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Messaggi - sgiombo

#1066
Citazione di: 0xdeadbeef il 31 Dicembre 2018, 13:42:15 PM

questo "sistema" è ciò che si è venuto
a formare in secoli di mutamenti culturali e financo antropologici, e non è pensabile di
cambiarlo con un pò di politica "spiccia" (o perlomeno non è pensabile di farlo facilmente).
saluti


Ma non é detto che ci si debba condannare per forza a (o accontentare di) "politiche spicce" e obiettivi facili!
#1067
Citazione di: viator il 29 Dicembre 2018, 17:31:55 PM
Salve Ipazia. Mi inchino alla tua dialettica. Per forma e per contenuti. Ed anche se ti condanna alla minoretarietà. Salutoni.


"Condanna" tutt' altro che disprezzabile: la verità non si stabilisce "a maggioranza"!
#1068
Citazione di: Phil il 29 Dicembre 2018, 16:47:06 PM


Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
Come osserva Apeiron, la Storia e l'Antropologia dimostrano che vi sono dei denominatori comuni etici che vale la pena di indagare perchè è su questi che si possono ampliare le coordinate della convivenza umana. Del resto lo si è sempre fatto altrimenti saremmo già estinti. Ma per questo prezioso compito filosofico una impostazione assolutamente - nel suo negazionismo - relativistica è del tutto inadatta.
Qui rispondo anche al vacanziero sgiombo: il fatto che tutte le comunità ripudino l'omicidio (pur rendendolo giustificato e legittimo in alcuni casi: guerra, pena di morte, legittima difesa, etc.) non è dovuto alla assolutezza etica del non-uccidere, ma solo dalla sua utilità (si tratta quindi di un'etica utilitaristica) per la stabilità del contesto sociale. La comprovata funzionalità di tale principio etico non lo rende retroattivamente assoluto ed universale, ovvero non universale come lo sono i bisogni primari. Si è già discusso su natura/cultura: è per arbitraria convenzione che uccidere è sbagliato (prima di essere legalmente «reato╗); il fondamento di tale etica è scritto sulla carta (o sulla tradizione orale, per coloro che non scrivono), non nella natura. Non si tratta quindi di un «imperativo etico derivante dalla natura umana» (cit. da sgiombo), bensì dalla cultura umana. Per quanto riguarda la biologia, non confonderei istinti gen-etici e valori etici (nonostante l'assonanza).
Non colgo perché il relativismo dovrebbe essere inadatto a rapportarsi a denominatori comuni interculturali; si tratta solo di un contesto più ampio (tanto per continuare con i motti dell'"apofatismo relativistico": il relativismo non è nazionalismo ;D ).
Citazione
ESpongo la mia divergente convinzione, nella ragionevole consapevolezza che qui non si tratta di riuscire a convincere l' interlocutore (ci vorrebbe ben altro che ragionamenti: esperienze di vita, letture, ecc.), ma per chiarire per l' appunto le  (relative: toh, così spero sarai contento) divergenze (e le relative convergenze).

Per me non é dimostrato che sia l' utilità a dettare l' imperativo "non uccidere uomini", ma invece l' istinto naturale (l' utilità individuale può anche consistere per qualcuno nel rapinare a mano armata o nell' uccidere i genitori per ereditare).
Peraltro (ammesso e non concesso da parte mia) in cosa consisterebbe l' utilità se non nel conseguimento di una stabilità del contesto sociale (lo dici tu stesso) che é necessaria alla sopravvivenza la maggiore (e migliore) possibile degli organismi umani individuali e della specie?
Ma se é così, allora si tratta ancora in ultima istanza dell' istinto naturalissimo e universalmente diffuso (il "bisogno primario", per usare le tue parole) alla sopravvivenza-riproduzione.
Questo vale in particolare per l' imperativo etico naturale (e dunque di fatto universale: natura umana) di non rubare, se non in casi particolari ("eccezioni che confermano la regola"), variabili  storicamente (cultura).

Per quanto riguarda la biologia, concordo che non vadano confusi istinti gen-etici e valori etici (nonostante l'assonanza); ma rilevarne i rapporti (genetici in un altro senso del termine!) che li spiegano, stando bene in guardia dal pericolo di questa possibile confusione, é tutt' altra cosa (che é giusto, oltre che interessante, fare).

