Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Apeiron

#1096
Tematiche Spirituali / Re:Sono un essere inadeguato
18 Dicembre 2016, 19:37:40 PM
Citazione di: Sariputra il 18 Dicembre 2016, 12:15:02 PMQuando un povero cristo dice di essere inadeguato, la maggior parte delle persone sorride benevolmente, ti rincuorano: "Siamo tutti un pò inadeguati" ti dicono per sollevarti , alcune si spingono fino ad abbracciarti...non che questa cosa mi dispiaccia , sia chiaro...ma io vorrei rispondere che c'è inadeguatezza e inadeguatezza, come c'è filosofia e filosofia , o religione e religione. Sentirsi inadeguati in ogni situazione è intollerabile, ti riempie d'ansia, ti rende insicuro dei tuoi stessi passi...Però... che miseria la nostra testa... ci provo pure un sottile perverso piacere, di cui poi mi vergogno naturalmente, ma...è come un demone che mi spinge a fare il bastian contrario in ogni dove. Io lo osservo ben bene questo diavoluccio che mi possiede. Se ne sta di solito accucciato in un angoletto della mia testa, quando giro solitario per Villa Sariputra o per il podere circostante, ormai spogliato dall'inverno. Non appena però arriva un visitatore su un calesse e si spalanca il cancello acuminato che immette sul viale lastricato, unica via che porta direttamente sotto il pergolato di vite, abbracciante la facciata della villa, eccolo là! Balza su...lo sento proprio agitarsi...mi smuove le labbra nella tipica smorfia ironica che odio...mi sussurra:" Muoviti imbecille! Vai ad accogliere i visitatori! E' quella culona della L...dice proprio così, è sempre volgare... e suo marito che non ti ha ancora ridato i soldi che gli avevi prestato"...E' veramente venale...che poi non capisco che cosa gli interessi veramente , come se avesse il timor di restar senza soldi...La sua molestia arriva a mettere in dubbio qualsiasi cosa faccia. Sto leggendo un sutra? "Non serve a niente" continua a ripetermi, "Perdi tempo...andiamo a passeggiar nel centro di Sotto il Monte piuttosto, che ci facciamo quattro risate...". Mi sto scervellando sopra un trattato filosofico? Dovreste vedere come sghignazza...questa cosa lo diverte in modo abominevole. "Questi son quelli che ti dicono che una cosa esiste e quegli altri che la stessa cosa non esiste? Quelli dell'onanismo mentale ? ( In verità usa un'espressione oltremodo sconcia...) Ma andiamo piuttosto dalla Vania o dalla Maddi che forse è la volta buona che..."( sempre a quello mira, sembra che non gli interessi altro...). A nulla servono le mie obiezioni...che poi mi rendo conto sono proprio ridicole, inesistenti quasi...del tipo 'Ma io sono una persona molto spirituale' o l'altra ' Sono una persona riflessiva e stimata da tutti'...a parte che mentre me le dico già rido da solo, dovreste sentire lo scompisciarsi dalle risate del diavoletto. Sembra che lui se ne intenda veramente di cose come 'spiritualità' e 'filosofia', tanto da spalancare gli occhietti e fare la bocca a U, e poi...giù a ridere come un deficiente!...Signori che avete la pazienza di leggere ancora, sappiate che sono così inadeguato da arrivar a dubitare di me stesso e di pensar che...dio mio, che orrore!... Io sia proprio questo diavolo saggio e filosofo...può essere? Che alla fine io sia solo un suo sogno o un suo passatempo? Da come si diverte parrebbe proprio così..ahimè!...Se vado ad un funerale...eccolo là che mi stampa in viso un sorriso ironico, agghiacciante per l'occasione e, mentre tutti fingono di piangere e contristarsi per la perdita, io sorrido in modo veramente strano. La cosa terribile è che...muoio di vergogna a raccontarvelo... le donne, soprattutto loro, interpretano il sorriso come una forma di partecipazione sofferta al loro dolore...e allora mi abbracciano e mi dicono che sono 'tanto caro' e ' che mi sentono vicino'. Così, mentre i quattro becchini in nero, calano la bara per l'eterno riposo, "lui" si fa vivo ."Però" sussurra "che tette sode ha la T., chi l'avrebbe mai detto...". A questo mi riduce la testa. Voi siete sicuramente superiori a questa volgarità, vero?...Se c'è da soffrire, soffrite veramente di sicuro...O forse no? Anche a voi capita delle volte?...Magari vi vergognate a confessarlo?....Ma io sono in uno stato così provato che ormai non mi vergogno di nulla e sono sincero circa i miei patimenti. Questa vita è proprio un patire; siam così scossi... come una barchetta nell'oceano in tempesta. E' la nostra testa che , mentre dovrebbe andare a sinistra...se ne va a destra, ci inganna continuamente. Forse io e il diavolo che mi tortura , in fondo, non siamo proprio così...ci facciamo compagnia alla fine; lui mi prende in giro e io provo piacere che qualcuno mi prenda in giro, anche se mi arrabbio per la mia inadeguatezza. Quando provo a ribellarmi e lo apostrofo ( questa è la mia vendetta...) con la frase che so lui odia più di ogni altra, "Ma tu non esisti veramente" o anche , visto che si definisce un saggio filosofo, con "Ma tu sei vuoto di esistenza intrinseca"...eccolo farsi serio, si accuccia nel suo angoletto e piange sommessamente...quasi mi fa pena...sembra un bimbo innocente sgridato ingiustamente dalla mamma. Poi mi guarda e sembra volermi dire:" Ma tu Sari, in fondo, mi vuoi bene vero? Sono tuo amico, il tuo più intimo amico. Noi ci conosciamo e ci capiamo, vero?...Non ho altri amici se non vivo in te". Così porto avanti la mia pena e la mia inadeguatezza e lui si fa felice e mi grida "Sììì...andiamo a scriver qualcosa sul forum". Nel frattempo il demonietto vi invita a cantare: https://www.youtube.com/watch?v=7WpdSh8VYd4

Ah beh qui potremmo farci un discorso che non finisce più. Mi ci ritrovo in molto di quello che scrivi (non a caso penso, visto che mi ritrovo in quello che scrivi anche altrove) e in effetti credo che tutto sia dovuto al fatto che noi sappiamo di essere imperfetti e siamo alla ricerca se non della perfezione, del miglioramento di sé. Molto spesso mi capita di pensare "ah quello scemo di..." riferendomi ad un mio amico e poi subito dopo pentirmi di averlo pensato! Ecco troviamo il diavolo in noi, sappiamo che c'è e ci spaventa: sappiamo di essere imperfetti. Tale conoscenza poi ci blocca, ci distrugge, ci ferma e ci paralizza. Ma perchè? Perchè devo farmi così tanti problemi io che mi controllo così tanto? Perché così tanta coscienziosità? Ecco perchè: perchè d'altronde così siamo noi e sappiamo che questa cosa è un bene! Perchè viviamo la filosofia e sappiamo che la conoscenza NON è una garanzia di "non peccaminosità" (anzi siamo consci dei preicoli di troppa conoscenza). Perciò sì dico anche io: sono inadeguato e soffro. La consapevolezza del demonietto mi paralizza e mi da ansia e a volte vorrei essere "più libertino". E qui però la coscienza mi dice: no caro mio, non farai una cosa che SAI essere sbagliata. Quindi eccomi qui: sono in paralisi ma d'altronde è anche vero che molti che hanno successo sono "posseduti dal demonietto". L'importante credo dunque è saper rinunciare e sapere che anche il migliore degli uomini non è un dio ma umano, troppo umano...

P.S. Spesso si rincuora l'altro perchè si pensa che dirgli "sei imperfetto" sia un insulto. Invece io voglio sentirmi solo dire "sei imperfetto, milgiorati così....". E ahimé tutti sono così assuefatti dal "buonismo" che non imparo nulla... e  rimango inadeguato!
#1097
Un parroco mi ha appena detto che la religione cristiana NON è la religione del(i) libro(i) ma che conta molto di più l'esperienza. E ahimé l'esperienza è ricerca interiore ed esteriore. Smettere di ricercare mi sembra a me una rinuncia a essere uomini. Siccome in quanto uomini non possiamo comprendere Dio (altrimenti Dio sarebbe uomo), in quanto finiti non possiamo comprendere l'infinito ecc anche un credente a mio giudizio dovrebbe continuare a ricercare. Quindi ben vengano credo i ricercatori della verità. In India la tradizione filosofica è appunto la ricerca e credo che dovrebbe essere importata di più anche in occidente. Infatti altrimenti "amore", "speranza" ecc rimangono solo parole.

Dopotutto a che serve conoscere a memoria ogni singolo versetto della Bibbia (ed essere convintissimi che in essi ci sia la verità - o meglio: che noi possiamo capire esattamente tale verità! D'altronde se potessimo capire tutto nessuno si sarebbe MAI immaginato un Dio...) e non essere capaci di sperimentare l'amore. D'altronde l'amore è un'esperienza, no? E il modo per trovare e capire un'esperienza è provarla, non tanto mettersi a leggere e sapere i vari eventi.

