Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Sariputra

#1111
@ Apeiron scrive:
Diamine cos'è che rende interessanti Platone, Gesù, Buddha, Laozi, Spinoza ecc se non questa loro visione che trascendeva la propria persona.

Quello che manca oggi, Apeiron è la coerenza, solo la coerenza...
Perché ritengo, per es., oggi , dopo 2.500 anni circa, più interessante studiare Siddhartha Gautama che non Arthur Schopenhauer ? Perché il primo, dopo aver insegnato per cinquant'anni a tutti, senza distinzione tra re o senza casta,  ormai morente e in preda a terribili dolori ( e in questi giorni ne so qualcosa che vuol dire riuscire a controllare la mente quando sei in preda al dolore fisico intensissimo...) ancora rimprovera il fido Ananda che non vuole che un asceta itinerante lo disturbi, un asceta che voleva conoscere il suo insegnamento...mentre il secondo , grande filosofo perdinci, che predica l'ascetismo e la compassione non esita a scaraventare giù dalle scale una vecchietta che "gli dava fastidio" ...
Forse sono l'ultimo dei romantici...ma per me queste cose fanno la differenza...
#1112
Citazione di: green demetr il 21 Maggio 2017, 19:29:31 PMx sari potrei benissimo liquidare tutto con un "vergogna! " ma proviamo a dire qualcosa. Ho provato a rispondere, ma mi rendo conto che per controbattere alle illazioni di geniomaligno, servirebbe un libro a se stante. Francamente il 3d è di Garbino e non me la sento di rispondere alle tue sterili provocazioni. Non rimane per i lettori di questo forum che attendere che metta insieme le tematiche nicciane. E cominci a dare un senso documentato di quanto vado dicendo già da un pò. Starà poi alla onestà di chi medita sulle questioni, e non millanta posizioni altrui. Ovviamente il pezzo di geniomaligno è una accozzaglia volgare di luoghi comuni, e di malinterpetazioni, che testimoniano di una scorrettezza intellettuale che coincide con i deliri schizoido-paranoici dei loro autori. In sostanza prendere un aforisma senza metterlo nella dimensione di senso che l'autore gli imprime, non ha senso. Ma stiamo al giochino: partiamo pure dall'aforisma Anzitutto bisogna intendere le finalità di aldilà del bene e del male. Cosa che non posso sapere essendo ancora ad UTU. Trovo irritante proporre aforismi a caso, senza avere il senso generale della questione. Ma comunque sia, troviamo Ancora gli stessi elementi presenti in UTU. (mi riesce facile leggerli, come controvelina) A partire dalla fine, nessuno può uscire dalla metafisica: alias inutile mentire sul fatto che la vita è volontà gerarchizzante. L'attacco va visto nella solita (già presente in UTU) angolazione di attacco allo Stato. Ossia della Politica di Nietzche (scontro individuo - stato). Con i soliti errori noti di Nietzche (le sue menzogne per continuare a scrivere) che esista davvero questa elite individualistica. (discorso paranoico) (cosa che negli aforismi più lucidi e profondi rinnega con forza, traversata della paranoia). Sono i soliti aforismi "Butade" che servono a rendere la scrittura più polemica possibile. (e che lo resero celebre). Semplice e piano. I temi sono quelli soliti....ma geniomaligno non solo non li vede, ma crede a partire da quello di avere il diritto di delirare su una marea montante di autori "contra nice". Per quanto riguarda Sari se dice che è d'accordo con Primo Levi, allora non si capisce perchè abbia portato all'attenzione geniomaligno.(che non ha nemmeno diritto di replica così facendo) Primo levi sostiene di trovare indifferenza e non odio. Ma infatti in Nietzche non c'è nè odio nè indifferenza. Scambiare il polemos scritto con il messaggio positivo che c'è dietro di esso non ha senso alcuno. Altra cosa è il fatto che non piace lo stile. ma volenti o nolenti nice ha successo per quello. In questo caso per tutti, ma nello stesso tempo per nessuno, (chi si ferma al polemos e non medita sul lato positivo, nascosto, ma nemmeno più di tanto.)

