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Messaggi - iano

#1141
Tematiche Filosofiche / Re: Il "vuoto" ed il "nulla"
22 Ottobre 2024, 21:34:07 PM
Citazione di: Bruno P il 22 Ottobre 2024, 17:47:05 PME mi riferisco a coloro i quali, spinti dal sacro fuoco scientifico, hanno ritenuto di aver formulato una teoria definitivamente inconfutabile; questi hanno però perso di vista un'altra caratteristica propria dell'episteme: essa è unica e non frammentata all'infinito in singole conoscenze che diventano tra di loro sempre più lontane e risultano difficilmente componibili, ammesso che qualcuno le voglia ricomporre.
Il passaggio dalla verità, al dubbio sistematico, non poteva che avvenire in modo travagliato, e ciò che il dubbio produce non eredita dalla verità neanche l'unicità.
Così all'inizio abbiamo provato a salvare la verità dal trasloco, e ancora qualcuno ci prova, entrando inevitabilmente in conflitto con la disciplina del dubbio sistematico, la scienza.

Provare a ricomporre ciò che nasce sparato è sempre desiderabile, ma non necessario.
Geometria e aritmetica nascono separate, e Cartesio ne fà una cosa sola, ma anche il processo inverso è degno di nota, come predicava Feynmann che a questa attività a dedicato l'esistenza, perchè equivale a vedere una cosa sotto diversi punti di vista, fino a farcela sembrare un altra cosa, potendola meglio ponderare. Forse l'unico premio Nobel che non ha inventato nulla di nuovo, ma secondo me anche il più meritato, per la profondità dell'intuizione che lo ha mosso.
E' quantomeno un modo per distinguere la forma dalla sostanza, e in breve Cartesio ci dice, non sò quanto volutamente, che se la realtà ci appare in modo geometrico, non perciò quella è la sua sostanza, a cui noi possiamo aggiungere che la nuova forma non comporti però necessariamente una apparenza a sua volta.
#1142
Tematiche Filosofiche / Re: Il "vuoto" ed il "nulla"
22 Ottobre 2024, 21:20:51 PM
Citazione di: Bruno P il 22 Ottobre 2024, 17:47:05 PMNon sarò certo io, un emerito nessuno, a voler dare un significato diverso da quello che intendi al termine episteme.
Rimango, scolasticamente, alla sua definizione più classica: la conoscenza ultima, definitiva, incontrovertibile e, per dirla con Severino, inaudita. Con un tratto cristiano la identifico con l'albero della conoscenza da cui Adamo ed Eva colsero la mela.
Io lo interpreto come albero della coscienza, perchè la conoscenza è implicita nell'agire, se questo agire ha una causa e Adamo ed Eva non hanno mai smesso di agire.
Il passaggio biblico lo vedo come un assunzione di coscienza della propria conoscenza che ci dona facoltà di scelta.
La mela simbolizza questa facoltà. perchè adesso possiamo scegliere se mangiarla oppure no, mentre prima semplicemente la magiavamo senza porci il problema : ciò che portiamo fuori di noi affermandolo possiamo perciò negarlo, restando diversamente un innegabile verità.
La verità per me è ciò che è innegabile, finché non la si afferma, e per questo non si dovrebbe pronunciare anche solo il nome di Dio, preludendo ciò a fare si di esso affermazioni.

#1143
Nessun paese può dirsi sicuro in assoluto, ma non è certo in Egitto che io andrò in vacanza, dopo il caso Rggeni.
Certo con la stessa motivazione non dovrei uscire di casa, ne restarvi a dire il vero. Dunque che fare?
Di sicuro non vado in un paese dove ammazzano gli italiani con l'avvallo del governo italiano, e per lo stesso motivo non ci manderei nessun altro, nei limiti in cui la legge me lo permette.
#1144
Tematiche Filosofiche / Re: Il "vuoto" ed il "nulla"
22 Ottobre 2024, 15:22:01 PM
Citazione di: Bruno P il 22 Ottobre 2024, 08:32:50 AM"C'è una natura che sta oltre ciò che percepiamo, e che percependola impropriamente diciamo natura,  qualcosa che della nostra percezione è la causa, laddove l'effetto non può coincidere con la causa." Lasciami dire che trovo in questo tuo scritto fondamenti del pensiero cartesiano e kantiano dove, comunque fino a Schopenauer, si ritiene fondante l'esistenza dell'episteme, assente però in Nitzsche.
Non so se ho capito esattamente cosa sia l'episteme, stante l' evoluzione del suo significato.
Comunque secondo me il punto di partenza è che noi agiamo nella realtà, e immagino l'episteme come un prodotto intermedio di questo agire che si differenzia nella sua apparenza o nella sua mancanza, mancanza intesa comunque come caso limite di apparenza, per il grado di coscienza che impieghiamo, laddove la coscienza essendo un modo di agire fra tanti, non è in se necessaria.
certo senza coscienza non c'è filosofia, ma se è vero che la filosofia influenza l'agire anche di chi non sa di averla, la sua conoscenza non è strettamente necessaria  al suo agire.
Conoscerla per una azione responsabile resta comunque la nostra ambizione di filosofi.
Essa è dentro di noi, e nei libri si trova la storia di questa interiorità, che riguarda comunque anche la realtà, essendone parte.
#1145
Tematiche Filosofiche / Re: Il "vuoto" ed il "nulla"
22 Ottobre 2024, 14:15:20 PM
Sono un cinico per necessità, ma non me ne lamento.
Viviamo dentro un illusione vitale, che in quanto tale è da rivalutare, e semmai possiamo dolerci del fatto che non sempre è possibile produrla.

