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Messaggi - Jacopus

#1096
Esatto Niko. Ho ben presente la società disciplinare otto-novecentesca. E' la stessa che ha germinato la teoria psicoanalitica di Freud e le critiche successive di Foucault e della scuola di Francoforte. Ed è per questo che dicevo che, se fosse nato oggi, Nietzsche avrebbe abbracciato una filosofia dei sottomessi o della disciplina, proprio perchè contraria allo spirito del tempo e quindi liberatoria, proprio nel senso nietzschiano dell'eterno ritorno. Era comunque poco più di una battuta (con qualche germe di verità). In ogni caso complimenti per i tuoi interventi. Non riesco a partecipare a tutte le discussioni ma ne hai scritto uno notevole recentemente, rispetto al quale non sono d'accordo ma che insomma mi sembra profondo.
#1097
Scienza e Tecnologia / Esistono le razze umane?
13 Gennaio 2023, 23:26:19 PM
Come da titolo. Esistono le razze umane? In fondo se siamo animali perché non dovrebbero esistere le razze umane, così come esistono razze bovine, equine, canine e feline? Qui si incontra una rottura, un'aporia, in chi solitamente si oppone all'idea delle razze umane ma sostiene la nostra animalità. Delle due, una. O siamo animali e quindi con la possibilità di poterci dividere in razze oppure non siamo animali. Questo incipit, ovviamente serve solo da prologo, poiché, in realtà è possibilissimo essere animali pur in assenza di razze. Se ci trovassimo nella condizione di vivere come cani e cavalli, sottomessi ad un'altra specie che avesse tutto il tempo per isolare una parte di noi ed incrociarci a suo piacimento, inevitabilmente scaturirebbero delle razze umane. Ma l'estrema mobilità di sapiens e la sua predisposizione per la libertà  non rende attualmente possibile questa opzione.
#1098
Nella tua interpretazione Niko, Nietzsche oscilla fra la diagnosi di disturbo antisociale della personalità e quella maniacale istrionica, che sono due caratteri molto presenti nell'attuale società, più che in quella di Nietzsche. Se fosse vissuto oggi, nella sua furia iconoclasta di bastian contrario, Nietzsche avrebbe sicuramente abbracciato una filosofia dell'umiltà e della buona novella.
#1099
Varie / Re: Il problemino dei triangoli
10 Gennaio 2023, 19:45:14 PM
19.
#1100
Biologicamente sono appartenenti al regno animale gli organismi eucarioti (cioè con DNA separato dal resto della cellula), mobili, eterotrofi (cioè che si servono di altri organismi per sopravvivere, a differenze delle piante che sono autotrofe). Forse c'è anche qualcos'altro ma queste direi che sono le caratteristiche più importanti. Quindi sapiens appartiene a questo regno, indubitabilmente. Però, detto così, finisce il gusto. Infatti la domanda successiva è: "ma tutta questa cultura, i cucchiai, la letteratura, le armi, il fuoco, Enea, la psicoanalisi, le crociate, la scrittura, la risonanza magnetica funzionale, l'ironia e le religioni ci hanno in qualche modo trasportato in un nuovo regno (del tutto immanente, dal mio punto di vista, ma comunque diverso dal regno animale)?
#1101
Non hai tutti i torti Ipazia. Ultimamente sono interessato alle ambivalenze e quindi alle contraddizioni. In realtà mi hanno sempre interessato.
La novità è che ora cerco di trovarci anche dei lati terapeutici oltre a quelli tossici ormai noti (dal concetto di double bind in poi). La soluzione non è molto dissimile da quella che proponi tu e che deriva dalla lettura di Jessica Benjamin sui suoi studi relativi all'intersoggettività. Al centro della sua concezione c'è il riconoscimento dell'altro, che serve a superare la dialettica hegeliana classica, o meglio a completarla. Se l'organizzazione del mondo ha bisogno ancora della struttura gerarchica differenziante, servirà il riconoscimento del servo da parte del padrone, per liberare il mondo dall'oggettificazione dei soggetti e quindi dall'alienazione. Quindi non tanto una forma di tolleranza ma un'approccio diverso all'altro, che "vale" in quanto umano e indipendentemente dalla sua "visione del mondo". Se poi quella visione del mondo è ancora legata al principio dell'alienazione servo/padrone, sarà compito della cultura, della pedagogia e della condivisione dei saperi, cercare di contrastare quel principio. Nel farlo, però, ancora una volta occorre ricordare l'umanità anche del più feroce aguzzino. Altrimenti il rischio è quello già enfatizzato dal mito della Medusa o da Nietzsche: se si guarda troppo il mostro, finisce che anche tu diventi un mostro, che è un po' la storia di tutte le tirranìe di destra e di sinistra, finora sperimentate.