Guarda che mi sembra opportuno, in una discussione, sentire anche le voci contrarie e polemiche e non solo gli "innamorati" del pensiero nicciano. Non avendo personalmente nessun trasporto personale verso quest'uomo di cui ho letto alcuni testi molti anni fa e che non mi sono piaciuti per nulla ( e l'ho già scritto, mi pare...), volevo semplicemente portare un contributo nella discussione portata avanti dall'amico Garbino e che poteva magari stimolare o approfondire alcuni punti che mi sembra siano stati solo sorvolati finora, ma che non puoi negare facciano parte della storia, nel bene e anche nel male, dell'interpretazione del pensiero del filosofo tedesco. A questi ho aggiunto uno spunto anche su Heiddeger.
Sembra quasi per te un fatto "personale", ma Nietzsche era solo un uomo, molto intelligente ma pure malato. Un uomo morto da molto tempo e con lui è morto il suo pensiero. Adesso esistono solo interpretazioni del suo pensiero e , che ti faccia soffrire o meno, sei comunque costretto ad accettare anche le argomentazioni o le interpretazioni avverse. Altrimenti, veramente, si rischia davvero, a parer mio, di farne una figura 'religiosa', di culto,  di cui ci si fa un'immagine e poi la si difende ad oltranza contro tutto e tutti, per non rischiare di mettere in discussione l'immagine fatta.
Il "lato positivo" che tu vedi. nel mio caso non è in grado di farmi "digerire" le pesanti, pesantissime affermazioni che io trovo profondamente odiose. Non riesce a compensarle, in soldoni.
Sarà anche un problema delle diverse storie, vissuti e sensibilità che tutti noi abbiamo...
Ciao e buon proseguimento  :)
P.S. Di solito uso poco il copia/incolla, l'ho fatto perché non sto bene per scrivere molto e quindi mi è "servito" per presentare alcuni punti, che in larga parte condivido, con "fatica ridotta". Ho fatto economia di forze, in pratica... ;D
#1113
Citazione[font=Georgia, 'Minion Web', Palatino, 'Book Antiqua', Utopia, 'Times New Roman', serif]Un giorno, nel dicembre 1944, bussarono alla nostra porta quando era già buio. Fuori c'erano Heidegger, la nuora e la sua assistente. Erano in fuga da Friburgo, bombardata e minacciata dall'ingresso degli alleati, verso Meßkirch. Non c'erano mezzi di trasporto. Ci chiesero di poter alloggiare da noi quella notte. Trascorremmo una serata tranquilla e distesa. Per desiderio di Heidegger, mia moglie eseguì la sonata postuma in si bemolle-maggiore di Schubert. Quando la musica finì, egli mi guardò e disse: «Questo noi non possiamo farlo con la filosofia».[/font]
[font=Georgia, 'Minion Web', Palatino, 'Book Antiqua', Utopia, 'Times New Roman', serif]In quella notte angosciosa solcata da oscuri ed infausti presagi ed in cui le traiettorie luminose dei bombardieri squarciavano il cielo come «fulmini dell'apocalisse», Heidegger mestamente esprime, nell'ultimo svanire delle note della sonata postuma di Schubert, il senso di un fallimento ormai sentito con lucida ed inequivocabile consapevolezza: il suo fallimento, il fallimento del pensatore che aveva creduto, prima, di poter assumere la guida spirituale di un movimento politico rivoluzionario suscitando, sulla scorta dei versi di Hölderlin, il risveglio del popolo tedesco, poi, di poter circoscrivere, con la sola potenza del pensiero, la violenza e l'aberrante deriva del nazionalsocialismo nell'ambito metafisico della scatenata volontà di potenza -- sono questi gli anni del tormentato confronto con il pensiero di Nietzsche -- e dell'intera tradizione filosofica occidentale. Insieme al fallimento del pensatore risuona, poi, in quelle sibilline parole di Heidegger, anche il fallimento dell'uomo e del credente: il congedo dal «sistema del cattolicesimo» che egli aveva annunciato per la prima volta all'amico sacerdote Krebs nel 1919, lungi dall'essere solamente una pregiudiziale ateistica necessaria per ogni retto filosofare, è, ormai, divenuto una 'decisione' irrevocabile.[/font]
[font=Georgia, 'Minion Web', Palatino, 'Book Antiqua', Utopia, 'Times New Roman', serif]Ma un altro ben più grave fallimento si annuncia negli ultimi concitati accordi della sonata schubertiana: il 'fallimento' del pensiero stesso. [/font]
(Sandro Gorgone, Heidegger e il Kairos)


Scusate i copia/incolla ma in questi giorni sto piuttosto male e così mi aiuto con le citazioni, che sono meno faticose che elaborare uno scritto mio. Spero siano interessanti...  :(
Questo intervento è in riferimento a questo passo di Maral:
Heidegger se ne accorse, nonostante si fosse iscritto al partito nazista. Ma questo non toglie che leggerlo secondo certi termini è possibile, fu di fatto possibile. E ognuno prende da Nietzsche quello che vuole, il suo modo lo autorizza, autorizza la volontà di potenza su lui stesso.
#1114
Riporto, senza alcun commento personale, qualche stralcio di un interessante articolo a firma "Geniomaligno" e pubblicato, per coloro che sono interessati alla lettura, su Filosofiprecari.it dal titolo: "Il Nietzsche razzista, classista, illiberale, antimoderno, reazionario..." Mi sembra che cerchi di portare una visione del filosofo diversa da quella degli amici Garbino e Grenn Demetr, ma che è stata motivo di discussione anche tra di loro.

