutto diviene "di massa" ( come i viaggi) anche la ridicolaggine è di massa, ahimè!...
L'unica cosa certa del viaggiare è che...si ritorna più stanchi di prima di partire! E' vero che si ha la sensazione di essere più "leggeri" ma questo è dovuto principalmente al salasso economico... ;D ( cinque euro per una bottiglietta di minerale, vi rendete conto?...Cinque euro! Non basta questo per traformarci tutti in babbei?)... :o
#1076
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
21 Luglio 2017, 00:52:22 AM
GIOVEDI' 
mattino

Basta salire di un metro e l'intero panorama sembra cambiare. Si colgono particolari nuovi che sembrano rivelarsi solo nel tuo salire. Il paesaggio rimane lo stesso ma, allo stesso tempo, è nuovo. Una scoperta continua di prospettive diverse che contengono una poesia inedita. Anche lo "spirito" è chiamato a salire, scoprendo nuovi scorci, nuove visuali, che però mai escludono la verità delle precedenti, dei passi compiuti. Se la meta della vetta sembra sempre precederci è solo per il gioco di queste prospettive; la meta non può essere che in noi e solo per questo la possiamo, a volte, intuire...

Finalmente sotto il Cimon della Pala e la Cima Vezzana, dopo i giorni della morte e del dolore. Questo silenzio, spezzato solo dal gracchiare roco delle cornacchie, sempre mi parla...Sono luoghi in cui puoi ancora sentirti vivo...

-Ho scritto una poesia, Sari...una preghiera.-
-Stai per leggerla, scommetto!-
-Se ti dà fastidio posso anche fare a meno...-
-Anzi! Leggila...non ti adombrare subito.
-Mi sono ispirata al Padre Nostro.-
-Bene. Leggi...-

Bellezza nostra
che sei in cielo e sulla terra
vieni a noi con il tuo regno
che santifica la nostra vita.
Si manifesti in noi la meraviglia
per ogni attimo della tua presenza.
Donaci oggi la tua pace
e lenisci le nostre sofferenze,
come noi le leniamo ai nostri cari.
Non nasconderti mai a noi.

-Oh! Hai sentito? Le cornacchie hanno smesso di gracchiare...-
-Sei il solito buffone! Scema io a leggertela...-
-E' bella. Non più di te ...ma bella.-
-Insopportabile!-

Pomeriggio

Che difficoltà nell'esser totalmente sinceri con se stessi e con quelli che condividono la loro vita con noi. Quante reticenza, quanti silenzi! Che difficoltà anche nel rivelare il nostro dolore all'altro. Perché questa timidezza? Quando riusciamo ad aprirci scopriamo invece che l'altro non aspettava che questo per poterci abbracciare, per dividere con noi la sofferenza. Mi rendo sempre più conto di quanto il nostro ego crei separazione, sia foriero di conflitti, interiori ed esteriori. Giustamente è stato definito come "il costruttore della casa del dolore". Quando mi dimentico, mi perdo, si aprono spazi infiniti di condivisione, anche se non ricevo risposta dagli altri...anzi! Proprio quando non mi aspetto alcuna risposta.

Durante il pranzo alla Capanna Cervino mi son perso ad osservare un bimbo. Avrà avuto sì e no due anni. Se ne stava seduto tra il papà e la mamma con uno strauben davanti, un pò perplesso. Per un attimo mi ha guardato e...ha fatto una faccia!! ;D Gli ho sorriso, accompagnandolo con una delle mie solite smorfie da buffone. Sua mamma mi ha visto e ha sorriso anche lei. Un'ombra di tristezza nei suoi occhi, un pò arrossati, come i miei, da questo vento insistente che scende dall'alba.
Come vorrei conoscere profondamente la vita della gente che incontro. Le loro gioie...i loro dolori. Farmi insomma i fatti loro.
Se fossi una scimmia probabilmente sarei la più curiosa della foresta...non sono mai sazio di vita altrui, mentre la mia mi pesa tremendamente.
Sono sempre quel bimbo che amava osservare gli altri giocare...un pò in disparte.
Alle pareti vecchie foto con scene di vita montana d'altri tempi. L'alienazione sorda della città così lontana...


