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Messaggi - Apeiron

#1066
Tematiche Filosofiche / Re:Die Mutter sind es!
27 Dicembre 2016, 13:51:54 PM
Citazione di: Duc in altum! il 27 Dicembre 2016, 07:10:15 AM** scritto da Apeiron:
CitazioneForse non la ricerca della propria felicità ma la ricerca della propria e dell'altrui felicità. Il vero "nemico" della morale è l'egoismo.
Ciò che identifichiamo come ricerca della felicità, non è altro che il desiderio della serenità d'animo costante. Tuttavia la felicità non potrà mai sostituire la pace esistenziale, giacché essa ne è soltanto una parte e non il suo fine. Quindi il nemico è un po' di confusione. :D

Sinceramente non capisco il tuo intervento :D non volevo dire che lo scopo della vita e della morale è solo essere ricercare la felicità ma volevo dire che la morale di per sé è altruistica e l'altruismo comporta una rinuncia più o meno grande delle "pulsioni egoistiche".

Detto questo per un credente la "vera morale" non è certo seguire la propria volontà ma rinunciare ad essa e "abbracciare" la volontà di Dio, giusto?
#1067
Tematiche Filosofiche / Re:Die Mutter sind es!
26 Dicembre 2016, 12:02:31 PM
Citazione di: anthonyi il 26 Dicembre 2016, 10:39:43 AM
Citazione di: Sariputra il 23 Dicembre 2016, 09:40:09 AMSe la spinta profonda di tutti gli esseri è cercare il piacere e fuggire il dolore, e le emozioni più profonde sono la rabbia e la paura, si può arrivare a sostenere che l'etica e la morale umana nascano come desiderio di piacere e sicurezza, da contrapporre alla paura generatrice di rabbia dolorosa? Sappiamo però che la morale è anche una forma di frustrazione del desiderio di provare piacere infliggendo sofferenza agli altri ( sadismo). Chi di noi non ha mai provato quella spinta rabbiosa dell'animo a "spaccar la testa" a qualcuno ? Quanto piacere interiore ne abbiamo provato? Di fronte alla frustrazione di non ottenere ciò che desidera, l'essere umano genera in sé la rabbia e l'odio, che deve farsi azione per trovare soddisfazione e piacere. Questo piacere di infliggere sofferenza agli altri, per placare la rabbia e la paura, si scontra però con il suo opposto ( forza contrapposta) ossia con il desiderio del piacere dato dalla sicurezza. Immagino la solita grotta primordiale con un bel fuoco al centro e tanto fumo. Arriva il maschio umano, pieno di rabbia e frustrazione per non esser riuscito a cacciare che qualche sorcio. Le femmine lo guardano intimorite e piene di paura. Ormai sanno che sfogherà su di loro la sua rabbia e proverà così piacere infliggendo a loro dolore. La cosa che più atterrisce le femmine è però un'altra...hanno visto che il maschio preferisce sfogarsi sui loro cuccioli. Sembra che il suo desiderio di crudeltà trovi nei piccoli maggior soddisfazione. Ecco però che, a questo punto, i due desideri di piacere contrapposti vengono in collisione ( il desiderio del maschio di godere crudelmente e quello della femmina di godere del suo piccolo che sente come "suo"). Allora, un bella sera, quando il maschio ritorna alla grotta, le femmine lo aspettano...e lo uccidono! (Provano piacere ad ucciderlo). Ecco sorta la prima morale ( non si toccano i piccoli delle madri) . Mettiamo che arrivi, a questo punto, il secondo maschio e che veda il corpo massacrato del primo. Subito proverà una rabbia terribile e, probabilmente, si accanirà anche lui sulle femmine e sui piccoli, per provare piacere. La seconda sera però, le femmine rimaste...aspettano pure lui. Il terzo maschio, forse l'ultimo del gruppo, non desiderando ( provando terrore) di morire per mano delle femmine si adatterà a sfogare la sua rabbia contro tutto ciò che è esterno al gruppo ( e nascerà così la guerra). A cascata da questo primo punto fermo di moralità imposto dalla femmina sul maschio seguono tutti gli altri... "Dèe dominano altere in solitudine. Non luogo intorno ad esse e meno ancora tempo. Parlarne è arduo. Sono le Madri ! (Die Mutter sind es!) Siedono alcune, altre stanno e si muovono come il caso comporta. Formarsi, trasformarsi, eterno giuoco dell'eterno senno." (J.W.Goethe, Faust) Che luogo sarebbe il mondo degli uomini senza "le Madri"?
La mia impressione è che la ricerca della felicità non sia sufficiente a spiegare la morale, per quest'ultima è necessaria anche la convenzione, l'idea cioè di una similarità tra gli individui che si vincolano l'un l'altro nell'azione. La ricerca della felicità, da sola, è spesso invece la premessa per tanti comportamenti immorali.

Forse non la ricerca della propria felicità ma la ricerca della propria e dell'altrui felicità. Il vero "nemico" della morale è l'egoismo.
#1068
Citazione di: anthonyi il 26 Dicembre 2016, 10:53:47 AMCredo che il limite della teoria bicamerale sia nel presupporre un mutamento strutturale della mente nel tempo senza spiegare perché questo mutamento sarebbe avvenuto. A parte il fatto che situazioni di voci interiori, spesso imperative, ma non sempre, sono documentate anche nelle popolazioni umane moderne, per cui in effetti si potrebbe dire che il mutamento strutturale non c'è stato. Ipotizzando che ci fosse stato mi sembra difficile possa essere un mutamento di tipo evoluzionistico perché non ci sono i tempi né le ragioni. Potrebbe certamente essere l'effetto dell'evoluzione culturale, ad esempio una crescita dei contenuti e quindi delle voci culturali nella seconda camera ha reso sempre meno rilevante la voce derivante dalla prima camera. Questa spiegazione particolare aiuterebbe anche a spiegare perché sono soprattutto gli individui dotati di cultura ad avere poca fede.