«Lo "sfruttamento" non compete a una società guasta oppure imperfetta e primitiva: esso concerne l'essenza del vivente, in quanto funzione organica, è una conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita. – Ammesso che questa, come teoria, sia una novità – come realtà è il fatto originario di tutta la storia: si sia fino a questo punto sinceri con se stessi»  (Al di là del bene e del male).
Spesso si dice che il "genio" esca fuori dalla storia, sia in grado di trascenderla per andar oltre i suoi schemi culturali. La "revisione" nietzschiana degli anni Sessanta ha contribuito a far tornare questo mito romantico dalla stessa finestra del nichilismo ermeneutico, da cui sembrava svanito. Ma  niente di tutto questo è possibile. Friedrich Nietzsche, che pure è stato il più grande innovatore filosofico del suo tempo, risulta anch'egli un prodotto socio-culturale. Il filosofo che ha distrutto ogni dogma viveva di dogmi.
Anche il filosofo che ha combattuto la storia lineare e progressiva cristiana e  illuministica viveva nella storia. L'ermeneutica contemporanea, che pure ha contribuito a fondare, ci assicura del fatto che il "prodotto" (Nietzsche) ha contribuito a creare cultura, e storia. Ma  questo non toglie che di un prodotto si parli. E non è possibile capire e interpretare Nietzsche senza il darwinismo sociale, il positivismo più becero, la Germania ed il pangermanismo di Bismarck, senza la filosofia tedesca (e la sua peculiare ma sfaccettata riscoperta della grecità come rifugio contro la modernità), l'imperialismo europeo, l'avversione al socialismo, al liberalismo e ai contenuti più egalitari dell'illuminismo.
Nietzsche, in sintesi, è il più radicale antimoderno dell'Ottocento, e al contempo il meno dogmatico, fascinoso e imprevedibile degli antimoderni.
"Se anche la lode del terrore e dello sfruttamento – uguale in questi frammenti 1883-1888 ordinati dalla sorella e dal discepolo e copista Peter Gast così come in opere che Nietzsche pubblicò nel pieno dei suoi spiriti – sembra precorrere Auschwitz, non è un buon motivo per accusare la sorella-parafulmine, e per dire che Nietzsche non avrebbe mai voluto o pensato La volontà di potenza. Soprattutto, quest'opera ha offerto materia di riflessione ai maggiori filosofi di questo secolo; il Nietzsche di Heidegger, giusto per tenersi alle evidenze maggiori, sarebbe inconcepibile senza questa compilazione". E altrove ha aggiunto: "Nietzsche ha scritto cose tremende. Possiamo dirlo, senza con questo sposare il partito di Bäumler, né quello di Lukács (che restano differenti, e nella scelta, che fortunatamente non si porrà mai, sarei per Lukács); dobbiamo dirlo, per non cadere nell'equivoco di ammansire Nietzsche sino a renderlo irriconoscibile [...] Ovvio che non ha mai fabbricato un Lager; ma proprio per questo, non c'è affatto bisogno di negare che il male che compare con tanta violenza in tante sue pagine è il frutto di una falsificazione dell'eredità o di un equivoco ermeneutico".
Pur senza arrivare all'interpretazione che di Nietzsche danno György Lucaks e Ernst Nolte, che di lui fanno il profeta del Terzo Reich, è innegabile il fatto che il suo pensiero rappresenti l'avanguardia intellettuale della borghesia reazionaria tedesca che, citando Lucaks, pur cercando di leggere e decostruire il secolo, "non ebbe ancora esperienza del periodo imperialistico in se stesso". I tentativi di interpretare diversamente l'aforisma della "magnifica bestia bionda che vaga bramosa di preda e di vittoria" rivelano solo la delusione degli interpreti che si aspettano ancora da Nietzsche un "genio puro" e "metastorico". La "denazificazione" degli interpreti degli anni Sessanta di Nietzsche (Gilles Deleuze compreso) nasconde una loro cocente delusione.
Lo stile di vita elitario auspicato dal filosofo è inequivocabile: "Trattenerci reciprocamente dall'offesa, dalla violenza, dallo sfruttamento, stabilire un'eguaglianza tra la propria volontà e quella dell'altro: tutto questo può, in un certo qual senso grossolano, divenire una buona costumanza tra individui, ove ne siano date le condizioni (vale a dire la loro effettiva somiglianza in quantità di forza e in misure di valore, nonché la loro mutua interdipendenza all'interno di un unico corpo). Ma appena questo principio volesse guadagnare ulteriormente terreno, addirittura, se possibile, come principio basilare della società, si mostrerebbe immediatamente per quello che è: una volontà di negazione della vita, un principio di dissoluzione e di decadenza. Su questo punto occorre rivolgere radicalmente il pensiero al fondamento e guardarsi da ogni debolezza sentimentale: la vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, un incorporare o per lo meno, nel più temperato dei casi, uno sfruttare – ma a che scopo si dovrebbe sempre usare proprio queste parole, sulle quali da tempo immemorabile si è impressa un'intenzione denigratoria?".
Primo Levi chiarisce:
Rimane indelebile e coerente (alla luce dei fatti), nonchè piuttosto efficace e riassuntivo, il giudizio che di Nietzsche dava Primo Levi: "Il verbo di Nietzsche mi ripugna profondamente; stento a trovarvi un'affermazione che non coincida con il contrario di quanto mi piace pensare; mi infastidisce il suo tono oracolare; ma mi pare che non vi compaia mai il desiderio della sofferenza altrui. L'indifferenza sì, quasi in ogni pagina, ma mai la Schadenfreude, la gioia per il danno del prossimo, né tanto meno la gioia del far deliberatamente soffrire. Il dolore del volgo, degli Ungestalten, degli informi, dei non-nati-nobili, è un prezzo da pagare per l'avvento del regno degli eletti; è un male minore, comunque sempre un male; non è desiderabile in sé. Ben diversi erano il verbo e la prassi hitleriani".
Il cristianesimo rivela di essere affetto da ripugnante «odio contro la terra e il terrestre» anche per il fatto che vorrebbe «spezzare ogni forma di autodominio, di virilità, di spirito di conquista, di bramosia di potere» e pretenderebbe «di conservare e di mantenere in vita», anzi persino di celebrare, «questa eccedenza di casi mal riusciti», questo «residuo di tarati, di malati, di degenerati, di essere difettosi, di necessari sofferenti» che l'umanità, come «ogni altra specie animale» e anzi più di qualsiasi altra, necessariamente produce
Come il primo, anche l'ultimo Nietzsche sembra fare appello alla morale: «L'autentica filantropia esige il sacrificio a vantaggio della specie», mentre il rifiuto di tale sacrificio rappresenta l'«estrema immoralità»
«la selezione della specie, la sua purificazione del cascame» è «la virtù per eccellenza»; «si devono amputare le membra malate – ecco la prima morale della società»; «la società è un corpo nell'ambito del quale a nessun membro è lecito essere ammalato»
Col cristianesimo «il singolo è diventato così importante che non è più possibile sacrificarlo: dinanzi a Dio tutte le "anime" sono uguali. Ma ciò significa mettere in questione, nel modo più pericoloso, la vita della specie». Una tale religione «ha indebolito la forza di sacrificare uomini», esigendo che siano risparmiati «tutti i sofferenti, i diseredati, i malati» e bloccando con ciò la necessaria «selezione»
Negli ultimi anni di vita cosciente del filosofo, centrale diviene il tema della resa radicale dei conti con coloro che mettono in pericolo l'esistenza ordinata della civiltà e la vita stessa. Si deve alfine procedere all'«annientamento di milioni di malriusciti»
«qui non ci possono essere patti: qui bisogna distruggere, annientare, far guerra». E ancora: «I deboli e i malriusciti devono perire [...] E a tale scopo si deve essere loro anche d'aiuto»[font='Segoe UI', 'Helvetica Neue', 'Liberation Sans', 'Nimbus Sans L', Arial, sans-serif]; il necessario e benefico «[font='Segoe UI', 'Helvetica Neue', 'Liberation Sans', 'Nimbus Sans L', Arial, sans-serif]attentato a due millenni di contronatura e deturpamento dell'uomo[/font][font='Segoe UI', 'Helvetica Neue', 'Liberation Sans', 'Nimbus Sans L', Arial, sans-serif]» comporta «[/font][font='Segoe UI', 'Helvetica Neue', 'Liberation Sans', 'Nimbus Sans L', Arial, sans-serif]l'inesorabile annientamento di ogni elemento degenere e parassitario[/font][/font][/size][/color]
Sinistre suonano tali dichiarazioni, ma è bene collocarle nel loro contesto storico..
Sono gli anni in cui un cugino di Darwin, Francis Galton, (noto a Nietzsche e da lui citato con favore)[font='Segoe UI', 'Helvetica Neue', 'Liberation Sans', 'Nimbus Sans L', Arial, sans-serif]lancia l'eugenetica che subito riscuote grande successo, in particolare negli Usa, il paese che in questo momento si distingue nella realizzazione pratica delle misure di questa nuova «scienza». Sotto la spinta di un movimento sviluppatosi già alla fine dell'Ottocento,[/font][/size][/color]
Anche in tal caso è bene precisare il quadro storico. Alcuni anni prima che il filosofo tedesco scriva il testo qui citato, un teorico del social-darwinismo come Ludwig Gumplowicz riferisce il fatto, ritenuto ovvio e pacifico, per cui, in determinate condizioni, «gli uomini della giungla e gli Ottentotti» vengono considerati e trattati «in quanto "esseri"(Geschöpfe) che è lecito sterminare come la cacciagione del bosco»; a comportarsi in tal modo sono persino «i Boeri cristiani»
.D 'altro canto, alla pratica dell'espansione e del dominio coloniale del tempo rinvia lo stesso Nietzsche allorché giustifica (o celebra) la «"barbarie" dei mezzi» dai conquistatori impiegata «in Congo o dove che sia»: la necessità di mantenere «la signoria sui barbari» esige la liquidazione della consueta «sdolcinatezza europea».L 'atmosfera culturale e politica della fine dell'ottocento è carica dell'idea o della tentazione del ricorso a misure «eugenetiche» che, nel caso delle popolazioni coloniali, confinano pericolosamente col genocidio.