#1069
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:59:35 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Dicembre 2018, 11:20:07 AM
A Sgiombo e Ipazia
Ritengo che i postulati etici siano, sì, a-posteriori (altrimenti che postulati sarebbero...), ma che in un certo qual modo "rientrino", per una "libera" (...) scelta di chi li assume, nella sfera dell'a-priori.
Quindi, Sgiombo, anche per me i postulati etici sono una percezione; ma eviterei come la peste di aggiungerci quel "solo" (una percezione) che li fa apparire, appunto, come se fossero nulla (dicevo: "una percezione è forse nulla? Io non credo").
Non so, non mi sembra che fra le nostre posizioni vi siano differenze inconciliabili.


Certamente lo sono. L'esperienza etica è troppo importante perchè ci limitiamo a percepirla come fossimo topi da laboratorio. Il compito magistrale della filosofia è trovare le origini delle cose e anche l'etica ha una sua origine. E' poco filo-sofico limitarsi a prendere atto dei fenomeni senza indagarne le cause. E' anche poco marxista. L'origine della disuguaglianza si intreccia continuamente con l'origine dell'etica e per capire la prima bisogna sporcarsi con la seconda. Sporcarsi le mani. Non basta la biblioteca.


Ma la filosofia, a mio parere, non può che concludere, con Hume, che l'etica ha un' origine in parte naturale (ergo spiegabile dalla scienza in senso stretto o "naturale"), in parte sociale (spiegabile dalla "scienza umana" del marxismo), e non logica (che é "constatabile a posteriori" e non dimostrabile a priori"),

E' infatti molto filosofico constatare che dall' essere non é deducibile alcun dover essere o dover fare (Hume), molto scientifico spiegare l' etica universalmente umana di fatto con la biologia evoluzionistica (scientifica) e molto marxista spiegare l' etica particolare, variabile, transeunte con il rapporto dialettico fra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione e con la lotta di classe.
#1070
Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Dicembre 2018, 11:20:07 AM
A Sgiombo e Ipazia
Ritengo che i postulati etici siano, sì, a-posteriori (altrimenti che postulati sarebbero...), ma che in un
certo qual modo "rientrino", per una "libera" (...) scelta di chi li assume, nella sfera dell'a-priori.
Quindi, Sgiombo, anche per me i postulati etici sono una percezione; ma eviterei come la peste di aggiungerci
quel "solo" (una percezione) che li fa apparire, appunto, come se fossero nulla (dicevo: "una percezione è
forse nulla? Io non credo").

Non so, non mi sembra che fra le nostre posizioni vi siano differenze inconciliabili. 
Citazione
Infatti sono d' accordo.

Il "solo" era per enfatizzare il fatto che non sono logicamente dimostrabili (a priori).



Sgiombo afferma: "i postulati etici sono una percezione di fatto universalmente diffusa; per cause naturali
ben comprese dalla biologia evoluzionista". Ipazia sostiene invece: "i postulati etici sono dimostrabili nel
loro rapporto con la realtà materiale che li ha prodotti".
Per me sono piuttosto un qualcosa di più, diciamo, "aleatorio"; sono in definitiva dei "pensieri" sui quali
non mi interrogo più di tanto circa le cause (per una mia mancanza di conoscenze scientifiche appropriate e
perchè, soprattutto, ritengo capziosa una troppo netta distinzione fra la sfera del naturale e la sfera del
culturale); ma pensieri che "sono" qualcosa, non che sono nulla...
saluti ed auguri
Citazione
Concordo che i pensieri son qualcosa (e anche qualcosa di importante).