Sì l'autore non spiega affatto il "miracolo" per cui le "voci" sono sparite all'improvviso... Detto questo è interessante quanto dici della relazione cultura-fede. D'altro canto da sempre la cultura è "malvista" da molti credenti come una sorta di "auto-inganno".
#1069
Tematiche Filosofiche / Re:Die Mutter sind es!
25 Dicembre 2016, 17:01:21 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Dicembre 2016, 16:23:34 PM
Citazione di: Apeiron il 24 Dicembre 2016, 15:41:09 PM
Citazione di: Sariputra il 23 Dicembre 2016, 09:40:09 AMSe la spinta profonda di tutti gli esseri è cercare il piacere e fuggire il dolore, e le emozioni più profonde sono la rabbia e la paura, si può arrivare a sostenere che l'etica e la morale umana nascano come desiderio di piacere e sicurezza, da contrapporre alla paura generatrice di rabbia dolorosa? Sappiamo però che la morale è anche una forma di frustrazione del desiderio di provare piacere infliggendo sofferenza agli altri ( sadismo). Chi di noi non ha mai provato quella spinta rabbiosa dell'animo a "spaccar la testa" a qualcuno ? Quanto piacere interiore ne abbiamo provato? Di fronte alla frustrazione di non ottenere ciò che desidera, l'essere umano genera in sé la rabbia e l'odio, che deve farsi azione per trovare soddisfazione e piacere. Questo piacere di infliggere sofferenza agli altri, per placare la rabbia e la paura, si scontra però con il suo opposto ( forza contrapposta) ossia con il desiderio del piacere dato dalla sicurezza. Immagino la solita grotta primordiale con un bel fuoco al centro e tanto fumo. Arriva il maschio umano, pieno di rabbia e frustrazione per non esser riuscito a cacciare che qualche sorcio. Le femmine lo guardano intimorite e piene di paura. Ormai sanno che sfogherà su di loro la sua rabbia e proverà così piacere infliggendo a loro dolore. La cosa che più atterrisce le femmine è però un'altra...hanno visto che il maschio preferisce sfogarsi sui loro cuccioli. Sembra che il suo desiderio di crudeltà trovi nei piccoli maggior soddisfazione. Ecco però che, a questo punto, i due desideri di piacere contrapposti vengono in collisione ( il desiderio del maschio di godere crudelmente e quello della femmina di godere del suo piccolo che sente come "suo"). Allora, un bella sera, quando il maschio ritorna alla grotta, le femmine lo aspettano...e lo uccidono! (Provano piacere ad ucciderlo). Ecco sorta la prima morale ( non si toccano i piccoli delle madri) . Mettiamo che arrivi, a questo punto, il secondo maschio e che veda il corpo massacrato del primo. Subito proverà una rabbia terribile e, probabilmente, si accanirà anche lui sulle femmine e sui piccoli, per provare piacere. La seconda sera però, le femmine rimaste...aspettano pure lui. Il terzo maschio, forse l'ultimo del gruppo, non desiderando ( provando terrore) di morire per mano delle femmine si adatterà a sfogare la sua rabbia contro tutto ciò che è esterno al gruppo ( e nascerà così la guerra). A cascata da questo primo punto fermo di moralità imposto dalla femmina sul maschio seguono tutti gli altri... "Dèe dominano altere in solitudine. Non luogo intorno ad esse e meno ancora tempo. Parlarne è arduo. Sono le Madri ! (Die Mutter sind es!) Siedono alcune, altre stanno e si muovono come il caso comporta. Formarsi, trasformarsi, eterno giuoco dell'eterno senno." (J.W.Goethe, Faust) Che luogo sarebbe il mondo degli uomini senza "le Madri"?
Concordo con te che l'uomo per sua natura non è "buono". Tuttavia a differenza degli animali (?) l'uomo è l'animale che può essere crudele in quanto consapevole della sofferenza. Infatti la moralità nasce dall'esigenza di portare l'armonia in un mondo nel quale regna il conflitto. E chi va contro la più basica moralità è crudele. Ma anche qui bisogna fare una distinzione: la morale si può fondare sia sulla paura e sul controllo, sia sull'amore. Mentre la seconda è la "vera morale", la prima è una morale "legalista" necessaria perchè appunto la tendenza al conflitto è così connaturata in noi che il controllo è necessario. Lo scenario particolare che suggerisci tu non solo è un esempio di "morale di controllo" ma è anche un esempio di ciò che può essere successo nel passato. La madre per sua natura si prende cura dei figli e quindi cerca di difenderli in ogni modo (qui in realtà un principio di morale "d'amore" si vede anche negli animali, proprio nelle cure parentali...). Tuttavia la difesa dei figli a volte può essere anche violenta e quindi è necessatio il controllo. Come sarebbe il mondo degli uomini senza le madri amorevoli (e aggiungo io i padri amoverevoli)? Un mondo senza regole, dove "tutto è permesso", dominato dall'arroganza, dalla sopraffazione, dal dominio dei forti contro i deboli, dall'alleanza con il solo scopo di dominio, dalla violenza, dall'imposizione...
Sì...proprio di "morale di controllo" tentavo di delineare la nascita ( con una banale storiella inventata...) di quella che potrebbe esser stata una prima forma che si è stabilita nei gruppi umani. Come giustamente osservi , spesso noi attribuiamo la qualità della crudeltà anche alle azioni degli animali, ma la violenza esercitata da questi esseri è "inconsapevole della sofferenza" che cagiona. Viceversa l'uomo gode proprio nella consapevolezza di far soffrire l'altro. E questo , a mio parere, è veramente orribile; è proprio il marchio della Bestia. Questo è il vero demonio che spesso ci costituisce e che forma le nostre azioni più spregevoli. Allora dove può nascere, se non nella consapevolezza delle Madri, che non sono mai uno, che non sentono per uno solo, ma che sentono in due , in tre, in molte loro creature, uscite dal grembo, carne della loro carne, come si suol dire, quella morale che tu definisci ( e io sono d'accordo...) come "vera" ? Ossia quella morale che com-patisce e che non vede distinzione tra la propria e l'altrui sofferenza?

Portando il discorso alla filosofia: la sola conoscenza del bene e del male non porta all'essere morali. Anzi a volte come giustamente sottolinei tu diventiamo proprio "demoni" perchè sappiamo di far del male e lo facciamo (!). Il peccato è proprio questo: persistere nell'errore. Eppure la persistenza nell'errore è una cosa che mi capita molto spesso e sinceramente mi rattrista (se fossi molto credente direi che "sono posseduto").