Se siete riusciti a leggere nonostante i "/Justify" disseminati dal copi/incolla concludo dicendo che...la penso come Primo Levi... ;D Soprattutto, dal punto di vista letterario. trovo insopportabile il tono oracolare... e adesso, come ogni mal-riuscito, torno a farmi un pò di artrosilene 160mg/2ml...buona domenica  :)
#1115
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
21 Maggio 2017, 00:00:04 AM
Lavorare con la benevolenza (metta) è veramente utile.Però non è la soluzione magica per risolvere il probelma del dolore. Se pensiamo di praticare la benevolenza come una formula magica per migliorarci e giungere a chissà quali 'mete'...ecco di nuovo l'io che parla. L'io sta nuovamente affermando se stesso per impadronirsi dei nostri tentativi di apertura e di amicizia. Se c'è questo intervento, coinvolgimento dell'ego, le cose non possono funzionare veramente bene. Perché per essere pienamente aperti bisogna arrendersi completamente. La vera benevolenza esiste solo quando ci poniamo al di fuori dei confini del nostro io, abbandoniamo le identità del nostro io, le definizioni del nostro io.Nella pratica questo succede poco a poco. Più sviluppiamo la benevolenza e più allentiamo il controllo del nostro io, passo dopo passo.
C'è una storiella interessante , in uno dei libri post-canonici, che ci illustra con un esempio :
quattro persone se ne stanno sedute su una panchina. Noi, il nostro miglior amico, una persona che ci è indifferente e il nostro peggior nemico. Arrivano degli assassini e dicono che devono sacrificare uno di noi. E, proprio noi, dobbiamo scegliere una di queste quattro persone perché venga uccisa. Bene, chi sceglieremmo? Questo è un grande dilemma morale, giusto? Posso scegliere me stesso e dire, "Be', io sono così altruista e santo. Prendete me!" O potrei dire, "Bene, prendete il mio peggiore nemico. Non vale niente comunque. Ripulite la terra da quest'individuo" E la persona indifferente? Non è nessuno di speciale. O potrei essere veramente generoso, "Be', io non posso proprio andare, sto prendendo una decisione importante, quindi prendete il mio migliore amico, è come se prendeste me."
Qui, con le risposte che danno le persone, si potrebbe fare un test di personalità. Chi sceglieremmo? 
La risposta deve arrivare dal cuore, è impensabile infatti.In questa storiella, la risposta impensabile, se veramente si pratica la benevolenza amorevole ad un livello molto alto, è che non puoi scegliere nessuno dei quattro. L'amorevolezza è sviluppata così ampiamente che non si fa più alcuna discriminazione tra le quattro persone, si è completamente aperti e amichevoli verso tutti loro, in egual misura – e persino anche verso gli assassini!
#1116
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
19 Maggio 2017, 11:27:43 AM
@Apeiron scrive:
Ho capito ciò che intendi e sono d'accordo. In questo senso si potrebbe vedere la differenza sostanziale tra cristianesimo e buddismo. In occidente si deve credere a scapito dell'evidenza (a parte certi visionari) mentre nel buddismo il fatto che "il rito è un mezzo" ci fa capire che si "dovrebbe" credere. Questa differenza ahimé è enorme.


Questa differenza appare nella sua evidenza se prendiamo in esame due affermazioni importanti fatte dal Buddha e da Cristo:

Come l'oro viene fuso, tagliato e lucidato,
Così i monaci e i discepoli devono accettare la mia parola
Dopo averla attentamente analizzata
E non solo in segno di rispetto nei miei confronti.