Più o meno "aleatori" o "categorici" (credo apprezzerai l' aggettivo, da kantiano) a seconda dei casi.
#1071
Citazione di: paul11 il 03 Gennaio 2019, 00:18:20 AM
Citazione di: Socrate78 il 19 Novembre 2018, 18:39:22 PM
Hume, filosofo del Settecento, sosteneva che i rapporti di causa e di effetto sono una costruzione della nostra mente, che vedendo come, in un rapporto temporale, all'evento X segue spesso la conseguenza Y, allora deduce che Y è causa di X. L'origine della causalità sarebbe quindi il fatto che la nostra mente si abitua a vedere sempre un determinato effetto dopo la presunta causa, e quindi generalizza postulando l'esistenza delle leggi fisiche della natura, che per il filosofo non avrebbero nessun fondamento obiettivo. Lo scetticismo di Hume, però, ha un forte punto debole. Infatti il problema sta nel fatto che si può notare come nella causa ci sia già in embrione l'effetto che essa poi produce: ad esempio un corpo, esposto al calore di una fiamma, finisce per incendiarsi (produce calore appunto) e questo non può affatto essere una conseguenza puramente casuale, ma è semplicemente lo sviluppo logico della causa. Lo stesso si può dire per quanto riguarda altri aspetti, ad esempio i virus come causa di malattie: la cosa non può essere una mera coincidenza che si ripete, poiché il virus ha caratteristiche tali da causare il danno, caratteristiche sperimentabili in laboratorio. Quindi a questo punto si può dire chiaramente che Hume si sbagliava e che non teneva conto del legame molto forte tra la causa e il suo effetto? Oppure secondo voi la tesi di Hume può in parte essere ancora valida?
E 'importante sviscerare a fondo il pensiero di Hume che già rispetto a Locke è più radicale e scettico e preparerà il pensiero kantiano.
La mente per Hume è un "io" indimostrabile.Ed è importante storicamente nella filosfia perchè l'empirismo comincia a porre il soggetto, una pre-psicologia in relazione alle percezioni (impressioni vive e quindi forti) e poi le idee come impressioni deboli in quanto solo ricordi.
Hume si fida della percezione ,ma attacca filosoficamente i fondativi di sostanza e causalità.
La sostanza era ritenuta una esitenza in sè.Hume ritiene indimostrabile la stessa esistenza(ovviamente perchè si fida seppur  limitatamente della propria percezione e impressione umana), quindi una realtà in sè è indimostrabile.
Se si confida nelle percezioni, l'esperienza diventa il discrimine gnoseologico, ma l'esperienza è il passato per cui la causa del bruciare che è il fuoco se è dimostrabile empiricamente(percettivamente come impressione viva) non è detto che lo sarà sempre per il futuro.

Questo setticismo ingenuo è un cortocircuito logico che bloccherebbe qualunque forma di conoscenza.
Kant,capisce il problema e muterà nell'analitica le relazioni di causa e sostanza.

Concordo con la succinta esposizione, mentre dissento radicalissimamete con la valutazione.

Lo scetticismo humeiano é tutt' altro che "ingenuo", é stato tutt' altro che "superato" da (-l' invece piuttosto ingenuo) Kant, ed é tutt' altro che "un cortocircuito logico che bloccherebbe qualunque forma di conoscenza", limitandosi a rilevare di ogni conoscenza possibile l' indimostrabilità, l' infondatezza teorica, l' incertezza (la non necessaria; ma spesso possibile verità) in ultima analisi.
#1072
Tematiche Spirituali / Re:coscienza: cos'è ?
04 Gennaio 2019, 08:34:08 AM
Dissento da Enrico 200 (#1) sull' affermazione che "l'energia che muove, anima la pianta è coscienza in quanto tale, la vita lo è di per se per definizione cosciente, coscienza": tutto si può credere (che non sia autocontraddittorio) anche del tutto infondatamente, ma nulla induce fondatamente a credere che vite diverse da quelle animali (vite vegetali o monocellulari o eucariotiche o virali; e men che meno oggetti appartenenti al mondo minerale) siano coscienti e che vite animali diverse da quelle umane (prive di linguaggio) siano autocoscienti.
 
Nulla in particolare induce e ritenere che le reazioni biologiche "perfettamente" riducibili a fatti fisico-chimici delle pianticelle cui accenna nell' intervento #3 siano accompagnate da coscienza.
 
Ed é vero che anche il fatto che qualsiasi nostro interlocutore abbia una coscienza simile alla nostra é indimostrabile (potrebbe trattarsi di zombi e nulla cambierebbe, e non ci sarebbe modo di accorgersene); ma considerando quello che gli altri ci raccontano appare molto plausibile (e non: "certa"!) l' ipotesi che invece anche gli altri uomini siano come noi autocoscienti; mentre considerando il comportamento, in parte "comunicativo" anche se non in termini linguistici, dei molti altri animali più o meno a noi affini appare molto plausibile (e non: certa!) l' ipotesi che anch' essi siamo come noi e gli altri uomini coscienti.
 
Dissento anche dall' affermazione (risposta #3, in particolare a Viator) che la nostra coscienza sarebbe "incastrata bene a dovere in questa che chiamiamo fisicità": si può cercare fin che si vuole nella materia fisica (in particolare cerebrale), ma non si si troveranno mai altro che neuroni e cellule gliali, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche, ecc. ("perfettamente" riducibili a molecole, atomi, particelle-onde subatomiche, campi di forza, ecc.), ma mai esperienze coscienti (materiali: visioni d arcobaleni, audizioni di musiche, percezioni di odori, ecc.; né mentali: ragionamenti, immaginazioni, speranze, sentimenti, ecc.).
 
