Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Sariputra

#1126
Citazione di: Lou il 14 Maggio 2017, 09:25:28 AMTe dici che l'ipotesi della combriccola di sensi ingannatori con tanto di sommo genio maligno che ci fan passare come dei creduloni sarebbero proprio da mandare a quel paese che fan proprio la figura dei guastafeste nati per mettere in discussione che tutti stiano ballando?

Prima sei 'ingenuo' e credi di partecipare ad una festa da ballo. Poi dubiti di partecipare 'veramente' ad una festa da ballo e non sei più ingenuo. Infine dubiti di tutti i dubbi creati dalla tua mente e partecipi alla festa da ballo e sei di nuovo ingenuo ( ma di un' 'ingenuità' diversa, passata attraverso il dubbio...). Non 'credi' più di partecipare, ma veramente partecipi e allora la tua compagna di ballo piroetta leggiadra, con abili mezzi ora trattenuta, ora lasciata andare,così da diventare la tua 'amica' con cui poi, alla fine, potrai far l'amore...( la compagna di ballo è ovviamente la "mente"...). ;D

P.S. Cosa c'entra con la filosofia? Con l'amore per il sapere? Mi dirai...ah! Non lo so proprio...forse c'entra qualcosa solo con il dubbio...ma torna sempre il discorso pratico, Cosa fare di quest'ingombrante "mente che mi mente" in continuazione? Perché la fanciulla è bellissima ma ha il brutto vizio di essere bugiarda, trovando sempre motivi per auto-giustificarsi e auto-assolversi... :(

Buona domenica! ...e scusami se scrivo un pò troppo per 'immagini' ( sarà una specie di deformazione professionale...) :-[
Spero che , anche da te, sia una meravigliosa giornata di maggio, come qui a Villa Sariputra...
#1127
Il dubbio a volte è come un sottofondo del nostro agire, che può essere positivo o negativo per l'agire stesso. Mi immagino una grande festa ed io che sto ballando con una bellissima fanciulla. Mi muovo e seguo il ritmo della musica e quello della mia compagna. Mentre lo sto facendo, dubito : "Perché sono qui? E' la cosa giusta essere qui?". In questa fase il dubbio è positivo, mi pone in una posizione critica verso l'agire e mi induce ad 'osservare' ciò che mi circonda . Ma se, dopo aver capito che si tratta semplicemente di una festa, continuo a dubitare, la mia compagna, vedendomi 'lontano' e assorto nei dubbi, potrebbe dirmi: "Sari, dove sei adesso?" e si entra nella fase negativa del dubitare in eccesso, quella che mi impedisce di accorgermi dei meravigliosi occhi della fanciulla con cui sto ballando...
Si potrebbe obiettare:"Ma come faccio a non dubitare che sia semplicemente una festa"?...Al che mi verrebbe da rispondere. "Perché stanno tutti 'ballando'... ;D
#1128
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 20:47:52 PM
Citazione di: Sariputra il 13 Maggio 2017, 20:33:09 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 19:09:43 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PMmutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte
Penso che hai travisato completamente il senso di quello che Apeiron ed io dicevamo .... la volontà non si estingue mai. Serve un'enorme volontà ... la vera pratica ti chiede di continuo di metterti in discussione e di mettere in discussione la pratica stessa ( che è esattamente il contrario del temuto 'lavaggio del cervello' di cui parli...).
Ho l'impressione che prima mi dici che ho travisato, ma poi confermi ciò che ho detto.