Di diverso segno il brano di Giovanni:

"Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto" (Gv 20,29)

La fede nel Buddha nasce dopo aver "attentamente analizzato" l'Insegnamento, messo in pratica, ed eventualmente goduto dei frutti della pratica stessa. La fede nell'Insegnamento cresce man mano che si sviluppa la comprensione dello stesso. Come un malato aumenta la sua fiducia nel medico man mano che vede migliorare la sua malattia ( o malattia interiore...).
IL Cristianesimo, mettendo al centro la fede ( anche senza "aver visto"...) presuppone un'apertura ad un trascendente che ci visita per sua Natura ( Grazia) e ci trasforma, vivificando la nostra esistenza.
Uno appare come un atteggiamento 'attivo' ( l'Insegnamento non può curare nessuno se questi non si applica , non prende la 'buona medicina'...). L'altro invece come atteggiamento 'passivo'; un lasciarsi 'visitare', un mettersi da parte per far posto alla Presenza. In tutti e due i casi però ci vuole uno sforzo della volontà, la volontà di liberarsi dal "servo diventato padrone" ( l'Ego). E' quando il servo prende il comando del nostro agire, della nostra vita, che sorgono i problemi. Quando l'ego si afferma a scapito del padrone ( la pura consapevolezza) riversa sopra questo limpido specchio una polvere fittissima, fatta di attaccamenti, desideri, paure, volontà di sopraffazione, di potere, ecc. Quando invece il padrone 'controlla' il servo, cioè quando la consapevolezza guida e osserva le manifestazioni, le proprietà, la razionalità dell'agire...il servo è il servo e il padrone è il padrone.
#1117
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
18 Maggio 2017, 10:49:06 AM
Citazione di: Apeiron il 18 Maggio 2017, 09:38:12 AM@Sariputra concordo con quanto hai scritto. Il mio punto però è un altro: anche l'Ottuplice Sentiero puoi considerarlo un "rito", visto che devi seguire delle "regole". Non per forza un rito deve essere "devozionale" e non per forza viceversa un rito devozionale deve essere il fine dell'uomo. Anche un rito devozionale può essere un aiuto. Il problema è quando le pratiche religiose diventano il fine. Quello che manca in occidente, e in generale nelle tre religioni abramitiche è proprio questo, ossia la presa di coscienza seria che il rito è un mezzo e non un fine. Nel buddismo, nel gianismo, nel taoismo e tradizioni simili il rito è visto come un mezzo e l'attaccamento allo stesso è visto come una vera e propria degenerazione. La cosa interessante semmai è vedere se si può considerare "religione" una tradizione in cui il rito non è al primo posto. O addirittura: se si può considerare "religione" una tradizione in cui non c'è l'aspetto devozionale. Ad esempio se faccio come mia (anche nella pratica) la filosofia di Schopenhauer e considero il filosofo di Danzica come mio "guru" non credo che ciò si possa considerare "religione" :)

L'aspetto rituale e devozionale è parte integrante dell'esperienza religiosa, perché la sottrae alla dimensione 'privata' e ne fa un'esperienza collettiva. Seguire , in modo personale, questo o quel filosofo, e condividerne la visione, ovviamente non si può considerare 'religione' ( anche se, per alcuni, l'ammirazione per un pensatore può sfociare in una specie di "culto" personale, che a volte impedisce di coglierne le contraddizioni, come spesso non scorgiamo i difetti della persona molto amata che ci sta di fianco...finché non notiamo che esce con il nostro miglior amico  ;D ).
I riti sono strettamente connessi con la sfera del "sacro", servono a rendere tangibile l'esperienza religiosa ( e questa tangibilità può essere utile come mezzo) e la liberano da un eccesso di individualismo privato ( che spesso è territorio della mistica...). Il Nobile Sentiero è un insieme di norme etiche e pratiche da seguire per ottenere la Liberazione e si rivolge all'individuo, che lo attua. Ma non ha il carattere rituale di momento collettivo. Altra cosa è la celebrazione di festività varie, come il Vesak, o la recitazione comunitaria di brani dei sutra, che diventano, questi sì, momenti rituali specifici.
La visione buddhista del significato del rito, come giustamente scrivi, è quella di mezzo, quasi un momento di meditazione collettiva che ha lo scopo di rinsaldare il sentimento di benevolenza verso chi ci sta attorno. Ovviamente il significato è molto diverso, per esempio, dalla messa cristiana in cui la comunità dei fedeli partecipa di un momento di comunione con Dio, attraverso la celebrazione dell'Eucarestia, in cui il Cristo, secondo questa fede, si fa veramente presente, sotto le specie del pane e del vino. Il rito buddhista è simbolico e non è il centro della pratica religiosa. Quello cristiano è realmente il centro, attorno a cui ruota l'intera comunità ed è il compimento, a mio parere, dell'intera esperienza cristiana che, privata di questo, sfuma in una specie di filantropia.
#1118
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2017, 00:55:12 AM
Citazione di: Sariputra il 17 Maggio 2017, 00:19:06 AME comunque mi sono solamente sentito di difendere un ragazzo che si è presentato dicendo che 'sta imparando' e che si è meritato un giudizio che ho trovato inutilmente sprezzante...
Il mio commento non era sprezzante, per imparare una persona deve confrontarsi con il meglio, non con il peggio. E' meglio essere sinceri e condividere le proprie serie impressioni che avere un atteggiamento ipocrita e spendersi in complimenti senza motivo.

