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Messaggi - Jacopus

#1081
Scienza e Tecnologia / Re: Esistono le razze umane?
16 Gennaio 2023, 16:50:36 PM
CitazioneAggiungerei: quant' la differenza di DNA tra le diverse razze canine ? Tanto maggiore delle diverse - non politicamente corrette - "razze" umane ?
Su questo punto basta ascoltare il link che ha postato Alberto. Barbujani offre una risposta precisa e scientifica, nel senso che le razze canine hanno lunghi pezzi di codici genetici uguali fra di loro e per questo sono "razze", mentre il livello di differenza genetico fra un watusso, un piemontese e un pigmeo è sempre lo stesso, lo 0,1 per cento. Per questo non si può parlare di razze umane, mentre si può parlare di razze animali (e non solo di animali domestici, basta trovare delle parti di codice genetico sufficientemente uguali: se a un genetista si fa vedere il codice genetico di un pastore tedesco, vi dirà con precisione che si tratta del codice genetico di un pastore tedesco. Se gli mostrate quello di un watusso non sarà in grado di dirvi a chi appartiene, salvo dirvi che appartiene ad homo sapiens).
Ovviamente, come ho già scritto, siccome rispondiamo alle stesse leggi degli animali, se una parte di noi fosse relegata in un isola e non avesse più rapporti con gli altri umani per un periodo molto lungo, fra i 1000 e i 10.000 anni, sicuramente verrebbe fuori una sottospecie umana, ovvero una razza: è inevitabile ed è la conseguenza logica delle leggi evoluzionistiche. Se il periodo fosse superiore si potrebbe creare non una nuova razza ma anche una nuova specie del genere homo.
#1082
Scienza e Tecnologia / Re: Esistono le razze umane?
15 Gennaio 2023, 19:38:29 PM
Link interessante Alberto. Grazie. La mia posizione è ovviamente più vicina a quella di Barbujani che a quella di Odifreddi. Odifreddi, da matematico logico cerca una definizione precisa, cibernetica, dei termini razza e specie, la qual cosa, in campi incerti e a metà fra hard e soft sciences, come la biologia (o la medicina) non è possibile. Resta il fatto che le razze degli animali domestici sono cosa ben diversa dal concetto "eventuale" di razza umana, come spiega bene e con semplicità Barbujani.
#1083
Scienza e Tecnologia / Re: Esistono le razze umane?
15 Gennaio 2023, 14:25:46 PM
Infatti, Eutidemo, la tassonomia aggiornata ci definisce: genere-homo, specie-sapiens. Erano umani per genere anche Neanderthal, Denisova e Floriensis, e dei primi due abbiamo anche una piccola eredità genetica. Ai Denisova ad esempio, si deve la migliorata capacità di vivere ad alta quota delle popolazioni tibetane e nepalesi. Come ho già scritto da qualche parte, i veri sapiens puri, che non si sono mai accoppiati con Denisova e Neanderthal sono le popolazioni nere subsahariane. Ovvero quelle popolazioni che non hanno migrato dal rift etiopico, che è considerato la culla dell'uomo in quanto organismo biologico, e dal quale a partire da 100/150.000 anni fa sono partite ondate successive di migrazioni dette "Out of Africa".
Le razze vengono definite anche sottospecie, ma come ha già scritto Eutidemo, non possono essere applicate alla specie homo sapiens, per un motivo molto semplice. Nel corso della nostra storia paleontologica siamo stati la specie più adattabile a tutti gli ambienti. La nostra mobilità e capacità di colonizzare non ha eguali. Al punto che il mio codice genetico è del tutto simile a quello del discendente azteco che vive a Lima, probabilmente molto più simile al codice genetico del mio vicino di casa. Sarebbe possibile ovviamente creare razze umane, ma servirebbe qualche migliaio di anni, nel corso dei quali soggetti selezionati sarebbero costretti ad accoppiarsi fra di loro in zone controllate e non potrebbero pertanto allontanarsi da quelle zone. Insomma come abbiamo fatto noi stessi con gli animali domestici. Potremmo così avere razze molto muscolose o razze specializzate nel sentire gli odori e così via. Una scelta del genere però comporta dei conflitti etici che solo il nazionalsocialismo provó a superare, con le conseguenze che conosciamo.
#1084
Storia / Re: Il mistero delle grandi menti del passato
14 Gennaio 2023, 22:20:17 PM
Penso che la verità per ogni epoca stia nel mezzo. Se I "grandi" fossero tali solo per le loro qualità individuali, allora non saremmo sapiens, ma batteri o al massimo felini solitari, il che non è. Viceversa se lo fossero solo per influenza sociale, non si spiegherebbe l'evoluzione della società. Effettivamente ad esaminare la storia, vi sono esempi di tutti i tipi. Da Proust, che proveniva da un milieu tale che non poteva che diventare quello che è diventato, a Spinoza, umile molatore di lenti, ostracizzato persino da una comunità a sua volta ostracizzata (gli ebrei), che è diventato uno dei più grandi filosofi dell'epoca moderna.