Come dici tu forse l'amore, quello vero, è carnale (non a caso se fossi credente parlerei di "incarnazione". Alcune immagini della religione cristiana infatti mi "dicono qualcosa" pur non essendo io credente e quindi mi sento "libero" di usarle anche "fuori contesto"...)e quindi forse tale moralità "vera" è proprio nata dalle madri che hanno un rapporto unico con i figli. La com-passione, il non vedere la distinzione di chi soffre è nato proprio forse da quel speciale rapporto che supera l'ego-centrismo e fa capire all'uomo che non è il "centro dell'universo". Sì sono d'accordo con te: sono convinto che lì sia l'origine di questa moralità.

P.S. Buon Natale!
#1070
Varie / Re:BUON NATALE
25 Dicembre 2016, 16:41:39 PM
Per quanto possa valere di una persona in ricerca: Buon Natale a tutti. Vi auguro di trovare serenità e felicità  ;)
Aggiungo poi un Buon 2017!
#1071
Tematiche Filosofiche / Re:Die Mutter sind es!
24 Dicembre 2016, 15:41:09 PM
Citazione di: Sariputra il 23 Dicembre 2016, 09:40:09 AMSe la spinta profonda di tutti gli esseri è cercare il piacere e fuggire il dolore, e le emozioni più profonde sono la rabbia e la paura, si può arrivare a sostenere che l'etica e la morale umana nascano come desiderio di piacere e sicurezza, da contrapporre alla paura generatrice di rabbia dolorosa? Sappiamo però che la morale è anche una forma di frustrazione del desiderio di provare piacere infliggendo sofferenza agli altri ( sadismo). Chi di noi non ha mai provato quella spinta rabbiosa dell'animo a "spaccar la testa" a qualcuno ? Quanto piacere interiore ne abbiamo provato? Di fronte alla frustrazione di non ottenere ciò che desidera, l'essere umano genera in sé la rabbia e l'odio, che deve farsi azione per trovare soddisfazione e piacere. Questo piacere di infliggere sofferenza agli altri, per placare la rabbia e la paura, si scontra però con il suo opposto ( forza contrapposta) ossia con il desiderio del piacere dato dalla sicurezza. Immagino la solita grotta primordiale con un bel fuoco al centro e tanto fumo. Arriva il maschio umano, pieno di rabbia e frustrazione per non esser riuscito a cacciare che qualche sorcio. Le femmine lo guardano intimorite e piene di paura. Ormai sanno che sfogherà su di loro la sua rabbia e proverà così piacere infliggendo a loro dolore. La cosa che più atterrisce le femmine è però un'altra...hanno visto che il maschio preferisce sfogarsi sui loro cuccioli. Sembra che il suo desiderio di crudeltà trovi nei piccoli maggior soddisfazione. Ecco però che, a questo punto, i due desideri di piacere contrapposti vengono in collisione ( il desiderio del maschio di godere crudelmente e quello della femmina di godere del suo piccolo che sente come "suo"). Allora, un bella sera, quando il maschio ritorna alla grotta, le femmine lo aspettano...e lo uccidono! (Provano piacere ad ucciderlo). Ecco sorta la prima morale ( non si toccano i piccoli delle madri) . Mettiamo che arrivi, a questo punto, il secondo maschio e che veda il corpo massacrato del primo. Subito proverà una rabbia terribile e, probabilmente, si accanirà anche lui sulle femmine e sui piccoli, per provare piacere. La seconda sera però, le femmine rimaste...aspettano pure lui. Il terzo maschio, forse l'ultimo del gruppo, non desiderando ( provando terrore) di morire per mano delle femmine si adatterà a sfogare la sua rabbia contro tutto ciò che è esterno al gruppo ( e nascerà così la guerra). A cascata da questo primo punto fermo di moralità imposto dalla femmina sul maschio seguono tutti gli altri... "Dèe dominano altere in solitudine. Non luogo intorno ad esse e meno ancora tempo. Parlarne è arduo. Sono le Madri ! (Die Mutter sind es!) Siedono alcune, altre stanno e si muovono come il caso comporta. Formarsi, trasformarsi, eterno giuoco dell'eterno senno." (J.W.Goethe, Faust) Che luogo sarebbe il mondo degli uomini senza "le Madri"?

Concordo con te che l'uomo per sua natura non è "buono". Tuttavia a differenza degli animali (?) l'uomo è l'animale che può essere crudele in quanto consapevole della sofferenza. Infatti la moralità nasce dall'esigenza di portare l'armonia in un mondo nel quale regna il conflitto. E chi va contro la più basica moralità è crudele. Ma anche qui bisogna fare una distinzione: la morale si può fondare sia sulla paura e sul controllo, sia sull'amore. Mentre la seconda è la "vera morale", la prima è una morale "legalista" necessaria perchè appunto la tendenza al conflitto è così connaturata in noi che il controllo è necessario.
Lo scenario particolare che suggerisci tu non solo è un esempio di "morale di controllo" ma è anche un esempio di ciò che può essere successo nel passato. La madre per sua natura si prende cura dei figli e quindi cerca di difenderli in ogni modo (qui in realtà un principio di morale "d'amore" si vede anche negli animali, proprio nelle cure parentali...). Tuttavia la difesa dei figli a volte può essere anche violenta e quindi è necessatio il controllo. Come sarebbe il mondo degli uomini senza le madri amorevoli (e aggiungo io i padri amoverevoli)? Un mondo senza regole, dove "tutto è permesso", dominato dall'arroganza, dalla sopraffazione, dal dominio dei forti contro i deboli, dall'alleanza con il solo scopo di dominio, dalla violenza, dall'imposizione...
#1072
Citazione di: Duc in altum! il 22 Dicembre 2016, 10:46:48 AM** scritto da Apeiron:
CitazioneQuello che mi riferivo io è che quando si mettono dogmi su dogmi su dogmi quello che si fa è creare discordia più che amore... "Tu non credi in ciò? Bene allora sei scomunicato, non ti parlerà più nessuno perchè sei pericoloso?" A questo porta l'aggiungere dogmi su dogmi ed essere rigidi.
Ma la Chiesa non ti chiede se credi o meno nel Purgatorio, e meno ti etichetta pericoloso se non credi alla verginità perpetua di Maria di Nazareth. Il primo passo, che poi è il più assurdo e irrazionale, è credere che Dio è Gesù, e che Gesù ha pagato il tuo riscatto morendo in croce. Questa è la vera difficoltà. Poi: Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità [...] molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Sei tu che ti stai irrigidendo invece di sperimentare la soluzione.