Concordo perciò che semmai siamo noi a dover cercare Dio e cercarlo anche se siamo convinti di averlo trovato, perchè a mio giudizio anche se "scopriamo che c'è" non lo capiamo veramente!
#1098
Tematiche Filosofiche / Re:Come vi tenete aggiornati?
15 Dicembre 2016, 19:13:19 PM
Citazione di: sgiombo il 15 Dicembre 2016, 18:56:06 PMCome Baylham non sono un professore di filosofia (un "filosofo di professione"), mafaccio di mestiere il medico radiologo un po' come (fatte le debite proporzioni, si parva licet!) Spinozafaceva l' ottico, per campare e poter filosofare (fra l' altro entrambi questi due mestieri richiedono razionalità e interesse per la e conoscenza della geometria). Come lui (Baylham, ovviamente, non Baruch) leggo ciò di cui ho informazioni da letture di giornali e riviste, frequentazioni di siti internet, capatine in libreria, bibliografie di quanto già letto; informazioni che suscitano la mia curiosità e interesse, specialmente se promettono argomentazioni contrarie alle mie convinzioni, con le quali confrontarmi per abbracciare nuove convinzioni o irrobustire le "vecchie" (per esempio, in filosofia della mente, argomento di mio grandissimo interesse, soprattutto quando spero di trovare argomentazioni a favore del monismo materialistico ampiamente maggioritario, specialmente fra i cultori di neuroscienze oltre che in buona parte della filosofia della mente stessa, fra i cultori di scienze cognitive o di di "biologia darwiniana"; di quest' ultima sono un convinto seguace, malgrado molti suoi adepti -biologi, etologi, ecc- in campo filosofico sostengano il monismo materialistico).

Già il grande Baruch, esempio di grandissima virtù! In un certo senso qualunque cosa farò "da grande" (sono più indirizzato verso la carriera di ricercatore in fisica, ma non si sa mai magari mi arriva un'occasione migliore  8) ) farò come Baruch: pensatore (forse considerarmi "filosofo" è troppo) sì ma lavorerò nella società in qualche modo.
#1099
Tematiche Filosofiche / Re:Come vi tenete aggiornati?
15 Dicembre 2016, 15:09:11 PM
Citazione di: Sariputra il 15 Dicembre 2016, 14:59:45 PM
Citazione di: Apeiron il 15 Dicembre 2016, 14:39:41 PMI consigli che posso darti sono molto "scontati" visto che sono fuori dalla filosofia accademica, perciò inevitabilmente non sono così informato. Una volta, prima del suo collasso, seguivo il forum philosophyforums con molto interesse. E lì c'era veramente di tutto e c'erano molti utenti interessanti. In ogni caso non leggo molto spesso libri di filosofi moderni però innegabilmente seguo molto http://www.iep.utm.edu/ e la https://plato.stanford.edu/, due enciclopedie on-line scritte veramente molto bene. Poi eh (e non men ne vergogno) anche Wikipedia (specie inglese) mi è stata MOLTO utile.
Però, Apeiron...per uno che mastica solo l'essenziale di english e parla fluentemente solamente il dialetto tipico della Contea che resta?... Personalmente sfrutto l' immensa biblioteca di Villa Sariputra, ma si ferma ...al 2.500 a.C. :-[ ! ( Ma c'è stato qualcosa di realmente interessante dopo?...Boh!... ::))

Eh purtroppo in italiano c'è gran poco. Segnalo comunque il sito http://www.filosofico.net/ dove si tenta di colmare questo problema.
Per quello che dici tu riguardo a se c'è stato qualcosa di interessante nei tempi moderni: boh. L'unica cosa semmai di interessante è che si è capito che la realtà è ancora più complessa di quanto si pensava allora (lo si vede dalla marea di sistemi e sotto-sistemi filosofici che si sono susseguiti nella storia).
#1100
Citazione di: Sariputra il 15 Dicembre 2016, 09:46:35 AMNella Chiesa cattolica romana, che insegna che la risurrezione dei corpi è un dogma, una verità di fede, vi è la promessa che il corpo che si riunirà all'anima, dopo il Giudizio Universale sarà dotato, almeno per quelli che si troveranno in Paradiso (il Purgatoriocesserebbe di esistere al momento della fine del mondo) di speciali caratteristiche ("corpo glorioso"): sarà incorruttibile, non potrà più ammalarsi o perire; sarà perfetto, cioè privo degli eventuali difetti che aveva nel mondo; sarà identico, a parte i difetti, al corpo che si aveva in vita; non gli occorrerà nutrirsi, dormire, curarsi; si sposterà istantaneamente da un luogo all'altro; sarà infine la glorificazione dell'essere umano, premiato per la sua vita conforme ai dettami della legge divina. Nell'Inferno anche le anime dei dannati riavranno, alla fine, il loro proprio corpo, con il quale proveranno le pene che già provavano con l'anima, consistenti in massima parte nella privazione terribile della visione di Dio, pur anelando grandemente di ottenerla.(Wikipedia fonte) Mi sembra che questa descrizione dello stato umano all'avvento della Parusia non sia assolutamente paragonabile alla visione karmica delle popolazioni indo-ariane ( ma più probabilmente già presente in quelle dravidiche) della reincarnazione (hindu) o della rinascita ( buddhismo). Nella visione indiana la ciclicità del tempo, il nascere e morire e poi rinascere della vita, osservato ( come giustamente spiega inVerno) nei tempi della natura e in particolare dell'agricoltura è manifestazione del divino stesso; è il suo "gioco", la sua lila, il velo dietro il quale si nasconde la realtà del brahman.La liberazione è nel divenire stesso, nel suo interno e non c'è una fine del divenire. Non esiste un concetto come la Parusia e non esiste una visione escatologica della storia ( al massimo un ripetersi di cicli del tempo, più o meno spirituali...). Il divenire non è un "male" come nella visione delle religioni abramitiche, ma proprio perché vi è un divenire continuo si può trovare la liberazione. Per il Cristianesimo, in particolare, la storia è segnata dal "male", dal primo peccato di superbia e arroganza dell'uomo che voleva farsi simile a Dio: Questo peccato fa cadere l'intera creazione di Dio nella morte ( nel divenire della vita) e Cristo, nuovo Adam sarà... primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi.L'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte»(Corinzi 15,20-26) Così si esprime Paolo. Qui vediamo chiaramente che la morte è il grande nemico, il supremo nemico, l'ultimo che sarà annientato. Vita e morte sono nemiche , sono una dualità non conducibile ad unità. Non c'è comprensione che vita e morte sono lo stesso processo, lo stesso fluire del divenire, come nella visione indiana che vede la morte sempre come "nuova nascita". A mio parere la separazione netta avviene perché le religioni abramitiche mettono l'Io e la sua sopravvivenza eterna come ultimo e pù grande anelito spirituale. Viceversa la spiritualità indiana vede l'Io come il grande nemico da abbandonare, da cui distaccarsi per poter essere un tutt'uno con il Reale. Sono visioni inconciliabile, diametralmente opposte, a mio vedere e questo spiega anche l'estrema difficoltà del cristianesimo di far breccia in modo significativo nel continente asiatico, permeato da millenni di questa visione dell'esistenza.

Il discorso della resurrezione dei corpi è a mio giudizio uno degli aspetti più controversi. Anzitutto passare l'eternità con una condizione simile a quella terrena sarebbe un disastro vista la nostra propensione alla "noia". Poi eh questo "reame" di cui si parla sia effettivamente "simile" al nostro (gli stessi corpi in realtà potrebbero essere in qualche modo "indescrivibili" con i concetti che ci facciamo nell'"aldiqua").  Per "spezzare una lancia" a favore di questa resurrezione si può sempre dire così: la fine della vita in genere è un male nel senso che "desidereremmo" vivere per sempre e quindi la morte è una sorta di nemico. Detto questo possiamo immaginarci che questo "reame" è così sereno e bello che è impossibile "annoiarsi" perchè si è "presso Dio" che è eterno (al di là di spazio e tempo). Ergo si supererebbe il divenire che è il grande problema di questo mondo.

Nel caso indiano anche lì l'impermanenza e la morte sono i "grandi nemici" (mi riferisco ad esempio a come è trattato nel buddismo Mara (il Re della Morte!) che offre tentazioni molto simili a quelle del diavolo...) ma più che come dici tu mantenere il proprio io quello che si fa è "abbandonare l'io".  Nel caso cristiano probabilmente si cerca una "ridefinizione dell'io" che porterebbe alla cessazione dell'egoismo.

Poi sinceramente non capisco perchè paragonare reincarnazione e resurrezione visto che la reincarnazione non è affatto "per l'eternità".