E' ormai storicamente accertato che siamo destinati a non capirci... ;D ;D 
Non posso ovviamente parlare per Apeiron. Da parte mia posso solo dire che serve una grande forza di volontà per seguire una filosofia pratica nella propria vita: meditativa , etica o morale che sia e per essere fedeli ad una scelta. D'altronde, anche il bambino, se gli cambi continuamente bicicletta sotto il sedere mentre prova, fa molta, molta fatica ad imparare ad andarci... :)
#1129
Citazione di: Angelo Cannata il 13 Maggio 2017, 19:09:43 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Maggio 2017, 18:32:51 PMA questo punto dall'empasse sembra che si esca così: mutando la nostra volontà o addirittura estinguendola. A questo punto la domanda diventa: come posso mutare la volontà? Ma questa comincia a non essere una domanda teorica bensì pratica. Che il Dubbio più che un ristagno dunque sia un amico incompreso che ci dica: "Conoscere va bene ma non ti libera, anzi può incatenarti. Se continuerai a cercare di conoscere finirai con perdere la retta via! Cerca di mutare la tua volontà, ecco la Via..." ?
Questa è la ricetta praticata da sempre dalle sétte, dai sistemi politici totalitari e da chiunque abbia interesse a distogliere la gente dal pensare e dal servirsi del senso critico. Trovo poi particolarmente curioso che tu giunga a presentare questa via come raccomandata da parte del Dubbio, addirittura con la D maiuscola. Insomma, in sostanza hai scritto che il Dubbio mi dice questo: "Rinuncia a dubitare, rinuncia a pensare, ad usare il senso critico". Ma come può il Dubbio propormi di non dubitare? Mi sembra che si cada in un sacco di stalli, di empasse, come tu hai detto, non solo in questa discussione, ma in un sacco di discussioni di questo forum Logos, perché si affrontano le questioni in una visione statica, si perde completamente di vista che siamo storia, che tutto diviene. La metafora della bicicletta che avevo proposto comprende ciò, perché avevo detto che in bicicletta si riesce a stare in equilibrio solo a patto di muoversi in avanti. Se tieni la bici bloccata, ferma con i freni, cadrai a terra. È la storia che ci consente da sempre di uscire dall'empasse del dubbio, non la rinuncia a dubitare e il ricorso a modifiche artificiali della volontà. Storia significa che il dubbio non esiste mai da solo, ma sempre nella mente di qualcuno. È questo che ci si ostina a dimenticare, un oblio peraltro comprensibile, che non è altro che l'essere tutti impastati tuttoggi, inconsapevolmente, di filosofia greca. Dubbio nella mente di qualcuno significa che questo qualcuno ha sempre una storia alle spalle, che gli fornisce una fisionomia tutta sua, particolaristica. Si esce dal dubbio raccogliendo nel presente tutta la storia che abbiamo alle spalle e a partire da tale sintesi effettuando delle scelte di cui ci si assume la responsabilità. Poi si passa il tempo a correggere gli errori. Pensare di modificare la volontà, così, gratuitamente, senza alcuna base, significa creare nella gente sensi di colpa devastanti: "Se tu fai il male, vuol dire che tu vuoi il male, e allora vuol dire che tu sei cattivo". Meraviglioso in questo senso san Paolo, quando dice "Io faccio il male che non voglio!". Se uno che ha problemi va dallo psicologo o psichiatra, quest'ultimo farebbe malissimo ad indirizzarlo sullo sforzo di correggere direttamente la volontà: bisogna vedere quali problemi stanno dietro, cos'è che ha indotto al crearsi di quella volontà.