E infatti sono la materia (pianeti, stelle, animali, piante, atomi, particelle-onde, ecc.) e le menti (pensieri, sentimenti, ecc.) ad essere nelle esperienze coscienti (come apparenze o fenomeni), anziché viceversa!
 
Credo (in risposta anche a Enrico 200) che il comportamento cognitivo (il reagire in maniera determinata ma più o meno sofisticatamente variabile e modificabile da forme di "apprendimento" agli stimoli esterni sia diversa cosa dalla coesistenza con "apparati" (cervelli naturali o teoricamente anche non) caratterizzati da tale comportamento (o funzionamento) di un' esperienze coscienti soggettive.
 
 
 
Di Ipazia (intervento #4) dissento dall' affermazione che "l' autocoscienza (ma nemmeno la coscienza) sia in qualche modo utile o necessaria per sopravvivere: gli altri uomini e gli animali, in linea teorica, di principio, potrebbero benissimo esserne privi e comportarsi esattamente così come si comportano, cioè in maniera più o meno adattiva all' ambiente  (in realtà é il comportamento probabilmente cosciente o compatibile con la coesistenza ad esso di coscienza e non la coscienza ad essere utile alla sopravvivenza).

Inoltre ho posseduto e amato diversi gatti (e Attila, malgrado la sua veneranda età di quasi 20 anni, per fortuna ce l' ho ancora), ma non credo che, oltre che di coscienza, siano stati (e sia) dotati di autocoscienza (ma casomai di autoconsapevolezza).
Cioè, contrariamente a me, non credo che Attila pensi a se stesso e al suo futuro non immediato, che si ponga problemi sulla sua maggiore o minore felicità e su cosa dovrebbe fare per vivere meglio, ma invece che "viva (e senta coscientemente, anche molto intensamente) alla giornata)".
#1073
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
04 Gennaio 2019, 07:39:03 AM
Citazione di: Jacopus il 31 Dicembre 2018, 13:26:56 PM
Freedom: quello che dice Viator è descritto in modo magistrale da Umberto Eco ne "Il nome della rosa".
Sintetizzo: Jorge, il monaco cieco, ha intriso di un potente veleno l'unico frammento esistente dell'opera di Aristotele sulla comicità, poiché non è ammissibile che Aristotele parli di riso e comicità, visto che ciò contraddirebbe il modello scolastico speculare fra aristotelismo e cristianesimo.
Le religioni quasi sempre si prendono necessariamente molto sul serio e ridere non fa parte dei comportamenti accettati.


Da ateo non manicheo sottolineerei il "quasi".
#1074
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
04 Gennaio 2019, 07:36:45 AM
Citazione di: viator il 30 Dicembre 2018, 18:50:23 PM
Salve. Poco divertenti le battaglie tra materialisti e spiritualisti. E da materialista - guarda la parzialità - ne attribuisco la colpa soprattutto agli spiritualisti.
Ma perchè essi reagiscono così fieramente alle ipotesi materialistiche ? Il fatto - mi sembra - è che lo spiritualista viva un pò troppo di tabù. Sono i tabù che fanno inorridire chi li vede messi in causa, contraddetti.
Quando mancano i tabù (io credo proprio di esserne privo) si può tranquillamente anche sorridere sia delle proprie tesi che di quelle altrui. Si può persino ironizzarne.
Ma lo spiritualista, quando parla delle proprie credenze, è sempre troppo serio. Con le sue cose non si può scherzare.
Ma perchè hanno così orrore delle formule chimiche e di quelle fisiche e matematiche poste - magari erroneamente - alla base di nostri comportamenti ?



Ma che c' entrano materialismo e spiritualismo (ma esistono anche svariati dualismi!) da una parte con la confusione relativistica e nichilistiche fra egoismo e soddisfazione, ovvero la pretesa  negazione relativistica e nichilistica dell' altruismo dall' altra ? ? ? 

Le questioni ontologica ed etica, come ben sapeva il grande Hume, sono completamente diverse.
E il fatto che dall' essere non si possa dedurre il dovere esser (o dover fare) non significa affatto che un dover essere e dover fare non siano di fatto avvertiti in parte universalmente da tutti gli uomini per motivi in ultima analisi biologici (storia naturale), e in parte declinati variabilmente declinati per motivi culturali (storia umana).
#1075
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
04 Gennaio 2019, 07:27:16 AM
Citazione di: Freedom il 30 Dicembre 2018, 18:44:39 PM

Io mi riferivo al fatto che è una realtà talmente evidente che l'altruismo si pratica per soddisfazione personale che il non riconoscerlo mi sorprende. Ma davvero tanto.