Obiezione molto interessante, forse hai ragione che mi sto irrigidendo però non puoi negare che la chiesa sia stata (ed è) rigida anche su cose minime. Detto questo ho motivi per credere che Gesù sia risorto (che non ripeto) ma forse quello che mi manca è l'esperienza di cui tu mi parli che è in parte incomunicabile (che magari l'ho già avuta ma non la riconosco :-[ ) !
#1073
Citazione di: paul11 il 21 Dicembre 2016, 23:28:07 PMPoco tempo fa, feci delle ricerche sull'origine della personalità giuridica e dell'interesse economico. Ebbene scoprii che l'interesse economico, come affitto del terreno per le colture, era già,con mia sorpresa , nel codice di Hammurabi dei babilonesi che ha regnato fra il 1792 e il 1795 a,C. E' accertato che già prima i Sumeri conoscessero la matematica sessagesimale, algoritmi, tabelle per la risoluzione di equazioni di terzo grado, i principi del teorema di Pitagora. L'uomo razionale storicamente si vuole dargli origine con la filosofia greca. Quì nasce la sistematizzazione linguistica con i suoi principi logici predicativ e proposizionali Ancora adesso ingegneri cercano di capire come si siano costruite le piramidi egizie,con le più varie teorie. Ci fa comodo e superiori a dirci che noi siamo razionali e dentro il progresso,trattando altre culture come selvagge e retrograde.Non penso affatto che la cultura orientale non avendo la sistematizzazione occidentale che ha fatto da trampolino per la tecnica costruendo teoremi, leggi e le relative applicazioni sia per questo deducibile che le altre culture essendo relativamente a un livello tecnico più basso lo siano anche come autocoscienza.

Un certo progresso secondo me lo vedi anche nelle culture orientali. Ad esempio nel buddismo theravada una volta si tendeva a leggere letteralmente che c'era Mara che parlava al Buddha, oggi si è capito che non è un dettaglio importante della dottrina. Allo stesso modo oggi in occidente non "parliamo più on gli spiriti". Ciò perchè ci relazioniamo in modo diverso con la nostra spiritualità rispetto al passato.
Come però ho già detto intelligenza e razionalità sono certamente progredite forse anche perchè abbiamo un senso dell'io sviluppato. I dubbi mi permangono sul fatto che un tale scenario sia un effettivo progresso in senso "etico"...

Citazione di: maral il 21 Dicembre 2016, 20:50:25 PMIn merito al discorso sul QI penso che sia fondamentalmente sballato quando si intende riferirlo a una sorta di intelligenza assoluta (oggettiva e uguale per tutti nel suo significato funzionale). La misura del QI è una valutazione che già di per sé risente di una impostazione culturale specifica, lo stesso concetto di andare a valutare separatamente un' "intelligenza fluida" contrapposta a una "intelligenza cristallizzata" è il risultato di un modo di pensare del tutto attuale e contingente che si traduce anche neila valutazione e definizione quantificata dei risultati osservati e quindi dei loro andamenti con giudizi di validazione oggettiva che lasciano il tempo che trovano. Il modo di risolvere i problemi resta sempre legato ai mezzi che si usano e ai modi in cui si usano nei contesti che li propongono. Chi utilizza abitualmente una vanga ha un suo modo intelligente di risolvere i problemi, assai diverso dal razionalismo astratto di chi usa un computer con un accesso a informazioni di tipo diverso che in modo diverso condizionano il suo modo di ragionare, di pensare e di vedere il mondo e pure il modo di scaricare delle sue sinapsi, oltre ai punteggi che ottiene nei test formulati da una psicologia che può avere senso solo nei tempi presenti. Detto questo è certamente vero che il mondo di una volta non era una sorta di Eden felice abitato da individui super intelligenti e lieti contadini e contadinelle in felice armonia con la "natura", direi piuttosto che oggi ci troviamo su un piano di comprensione diverso (che comprende anche la favola arcadica del passato, mai vissuto da chi viveva in quel passato) con limiti diversi e proprio sulla diversità di questi limiti varrebbe la pena di ragionare per tentare di capire cosa diventiamo, senza pretese di superiorità o di inferiorità di immaginazione nostalgica. Per quanto riguarda l'autocoscienza, ossia la visione delineata della propria forma individuale di appartenenza (sia fisica - il mio corpo - che psichica - la mia anima che lo presenta nel suo eterno significare -) risente anch'essa enormemente delle visioni culturali varianti nei tempi e nei luoghi (oggi meno per quanto riguarda i luoghi, data la potenza globalizzante del modello culturale che viviamo e le continue suggestioni che produce ovunque). L'autocoscienza di uomini che vivevano in un villaggio isolato praticando la caccia, la raccolta o un'agricoltura di sussistenza, era dettata fondamentalmente dalla partecipazione attiva alla vita relazionale della loro comunità ristretta, nel bene e nel male, e, in tale ambito comunitario molto forte, la coscienza di sé stessi come individui a sé stanti si presentava molto più incerta ed evanescente, mentre assai più forte era il senso di una forma collettiva sovrastante che poteva anche esprimersi in manifestazioni che oggi, alla luce della nostra cultura separante e atomizzante, definiamo (con pretese panoramiche oggettive) allucinatorie. Queste esperienze erano invece il risultato di un necessario adattamento ai significati con cui si presentava l'esistenza nelle prassi relazionali in cui trovava espressione e non il sintomo di un doppio cervello diviso (idea, tra l'altro, assai individualistica nella sua oggettualità). L'autocoscienza, con tutta la interessantissima riflessione sulla propria interiorità personale maturante che l'accompagna, è comunque una costruzione artificialmente derivata nel corso di un paio centinaia di millenni e non un dato originario, organicamente rintracciabile, prefissato a priori come qualcosa di stabile nell'essere umano.