Cumuli di panna sopra le Pale
attesa di un meriggio di pioggia
lunga discesa
parlando di noi
#1077
Ho sempre coltivato più interesse per la letteratura che per la filosofia. Leggendo però autori "importanti" implicitamente ci si abbevera anche di filosofia, dato che questi autori non possono certo scrivere trascendendo la loro particolare visione del mondo. La letteratura nipponica del novecento è stata senz'altro un grande amore: Mishima, Dazai, Tanizaki, Kawabata, ecc. con il loro struggente racconto della fine di un mondo ( la fine , in un certo senso, della cultura dell'Oriente sconfitta dalla forza militare dell'Occidente...), l'alienazione di popoli sradicati dalle proprie radici e costretti a gettarsi nel consumismo più becero. Il recupero della grande cultura classica giapponese ( Murasaki Shikibu, Yoshida Kenko, Ryokan Daiku...) e l'afflato con lo spirito chan ( Hui Neng su tutti)  e la filosofia Hwa Yen  (Fa Tsang, Chih Yen, Tsung Mi) per arrivare ad autori buddhisti contemporanei. Di questi  ho senza dubbio subito il fascino di un Nyanaponika Thera e degli autori della cosiddetta "Scuola della foresta" : Achan Chah, A. Sumedho. Della filosofia occidentale conosco un pò il pensiero di Schopenhauer, di Bradley e di Kant e Hegel ( di questi due in comparazione al sistema dialettico Madhyamika principalmente, quindi come studi comparati ). Naturalmente conosco di più la letteratura occidentale che non la filosofia e in particolar modo Dostoevskij , che mi permesso di comprendere in profondità il cristianesimo autentico, ma anche un'autrice che amo molto per la sua ironia e per la sublime scrittura, cioè Jane Austen. Devo dire però che ho letto di tutto e di più ( la biblioteca di Villa Sariputra è molto rifornita seppur , ahimè, polverosa...) e dovrei fare una lista infinita. Ho molte lacune nella letteratura medioevale e rinascimentale , mentre aprrezzo molto tutta la letteratura romantica ottocentesca ( una cosa che torna utile con le donne devo dire... ;) ) senza disdegnare affatto la grande letteratura del novecento ( anche italiano, in particolar modo nella poesia...).
Se proprio devo indicare quale è stata la maggior influenza subita direi, forse... la traduzione in italiano del Canone Pali del De Lorenzo che fu allievo e amico di K.E. Neumann ( probabilmente perché l'ho letta in un'età in cui si è particolarmente "sensibili"...).

P.S.  Ho dimenticato di citare l'opera fondamentale per il mio "sentire": "L'ultimo dei Mohicani" di James Fenimore Cooper. Intorno ai dieci anni, quando ci si sta formando la propria visione del mondo, parteggiare per l'eroe buono , Uncas, che poi muore, detta l'intera strada che poi si segue nella vita. Non bisogna affatto sottovalutare l'importanza che le letture giovanili rivestono per la nostra weltanschauung; mai e poi mai avrei potuto sentirmi in sintonia con Magua, il traditore, l'emblema del male, ma solo con Cingankook e Longue Carabine, con la fierezza del padre e con il valore dell'amicizia. L'etica "bussava" già alla mia porta... :)
#1078
Il modo migliore di vivere, secondo me, è quello di osservare tutto, più che si può, con attenzione e curiosità. Tutto il mondo "interiore" e tutto il mondo "esteriore". Essere lo spettatore del nostro agire e dell'agire altrui , nonchè dell'agitarsi delle cose del "mondo". Ambire ad essere un occhio del mondo ( una delle definizioni del Buddha storico: "puro occhio del mondo"... ). 
Questo è sicuramente, a parer mio, un modo molto saggio di vivere in questo mondo perché:
1. Permette di evitare molti errori.
2. Permette di godere della bellezza naturale presente nel mondo.
3. Permette di non prendersi troppo sul serio.
4. Permette di lasciar andare la sofferenza data dal vivere in questo mondo.
5. Permette di amare senza troppo attaccamento e senso di possesso.
Quindi si può senz'altro dire che, coltivando l'attenzione ( la presenza mentale ) si ottengono molti benefici e un generale miglioramento caratteriale. :)
#1079