Il persistente non riconoscimento della differenza enormissima fra "egoismo" e "soddisfazione" sorprende me infinitamente!

Tutto (indiscriminatamente;: di buono o di cattivo, di ottimo o di pessimo, di altruistico o di egoistico) quello che "si pratica" lo si pratica per essere soddisfatti (personalmente) nel desiderarlo, nel desiderio di praticarlo (e se si riesce a praticarlo se ne é soddisfatti) ovvissimamente, per definizione (di "soddisfazione").

Il che non autorizza a fare erroneamente, falsamente di tutte le (buone e le male) erbe (di tutti i desideri, le aspirazioni; in particolare di quelle altruistiche, generose e magnanime da una parte e di quelle egoistiche, grette e meschine dall' altra) un fascio!
#1076
Tematiche Filosofiche / Re:L'altruismo
04 Gennaio 2019, 07:16:21 AM
Citazione di: Freedom il 30 Dicembre 2018, 14:48:38 PM
Citazione di: viator il 19 Dicembre 2018, 17:44:48 PM
Salve. Mi incuriosiva conoscere se secondo voi a questo mondo, dalla comparsa dell'uomo, qualcuno ha mai compiuto un atto od una scelta interiore che non rispondessero alla sua intenzione di procurarsi una utilità, un piacere, una tutela o una soddisfazione.
In altre parole, è mai esistito un altruismo deliberato e scevro da conseguenze positive (non importa se solo sperate) per chi lo ha espresso ?
Per chi vorrà intervenire, occorrerà ricordarsi che quello che pongo dovrebbe essere un quesito logico, non un dilemma etico. Saluti.
A volte sembra che il discutere sia un esercizio del tutto inutile quando non fuorviante.

Forse è il tallone d'Achille della filosofia. Non si può ragionare per il solo piacere di ragionare. Bisogna arrivare a delle conclusioni. E quest'ultime ci sono sempre anche quando non c'è una vera e propria conclusione. Perché anche il non arrivare ad una ragionevole conclusione è tuttavia una conclusione. Scusate il bisticcio di parole.

Mi permetto dunque di concludere la domanda incipit del thread. Anche perché è di una semplicità disarmante. Ci vuole solo un briciolo di buon senso e di capacità di penetrazione dei propri stati d'animo.

La risposta è incontrovertibilmente no. Sia dal punto di vista logico richiesto dall'amico Viator ma, anche, da qualsiasi prospettiva lo si voglia guardare.

Mi verrebbe da chiuderla qua perché mi sembra così intuitivo, così semplice da rendere inutile l'argomentare. Ma poi sembra che intenda fare il superbo e siccome la superbia mi è del tutto insopportabile ed inaccettabile spenderò qualche parola.

Parto dall'atto di altruismo più grande che esista: donare la propria vita per la salvezza di un'altra. Mettiamo che un padre scambi la propria vita per quella di suo figlio. Egli lo farà ricavandone un beneficio molto maggiore rispetto a quello che ricaverebbe non facendolo. Perché la vita di un padre che perde un figlio diventa una vita di dolore incommensurabile. Perché un figlio ha più anni da vivere. Perché è giusto così, perché sono i figli a dover seppellire i padri.
Penso anche all'eroe che sacrifica sé stesso per una qualunque, giusta causa. Ma penso anche a quel giorno nel quale bambino piccolo (6 anni?), mi commossi vedendo quel povero e malridotto zampognaro e chiesi insistentemente a miei genitori qualche soldino per fare l'elemosina. Ricordo come se fosse ora la gioia che mi pervase tutto dando quel soldino a quello zampognaro. Ma cazzo le ho fatte solo io quelle esperienze? Perché vi smarrite nei meandri delle parole quando la verità è così evidente, lapalissiana?

L'altruismo trova sempre la sua soddisfazione personale tant'è che potremmo agevolmente dimostrare che l'altruismo è semplicemente una forma raffinata ed elevatissima di egoismo.

Evito d riscrivere la confutazione logica di questa incredibilmente persistente confusione fra egoismo e soddisfazione (di qualsiasi aspirazione, più o meno egoistica oppure altruistica.

L' ho già fatto nell' intervento #5.