Non dobbiamo abbandonare le nostre illusioni, ma prima o poi lo dovremo fare.
Già la necessità di ridefinire il nostro io, andando oltre la coscienza che ne abbiamo, diventa pressante.
Troviamo ancora il coraggio di affrontare certe questioni riuscendo a tramutare l'orrore in intrattenimento nei racconti di fantascienza, per dire che l'orrore che proviamo può essere superato per vie indirette, quando rifiutiamo quelle dirette, perchè in un modo o nell'altro non possiamo mancare di affrontare la realtà.
Possibile vie di fuga sono solo palliativi momentanei, ma comprendo bene perchè lo faccia, chi lo può fare.
Finché ci liberiamo delle nostre illusioni, ma solo per poterle ridefinire, va ancora tutto bene, ma anche quando ciò non riusciremo più a fare, in qualche modo faremo ancora, e anzi lo stiamo già facendo, delegando il compito a macchine prive di ogni illusoria immaginazione.
Ciò non è ne un bene ne un male, ma la prova che non c'è un solo modo di vedere la realtà, per quanto possiamo ancora condividerlo, fino al punto che in uno di questi modi, al limite, nessuna immagine della realtà più  appare.
I ciechi ''ci vedono'' anche senza occhi, e in qualche  modo diverso riusciremo ancora a ''vedere'' la realtà.
Intanto comunque teniamoci stretta la nostra percezione, ma non possiamo più fare finta che intorno ad essa ruoti la realtà.
Teniamocelo come esempio di ciò che può restituirci la realtà quando la sollecitiamo, e confidiamo che ciò sia solo uno dei possibili modi coi quali essa può meravigliarci, se pure gli scienziati sembrano soggiacere alla bellezza di un equazione che la descriva.
Da un lato dovremo escludere d'ora in poi che la realtà possa coincidere con una sua descrizione, ma allo stesso tempo, essendo possibile descriverla in diversi modi, la nostra meraviglia potrà moltiplicarsi.
#1146
Tematiche Filosofiche / Re: Il "vuoto" ed il "nulla"
22 Ottobre 2024, 13:24:10 PM
Citazione di: Bruno P il 22 Ottobre 2024, 08:32:50 AMGentile iano
aiutami cortesemente a meglio interpretare il tuo pensiero.
Laddove dici "... alla natura come libro che noi scriviamo..." lo interpreto come un pensiero in cui è l'Uomo che crea il mondo attorno a se e ricalca quanto sostenuto da vari pensatori, da Schopenauer a Nitzsche, con un radicamento nell'idealismo.
Più avanti però riporti che "C'è una natura che sta oltre ciò che percepiamo, e che percependola impropriamente diciamo natura,  qualcosa che della nostra percezione è la causa, laddove l'effetto non può coincidere con la causa." Lasciami dire che trovo in questo tuo scritto fondamenti del pensiero cartesiano e kantiano dove, comunque fino a Schopenauer, si ritiene fondante l'esistenza dell'episteme, assente però in Nitzsche.
Grazie!