Ma non sappiamo se Patrick non faccia questo lavoro di confronto con il meglio ( che poi anche la valutazione del 'meglio' mi appare alquanto soggettiva...). In più non sappiamo nemmeno se a lui interessa diventare un 'artista' nel senso che lo intendi tu.  Può magari ritenersi soddisfatto nel diventare un ottimo paesaggista, senza la pretesa di inserire il suo nome nei libri d'arte. Questo dovrebbe dircelo lui...
Lui solo conosce i suoi obiettivi. Ricordo che Ligabue veniva deriso per le sue opere, quand'era in vita. Adesso valgono dei bei quattrini, mi sembra...vedremo dunque che succede!! ( ma di solito, se sei fuori dal 'giro', bisogna aspettare di essere leggermente defunto...cosa che ovviamente non auguro al giovane Patrick. Meglio la vita che l'arte ;D).
#1119
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2017, 00:46:23 AM
Citazione di: Sariputra il 17 Maggio 2017, 00:19:06 AMNon sembravano molto delle sciocchezze , a mio padre, scultore ormai novantennee che ha esposto ancora l'anno scorso in estate, quando , cercando commissioni in qualche fondazione, o in qualche banca, gli veniva fatto chiaramente capire ("io vorrei, ma sa...ho pressioni dall'alto per...) che non era affatto una questione di talento, ma solamente di raccomandazione, politica , lobbystica, ecc. Conosco quel mondo dall'interno, così bene purtroppo, che ormai son più di dieci anni che non vado nemmeno a visitare una mostra "importante", talmente mi ha disgustato...
Anche mio padre era un artista lontano dal mondo che conta, morto sconosciuto e dimenticato. Bene, oggi a 3 anni dalla sua scomparsa ci sono state numerose relazioni su di lui in convegni e conferenze internazionali (Cesmar Politecnico di Milano, Gruppo Colore Politecnico di Torino, Stato dell'Arte Accademia di Belle Arti de l'Aquila, Risonanze Luminose Accademia di Brera, CaRE! Conservation and REstoration Conference Varsavia) . Una evento a lui dedicato è attualmente presente in Regione Lombardia e un evento in accademia di Brera ha la scorsa settimana aperto un velo su di lui, con due interventi di docenti universitari che riguardavano il suo lavoro. Conosco quindi anch'io lo stesso mondo e ne conosco le perversioni, nondimeno le operazioni chi io porto avanti di divulgazione della sua opera interessano gli ambienti accademici. Questo perché ho delle idee abbastanza chiare su cosa sia Arte e cosa non lo sia.

Purtroppo , come è successo per tantissimi altri artisti, anche di enorme talento, tardi, troppo tardi sono arrivati questi riconoscimenti. Mio padre riceve in questi mesi visite di personaggi che, per tutta la sua vita, lo hanno snobbato, nemmeno concedendo l'uso di una sala comunale per dire ( quindi pubblica) che era sempre riservata ai soliti nomi. L'artista vero non opera per ottenere riconoscimento ma spesso, essendo anche loro poveri esseri umani, magari un lembo di considerazione l'avrebbero meritata e gustata.  E' meritevole l'opera che stai facendo per far conoscere il lavoro di tuo padre, ma sarebbe stata un'altra cosa ( per lui) se questi riconoscimenti fossero arrivati anche prima.
#1120
Citazione di: HollyFabius il 16 Maggio 2017, 22:53:30 PM
Citazione di: Sariputra il 16 Maggio 2017, 18:51:24 PMMa tu, Hollyfabuis, stai parlando del "riconoscimento" da parte della casta dei critici d'arte, che dispensa a suo insindacabile giudizio la 'patente' di artista. Gente che non sa nemmeno tenere in mano un pennello e per questo si è votata alla critica. Io sto parlando del soggetto che opera con creatività personale e al quale servono poche cose per esprimerla e che non mi sembra si sia definito pomposamente "un artista". Tutt'altro, si è proposto con grande umiltà. Il confine tra arte e artigianato è così labile e indefinibile che verrebbe giusto da chiedersi perchè esiste questa separazione netta ( ah, già...sempre per insindacabile giudizio della casta dei critici, ovviamente...). ;D Lo sappiamo bene che artisti lo si diventa solo per lecchinaggio alla critica o al movimento politico/ sociale di turno...
Tante sciocchezze non meritano neppure un commento.

Ho solo espresso il sentimento che si prova, dopo aver conosciuto dall'interno quell'ambiente, attraverso l'attività di mio padre scultore ora novantenne che, per tutta la vita, si è trovato davanti porte sbarrate perché non legato a nessun partito, a nessuna fondazione, ecc. Ambiente così falso che , ormai da un decennio, non vado più nemmeno a visitare le mostre 'importanti', talmente ne sono rimasto disgustato. Penso che, se anche lei lo vive dall'interno, non può negare questo stato delle cose...così ho una sorta di 'dente avvelenato' verso le categorie che lo compongono ( galleristi, critici, ecc.).
E comunque mi sono solamente sentito di difendere un ragazzo che si è presentato dicendo che 'sta imparando' e che si è meritato un giudizio che ho trovato inutilmente sprezzante...
#1121
Citazione di: HollyFabius il 16 Maggio 2017, 18:39:41 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:38:35 PMConcordo con Sariputra, se ho capito cosa intende ;) L'Arte per me è una disposizione dell'animo (o "anima" o "spirito" come volete chiamarlo). Per questo motivo tutto ciò che può suscitare il senso del bello o del sublime è "Arte". Cercare di definirla mi sembra voler limitare anche la propria libertà di sperimentare e apprezzare il bello e il sublime. Se decido "a priori" ad esempio che l'Impressionismo non è arte non apprezzerò nulla delle corrente artistica. Magari se non decido "a priori" cosa è Arte, finisco per apprezzare meglio le cose. Decidere cosa è arte mi pare una volontà di "dominio" dell'io, che si ritorce alla lunga contro l'io stesso.
Questo mi pare un discorso interessante. Però occorre anche sapere che l'estetica (il senso del bello) non è necessariamente il confine dell'Arte e quindi la tua "disposizione" in realtà lascia fuori dall'Arte molta parte dell'Arte Contemporanea, ovvero tutta quella che ha voluto (o tentato) di allontanarsi dalla pura estetica. La definizione di Arte cambia nel tempo, cambia nei luoghi, cambia, per ironia della sorte, per definizione. Esistono però dei semplici criteri per orientarsi nel giudizio (non per includere o escludere qualcosa). Se io mi metto a fare dei tagli su una tela non divento un mito dell'Arte Contemporanea al pari di Fontana, se mi metto a bruciare delle tele non divento importante come un Burri. Se realizzo qualcosa di già esistente, di già pensato e sviluppato da altri non entro a far parte dell'Arte che ha senso ricordare. Mi pare semplice e lontano da qualsiasi pregiudizio, se ha senso avere una 'Storia' dell'Arte questa si fonda sulla originalità, sulla riconoscibilità, sulla iconicità degli autori che questa storia costruiscono. Il resto va dimenticato. Mi manca ora il tempo di approfondire ma forse alcune cose si chiariscono con qualche semplice riflessione su questi spunti.