Qui rilevo solo, a mo di corollario, che in questo modo non si distingue più fra il padre che si sacrifica per il figlio e quello che se ne frega e lascia morire il figlio, fra l' eroe che si sacrifica per una giusta causa e l' opportunista che si guarda bene dal farlo, fra il bimbo che fa l' elemosina allo zampognaro povero e quello che preferisce farsi prendere un lecca lecca, tutti fraintesi per egoisti per il fatto di essere soddisfatti (gli uni nel proprio più o meno gretto e meschino egoismo, gli atri nella propria più o meno matura oppure infantile magnanimità e generosità: qualità diverse e completamente contrarie!) , cadendo nell' hegeliana "notte in cui tutte le vacche sembrano nere" (ma non lo sono in realtà, bensì unicamente nella mente errante di chi prende lucciole per lanterne, per usare un' altra metafora più popolare).
#1077
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Dicembre 2018, 21:02:36 PM


CARLO
Scrivi:
<<La forza "centrifuga" è quella che ha accelerato la terra conferendole un' energia cinetica che tenderebbe ad allontanarla inerzialmente dal sole e che sommandosi vettorialmente alla forza "centrifuga" gravitazionale determina la sua orbita ellittica>>

Hai le idee "leggermente" confuse.
Quale sarebbe l'energia cinetica  conferita alla Terra dalla forza centrifuga, visto che la forza centrifuga è applicata al Sole?

Citazione
Chi ha scritto che l' energia cinetica della terra, che interagisce con la gravità determinandone l' orbita ellittica, gliel ' ha conferita il sole?




E che senso ha parlare di  somma vettoriale della f. centrifuga e della f. centripeta, visto che l'una è applicata al Sole e l'altra alla Terra? [Una somma vettoriale ha senso solo quando due vettori-forza sono applicati allo stesso punto o allo stesso corpo, e ha lo scopo di determinare la direzione e il modulo della forza risultante].

Riguardo al resto, per risponderti dovrei ripetere le obiezioni, le spiegazioni e gli esempi che ho già dato. Per cui ...ai listanti, o ai posteri, l'ardua sentenza!
Citazione
Come ha chiarito Apeiron (correggendo una mia convinzione contraria a quanto da te sostenuto, che non ho alcuna difficoltà a  ammettere essere stata errata), esiste un' unica interazione attrattiva gravitazionale fra terra e sole (ma due forze), che combinandosi con l' energia cinetica della terra, che tenderebbe ad allontanarla dal sole stesso, de determina l' orbita ellittica.



Poiché se tutto va bene ci si risente nel 2019, buon anno!
#1078
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:57:22 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 11:56:48 AM

Ciao Ipazia
Scusa ma cos'è l'etica se non "dover essere"? L'etica è forse un qualcosa di empiricamente verificabile?
Si può forse toccare o vedere in una estensione spaziale? Qual'è, insomma, la "realtà" dell'etica?

Il dover-essere si manifesta a posteriori, ma qui si tratta di trovare i fondamenti a priori dell'etologia umana. Per nulla arbitrari in quanto costituiti sui bisogni primari dell'uomo come individuo e come aggregato sociale per i quali l'etica costituisce lo strumento tecnico della convivenza presente in ogni comunità umana.
Citazione
Ma i fondamenti (etologici. latamente biologici, declinati in parte culturalmente) dell' etica umana "sono (a priori -?-)" reali.

Invece si conoscono a posteriori avvertendoli interiormente come tendenza coportamentali (e valutative dei comportamenti propri e altrui); e non si dimostrano con giudizi analitici a priori. (spero che finalmente ci si intenda sui significati delle parole che usiamo).




Citazione
Che vuol dire: "i postulati etici sono solo una percezione" (e se è così, rispondevi a Sgiombo, allora ha ragione chi sostiene il relativismo etico)? Una percezione è forse "nulla"? Io non credo...
Riprendendo Platone circa l'"essere": "cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle incorporee, posto che si dice che entrambe "sono"? (La Battaglia dei Giganti).
saluti

Questo lo sostiene sgiombo. Per me sono invece dimostrabili nel loro rapporto con la realtà materiale (natura+società) che li ha prodotti. Questa è anche la lezione del marxismo, che certo non esaurisce la ricerca, ma almeno propone una metodologia di indagine solida.
Citazione
Vedo che la reciproca comprensione é sempre difficile (sia fra me e Ox che fra me e Ipa: sarò io il problema? Alzheimer incombente?).