Ma anche qui si vede d'altronde il discorso dell'inferno che è un altro grande problema. Se è una punizione per il proprio "egoismo" (nel senso che è il "destino che si sono scelti" quelli che hanno scambiato sé stessi per Dio e quindi sarebbero esclusi per sempre dall'amore...) perchè assumere che tutti quelli che "non hanno fede" ci debbano finire? Il solito problema è che si divide l'umanità in due dimenticandosi a mio giudizio che i "due estremi" in realtà sono i due estremi di una scala. Detto questo la paura dell'inferno è sempre stata usata per mantenere il potere e anzi è un modo "molto efficiente" per fare ciò. Ogni atto sbagliato che fai ti dovrebbe far sentire in colpa e terrorizzarti.
#1101
Tematiche Filosofiche / Re:Come vi tenete aggiornati?
15 Dicembre 2016, 14:39:41 PM
I consigli che posso darti sono molto "scontati" visto che sono fuori dalla filosofia accademica, perciò inevitabilmente non sono così informato.
Una volta, prima del suo collasso, seguivo il forum philosophyforums con molto interesse. E lì c'era veramente di tutto e c'erano molti utenti interessanti.
In ogni caso non leggo molto spesso libri di filosofi moderni però innegabilmente seguo molto http://www.iep.utm.edu/ e la https://plato.stanford.edu/, due enciclopedie on-line scritte veramente molto bene.
Poi eh (e non men ne vergogno) anche Wikipedia (specie inglese) mi è stata MOLTO utile.
#1102
Citazione di: InVerno il 13 Dicembre 2016, 16:51:26 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Dicembre 2016, 12:42:32 PMObiezione potente, cerco di "difendermi" con alcune argomentazioni, che spero possano essere chiare. Allora il problema del panteismo è che pretende di dire "tutto è uno" quando in realtà vedi il molteplice. Così si prova a dare delle spiegazioni che riducano tutto all'unità e tuttavia questo approccio a mio giudizio fallisce perchè l'uno non può autocontraddirsi. L'Advaita Vedanta per esempio dice che si soffre perchè si è ignoranti di questa "verità" però d'altronde non spiega perchè appunto uno "nasce ignorante". Il panenteismo è meglio perchè in sostanza "seprarerebbe" tra di loro le "cose molteplici" di cui abbiamo esperienza e perciò spiega meglio le distinzioni: il Dio del panenteismo infatti è unico però la sorgente di tutte le cose "non coincide" con le cose stesse, motivo per cui col panenteismo non hai problemi di "mancate distinzioni" e di "neccessitarianismo". Infatti le creature ci sono e non sono realmente separate dal creatore però a differenza del panteismo queste creature possono essere tra di loro diverse ecc. Sulla questione del bene e del male. Allo stesso modo "alto" e "basso" fanno tra di loro distinzione ma questo non significa che essi siano la stessa cosa e nemmeno che essi siano parimenti reali. Ti faccio un esempio: hai un edificio di 30 piani e sei metti al decimo piano. Chiaramente l'undicesimo piano è più "alto" del decimo e viceversa il nono è più "basso" del decimo. Tuttavia quando arrivi al piano terra non hai un "piano più basso" e quando arrivi al trentesimo non hai "un piano più alto". Perciò puoi stabilire in modo assoluto che il trentesimo è il "piano più elevato" e il piano terra "il piano più basso". Ora puoi andare avanti e costruire altri 50 piani. Arrivi all'ottantesimo che ora è il "piano più alto". Come puoi intuire "più basso di" e "più alto di" sono concetti che descrivono una proprietà dei vari piani in relazione tra di loro e tuttavia "basso" e "alto" sono indipendenti (come concetti) dal particolare piano. Il piano terra poi è SEMPRE il piano più basso. Con tutto questo discorso voglio dire che il solo fatto di vedere il bene e il male non implica che essi siano "illusori" solo perchè sono relativi tra di loro. E in ogni caso come nel caso del piano terra dell'edificio che è sempre più basso puoi sempre pensare che ci sia un "Sommum bonum" il quale è più "buono" di tutte le altre cose, il quale perciò diventa anche il "bene assoluto" (così come puoi avere un edificio con solo il "piano terra" - sto supponendo che non ci siano seminterrati ma anche se ci fossero non potresti andare oltre il centro della Terra che è il "punto più basso"). Dunque qui hai due cose che potenzialmente sono oggettive: la scala di "altezza" (e quindi di "bene"/di "valori") e l'eventuale "punto più basso". Quindi non puoi dirmi che Gandhi e Hitler siano la "stessa cosa" dal punto di vista morale se esiste tale gerarchia di valori. Inoltre in modo analogo non puoi nemmeno dire con certezza che così come non esista nulla che "sia il punto più basso", visto che lo è il centro della Terra. Nel panteismo il "Sommum bonum" è l'edificio ma l'edificio in sé non è né alto né basso mentre nel panenteismo il "sommum bonum" è la "sorgente di tutto" che è tipo il piano terra.
Ironicamente questa tua metafora sul giu\su mi ha ricordato un aneddotto che Sadhguru Vasudev usa speso per raccontare cosa lo spinse all'indagine da giovane, dicendo che il fatto che nessuno gli sapesse rispondere dove è "su" e perchè è "su" lo lasciò perplesso per anni. Nulla di particolarmente trascendentale, ma visto che a quanto pare la vostra indagine parte da archetipi simili forse è un consiglio di approfondimento che ti posso dare, anche perchè è un gran comunicatore moderno. Però permettimi di correggerti, io non ho detto che sono la stessa cosa, ho detto che sono espressione, riflesso, della stessa cosa. L'umanità. Da un punto di vista della mera sopravvivenza e dell'orientamento nella vita di tutti i giorni è indispensabile decidere dove stia giu e dove sia su, altrimenti come dici tu non sapresti che bottone premere sull'ascensore. Ma la spiritualità esula da questi concetti, almeno a mio avviso. E' un fatto di amore, unione, esperienza, non di su e giu. Non ad avviso delle tradizioni abramitiche perchè appunto hanno un focus particolare sulla componente comportamentale, su quale bottone schiaccerai. Gli strumenti morali sono come gli orologi, sono utili per orientarsi nella vita di tutti i giorni, ma al di fuori della nostra esperienza terrena non esistono. Se vai nello spazio non esistono i "giorni" o le "notti" o gli "anni" e nemmeno le frazioni di essivche sono indicate nell'orologio. Eppure gli orologi sono dannatamente utili, un mondo senza orologi imploderebbe. Allo stesso modo non esiste il su e il giu, la destra e la sinistra. E si tratta solamente di un posto a "qualche" kilometro di distanza. La spiritualità a mio avviso deve essere "quel razzo" che ti porta a questo (salvo poi avere un orologio in tasca per interagire con il mondo), e nei mistici cattolici lo puoi vedere quanto nei mistici di altre tradizioni. Allo stesso modo da un punto di vista "cosmico" Hitler o Gandhi non sono altro che due mammiferi del pianeta terra con una scatola cranica abnorme in proporzione al corpo, costituiti da elementi chimici in proporzione identica a cui si trovano in percentuale in tutto il cosmo (alla faccia di immagine e somiglianza, siamo fatti di "spazzatura" cosmica), che hanno mosso masse di altri mammiferi in una direzione o in un altra e hanno ribilanciato l'equilibrio tra i mammiferi sul pianeta. Riduzionismo? Solamente da un punto di vista antropocentrico. Lo stesso "riduzionismo" a cui puoi giungere intensificando i tuoi studi storici, e notando che non ci fu nessuna componente inerentemente "malvagia" o "benefica"in questi due personaggi, ma furono semplicemente il risultato di una somma di tensioni, perlopiù di segno opposto. Una visione organica è possibile. Gandhi probabilmente sarebbe morto nell'anonimato se le lotte fratricide indiane fossero già state "risolte" da qualcun altro. Questo lo avrebbe reso "meno buono?" o addirittura "malvagio" per connivenza di altri problemi che non avrebbe risolto? Hitler un semplice ubriacone bavarese con qualche perversione, se la Germania fosse stata fiorente, questo lo avrebbe reso "migliore?". Eppure stiamo parlando degli stessi!Prendiamoci tempo e riflettiamo sul divenire invece che sull'essere...Non c'è orologio che segni l'ora esatta, appena si comincia a leggerla è già passata. Riguardo all'interpretazione biblica e quello che la Chiesa raccomanda, si finisce sempre alla solita tiritera. Vai al "convegno dei teologi" e tutti ti dicono "interpretazione letterale? Io? ma figurati" .. nel contesto giusto, sono tutti "anagogici". Poi chiudono la porta e vanno nella stanza con il "popolino" e partono le invettive letterali. Se Angelo Cannata è un ex-prete avrà partecipato a delle messe, o ANCORA PEGGIO, avrà visto che catechismo si fa ai bambini. Rifiuto? Ignoranza? Io direi calcolatissima politica dei due forni, e funziona benissimo... Sì uno dei miei principali dubbi è tutta la questione del fatto che l'ebraismo è una "religione di una etnia" mentre il cristianesimo no Questa domanda la puoi anche rovesciare. Chiedi ad un qualsiasi credente perchè la sua religione e non un altra, la maggior parte non ha mai fatto una scelta, la scelta si è semplicemente ripercossa su di lui per motivi geografici-familistici. In un certo senso tutte le religioni sono "etniche", semplicemente alcune si pongono con maggior impegno nel proselitismo e allargano i propri confini nel tempo. Sono anche quelle che spesso vanno d'amore e d'accordo col potere temporale, i tiranni di turno. Per inciso, anche gli Islamici sono una religione etnica, in maniera abbastanza subdola, ma qualsiasi islamista ti può dirti che senza conoscere l'arabo leggere il corano è quasi tempo perso.

Allora un conto è dire che "su e giù" siano prospettive, un conto è dire che tali prospettive "non esistano". Identificare Dio con l'essere mi pare un po' azzardato. Nel mio esempio dell'edificio "su e giù" secondo me sono proprietà vere (tant'è che hai il verso della gravità che ti aiuta a stabilire "su e giù"). Per Hitler e Gandhi: il contesto storico è importantissimo però questo non deve farti finire nel "fatalismo" che ammazza la "presa di responsabilità". Poi eh sono il primo a dire che "amare il nemico" significherebbe proprio "amare senza fare distinzioni". Ma non appena dici "amare senza fare distinzioni" fai una distinzione con "amare facendo distinzioni". In summa: finché sei uomo devi restare "attaccato" alle distinzioni, la liberazione da esse è impossibile.