@Sgiombo scrive:
E' relativamente facile calcolare (almeno in linea torica, di principio) i mezzi tecnici attraverso i quali uno scopo può essere conseguito nelle determinate circostanze in cui ci si trova ad agire; e comunque la correttezza di questi calcoli non è significativamente inficiata dall' ignoranza della scienza della logica e delle sue "tecniche specialistiche".
Il difficile è "soppesare " o "ponderare" (e non letteralmente "pesare", cioè propriamente misurare, che è impossibile!) la quantità di "soddisfazione complessiva" (la "pseudosomma algebrica qualitativa" di soddisfazioni e insoddisfazioni, per dirlo paradossalmente ma mi pare ben comprensibilmente) che potremmo conseguire perseguendo un determinato insieme di scopi complessivamente realizzabli e non reciprocamente incompatibili ("botte piena") piuttosto che altri insiemi alternativi ("moglie ubriaca").

Perché ad esempio (per la cronaca: del tutto campato in aria e non avente alcuna implicazione mia personale; oltre che alquanto banale e caricaturale; ma spero utile a spiegarmi) posso al massimo capire che l' amore di mia moglie e la stima dei miei figli sono per me soddisfazioni maggiori dei piaceri "carnali" e delle soddisfazioni personali in termini di orgoglio che potrei ricavare da un rapporto con una giovane bella ragazza che "ci starebbe"; ma di quanto sia maggiore non mi è proprio possibile stabilirlo (il doppio? Il 50% in più? Mille volte di più", Il 5% in più? Infinitamente di più?), contrariamente, per esempio, sia pure con ineliminabili elementi di approssimazione ed incertezza, ai soldi che mi costerebbe invitare a cena la ragazza qualche volta, farle qualche regalo, eventualmente affittare una stanza di albergo, ecc.

E se le ragazze abbordabili fossero più di una (qui l' esempio evidenzia tutta la sua "pacchianità", ma spero anche la sua "capacità esplicativa"), desiderabili in diversa misura in quanto qualcuna più bella, qualche altra più intelligente, più colta o con un temperamento più "eccitante", come potrei stabilire se la somma delle soddisfazioni ricavabili da un certo numero di rapporti con loro (quale numero? E di quali di loro?) sarebbe o meno (e men che meno: di quanto?) maggiore o minore delle insoddisfazioni derivanti dalla perdita dell' amore di mia mogie e della stima dei miei figli (per non parlare di eventuali sensi di colpa e sinceri, disinteressati rimorsi)?


Sgiombo, la soluzione logica esiste:
Si abbordano una o più giovani fanciulle, gli si fa intendere di essere un ricco medico radiologo in pensione, scapolo e senza figli, che ha dedicato tutta la propria vita al lavoro e alla filosofia, non concedendosi che pochi lussi ( un sigaro Avana ogni tanto...). Le giovani, subodorando la facile preda,che valutano erroneamente con non molte primavere ancora da spendere, concedono le loro grazie a gratis ( fanno un investimento per il futuro, diciamo...). Nel frattempo non si trascura la moglie, e i figli, ormai adulti, non dubitando della correttezza amorosa del padre, non si pongono interrogativi...
I rimorsi e i sensi di colpa si possono coltivare tra un incontro amoroso e l'altro, nello spazio che intercorre tra una soddisfazione e l'altra, meditando sul fatto che la vita è solo sofferenza ( questa riflessione aiuta molto a stemperarli...). Ovviamente bisogna saper far uso della logica anche per non far trapelare il fatto che si conduce una doppia vita ( ahimè molto faticosa...e anche questa meditazione aiuta a rimuovere le afflizioni colpose...), per esempio evitando di dare appuntamento a due giovani leggiadre fanciulle contemporaneamente, nello stesso luogo, dove a volte transitano pure i familiari...Ma un razionale e logico come te non dovrebbe incorrere in simili errori di calcolo madornali...
La vita, come sai, è un sottile gioco d'equilibri... ;D ;D  