#1102
Per Duc. Sí, mi riferivo a credere in Dio. In ogni caso "credo" che:
1) sia vero che ognuno di noi si orienta nel mondo credendo in una "visione del mondo" a lui più congeniale.
2) sia altrettanto vero che le visioni del mondo non hanno tutte lo stesso valore etico, indipendentemente dal contenere queste visioni Dio oppure no.
3) l'eticità delle singole visioni del mondo è data dalla ricerca della tutela della dignità del mondo. Ricerca che è possibile fare, qui ed ora, sia da parte dei credenti (in Dio) sia da parte dei non credenti (in Dio).
4) nel momento in cui si pensa che la propria verità sia superiore alle altre, l'eticità decade a competizione o conflitto.
#1103
CitazioneInverno scrive:  Non so che neurologi consulti Jacopus, ma l'ultima volta che lessi qualcosa a riguardo mi si raccontava, a torto o ragione non saprei, che i sistemi ormonali che regolano le gerarchie sociali predatano evoluzionisticamente l'arrivo degli animali sulla terra ferma, e sono rimasti lì, hanno visto passare gli assiri ed i comunisti e li hanno salutati con la manina.
Consulto quelli che di solito cito, Pinker, Panksepp, Benjamin (Jessica non Walter), Northoff, Ledoux, con incursioni nel mondo della psicoanalisi nella sua versione klein-Winnicot-Bowlby. Tutta gente che ha solide basi scientifiche (sono quasi tutti medici) ma che comprendono come il cervello, data la sua natura anomala, non può essere studiato solo scientificamente, proprio per il motivo a cui alludi anche tu, ovvero sull'anomalia di un oggetto di studio studiato dallo stesso oggetto (l'uomo che studia sè stesso insomma).
Tornando alla morfologia del SNC, quello che dici è corretto, ma immagina il cervello umano come una costruzione paleontologica vivente, dove sono conservati cervelli precedenti a cui si sono aggiunti cervelli successivi, poichè questo è accaduto. La natura cerca di non buttare via niente, se questo non è troppo energivoro, basti pensare al coccige, che non ha alcun funzione, se non nel ricordarci che un tempo potevamo esibire una splendida coda.
A livello di protoencefalo accade quello che tu dici. Gli ormoni vanno e vengono e attivano i neurotrasmettitori giusti. Se un orso dovesse far capolino sulla tua strada, sicuramente l'andrenalina farà il suo sporco lavoro nel tuo organismo. Idem nel caso in cui dovessi acarrezzare il tuo cane fedele. In quel caso sarà l'ossitocina a farla da padrone. Ma accanto a questi meccanismi ormonali che non  sono stati annullati ma che, anzi, continuano ad avere importanti funzioni vitali, esiste un cervello superiore, sovrapposto a quelli che vengono tradizionalmente definiti protoencefalo e mesencefalo, che viene invece chiamato "neocorteccia", che ha una proporzione molto elevata sul peso complessivo del nostro cervello, che non ha eguali in natura. Ed è qui, nella neocorteccia, che ci distinguiamo dagli altri esseri viventi (rispetto ai quali comunque condividiamo tutte le  modalità di funzionamento e anche lo stesso sviluppo morfologico). E' nella neocorteccia che si attivano quelle capacità di "pensare altrimenti", "pensare in modo lungimirante", "trovare alternative". Nel momento in cui si sviluppò la tecnica, questa nostra eredità biologica ha interagito con la cultura, amplificando il nostro "pensare altrimenti" e la nostra capacità di non seguire eventuali pattern biologici, ma costruire quelli che ritenevamo culturalmente più adatti. E siccome abbiamo vinto la sfida con la natura, in termini di sopravvivenza della specie (almeno per ora), possiamo tranquillamente dedicarci a tutti gli esperimenti in termini di violenza, aggressività, benevolenza, pace, cooperazione, individualismo. Come del resto ci confermano gli studi antropologici, sulle diverse tendenze di diverse popolazioni, le une più inclini alla violenza e le altre più inclini alla cooperazione e benevolenza. Eppure tutti hanno biologicamente lo stesso cervello.