Sul discorso dell'interpretazione della Bibbia, la non-divulgazione delle "interpretazioni non letterali" la ritengo uno scandalo visto che è un ottimo modo per perdere le persone più curiose...
Sul fatto dell'etnia in un certo senso hai ragione. Concordo con te che le tre religioni abramitiche sono più "utilizzabili" dal potere temporale rispetto ad esempio al buddismo, taoismo e vedanta.
#1103
Citazione di: Sariputra il 13 Dicembre 2016, 22:53:31 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Dicembre 2016, 17:47:34 PMInVerno ti risponderò un'altra volta. Lasciami però dire un'altra cosa, sulla quale vorrei anche sentire Sariputra (questo post è una risposta a lui ma in realtà la riflessione che propone è ben più ampia quindi è una riflessione che propongo a tutti...). L'Io ha certamente desideri e la "vita eterna" di certo non gli dispiace. Tuttavia pensa al rapporto tra un padre e il suo bambino (non pretendo di saperne molto per mancanza di esperienza ma tant'è... ;) ). Ora il bambino vuole essere portato alle giostre, però il padre vuole che prima faccia i compiti. Il padre dice "se non fai i compiti per punizione non andrai alle giostre". Il bambino non fa i compiti e non viene portato alle giostre. A questo punto il bambino chiede "perchè devo fare i compiti?". Il padre gli risponde "sei curioso, non puoi capire totalmente il motivo. Sappi solo che è una cosa che fai per te e per gli altri mentre le giostre ti giovano solo a te!". Ora il bambino può dire "va bene" e la volta dopo dire "ok faccio prima i compiti" e quindi viene portato alle giostre. Dopo però avviene che il bambino capisce il valore del "fare i compiti" e capisce che è un suo dovere sviluppando una coscienza morale che lo porta spontaneamente a fare i compiti. Chiaramente la spiegazione del padre era incompleta e quindi il bambino doveva "accontentarsi" di non domandare troppo. Viceversa pensa al bambino che diceva invece "no spiegami bene il perchè!!". Questa era in un certo senso un "capriccio". Il bambino cioè non voleva imparare da chi ne sa più di lui. Ora: con la religione siamo forse nella stessa condizione? La curiosità oltre un certo punto è peccato? Se sì qual è il limite? Personalmente un altro discorso "strano" del paradiso cristiano è la "resurrezione dei corpi". Ma perchè proprio un'esistenza così umana? O forse è solo un "simbolo"? Ha senso davvero crucciarsi per tale destino dopo-morte? Per il discorso del "bene senza premiazione". Anche qui c'è una riflessione da fare: all'inizio tutti noi abbiamo una rudimentale nozione di "bene" e di "male" che ci fa desiderare il bene per il premio. "Se fai i compiti ti porto alle giostre"!. Ora quando si parla di bene "disinteressato" sembra che in sostanza si voglia la totale eliminazione dell'egoismo. Ma desiderare il bene per gli altri non è desiderare il bene anche per noi? Pensiamo anche al buddismo: il samvega ci fa cominciare la ricerca. Vediamo il ciclo di "nascita e distruzione" e "vogliamo uscirne" e ottenere il "senza morte" (amrita). Quindi facciamo tutto il "sentiero" e... "perdiamo l'ego" (!). Cristianesimo: desideriamo la salvezza e... "amiamo tutti" (!). Sembra quasi che per ottenere una cosa piacevole non dobbiamo desiderarla per il nostro ego. Paradosso, no? Il sommo bene per noi stessi nasce da ampliare i nostri orizzonti!
Proprio dopo essercene sbarazzati ( del corpo)...ce lo ridanno! ??? ;D Un corpo incorruttibile , adamitico, senza macchia e senza bisogni (ovviamente). Mi rivedo ragazzino chiedere a mio padre:"Quando i corpi resuscitano...che età hanno?"- "Mah...rispondeva- forse avremo l'età di Gesù quando è morto in croce" (così gli avevano insegnato). "Ma chi è morto nell'utero di sua mamma si ritroverà con un corpo trasfigurato da 36enne?"...curiosità di ragazzino che però gia mi rendevano problematica la visione, con tutte le sue ingenuità ovviamente...Pensa a tutti quei poveracci che hanno passato la vita odiando il proprio corpo e attribuendogli tutte le infelicità e i mancati sogni realizzati...se lo ripigliano per tutta l'eternità . L'eternità è un tempo lunghissimo, proprio...eterno! A meno che non ci facciano tutti somiglianti ad Adam e a Eva: perfetti nudisti che passeggiano nell'Eden senza alcuna malizia, armati di una cetra ( anche suonare ininterrottamente la cetra per tutta l'eternità è un tempo lunghissimo... ;D ). A parte gli scherzi ( ma chi non ci ha mai pensato ?...), il padre che descrivi tu è un genitore alquanto autoritario; uno che non insegna ad amare lo studio, ma solo a temere la reazione del "superiore" ( il castigo della mancata visita alle giostrine). Dovrebbe perlomeno tentar di spiegare perché lo studio giova sia a te che agli altri e, soprattutto, sedersi vicino al bimbo e studiare insieme a lui , così che , con abilità, lo porti ad amare la conoscenza. Il bimbo non vuole solo le giostrine...vuole di più la presenza dell'amato papà. Ora...possiamo dire di sentire , seduto vicino a noi, mentre sbattiamo la testa per cercar di capire se siamo amati, la presenza del Padre amorevole? O ci ha detto solo:"Studia ! Se no non potrai andar a giocare con le giostrine"? Non ce l'ha nemmeno detto, a rigor di termini, si dice che ce l'abbia scritto ( una letterina natalizia, con un grande cuore rosso disegnato, che ci dà le istruzioni per amare il mittente... :'( . Una letterina così vecchia e piena di impronte sudicie di impiegati postali che se l'hanno letta e poi, presi da sollecitudine , han pensato bene di aggiunger qualche suggerimento proprio...). Se pensi che, oltre un certo limite, si fa peccato vuol dire che hai Paura ( la grande Paura che, a mio avviso, è la base, la radice del "sacro", passata dai fuochi dentro le caverne alle religioni abramitiche) del Padre e che, in fondo in fondo, non lo ritieni totalmente Buono...allora devi investigare il perché di questo timore. ma ci si disorienta... Un giorno Yeoshwa perdona e l'altro insegna che verrà a dividere il grano dalla pula ( e la pula verra bruciata...che infernale simbolo il fuoco, sempre quel fuoco amato e odiato dai nostri avi primitivi, che scaldava e uccideva). Allora ti chiedi:" Ma che padre è l'Onnipotente? Buono...ma giustiziere? Oppure giustiziere buono?. Queste domande nascono perché noi non l'abbiamo mai sentito seduto vicino a noi, non c'era quando piangiavamo impauriti dalla vita...a volte abbiamo magari pensato che solo con noi non desiderava sedersi vicino, forse si sedeva con tutti gli altri, avevamo tanto desiderio che si sedesse, forse eravamo cattivi...per questo forse non veniva a sedersi con noi... Ma chi era che soffriva...se non l'agape stesso? "Io" pensava che qualcuno doveva sedersi ma, sparito l'Io illusorio, era l'agape stesso che stava seduto in te...il dolore era nell'errata concezione di una dualità, di una separazione tra Io e l'agape. L'amore non accetta la separazione , l'amore tende sempre all'unità. Quande cresce la separazione sorge il dolore. C'è un bene morale destinato a tutti ma pure un bene più grande da scoprire, mi sembra, che necessita di ali possenti ( "non da tutti"...ma le piccole ali ben allenate possono sollevarci lo stesso ;D ). Aggiungo un passo ( molto forte) di Maestro Eckhart,che, molto meglio del sottoscritto, spiega... "Come ho spesso detto vi è nell'anima qualcosa di così simile a Dio da essere già una cosa sola con lui, senza bisogno di esservi unita. Essa è unica, e non ha nulla in comune con qualsiasi altra cosa. Essa non ha alcun significato, nessuno. Ogni cosa creata non è nulla, ma quel Qualcosa è al di fuori ed estraneo ad ogni creazione. Se uno fosse totalmente questo, sarebbe ad un tempo increato e diverso da ogni altra creatura. se ogni cosa corporea od ogni cosa fragile fossero incluse in quella unità, anch'esse sarebbero simili all'essenza di quella unità. Se io mi trovassi in questa essenza, anche per un solo momento, considererei la mia personalità terrena di non maggiore importanza di quella di un lombrico." (Blakney, p.205) Da un'altra prospettiva si aggiunge Saichi: Niente è lasciato a Saichi, Se non un cuore gioioso, nulla gli è lasciato; Non ha né bene né male, tutto gli è stato portato via; Niente gli è stato lasciato! Non aver cosa alcuna- che completa soddisfazione! Tutto è stato portato via dal "Namu-amida-butsu". Egli si sente completamente a posto con se stesso: Questo è il "Namu-amida-butsu"! (Che pazzo totale Saichi... ???!)