P.S. Ovviamente scherzo ( come mi capita ormai raramente...)!
#1080
Tematiche Spirituali / Re:La mèta è camminare
08 Luglio 2017, 17:11:47 PM
Citazione di: Apeiron il 08 Luglio 2017, 14:52:16 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 08 Luglio 2017, 10:14:39 AMHo la vaga impressione che forse non fai distinzione tra le prospettive e quindi, piuttosto che confrontarle in un dialogo tra di esse ben organizzato, le mescoli, oppure ne usi ora una ora un'altra, senza renderti conto di questa cosa che fai. Ovviamente anche la mia è solo una prospettiva. Prendiamo per esempio la prima cosa che hai scritto: se ad esempio io "amo X" non posso al contempo pensare che "X" è un concetto illusorio dato ad una "cosa composta" Mi sembra che questa frase evidenzi bene ciò che ho detto: essa contiene il miscuglio di due prospettive non organizzate. Nella seconda parte della frase, in cui parli di concetto illusorio e di cosa composta, adotti una prospettiva analitica, cioè una visione della realtà che scende nei minimi particolari fino ad interpretare ogni cosa come il risultato di microelementi; insomma, è come un'analisi chimica della realtà, in cui si spiega che tante cose che vediamo non sono altro che il risultato di atomi e molecole che interagiscono. A questo fa pensare il parlare di "cosa composta". Anche quando parli di concetto illusorio, mi sembra che siamo ancora in una prospettiva di analisi chimica, che poi non è altro che la critica filosofica: la critica filosofica sminuzza ogni componente del discorso e delle idee, fino a metterne a nudo la profonda criticabilità. Invece dire "amo X" non è un discorso analitico, chimico, di indagine fine: esso è un discorso sintetico perché il verbo amare è un concentrato di significati ed esprime piuttosto l'istinto umano, i sentimenti; quando parliamo di umano parliamo di sintesi, perché stiamo parlando di come le cose vengono considerate dal nostro DNA, cioè dalle nostre emozioni, il nostro modo di essere, considerato globalmente. Le due prospettive messe insieme in un'unica frase ti portano ad individuare una difficoltà, un'inconciliabilità. A questo punto mi pare che il motivo sia chiaro: l'inconciliabilità è dovuta alla giustapposizione disorganizzata dei due punti di vista che ho descritto. Lo stesso vale per la questione centralità/illusione dell'identità: dire illusione significa fare critica filosofica, ridurre l'identità alle sue componenti chimico-fisiche. Dire centralità significa invece considerare l'identità dal punto di vista sintetico della sensazione globale che ne proviamo come esseri umani. A questo punto si potrebbero fare lunghi discorsi su come gestire o far dialogare queste due prospettive che ho descritto, ma ciò che conta è anzitutto accorgerci di queste cose che stiamo facendo con la mente quando ci mettiamo a riflettere o a parlare.
Non ti posso dar torto su quanto dici, però volevo semplicemente far notare il paradosso in questione. Il punto è che quello che sto cercando di ottenere è una "teoria" (non una verità, ma un modello...se vuoi provvisiorio) che riesca a conciliare le due visioni. Se ritengo che "Giorgio" (nome di una persona a caso) sia un semplice "ente convenzionale" nella mia testa "Giorgio" è una semplice illusione. E il punto è che nella filosofia orientale (meglio dire: quelle filosofie orientali che ho citato) questo discorso non è pura speculazione accademica come da noi ma è la "corretta" visione delle cose. D'altro canto nelle stesse filosofie i "realizzati" sono descritti come persone compassionevoli (compassione non intesa come "pietà"), rispettose ecc. Ma ad esempio il "rispetto" per quello che intendo io ritiene che "Giorgio" sia "reale", anzi "ben più reale" delle "parti" di cui è composto. Proprio grazie a questo io posso "rispettare" "Giorgio". Le filosofie orientali che ho citato invece suggeriscono che non solo le cose materiali siano "enti illusori" ma le persone stesse! Quindi abbiamo da un lato un'analisi ontologica della realtà che con le sue ragioni vede "Giorgio" come una "non-entità" mentre dall'altro abbiamo l'etica che ha senso solo ponendo "Giorgio" come una "entità" - anzi dal punto di vista etico le "persone" sono l'entità fondamentale. A mio giudizio la cosa non si risolve solamente dicendo: "sono due discorsi diversi". La cosa si risolve semmai capendo come queste due "verità" possano conciliarsi l'una con l'altra (in occidente se vuoi è analogo al problema etica-scienza: l'etica non può essere derivata dalla scienza...). Una possibile soluzione potrebbe essere la seguente: tutto il discorso del "non-sé" (o simili) in realtà è una sorta di "esercizio della mente" di modo da liberarla dall'avversione, dall'odio, dall'egosimo ecc. In questo modo hai che la "retta visione" di filosofie come il buddismo in realtà si riferisce non alla realtà ma al rapporto che il praticante ha con la realtà stessa. In questo modo puoi ancora rispettare/amare "Giorgio" in quanto "Giorgio" (e non in quanto "essere convenzionale"). In questo caso ti liberi anche della metafisica stessa e eviti di "pensare di aver conosciuto la realtà". D'altronde il Dhammapada dice "evitare il male, fare il bene, purificare la mente: questo è l'insegnamento dei Buddha". Ergo potrebbe essere che questo tipo di filosofie non indaghi l'esistenza o meno del sé ma semplicemente cercano il "miglior modo di vivere". In sostanza sarebbe pragmatismo puro che rinuncia a fare affermazioni sulla realtà. In ogni caso secondo me la contraddizione è evidente se entrambe le "visioni" vengono prese come "affermazioni sulla realtà". In tal caso sarebbero come dici tu "due prospettive" che non creano conflitto perchè non pretendono di fare una "teoria sulla realtà". Si può poi pensare che la realtà sia suddivisa in livelli... ci sto pensando però non riesco a trovare una soluzione convincente in questo senso.