Siamo il frutto della nostra storia culturale, molto più che della nostra storia biologica. In ogni caso, non bisognerebbe dimenticare nè l'una, nè l'altra.
#1104
La butto là come una sorta di provocazione. A che scopo sviluppare questa eterna discussione fra chi crede e chi non crede? Chi crede forse sarà convinto dalle argomentazioni di chi non crede e si batterà il capo, dicendo fra sè: "quanto sono stato stupido"? Oppure il contrario, chi non crede, dopo una discussione sarà folgorato sulla strada di Damasco e chinerà il capo di fronte al Dio terribile degli Eserciti? Personalmente, pur da non credente, preferisco confrontarmi con i credenti per scopi che ritengo condivisibili, nella dimensione della prassi, visto che spesso la mia visione del mondo è molto più simile a quella dei credenti, basta che non mi tirino fuori il discorso della fede o il discorso della conversione, circostanze che in realtà sono avvenuti ben poche volte, visto che la Liguria, a mio parere ha una vocazione intima alla miscredenza.
#1105
"Al mondo non resta che far torto o patirlo". Se questo fosse l'habitus "naturale" dell'uomo non dovremmo sentire alcun disagio nell'ascoltare questa frase dell'Adelchi. Ed invece, a meno che non si abbia una personalità antisociale, una frase del genere non possiamo accettarla, almeno su di noi. Basterebbe questo per riflettere sulla nostra vera "natura".
Oppure pensiamo al ruolo della donna. Come è stato possibile trasportarla da una concezione "naturale" di semi/animalità ad un livello sostanzialmente paritario con l'uomo? Semplicemente abbiamo adattato il nostro cervello a questa nuova immagine e, fatto ancora più eclatante, anche la donna si è adattata ed ha finito per ricoprire gli stessi ruoli dell'uomo, grazie al potere di questa immagine riflessa su di sè, non più come soggetto sentimentaloide "Angelo del focolare", ma come soggetto dotato delle stesse qualità umane, prima concepite appannaggio del solo membro maschio dei sapiens.
Non c'è stato bisogno di alcuna rivoluzione violenta ma di un lento processo di emancipazione durato almeno quattro secoli, dalla regina Elisabetta I, ad oggi. In questo processo molte forze hanno tentato di contrastare questo percorso e tuttora queste forze sono più che vive nei tre quarti del mondo odierno.
Questo per dire che nulla è scritto in modo "naturale" nella storia dell'uomo, perché paradossalmente la "natura" ha fatto questa scommessa, nel momento in cui ci ha dotato di un cervello che non si era mai visto prima, nella lenta processione delle specie viventi ed estinte. Occorre ora capire se è stata una scommessa vincente oppure no.
Ma chi si professa discepolo del "Was ist Aufklarung" non può far altro che seguire questa scommessa.
#1106
Sicuramente la società, dagli assiri in poi, in quanto "organizzazione complessa", è strutturata in forme gerarchiche e di fatto, solo la società differenziata (e quindi gerarchica), come la chiamava Durkheim, rispetto alla società segmentaria, riesce a mettere in moto il benessere così come lo conosciamo nel XXI secolo BC.
Di per sè la gerarchia non è violenta, anzi può difendere la società dalla violenza. La gerarchia in qualche modo è la corrispondenza sociale della diversità dei singoli esseri umani. Per quanto sia bello da pensare (in realtà neppure tanto), non siamo tutti uguali. Siamo tutti molto differenti, proprio ma non solo, a causa di quella società differenziata e complessa in cui siamo inseriti. E pertanto la gerarchia e la distribuzione di poteri diversi non deve scandalizzarci. Lo scandalo sta nella misura in cui questa distribuzione non è più collegata con il merito oppure la scala delle differenze diventa troppo lunga.