Penso che hai travisato completamente il senso di quello che Apeiron ed io dicevamo ( pur con le ovvie differenze). Non si tratta affatto di rinunciare al dubbio, ma di comprenderlo all'interno della pratica e non di una "teoria del dubbio" come stai facendo tu. Se durante una pratica meditativa o etica insorgono dubbi sulla pratica stessa, non significa affatto che la pratica sia sbagliata, ma posso anche cominciare a dubitare del mio approccio alla stessa. S'instaura una dialettica continua tra la pratica e il praticante  fino a giungere, col tempo, a far andare la pratica al ritmo del praticante. In questo senso la "bicicletta" di cui parli è la pratica ( meditativa o etica) stessa e il ciclista colui che se ne serve per spostarsi da una posizione di aggrovigliamento su se stesso ad una in cui si gusta semplicemente l'andare per i campi in bicicletta. E questo è storia, perché il praticare non cambia solo te stesso ma anche ciò che ti circonda ( non solo l'odio e l'egoismo sono contagiosi, per fortuna...). la volontà non si estingue mai. Serve un'enorme volontà infatti per uscire dal groviglio interiore, dalla "giungla del teorizzare" continuo e non c'è mai lo 'spegnimento del cervello' anzi, la vera pratica ti chiede di continuo di metterti in discussione e di mettere in discussione la pratica stessa ( che è esattamente il contrario del temuto 'lavaggio del cervello' di cui parli...). Ovvio che serve maturità e che non ci si deve avvicinare semplicemente per risolvere paturnie psicologiche. Ma ci si avvicina con l'intento di "vedere" ( e qui torna il discorso figurativo del filosofare pratico o etico stesso...) e con la serietà necessaria; serietà necessaria e imprescindibile per 'gustare' il frutto stesso della pratica scelta. Quindi non capisco perché dici che questo significa rinunciare a 'storia', scelte e responsabilità. La tua storia è il tuo agire stesso ( e non una teoria sull'agire...), la tua scelta ti cambia e cambia ciò che ti circonda, prendendosi a cuore con estrema responsabilità il tuo bene operi con responsabilità anche verso il bene degli altri.
Ciao  :)
#1130
Citazione di: HollyFabius il 13 Maggio 2017, 16:35:21 PMSimpatico esercizio tecnico, ma queste cose non sono Arte.

Tipica presunzione concettuale di definire cos'è effettivamente l'Arte. Ci sono dei colori, dei pennelli, un uomo e un supporto cos'altro serve?
#1131
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
13 Maggio 2017, 14:58:28 PM
A volte ho l'impressione che il dire: "Tutti sono egoisti e ipocriti" ( affermazione chiaramente indimostrabile) serva proprio per giustificare la propria  ipocrisia ed il proprio egoismo. Quale scusa migliore, per continuare ad essere ipocriti, che il dirsi:" Ma siamo tutti così!" ?
Concordo con Sgiombo nella netta divisione tra la soddisfazione data dal compiere il bene e la soddisfazione data dall'atteggiamente egoista.
C'è pure da osservare una distinzione tra ipocrisia e incoerenza, che sono spesso usati e ritenuti dei sinonimi, ma che in realtà riflettono due atteggiamenti mentali assai diversi.
L'ipocrita è sempre pronto a giustificare il suo comportamento attribuendolo a fattori a lui esterni, ossia ambientali, sociali, ecc. ( mentre di solito attribuisce agli altri questa ipocrisia come una caratteristica innata... >:( ).
L'incoerente è una persona 'indecisa' che non sa optare per due scelte diverse ( per esempio non sa se seguire la ragione o i sentimenti del cuore...) e molto spesso sceglie quella sbagliata, pentendosene e tentando di rimediare...cosa spesso impossibile . L'ipocrisia è un atteggiamento deliberato, mentre l'incoerenza è un aspetto umano dovuto alla reale difficoltà di distinguere la scelta migliore da fare, problema in cui quasi tutti noi cadiamo ( chi più e chi meno, ovviamente...).
Se, per esempio, credo nel valore della vita di tutte le creature senzienti e poi, una bella mattina, mi trovo la cucina sommersa dalle formiche e per salvarmi uso un insetticida, sono incoerente ( e spessissimo, mentre sto spruzzando l'insetticida, non provo alcun piacere ma solo tristezza per l'assurdità della vita che ci costringe a far del male ...).
L'ipocrita viceversa , dopo aver bellamente sterminato con gusto le formiche, va  a tenere una conferenza sul valore della vita di tutte le creature senzienti ( anche delle formiche...) e racconta di come, con la cucina invasa dalle formiche, si è fatto aiutare da tutta la famiglia per prenderle delicatamente e 'accompagnarle' al loro formicaio in giardino... ;D .
E' solo un banale esempio, ovviamente...