Ma tu, Hollyfabuis, stai parlando del "riconoscimento" da parte della casta dei critici d'arte, che dispensa a suo insindacabile giudizio la 'patente' di artista. Gente che non sa nemmeno tenere in mano un pennello e per questo si è votata alla critica.
Io sto parlando del soggetto che opera con creatività personale e al quale servono poche cose per esprimerla e che non mi sembra si sia definito pomposamente "un artista". Tutt'altro, si è proposto con grande umiltà. Il confine tra arte e artigianato è così labile e indefinibile che verrebbe giusto da chiedersi perchè esiste questa separazione netta ( ah, già...sempre per insindacabile giudizio della casta dei critici, ovviamente...). ;D  Lo sappiamo bene che artisti lo si diventa solo per lecchinaggio alla critica o al movimento politico/  sociale di turno...
#1122
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
16 Maggio 2017, 15:23:01 PM
Un certo livello di ritualità è inevitabile in qualunque forma religiosa organizzata, soprattutto quando si allarga a strati sempre più ampi di popolazione  e quindi ad esigenze profondamente diverse nei soggetti in cui si manifesta l'interesse e la fede verso quella particolare forma di spiritualità. Alcuni temperamenti sono portati alla devozione e quindi si sentono attratti dalle forme rituali di offerta simbolica e di donazione, come segni di gratitudine. Il problema sorge quando si scambia il rito con il fine, e diventa esso stesso la finalità dell'atteggiamento religioso. Se vado in processione attorno alla statua del Buddha pensando così di 'ingraziarmi' la benevolenza dello stesso nei miei riguardi, e che questo comporterà una mia 'elevazione' spirituale, sono completamente fuori strada. Se invece 'costringo' il mio ego ad inginocchiarsi davanti alla statua, non significa affatto che considero la statua dotata di qualche  particolare 'energia' spirituale o trascendente, ma eseguo una pratica di liberazione dall'attaccamento alla servitù dell'ego: ossia lavoro per indebolire questo attaccamento. La statua diventa un aiuto, uno strumento, un'immagine  che mi costringe ad assumere un atteggiamento del corpo che influenza la mente stessa. La quale , di solito, si ribella e comincia a formulare una marea di obiezioni. Diventa quindi molto interessante osservare con consapevolezza questo obiettare della mente, questo suo voler "andarsene" da qualche altra parte, in territori a lei più soddisfacenti. Costringerla a restare là, ferma e insoddisfatta, agitata e recalcitrante, con l'attenzione della stessa che vaga verso la percezione del dolore alle ginocchia, del freddo del pavimento, del bisogno di muoversi, dell'osservazione di chi "molla per primo", così da potersi rialzare senza sembrare negligenti, è pratica , esattamente come stare seduti nella posizione del loto consapevoli del respiro. Non c'è alcuna differenza. Si sta semplicemente lavorando ad osservare la mente con la mente...si sposta l'attenzione cosciente dall'esterno all'interno. Come quando si osserva, per esempio, un magnifico cavallo libero al galoppo e si colgono tutti i particolari, come la criniera al vento, il colore del manto, il paesaggio, ecc. Così si osserva il rimuginare e il protestare della mente in certe situazioni rituali in cui non prova alcuna soddisfazione. Si comprende pian piano come noi non la controlliamo, ma viviamo di reazione al bisogno di soddisfarsi della mente.
Il rito, così correttamente inteso e praticato, e naturalmente perseguito con questa finalità di mezzo, piano piano comincia ad operare sullo stato mentale di agitazione continua. Si entra in empatia con coloro che ci circondano e che partecipano al rito stesso. Lentamente, man mano che la mente, domata come si doma un cavallo selvaggio, si placa, sorge in essa quello stato naturale di 'benevolenza' privo di confini definiti, uno spazio mentale privo di netta separazione che, per l'appunto, riscalda e rinsalda il cuore e la fiducia.
Il Dhamma originario era molto probabilmente privo di queste forme rituali. Consideriamo però che era un insegnamento rivolto principalmente a chi aveva scelto l'ordinazione monastica nel Sangha e che quindi disponeva già di una comunità di altri monaci, che condividevano il sentiero, attorno a sè, e che questa comunità era già una forza interiore e una possibilità di praticare la benevolenza ( aiutandosi reciprocamente nella malattia, mettendo insieme il cibo elemosinato così che tutti potessero sfamarsi con la stessa quantità, ecc.). Diversa era la situazione dei, sempre più numerosi, devoti laici che , probabilmente in modo autonomo e spontaneo, iniziarono a dare corpo a tutta una serie di festività e rituali per ricordare il Maestro, che poi i monaci stessi inglobarono nella loro pratica e insegnamento.
L'utilità del rito è sicuramente più rivolta al praticante laico che non al bikkhu, al monaco che magari già pratica tutto il giorno con diligenza ( si spera...) il Dhamma...
#1123
Tematiche Filosofiche / Re:Buddhismo
16 Maggio 2017, 00:43:38 AM
In questa notte di plenilunio di maggio, per la tradizione theravada, si celebra la festività del Vesak, detta anche del Visakha puja; ossia si ricorda la nascita, il Risveglio ( bodhi) e il Parinirvana ( estinzione) di Siddhartha Gotama, il Buddha storico. E' certamente la festività più importante per questa religione e si celebra ininterrottamente da 25 secoli. Nei templi sparsi per il mondo si segue un rito semplice ma molto evocativo. Si offrono fiori, incenso e candele alle statue del Buddha, girando in processione attorno ad esse, in segno di gratitudine per l'Insegnamento che la mente compassionale del Buddha ha dato a chi voglia cercare la Via per la Liberazione dal Dolore, a beneficio di se stessi e di innumerevoli esseri. Noi occidentali , di solito, storciamo il naso, quando si parla di riti e di tradizioni celebrative. C'interessa magari il buddhismo, ma solo come tecnica , come pratica meditativa di vipassana, di mindfulness ( quindi una cosa più facilmente vendibile per noi ...) e troviamo ridicoli e inutili i riti. Proprio ascoltando, questa sera, un discorso di Ajahn Chandapalo del monastero Santacittarama, mi sono ricordato che i riti sono importanti, quasi essenziali, per un motivo: per la loro capacità di parlare al cuore, di nutrire il cuore e non solo la mente. Infatti, le sole tecniche meditative, o le letture dei vari testi, non nutrite da un cuore compassionevole e che si alimenta della comunione con gli altri nel rito celebrato assieme, di solito non hanno forza, non dispongono del necessario alimento per durare, perseverare nella pratica. Ci si accosta alla meditazione, si ottengono magari dei benefici, un pò di serenità, un'aumentata capacità di concentrazione, ma poi...ci si stanca, diventa difficile perseverare, ci si annoia, si finisce per scappare in cerca di qualcos'altro ( il supermercato della spiritualità...). Questo succede perché si ritiene che sia necessario semplicemente istruire ed addestrare la mente in qualche esercizio e si trascura completamente tutta l'altra dimensione del nostro essere: una dimensione di stasi calorosa, un semplice sentirsi parte di qualcosa di grande, uno stare e celebrare assieme, senza distinzioni mondane fondate sul potere, la ricchezza , l'erudizione, ecc. , un sentiero di risveglio alla compassione che ci apre all'altro e al nostro cuore , passeggero ma pulsante d'amore. In sè questi riti possono sembrare non essenziali, un fenomeno semplicemente culturale ( e in un certo senso lo sono...)ma non bisogna sottovalutare la loro capacità di creare 'comunità' , di lavorare anch'essi per diminuire quella presunzione dell'Io di essere 'staccato', autonomo e diverso. Come un buon pranzo o una cena consumati assieme, rafforza , rinsalda e fa nascere nuova amicizia, così un rito ( non importa se miseramente celebrato...) ha lo stesso potere di rafforzare, rinsaldare e far nascere fiducia nella Via indicata dal Maestro.
Così i doni portati in processione alla statua del Risvegliato sono tre come simboli dei tre gioielli : il Buddha, il Dhamma e il Sangha. E tre sono pure Prajna, Sila e Samadhi: la Saggezza, la moralità etica e il retto raccoglimento. Tre caratteristiche che in realtà sono una cosa sola.  Sempre tre sono Anicca, Dukkha e Anatta, osia i Tre Sigilli : Impermanenza, carattere doloroso e assenza di sé autonomo, presenti in ogni cosa ( Tre sono il cibo, l'aria e il calore...necessari ad ogni vita). Ecco quindi i fiori, le candele e l'incenso. Ognuno come simbolo di una caratteristica del Sentiero...
#1124
Percorsi ed Esperienze / Re:La dipendenza affettiva
15 Maggio 2017, 19:12:46 PM
Citazione di: Crizia il 15 Maggio 2017, 18:53:37 PMRipeto, stare da sola mi piace, adoro fare lunghe camminate nella natura, leggere, ho tanti hobby solitari....non ho bisogno di una persona perchè mi manca la compagnia. Però le aspettative, nel mio caso, mi complicano la vita in quanto sono distorte, ossia partono sempre dal presupposto di come IO mi comporterei in una data occasione. Se l'altra persona non si comporta come farei io, partono gli arrovellamenti. Penso che sarei più serena se riuscissi a dare senza aspettarmi niente in cambio, o perlomeno senza aspettarmi quello che voglio io.