Un altro aspetto diverso della violenza contemporanea è legato all'anomia (altro concetto di Durkheim), ovvero all'assenza di legami forti, quasi tribali, presenti nelle antiche società contadine, dove il controllo era fatto dai capifamiglia. In una società dove prevale il continuo spostamento alla ricerca di migliori condizioni di vita, questo controllo viene meno. Non ci sentiamo più parte di un gruppo, di un clan, di una famiglia allargata, ma siamo tutti soli di fronte alla "gente". Forse per questo è molto attraente far parte di una loggia massonica, di un gruppo di tifosi, di un partito politico di estrema destra, o di una chiesa eretica.
Detto questo, vi sono elementi che indicano come nel percorso storico dall'uomo della pietra ad oggi, la violenza sia notevolmente diminuita. In Europa Occidentale si commettono mediamente 2 omicidi ogni 100.000 abitanti. Nel medioevo si arrivava anche a 100 (cfr Pinker: il declino della violenza). Tanto per capire, come se in una città come Genova, di 600.000 abitanti, vi fossero 600 omicidi all'anno. Non siamo arrivati a tanto neppure in piena era del terrorismo o della guerra di mafia. Oppure pensa al tribunale di Norimberga. Per quanto si possa giustamente accusare di essere una forma di giustizia un pò pelosa, si tratta del primo caso di processo intentato ad autorità militari, che in precedenza non si sono mai sognate di poter essere processate per aver avviato una guerra.
Inevitabilmente noi sapiens siamo ciò che ci accade intorno. La guerra in Ucraina ad esempio, anche se finisse oggi, avrà bisogno di altri cento anni per finire davvero, poichè il trauma, ciò che è avvenuto ha lasciato tracce indelebili in chi ha fatto esperienza di quella guerra. E quel trauma sarà trasferito ai figli, fino ai nipoti (ci sono studi molto seri sul passaggio del trauma dei campi di concentramento nazisti, fino appunto alla generazione dei nipoti). Se invece immaginiamo un cenacolo di persone che si votano al bene e si prodigassero per il prossimo, quelle persone acquisirebbero automaticamente quel tipo di comportamento, che diverrebbe la loro "natura". In questo senso noi siamo "neuroplasticamente adattabili". Ma come puoi ben capire, le strutture sociali potrebbero avere interessi contrastanti rispetto all'accettazione di questa nostra flessibilità, oppure manipolarla, proprio perchè adattabile a qualsiasi interesse in cui si crede. Lo stesso essere convinti del detto "homo homini lupus" lo rende vero, proprio a causa della capacità dell'uomo di essere ciò che crede.
#1107
Ammesso che la storia ci proponga il quadro da te delineato, Phil, le indagini più recenti in campo neuroscientifico ci dicono che questa "tracotanza" dell'uomo è il risultato di una storia culturale dell'umanità e non un tratto per così dire genetico/biologico dell'uomo. In questo modo è possibile pensare ad un diverso tipo di società. Se invece si conclude pensando che sapiens sia geneticamente sopraffattore, allora non resta altro che rassegnarsi alla logica che Manzoni cita nell'Adelchi, ovvero che nel mondo non resta che fare violenza o subirla.
#1108
D'accordo con Ipazia. L'homo homini lupus è un'ideologia disconfermata dalla storia, dall'etologia e più recentemente dalle neuroscienze. A parte il fatto che i lupi sono animali socievoli ed hanno delle regole ben precise per non diventare inutilmente feroci. A parte questo, sapiens è l'essere vivente più neuroplastico che ci sia sulla terra. Lo puoi addestrare alla ferocia oppure alla bontà, fatti salvi i bisogni primari, ovviamente, ma talvolta neppure quelli, considerando gli atti di eroismo e di martirio di cui la storia è piena. Che sapiens possa essere terribile lo sappiamo ma sappiamo anche che può essere meraviglioso. È la narrazione tossica del capitalismo a farci credere che siamo "l'un contro l'altro armati".