Fondamentalmente sono un ignorante in filosofia, e la la storia della mia filosofia è scritta qui sul forum, un post dopo l'altro.
Immagino la realtà come un continuo, e la conoscenza come una delle tante possibili suddivisioni, notando che quando andiamo a cercare il confine delle cose non lo troviamo. La conoscenza è l'immagine che ci restituisce la realtà quando in essa ci specchiamo, per cui fondamentalmente la conoscenza è funzione dell'individuo, ma ciò non vuol dire che imperi la doxa, se è possibile condividere.
Quando del processo di condivisione non abbiamo coscienza o abbiamo perso memoria, la realtà ci appare come fatta di cose in se, e ciò attiene in genere alla nostra percezione condivisa della realtà.
Diversamente parliamo di scienza il cui risultato, anche quando condiviso, non ha più la forma dell'evidenza.
Con l'evidenza possiamo provare a fare ancora analogie,  che ci consentano in subordine di immaginare la realtà, se non di vederla.
Quando l'analogia funziona bene tendiamo a intravedere la realtà attraverso essa. Cioè quando pur abbiamo coscienza che l'immagine non coincida con la realtà, tendiamo ancora ad identificarla con essa, cercando di riprodurre la nostra percezione, accettando di mutarla, accontentandoci di una evidenza posticcia, a riprova di quanto sia difficile abbandonare l'idea di una realtà fatta di cose in sè.
In base a questa concezione filosofica, non è difficile comprendere perchè la realtà sembra essere un libro scritto in caratteri geometrici, che non può comprendere chi la geometria non intende.
La geometria è parte dell'immagine che la realtà ci restituisce quando in essa, interagendovi, ci specchiamo.
I risultati di questa interazione però non sono necessariamente immagini, senza che ciò escluda la possibilità del ''progredire'' della nostra interazione con la realtà.
La conoscenza ci muta fino a non riconoscerci più allo specchio, fino a produrre a volte un rigetto.
Questo rigetto è ciò che caratterizza la nostra epoca, in quanto in quelle precedenti non poteva l'uomo testimoniare in diretta la sua mutazione.
Dall'orrore che ciò può provocare  si può fuggire affermando  la saggezza della filosofia antica, (anche percezione chi potrebbe negarlo?) rifugiandovisi.
Essendo però come detto io un ignorante in filosofia, mi tocca invece affrontarlo a viso aperto il diavolo, e credo di poter dire infine che  non è mai cosi brutto come lo si descrive.
O quantomeno. mi sembra di trovare così risposte a domande diversamente senza risposta, se di ciò ci si può consolare., anche se di solito succede che ''la domanda si risponde da sola'' perdendo di senso.
#1147
Tematiche Filosofiche / Re: Al di là dell'aldilà
21 Ottobre 2024, 01:43:14 AM
Mentre l'universo si dilata il metro lo segue ad ogni passo.
Non c'è un infinito da raggiungere.
Non c'è da accelerare l'andatura.
Ne c'è quel posto dove il pensiero si spaura.
Cè solo un andare che non può finire.
#1148
Tematiche Filosofiche / Re: Al di là dell'aldilà
21 Ottobre 2024, 00:55:29 AM
Il poeta invero conosce quando la metrica s'acconcia.

Ma ancor manca qualcosa... un nonnulla.

Manca quel vuoto in cui l'universo si sbilancia,

fattosi vecchio ormai, ma ancora in cerca di una culla.

La poesia ha un verso, l'universo ha un metro, se stesso.