Sulla questione pratica-evoluzione della mente credo che si possa anche pensare che si siano influenzate in modo reciproco. Cioè che un certo tipo di mente tende a fare certe attività e che certe attività tendono a plasmare la mente. Motivo per cui, senza credermi superiore (!), ritengo che la nostra mente funzioni in modo diverso da quella di altre civiltà sia per cambiamenti interni che esterni. D'altronde noi tutti siamo inseriti in un contesto sociale e questo ci plasma con riti, abitudini, modi di pensare, attività fisiche ecc. In sostanza l'errore grande della teoria della mente bicamerale è che perde di vista il fatto che mente e pragmatica sono molto connesse e quindi anche i modi di esprimersi condizionano la mente.
#1074
Citazione di: Sariputra il 21 Dicembre 2016, 08:28:16 AMChe sia stato indetto, nell'antichità, un referendum abrogativo per decidere se restare con il sistema "mente bicamerale" oppure quello " mente monocamerale" ? Ovviamente ha prevalso quest'ultimo inducendo alle dimissioni re Preferiscoesserdue IX. Poi riciclatosi e tornato sul trono col nome Mivabenancheuno I ... Scusa Apeiron ma un pò ci sta... ;D ;D ;D


Ahahahahahah  ;D ci sta!

Citazione di: pepe98 il 21 Dicembre 2016, 07:53:59 AMCit. Apeiron Quello che volevo dire è che magari c'è stato veramente un periodo nel quale gli uomini avevano una coscienza di sé poco sviluppata e perciò non avevano ben chiaro il confine tra "sé" e "l'altro" e oggi siamo sicuri di conoscere il confine tra io e altro? O forse ció che facciano è identificarci sempre più con una sola parte dell'io, sparandoci dal resto dell'io?

Ci si può dilungare molto però certamente noi abbiamo più consapevolezza di essere individui degli animali. Quindi l'evoluzione ha portato anche a questo. Non ho mica detto che l'inonscio è scomparso, si è solo "ridotto"...

Citazione di: paul11 il 20 Dicembre 2016, 22:29:23 PMEppure civiltà antiche avevano astronomie e calcoli matematici evoluti, tant'è che credevano alla ciclicità tipica non di una linearità per orizzonte di una terra piatta,ma di meccanismi come orologi o i cicli planetari meccanizzati come negli orologi, quindi come rotelle di diverso diametro.I cicli vedici sono esemplari e basati sul ciclo precessionale del sole costruiscono cicli lunghi e sottocicli più brevi. Ma non c'è un'evoluzione a forma ellittica, descrivono periodi ciclici di crisi di civiltà o di evoluzione.La mentalità, se così si può dire, di una linea di progresso sempre tendente all'alto tipico della tecnica è endemica della nostra cultura occidentale. Sono d'accordo che l'uomo è autocosciente, Ma non saprei se gli animali abbiano una coscienza, forse. Si tratterebbe di definire meglio il termine coscienza che è ambiguo linguisticamente. Qualunque essere dotato di autonomia motoria necessariamente per sopravvivere, perchè cerca cibo ed è dentro una catena alimentare dove ha nemici, deve avere un' apparato di "sorveglianza", quindi nervoso che lo allerti e dall'altra che lo aiuti a cercare il cibo. L'autoconsapevolezza umana ha necessità di un'autoproiezione, la riflessione di se stessi è la capacità di uscire fuori dal proprio corpo mentalmente per autoosservarsi, per autodescriversi, quindi l'autocoscienza è trascendenza, nel senso che linguisticamente ha capacità di astrarsi.In fondo arte e spiritualità hanno denominatori comuni. Ecco, cosa distingue un robot, un automa programmato con sensori ambientali, un animale mammifero(es. una scimmia) e un umano? Penso che la complessità psichica sia tipica di una complessità mentale,come dire che tanto è alto l'emerso e tanto lo è l'immerso.Per questo non credo ad una separazione "evolutiva" fra un umano prima più psichico che poi diverrà poi più razionale, penso che le due cose siano correlate.Semmai sono i linguaggi che mutano

L'autore definisce l'autocoscienza come capacità di introspezione e non l'intelligenza. Quello che lui ha notato è che più vai avanti nel tempo più si nota introspezione nei testi, cosa che secondo me è vera. Poi eh noto anche che è un po' difficile che un giorno l'uomo si svegli e dica "le voci che sento sono mie e non degli dei", così come trovo un po' difficile che sia successo in un preciso momento storico. Personalmente credo che linguaggio e auto-coscienza si siano sviluppati insieme perchè il primo necessita del pensiero concettuale e la seconda necessita di un modo di esprimere i concetti. In una sorta di progresso ci credo.

Citazione di: acquario69 il 21 Dicembre 2016, 04:05:20 AM
CitazioneSecondo lo psicologo Julian Jaynes nell'antichità gli esseri umani non erano coscienti. La loro mente era "bicamerale" perchè in sostanza era costituita da due parti.
secondo me già da questo ne deduco che questa teoria e' una balla colossale! poi prosegue pure dicendo che la mente sia qualcosa che possa "spezzettarsi" in parti,come se fosse qualcosa di misurabile. tutte queste teorie che svalutano a priori le diverse umanità che ci hanno preceduto..essendo noi gli eccelsi e i predestinati giunti finalmente alla meta conclusiva del suo percorso "evolutivo" !!.. e se invece fosse vero esattamente il contrario..in fondo anche questa può essere un altra ipotesi da valutare..e da dissidente quale sono ne avanzo qualcuna in merito; intanto bisognerebbe sin dall'inizio provare a non riportare la nostra stessa dimensione e il nostro stesso identico modo di concepire...e' più probabile secondo me che l'umanità era sicuramente più aperta nel percepire cose che noi oggi manco riusciamo più solo ad immaginare,perché loro avevano senz'altro una sensibilità e una maniera di percepire che andava ben oltre il solo ambito sensibile e "materiale" del termine (che mi pare sia ormai l'unico a cui ci si rifa sempre e solo riferimento) e questo lo si potrebbe già riscontrare con un attento esame ad un periodo storico relativamente più vicino a noi quale il medioevo. quindi il nostro rimanda sempre ad un riferimento "storico" e percio limitato,più o meno in senso cronologico,e a partire da certi dati a disposizione,prima dei quali non si avrebbero "informazioni" per "analizzare" i fatti! (pero appunto solo secondo i nostri criteri) di nessun tipo basati sempre sul medesimo criterio..che e' il nostro attuale ma non e' detto che sia appunto l'unico o che abbia reale valenza,perché così che a un certo punto e' stato deciso.