Il problema Crizia sono le aspettative. Le aspettative che noi tutti abbiamo delle persone e che vengono sempre deluse, invariabilmente. La persona che soddisfa tutte le nostre aspettative esiste solo nei romanzi di Jane Austen, e sempre e solo nel finale ( perché poi , se avesse continuato il racconto, il genio della scrittrice inglese ne avrebbe tracciato sicuramente la delusione patita...). Per vivere sereni dobbiamo sforzarci di non nutrire alcuna aspettativa sulle persone e sulla vita in genere ( perché anche questa, invariabilmente come le persone, tradisce le nostre aspettative...). E poi, con sana autocritica, riflettere sul fatto che anche noi tradiamo la aspettative che gli altri hanno riposto ( illudendosi anche loro) nella nostra persona ... :) :(
#1125
@ Apeiron scrive:
Comunque ho l'impressione che siamo destinati a non capirci   forse è dovuto al mio (ab)uso di immagini prese dalle filosofie dell'oriente.

Io penso di capirti, anche quando usi termini specifici di una certa tradizione. Ma l'impressione che hai sulle diffcoltà di intenderci mi sta facendo considerare, da un pò di tempo a questa parte, l'opportunità di continuare la mia partecipazione a questo forum filosofico ( e meno male, forse direte malignamente... ;D ). Perchè anche per me diventa difficile 'entrare' in certa terminologia , in certe consuetudini di pensiero oramai profondamente radicate, ecc. e spesso fraintendo o non comprendo nel senso esatto nel quale vengono usati certi termini, certi riferimenti,ecc.
Mi piace imparare da chi ne sa più di me su certi argomenti, ma per quello basta anche solo leggere ( e decifrare...).
Forse mi riserverò un'angolino nella sezione dell'arte, o dei viaggi, giusto per buttar giù qualche stupidaggine...se il kamikaze (nel senso di "vento divino" e non nell'altro attualmente in voga...) che mi spinge a gettarmi nelle discussioni sconsideratamente mi lascia in pace... ;)
Ciao