Guarda l'esempio del "padre autoritario" l'ho preso per fare una provocazione. Sono il primo a dire che per istinto non riesco a rinunciare all'analisi e quindi a meno di fare un "suicidio epistemologico" (smettere di pensare) non credo che mi fermerò mai. Ma come ho già detto secondo me la spinta alla conoscenza è un atto d'amore così come vuoi conoscere meglio una persona che ami, una materia che interessa... Nei riguardi della "resurrezione dei corpi" è una cosa che mi ha sempre lasciato perplesso e da piccolo avevo gli stessi tuoi dubbi "ma quando risorgo avrò il corpo di quando muoio o di quando sarò giovane?". Di nuovo "alla lettera" è "troppo umana". Forse con quell'espressione si intende che diventi una cosa tipo "un'idea platonica" cosa con cui anche Eckhart forse sarebbe d'accordo.
#1104
Citazione di: green demetr il 13 Dicembre 2016, 17:59:45 PM
Citazione di: Apeiron il 11 Dicembre 2016, 23:05:07 PMSe ti può interessare leggiti qualcosa del secondo Wittgenstein col quale sembri avere delle somiglianze (secondo il quale "per molti ma non per tutti i casi il significato di una parola è il suo uso in un "gioco" linguistico", cioè nella pragmatica). Per quanto riguarda il mio concetto di verità di per sé è "contestuale" nel senso che per capire se una cosa è da considerarsi vera bisogna avere chiaro il contesto e bisogna trovare un modo per dimostrarla. La presenza dell'io come assioma a mio giudizio è necessaria per fare ogni possibile discorso. Ma ahimé non è possibile dimostrare l'esistenza dell'io perchè è trascendentale ossia è a-priori di ogni discorso. Inoltre per ogni possibile proposizione è a-priori pure il contesto nella quale viene espressa. Perciò se ho capito quello che intendi, "traducendolo" nel mio "modo di filosofare" dici che la verità ha come base il soggetto e il contesto in cui esso è immerso e si rivela nella pratica. Non mi pare sinceramente così lontano da quello che sto dicendo io. [
Si sono d'accordo in parte con il secondo Wittgenstein, ossia il linguaggio è il mirror del pragma. Il fatto è che lui rimane un anti-metafisico, a suo parere discutere di qualsivoglia cosa non sia presente "a se stesso", ossia nella sua formulazione linguistica è un abbaglio. Certamente possiamo mettere in dubbio qualsiasi discorso che si fa storico, ma non sono d'accordo con wittgenstein che debba essere riferito SOLO AD UNA DIMENSIONE PRESENTE. D'altronde anche se è una figura trasversale (vedi la polemica con GODEL), lui preferiva circoli come quello del neo-positivismo austriaco. Diciamo che a livello metafisico siamo nemici, semplicemente perchè non riesci a intendere o semplicemente non ti interessa il senso, che storicamente si determina come STORIA DELL'UMANO (troppo umano avvisa Nietzche però). A livello formale fai benissimo a fare quello che fai, la scienza stabilisce regole rigorose e deve rimanere nei suoi canoni. A mio parere però anche in quello bisogna stare sull'attenti, e tu lo sai meglio di me. La fisica non parla esplicitamente di un reale, ma di un qualcosa che BENE o MALE possiamo dire REALE. (la questione delle approssimazioni non è forse un capitolo importante di ogni buon fisico??) Quindi sostanzialmente bisogna fare attenzione anche da quali paradigmi iniziare. Non ho mai detto che siamo nemici in assoluto!!! ciao!!!!!

Beh Wittgenstein  in realtà non sopportava i neo-positivisti nemmeno ai tempi del Tractatus :) comunque sono d'accordo che nonostante abbia detto due volte di aver "messo fine alla filosofia", la filosofia rimane viva e vegeta (d'altronde lui voleva liberarsene ma riconosceva di non riuscirci).

Sull'attenzione ai paradigmi da scegliere sono d'accordo con te, anche perchè la resistenza a "tenere" i paradigmi è uno dei motivi per cui la relatività e la meccanica quantistica non sono state accettate.

Sulla questione di cosa descriva la fisica praticamente trovi tantissime scuole di pensiero. In ogni caso sono d'accordo sul fatto che almeno la fisica descriva "la realtà come ci appare dall'analisi con gli strumenti di misura".
#1105
InVerno ti risponderò un'altra volta. Lasciami però dire un'altra cosa, sulla quale vorrei anche sentire Sariputra (questo post è una risposta a lui ma in realtà la riflessione che propone è ben più ampia quindi è una riflessione che propongo a tutti...).

L'Io ha certamente desideri e la "vita eterna" di certo non gli dispiace. Tuttavia pensa al rapporto tra un padre e il suo bambino (non pretendo di saperne molto per mancanza di esperienza ma tant'è...  ;) ). Ora il bambino vuole essere portato alle giostre, però il padre vuole che prima faccia i compiti. Il padre dice "se non fai i compiti per punizione non andrai alle giostre". Il bambino non fa i compiti e non viene portato alle giostre. A questo punto il bambino chiede "perchè devo fare i compiti?". Il padre gli risponde "sei curioso, non puoi capire totalmente il motivo. Sappi solo che è una cosa che fai per te e per gli altri mentre le giostre ti giovano solo a te!". Ora il bambino può dire "va bene" e la volta dopo dire "ok faccio prima i compiti" e quindi viene portato alle giostre. Dopo però avviene che il bambino capisce il valore del "fare i compiti" e capisce che è un suo dovere sviluppando una coscienza morale che lo porta spontaneamente a fare i compiti. Chiaramente la spiegazione del padre era incompleta e quindi il bambino doveva "accontentarsi" di non domandare troppo. Viceversa pensa al bambino che diceva invece "no spiegami bene il perchè!!". Questa era in un certo senso un "capriccio". Il bambino cioè non voleva imparare da chi ne sa più di lui. Ora: con la religione siamo forse nella stessa condizione? La curiosità oltre un certo punto è peccato? Se sì qual è il limite?
Personalmente un altro discorso "strano" del paradiso cristiano è la "resurrezione dei corpi". Ma perchè proprio un'esistenza così umana? O forse è solo un "simbolo"? Ha senso davvero crucciarsi per tale destino dopo-morte?

Per il discorso del "bene senza premiazione". Anche qui c'è una riflessione da fare: all'inizio tutti noi abbiamo una rudimentale nozione di "bene" e di "male" che ci fa desiderare il bene per il premio. "Se fai i compiti ti porto alle giostre"!. Ora quando si parla di bene "disinteressato" sembra che in sostanza si voglia la totale eliminazione dell'egoismo. Ma desiderare il bene per gli altri non è desiderare il bene anche per noi? Pensiamo anche al buddismo: il samvega ci fa cominciare la ricerca. Vediamo il ciclo di "nascita e distruzione" e "vogliamo uscirne" e ottenere il "senza morte" (amrita). Quindi facciamo tutto il "sentiero" e... "perdiamo l'ego" (!). Cristianesimo: desideriamo la salvezza e... "amiamo tutti" (!). Sembra quasi che per ottenere una cosa piacevole non dobbiamo desiderarla per il nostro ego. Paradosso, no? Il sommo bene per noi stessi nasce da ampliare i nostri orizzonti!
#1106
CitazionePremessa: le mie sono considerazioni, se vuoi personali per quello che ho capito e studiato, non sono verità assolute, non ho questa pretesa. Il fondamento è qualcosa che viene prima dell'incarnazione di Gesù, è Dio , poi la creazione, quindi la storia. Gesù si storicizza, vale a dire entra nella storia in un tempo preciso manifestandosi. Devo essere onesto e sincero, io credo totalmente ormai da anni, dopo aver approfondito altri testi, altre tradizioni, ad un'altra storia che ha un filo più logico e razionale di quello che si legge e studia nella Bibbia.E' fatto di documentazione storica, di reperti archeologici, di studi. Io in questa sede posso solo essere succinto, altri se curiosi possono se vogliono approfondire e contraddirmi se lo ritengono opportuno. 1) Yawhè è il nome,sostantivo singolare, di uno degli Elohim, plurale. Non è il Dio creatore dell'universo. E' insieme alla sua "razza" molto evoluto culturalmente e tecnologicamente e utilizzerà un popolo nomade a suo uso e consumo costruendo un patto e promettendo una terra. Altre antiche tradizioni avevano a sua volta altri Elohim, come gli egizi, "imparentati" con quelli di origine sumerico accadica. Non è un caso che i termini Yawhè ed Elohim appaiono sia nei primi passi di genesi che nel testo del diluvio universale, perchè sono stati trasposti da altre tradizioni, Chi studia la Bbbia dovrebbe interessarsi dell"ipotesi documentale" che brevemente è esposta anche in wikipedia. Allora il problema è; di quale Bibbia parliamo e di quale interpretazione di Gesù? Se ti affidi alla Bibbia che è importante, ma è un'insieme di libri e non tutti i libri, (alcuni sono apocrifi, come i Vangeli) intuisci ,ma non capisci, è come se l'intelletto capisse, ma non fosse possibile razionalizzare bene il tutto. E' quello che intendo che colpisce il profondo di noi stessi, il nostro intimo, ma nello stesso tempo ci nasconde la possibilità di avere una linearità razionale essoterica,Ci vogliono altri libri correlati e altre storie. 2) la missione di Gesù fu di chiudere la storia "vecchia" di una umanità creata appositamente da un popolo molto più evoluto per usarlo come schiavo e ridargli la dignità di essere senziente, libero, responsabile,con tutte le contraddizioni che si porta la nostra duplice natura, ma che ha una possibliità di scelta in quanto siamo dotati di una volontà. Sono convinto che certi testi che avrebbero potuto chiarirci o sono stati persi definitivamente o sono in poche mani e ben nascosti in biblioteche. Gesù chiude la storia adamitica, perchè Gesù nella sua prima venuta apre una nuova storia 3) ma parliamoci chiaro un Dio secondo te si arrabbia si riappacifica con il suo popolo?Usa un popolo e lo muove per uccidere altri popoli e conquistare nuove terre? Secondo te è D-I-O inteso come Essere, come Uno. come principio eterno ed universale è quello? Gesù utilizza moltissimo i termini tradotti in italiano Padre (al posto di Dio) e per sè Figlio dell'Uomo, praticamente quasi mai si definisce Figlio di Dio: riflettere. Il concetto trinitario può esserei almeno intuitivamente ispirato dai termini utilizzati nel Vangelo? Il popolo nomade ebraico, composto di dodici tribù ( come casualmente dodici sono gli apostoli) errabonda fra tre dominazioni di formidabile tradizione antica: accadico/sumerica, egizia, persiana(zoroastrismo). Come a suo tempo scrissi Abramo è originario di Ur nella caldea, regione tipica della classe sacerdotale babilonese. Mosè viene dagli egizi. Quindi ti chiedo ,ma di quale ebraismo parliamo se i patriarchi hanno orgin in altre tradizioni, se i più grandi profeti ,tra cui i visionari Ezechiele Daniele scrivono durante la cattività babilonese? Gli ebrei con continuamente schiavizzati da babilonesi due volte, egizi ,persiani e infine romani. Vuoi che la loro tradizione sia davvero originaria? Io dico di no e una traccia è studiare l"ipotesi documentale" sulla formazione dei libri della Bibbia. Ora non vorrei essere mal interpretato, Intendo dire che ciò che un popolo apprende da altri popoli lo fa suo, lo modifica in qualche modo per identificarsi come popol,come cultura come tradizione che entra nella storia. I barbari al tempo dei romani apprenderanno la civiltà e la faranno loro, e così via nei cicli della storia. 4) Il kerigma è la proclamazione della cristianità attraverso l'incarnazione della profezia di Isaia. Ora se chi pensa che Gesù fosse un "falso",come gli ebrei, non gli importerà nulla. Ma per chi ci ha creduto, ha costruito una nuova storia umana prima ancora che una storia ultraterrena,perchè è già quì che ha cambiato i paradigmi religiosi e spirituali. La forza della spiritualità è che cambia l'uomo già nella sua esistenza, perchè cambia la prospettive, il progetto, la narrazione storica della singola esistenza e dell'umanità. A volte non ha importanza, paradossalmente, se una verità sia vera ed autentica: l'importante è che ci credano, che si sentita come vera. E qualunque verità non potendo mai essere certezza, in qualche modo è credere e il credere cambia già se stessi. 5) L'insegnamento del Figlio dell'Uomo all'umanità è prima di tutto la riscoperta di una dignità attraverso il libero arbitrio e la responsabilità delle prassi relazionate alla teoretica divina. Non posso che essere d'accordo con Donquixote ,Amore per Dio, amore proprio e amore per gli altri, ,ma è importante capire che c'è un'intima relazione fra teoria e pratica,Nella teologia che interpreterà nei secoli questa relazione tende a separare teoria e pratica,Amio modesto modo di vedere, o Dio è esistenza o rischia l'esistenza di essere mortificazione, Allora il monaco che vive pregando, lavorando, in comunità, sceglie una via più intima di questa relazione. Dovrebbe essere riportata nel sociale della vita civile quotidiana. A mio modo di vedere l'esempio di Gesù che peregrina di paese in paese nel racconto dei Vangeli è vivere una fede dentro un'esistenza e quella fede cambiandoti cambia la modalità di relazionarsi con tutto ciò con cui sei in contato, il nutrirsi, il parlare, il comunicare, il pregare, questo rende più intimo qualunque contato riappropriandosi dell'autenticità dell'atto. Io non ho certezze,devo essere onesto nel dirlo, ma i miei dubbi forse mi hanno portato a considerazioni che alla fine sono più solide di chi pensa di averle quelle certezze.