Guarda allora l'umanità era certamente più pronta a leggere in chiavi diverse la realtà. Ritengo difficile che oggi si possa formare una religione che non sia uno "spin-off" di quelle già esistenti, per esempio. Oggi infatti siamo fin troppo razionali e questo da un lato è una cosa positiva perchè ci libera dalla superstizione ma dall'altro è una cosa negativa perchè la sola indagine razionale chiude la porta ad altri tipi di indagine (ma questo è un problema molto recente, nato nell'illuminismo). Ad esempio a priori oggi siamo convinti che la realtà sia quella che si presenta ad un'analisi scientifica senza accorgerci che in realtà poniamo un assioma arbitrario. Forse è anche dovuto al fatto che oggi siamo anche ansiosi e maniaci del controllo e appunto la razionalità è un metodo di controllo.
#1075
Citazione di: Duc in altum! il 21 Dicembre 2016, 09:24:19 AM** scritto da Apeiron:
CitazioneIl fatto di esistere per me è "senza spiegazioni", quindi un miracolo. Mi riferivo a tipo guarigioni o cose molto più terra-terra (ad esempio la questione dei santi, degli eretici ecc).
Ci sono due modi di vivere la tua vita. Una è pensare che niente è un miracolo. L'altra è pensare che ogni cosa è un miracolo.
Albert Einstein

Davvero credi che "ogni cosa è un miracolo"? A mio giudizio solo la vita è un miracolo. La distruzione e la morte no! Quello che mi riferivo io è che quando si mettono dogmi su dogmi su dogmi quello che si fa è creare discordia più che amore... "Tu non credi in ciò? Bene allora sei scomunicato, non ti parlerà più nessuno perchè sei pericoloso?" A questo porta l'aggiungere dogmi su dogmi ed essere rigidi.

Citazione di: InVerno il 21 Dicembre 2016, 12:05:09 PM
Citazione di: Apeiron il 20 Dicembre 2016, 22:08:00 PMIl fatto di esistere per me è "senza spiegazioni", quindi un miracolo. Mi riferivo a tipo guarigioni o cose molto più terra-terra (ad esempio la questione dei santi, degli eretici ecc). Comunque per essere definito cristiano forse uno deve essere certo che Gesù sia salvatore ecc (intendo, deve essere certo nei dogmi principali). In questo senso oggi non posso dire di essere certo. Ci sono diverse cose che mi attraggono alla fede e altre no. Una che mi attrae è ad esempio il fatto che per essere d'aiuto più di altri saggi Gesù deve essere risorto.
Per me è il contrario, ovvero che dovrei risorgere io e vivere per l'eternità in un posto dove il male non esiste (sempre dal punto di vista letterale, ma tanto se si parla a livello "utilitaristico" ...facciamoci due risate) Credo che la maggior parte delle persone non se ne renda conto e pensi che si tratti di una cosa assolutamente positiva perchè non ha ben chiaro cosa significa eternità e soprattutto una vita senza male. Se la mente rimane inalterata e resuscita con le stesse caratteristiche umane che aveva in vita, vivere per l'eternità in un posto senza male penso che porterterebbe a un livello di follia tale da desiderare il suicidio ogni secondo, unito a qualsiasi altro tipo di follia sperimentabile (in un tempo eterno, hai tutto il tempo di accumularle tutte). Se la mente resuscitata verrà trasformata in qualche forma "adamitica" che non risente dei problemi umani, si può tranquillamente dire che non sarò più io ma completamente un altro, quindi mi è completamente ininfluente, sarà un altro. Spero proprio di rimanere nella mia tomba fisso e stabile e che nessuno provi a resuscitarmi in un posto del genere, se Duc in Altum conosce qualche modo per comunicarlo al Signore con una specie di testamento, gli sarei "eternamente" grato se mi fornisse l'indirizzo a cui spedire. In oriente dicono di sapere come fermare il ciclo delle rinascite, almeno li c'è qualcosa che mi possa essere davvero utile. Manco da morti si può stare in pace che già arriva uno che ti riporta in vita.. incredibile..


Da come ci si immagina l'aldilà dovrebbe essere un luogo molto diverso dalla terra e quindi noia e disperazione non ci sarebbero. Certo che anche per me la "resurrezione dei corpi" non mi convince per nulla...
#1076
Citazione di: maral il 20 Dicembre 2016, 22:05:19 PM
CitazioneConcordo quasi con te su tutto. Però uno studio scientifico sull'origine di linguaggio e auto-coscienza lo farei :)
D'accordo. ma il problema che resta nascosto in uno studio scientifico così impostato è un riduzionismo fisiologico del tutto arbitrario (a cui peraltro l'autore, mi pare non avendo letto il suo testo, allude solo senza dare né poter dare riscontro alcuno, come in una sorta di garanzia a priori, basta il "nome"). Uno studio scientifico serio a mio parere non dovrebbe prendere in considerazione tanto la struttura cerebrale per dimostrarne una presupposta e del tutto irreale primitiva inadeguatezza (bene o male quegli antichi esseri umani vivevano, probabilmente tra momenti di serenità e disperazione, proprio come noi che pensiamo impropriamente di possedere un'autocoscienza ben più dirimente tra "interno" ed "esterno"), quanto soprattutto il contesto sociale che determinava il senso in cui a quel tempo si viveva, senso dettato da quello che facevano, dalle loro pratiche quotidiane, così diverse dalle nostre. Peraltro in certi ambiti e almeno fino a pochi secoli fa, udire voci non era per nulla considerato sintomo di un disadattamento psichico per di più di natura organica, semmai, almeno nell'ambito della cultura cristiana occidentale, indice di possessione demoniaca (come il caso di Giovanna d'Arco evidenzia, strega per gli Inglesi, santa ed eroina nazionale per i Francesi, ma certamente schizofrenica per un neuro psicologo attuale che magari ritiene, dall'alto delle sue impersonali competenze, di avere la visione oggettiva e reale del caso pur non potendolo di sicuro verificare in alcun modo). L'argomento autocoscienza è qualcosa di estremamente complesso che coinvolge in modo determinante il significato vissuto del mondo in cui si trova nel contesto relazionale e culturale da cui è espresso, non la struttura cerebrale, per quanto certamente il modo di scaricare dei neuroni sarà in qualche modo influenzato (e in modo diverso per ogni soggetto) da questo contesto per comprendere il quale occorrerebbe una scienza ben diversa da quella che misura l'attività neuronale nel cervello, sperando che nell'elettro encefalogramma si possa trovare la chiave di volta perfettamente verificabile e universalmente riproducibile dell'autocoscienza. Per di più qui, nell'ipotesi in oggetto, anche queste mappature mancano del tutto, ce ne è solo la suggestiva evocazione che colpisce come una sorta di nuova e indubitabile mitologia. Trovo davvero sintomatico che quanto più i disturbi mentali aumentano proprio nei tempi attuali caratterizzati da una grande oggettività razionale di visione (ormai più del 50% delle persone nei paesi occidentali fa uso abituale di psicofarmaci), tanto più li si voglia andare a cercare nei tempi antichi.