Contro Ox sostengo che "i postulati etici sono solo una percezione" [di fatto universalmente diffusa; per cause naturali ben comprese dalla biologia evoluzionistica] (e se è così [come infatti é], allora non ha ragione chi sostiene il relativismo etico.

Contro Ipa per me sono indimostrabili ma invece avvertiti a posteriori, e invece spiegabili nel loro rapporto con la realtà materiale (natura+società) che li ha prodotti.
Questa è anche la lezione del marxismo, che certo non esaurisce la ricerca, ma secondo me non si limita a proporre una mera metodologia di indagine solida.


Se tutto va bene ci si risente fra una settimana.
Di nuovo auguri a tutti (mi resta una mezz' oretta per cercare di rispondere al CarloPierini -che ovviamente non escludo dagli auguri- prima che moglie, figlio e compagna del figlio mi carichino in macchina di peso e un po' in malomodo. Conto sulle solite -e solitamente insopportabili- perdite di tempo delle due donne per pettinarsi).
#1079
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se mi permetti l'intrusione, la contestualizzazione non inficia  la 'validità universale' di una proposizione.
Voglio dire...se, per esempio, ritengo che in un certo contesto fare l'azione X sia qualcosa di 'giusto' faccio comunque un giudizio di valore. In pratica invece di dire "l'azione X è giusta" dico "l'azione X è giusta in questo contesto" - nel secondo caso, introduco una qualificazione ma questo non mi fa concludere che ritengo tale giudizio valore vero solo per me. Contestualizzare non implica il relativismo. Anzi.
Per me è invece il fondamento del relativismo: se dico che «fare x è giusto», allora «chi non fa x, o fa non-x, sbaglia» (a prescindere da latitudine ed epoca); se invece dico che «fare x è giusto solo nel contesto y», significa che «non fare x nel contesto k, non è sbagliato».
Ciò che si "perde" passando dall'una all'altra è l'universalità, l'assolutismo, l'assiomaticità (e non mi pare cambiamento da poco  ;) ). La conseguenza è che non avrò motivi assoluti né alibi etici per fare guerra contro chi «non fa x», o «fa non-x» (e si ritorna al suddetto «magari» di Sariputra).

Citazione
Concordo con quanto Apeiron ha ottimamente esposto.

Uccidere una persona umana nel contesto di un cosiddetto "femminicidio" o di una rapina a mano armata é eticamente (per un' etica -non relativistica-) diversissimo che uccidere una persona umana nel contesto della legittima difesa.
Intendo la legittima difesa autentica, non  non l' obbrobrio immorale salviniano di chi uccide un ladruncolo disarmato sparandogli alle spalle dopo averlo inseguito per il cortile di casa e magari in strada. A questo proposito che possano anche esservi maggioranze, ma sempre in determinati contesti, come potrebbe forse essere l' Italia odierna (ma é discutibile; soprattutto é discutibile quanto lo siano, se lo sono, in quanto autenticamente convinte di quanto sostengono o negano oppure in quanto ingannate dall' ideologia dominante; che nelle società classiste maggioranze votino contro -o comunque approvino leggi contrarie a- i propri autentici interessi é piuttosto la regola che l' eccezione) le quali violano o anche semplicemente negano l' etica -non relativistica- non é un' obiezione falsificante, tenuto conto degli aspetti culturali dell' etica.

L' infanticidio nel contesto di alcune culture é (ma spero piuttosto che fosse) eticamente accettabile; ma non l' omicidio in alcuna cultura (salvo contesti come la legittima difesa o la guerra, ecc.); semplicemente il neonato di pochi giorni (forse non a torto,) in quelle culture non é considerato una persona umana.

Quello dell' omicidio = soppressione di una persona umana) é l' esempio di imperativo etico universalmente derivante dalla natura umana, comunque da contestualizzare.