#1149
Tematiche Filosofiche / Re: Il "vuoto" ed il "nulla"
20 Ottobre 2024, 13:53:25 PM
I nostri pensieri solo la scia che lasciamo nella realtà girandovi intorno.
Le scie non rimangono, ma possono essere sempre rinnovate, e prodotte in tale quantità da restarne occultata.
#1150
Tematiche Filosofiche / Re: Il "vuoto" ed il "nulla"
20 Ottobre 2024, 13:09:47 PM
Io propongo di passare da una natura galileiana analoga a un libro scritto in caratteri  geometrici, alla natura come libro che noi scriviamo in caratteri geometrici, anche quando non sappiamo di farlo, come quando la percepiamo, e che perciò ci sembra permeata  di forme geometriche, per quanto imperfette.
Passare cioè da un descrivere la natura che percepiamo, a un percepire ciò che descriviamo, e questo ci permetterà di prescindere dalla tendenza di ridurre tutto a ciò che percepiamo, considerando la percezione come solo uno dei possibili esiti della nostra conoscenza, e non il punto da cui essa necessariamente parte.
C'è una natura che sta oltre ciò che percepiamo, e che percependola impropriamente diciamo natura,  qualcosa che della nostra percezione è la causa, laddove l'effetto non può coincidere con la causa.
Voler ridurre la conoscenza alla percezione, che di essa è solo un modo, significa limitarla, ed è ciò che facciamo quando tentiamo di comprendere qualcosa, non accontentandoci di poter operare con quella cosa che pur non comprendiamo, come se la comprensione avesse un valore in sè, e non per la funzione di consentirci di operare con la realtà.
Laddove non percepiamo ci accontentiamo anche solo di riuscire ad immaginare, ma non verificandosi una cosa ne l'altra, per l'oggetto impossibile per noi da comprendere, diventa impossibile l'esistenza, come se non ci fosse altro modo di dimostrane l'esistenza che prescinda dalla nostra percezione, o in subordine dal suo derivato, l'immaginazione.
Per contro siamo disposti ad ammettere l'esistenza dell'impossibile, se ciò può supportare la nostra immaginazione, e questa discussione in parte è la testimonianza di ciò.
E se di una teoria scientifica che non comprendiamo troviamo a livello divulgativo una analogia con ciò che possiamo riuscire ad immaginare, per quanto stiracchiata possa essere l'analogia, assumiamo che la teoria con quella immagine coincida.
Quindi per quanto improbabile sia l'immagine di una particella/onda, ci chiederemo come fà un entità ad essere una cosa e al contempo un altra, scambiando l'analogia con la realtà, quando già scambiare la teoria, seppur l'avessimo compresa, con la realtà è già un errore, per quanto ancor scusabile.
C'è la presunzione di poter considerare la nostra conoscenza come un rapporto diretto con la realtà, che laddove pur non appaia, ad esso deve essere riportato.
Il poter operare attraverso la conoscenza, qualunque sia la sua forma, con la realtà, passa in secondo piano, considerando comunque che solo il pensiero sia degno di considerazione, disprezzando la manualità, come se si potessero davvero scindere fra loro pensiero ed azione, come se solo il pensiero può comportare azione non il contrario.
Forse perchè l'azione va prima pensata, mentre il pensiero sembra venire da sè, e non come effetto della nostra interazione con la realtà.
La realtà non gira attorno ai nostri pensieri i quali sono l'effetto del nostro girare intorno alla realtà.
#1151
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
20 Ottobre 2024, 01:10:30 AM
Citazione di: green demetr il 20 Ottobre 2024, 00:18:12 AMCompito della filosofia è farti capire che stai male, malissimo.
salve.
Ricordo un libro intitolato ''Platone è meglio del prozac'', che non ho finito di leggere, ma che sostanzialmente dice:
sicuramente Platone fa meno male del prozac, ma se non dovesse fare effetto, cambia filosofo. :)
Credo che le nostre azioni siano influenzate dalla nostra filosofia, anche quando non sappiamo di averne una, per cui se problematico è il nostro agire...allora.
Se invece stiamo male per le risposte esistenziali a cui non sappiamo dare una risposta, io cercherei di abbracciare fittiziamente una diversa filosofia per vedere l'effetto che fà.
Magari non troviamo le risposte che cercavamo, o magari semplicemente quelle domande nella diversa filosofia perdono di senso, per cui smetteremo di tormentarci, o comportandone la diversa filosofia di nuove, ci tormenteremo diversamente, che è già qualcosa comunque, come quando stanchi di stare in una posizione ci è di sollievo cambiarla.
#1152
Tematiche Filosofiche / Re: Psicoanalisi
20 Ottobre 2024, 00:27:48 AM
Io credo che i rapporti sociali abbiano dei limiti.
Non dico ogni cosa a un amico. Se ci tengo davvero infatti eviterò discorsi che possano incrinare l'amicizia.
Non dico ogni cosa ai familiari, per proteggerli , evitandogli preoccupazioni.
Mq quello che a loro non diciamo, loro, conoscendoci bene, potrebbero già averlo ben intuito, ma a loro volta, per i motivi di cui sopra, non ce lo dicono.
Strano che gli altri ci conoscano meglio di quanto noi ci conosciamo.
Io semplicemente credo che gli altri non ci dicono, conoscendoci, ciò che sanno non volgiamo sentirci dire.
Più facile quindi sbottonarsi con un'estraneo che a tutti questi tabù sociali non è soggetto.
Ci vuole qualcuno che si assuma il compito di dirci quello che già sappiamo, e questo immagino sia il caso più frequente, per il quale se si è fortunati basta una sola seduta da un psicologo o l'occasionale incontro di un estraneo, che presumiamo tale resterà per noi.
Se incontro un estraneo che ha  i miei problemi, io lo capisco al volo, e spiattellandoglieli davanti, di fatto li  ammetto.
Lui magari mi manderà a quel paese invitandomi a farmi gli affari miei, ma è proprio gli affari che io mi sono fatto, senza volere.
Ma io perchè mai dovrei prendere la briga di spiattegliarglieli davanti?
Perchè quando vediamo i nostri difetti negli altri, ciò ci risulta talmente insopportabile da provocare reazioni scomposte, mandandoci così di fatto indirettamente a quel paese da soli, e può succedere che questa si dimostri una buona terapia .:)