Sulla grandezza della Commedia c'è poco da aggiungere. Basti pensare che Bloom, nel canone occidentale la pone al livello di un'altra decina di opere di ogni tempo, per definire il nucleo della cultura occidentale.
#1085
Storia / Re: Il mistero delle grandi menti del passato
14 Gennaio 2023, 19:47:14 PM
La differenza Claudia, credo stia nella settorializzazione del sapere dell'epoca moderna. Fino al Rinascimento o poco oltre si poteva essere enciclopedici e riuscire a maneggiare il sapere di allora. Pensa che la biblioteca di Montaigne nel 1500 era composta da circa 1500 libri ed era considerata una delle più vaste biblioteche private del regno di Francia.
A me lo stesso stupore lo sta ad esempio facendo un libro che sto leggendo ora, che è "Il padrone e il suo emissario", con una bibliografia che va da pag. 785 a 922. Poichè non credo che l'autore sia un cialtrone (Ian McGilcrhist, professore prima di letteratura inglese e poi, non contento, di neuroscienze), ciò significa che questo autore ha una conoscenza approfondita di una bibliografia che comprende circa 15 testi a pagina per un totale di più o meno 2000 testi, più della biblioteca di Montaigne.
Il tuo stupore (ma anche il mio) credo che dipenda dalla frattura esistente fra costoro e la maggioranza dell'umanità, che, dal dopoguerra ad oggi, almeno in Italia, ha conosciuto un arretramento ben visibile, ad esempio notando l'assenza di un ceto intellettuale degno di questo nome, dall'avvento del nuovo millennio.
Del resto non credo neppure che delle innegabili doti individuali provengano dal nulla. Dante è il risultato di una società avanzata come quella fiorentina del '300, inserita in un contesto, quello italiano, che sarà all'avanguardia della tecnica e della cultura per altri duecento anni, prima di decadere. McGilchrist, allo stesso modo, è uno dei risultati del dominio culturale anglosassone di questo ultimo secolo. Dominio economico, ma anche culturale, che si sviluppa su piani sovrapposti e che interessa l'intera organizzazione sociale.
#1086
Esatto Niko. Ho ben presente la società disciplinare otto-novecentesca. E' la stessa che ha germinato la teoria psicoanalitica di Freud e le critiche successive di Foucault e della scuola di Francoforte. Ed è per questo che dicevo che, se fosse nato oggi, Nietzsche avrebbe abbracciato una filosofia dei sottomessi o della disciplina, proprio perchè contraria allo spirito del tempo e quindi liberatoria, proprio nel senso nietzschiano dell'eterno ritorno. Era comunque poco più di una battuta (con qualche germe di verità). In ogni caso complimenti per i tuoi interventi. Non riesco a partecipare a tutte le discussioni ma ne hai scritto uno notevole recentemente, rispetto al quale non sono d'accordo ma che insomma mi sembra profondo.
#1087
Scienza e Tecnologia / Esistono le razze umane?
13 Gennaio 2023, 23:26:19 PM
Come da titolo. Esistono le razze umane? In fondo se siamo animali perché non dovrebbero esistere le razze umane, così come esistono razze bovine, equine, canine e feline? Qui si incontra una rottura, un'aporia, in chi solitamente si oppone all'idea delle razze umane ma sostiene la nostra animalità. Delle due, una. O siamo animali e quindi con la possibilità di poterci dividere in razze oppure non siamo animali. Questo incipit, ovviamente serve solo da prologo, poiché, in realtà è possibilissimo essere animali pur in assenza di razze. Se ci trovassimo nella condizione di vivere come cani e cavalli, sottomessi ad un'altra specie che avesse tutto il tempo per isolare una parte di noi ed incrociarci a suo piacimento, inevitabilmente scaturirebbero delle razze umane. Ma l'estrema mobilità di sapiens e la sua predisposizione per la libertà  non rende attualmente possibile questa opzione.
#1088
Nella tua interpretazione Niko, Nietzsche oscilla fra la diagnosi di disturbo antisociale della personalità e quella maniacale istrionica, che sono due caratteri molto presenti nell'attuale società, più che in quella di Nietzsche. Se fosse vissuto oggi, nella sua furia iconoclasta di bastian contrario, Nietzsche avrebbe sicuramente abbracciato una filosofia dell'umiltà e della buona novella.