P.S. Incoerente è Simon Pietro che, stretto tra scegliere l'amore per il Cristo e la paura per la propria vita, sceglie la seconda , piangendo poi "amaramente"...
      Ipocriti sono gli scribi e i farisei apostrofati così con estrema durezza dal Cristo..."Guai a voi..."
#1132
Citazione di: Apeiron il 12 Maggio 2017, 13:30:06 PM@Lou, sì la vivo anche io. La cosa interessante è che da quanto è emerso dalla nostra discussione il dubbio non è "patologico"/problematico (qualsiasi aggettivo si voglia usare) finchè non diventa un ostacolo con la "normale vita sociale, lavorativa, di studio ecc". Ma è realmente "giusto" o solo "conveniente" fermarsi qui? Il Dubbio è un'attività e come tutte le attività chiede e ruba tempo. Il Dubbio potrebbe essere la filosofia: non è quando "so il penisero di Kant" che sto facendo filosofia. Faccio filosofia quando metto in discussione con o senza il raggiungimento di una posizione. La parte "distruttiva" della filosofia d'altronde è l'unica costante che vedo nei filosofi. Ogni filosofo poi costruisce la sua "visione del mondo": ma la "visione del mondo" non è "filosofia" se con "filosofia" si descrive l'attività del filosofare. Per questo motivo i sistemisti sono in realtà dogmatici: non si accorgono delle inevitabili falle dei loro ragionamenti. Il filosofo distrugge e crea, anche se in realtà la creazione è sempre effimera. Quindi per quanto sono riuscito a realizzare si è filosofi solo se si dubita: chiaramente il dubbio può interferire col benessere. Ma d'altronde un Socrate non si sarebbe fatto un problema a scegliere tra il benessere e il Dubbio. L'importante a mio giudizio è fare come dice @Angelo, riuscire a stare in equilibrio muovendosi.