#1153
Citazione di: Morpheus il 18 Ottobre 2024, 18:17:07 PMLa mia domanda è se sarebbe meglio, secondo voi e se ne avessimo la possibilità, fermarla oppure addirittura accellerarla?
Direi che abbiamo il dovere di fare qualcosa, ma senza dimenticare che la realtà è una cosa e le teorie che la descrivono, compresa quella sull'evoluzione, un altra.
L'interpretazione della realtà ha la funzione di prenderne di fatto il posto, ma se ci si dimentica come ciò derivi da una necessità, si rischia  di pensare di accelerarne gli eventi. nel bene e nel male, in base ad una interpretazione che può rivelarsi in seguito disastrosa, correndo verso l'abisso che si voleva fuggire.
Mi rendo anche conto che non è facile affrontare la realtà attraverso sue interpretazioni di cui continuamente dubitare, però forse se c'è una sfida evolutiva è proprio questa secondo me. Riuscire a gestire le nostre interpretazioni della realtà senza bisogno di scambiarle con essa.
Capire cioè che ogni interpretazione della realtà è una scommessa da non fare con leggerezza, se la posta è la nostra vita.
Detto ciò, l'evoluzione, secondo come correntemente la interpretiamo, sembra anche a me che stia accellerando per via della tecnologia, e il problema che si pone è se la possiamo rallentare bloccando il progresso tecnologico.
Se però l'essere tecnologici è nella nostra natura, bloccarla significherebbe negarla, il che equivale a suicidarsi.
 Non posso quindi che confidare che la tecnologia riesca a risolvere i problemi che essa stessa sembra creare e io sono molto fiducioso che ciò accada anche perchè non vedo alternative a scommettere sull'uomo, se non rimandando la nostra salvezza a data da destinare.

#1154
Tematiche Filosofiche / Re: Uomini e idee
18 Ottobre 2024, 18:21:34 PM
Citazione di: Morpheus il 18 Ottobre 2024, 15:02:35 PMMi sono spesso interrogato anch'io sul perché di questo BLAH BLAH BLAH su argomenti stupidi e privi di senso o sul perché mio padre e mia madre non abbiano mai voluto leggere un libro in tutta la loro vita.
E che però hanno ritenuto utile farti studiare sui libri, col rischio poi di essere considerati ignoranti dai figli che si sono acculturati, rischio che mi sembra di capire tu hai scongiurato, preventivandolo.
Se uno trova frivolo il blah blah dell'ambiente che frequenta,  semplicemente si trova nell'ambiente sbagliato, compreso quello in cui potrebbe essere nato, perchè ogni diverso ambiente è caratterizzato dal suo specifico blah blah.
#1155
C'è un cortocircuito nell'osservatore che si osserva.
Osservando l'estinzione dell'uomo, a un osservatore esterno non verrebbe da pensare che non si tratti di un fatto evolutivo, perchè l'estinzione delle specie è un fatto dell'evoluzione.
Direbbe semmai che l'uomo non è riuscito ad adattarsi ai cambiamenti ambientali, laddove l'ambiente include tutti gli esseri viventi che in esso agiscono, uomo compreso, e lo direbbe anche quando realizzasse che sia stato proprio l'uomo il principale artefice del cambiamento ambientale causa della sua estinzione.
Le cause che determinano l'evoluzione sono comunque da considerare sempre impersonali, per cui se pure l'uomo decidesse volutamente di estinguersi con la piena coscienza di farlo, o se pur prevedendo la sua estinzione non vi ponga rimedio, l'osservatore esterno ne trarrebbe conclusione parziale che un eccesso di coscienza può essere causa di estinzione, parziale perché non potrebbe considerare sufficiente un singolo evento per indurne le vere cause.
Si potrebbe credere in modo semplicistico che la coscienza renda le specie più adattabili, essa però ha un costo che potrebbe risultare insostenibile, e sarebbe dunque direttamente allora questa insostenibilità, e  indirettamente la coscienza, la causa di estinzione.