Esempi di imperativi etici condizionati in maniera prevalente dalla cultura e dunque varianti localmente e temporalmente nel corso della storia umana (e dunque anche non poco diversi fra diversi gruppi sciali) se ne potrebbero fare a iosa nel campo del comportamento sessuale e affettivo familiare.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
L'etica relativista non esiste. Se esistesse, si dovrebbe introdurre una meta-prospettiva etica che giudica tutte le altre.
Lieto di essermi fatto comprendere  :)
Citazione
Se (ma non ne sono sicuro), ti proclami relativista, nel senso che non neghi un' etica non relativistica, ma ti limiti ad affermare un' "atteggiamento mentale" per così dire, che consente di comprendere tanto l' esistenza di un' etica non relativista quanto le sue intrinsecamente necessarie contestualizzazioni, quanto ancora le sue violazioni, allora sono d' accordo.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
E perché mai dovrebbe essere 'relativismo' un approccio fondato su storia ed antropologia? Semmai, assomiglia ad un approccio 'a tentativi ed errori'. Ma di relativismo qui non c'è traccia.
Perché nel momento in cui la storia non ha ancora trovato il sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile, e finché l'antropologia spiega e analizza i differenti contesti sociali e culturali, il relativismo ha i suoi fondamenti (altrimenti, come chiedevo senza successo ad Ipazia: su cosa si fonda?).
Il riferimenti «a tentativi ed errori» va contro tali constatazioni poiché esprime già un giudizio di valore, e quindi presuppone un meta-criterio valutativo (che farà parte di storia e antropologia, essendo contestualizzato, e il cerchio si chiude  ;) ).
Citazione
A parte l' espressione "sacraleggiante" e assoluta (sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile) sono convinto della validità (verità scientifica; sia pure umana) del materialismo storico.
Dunque ritengo che l' etica (non relativistica) sia ben fondata (non in quanto deduttivamente dimostrata -che é impossibile: Hume!- ma in quanto constata a posteriori esserci; dalla biologia, l' etologia animale, l' antropologia, le scienze umane in generale).


Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
devi parlarci delle sue qualità e dirci perché sono migliori delle altre. Ma se introduci un tale giudizio di valore, non rientri più nell'ambito del relativismo.
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).
Citazione
Sottolineo.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Inoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.
La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).
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Ovvio (e ripetitivo; mi scuso) che su questo dissento: vedi sopra gli accenni circa la mia convinzione della realtà di un etica -non relativistica- universalmente umana, in parte culturalmente declinata in vari modi.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
'Relativismo' significa che non ci sono verità universali.
Questa è una definizione basata su una lettura assolutistica del relativismo, ovvero si cerca di rintracciare un assoluto nel relativismo (gesto che i relativisti non hanno motivo di fare  ;) ). Il relativismo dice semmai che anche questa affermazione è relativa al contesto di riferimento e quindi non è universale (ma vale solo qui ed ora) e, soprattutto, non è in conflitto con chi dice (sempre qui ed ora) che ci sono verità universali, trattandosi di due prospettive ognuna relativa, fondata e coerente con i propri assiomi di partenza (come saprai meglio di me  ;) ).
Per come lo leggo io, in chiave anche etimologica (come accennavo sopra), il relativismo non ha motti assolutistici, ma si limita a ri-portare (re-ferre da cui re-latus) ogni giudizio (di valore, di verità o altro) al suo relativo contesto.
Citazione
Questa mi sembra una questione relativa piuttosto al relativismo gnoseologico che al relativismo etico.
Ne abbiamo già ripetutamente parlato (e dissentito, ritenendo io  irreprensibile [a-] logicamente lo scetticismo che sospende il giudizio negando la certezza a qualsiasi conoscenza circa la realtà -quale é indipendentemente dal pensiero- autocontraddittorio e assurdo il relativismo che afferma la verità di qualsiasi (pretesa) conoscenza, di tutte le reali ed eventuali affermazioni, anche quelle reciprocamente -non intrinsecamente- contraddittorie).




CitazioneCitazione da: Apeiron - Fri Dec 28 2018 15:14:29 GMT+0100 (Ora standard dell'Europa centrale)
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se così fosse vero, non potremmo dire, ad esempio, che i totalitarismi del novecento di destra e di sinistra (o di matrice religiosa, di matrice laica o quant'altro) erano veramente ingiusti
Non possiamo dirlo senza usare una prospettiva etica; si tratta di una prospettiva relativa al nostro punto di vista oppure è assoluta? Parliamo di opinioni figlie del loro tempo o di Verità?
Citazione
SEcondo me "la seconda che hai detto: i "dissensi" in proposito (non ovviamente sui singoli episodi, ma sulle complessive esperienze  storiche del secolo scorso) non sono autentici dissensi circa l' etica, ma casomai (per esempio nel caso del nazismo) violazioni dell' etica (non relativistica).




Essendo in partenza per una vacanza in cui sarò scollegato da internet saluto tutti, augurandovi buon anno.

Ci risentiamo, se tutto va bene, fra una settimana,


#1080
Essendo scaduto il tempo per correggerlo, prego di ignorare (considerandola cancellata) l' ultima frase con gli ironici "ringraziamenti" nel mio ultimo intervento, che sa tanto di deplorevole risentimento personale.