Sì uno dei miei principali dubbi è tutta la questione del fatto che l'ebraismo è una "religione di una etnia" mentre il cristianesimo no. Una delle possibili "grandi domande" che ci si potrebbe fare è la seguente: perchè è stato scelto quel popolo lasciando gli altri all'oscuro. Ad esempio un indiano che legge la Bibbia ha molta più difficoltà di un europeo ad accettarla perchè appunto la cultura di partenza è completamente diversa. Inoltre quello che lui capisce dalla Bibbia sarà diverso da quello che capisce un ebreo o un europeo. Uno può rispondere: "non farti troppe domande perchè Dio non lo puoi capire". Questo processo ammazza l'indagine perchè appunto rende "vietato" il dubbio. Viceversa uno può "salvare" l'indagine se si ammette che sono possibili più interpretazioni della Bibbia (ovviamente devono avere qualche punto in comune...). In tal caso si può anche pensare che oggi "capiamo meglio" la Bibbia e quindi che la rivelazione sia "progressiva" (in tal caso l'indagine è "promossa" da Dio).

In sostanza questo è sempre il dilemma: se Dio vuole che scegliamo la sua "via" senza farci domande (e qui ad esempio si ha l'esempio di Abramo) o se invece ci incoraggia a porci in relazione dialettica con lui (come si porrebbe più propriamente un padre). Questo è un dilemma che nessuno può sapere però credo che la prima "via" ci ponga in una relazione troppo "di paura" con lui. Ma qui un fondamentalista ti direbbe che in realtà tu non capisci nulla e che la tua paura è segno di amore ecc.

N.B: Qui c'è anche una risposta ad InVerno però il post superava il limite dei caratteri.
#1107
Citazione di: InVerno il 12 Dicembre 2016, 17:19:56 PM
Citazione di: Apeiron il 10 Dicembre 2016, 10:59:01 AMTi ringrazio davvero. Il vero problema è che molto spesso leggo (anche da fonti della Chiesa) che "la mancanza di fede è il peccato mortale", "se non credi vai all'inferno" ecc. Queste espressioni di "condanna" mi perpledono parecchio. Concordo che se ad esempio come viene scritto "Dio è amore", rifiutare Dio significa d'altronde non amare. Tuttavia la mia (debolissima) ragione mi fa notare alcune cose. 1) Molti atei (ad esempio Gino Strada) in realtà sono brave persone, mi sembra che amino il prossimo più di me e più di molti che si definiscono credenti 2) Il progresso scientifico è una bellissima cosa ma d'altronde se vogliamo essere onesti dobbiamo dire che rende più difficile credere nella Bibbia (se avesse scoperto che la Terra ha 6000 anni pochi scienziati si sarebbero "ribellati") 3) la stessa ricerca della verità implica un allontanamento da essa e se Dio esiste molti che cercano muoiono prima di avere una fede salda sono "condannati" 4) per un "Deus Absecunditus" è normale che molti "non lo vedano". Detto questo non voglio fare un'apologia alla mia (mancanza di) fede ma voglio solo esporre alcuni problemi che gli stessi credenti dovrebbero avere in mente prima di giudicare il più ateo degli atei. Poi ad esempio trovo frasi come "se non rinunci a TUTTO allora non sei mio discepolo". Ok per essere perfettamente altruista uno dovrebbe sì rinunciare a tutto (o almeno non essere attaccato a nulla) tuttavia tale precetto è di una difficoltà disarmante. Comunque personalmente ho scelto per un certo tempo il puro "panteismo" perchè appunto mi sembrava di vedere un Dio più vicino e meno lontano. Poi ho notato che Hitler e Gandhi non potevano essere espressione della stessa cosa e quindi ora filosoficamente "oscillo" tra un panenteismo e un teismo "onnipresenzialista" nei quali è una sorta di errore "allontanarsi" da Dio e privilegiare la materia (sono diciamo filosoficamente vicino al neo-platonismo). Percepisco inoltre il "dare la vita" come un atto d'amore. E tuttavia permane il problema della teodicea che mette in difficoltà tutti i credenti: se "dare la vita" è un atto d'amore, darla in un mondo pieno di sofferenze e con la possibilità di una dannazione eterna con tutta l'onestà del mondo non mi sembra un atto così d'amore. L'universalismo potrebbe essere una soluzione, tuttavia ha poco supporto testuale e gli stessi teologi non lo accettano (ne sanno molto più di me...). A volte vorrei tanto "tornare indietro" e dire a me stesso di non porre domande. Ma anche qui: che rapporto padre-figlio è un rapporto in cui figlio e padre non discutono mai? Edit: mi sembra assurdo che tanti non si pongano mai dubbi e non si allontanino mai dalla Chiesa (li vedo sempre a messa, quasi che io sono così stupido da non vedere l'ovvio). Forse sono io troppo malvagio? O sono loro che non hanno un vero rapporto di ricerca? Boh
Gandhi e Hitler a mio avviso sono espressione della stessa "cosa", non li vedi come tali semplicemente per colpa della tua empatia in quanto altri esseri umani, che ti ostacola nell'atto di innalzare lo sguardo da una prospettiva più ampia. Non avresti nessun problema ad ammettere che un protone ed un elettrone sono in fin dei conti espressione della stessa realtà solamente perchè sei in grado di vedere la loro diversità da una prospettiva più ampia e il loro comportamento amorale non altera la tua prospettiva. Quando si tratta di esseri umani entra in campo il giudizio morale, e viene dimenticato il nesso intrenseco tra essi. Forse eliminando Hitler dalla storia umana Gandhi non sarebbe mai stato "Gandhi". Un esempio azzardato per via della geografia, ma quanto "bene" non sarebbe mai esistito senza "male" e viceversa è una domanda che dovresti farti prima di dichiarare l'assoluta incompatibilità tra due estremi. Lasciando perdere l'aleatorieità dei giudizi morali. Questa attenzione morale\comportamentale è uno dei motivi per cui credo che le tradizioni abramitiche siano le tradizioni più difficili da assimilare e il motivo principale per cui siano spesso confuse. I vari elenchi di peccati e i vari anatema, comandamenti e pratiche abusive .. Altre tradizioni sono maggiormente incentrate sulla coltivazione di un "io" neutro come sorgente spontanea di comportamenti altrettanto neutri. Le tradizioni abramitiche pongono invece l'accento sui comportamenti, sul loro controllo e la loro censura, predicano il fine come raggiungimento dei mezzi. E' una relazione di tipo paternalistico, e per la nostra cultura individualista il paternalismo non è uno strumento facilmente sopportabile. Il padre vieta al figlio determinati comportamenti, se il figlio è fortunato gli viene data una spiegazione sommaria a questo tipo di censura, nella maggior parte dei casi si limita ad ordinare la censura del comportamento e la punizione in caso di trasgressione. Ma solo i padri "migliori" si preoccupano di educare la complessità del figlio perchè il resto "verrà da se" (come dall'amore per Dio).. Il comportamento più intuitivo da parte di un padre (celeste ma tremendamente umano) è quello di bloccare immediatamente il comportamento scorretto per evitare le immediate conseguenze, il fatto che poi l'adepto sviluppi internamente la comprensione dell'atto censorio è visto come un mero "bonus". Prima non peccare, poi se hai tempo chiediti perchè, ma sarebbe meglio che non lo facessi perchè intanto sei solo un poveraccio. E' il riflesso di una tradizione fortemente ispirata a modelli sociali autoritari basati sulla censura, e di popolazioni che avevano ancora difficoltà serie con la sopravvivenza e che quindi hanno come priorità assoluta il controllo dei comportamenti e la cultura educativa rimane in mano a pochi nobili eletti perchè la maggior parte delle persone non vengono nemmeno considerate degne di ciò. Traslare questo tipo di tradizioni nella società moderna ha dei limiti intrensechi e insuperabili. Ovviamente questo tipo di ragionamento aiuta nel capire, ma parossisticamente è completamente ostacolato dal dogmatismo per cui l'indagine è completamente superflua perchè in fin dei conti non ne può cambiare la sostanza. Non di meno, il paternalismo è uno strumento indubitabilmente comodo per alcuni, permette di riportare il mondo ad uno stato infantile dove il bene e il male sono decisi da enti esterni e il fardello morale dell'esistenza viene lanciato giù da una rupe. E' indubbio che la "fede" , nel senso di adesione acritica ad uno schema morale, sia un idea allettante, salvo trasformarsi in una tortura per chiunque scelga l'indagine (vedi per esempio "Santa" Teresa di Calcutta). Una comodità che accontenta la maggior parte. Non a caso le tradizioni religiose abramitiche sono sempre andate estremamente d'accordo con la controparte secolare di questo paternalismo morale, le ideologie politiche autoritarie, per dirla male "i fascisti". E' un sodalizio antico, una sorta di dejavu morale. Il gretto ma intellligente Hitchens, ha sempre visto nel Dio abramitico, una sorta di Kim-Jon-un celeste e non ci sbagliava di molto.