Io intendo il filosofare secondo la concezione di Shopenhauer: filosofia come tentativo di liberazione dal dolore di vivere...
« Ad eccezione dell'uomo, nessun essere si meraviglia della propria esistenza... La meraviglia filosofica ... è viceversa condizionata da un più elevato sviluppo dell'intelligenza individuale: tale condizione però non è certamente l'unica, ma è invece la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esista e perché sia fatto proprio così, ma tutto ciò sarebbe ovvio."
Quindi, su questo percorso , la filosofia diventa necessariamente ricerca di un modo di vivere' filosofico' che punti alla comprensione e poi liberazione dal dolore di vivere, quindi essenzialmente filosofia pratica, morale o etica. Mentre la filosofia occidentale ha messo in secondo piano questo aspetto per cercare soprattutto la conoscenza, quindi è diventata filosofia teoretica. La figura del "saggio" è stata sostituita da quella dell'amico-studioso, colui che ricerca pur essendo convinto che la verità sia irraggiungibile. Il 'saggio' dell'Orienta pensa per figure. L'Amico del sapere pensa per concetti.
Il dubbio investe, a mio parere, principalmente la filosofia teoretica ed è funzionale ad essa. mentre in quella pratica  si risolve nella 'visione' figurativa che il suo esistere è inerente a quel dolore di vivere di cui parla il buon Arthur...
Ne consegue che preferisco ovviamente il 'saggio' all' 'erudito'... :)
#1133
Tematiche Filosofiche / Re:L'elemosina di Hobbes
12 Maggio 2017, 09:21:38 AM
'Altruismo' è fare il bene altrui e il proprio.
'Egoismo' è fare unicamente il proprio.
Quando si dice che ' il donare giova più a chi dona che non a chi riceve' si mette l'accento sul fatto che fare il bene è premio a se stesso, non nel senso di una soddisfazione egoistica, ma nel senso di "gustare" il frutto del bene. Spesso infatti l'altruismo non viene apprezzato da chi riceve ( ché la natura umana sospetta egoismo in ogni atto...), ma lo stesso l'altruista ne gode il frutto, indipendentemente dal ricevente. Sono 'semi di bene' piantati che, presto o tardi, daranno frutto. Pertanto non si dona perché serve a placare il fastidio che si prova nel vedere l'altrui sofferenza (Hobbes), ma si dona perché "aiutando l'altro" si aiuta l'altro e se stessi nello stesso momento, si allevia l'altrui e la propria sofferenza, che è il senso della com-passione, cioè del com-patire o "patire insieme"...( un atto in cui colui che dà e colui che riceve diventano una cosa sola, in senso spirituale...).
Solo quando viene messo da parte l'ego ( e quindi l'egoismo) si ha un 'puro' atto d'amore che supera la divisione mentale soggetto/oggetto ( donatore/ricevitore)...
#1134
Citazione di: Angelo Cannata il 11 Maggio 2017, 00:53:02 AMProbabilmente mi sbaglio, ma ho la sensazione che in te ci sia un errore che da prete vedevo commettere a tante persone, che mi dicevano di sentirsi lontane da Dio; e io chiedevo loro come facessero a ritenere di essere lontane da Dio; la loro risposta riguardava il sentire, la sensazione: "Sono lontano da Dio perché non lo sento, non lo sento dentro di me, non sento niente in me". Mi sembra che ci sia qualcosa di questo genere quando tu dici che non riesci a vivere una vita spirituale: infatti nella mia risposta precedente avevo già osservato il tuo uso della parola "sensazione". Credo che sia bene chiarire che, se spiritualità significa "vita interiore", ne consegue che la presenza in una persona di una vita spirituale non può essere stabilita in base al fatto se quella persona sperimenta o no sensazioni particolari. La vita interiore non è una sensazione, ma un dato di fatto che è in te anche quando non senti niente. È come la vita: la vita è in te, fin quando sei vivo, anche quando non senti in te assolutamente niente, perché magari stai pensando ad altro, oppure stai dormendo. Avere sensazioni non è il sintomo chiave per stabilire se c'è una vita spirituale. Riguardo a questo, per me sono state preziose due categorie di concetti offerte dalla Bibbia. La prima è il concetto di deserto: Dio chiamò Israele ad incontrarlo nel deserto, e il deserto è proprio il luogo non si prova niente, è il deserto dell'anima; ma è lì che Dio volle essere incontrato, non nel vivere sensazioni speciali, affascinanti o romantiche, o misteriose, strane, esoteriche, ecc. Anche Gesù stette simbolicamente (a parte la critica storica, che sarebbe tutta un'altra questione) 40 giorni nel deserto, per dire che la sua spiritualità si basava proprio nel saper affrontare l'assenza di sensazioni confortanti. La seconda categoria è quella del Getsemani: lì Gesù visse un'esperienza di preghiera disturbata, nervosa, agitata, andava e veniva in continuazione dai suoi apostoli, una volta dice loro di dormire, poi dice loro di alzarsi; eppure quella fu preghiera autentica, vera, preghiera piena. E invece tanti mi dicevano che avevano difficoltà a pregare, perché nella preghiera non sentivano la presenza di Gesù. Non ho mai capito in cosa dovrebbe consistere questo sentire la presenza di Gesù nella preghiera e sono orgoglioso di non averlo mai capito. Con questo discorso non intendo abolire il sentire, intendo solo chiarire che esso non è la base, né della vita di fede, né della spiritualità intesa come semplice vita interiore. Se capita di avere belle sensazioni, ok, bello, interessante, è capitato anche a me, penso che più o meno capiti a tutti, purché non ci si convinca che esse siano l'essenza, la sostanza della spiritualità, il criterio per valutare se c'è esperienza spirituale oppure no. La spiritualità non è, nella sua essenza, sentire qualcosa; essa è "vita interiore" e la vita interiore, per esserci, non necessita che si "senta qualcosa". Necessita piuttosto che ci sia un cammino in corso, quello sì; magari non è necessario al mille per mille, ma è molto più importante del provare sensazioni dentro. Comunque, può anche darsi che questa non sia una questione che ti riguarda, in tal caso ignora tranquillamente questo post che ho scritto.