Apeiron, solo se comprendo l'unità indissolubile dell'impermanenza con quella del non-sé posso superare quelle che all'intelletto paiono difficoltà insormontabili. Quando Buddha parla di non-sé lo lega sempre con il divenire, con il mutare incessante , il trasformarsi di ogni cosa e persona. "Giorgio" certamente esiste ma , essendo un aggregato di elementi in dipendenza uno dall'altro, non se ne può stabilire una realtà in senso ultimo ( appunto come qualcosa di sostanziale, che ha una vita autonoma dai propri aggregati): "Giorgio" è una designazione mentale, che esiste in dipendenza da ciò che lo costituisce, da quel flusso di percezioni, sensazioni, emozioni, sentimenti e pensieri passeggeri. Dov'è il Giorgio neonato? Il Giorgio adolescente? Il Giorgio adulto? C'è un Giorgio immutabile che semplicemente osserva il mutare di tutto ciò che è esterno e di tutto ciò che ritiene come interno? Non è dato trovare nulla di simile. Osserviamo quanto velocemente sorgono e muoiono i nostri stessi pensieri ( spesso , quasi sempre, si fa fatica a terminarne uno che già un altro lo sopprime) e così le emozioni, rabbia e tenerezza si alternano con gioia e depressione: tutto in movimento, tutto in perenne mutamento. Allora tu dici: se "Giorgio" è una semplice designazione mentale per un flusso in perenne mutamento, come posso rispettarlo? Avere un atteggiamento etico nei riguardi di questo "flusso"? Se è così... non vale niente!"...
Adesso però proviamo a pensare "Giorgio" come un vaso vuoto. C'è sempre questo flusso che chiamiamo convenzionalmente "Giorgio", che muta incessantemente, ma...al suo centro ( al centro del vaso)...non c'è niente (non c'è un ego o io autonomo, chiamalo come vuoi...), che succede? Quando non mi vedo più come un' "entità" che succede? Disperazione?...No, Liberazione! 
Quando, nel centro del flusso, lasciato libero dal "Giorgio"...questo spazio vuoto che è colmo del nostro più profondo dolore (Anicca-dukkha-anatta ricordi?)...non più aggrappato all'idea che sono "Giorgio"...allora, forse, viene ciò che nobilita questo misero flusso, ciò che è veramente degno di rispetto...non Sari,  Apeiron o Angelo hanno valore  ma questo ha valore. Questo che non siamo noi ma non può vivere che in noi ( i confini del samsara , sono i confini del Nirvana). Perché devo rispettare "Giorgio"? Perché quel povero flusso che chiamiamo, per intenderci tra noi, "Giorgio" , anche se non lo sa, contiene ciò che non si può contenere nel pensiero ( e nemmeno in queste mie stupide parole)... :) :-[