Su questo non faccio obiezioni, totalmente d'accordo  ;)
#1077
Tematiche Culturali e Sociali / Re:mi stanno antipatici
20 Dicembre 2016, 22:24:08 PM
Il mio intervento voleva dire che il rifiuto di raggiungere l'autoconsapevolezza e provare a realizzare sé stessi (non identificando la realizzazione col successo economico) è un atto deleterio prima di tutto contro sé stessi. Tuttavia già questo è una fatica e se non si da alcun valore a fatica e alla disponibilità a sacrificarsi non ci si proverà nemmeno. Poi eh magari può succedere che la cosa crei confitto con altre persone, magari con la famiglia. In questi casi si può cercare un compromesso oppure "fregarsene" e andare per la propria strada se il compromesso è insopportabile. Di certo però una vita spesa solo per sé stessi è una vita abbastanza sprecata secondo me e quindi anche qui a volte bisogna essere disposti a sacrificare le proprie ambizioni (volendo essere realisti...). Il problema del giorno d'oggi è che si vede il sacrificio solo come un pericolo che per molti è anche inutile. Se parti da questo presupposto non si farà mai nulla. Nel mio caso il sacrificio mi terrorizza ma ne riconosco il valore.

N.B: Con sacrificio non intendo l'auto-mortificazione. Credo semplicemente che una disponibilità maggiore di rischiare se stessi sia auspicabile. Sono ipocrita a dire queste cose? Eh purtroppo sì, è uno dei miei difetti: sono molto attaccato alle comodità anche se queste si rivelano essere un ostacolo. Poi eh se uno invece ha la possibilità di avercele senza che esse siano un problema ok, nessun problema.
#1078
Citazione di: Duc in altum! il 20 Dicembre 2016, 20:32:39 PM** scritto da Apeiron:
CitazionePoi non capisco cosa vuoi dire con l'ultima frase.
Che siccome non c'è ancora la spiegazione scientifica che confermi che siamo nati per caso, il fatto di esistere e di vivere è già un miracolo.

Il fatto di esistere per me è "senza spiegazioni", quindi un miracolo. Mi riferivo a tipo guarigioni o cose molto più terra-terra (ad esempio la questione dei santi, degli eretici ecc). Comunque per essere definito cristiano forse uno deve essere certo che Gesù sia salvatore ecc (intendo, deve essere certo nei dogmi principali). In questo senso oggi non posso dire di essere certo. Ci sono diverse cose che mi attraggono alla fede e altre no. Una che mi attrae è ad esempio il fatto che per essere d'aiuto più di altri saggi Gesù deve essere risorto.
#1079
Citazione di: Duc in altum! il 20 Dicembre 2016, 19:42:14 PM** scritto da Apeiron:
CitazioneIn tal caso sono anche disposto a definirmi "cristiano". Non sono invece disposto a definirmi cristiano (per ora...) quando si parla di accettazione di dogmi che sono secondo me inutili. Ti faccio un esempio: i miracoli e le guarigioni magari un giorno verranno spiegati dalla scienza. Ma ciò dovrebbe portarmi ad abbandonare consigli e immagini? No. Cosa mi fa abbandonare? Un dogma inutile e che non mi dice nulla.
Un giorno, benissimo, nel frattempo non sono spiegabili ma avvengono: "...Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?»..." (Gv11,25-26) - crede Apeiron questo? Sì, no, non lo so, non me ne importa, un giorno mi pronuncerò, ecc. ecc.; ognuno decide o sceglie liberamente, ma dire "sono cristiano" e non credere nei miracoli, è lo stesso errore commesso dal ex/primo ministro Renzi di dichiararsi cattolico ma di non aver giurato sul Vangelo bensì sulla costituzione. Purtroppo o grazie a Dio o si ama Dio o mammona. Il tergiversare è molto diabolico.
CitazioneUn dogma inutile e che non mi dice nulla.
Inutile ma nel frattempo te ne benefici respirando, gioendo, conoscendo, relazionando, amando, vivendo.

Capisco che secondo te dubitare e cercare di capire è diabolico ma ahimé "chiunque vive (! cosa significa?) e crede in me, non morrà in eterno" è una frase che è intepretabile in vari modi. Inoltre  da questo non segue che debba credere anche ad altri dogmi (alcuni dei quali tu stesso definisci come "superstizione"!).