Obiezione potente, cerco di "difendermi" con alcune argomentazioni, che spero possano essere chiare.

Allora il problema del panteismo è che pretende di dire "tutto è uno" quando in realtà vedi il molteplice. Così si prova a dare delle spiegazioni che riducano tutto all'unità e tuttavia questo approccio a mio giudizio fallisce perchè l'uno non può autocontraddirsi. L'Advaita Vedanta per esempio dice che si soffre perchè si è ignoranti di questa "verità" però d'altronde non spiega perchè appunto uno "nasce ignorante". Il panenteismo è meglio perchè in sostanza "seprarerebbe" tra di loro le "cose molteplici" di cui abbiamo esperienza e perciò spiega meglio le distinzioni: il Dio del panenteismo infatti è unico però la sorgente di tutte le cose "non coincide" con le cose stesse, motivo per cui col panenteismo non hai problemi di "mancate distinzioni" e di "neccessitarianismo". Infatti le creature ci sono e non sono realmente separate dal creatore però a differenza del panteismo queste creature possono essere tra di loro diverse ecc.

Sulla questione del bene e del male. Allo stesso modo "alto" e "basso" fanno tra di loro distinzione ma questo non significa che essi siano la stessa cosa e nemmeno che essi siano parimenti reali. Ti faccio un esempio: hai un edificio di 30 piani e sei metti al decimo piano. Chiaramente l'undicesimo piano è più "alto" del decimo e viceversa il nono è più "basso" del decimo. Tuttavia quando arrivi al piano terra non hai un "piano più basso" e quando arrivi al trentesimo non hai "un piano più alto". Perciò puoi stabilire in modo assoluto che il trentesimo è il "piano più elevato" e il piano terra "il piano più basso". Ora puoi andare avanti e costruire altri 50 piani. Arrivi all'ottantesimo che ora è il "piano più alto". Come puoi intuire "più basso di" e "più alto di" sono concetti che descrivono una proprietà dei vari piani in relazione tra di loro e tuttavia "basso" e "alto" sono indipendenti (come concetti) dal particolare piano. Il piano terra poi è SEMPRE il piano più basso. Con tutto questo discorso voglio dire che il solo fatto di vedere il bene e il male non implica che essi siano "illusori" solo perchè sono relativi tra di loro. E in ogni caso come nel caso del piano terra dell'edificio che è sempre più basso puoi sempre pensare che ci sia un "Sommum bonum" il quale è più "buono" di tutte le altre cose, il quale perciò diventa anche il "bene assoluto" (così come puoi avere un edificio con solo il "piano terra" - sto supponendo che non ci siano seminterrati ma anche se ci fossero non potresti andare oltre il centro della Terra che è il "punto più basso"). Dunque qui hai due cose che potenzialmente sono oggettive: la scala di "altezza" (e quindi di "bene"/di "valori") e l'eventuale "punto più basso". Quindi non puoi dirmi che Gandhi e Hitler siano la "stessa cosa" dal punto di vista morale se esiste tale gerarchia di valori. Inoltre in modo analogo non puoi nemmeno dire con certezza che così come non esista nulla che "sia il punto più basso", visto che lo è il centro della Terra. Nel panteismo il "Sommum bonum" è l'edificio ma l'edificio in sé non è né alto né basso mentre nel panenteismo il "sommum bonum" è la "sorgente di tutto" che è tipo il piano terra.

Sulla questione della moralità troppo stretta. Sì sono d'accordo con te che il rischio è quello. Tuttavia anche qui un Dio-Giudice potrebbe non perdonarti la tua indagine mentre un Dio-Padre potrebbe interpretare la tua indagine come un tentativo di crescita.

Citazione di: Angelo Cannata il 12 Dicembre 2016, 23:55:05 PM
Citazione di: Apeiron il 12 Dicembre 2016, 14:00:33 PMho fatto un thread in http://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/dubbi-sempre-piu-insistenti-(cristianesimo-in-particolar-modo-ma-non-solo)/. La difficoltà è l'inconciliabilità tra una mentalità razionale come la nostra (nel senso che "usiamo la ragione") con un'interpretazione infallibile e letterale di un qualsiasi testo sacro. Questo tema è ampiamente discusso in quel thread
Ho l'impressione che ancora non sia stato chiarito che in realtà la Chiesa Cattolica non pratica un'intepretazione letterale della Bibbia. Anzi, ha parole di pesante rimprovero contro i fondamentalisti, che pretendono di interpretare la Bibbia trascurandone il contesto storico e i generi letterari. Il problema dell'interpretazione letterale della Bibbia si pone dunque soltanto per chi ignora il modo in cui la Bibbia viene interpretata nella Chiesa Cattolica, oppure decide di rifiutarlo apertamente. Ciò che ho detto fu dichiarato a chiare lettere in un documento ufficiale del 1993 che, per chi avesse incertezze al riguardo, invito a leggere per intero, perché lo merita. Il documento è questo: PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA - L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa

Grazie della segnalazione. Ho iniziato a leggerlo e sembra interessante.
#1108
Citazione di: maral il 12 Dicembre 2016, 09:30:09 AMIn merito agli assiomi o alle assunzioni a priori vorrei precisare che anche se non possono essere messi razionalmente in discussione non per questo vanno lasciati inesplorati, anzi, proprio in quanto derivano da un modo di sentire collettivo di portata enorme, penso sia quanto mai opportuno interpretarne il significato emergente contestualizzandolo. Certamente questo non si potrà fare che alla luce delle assunzioni a priori che dettano le nostre attuali prospettive e per questo ci restano invisibili, tuttavia penso che proprio solo da questa analisi interpretativa, sempre incompleta e in qualche modo distorta, possa aprire qualche spiraglio di visione utile a comprendere ciò che siamo (e di conseguenza a mutare ciò che siamo). Per esemplificare il fatto che il credere i Dio (o nella necessità a priori di un ordine universale) non possa essere messa in discussione logica da chi non vi crede, non esime dal tentare di comprendere cosa significa l'emergere della fede in Dio (e in quale Dio) nel contesto socio culturale attuale, rispetto a quello che significava in passato, in un mondo pre tecnologico e in altri ambiti relazionali. Se non conosci Husserl ti consiglio vivamente la lettura de "La crisi delle scienze europee", è un testo fondamentale proprio all'introduzione del concetto di "Io trascendentale" al quale mi pare tu sia particolarmente legato. Il pensiero di Husserl (che fu maestro di Heidegger) si presenta spesso di notevole complessità, ma nella "Crisi" (rimasta incompiuta) è più facilmente approcciabile. Ricordo che quando lo lessi rimasi affascinato dal suo grande rigore e lucidità. Resta certamente un testo cardine per tutta la filosofia del '900.

Ti ringrazio del consiglio per Husserl. Comunque è interessante che l'idea dell'io trascendentale ritorna in tantissimi filosofi e ha analogie con alcuni testi induisti. Inoltre anche chi nega l'esistenza dell'io (secondo Wittgenstein, buddismo...) comunque conserva lo stesso concetto come "punto di partenza" che poi deve essere abbandonato. Secondo me è uno dei più grandi concetti mai pensati dall'uomo.

INIZIO O.T. :Sul fatto di credere in certi assiomi indimostrabili sono d'accordo con te che si debbano mettere in discussione però a mio giudizio in fin dei conti rimane sempre un elemento inscindibile di "fede". Detto questo sul fatto di credere in Dio con la mentalità odierna ho fatto un thread in http://www.riflessioni.it/logos/tematiche-spirituali/dubbi-sempre-piu-insistenti-(cristianesimo-in-particolar-modo-ma-non-solo)/. La difficoltà è l'inconciliabilità tra una mentalità razionale come la nostra (nel senso che "usiamo la ragione") con un'interpretazione infallibile e letterale di un qualsiasi testo sacro. Questo tema è ampiamente discusso in quel thread, se ti va un contributo è ben accetto. Detto questo evito di riaprire l'argomento però al massimo se uno crede in Dio può diciamo "raffinare" i suoi assiomi. Però resta sempre un atto di fede. FINE O.T.
#1109
Citazione di: green demetr il 11 Dicembre 2016, 21:26:42 PM
x inverno

anch'io credo che il soggetto sia la risultanza di questo continuo lavorio di affinamento e rimessa in dubbio.

x aperion

il mio modo di intendere filosofia non prevede la necessità di creare un sistema formale che preveda una formulazione di una verità.