#1089
Varie / Re: Il problemino dei triangoli
10 Gennaio 2023, 19:45:14 PM
19.
#1090
Biologicamente sono appartenenti al regno animale gli organismi eucarioti (cioè con DNA separato dal resto della cellula), mobili, eterotrofi (cioè che si servono di altri organismi per sopravvivere, a differenze delle piante che sono autotrofe). Forse c'è anche qualcos'altro ma queste direi che sono le caratteristiche più importanti. Quindi sapiens appartiene a questo regno, indubitabilmente. Però, detto così, finisce il gusto. Infatti la domanda successiva è: "ma tutta questa cultura, i cucchiai, la letteratura, le armi, il fuoco, Enea, la psicoanalisi, le crociate, la scrittura, la risonanza magnetica funzionale, l'ironia e le religioni ci hanno in qualche modo trasportato in un nuovo regno (del tutto immanente, dal mio punto di vista, ma comunque diverso dal regno animale)?
#1091
Non hai tutti i torti Ipazia. Ultimamente sono interessato alle ambivalenze e quindi alle contraddizioni. In realtà mi hanno sempre interessato.
La novità è che ora cerco di trovarci anche dei lati terapeutici oltre a quelli tossici ormai noti (dal concetto di double bind in poi). La soluzione non è molto dissimile da quella che proponi tu e che deriva dalla lettura di Jessica Benjamin sui suoi studi relativi all'intersoggettività. Al centro della sua concezione c'è il riconoscimento dell'altro, che serve a superare la dialettica hegeliana classica, o meglio a completarla. Se l'organizzazione del mondo ha bisogno ancora della struttura gerarchica differenziante, servirà il riconoscimento del servo da parte del padrone, per liberare il mondo dall'oggettificazione dei soggetti e quindi dall'alienazione. Quindi non tanto una forma di tolleranza ma un'approccio diverso all'altro, che "vale" in quanto umano e indipendentemente dalla sua "visione del mondo". Se poi quella visione del mondo è ancora legata al principio dell'alienazione servo/padrone, sarà compito della cultura, della pedagogia e della condivisione dei saperi, cercare di contrastare quel principio. Nel farlo, però, ancora una volta occorre ricordare l'umanità anche del più feroce aguzzino. Altrimenti il rischio è quello già enfatizzato dal mito della Medusa o da Nietzsche: se si guarda troppo il mostro, finisce che anche tu diventi un mostro, che è un po' la storia di tutte le tirranìe di destra e di sinistra, finora sperimentate.
#1092
Per Duc. Sí, mi riferivo a credere in Dio. In ogni caso "credo" che:
1) sia vero che ognuno di noi si orienta nel mondo credendo in una "visione del mondo" a lui più congeniale.
2) sia altrettanto vero che le visioni del mondo non hanno tutte lo stesso valore etico, indipendentemente dal contenere queste visioni Dio oppure no.
3) l'eticità delle singole visioni del mondo è data dalla ricerca della tutela della dignità del mondo. Ricerca che è possibile fare, qui ed ora, sia da parte dei credenti (in Dio) sia da parte dei non credenti (in Dio).
4) nel momento in cui si pensa che la propria verità sia superiore alle altre, l'eticità decade a competizione o conflitto.
#1093
CitazioneInverno scrive:  Non so che neurologi consulti Jacopus, ma l'ultima volta che lessi qualcosa a riguardo mi si raccontava, a torto o ragione non saprei, che i sistemi ormonali che regolano le gerarchie sociali predatano evoluzionisticamente l'arrivo degli animali sulla terra ferma, e sono rimasti lì, hanno visto passare gli assiri ed i comunisti e li hanno salutati con la manina.
Consulto quelli che di solito cito, Pinker, Panksepp, Benjamin (Jessica non Walter), Northoff, Ledoux, con incursioni nel mondo della psicoanalisi nella sua versione klein-Winnicot-Bowlby. Tutta gente che ha solide basi scientifiche (sono quasi tutti medici) ma che comprendono come il cervello, data la sua natura anomala, non può essere studiato solo scientificamente, proprio per il motivo a cui alludi anche tu, ovvero sull'anomalia di un oggetto di studio studiato dallo stesso oggetto (l'uomo che studia sè stesso insomma).
Tornando alla morfologia del SNC, quello che dici è corretto, ma immagina il cervello umano come una costruzione paleontologica vivente, dove sono conservati cervelli precedenti a cui si sono aggiunti cervelli successivi, poichè questo è accaduto. La natura cerca di non buttare via niente, se questo non è troppo energivoro, basti pensare al coccige, che non ha alcun funzione, se non nel ricordarci che un tempo potevamo esibire una splendida coda.