Sono molto d'accordo con la critica che fai della spiritualità come ricerca di "sensazioni".  Proprio l'incontro con il 'deserto' ci mostra la spiritualità come 'nudità', come uno spogliarsi di sovrastrutture concettuali romantiche. Anche Yeoshwa viene appeso nudo alla croce... In realtà sembra che la spiritualità esiga un togliere, un levar via, piuttosto che un accumulare, un coprire ed è qui che , la maggior parte delle persone, sono portate a rifiutare la vita spirituale; proprio perché va contro la naturale tendenza del pensiero ad accumulare , a crescere in continuazione, ad arrovellarsi in se stesso, a 'coprirsi' ( per paura) con abiti sempre più raffinati . Se guardo la 'vita esteriore' non mi fermo troppo a guardare quella 'interiore' e così non vedo la mia paura...
Poi ci sono quelli che passano di esperienza spirituale in esperienza spirituale, proprio cercando nuove emozioni e sensazioni, questi sono detti incurabili...
Il cercare il deserto è cercare quello spazio in cui s'impara a morire ( che è, a parer mio, il fine ultimo della vita interiore: imparare a morire...). Qui s'intende l'imparare a morire anche come "attimo per attimo", per ri-nascere sempre nuovi...infatti è l'esperienza del deserto che ti insegna il valore di quell'"acqua che disseta veramente"...
#1135
Faccio veramente fatica a capire come si possa giungere a dubitare di tutto. Forse perchè, nella mia vita, ho sempre 'sentito' così intensamente le esperienze che la vita mi presentava da mai dubitare della loro realtà. Mai ho dubitato di esistere e di esistere come un povero essere che provava amore e dolore, che si sforzava di capire, spesso non riuscendovi o riuscendovi solo in parte. 
Quando mi è capitato di 'provare' esperienze che , in un certo senso, andavano contro il mio 'sentire' la realtà, ne provavo spesso un così intenso disgusto ( un disgusto 'interiore' non del pensiero ma dell'intero esistere...) da comprendere infine che non sarebbero state le infinite esperienze da provare che mi avrebbero migliorato come uomo, né le infinite riflessioni speculative del pensiero mi avrebbero permesso di amare di più o di provare meno infelicità. Riflettevo così: "Se questa esperienza che ho provato mi ha lasciato del tutto insoddisfatto, lo stesso avverrà se proverò anche altre esperienze simili e non utili, pertanto sarebbe perfettamente da stolto continuare a cercarle, perché non farebbero che accrescere il mio dolore e non diminuire. Devo cercare le esperienze che fanno crescere la mia gioia e diminuire il mio dolore, questa per me è una cosa saggia da fare". E così, osservando che quando provavo benevolenza verso me stesso e gli altri, aumentava la mia gioia e diminuiva il mio dolore e , viceversa, quando provavo avversione e rabbia, cresceva la sofferenza e spariva la gioia, mi son detto: "E' più saggio ( o meno stolto...) cercare di aumentare la benevolenza e l'amore e diminuire la rabbia e l'avversione, così che possa sentirmi più in pace con me stesso e con il mondo". Pertanto il dubbio si risolve nel campo della riflessione sulla realtà, ma non nel sentire la realtà ( che è diverso dal pensare la realtà...) e ciò che di buono o di malvagio porta con sé, fatte salve le inevitabili 'cadute' che possono, anche loro, esserci 'maestre'...
#1136
Citazione di: acquario69 il 09 Maggio 2017, 08:43:38 AMbello anche questo! Rispetto al precedente lo trovo più distensivo,incita alla calma e alla serenità quindi lo avverto anche come un immagine che incita alla speranza, forse per i bei colori,la prospettiva luminosa ed ampia. Forse (ma e' solo un mio pensiero da inesperto) avrei fatto gli alberi di una tonalità di colore diversa cosi da risaltarli e non troppo confonderli col resto

Bravo acquario, la luce più calda del tramonto infatti investe l'acqua del torrente ma non gli alberi, che restano un pò 'freddi'. Una spruzzatina d'arancio/giallo anche su questi?
#1137
La 'valle eterna' si amplia e il torrente si fa fiume, ora avvolto dal sole al tamonto. L'atmosfera incantata prosegue. Manca solo una bagnante colta nella sua nudità ( soggetto del prossimo?...), simbolo quasi metafisico di desiderio di violare l'incanto...
Critiche: i monti non mi convingono del tutto e ho notato che usi il nero per le ombre ( almeno mi sembra...), mentre , a gusto personale, sarei andato con il verdescuro perché c'è uno stacco piuttosto netto tra gli alberi/soggetto in primo piano e il resto ( più sfumato) dell'opera ( a gusto mio avrei definito maggiormente anche i monti...).
Ciao  :)
#1138
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
09 Maggio 2017, 01:01:03 AM
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 00:48:41 AMEppure, Sariputra, penso che anche l'uomo più irrazionale andrebbe da un bravo dentista (a meno di non essere un masochista naturalmente). Il fatto è che non penso che la scelta di evitare il dolore (e quindi colui che può arrecarlo) sia propriamente razionale o irrazionale, ma piuttosto appartenga alla dimensione primaria della vita, lo si fa comunque. Anche un bruco si ritrae davanti a ciò che lo punge e impara a evitarlo e non per questo lo fa perché considera la cosa razionale. :)