è  molto più legato a quello che succede al soggetto nel suo contesto storico, e ovviamente se il soggetto sono io, mi interessa ancor di più.

per onestà intellettuale credo che fare a meno di un soggetto dubitante sia deleterio, delirante. da qui nasce un sostanziale scontro di visioni.

per me esiste sempre un soggetto, un parlante, un ente. (ti ripeto negarlo o far finta che sia indecidibile per me è pura follia)

a partire da una evidenza ossia dal mio corpo, ho già scritto comunque che il mio fondamento formale è quello della coppia Peirce-Hegel (pur essendo solo all'inizio della loro indagine, ho già notato un parallelismo forte).

Dunque la verità è ciò che si da come negazione necessaria a partire da un soggetto, che non è mai dato come apriori, ma che è un transeunte nella storia. Verità formale, una come tante, certo, avvallata però sulla grandezza del pensiero idealista tedesco. (Kant ed Hegel).
Ossia credo che il soggetto esista, e che sia storico. (pur nei suoi caratteri negativi a livello fenomenico)

L'implementazione di questo soggetto che si dà nella storia, questo è solo l'inizio della complessità filosofica che invece che soffermarsi su quegli autori, vira pesantemente nel mio caso, con il pensiero Heidegeriano e con i suoi detrattori Derrida e Marx. In questo movimento che riconosco come dialettico, ritrovo le basi per la questione del "discorso" come la intende la psicanalisi di Calciolari, o meglio di quello che riesco a capire io.
Il discorso sul discorso è la parte fondamentale del mio interesse, che trova esplicazione in campo italiano nella figura di CARLO SINI.

Il discorso si fa pratica, e la teoria diventa quella pratica che controlla le pratiche.

La realtà è perciò il discorso che "si fanno" le pratiche, e che per cui mi fa interessare anche di fisisca matematica biologia etc....etc.....

La realtà è ovviamente un paradigma che serve a costruire un discorso.

Essendo paradigma è infatti una pratica fra le pratiche. Il discorso della verità diventa perciò un controllo del paradigma che si sta usando per descrivere l'aderenza o meglio le aderenze, o meno, a cui il soggetto si trova a fare i conti, in carne ed ossa come direbbe Husserl.
Ossia l'inveramento del soggetto è una questione del suo farsi paradigma dentro ai discorsi che si affacciano come paradigma.
Salvo non essere questione formale, ma appunto in carne e ossa, in una sola parola storica. Del qui e ora.Vivente dice Husserl.

Questione che non capirà mai un fisico e in generale uno scienziato, che lascio volentieri ai loro giochetti mentalisti se la realtà sia duale o monista, che sia riduzionista o meno. Quel tipo di verità a me non interessa, se non appunto a livello formale.
Posso fare il gioco se sia uno o l'altro o l'altro ancora modello. Ma nessuna di quelle posizioni assume cosa succede DOPO che hanno inventato il loro soggetto e il loro oggetto. Non credo sia un caso, è invece la verità che non vogliono occuparsi della realtà e dei suoi infiniti discorsi.

In questo caso verità ha chiaramente una coloratura polemica. Se è quello che disturba, beh avete ragione: non siamo amici.

Se ti può interessare leggiti qualcosa del secondo Wittgenstein col quale sembri avere delle somiglianze (secondo il quale "per molti ma non per tutti i casi il significato di una parola è il suo uso in un "gioco" linguistico", cioè nella pragmatica). Per quanto riguarda il mio concetto di verità di per sé è "contestuale" nel senso che per capire se una cosa è da considerarsi vera bisogna avere chiaro il contesto e bisogna trovare un modo per dimostrarla. La presenza dell'io come assioma a mio giudizio è necessaria per fare ogni possibile discorso. Ma ahimé non è possibile dimostrare l'esistenza dell'io perchè è trascendentale ossia è a-priori di ogni discorso. Inoltre per ogni possibile proposizione è a-priori pure il contesto nella quale viene espressa. Perciò se ho capito quello che intendi, "traducendolo" nel mio "modo di filosofare" dici che la verità ha come base il soggetto e il contesto in cui esso è immerso e si rivela nella pratica. Non mi pare sinceramente così lontano da quello che sto dicendo io.

Citazione di: maral il 11 Dicembre 2016, 22:15:45 PMNon solo non è possibile fare alcuna attività filosofica senza un fondamento da cui partire, ma non è possibile pensare alcunché senza assumere un fondamento sulla base del quale iniziare a pensare (e qui concordo con te sulla necessità di chiarire agli altri e a se stessi su quali fondamenti di senso si basa il proprio pensiero) e sui fondamenti non si può discutere razionalmente, sono razionalmente incommensurabili l'uno all'altro, a meno che non si dimostri che al loro interno generano autocontraddizioni, in tal caso essi si dimostrano da se stessi nulli. Come ho detto l'io kantiano non è un io psichico, ossia l'io personale, ma l'io trascendentale, quell'io trascendentale che Husserl nella "Crisi delle scienze europee" mette alla base del suo progetto fenomenologico (quello che lui stesso, in punto di morte considerò solo "un piccolo inizio"). Concordo nel mettere Dio tra le assunzioni indimostrabili, ma questo non significa a mio avviso poter solo scegliere se credervi o non credervi (fatto salvo che questo credervi o non credervi è determinato da condizioni di contorno, da tutta quella storia universale che si manifesta in ogni soggetto determinando il suo modo specifico di sentire), si può anche, ragionevolmente, sospendere il giudizio in merito, anche se questo per lo più rende invisi sia a chi crede che a chi non crede.

Conosco gran poco Husserl quindi non mi esprimo su di lui. Sull'io di Kant volevo semplicemente ribadire il concetto che avevi espresso tu ma volevo dire più che altro che il suo "soggetto" è semplicemente il "fondamento" che da "dimostrabilità" alle proposizioni. Sul confronto degli assiomi: nessuno mi vieta di fare "congetture" per mostrare che tra due assiomi di partenza uno è "meglio" dell'altro tuttavia queste "congetture" rimangono tali e non possono diventare dimostrazioni. Ad esempio posso certamente affermare che come "congettura" quella che assume un universo "regolare" è migliore di quella secondo la quale il fatto che non cambiano da un momento all'altro le leggi della fisica è dovuto al solo caso tuttavia per quanto assurda questa seconda congettura sia non posso dimostrarne la falsità proprio perchè d'altronde non ho un vero metodo per farlo. Tuttavia posso dire che è assurda. Sulla questione di Dio idem possiamo parlare per tutta la vita ma non arriveremo mai ad una "dimostrazione logica". Al limite possiamo fare argomentazioni e congetture ma non dimostrazioni.
#1110
Citazione di: Phil il 10 Dicembre 2016, 20:16:13 PM
Citazione di: Apeiron il 09 Dicembre 2016, 16:02:32 PMAspetti negativi (anche qui senza volontà di essere completo): [...] Omologazione
Non so se sconfino in off topic (e in tal caso me ne scuso), ma credo che il falso mito dell'"omologazione moderna" sia uno dei demoni di cartone, uno degli stereotipi infondati che ormai aleggia ovunque senza essere adeguatamente messo in discussione. Se per modernità intendiamo la contemporaneità, direi che non è certo questa l'epoca in cui si va a scuola vestiti tutti uguali, in cui si recita in coro il credo della cultura dominante, in cui ci sono solo due o tre punti di vista fra cui scegliere, in cui il diverso è in quanto tale inferiore, in cui oltre i confini del proprio stato c'è solo un frivolo fascino esotico... se non erro, la nostra epoca è quella della contaminazione, della interculturalità, del laicismo, del villaggio globale, del "gaypride" e, soprattutto, del fai-da-te (politico, religioso, culturale, etc.). E il fai-da-te è l'antitesi dell'omologazione... Con ciò non voglio dire che la modernità sia meglio del suo passato (giudizio che sarebbe autoreferenziale e opinabile, come il considerare l'assenza di spirito religioso un difetto ;)), ma soltanto che "omologazione" non è una categoria che mi sembra descrivere adeguatamente le peculiarità della modernità rispetto al recente passato... indubbiamente ci sono gruppi di persone omologate, ma non credo questa sia una "innovazione" introdotta dallo "spirito della modernità" (gruppi di quel tipo ci sono sempre stati), anzi, la nostra è forse l'epoca più "eterologa, eterodossa ed eteronoma" della storia dell'uomo, proprio perchè il numero di gruppi, "tribù urbane", sub-culture, etc. che convivono spalla a spalla è decisamente più elevato che in passato... se ciò sia un bene o un male, è una questione di paradigmi interpretativi e proprio la modernità ci insegna che non è necessario usare quelli più omologanti :)

Il mio discorso non voleva essere un confronto di quest'età col passato. L'omologazione che vedo io è dovuta al fatto che mi sembra di notare che tantissime cose vengono ridotte alla cosiddetta "cultura popolare" ossia si è persa la convinzione che ci siano cose veramente importanti rispetto ad altre. Più che un'omologazione delle persone pertanto mi pare di vedere un'omologazione delle ideologie, dovuta in parte ad un (a mio giudizio) errato concetto di tolleranza: la tolleranza infatti è il rispetto della persona mentre le sue idee o il suo modo di vivere si possono criticare.

Anzi quasi quasi potrei eliminare quel termine visto che è parte della "popolarizzazione".