A livello di protoencefalo accade quello che tu dici. Gli ormoni vanno e vengono e attivano i neurotrasmettitori giusti. Se un orso dovesse far capolino sulla tua strada, sicuramente l'andrenalina farà il suo sporco lavoro nel tuo organismo. Idem nel caso in cui dovessi acarrezzare il tuo cane fedele. In quel caso sarà l'ossitocina a farla da padrone. Ma accanto a questi meccanismi ormonali che non  sono stati annullati ma che, anzi, continuano ad avere importanti funzioni vitali, esiste un cervello superiore, sovrapposto a quelli che vengono tradizionalmente definiti protoencefalo e mesencefalo, che viene invece chiamato "neocorteccia", che ha una proporzione molto elevata sul peso complessivo del nostro cervello, che non ha eguali in natura. Ed è qui, nella neocorteccia, che ci distinguiamo dagli altri esseri viventi (rispetto ai quali comunque condividiamo tutte le  modalità di funzionamento e anche lo stesso sviluppo morfologico). E' nella neocorteccia che si attivano quelle capacità di "pensare altrimenti", "pensare in modo lungimirante", "trovare alternative". Nel momento in cui si sviluppò la tecnica, questa nostra eredità biologica ha interagito con la cultura, amplificando il nostro "pensare altrimenti" e la nostra capacità di non seguire eventuali pattern biologici, ma costruire quelli che ritenevamo culturalmente più adatti. E siccome abbiamo vinto la sfida con la natura, in termini di sopravvivenza della specie (almeno per ora), possiamo tranquillamente dedicarci a tutti gli esperimenti in termini di violenza, aggressività, benevolenza, pace, cooperazione, individualismo. Come del resto ci confermano gli studi antropologici, sulle diverse tendenze di diverse popolazioni, le une più inclini alla violenza e le altre più inclini alla cooperazione e benevolenza. Eppure tutti hanno biologicamente lo stesso cervello.
Siamo il frutto della nostra storia culturale, molto più che della nostra storia biologica. In ogni caso, non bisognerebbe dimenticare nè l'una, nè l'altra.
#1094
La butto là come una sorta di provocazione. A che scopo sviluppare questa eterna discussione fra chi crede e chi non crede? Chi crede forse sarà convinto dalle argomentazioni di chi non crede e si batterà il capo, dicendo fra sè: "quanto sono stato stupido"? Oppure il contrario, chi non crede, dopo una discussione sarà folgorato sulla strada di Damasco e chinerà il capo di fronte al Dio terribile degli Eserciti? Personalmente, pur da non credente, preferisco confrontarmi con i credenti per scopi che ritengo condivisibili, nella dimensione della prassi, visto che spesso la mia visione del mondo è molto più simile a quella dei credenti, basta che non mi tirino fuori il discorso della fede o il discorso della conversione, circostanze che in realtà sono avvenuti ben poche volte, visto che la Liguria, a mio parere ha una vocazione intima alla miscredenza.
#1095
"Al mondo non resta che far torto o patirlo". Se questo fosse l'habitus "naturale" dell'uomo non dovremmo sentire alcun disagio nell'ascoltare questa frase dell'Adelchi. Ed invece, a meno che non si abbia una personalità antisociale, una frase del genere non possiamo accettarla, almeno su di noi. Basterebbe questo per riflettere sulla nostra vera "natura".
Oppure pensiamo al ruolo della donna. Come è stato possibile trasportarla da una concezione "naturale" di semi/animalità ad un livello sostanzialmente paritario con l'uomo? Semplicemente abbiamo adattato il nostro cervello a questa nuova immagine e, fatto ancora più eclatante, anche la donna si è adattata ed ha finito per ricoprire gli stessi ruoli dell'uomo, grazie al potere di questa immagine riflessa su di sè, non più come soggetto sentimentaloide "Angelo del focolare", ma come soggetto dotato delle stesse qualità umane, prima concepite appannaggio del solo membro maschio dei sapiens.
Non c'è stato bisogno di alcuna rivoluzione violenta ma di un lento processo di emancipazione durato almeno quattro secoli, dalla regina Elisabetta I, ad oggi. In questo processo molte forze hanno tentato di contrastare questo percorso e tuttora queste forze sono più che vive nei tre quarti del mondo odierno.
Questo per dire che nulla è scritto in modo "naturale" nella storia dell'uomo, perché paradossalmente la "natura" ha fatto questa scommessa, nel momento in cui ci ha dotato di un cervello che non si era mai visto prima, nella lenta processione delle specie viventi ed estinte. Occorre ora capire se è stata una scommessa vincente oppure no.
Ma chi si professa discepolo del "Was ist Aufklarung" non può far altro che seguire questa scommessa.