Poi non capisco cosa vuoi dire con l'ultima frase.
#1080
Citazione di: paul11 il 20 Dicembre 2016, 16:28:18 PM
Citazione di: Apeiron il 20 Dicembre 2016, 14:53:15 PM
Citazione di: InVerno il 19 Dicembre 2016, 23:37:51 PMPer conto mio Apeiron ha specificato ben precisamente che si tratti di una speculazione e non di una teoria, non capisco la "gogna" riguardo qualcosa che non ha mai detto (non so invece cosa abbia sostenuto a riguardo l'autore). O forse davvero cerca di difenderla come teoria? non si capisce. In ogni caso anche le speculazioni sono utili, non per trovare la verità, ma per immagire percorsi da seguire e in caso verificare (o dare spunti ad altri). A volte una teoria emerge dalle prove, a volte le prove vengono cercate dopo una speculazione. Basta non aver fretta di credere e prendere le cose per quelle che sono, e solo per quello che sono. Il tizio certamente aveva fantasia da vendere per riuscire a collegare questa idea coi testi, per quello ero interessato a come fosse arrivato a 1000ac :)
Non voglio difendere quella speculazione ma semmai usarla come "punto di partenza". L'autore da quanto ho capito era convinto di aver risolto l'"enigma" che si era posto. La questione del 1000a.c mi sembra una cavolata anche a me (per ragioni simili a quanto dette da paul11 nel messaggio precedente a questo). Quello che volevo dire è che magari c'è stato veramente un periodo nel quale gli uomini avevano una coscienza di sé poco sviluppata e perciò non avevano ben chiaro il confine tra "sé" e "l'altro" (non a caso Buddha voleva superare questa consapevolezza). Un'animale certamente ha un certo grado di "coscienza di sé" ma secondo me quello che manca lì è l'auto-consapevolezza, la capacità di "riflettersi". Voglio dire: un animale non è in grado di discernere coscientemente le distinzioni, motivo per cui in un certo senso tale consapevolezza è solo istintuale. L'autore voleva dire, credo, che quando è emersa la capacità di pensare e di "dialogare con sé stessi" i primi uomini erano "confusi" da questa abilità e spesso la scambiavano per la "voce di un altro". Quindi magari non nel 1000a.c. ma ad esempio ai tempi degli australopitechi (vi prego non prendete troppo sul serio quello che sto dicendo). Tra le altre cose ad esempio è anche interessante lo stesso concetto di "ispirazione dell'opera artistica", la quale a volte sembra venire dall'inconscio. Quindi come dice:
Citazione di: pepe98 il 20 Dicembre 2016, 11:10:37 AMSicuramente è una speculazione molto discutibile, però c'è un elemento interessante su cui si sta lavorando dai tempi di Freud: la separazione della funzione agente dall'io cosciente. Trovo quindi questa teoria una valida provocazione a chi ritiene, spesso per buon senso, di essere colui che decide le proprie azioni.
magari una volta l'incoscio era più "esteso" di quanto sia il nostro e quindi magari effettivamente scambiavano le loro stesse azioni per quelle di "spiriti". Ma ripeto quello che volevo fare era dare uno spunto di riflessione sulla stessa consapevolezza di sé, non sono venuto qui a dire "ehi guardate ho risolto l'emergenza della coscienza". Però quello che lui ha notato è che le opere passate denotavano un grado di introspezione molto minore di quello odierno e da qui lui ha detto che l'introspezione è "comparsa" attorno al 1000a.c (da quanto ho capito io). Un'obiezione che gli si può fare è semplicemente: non è stato magari un processo grauduale? Altra riflessione: i greci parlano del "logos" di tutte le cose. Una sorta di discorso di tutte le cose. Il cristianesimo idem. Magari veramente allora credevano letteralmente in un "logos così umano". Oggi ad esempio anche io vedo una "intelligenza" nella natura tuttavia non la vedo così antropomorfa come la vedevano loro. Però ecco non mi "da fastidio" parlare di leggi della fisica, di "logos" ecc anche se so di non prendere in modo letterale queste parole. Ma forse una volta letteralmente erano più inclini a pensarla così perchè avevano una mente diversa. D'altronde solo una mente letterale poteve pensare in questo modo. In sostanza l'obiettivo del thread, ripeto, era proporre una riflessione sulla questione se è o non è cambiata la nostra coscienza nella storia e ho proposto questa speculazione per vedere quello che ne pensate, tutto qua. Sinceramente a me ha fatto pensare proprio se anni fa la coscienza era diversa da quella odierna.
...potrebbe anche essere..... Ma ci sono elementi che si scontrano in maniera evidente e arrivano proprio dai libri vedici indiani quando parlano dei ciicli (yuga) dalla Bibbia e dai testi degli ebrei come il Talmud. La Bibbia, non voglio fare citazioni, dopo il diluvio dice che l'uomo vivrà al massimo fino a 120 anni, quando sappiamo che proprio fino a Noè e il proverbiale Matusalemme ,vivevano per secoli. Il Talmud ,se non ricordo male, quello della tradizione orale, praticamente dice la stessa cosa; che l'umanità decade invece di evolversi. Questi concetti dei libri "sacri" sono esattamente opposti ai concetti antropologici di evoluzionismo biologico e di progresso. E francamente ,dati i tempi attuali, qualche riflessione sul livello evolutivo e di saggezza dell'umanità attuale, me lo porrei.

Il Buddha afferma che l'umanità una volta viveva secoli. A quanto pare il mito di una umanità più longeva era estremamente diffuso. Detto questo la Bibbia parla anche della terra piatta.
Ma la cosa interessante è che in effetti se leggi ad esempio un testo antico e uno moderno vedi tantissima differenza nell'introspezione.

Citazione di: maral il 20 Dicembre 2016, 09:47:41 AMApeiron, l'ipotesi è interessante, ma, secondo me non è interessante per il fenomeno che vorrebbe spiegare, ma per il significato che dà al fenomeno, significato che può aiutarci a capire non come erano i primi uomini (e chi potrà mai dircelo! uno psicologo dei giorni nostri forse? con una conoscenza psicologica che non riesce nemmeno a dare ragione di ciò che siamo noi, uomini attuali, concretamente ed effettivamente!), ma i contesti che determinano i nostri pensieri e la nostra credulità. Credulità che, a dispetto dell'affermarsi delle cosiddette "scienze oggettive", è diventata enorme, basta suggestionare con un certo linguaggio para scientifico e subito lo si trova eccitante, soprattutto per chi brancola tra le "scienze umane" e vorrebbe tanto farne una sorta di fisica ma non può. Si sono cancellati i miti per tradurli in favolette per bambini a cui credere. Chissà, magari tra tremila anni qualche psicologo del futuro formulerà qualche suggestiva ipotesi di come doveva essere combinato il nostro cervello per farci pensare in questo modo, o magari (speriamo) non nutrirà più finalmente pretese di questo genere. Che poi dalle ipotesi apparentemente più strampalate saltino fuori descrizioni indubitabili che dettano il significato comune e condiviso delle nostre esistenze è certamente vero, ma questo non ha nulla a che fare con l'adeguamento dell'intelletto alla realtà delle cose.

Concordo quasi con te su tutto. Però uno studio scientifico sull'origine di linguaggio e auto-coscienza lo farei :)