#1109
Secondo me, Daniele, siamo sicuramente più intelligenti degli altri animali esistenti, per via della scommessa che l'evoluzione ha lanciato con noi sul banco dell'equilibrio ambientale. Non è detto che la scommessa sia stata vinta, visti gli scompensi che siamo riusciti a produrre. La scommessa è consistita nel fornirci di un cervello sovradimensionato per le esigenze di sopravvivenza di un primate di medie dimensioni. Ciò che bisogna sottolineare è l'aspetto di differenza quantitativa e non qualitativa fra il nostro cervello e quello degli altri vertebrati. Infatti in piccolo, tutti gli altri cervelli corrispondono alla morfologia e ai criteri di funzionamento del cervello di sapiens, ma sapiens ha la parte
della neocorteccia molto più sviluppata. Se in un cane corrisponde al 7-10 % del cervello, in sapiens arriva al 35. E la neocorteccia è implicata in tutte le funzioni più raffinate, come la consapevolezza riflessiva di sè, la capacità di pensare sempre nuove strategie, la curiosità in merito a eventi o relazioni a cui le scimmie catarrine tradizionali (che sono nostre strette parenti) non pensano, come ad esempio, cos'è il sole, perché ci si ammala, cosa c'è dopo la morte, esiste il vero amore, esiste il pentimento, perché esistiamo, chi sono gli altri veramente, e così via. E quella parte di cervello in più ci ha così esiliato definitivamente dalla natura originaria. È quello che è accaduto con la cacciata dall'Eden, un modo molto raffinato per l'epoca per far intendere che il nostro cervello, pur essendo "biologicamente naturale", in realtà non lo era più o perlomeno non solo. Da ciò discende tutto il resto, le gioie e i dolori dell'uomo, rispetto al resto del creato. Non bisogna del resto neppure idolizzare il mondo della natura. Qualche giorno fa ho assistito impotente al colombicidio commesso da un gabbiano che lo ha attaccato in volo per poi papparselo con calma. Noi, grazie al cervello non temiamo più i nostri originari predatori, anche se, probabilmente qualche traccia profonda ancora resta nel nostro bagaglio culturale e genetico.
Detto questo, che l'uomo sia insopportabilmente presuntuoso, anche questo è vero, ma qui ritengo che sia soprattutto responsabile un certo tipo di società contemporanea, fondata sul narcisismo, piuttosto che su una indole originaria ed ancestrale di sapiens.
Anzi, se vogliamo restare "in topic", questa presunzione dipende dal dominio dell'emisfero cerebrale sinistro su quello destro.
#1110
Scienza e Tecnologia / Biemisfericità del cervello
05 Gennaio 2023, 08:30:17 AM
Il cervello dei vertebrati è, come noto, composto da due emisferi collegati dal cosiddetto corpo calloso, al di sotto del quale vi è il cervelletto, collegato al midollo spinale, nel quale, a propria volta vi sono le connessioni con il sistema nervoso periferico. Ma perché due emisferi quasi separati? Per molto tempo si è pensato che la separazione avesse la stessa funzione dei polmoni o dei reni o degli occhi: se uno si rompe, ci resta l'altro di riserva. Questo in parte è vero ma solo in parte, poiché i due emisferi si sono anche specializzati, uno, quello destro favorisce la visione d'insieme, quello sinistro è specializzato nella valutazione fine. Ora immaginiamo una cornacchia. Da un lato dovrà cercare il cibo e per fare questo dovrà concentrarsi su un compito specifico e molto specializzato (emisfero sinistro), ma dovrà anche fare attenzione ai suoi predatori, alle condizioni meteorologiche, alle altre cornacchie o ad accudire i propri pulcini (emisfero destro). Visione specializzata, che "spacchetta" il reale per ottenere obiettivi concreti e ridotti ma essenziali per la sopravvivenza. Visione olistica, che riunisce il reale per obiettivi meno concreti ma ugualmente essenziali per la sopravvivenza. A me sembra che questa divisione sia la riproduzione fisiologica di tanti dibattiti filosofici dal tempo dei presocratici ad oggi. Conta di più la visione d'insieme, dove tutti siamo debitori di Gaia, e dove la nostra individualità scompare? Oppure dobbiamo primeggiare in quanto individui, in continua concorrenza con i nostri simili e con l'ambiente? Spero di tornare sull'argomento ma intanto ve lo lascio a voi, se volete aggiungere le vostre riflessioni. Per chi volesse approfondire c'è un classico finalmente tradotto in italiano: McGilchrist, Il padrone e il suo emissario.