Infatti ho scritto che è razionale affidarsi al dentista. Ma la mia voleva essere una critica alla generale considerazione che la dimensione razionale della mente umana sia 'superiore' a quella irrazionale, quando questo concetto è valido in determinati 'regni' ( come la scelta di un buon dottore) , ma non sempre in altri ( come l'irrazionale preferenza per un amore rispetto ad un altro o in una passione rispetta ad un'altra...). Non si dovrebbe rigettare, a parer mio, nessuna delle due caratteristiche dell'essere umano, avendo ben chiara ( e questa è una valutazione razionale) la rispettiva forza nei rispettivi ambiti ( di conoscenza empirica e non solo la prima , d'abbandono istintivo e  amoroso la seconda).
#1139
Tematiche Filosofiche / Re:Che è l'uomo?
09 Maggio 2017, 00:11:29 AM
Citazione da: paul11
CitazioneLa razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza

Direi che sono strettamente necessarie l'una all'altra, come lo sono ignoranza e conoscenza: conosciamo in virtù della nostra ignoranza e ignoriamo in virtù della nostra conoscenza.

Se devo scegliere chi mi deve estrarre un dente dolorante è razionale servirsi dell'operato di un (bravo) dentista. Se però devo lasciar spazio agli aneliti dell'amore è più opportuno, a volte, lasciar corso ad una certa dose ( non eccessiva) d'irrazionalità. Pertanto noi tutti possiamo, in un certo senso, definirci anche come 'figli dell'irrazionale' e difatti nell'irrazionale albergano i sentimenti poetici e artistici del pensiero umano. L'irrazionale sa essere molto fecondo e vitale. Se potessimo definirlo con una sensazione, potremmo definire l'irrazionale come 'caldo' ( come un utero) e il razionale come 'freddo'. Per comprendere la realtà che ci circonda e chi siamo ci affidiamo al razionale, ma questo bisogno di conoscere è (anche) irrazionale. Infatti, togliendo 'calore' alla vita, mi sembra, consegna la nostra vitalità profonda ad una 'freddezza' istruita ma non scevra di sofferenza, perché la conoscenza razionale non toglie sofferenza all'umana vicenda ( ma certo la toglie alla gengiva priva del dente malato estratto...), cosa che a volte  può fare ( temporaneamente) un credo irrazionale. E' tutto da dimostrare che l'uomo 'razionale' sia meno soggetto al dolore e all'insoddisfazione del vivere rispetto all'irrazionale 'credulone'. E siccome il destino per i due tipi è comune ( una fossa e famelici vermi...) ecco che il tipo razionale parrebbe irrazionale nel non cedere alla magia seduttiva dell'irrazionalità e all'oblio che questa può donare, come il piacere che si prova nel gettarsi alle spalle la ragione e sprofondare nel sogno, con la stanchezza della sera...
#1140
Tematiche Spirituali / Re:Religione e spiritualità
08 Maggio 2017, 11:49:37 AM
Di poche cose l'uomo ha effettivamente bisogno: del giusto calore ( nè troppo né troppo poco...), del cibo, dell'acqua e dell'aria da respirare.
Fatta questa premessa si potrebbe definire la spiritualità:
un calore che scalda il cuore ( reso gelido da un mondo privo d'amore);
un cibo che sazia interiormente;
un'acqua che disseta e lava via il dolore;
un'aria pura che dona libertà.